TUTTOSCIENZE 20 novembre 96


TUTTOSCIENZE SCUOLA. VERSO NUOVI RECORD Auto oltre il muro del suono Australia, Usa e Gran Bretagna in gara tre superbolidi a reazione
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. D. Scheda tecnica delle auto che saranno utilizzate per tentare di superare il muro del suono

Oltrepassare con un'auto (ma forse è più corretto parlare più genericamente di veicolo terrestre) la barriera del suono, che è di 1200 chilometri l'ora nell'aria, ma sale a circa 1370 al suolo. Un obiettivo fantastico (e altamente rischioso) che in questi mesi stanno inseguendo in tre: il primo a tentare su una pista ricavata nel deserto della Giordania sarà probabilmente l'inglese Richard Noble (che però ha affidato la guida del suo bolide a Andy Green, un pilota di "Tornado"); poi ci proveranno il veterano Craig Breedlove su una pista della base aerea americana di Edwards (la stessa usata dagli shuttle) e l'outsider Rosco McGalsham, un australiano che si è costruito il suo bolide praticamente in casa. Un quarto aspirante, il team inglese di Formula 1 della Mc Laren, è invece in ritardo per mancanza di finanziamenti. Il record di velocità su terra è attualmente di 1019,47 chilometri orari e appartiene allo stesso Richard Noble che lo ha stabilito il 4 ottobre 1983; a questo limite si è arrivati attraverso la seguente sequenza: 482,62 chilometri raggiunti da Malcom Campbell il 3 settembre 1935; 648,7 chilometri raggiunti da Donald Campbell il 17 luglio 1964; 847 chilometri raggiunti da Craig Breedlove il 15 ottobre 1964; 966,57 chilometri raggiunti ancora da Breedlove il 15 novembre 1965; e infine il record attuale. Come si vede Noble è arrivato ormai molto vicino alla velocità del suono. Ma il passo ulteriore è considerato una vera sfida all'ignoto; nonostante le simulazioni fatte al computer nessuno è in grado di prevedere come si comporteranno nella reltà le macchine terrestri nel momento in cui, al passaggio della barriera del suono, saranno investite dall' onda d'urto supersonica. Il principale problema che deve affrontare il progettista di un veicolo supersonico non è quello della resistenza alla velocità ma quello della stabilità nella fase transonica, molto complessa e mai sperimentata al suolo nella realtà, in cui sulla superficie del veicolo stesso si susseguono istantaneamente il flusso d'aria subsonico e quello supersonico. Poiché in questo tipo di prove la velocità viene calcolata sulla media di due prove sulla distanza di un miglio, le vetture dovranno raggiungere una velovità di punta superiore a 1350 chilometri l'ora.


TECNOLOGIE DELLA RIPRODUZIONE Bistecche artificiali La stalla è diventata un laboratorio
Autore: VALPREDA MARIO, VINCENTI LEILA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, TECNOLOGIA, GENETICA
LUOGHI: ITALIA

L'AMORE tra gli animali al tempo delle macchine. Ovvero fisiologia e istinto implacabilmente guidati dall'uomo che, con microscopio, computer e ormoni, opera un totalizzante controllo sulla sfera riproduttiva delle specie da reddito. E' la realtà dei più moderni allevamenti zootecnici, in particolare di quelli bovini, dove le acquisizioni scientifiche entrano con rapidità impressionante nella pratica applicativa. Oggi la fecondazione artificiale e le tecniche di trasferimento e manipolazione degli embrioni sono alla base di tutti i programmi di selezione genetica. Ma le ricerche di teriogenologia, com'è chiamata la scienza della riproduzione animale, non sono solo servite ad aumentare la produttività degli allevamenti. Le esperienze dei veterinari hanno infatti fornito un decisivo contributo per risolvere molti problemi di infertilità nell'uomo. Non mancano, tuttavia, polemiche e contestazioni per gli inquietanti risvolti di certe sperimentazioni che si svolgono al di fuori di ogni controllo pubblico. In altre parole è proprio sul terreno della riproduzione animale che si scontrano filosofie diverse su libertà di ricerca, limiