Lettera A


alè!:
via!, presto!, togliti di mezzo!, dal fr. ‘allez’, scritto come si pronuncia; imperat. pres., 2ª pers. pl. del verbo ‘aller’: andare.
àmia:
zia; dal lat. àmita: sorella del padre.
amunìo: pp.:
munito, fornito, provvisto, dal lat. admunire: provvedere del necessario.
ancùo:
oggi; da una locuzione latina *ad hanc hodie, da cui anche le varianti ‘ancuò, ancòi, ancò, incò’ ecc. (OTV).
àndui: (àndoi, ànzui, ànzoi), sm. pl. di ‘àndoeo, ànzoeo’:
angelo; dal greco àngelos: nunzio, messaggero, per il tramite del lat. ecclesiastico angelus; cfr. sànscrito ‘àngirah’: «essere divino».
antàna: sf.:
aiuola posta a solatìo, all'asciutto; cfr. it. ‘altana’: terrazza sopra il tetto; da ‘alto’.
a scavazza: locuz.:
attraverso.
a s'oeàndo:
volando; da un lat. pop. *exvolare: volare.
Atrìdi:
Agamennone e Menelao, figli di Atreo, re di Argo e Micene, famosi eroi del mondo omerico.
autoparlante:
altoparlante; voce ricalcata sull'inglese ‘loud-speaker’.


Lettera B


bacàr:
ansare, respirare affannosamente; dal lat. bacchari: festeggiare Bacco.
bagatìn:
soldino, soldarello; il bagattino era un'antica moneta veneta, mista di rame e argento, coniata nel 1282, equivalente alla dodicesima parte del soldo; cfr. lat. mediev. bagatinus (a. 1274, a Padova).
bagìgi:
arachidi; noccioline americane; dall'arabo ‘habbaziz’: bacca, mandorla buona, pregevole.
bàgo: sm.:
gruma, sostanza appiccicosa che si forma nella canna della pipa.
baldoni:
boldone, sanguinaccio con riso, uva passa e zucchero; forse contaminazione del lat. botulus (sanguinaccio) e di bolida (palla), dal greco bolìs, bolìdos.
barbùz: anatom., sm.:
mento; dal lat. barba.
bari:
cespugli; sarà da ‘barra’: sbarramento, steccato, nascondiglio.
batitàc: sm.:
tabella della settimana santa, si tratta di un'asse rettangolare munita d'un martello di legno che fa un fracasso assordante; lo si usava dopo il canto dei mattutini le sere di martedì, mercoledì e giovedi santo; da ‘battere’ e ‘tacco’
batòcio: (pl. ‘batòci’), sm.:
battaglio delle campane; da un lat. pop. battaculum, da battuere: battere.
baùco: agg.:
rimbambito; stupido, sciocco; è voce abbastanza diffusa nei dialetti; cfr. emil. ‘vèc bacòc’, lomb. ‘vèc bacuc’, corso ‘bacucco’, calabr. ‘bacuccu’: sciocco; pugl. ‘bacucche’: sapientone; piem. ‘profeta bacùc’: spifferasentenze dal nome del profeta (Ha)bacuc. Nella Bibbia, il cap. 3 del libro di Abacuc «è uno dei più belli e sfolgoranti dell'intera letteratura ebraica» (Diz. Enciclop., UTET, vol. I).
baùco- (pl. ‘baùchi’):
sciocco, mezzo addormentato, certi credono che derivi dal nome del profeta ‘Habacuc’!
bava: (dimin. ‘bavesèa’), sf.:
aria gelida che penetra nelle ossa; in senso figurato «restar àea bava»: rimanere al verde, senza un soldo, e quindi esposto «alla bava», cioè ai pericoli, alle difficoltà economiche che ne derivano.
bazziàr:
vaneggiare, farneticare, preoccuparsi; voce a noi giunta per il tramite del lat. ecclesiastico medioevale che rispecchia la pronuncia frequente nei manoscritti latini bacillare per vacillare: vacillare, tentennare.
beàti Pàvui:
lat. ecclesiastico beati Pauli (apostoli): del beato Paolo apostolo; qui, in tono scherzoso: in grande quantità; per tutti, fin che si vuole...
bèmpo!:
guarda un po'!, esclamazione di meraviglia risultante dall'unione di ‘ben’ (bene) e ‘po’ (poi) che vengono dal lat. rispettivamente bene e post (dopo).
biava: sf.:
granoturco; variante dialettale dell'it. ‘biada’ (XIII sec.): cereali in genere da alimento o da foraggio per le bestie da tiro e da soma, spec. l'avena; dal lat. mediev. blada: prodotto della vigna; raccolto; forma collettiva di bladum dal fràncone ‘*blad’ da cui il fr. ‘blee, blé’: biada.
bigna:
pane a cornetti, pagnottella; pane composto di due elementi accoppiati; dal lat. bina, neutro pl. di bini, binae, bina: a due a due.
bìgui:
spaghetti; dal lat. bombyx, -ycis: bombice; per il passaggio di significato, cfr. ‘vermicelli’ (DEI).
bisàt: (pl. ‘bisàti’, vitt. ‘bisàta’, venez. ‘bisato’), sm.:
anguilla. «Voce introdotta in letteratura dal Panzini; da ‘biscia’, con suff. peggiorativo ‘-atto’ (it. ‘-accio’); cfr. marchig. ‘bisciatto’: bisciaccio» (DEI I,529).
bisi: sm. pl.:
piselli, dal lat. scient. pisum (sativum): pisello, la nota leguminosa di origine persiana e caucasica; ricorda il caratteristico piatto veneto «risi e bisi», la minestra nazionale che il giorno di San Marco veniva servita solennemente a Sua Serenità (il Doge).
bissabògoea: (o ‘bissabòvoea’):
turbine, ciclone; tromba d'aria che incute spavento perché formata da una nube simile a minaccioso serpente — composto di ‘bissa’: biscia, dal lat. tardo bistia per il class. bestia e ‘bova’, dal lat. bo(v)a, per incontro con il ven. ‘bòvolo’: chiocciola.
bissiga: (pl. ‘bissighe’), sf.:
vescica (che talora si ode usato scherzosamente nella forma dialettale ipercorretta ‘bissìcchia, bissicchie’); dal lat. vesica (vensica, vessica), voce onomatopeica, affine al sànscrito ‘vastàh’: «vescica».
biss: (pl. ‘bissi’; dimin. ‘bissét’), sm.:
insetto; verme, pare il maschile di ‘bissa’ cfr. lo spagn. ‘bicho’: bestiola, animale.
biùga: agric., sf.:
carro agricolo a quattro ruote sulla parte anteriore del quale si mette una trave eretta che impedisce al carico di precipitare in avanti; dal lat. bijugus, -a, -um, da bis e jugum: bijugis currus: carro tirato da due (animali aggiogati).
bò:
bue, dal lat. bos, caso nominativo.
bòcia: (dimin. ‘bocéta’, dispr. ‘bociazza’, collett. ‘bociarìa’), sm.:
ragazzetto, marmocchio; il Prati nelle sue Voci di gerganti riferisce che nel gergo degli spazzacamini di Gurro (Pallanza) ‘bòcia’ indica «il ragazzo che aiuta a ripulire i camini» e che deriva da ‘bòccia’: palla, in quanto accenna a cosa piccola e rotonda.
bon de luna: locuzione:
tempo di luna calante che, dicono, è favorevole alle semine e ai trapianti orticoli.
bondoe:
specie di cotechini, di forma tondeggiante; della stessa origine di ‘baldoni’ (vedi sopra).
borsa dee àneme:
la borsa delle anime, fino a non molti anni fa, in chiesa, durante la s. messa si raccoglievano due elemosine: una con una borsa rossa per i bisogni del culto, l'altra con una borsa nera per le anime del purgatorio.
Branduin: ('l vescovo Br.):
Sigismondo dei conti Brandolini Rota, vescovo di Ceneda dal 1885 al 1906; uomo di levatura non comune, generoso e lungimirante; fece costruire a sue spese un'ala del seminario diocesano, al quale lasciò anche alcune sue proprietà, e il collegio che porta il suo nome a Oderzo.
brèspo: sm.:
vespero; metatesi di ‘vespro’ dal lat. vesper, -eris e vesper, -eri: sera; quindi «preghiera serale, vespertina».
brochéte: sf.:
la bronchite, dal lat. tardo bronchitis: infiammazione dei bronchi (dal greco broncos: fauci, gola).
bròsa: sf.:
brina; è l'adattamento dialettale dell'it. ant. ‘bròccia’: pioggerella gelata, ed è forma abbreviata di ‘calabrosa’ (bergam., bresc.): brina (DEI I,605).
bruscàndui: bot., sm. pl.:
luppolo (lat. scient. humulus lupulus); dal lat. tardo bruscus: pungitopo, per probabile sovrapposizione a ruscus: id.; modellato sul dial. ‘picàndui’; le infiorescenze dei bruscandoli dondolano al minimo soffio di vento.
brùssoe: ittiol., sf. pl.:
‘brùssolo, -a’, detto anche ‘rùtilo’, pesce di acqua dolce, al cui genere appartiene anche il triotto, lungo fino a 25 cm, di poco pregio; ne pullulavano le acque tranquille degli stagni; e ‘brussoét’ era detto qualsiasi pesciolino. Di origine sconosciuta.
Brustoeon:
Andrea Brustolon (Belluno 1662-1732). Scultore e intagliatore assai dotato, fu divulgatore del gusto barocco berniniano nel Veneto. Di grandissimo pregio le sue sculture in legno: crocifissi, angioli, ostensori, pale d'altare...
bù: (con le varianti ‘bùo, bùdo’), pp. del verbo dial. ‘vér’ (avere):
avuto; «chi à bù a bù»: chi ha avuto ha avuto; è finita, non ce n'è più!...; «tì t'à bù 'l tuo, gamba!»: tu hai avuto la tua parte, vattene!; ‘bù’, come si vede, è il relitto dell'antico participio (ha)bu(tus): avuto.
buràt: sm.:
buratto; frullone che serve a separare il grano dalla pula o la farina dalla crusca; scherzosamente indica cosa ingombrante.
buridon:
bufera, burrasca che rovina e travolge ogni cosa; di origine sconosciuta, ma che nella nostra zona richiama le piene del canale ‘Borida’, tra Corbolone e Loncon, come pare.
Buséti:
don Giovanni Busetti, eletta figura di sacerdote che fu arciprete di Ceggia dal 1860 al 1906 e contemporaneamente rettore del seminario dal 1882 al 1895 e dal 1897 al 1898.
busièri:
bugiardi; da ‘busìa’: bugìa, dal prov. ‘bauzia’ e questa dal francone ‘bausi’: cattiveria, inganno, menzogna.
butàr fòra: locuz.:
rècere, rimandare; vomitare.
but: sm.:
«butto», getto; germoglio; dal fr. ‘bouter’, prov. ‘botar’ che, a loro volta, derivano dal fràncone ‘buttan, button’: idem, «le urtighe col but»: le ortiche con il germoglio.
buzzoeà: (pl. ‘buzzoeàdi’), sm.:
buccellato; ciambella, una volta nelle sagre le bancarelle erano sovraccariche di quei dolci che tanto piacevano ai bambini; «se te sta bon, te crompe i buzzoeàdi!». Dal lat. tardo buccellatum: pane militare biscotto (Ammiano Marcellino, riferito dal DEI I, 622).


Lettera C


cagnéta: (menar torno la -), locuz.:
con il discorso girare attorno a un dato argomento senza mai indicarlo chiaramente.
caìbrio: sm.:
equilibrio; dal lat. equilibrium che risulta dalla composizione originale di aequatio librae: «eguaglianza, livellamento della bilancia» anche in senso figurato.
caivo:
nebbia: dal lat. calìgo, caliginis: vapore che copre, offusca; densa nebbia, fumo.
càlcoli: sm. pl.:
i calcoli, malattia oggi tanto diffusa; dal lat. calculus, dimin. di calx, calcis (calce): sassolino, pietruzza; ma che c'entrano i calcoli del nostro organismo con quelli aritmetici? c'entrano perché gli antichi romani chiamavano càlculi quei sassolini che i loro figlioletti usavano per imparare a contare.
calieron: sm.:
calderone; accrescitivo di ‘caldara, caldaia’, dal lat. tardo (olla) cal(i)daria: recipiente per l'acqua calda.
camiéti:
camioncini-giocattolo; è il diminutivo di ‘càmion’, che è parola francese di origine oscura.
campanò: sm.:
scampanìo; allegro suono di campane che si faceva i tre giorni che precedevano alcune feste: Corpus Domini, Assunzione, Santo patrono, prima comunione...
campesinos:
campagnoli; contadini d'infima condizione dell'America latina.
campionàda:
prova, pesata approssimativa, per conoscere il valore intrinseco di una persona o cosa; da ‘campione’.
Canaéto:
«Nel soffitto della navata centrale è un grande affresco rettangolare: Martirio e Trionfo di S. Vitale martire, di Giovanni Battista Canal veneziano (1745-1825) - detto anche spesso II Canaletto, come era ordinariamente chiamato il pittore e incisore veneziano Antonio Canal, suo zio (1697-1768).» (Memorie storiche di mons. Angelo Maschietto.)
càneva: sf.:
cantina; dal lat. tardo cànnaba: tenda, il pl. canabae indicava «villaggi di baracche che sorgevano presso gli accampamenti militari romani con botteghe di vino e pane» (Battaglia, II, p. 648); il Forcellini dice che «lungo le vie pubbliche e private c'erano delle canabulae, cioè delle piccole cantine, da principio fatte di strame e paglia, talvolta anche di legno o mattoni, nelle quali i passanti si fermavano per ristorarsi».
cànevo:
canapa; pianta assai coltivata un tempo; dalle sue fibre, filate e tessute in casa, si otteneva una robusta tela da lenzuola, dal gr. kan(n)abis, per il tramite del lat. tardo can(n)abis.
caniòl: (pl. ‘caniòi’), sm.:
bicchiere di vino, pieno per tre quarti; ombretta di vino, è termine comune nelle osterie di Torre di Mosto: «Siora, la porte qua do caniòi!»; dal lat. canna: recipiente, sorta di vaso (Venanzio Fortunato), passato anche all'ant. fr. ‘channe’, al prov. ‘cana’ e al ted. ‘Kanne’.
capariòe:
capriole; ‘capriola’: «salto da ‘capriolo’»; dal lat. tardo capreola, dimin. di caprea: capra selvatica, capriolo.
capàti: sm. pl.
confratelli del Santissimo Sacramento dell'Eucaristia, dal lat. tardo cappa che designava una specie di berretto, divenuto in seguito, secondo i luoghi e i tempi, una mantellina che copriva le spalle o un mantello lungo fino ai piedi.
cariòl: (pl. ‘cariòi’), sm.:
tarlo; dal lat. cariolus, dimin. del lat. tardo carius (tarlo), da caries: carie.
catàr:
trovare; inventare; dal lat. captare: procacciare, acquistare, da captus, pp. di càpere: prendere.
cavo: (pl. ‘cavi’), sm.:
tralcio della vite, forse dal lat. caput (funis): capo, estremità della fune.
chio:
chi è che, contrazione della forma pronominale interrogativa «chi é 'o?».
cìcara o cìchera (parlar in -):
parlare in maniera più gentile del solito; parlaré con affettazione; scherzoso: «tanti i parla in cicara e ghe casca 'l piatèl!»: si sforzano di parlare in italiano ma riescono ridicoli.
cico (a -), locuz.:
appena in tempo; giusto giusto; a capello, es.: «Séo rivadi Ora de messa? - Sén rivadi propio a cico!». Dal lat. ciccum (gr. kikkos: membrana fra gli spicchi della melagrana, forse per il tramite del fr. ‘chique’: cicca, mozzicone di sigaro, che ritorna in it. ‘cica’: pocolino, briciolino.
cior su / métar zo:
cominciare / smettere; «cior su na canzon»: intonare una canzone; «métar zo le campane»: smettere di suonare le campane.
cofà:
come; a guisa di; è da considerarsi contrazione di «come fa» (Rohlfs, Grammatica storica, n. 954).
cométa: sf.:
la cometa del Kohoutek, dal nome dello scopritore tedesco che la vide per primo il 7 marzo 1973. La tanto attesa cometa ha deluso non solo i due compari, ma anche tutti coloro che speravano di poterla ammirare a occhio nudo in tutto il suo splendore. Le comete vengono dagli abissi dello spazio percorrendo orbite ellittiche, paraboliche o iperboliche; solo quando tali orbite intersecano quella terrestre, passando fra il sole e la terra, offrono spettacoli di incomparabile bellezza; ma questa è stata una cometa che ha fatto i capricci e non si è lasciata vedere o perché immersa nella luce del sole, o perché disintegratasi prima di giungere alla portata del nostro sguardo.
comio: sm.:
gomito; si dice anche in it. «alzare il gomito» per «eccedere nel bere».
companàsego:
companatico, «ciò che si mangia insieme col pane», dal lat. cum (con) e panis (pane).
compartì: pp.:
diviso, distribuito in ‘parti’; dal lat. tardo compartiri (partiri, da pars, partis: parte).
conàjo: sm.:
caglio; cfr. friul. ‘conài’; dal lat. conàgulum, ricomposizione del class. coàgulum con la prep. ‘con-’: coagulo, coagulante del latte; presame.
confèsso: sm.:
confessionale; dal lat. eccl. *confessore, da confessus, pp. di confitèri: riconoscere, confessare.
confitardèo: sm.:
nella vecchia liturgia della messa in latino: confiteor Deo: confesso a Dio.
contròpiti:
contraffatti; panciuti; pieni di cibo da scoppiare; di origine sconosciuta.
con: (var. ‘co’), avv.:
quando, dal lat. cum.
cort: sf.:
letamaio; sporcizia, pattume che dopo non si sa neanche dove mettere i piedi!, dal lat. chors, cors, greco chortos: recinto: luogo chiuso per animali; e dove ci sono tante bestie, si sa, «la é tuta una cort!».
cossoscòpio: sm.:
nome generico (‘còsso’ significa cosa che non si sa nominare) che le due buone vecchiette usano per capirsi in qualche modo: intendevano l'apparecchio dei raggi X.
còtoe:
gonne; dal fr. ‘cotte’ (XII sec.) che, a sua volta, deriva dal francone ‘*kotta’: mantello, veste; da cui anche la ‘cotta’: indumento sacerdotale; propagatosi nei dialetti settentr. in forma diminutiva ‘còttola’; «la còtoea de sot»; «tìrete zo quee còtoe, che te mostra i sofrànti!».
còzza, còzze: sf.:
molluschi commestibili; mitili; è voce dei dialetti meridionali corrispondente all'it. ‘còccia’: «guscio» di animali testacei quali chiocciole, ostriche, ecc., derivato dall'incontro del lat. cochlea (chiocciola) con coccum (bacca. nocciolo).
crèpiti: (essar in cr.):
in fine; lì lì per cedere; «che sta per succedere qualche cosa» perché comincia a screpolarsi; dal lat. crepitus, da crepitare, iterativo di crepare.
cròda: sf.:
roccia; rupe nuda e scoscesa, pietra dura, resistente, dal lat. mediev. crota (rupes): roccia; ed è voce del sostrato mediterraneo (DEI II, 1171).
cucàl: (pl. ‘cucài’):
gabbiano; il prov. ‘caucala’ significa «cornacchia» e viene dal greco kaukàles: nome di un uccello; in senso figurato: persona semplice, sciocca.
culièra: (culieréta, culierin, culieron, inculierar):
aiuola; forse dal lat. lira: terra sollevata tra un solco e l'altro; aiuola, porca.
cussì:
cosi, dall'unione delle parole latine eccum e sic.
cussìta:
così, contrazione delle parole latine eccum-sic-ita.


Lettera D


davanti:
la persona che sta ‘davanti’, a capo di una determinata istituzione; in questo caso il direttore didattico, dal lat. de: da, e abante, II sec. d.C.
de bando: locuz.:
disoccupato; dal gotico ‘bandsva’ (segno, insegna), attraverso il lat. mediev. bandum (nel diploma di Ugo, anno 976).
debòta:
per poco; quasi quasi; tra poco.
Decreti delegati (i -):
è l'argomento del giorno che ci tocca tutti da vicino, ma più particolarmente i genitori che hanno figli a scuola.
de longo:
subito; immediatamente; voce antica, XIV sec, ‘dilungo’: difilato.
déo:
dito; dal lat. digitus, da cui anche numerose altre forme dialettali e romanze: rum. ‘deget’, sardo ‘didu’, spagn. ‘dedo’, friul. ‘det’, catalano ‘dit’, ecc. (REW 2638).
déo gròs del pìe:
àlluce, che è appunto «il dito grosso del piede».
déo: sm.:
dito; dal lat. digitus; ed è anche misura lineare: «un déo de vin»; «longo un déo»; un pollice (la 16ª parte del piede romano: circa un centimetro e mezzo)
deprafondi:
pronuncia storpiata dell'inizio del salmo 129: «De profundis clamavi ad te, Domine»: Dal profondo grido a te, Signore.
dèrego:
gergo; linguaggio convenzionale, per non farsi intendere da altri; dal prov. ‘gergon’, gergò, di origine oscura, da cui il fr. ‘jargon, gergon’.
dèrego:
gergo; linguaggio incomprensibile ai non iniziati; dal prov. ‘gergon, gergò’, di origine oscura.
desbrocarse:
sfogarsi; dirgliene di tutti i colori.
desconzà: pp.:
sconciato; guastato; dal lat. tardo excomptiare (composto di ex e comptiare, da comptus (ornato), pp. di còmere: mettere insieme, riunire): guastare, distruggere; il verbo è abbondantemente documentato nel latino medievale, es. a Treviso: in conzo tenendo: tenere in buon assetto; conzari faciat: faccia riparare.
descunirse: v. rifl.:
assottigliarsi, intristire, distruggersi, consumarsi.
desmissiàr:
svegliare, destare; dal lat. de-ex-miscitare, nel senso di mescolare, scuotere ripetutamente, e quindi svegliare dal sonno.
destropàr: v. tr.:
stappare; dal lat. stroppus (cinghia per attaccare) di cui il ven. ‘stròpolo’ (pezzo di cavo che cinge la cassa di un bozzello) è il dimin. che presuppone un lat. stròppulus: cavo, stringa e, con evoluzione di significato, tappo.
destudàr: (stuàr), v. tr.:
spegnere, smorzare; dal lat. exstufare, dal greco tuphos: fumo, vapore, riferito al bagno caldo a vapore; nel senso di «bagnare con acqua in caso d'incendio» (v. mar., XVII sec.).
dezipàr: v. tr.:
«dissipare» disperdere, distruggere; dal lat. dis- che indica separazione e sipare per supare: gettare.
de zotegon:
zoppiconi, zoppicando; dal dial. ‘zòt’, it. ‘ciòtto’ (Dante), da una voce espressiva.
diicàti:
delicati, schizzinosi; dal lat. delicatus (da deliciæ): morbido, liscio; facile a deteriorarsi; gracile.
dir sempre de sì che la é còta:
è un modo di dire che denota lo stato d'animo e il comportamento di chi accondiscende sempre alle proposte altrui.
donca: congiunzione:
dunque, è antica forma veneziana, ormai poco usata anche nel nostro dialetto, accanto a «donqua, donga, dùnqua, dunche», dal lat. tardo dunc, forse per incrocio di dumque e tunc: allora.
durmìn: ind. pres. del v. dial. ‘durmìr’:
noi dormiamo.


Lettera E


èmui/àmui:
prugne, prunelle, susine; frutti della prunus domestica: pruno, che noi chiamiamo ‘amoèr’.
èpie:
verbo ‘avere’, cong. pres.: abbia.
èssar tut un cul e na braga:
modo scherzoso di dire: essere in stretta relazione con qualcuno.


Lettera F


fanò: sm.:
«fanò», bicchiere di carta colorata con dentro la candela accesa, che si mette sui davanzali e sui poggiuoli durante la processione serale del venerdì santo, dal gr. biz. phanòs: lanterna, fanale.
far co pìe e co man: modo di dire:
mettercela tutta; adoperarsi con tutte le forze per conseguire un dato scopo; ma qui usato nel senso reale di adoperare davvero le mani e i piedi per suonare l'organo. — L'organo della nostra chiesa, che è il comune organo classico a canne, fu costruito nel 1925 dalla ditta Vincenzo Mascioni di Cuvio (Como), ha due tastiere di 58 tasti ciascuna, una pedaliera di trenta tasti detti pedali appunto perché si suonano con i piedi, 17 registri reali, 1100 canne e un valore di circa 20 milioni (nel 1974).
far gnòc:
far nodo, sporgenza; essere rilevato.
far jàcomo:
detto delle gambe che si piegano per la stanchezza; dal nome personale ‘Giacomo’ (lat. Iacob), forse per accostamento alla stanchezza dei pellegrini che si recavano a S. Giacomo di Compostella in Galizia.
fasiòi:
fagioli; dal lat. phaseolus (Plinio, Columella).
fassi (in f.): locuz.:
essere sfasciato, rotto; le doghe del mastello esposto al sole senz'acqua non obbediscono più ai cerchi e cadono in un fascio.
fastìdio: sm.:
noia, svenimento; dal lat. fastidium (disgusto, ripugnanza) che potrebbe essere contaminazione di fastus (orgoglio) e taedium (tedio, noia).
fiapìrse: v. rifl.:
appassire; divenire floscio, cascante; dall'ant. fr. ‘flapir’: ammollire; nel dialetto lionese c'è il termine familiare ‘flapì’: abbattuto, depresso, dalla radice ‘flap’: molle, che sembra rappresentare un incrocio del lat. faccus con il ted. ‘schlapp’: fiacco.
figadèi:
fegatelli; fegato di maiale tritato, condito e insaccato; dal lat. (jecur) ficatum: «fègato con i fichi».
figà: sm.:
fègato; dal lat. tardo (jecur) ficàtum: fègato infarcito di fichi che piaceva tanto a quel ghiottone buongustaio di Orazio; cfr. sat. 2,8,88: ficis pastum jecur anseris albæ: il fegato di un'oca bianca infarcito di fichi.
fiòzza:
figlioccia; femm. di ‘fiòzzo’: figlioccio, da ‘figlio’, lat. filius, attraverso il lat. mediev. filiocius (a. 1264, a Vicenza), fiocius (XIII sec. a Sacile).
fissi:
fitti; dal lat. fixus (part. di figere: figgere, fissare), rappresentato nei dialetti settentrionali; cfr. fr. ‘fixe’ (anno 1732) e ‘fix’, XIII sec.
fonde:
‘fondamenta’ di cui può considerarsi la riduzione.
forbìr (furbìr): v. tr.:
spolverare, dal lat. mediev. furbire che viene a sua volta dal germ. ‘*furbjan’: pulire; cfr. ant. fr. ‘forbir’.
forèsti:
forestieri; dal lat. forestis (silva), da foris: fuori, modellato su agrestis (agreste, villereccio, selvatico), per indicare la selva che era fuori delle mura della città.
fracàr: v. tr.:
spingere; calcare; pigiare, premere; da un lat. mediev. *frangicare, iterativo di frangere: rompere.
frachéa:
spingeva; ‘fracàr’: spingere con forza, da un lat. pop. fragicare intensivo di frangere: rompere.
frajèl:
gran quantità- moltitudine; abbondanza: in questo senso è voce del XVII sec.; dal lat. flagellum che è diminutivo di flagrum: flagello.
franco:
lira; «ciaparse un franco; ròba da tre brazzi un franco»; nome di moneta, dal motto Francorum rex: re dei Franchi (cioè dei Francesi) che si leggeva sulla moneta fatta coniare da re Giovanni di Francia nel 1366.
frégoe: sf. pl.:
briciole; minuzzoli di checchessia; dal lat. fricare: sminuzzare.
frugà:
liso, consunto; sdrucito.
fuma: sf.:
pipa; dal verbo dial. ‘fumàr’: fumare.
fumèra: sf.:
finimondo, propriamente «ondata, nuvola di fumo».
furésse:
fosse; cong. imperfetto del verbo ‘èssar, èsser’ (che mì furésse, che tì te furésse, che lu 'l furésse...); dall'unione delle due forme latine for(et) - esse(t).


Lettera G


gànsega: bot., sf.:
sarà la ‘panicastrella’ di manzoniana memoria (Pr. Sposi 33), una delle erbacce che infestavano la vigna di Renzo; è una graminacea affine al panìco.
gargàt: sm.:
esofago; gola; parte anteriore del collo; da un suono onomatopeico ‘garg’: gola.
gnorantìsia:
ignoranza; analfabetismo; dall'agg. dial. ‘gnorante’ (ignorante) con suff. ‘-ìsia’ di ‘sporchìsia, netìsia’.
gras: (magnàr de gras):
locuzione: mangiare di grasso; allude al secondo precetto della chiesa: «Non mangiar carne nel venerdì e negli altri giorni proibiti»: precetto tuttora in vigore ma in misura assai mitigata.
grassa: sf.:
letame, stallatico che ‘ingrassa’, che rende fertile il terreno.
grésta: sf.:
agrèsta, succo d'uva acerba che, fatto bollire con foglie di lauro e pesco, serve per fare la ‘bromba’, cioè il risciacquo alle botti, onde garantirle dai cattivi odori, prima di metterci il vino; dal lat. agrestis (agreste, campestre, aspro) per sovrapposizione di acrus: agro, acido, piccante.
grìpia:
greppia, mangiatoia; dal francone ‘kripia’, tedesco ‘Krippe’.
grisui: sm. pl.:
grìccioli, brividi; dimin. di ‘gricci’ da ‘ricci’ con ‘g’ prostetico, per influsso di ‘grinza’; orripilazione che sopravviene per freddo, per indisposizione o per improvvisa emozione; da un suono imitativo ‘gricc’ (con ‘cc’ dolce).
guaìvo (a-): locuz. avv.:
di seguito; dall'agg. ant. (XIII sec.) ‘guàle’ che è aferesi di ‘uguale, eguale’, lat. aequalis, da aequus: equo, giusto.
gùcia: sf.:
pesante maglia da inverno; it. ant. ‘gucchia’: ago, palo appuntito, dal lat. acucula, dimin. di acus: ago; ferro da calze; qui il nome dell'oggetto è esteso all'indumento con esso confezionato.


Lettera I


Il santo Vangèlio:
il santo Vangelo. «Se dunque stai presentando il tuo dono sull'altare, e là ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia là il tuo dono davanti all'altare e va prima a riconciliarti col tuo fratello; e allora vieni a offrire il tuo dono» (Matteo 5,23-24).
impetà:
attaccato, adiacente; addossato; da un lat. *peditare: vari sensi tra cui il venez. ‘petarse’: attaccarsi.
impiràr:
infilzare, trapassare, bucare; dal greco pèiro: io trapasso, per il tramite del neogreco peirein: infilzare.
impiràr: v. tr.:
infilzare; dal greco pèiro: io infilzo; trapasso da parte a parte.
impizzar:
accendere; dal lat. pix, picis: pece; quindi, alla lettera, ‘impizzar’ significa ‘impeciare’: anticamente si usavano molto le torce imbevute di pece, sia per accendere sia per mantenere accese le fiaccole.
impréste:
arnesi, utensili; recipienti; ogni strumento da lavoro; «rincura su le impreste co t'à finì!»; «pòrteme na impresta pi granda, che co staquà no faghe gnente»; forse dal v. rifl. ‘prestarsi’: «adattarsi a» che è calco del fr. ‘se preter’.
incontòrta:
che ha riportato una distorsione; dal lat. contortus, pp. del verbo ‘contorcere’, lat. contorquere, rafforzato dalla particella ‘-in-’.
inderegà: agg. e pp.:
adirato, stuzzicato; it. ant. ‘zerigare’: importunare; forse dal longobardo ‘zergan’: aizzare (DEI V,4112).
indifìzie:
difficile; con prefisso ‘in-’ che ha, qui, valore rafforzativo anziché negativo come dovrebbe.
indrìo:
metaf. col valore di ‘acerbo’.
ingropàrse:
commuoversi trattenendo le lacrime, sentirsi un nodo alla gola; da ‘groppo’ (nodo) e questo dal germanico ‘kruppa’: dorso, groppa.
ingrumàr:
ammucchiare, accumulare; dal lat. grumus: mucchio, rialzo di terra (gr. kromax); antico trev. ‘grun’, friul. e trent. ‘grum’.
inmagonàrse:
provare nausea, essere stomacato; sentire ripugnanza per i cibi da troppo sazi; dal germ. ‘mago’, ted. ‘magen’: stomaco.
inmarsadi:
incantati; ammaliati, stupiti.
insembrar Ebrei co Samaritani:
mettere insieme le cose più disparate. Gli Ebrei (dall'ebraico ‘ibhri’, nome con cui gli stranieri chiamano Abramo, discendente d'un capostipite ‘Ebher’, fr. XII sec. ‘hébreu’) e i Samaritani (da ‘Samaria’, regione della Palestina situata tra la Galilea a nord, la Giudea a sud e il Giordano ad est) si guardarono sempre in cagnesco; rivalità e ostilità religiose, politiche ed etniche li tennero divisi fin dalla prima deportazione di Israele (721 a.C.). La donna samaritana dice a Gesù: «Come tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me che sono Samaritana? Poiché non hanno buoni rapporti Giudei e Samaritani» (Giov. 4,9). Per ben comprendere la nostra espressione che ammonisce di «No missiar (insembrar) Ebrei co Samaritani», pare di dover risalire al ‘ghetto’, veneziano di istituzione e di nome.
«Cacciati nel Trecento da Venezia, e concentrati a Mestre, i numerosi ebrei, che fin dai tempi fondi del Medio Evo s'erano fissati tra le lagune, vennero riammessi più tardi in città, ma confinati in una porzione di terreno che si chiamava ‘getto’ perché era anticamente sede delle pubbliche fonderie o ‘getti’. La parola ‘getto’ fu deformata dalla pronuncia ebraica in ‘ghetto’. Il nome rimase, e divenne universale» (E. Zorzi, Osterie veneziane, Venezia 1967, p. 162).
«Avevamo in Venezia nel Governo Veneto una Magistratura di Tre inquisitori sopra gli Ebrei, senatoria e gravissima, la quale soprintendeva alle Università di tutti gli Ebrei dello Stato, e in conseguenza a tutte le leggi disciplinari emanate nel proposito» (G. Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia 1856. Ristampa anastatica, Milano 1971).
Da queste testimonianze possiamo dedurre che la saggia amministrazione veneziana, pur accogliendo nella sua comunità il gruppo etnico degli Ebrei, si preoccupava. Al fine di evitare possibili turbamenti in seno alla vita pubblica, concesse una specie di «cittadinanza condizionata»; il ‘ghetto’ era un «Quartiere cittadino chiuso nel quale gli Ebrei avevano domicilio coatto (e vi si accedeva per una o più porte, che si chiudevano dal tramonto all'alba, sorvegliate da guardie cristiane; per uscirne gli Ebrei dovevano indossare un indumento di colore speciale,...». Attuava così la massima di non mescolare gli immigrati con i propri cittadini rendendo la vita più facile agli uni che avevano religione, usi e costumi diversissimi da quelli degli altri (Battaglia, G.D.d.L.It., vol. I, pp.425-426; Ricciotti, Storia d'Israele).
insemenìdi:
intontiti, scimuniti, da ‘scemo’; dal lat. tardo delle glosse semare: dimezzare, con ‘in-’ rafforzativo, come il precedente.
insemenìrse: v. rifl.:
istupidirsi, stordirsi; intontirsi; inebetire; da un lat. *seminus, attraverso un verbo derivato *seminire, dal lat. semi-, greco hemi-, ant. alto ted. ‘sami-’: mezzo; quindi «ridursi a metà».
instizzàr:
attizzare, rinfocolare; ravvivare il fuoco; dall'it. ‘(s)tizzo’: tizzone che, a sua volta, deriva dal lat. tìtio, titionis.
inta: (a inta a inta), locuz. avv.:
lentamente, gradatamente.
in tel cul del mondo:
in capo al mondo, Culo mundi (sec. XV): era così detto il Capo di Norvegia: «luogo forian et estremo» (Quirino 1431); a Roma si diceva scherzosamente In culibus mundi per dire «in luogo remoto», lontano dall'abitato; il Belli scrive che «è lepidezza del volgo il divider la Terra nelle quattro chiappe del mondo».
inzabotà:
detto di chi parla farfugliando, incespicando con le parole; dal dial. ‘zabòt’: balbuziente; da una voce onomatopeica ‘ciabare’: chiacchierare, ciarlare a voce alta e presuntuosamente.
inzènderse: (pp. ‘inzendù, inzendùda’), v. rifl.:
aversela a male, risentirsi, impermalirsi; sentirsi offeso; dal lat. incendere (composto di in- e *candere, da cui anche ‘candido’): accendere, anche fig. accendersi d'ira.


Lettera L


La disputa teologica:
Dio è Uno nell'essenza e Trino nelle persone.
la ghe'a à fracada:
gliel'ha fatta; li ha menati per il naso.
la vén scapoeàda:
l'abbiamo scampata bella; il verbo ‘scapolare’: disimpacciarsi; salvare, far fuggire, deriva dal lat. excapulare: sciogliersi dal cappio.
Le boe:
fior di fico; fichi primaticci.
le comete le ciama desgrazie:
non è vero niente, ma molti ci credono lo stesso attribuendo loro malèfici influssi sulle vicende umane: guerre, pestilenze, siccità, nascite di mostri, mortalità fra i gatti...!
le do Glorie:
i due Gloria, quello del giovedi santo e quello del sabato santo che, secondo la vecchia liturgia, limitavano il periodo della passione di nostro Signore in cui, in segno di lutto, organo e campane tacevano.
Le due processioni:
il Figlio ‘procede’ dal Padre; lo Spirito Santo ‘procede’ dal Padre e dal Figlio.
léngue de vaca:
«lingua di vacca» è il nome volgare della pianta Polygonium amphibium delle poligonacee; il suo rizoma ha azione diuretica.
lièvero: zool., sm.:
lepre, adattamento del lat. lèporem, da cui anche lèvre, lièvere, lièvore (XIV sec.) e il francese ‘lièvre’ (XII sec.).
lunario: sm.:
calendario, sul quale sono segnate le fasi lunari, da ‘luna’.
lusariòea: sf.:
lucciola, dal lat. lux, lucis: luce.
lustréti:
lumini, lumicini, fanalini, dal lat. lustrum: luce.
lustri: sm. pl.:
lampade, fanali; fonti luminose in genere; sarà dal lat. lustrum per contaminazione con lux: luce.


Lettera M


madòna:
suocera, dal lat. mea domina da cui la contrazione ‘mea domna’ - ‘madonna’: «mia signora».
magnamemòria:
smemorato; dimenticone (XVII sec.); composto dell'imper. pres. dial. ‘magna-’ e ‘memoria’.
manèra, sf.:
accétta, mannaia, scure; dal lat. (securis) manuaria (da manus): scure da tenere in mano.
me ne aconsoeo: locuz.:
espressione di cortesia: me ne congratulo, mi felicito; era una delle finezze con cui i nostri vecchi esprimevano il loro compiacimento per qualche evento felice nei momenti solenni della vita.
meonèra:
cocomeraia, dove si coltivano talora anche ‘meloni’.
mèrcore gròt:
mercoledì delle ceneri, primo giorno di quaresima, ‘grot’, dal lat. ægrotus: ammalato; malinconico, immusonito.
més in desméntego:
messo nel dimenticatoio, messo da parte; dimenticato.
metùdi: pp.:
messi; ‘metù’ è forma secondaria e disusata di ‘més’: messo (lat. mittere, missus).
mièr: (pl. ‘mièri’), sm.:
a) migliaia; b) miglio; dal lat. milliarium (da mille): a) un numero di mille unità, b) mille passi; fr. ‘millier’; spagn. ‘mijero’, port. ‘milheiro’, ecc.
minga: avverbio:
mica, affatto; dal lat. mica: briciola.
mistri:
capomastri; maestri d'arte; dal lat. magister: maestro.
momò:
clamore, scalpore; minaccia- dal lat. modo: adesso, ora; attraverso l'antica forma it. ‘mo’ raddoppiata ‘mo-mo’: or ora; cfr. venez. ‘far momò’: minacciare.
monàda:
sciocchezza, bagattella; cosa da nulla.
mòro: figurato e scherzoso, sm.:
vino nero.
morsegàr: v. tr.:
da un lat. morsicare, iterativo di mordère: mòrdere.
mucj: v. intr.:
è l'imper. pres. del v. croato ‘mùciti’: tacere; non parlare!
musét:
cotechino, di origine sconosciuta.
musìgna: sf.:
salvadanaio; dal greco-bizantino eleemosyne: elemosina; locuz. trev. «far musìgna»: far gruzzolo, risparmiare.
mussa:
asina, femm. di ‘mus’, dal lat. tardo muscella: mulo, muscellus: asino, antico diminutivo di mulus, da ‘*mukslo-s’, da cui l'albanese ‘musk’: mulo.


Lettera N


narànze:
arance; dal persiano ‘naräng’, venuto a noi attraverso l'arabo (OTV).
na s-ciànta: locuz. avv.:
un tantino, un pochino; forse da una voce imitativa ‘*sklant-’: minuzzolo, briciola.
nassión: (ésser in nassión):
in sul nascere; allo schiudersi delle uova; dal lat. natio, nationem, (da nascor) il cui primitivo significato è ‘nascimento’, oggi ‘nazione’.
'ndar a palpéta: locuz.:
andare palpando; infatti, rimboccate le maniche e tirate su fin sopra il ginocchio ‘le braghésse’, si va ‘palpando’ sul fondo dei fossati per agguantare tinche, rane, anguille mimetizzatesi nel fango.
'ndar parsora:
traboccare; detto di fiumi in piena: ‘tracimare’.
nevodo:
nipote; dal lat. nepotem, accusativo di nepos, nepotis, con adeguamento ai nomi della seconda declinazione.
nèzza:
nipote; dal lat. pop. nèptia per il classico neptis.
nèzza: sf.:
la nipote; dal lat. volg. neptia (class. neptis) da cui anche il provenz. ‘nepsa’ e ‘nessa’, fr. ‘nièce’, friul. ‘gnèzze’.
nisàr:
incominciare- incignare, inaugurare; dal lat. initiare.
nonànta: agg. numerale:
novanta; dal lat. nonàginta, con accento ritratto.


Lettera O


obia: sf.:
tettoia rustica coperta con strame e cannucce per tenervi al riparo i carri e gli altri utensili agricoli; dal lat. tardo laubia che continua il germ. ‘laubia’ (REW 4936): pergola, frascato (ted. ‘Laube’) donde poi l'it. ‘loggia’.
océ!:
attenzione! scostatevi! state all'erta che non vi cada in testa!; imper. pres. del v. ‘occhiare’ (XIV sec., disus.), da oculus: occhio.
ombra: (dimin. ‘ombréta’):
piccolo bicchiere di vino, equivalente ad un ottavo di litro; lo scrittore veneziano Luigi Sugana (1857-1904), che frequentava assiduamente le bettole e i bassifondi della città, per studiarne l'ambiente e la psicologia, avrebbe usato per primo la parola ‘ombra’, a significare una piccola quantità di vino, solo l'apparenza, l'ombra insomma.
òn e fémena:
marito e moglie.
òn: sm.:
uomo (es. «un òn e na fémena»: un uomo e una donna); marito (es. «òn e fémena»: marito e moglie); dal lat. homo: uomo.
onti: agg. e pp.:
«unti»; qui, in senso figurato e scherzoso, ‘alticci’.
orpo!: esclamazione:
corbezzoli!, aferesi di ‘còrpo’.
Osàr: v. intr.:
gridare, vociare; intimare; dalla forma aferetica dial. di ‘ose’: voce, lat. vox, vocis; cfr. dial. ‘vozze, vothe’, a Sacile ‘vose, vosàr’.
osèi: sm. pl.:
uccelli; dal lat. avis, avicella, avicellus, aucellus: uccello, l'avifauna locale era ricchissima e la sinfonia del canto degli uccelli allietava l'uomo nelle sue fatiche.
òstrega: esclamazione:
sta per ‘òstia’: parola irriverente verso l'Eucaristia, ma non vera e propria bestemmia.


Lettera P


pachèa:
afa, caldo opprimente, soffocante; di etimologia sconosciuta.
pajon:
saccone; rustico materasso fatto con le brattee del granoturco (in dialetto ‘scartòzzi’); dall'it. ‘paglia’, lat. palea, dial. ‘paja’, perché il saccone, anziché di brattee, poteva essere riempito anche di paglia.
pansè: sm.:
viola del pensiero (lat. scient. Viola hortensis); è la voce fr. ‘pensée’, scritta come si pronuncia, ed è il pp. del verbo ‘penser’ (pensare) sostantivato al femminile: «pensata», poi «simbolo del ricordo»; dal basso lat. pensare: «pensare», poi «esaminare, giudicare», da pensum, pp. di pendère: stare sospeso; le ragazze si facevano un dovere di coltivare la viola del pensiero e dicevano: «Pansè, penso a te!», cioè al fidanzato.
pantegàna: sf.:
ratto; grosso topo dei granai e anche quello più grosso delle fogne e delle chiaviche che tanti chiamano ‘panteganòt’; dal lat. (mus) Ponticus: topo che veniva dal Ponto Eusino, cioè dal Mar Nero, per l'ampliamento -ànus; cfr. Africus/Africanus, Punicus/Punicanus, e quindi, per analogia, Ponticus/Ponticanus.
paràr su: locuz.:
cacciare, spingere, mandar su (dentro); varie locuzioni: «paràr zo»: inghiottire, «paràr via»: scacciare; incitare gli animali a tirare; «paràr drento»: sospingere, far entrare; «p. fòra»: ... ad uscire.
paredàne:
assi di protezione; pareti improvvisate; ampliamento del lat. volg. pares, paretis per il classico paries, parietis: parete.
parómo: (a -; parón, paron), locuz. distributiva:
per uno, per ciascuno; comp. di ‘per’ e ‘òmo’: «per uomo»; lat. pro homine; cfr. venez. ‘peròmo’. friul. ‘paromp’, catal. ‘tothom’.
parsémoeo: bot., sm.:
prezzemolo, dal lat. scient. petrosèlinum che risale al gr. petrosélinon.
pasentàr:
calmare, pacificare; ridare la pace a un animo turbato, sconvolto; da un verbo lat. *pàcere che si incontra nella legge delle XII Tavole, da pax, pacis: pace.
passùda:
satolla, scorpacciata; mangiata a sazietà; è il pp. del v. ‘pascere’, lat. pasci: pasciuto, sostantivato al femminile.
patachèo: sm.:
«vivanda grossolana che si vende ancora a Burano e a Chioggia, composta di farina, mele, noci e mandorle» (G. Piccio, Dizion. veneto-italiano, 1928); a Torre di Mosto chiamano così il croccante di mandorle fatto in casa, forse per la forma di ‘patacca’; per sim. «pasticcio», anche in senso morale.
pecùgna: sf.:
miseria; poca cosa; dal lat. pecunia: denaro, da pecus, pecudis: «capo di bestiame» che in origine era la principale, se non l'unica fonte di ricchezza, e veniva usato al posto dell'odierna moneta facendo lo scambio in natura; durante l'ultima guerra lo chiamavano «cambio merce».
peegàta:
pelletica, dal lat. pellis: pelle, con suff. spreg. dial. ‘-àta’ (it. ‘-àccia’): «pellaccia» nel senso di cibo ripugnante qual è la parte grassa o coriacea delle carni.
péndo:
spesso, che ha tante pagine; «me nono 'l à un ibro cussìta péndo!»; deriva dall'incontro del verbo lat. péndere: pesare, con l'aggettivo pènsilis: pensile, pendente.
petoràl:
pera cotta; frutta cotta in genere; rimedio del ‘petto’, lat. pectus, pectorale.
peverèl: (o 'pevarèl), bot., sm.:
la pianta giovane del papavero che, fatta adulta, infiora di rosso i campi di grano; variante dial. dell'it. ‘peverella, -o’; dal lat. (pa)paver per incontro con piper (pepe), per il sapore leggermente piccante.
piàndar 'l mòrt: locuz.:
«piangere il morto»: lamentarsi della propria sorte, della propria miseria; taluni, un po' sboccati, usano dire «piàndar 'l mòrt par ciavàr 'l vivo»!
piavoéta:
bamboletta; è il diminutivo di ‘piavola’, antico venez. ‘puàvola’ che a sua volta è dimin. di ‘pùa’, it. ‘pupa’: bambola, lat. pupa: fanciulla.
picàndui: sm. pl.:
pendagli, fronzoli; ornamenti di nessun valore, dal verbo dial. ‘picàr’: appendere.
picàr:
pendere da una parte; essere inclinato; sarà da un lat. *pendicare, iterativo di pendère.
picoeón (a -): locuz. avv.:
penzoloni, pencoloni; dal lat. *pendiculare, da pendicare e questo da pendère: essere sospeso, ciondolare.
piigàr: v. tr.:
essere vicino a; sfiorare; sarà dal lat. pilus (pelo) e da questo il verbo pilicare: iterativo di un pilare: «sfiorare col pelo».
pinà:
più in là; più lontano.
pinpiàn:
piano, sottovoce; più piano.
pinza: sf.:
schiacciata, pane, dolce cotto sotto la cenere, figuratamente «far tuta na pinza»: schiacciare le più svariate cose in un ammasso informe; dal lat. mediev. piza panis, pizzas de pane (a. 1201, a Sulmona), forse da un lat. picea (placenta).
pinzéte:
pastiglie, compresse, confetti medicinali; dal dial. ‘pinza’: dolce cotto sotto la cenere, pizza (ma non quella napoletana, che è tutt'altra cosa); per la somiglianza della forma.
piòt: (pl. ‘piòti’), sm.:
tino di forma tronco-conica che si usa per conservare il vino.
pìroea: sf.:
teoria, fila; di etimologia sconosciuta.
pitona: sf.:
tacchina; potrebbe essere accrescitivo del nome dial. ‘pita’: gallina; cfr. abr. ‘petone’ e piem. ‘pitùm’: tacchino e, fig., citrullo.
pivìda:
pipìta, malattia dei polli che si manifesta con l'ulcerazione della lingua del palato e della gola: dal latino tardo pipìta, per il classico pitvìta, pituita: gomma, resina che cade dagli alberi, poi muco, catarro.
pividèl: sm.:
epiglottide, velo palatino; forse dal lat. tardo pipita: gomma, resina, muco, per incontro con ‘piva’: ancia, linguetta (lat. pipa: fischietto).
pomèe: sf. pl.:
bacche; estensivamente ‘pomèa’: uva; ai ragazzi, scherzando: «la te piase, ah, mòro, la pomèa!» ‘pomello, pomella’, dimin. di ‘pomo’, per la somiglianza della forma, dal lat. pomum: frutto; cfr. l'ant. fr. (XII sec.) ‘pomel’, dimin. di ‘pom’: pomo della spada.
posént (a -), locuz.:
luogo riparato dal freddo e dalle intemperie; cfr. sic. ‘posentu, appusintari’ (‘posento’: alloggio, albergo), dallo spagn. ‘aposento’, e questo dal lat. pausare: posare.
potàcio: sm.:
mistura, intruglio; dal fr. ‘potage’: sorta di manicaretto brodoso; brodo di carne con verdura; in origine significava «ciò che si mette nel ‘pòt’», dal lat. pop. pottus, ridotto a potus (VI sec., in Venanzio Fortunato): vaso, pignatta.
pracànti: (il sing. ‘pracanto’ è poco usato):
malìe, piagnistei, preamboli; dal lat. praecantare, iterativo di praecanere: predire, profetizzare; cfr. il fr. ant. ‘prechant, prechanter’: cantare avanti.
prèveda: (pl. ‘prèvede’), bot., sf.:
dente di leone (dial. ‘denti de can’), lat. scient. taraxacum officinale, la comunissima pianta erbacea, i cui fiori gialli, dopo la fioritura, si trasformano in frutti con pappi, detti soffioni, che volano via al minimo soffio.
pròdi: (pl.le di ‘prò’):
profitto; interesse da pagare o da incassare, secondo che si tratti di denaro avuto a prestito o prestato ad altri; dal lat. tardo prode (da prod-esse: giovare); cfr. antico siculo «fari prudi» (XIV sec.) sic «bon pru ri», calabr. «bon prude» e noi, a chi alza il bicchiere dicendo «alla salute», rispondiamo (rispondevano i nostri vecchi) «bon prò!».
promiscolo: agg.:
è forma ipercorretta dell'it. ‘promiscuo’, usato qui in tono scherzoso per significare ‘miscuglio’.
prò: (pl. ‘pròdi’), sm.:
interesse, frutto di una certa somma di denaro, data o avuta a prestito; dal lat. tardo prode (da prod-esse: giovare).
puito: avv.:
bene, perfettamente; «pulitamente»; continuazione dell'agg. it. ant., XIV sec., ‘polito’: liscio, terso, pulito, dal lat. polire: pulire.
pulcre: bot., sf. pl.:
giacinti; dal lat. pulcher, -chra, -chrum: bello.
pulpitare: v. intr.:
voce scherzosa del linguaggio fanciullesco di un tempo: predicare, da ‘pulpito’.
punèr: sm.:
pollaio; dal lat. mediev. pullarium, da pullus: animale giovane; pollo.
puntini rossi su'a pèl:
«i puntini rossi sulla pelle» sono sintomi di malattie per lo più infantili: morbillo, rosolia, varicella; orticaria.
pùpoea: sf.:
cupola; corruz. dial. di ‘cùpoea’, dal lat. cupula: cupola che risale a ‘cupa, cupo’: «incavato, profondo» e quindi «oscuro».


Lettera Q


quel che sta sempre da drio 'l baro: (‘baro’: cespuglio):
colui che se ne sta appartato, mezzo nascosto per non essere notato, che avrebbe qualche cosa da dire ma non ha il coraggio di esporre il proprio punto di vista.


Lettera R


raboso nostràn, sm.:
raboso nostrano; vino rosso pregiato di Treviso e Conegliano, detto anche ‘raboso Piave’; la vite produce grossi grappoli dai neri acini sferici, di maturazione tardiva, da cui si ottiene un vino brusco da mezzo taglio; dal nome del torrente ‘Raboso’ che scorre ‘rabbiosamente’ presso Conegliano.
racoéta: sf.: diminutivo di ‘ràcoea’:
bàttola, cròtalo, altro arnese da far rumore la settimana santa durante il silenzio delle campane e dell'organo; di probabile origine imitativa del rumore ‘rak-, grak-’.
racoéte: sf. pl.:
raganelle; dimin. di ‘ràcoea’, specie di rana verde conosciutissima per il suo forte gracidare (Hyla arbòrea).
ras-ciòti: sm. pl.:
racimoli, grappolini d'uva dimenticati sulle viti durante la vendemmia.
reboeazion:
rivoluzione, disordine, rivolgimento politico.
rèchia, rèchie:
pronuncia storpiata dal latino requiem: la preghiera che si recita per i morti: L'eterno riposo.
refudàr:
dare a titolo di favore; di etimologia non chiara.
refùjum pecatòrum:
«Rifugio dei peccatori»: è la Madonna, come è detto nelle litanie. Scherzosamente si dice, nel parlar familiare, di persona a cui si ricorre troppo spesso per aiuto.
reméngo (a -): locuz. avv.
in rovina; dal lat. ramus (ramo) con il suff. germanico ‘-ing’ di ‘solingo’, forse per il tramite del prov. ‘ramenc’, fr. ‘remain’; propriam. ‘ramingo, ramengo’ era detto il falcone da caccia ancora giovane, che non stava fermo al posto, ma saltava da un ramo all'altro; dunque: «non avere luogo dove posarsi, né via certa da battere».
repeton: sm.:
rumore, fracasso; chiasso, baccano; forse dal lat. re-petere: chiedere di nuovo; ripetere.
repeton: sm.:
rumore, frastuono, potrebbe derivare dal lat. repetere: ripetere, chiedere di nuovo, a meno che, per il tramite del lionese ‘repitò’: «rompere, cacciare con mani e piedi», non risalga al lat. repeditare (REW 7220).
resentàda: sf.:
risciacquata; dal lat. recentare, da recens, recentem: recente, fresco, da cui anche il sic. ‘arricintari’ e il nap. ‘arrecendare’: risciacquare; recens (aqua): acqua attinta allora allora.
resentàr:
risciacquare; dal lat. recentare (rinnovare), dall'aggettivo recens, recentis (fresco, nuovo, recente), con passaggio di significato da «rinfrescare» a «risciacquare».
restèl: sm:
triangolo, oggetto liturgico di forma triangolare con 12-15 candele che si usava durante l'ufficio delle tenebre le sere di mercoledì, giovedì e venerdi santo; a chi lo guardava senza candele poteva richiamare le fila dei denti del ‘rastrello’.
ripiirse: (qui a Ceggia ho udito anche la forma ‘ripiàrse’):
ripigliarsi, riprendersi, rimettersi in forze.
rivàl:
filare di alberi (gelsi, viti,...) con sentiero: riva d'un fosso arborata; agg. dal lat. mediev. riva, class. ripa: riva.
rivàr in cào:
arrivare alla fine; si sa che il canto ecclesiastico, prima della riforma di Pio X, era molto più fiorito di quello gregoriano puro e semplice; ‘cào’, dal lat. caput: capo, estremità, fine.
ròsta:
ruota dentata o ruota con pale come quella dei mulini ad acqua; etimologia sconosciuta.
rùcoea:
ruca, ruchetta, dal lat. scient. (brassica) eriica.
rudando: verbo ‘rudàr, ruzzar’:
rumoreggiare cupo e minaccioso, forse di origine imitativa; ma cfr. il medio alto tedesco ‘ruzzen’. tamìso: staccio con cui si separa la farina dalla crusca, dal lat. mediev. tamìsium da cui anche il friul. ‘temés’, fr. ‘tamìs’, spagn ‘tamìz’.
rùmoe:
talpe; dal lat. rumare: ruminare, da ruma, rumis: gola, petto; poi «rimescolare, grufolare» la terra come fanno appunto quelle brave bestiole.


Lettera S


saca: sf.:
salciuolo; grosso vimine di salice con cui si legano fascine di stecchi, di canne di granoturco, ecc.; dal lat. sàlica, femm. di salix, salicis: salice; dall'agg. saliceus deriva il nome di Via Salezzo.
saèno: (var. ‘sèneno’), bot., sm.:
sedano; dal greco sélinon.
sani!:
stai sano, state sani!, arrivederci!, saluto familiare tra persone anziane.
sàntoea:
madrina; è il femminile di ‘sàntoeo’, ‘sàntolo’ (XIV sec.), di uso veneto; dal lat. mediev. sànctulus: padrino, da sanctus: santo; modo di dire: «to sàntoea in cariòea!».
sàntoea: sf.:
madrina; dal lat. sanctulus, sanctula (dimin. di santus, -a, -um: santo), a significare «piccolo santo», perché in origine i padrini e le madrine venivano scelti fra le persone di vita virtuosa, esemplare.
santònico:
bevanda amara; assenzio, pianta velenosa, di odore sgradevole; i capolini, non ancora sbocciati, sono antielmintici (capaci cioè di uccidere e di espellere vermi parassiti);dal lat. santònicum, che continua il gr. santonikon: assenzio, agg. di Sàntones: i Sàntoni, antica popolazione della Gallia Aquitanica sull'Oceano Atlantico, oggi ‘Saintonge’: saranno stati loro i primi a fare largo uso di quell'erba per le sue virtù curative?
sarabàn: sm.:
carro piatto, dal fr. ‘char-à-bandes’: carro con sponde, oppure ‘char-à-bancs’: carro con panche.
sartàr: v. tr.:
mescere; versare; scodellare: «Sartarghe da bévar ai amizi»; «Sartàr la poenta»; forse dal lat. mediev. sartare (che è tratto da sartus, pp. di sarcire: sarchiare): dissodare un terreno incolto, nel senso di rovesciare le zolle.
sbaeàr: v. intr.:
‘sballare’ nel senso di «smettere il ballo»; spiovere; cessare del vento, delle intemperie.
sbarbotàr:
v. intr.: borbottare; dal francese del XIII sec. 'barboter': parlare nella barba (DEI I, 435).
sberegàr: v. intr.:
gridare, gridare a squarciagola; sinonimo dell'it. ‘sbellicare’: «rompere il bellìco», sbellicarsi dalle risa; dal lat. umbilicus che, oltre al senso anatomico, ha anche quello di «mezzo, centro di alcuna cosa».
sbisigàr:
v. intr.: bisbigliare, parlottare; bisticciare di nascosto senza seri propositi; forse dall'it. 'biségolo', lisciapiante, arnese per lisciare le suole delle scarpe; probabilm. da un lat. *bisecus: "a due trincianti" (DEI I, 531).
sbocassona: sf.:
boccaccia, linguaccia; da ‘bocca’ (lat. bucca) con S intensivo: «brutta smorfia».
sbolsegar: v. intr.:
tossire; tossicchiare come chi è ‘bolso’ (che ha difficoltà di respiro), detto dei cavalli; dal lat. vulsus, pp. di vellere: schiantare.
sbrissar:
scivolare, in senso reale e figurato; forse dal tedesco ‘spritzen’: sdrucciolare.
scampàr: v. intr.:
scappare; da un lat. tardo *ex-cappare, da ‘cappa’ (sorta di mantello): «gettare via la cappa per correre più velocemente e quindi sfuggire agli inseguitori».
scavéz: (pl. ‘scavézzi’), sm.:
giovincello, ragazzo di primo pelo; quasi calco dell'it. ‘scavezzacollo’ ma in senso buono; composto dal lat. ex privativo e capitia (cavezza, capezza), neutro pl. di capitium: apertura superiore della tunica che circonda il collo e per cui passa la testa (caput, capitis: capo); estensivamente: «giovane animale a cui è stata tolta la cavezza», quindi sbrigliato.
s-cèt:
agg.: schietto, chiaro, comprensibile; dal germ. 'slehta-': semplice (ted. 'schlecht': di poco conto, cattivo) (DEI V, 3388).
schèi:
denaro; soldi; quattrini; dal tedesco ‘Scheidemunze’: moneta spicciola; parola composta del verbo ‘scheiden’: spartire, separare, dividere, e ‘Munze’: moneta; nel Regno Lombardo-Veneto l'Austria aveva messo in circolazione monete spicciole di rame con su scritto appunto ‘Scheidemunze’ di cui i nostri nonni pronunciavano, all'italiana, soltanto la prima sillaba ‘Schei-’.
schìa: (pl. ‘schie’), sf.:
gamberetto d'acqua dolce; piccolo crostaceo commestibile; fig. ‘schia’, ometto mingherlino, dal lat. squilla, lat. scient. squilla mantis.
s-ciapàde:
sciamate, stormi; it. XIV sec. ‘chiappare’, lat. capulare: accalappiare da capulum: cappio; lat. mediev. clapus: gregge (a. I393, a Schio), anche «taglio di stoffa» (DEI 11, 920).
s-ciarir: (var. ‘s-ciaridàr’), v. tr.:
diradare; dal dial. ‘ciaro’: chiaro, rado, detto di piante troppo distanti tra loro.
s-ciòna: sf.:
anello metallico in senso figurato e gergale: sbornia.
s-ciòti: sm. pl.:
aculei; capelli setolosi, irti.
sconti:
nascosti; dal lat. absconditus, pp. del verbo abscondere: nascondere.
scont: pp. del verbo dial. ‘scondar, sconder’:
nascosto; dal lat. (ab)scon(di)t(us).
scuòderse:
smaltire il lavoro; ‘scuotere’, sbarazzarsi, dare sfogo?...
scuòeo:
siero del latte, latticello; il liquido che rimane dopo aver fatto il formaggio — nel dialetto vittoriese detto anche ‘latìn’.
scùssi: (sing. ‘scuss’), agg.:
privati di tutto; ‘scuss(o)’: schietto, nudo; dal lat. excussus, pp. di excutere (scuotere); cfr. Seneca: excussis manibus: a mani vuote.
secada:
seccatura; dal pp. del verbo ‘secar’ sostantivato al femminile.
sedìna:
sete persistente, che non si riesce a spegnere neppure ingerendo molte bevande; dimin. del dial. ‘sé’, dal lat. sitis: sete; cfr. logudorese (sardo) ‘sidis’, spagn. ‘sed’ da cui ‘sediento’: assetato.
serét: sm.:
calesse, calessino; veicolo a due ruote trainato da un solo cavallo; dal fr. ‘charrette’: «carretta».
servi della gleba:
nel medio evo erano quei contadini che, nei trapassi di proprietà, seguivano la sorte del podere.
sèsti: sm. pl.:
gesti; il gesticolare.
sfésa: sf.:
fessura, spiraglio; dal lat. fissa, pp. del verbo findere: fendere, dividere in due secondo la naturale struttura.
sgarpìe: sf. pl.:
ragnatele; dal lat. volg. carpire (per il classico càrpere): ghermire, acchiappare; tale infatti è lo scopo del ragno che tende la sua rete; per il tramite del fr. ‘charpir’ (pron. ‘sciarpir’) da cui anche il nostro ‘zarpìr, zerpìr’: potare.
sghindoeàrse: v. rifl.:
dondolarsi; muoversi avanti e indietro; insieme con il tosc. ‘sguindolarsi’: muoversi svelto, deriva dal ted. ‘Winde’, lat. guindolus, it. del XVII sec. ‘guìndolo’: bìndolo.
sgnèc:
schizzinoso; forse dal ted. ‘Schnecke’: lumacone, lumaca, chiocciola; o dal prov. ‘nec’: triste.
sgnèvedo: agg.:
rigoglioso; forse dall'ant. ‘gniva’ (Curzola 1404), dallo slavo ‘njiva’: terra coltivata.
sgorlarse:
tentennare, oscillare; etimologia che postula l'evoluzione semantica di ‘crollare’, da un *crotalare, dal lat. *crotalum, greco kròtalon: nacchera.
sguèlto: agg.:
svelto; è un aggettivo-participio del verbo ‘sciogliere’ (ben distinto da ‘svelto’, pp. di ‘svellere’) che deriva dallo spagnolo ‘suelto’: sciolto.
signoràz:
riccone; il padre di s. Francesco era un ricco mercante di stoffe in Assisi, dal lat. senior che, con evoluzione semantica venne a significare ‘signore’; spagn. ‘señor’, fr. ‘seigneur’ e, con suff. ‘-az’ (it. ‘-àccio’): «ricco sfondato».
sión: (pl. ‘sióni’), sm.:
sifone; scherz. «persona che beve come un sifone!»; cfr. anche it. ‘scione’, XVI sec.; turbine, tromba; dal venez. ‘sion’ (da ‘*sivon’): tromba marina, dal lat. sipho, siphonis, gr. síphon: doccia, tromba d'acqua, sifone.
smazucà: agg. e pp.:
ammaccato.
s'òco: (dimin. 's'ochét'), agg.:
indisposto, moscio, come l'it. ‘sciocco’ (nel senso etimologico) deriva dal lat. exsuccus, exuccus: «senza sugo», arido, secco.
soeàna:
insolazione; colpo di sole; a Vittorio Ven. ‘solagna’ (Zan.); dal lat. sol, solis: sole, con suff. ‘-àna’ dei nomi di malattie (es. terzàna, quartàna, pagàna...).
soeràt: sm. dispreg. di ‘soèr’:
solaio, dal lat. solarius, solarium: terrazza esposta al sole; cfr. ven. ‘solèro’: pavimento, calabr. ‘solaru’, ant. fr. ‘solier’, ted. ‘söller’; «soeràti vèci»: granai di tavole vecchie, tarlate e sconnesse.
so fiòl:
la lingua italiana è la continuazione di quella latina, è come se fosse sua figlia.
sonéte: sf. pl.:
trombette, zufoli; armonichette a bocca; piccoli strumenti musicali in genere, dal fr. ‘sonnette’: soneria, da ‘sonner’: suonare.
soradòmine: sm.:
dòmino; lunga ed ampia sopravveste che copre tutta la persona; dal fr. ‘domino’: cappa per ballo mascherato; dal lat. della chiesa (Benedicamus) Domino: benediciamo il Signore.
soràrse:
raffreddare; rinfrescarsi, intiepidirsi; mitigare l'eccessivo grado di temperatura, spec. dei cibi troppo caldi; dal lat. *exaurare: arieggiare.
sorbéto: sm.: al pl. ‘sorbéti’:
fondi di caffè; al sing., fig.: «pillola», grosso impegno; debito, spesa onerosa che dà molto pensiero; forse dal turco ‘serbet’: bevanda fresca, con accostamento a ‘sorbire’: bere aspirando a sorsi.
spasemàde:
ore di spavento; lat. spasmus, dal greco spasmòs: agitazione violenta.
spasemàdi:
spaventati, agitati; continuazione dell'it. ‘spasimato’, da ‘spasimo’: contrazione muscolare prodotta dall'irritazione dei nervi motori; dal lat. spasmus, greco spasmòs, francese ‘spasme’ (XIII sec.).
spàsemo: med.:
spasmofilia, malattia intestinale dei neonati che fanno le feci liquide e verdastre.
spendù: pp. del verbo ‘spénder’:
speso, analogo a ‘vendù’: venduto.
spizièr: sm.:
farmacista; dal lat. mediev. speciarius, da species: derrate, in Macrobio ‘droga’; fr. ‘espicier’: «ufficiale presso il re addetto ai confetti e ad altri zuccherini» (Du Cange).
stagnada: sf.:
calderotto; grossa pentola di rame internamente rivestita di ‘stagno’.
starnìr: v. tr.:
fare il letto agli animali; dal lat. stèrnere, it. ant. ‘sternire’: spargere, stendere in terra; affine al gr. storènnymi: distendere e al ted. ‘streuen’: seminare.
stea cométa: sf.:
la stella dei magi; la nomina s. Matteo (2,12): «Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo».
stée sbrindoeone: sf. pl.:
stelle vaganti, errabonde; sarà calco del lat. stellæ extravagantes, da cui forse l'aggettivo stravagante.
stracapìr:
fraintendere, capire una cosa per un'altra.
strambòti:
sm. pl.: strafalcioni; dal lat. pop. strabus, strambus: sbieco, obliquo, storto (REW 8281).
strambòti:
spropositi, parolacce; era lo strambotto una poesia satirica di otto endecasillabi, di origine siciliana; dal lat. delle glosse strambus: strambo, stravagante, dal greco strabòs: strabico.
strazzarìa (par -), locuz.:
a bizzeffe; in abbondanza; in tale quantità da poterne buttar via (strazzar).
stréndar pal spinèl e spàndar pal cocon:
risparmiare nelle piccole spese e sprecare nelle grandi, come colui che si affanna a tappare la goccia che esce dallo zipolo (spinèl) e non s'accorge che il vino trabocca dal cocchiume (cocon).
striche: sing. ‘strica’:
lista; dal longobardo ‘strìhha’: striscia, listello di legno.
strissi:
strisce, segnacci; figuratamente «gravi bestemmie»; voce onomatopeica (DEI V, 3657).
stropacùi:
bacche, frutti della rosa selvatica.
stropàr:
tappare, chiudere; dal dial. ‘stròpa’: la ritorta delle fascine; vi si collega l'it. ant. ‘stròppo’: pezzo di cavo che cinge la cassa di un bozzello.
strucar i botoni:
premere i pulsanti elettrici.
sùbie: sf. pl.:
lèsine; dal lat. subula: lesina; ma ‘sùbbia’, XV sec.: «scalpello con punta quadra».
subiòi: sm. pl.:
zufoli, fischietti, dal lat. pop. subilare, variante di sibilare: soffiare, sibilare; zufolare, fischiare.
susta:
molla; in questo senso è passato al greco medio; ‘susta’ è parallelo a ‘sòsta’; cfr. lo spagn. ‘sustar’: «tendere una vela dal basso» (lat. sub-stare: essere sotto, tener fermo).


Lettera T


taboscàr:
borbottare, brontolare; farfugliare.
tacuìn:
portamonete, portafogli; e l'it. ‘taccuino’, che significa «libriccino per appunti»: traggono origine dall'arabo ‘taqwim’: «giusto ordine».
tantàr: v. tr.:
tentare, assaggiare; corruzione dell'it. ‘tentare’ dal lat. temptare: idem.
técia: (dimin. ‘tecéta’), sf.:
teglia; dal lat. tardo tègula (tegola), per probabile influsso dal greco téganon: tegame.
tedon: (var. ‘tezzon’), sm.:
coperto rustico adiacente alla stalla per tenervi al riparo i carri e gli altri attrezzi agricoli.
tempèsta: sf.:
grandine; da un lat. pop. tempesta, -æ per il class. tempestas, -atis (da tempus): tempo cattivo; bufera; cristallizzatosi nel significare una delle manifestazioni più rovinose della tempesta che è appunto la grandine.
tièda: sf.:
fienile; si pensi «ae Tiède»: Via Tezze, che da S. Anastasio va a Torre di Mosto, dal longobardo ‘teja’.
tignérse in bon:
essere fieri di qualche cosa.
tirabàci: sm. pl.: «tirabaci»:
ciocche di capelli variamente arricciati e pendenti sulle gote; composto dal verbo ‘tirare’ e dal nome ‘baci’, è calco del fr. «accroche-cocur»: «attacca-, appendi-, uncina-baci»; sentito come «attira-baci, calamita dei baci!». Nelle vecchie fotografie, nei ritratti alla moda degli anni venti,trenta si nota appunto questo particolare nell'acconciatura femminile.
tirapìe:
tirapiedi; era costui l'aiutante del boia; doveva infatti «tirare i piedi» dell'impiccato per farlo morire più presto.
tirà: pp.:
agghindato, elegantemente vestito.
tirar i ultimi:
essere in punto di morte; ma, attribuito alla sirena, è figurazione scherzosa.
tòea: (dimin. ‘toéta’), sf.:
tavola; asse; dal lat. tabula che ha dato origine anche a numerosi altri esiti italiani e romanzi quali, ad es.: friul. ‘tavle’, fr. ‘table’ e ‘tole’, prov. e catal. ‘taula’, spagn. ‘tabla’, port. ‘taboa’, ecc. (REW 8514).
tomboea: sf.:
intorbidamento del vino, seguito da oscuramento del colore naturale.
tontonàr:
borbottare, di origine imitativa del suono ‘ton-, ton-’; cfr. il greco tonthoryzo: io mormoro, borbotto.
tornar in bona:
rifare la pace; tornare buoni amici.
to sàntoea in cariòea!:
forma stizzosa di concludere un discorso balordo, noioso e senza sugo.
tosatèi:
fanciulli, ragazzetti; è il dimin. di ‘tosato’, pp. del verbo it. ‘tosare’, lat. to(n)sare, iterativo di tondere: tagliare la lana alle pecore, il pelo ad altri animali, i capelli agli uomini.
tos pagàna: med.:
pertosse; tosse canina, o t. asinina, o t. cavallina; da paganus (equus): cavallo da lavoro.
trabùc:
inciampo; atto dell'incespicare con pericolo di cadere in avanti; il traboccare: «versare liquido per la bocca».
trèno:
treno; convoglio ferroviario; dal fr. ‘train’ (circa 1830), e questo dall'ingl. ‘train’ (a. 1824) che è prestito a sua volta dal fr. ‘train’: traino (DEI).
tricò: sm.:
pesante giacca di lana lavorata a mano; dal fr. ‘tricot’: ferro per lavorare a maglia, e ‘tricoter’: sferruzzare, fare ‘tric, tric’ donde il nostro ‘tricotàr’: lavorucchiare.
tripèr: sm.:
pancia grossa e sporgente; ventraia; esito locale in ‘-èr’ dei nomi it. in ‘-àio, -àrio, -àro’, lat. -arius; quindi ‘*trippaio’; lat. mediev. budellas... trepes (a. 1319, a Verona); dall'arabo ‘tarb’ (omento), dal persiano ‘cärb’: grasso.
trist: agg.:
pallido, smunto, denutrito; dal lat. tristis: secco, duro; infelice.
Tròdi: topon.:
«I Tròdi», la nota scorciatoia ciliense che da Via Noghèra sbuca fuori a Gainiga di Sopra, evitando la strada principale che è più lunga e pericolosa; dal lat. pop. trogium, ven. ‘tròzo’, vitt. ‘tròi’: sentiero; forse dal greco triodion: «tre strade».
tromba:
altoparlante, amplificatore.


Lettera U


ugàneghe:
salsicce; dal lat. lucanica: «della Lucania», perché i soldati romani conobbero per la prima volta quel cibo tra le popolazioni della Lucania.
ùgnoeo: (dimin. ‘ugnoét’), agg.:
semplice (contrario di doppio), poi: mingherlino — dal probabile incontro dei due termini latini unus e singulus: termini che s'incontrano accoppiati nel dialetto della Corsica ‘singhiuni’: ognuno.
un fià de quel che se ghe dise:
un po' di criterio, di buon senso.


Lettera V


vache...:
«Le sette vacche grasse e le sette vacche magre» di cui si legge nella sacra Bibbia, Genesi, cap. 41: «I sogni del Faraone».
vantàr: v. tr.:
agguantare, acchiappare; dallo spagn. ‘aguantar’: propriamente «abbrancare con i guanti>.
vasion:
risposta; «no darghe gnanca vasion a un»: non dargli retta; non rispondere; dal lat. evasio, evasionis: evasione, da evadere: andar fuori; cfr. ant. fr. ‘évasion’ (XIII sec.)
veàda: (dimin. ‘veadìna’), sf.:
soprabito leggero, svolazzante, più adatto a far bella figura che a proteggere dal freddo.
vento sghirlo: nome + aggettivo:
turbine, bufera di vento.
verbi transitivi e verbi intransitivi:
è la divisione fondamentale dei verbi che si fa insegnando la grammatica ai ragazzi: i primi indicano azione che ‘transita’, che passa cioè dal soggetto che la compie al complemento oggetto che la riceve; i secondi, invece, esprimono azione che non transita, che non passa, ma rimane nel soggetto o indicano uno stato, un modo di essere o, infine, reggono un complemento indiretto.
vérse inamàl:
aversela a male; impermalirsi; sentirsi offeso.
vèrta: sf.:
primavera; dal pp. del v. ‘vèrdar, vèrder’ (aprire), ‘vèrt’: aperto.
verùs-cio: sm.:
morbillo; dal lat. varius: vario, punteggiato, screziato, per il tramite di un diminutivo variusculum, varùsculum, da cui anche il friul. ‘varùscli’: «rosolìa».
vèrzer: v. tr.:
aprire; dal lat. aperire.
vòpie:
forma secondaria del cong. pres. del verbo ‘voér’: ‘vòje’: vogliano.
vòpie: v. tr. e intr.:
«vogliano»: «che mì vòpie, che tì te vòpie,... che lori i vòpie»: che io voglia,... che essi vogliano (verbo volere), forma analogica a ‘èpie’: abbia (v. avere).


Lettera Z


zabòt: (rust. ‘thabòt’), agg.:
balbuziente, bleso; sarà contaminazione dei due verbi italiani ‘ciabare’ e ‘ciambrottare’: borbottare tra i denti.
zapàr: (rust. ‘thapàr’, da non confondere con ‘sapàr’: zappare), v. intr:
camminare lasciando le impronte.
zapàr: v. intr. (da non confondere con ‘sapàr’: zappare):
metter piede, entrare; forse dallo spagn.: ‘zapato’: tacco della scarpa, e ‘zapateado’: danza spagnola scandita dal battere dei tacchi delle scarpe, venuta in voga con una composizione di P. de Sarasate.
zavàte:
ciabatte, dal turco ‘čabata’: specie di calzatura persiana (dal persiano ‘čäbät’). Pare che questa parola si sia diffusa da Venezia.
zavàte: sf. pl.:
ciabatte; dal turco ‘čabata’: specie di calzatura persiana (persiano ‘čäbät’); cfr. fr. ‘savate’, ant. ‘chavate’; sembra che questa parola sia passata nei nostri dialetti attraverso quello veneziano.
zégoea: sf.:
cipolla; dal lat. cepa, cæpa, dimin. cépula; «poénta e zégoea» era un tempo espressione di miseria, del non avere che quell'infimo cibo per non morire di fame; cfr. su L'azione del 31 marzo 1974 il titolo in prima pagina: «Se di pane e cipolla si tratta, sia pane e cipolla per tutti».
Zéja: topon.:
Ceggia, comune in provincia di Venezia, sulla statale n. 14, a metà strada fra il Piave ed il Livenza.
  1. etimologia tradizionale: dal lat. cilia, neutro pl. di cilium: ciglio- «i cigli» della Laguna eracleana, detta pure «Laguna Opitergina»;
  2. etim. seducente ma non documentata: dall'it. ant. (XIV sec.) ‘celiade, chiliade’: «corpo, stanziamento di mille soldati», lat. tardo chilias, chiliadis (Itala), dal gr. chiliàs, chiliàdos, da chìlioi: mille;
  3. etim più attendibile: dal gallo-latino cleta con le varianti cleda, deia, claia, ceia: graticcio; recinto; palizzata; verso il 1300 il comune di Trevigi (Treviso) aveva qui, sul fiume Piavon, una ‘palata’, che era una specie di posto di blocco, dove le imbarcazioni in transito dovevano fermarsi e pagare i dazi sulle merci che avevano a bordo;
  4. etim. illusoria: dall'it. ‘acceggia’ (XV sec.): beccaccia; lat. (Itala e glosse) acceia, voce straniera, di origine sconosciuta (DEI I,23);
  5. l'Agnoletti, infine, ha: «Ceia della noghera, Ceia di Pradarca, ed è Ceggia ricordo del nome della città di Eraclea» (Carlo Agnoletti, Treviso e le sue Pievi 11, p, 767); ma non si ravvisa come.
zente fina:
gente colta, istruita; cervelli fini...
zièsa: (pl. ‘zièse’), sf.:
siepe; adattamento del lat. saepes.
zignarghe: v. intr.:
ammiccare; forse dall'incontro del lat. signare con cilium, dial. ‘thilio’.
ziìga: (pl. ‘ziìghe’), sf.:
passero; da un vecchio derivato di ‘celare’?
ziìga: sf.:
passero, passerotto, forse dal lat. cèlica, da celare, con allusione al tenersi il passero nascosto, ‘celato’ fra le stoppie.
ziménti: (tirar a -), locuz.:
provocare, mettere alla prova; dal lat. tardo cimentum, class. cæmentum: mistura di certi sali con altre materie, per purificare i metalli preziosi.
zuche col còl:
«zucche con il collo», a forma di fiasco; lat. scient. Cucùrbita Lagenaria (lagena: bottiglia, brocca), Linneo; certi le chiamano anche «zuche da vin» perché, opportunamente svuotate dei semi, essiccate all'ombra e stagionate, diventano ottimi recipienti per conservare il vino fresco e sano.
zuchét: (voltar 'l z.}:
dar di volta al cervello; sragionare.
zuìta:
civetta; dall'ant. fr. ‘cuete’ (pron. ‘suèt’), di origine imitativa.
Ritorna a inizio testo tavola delle abbreviazioni Segnala
«Tornén un pas indrìo!»
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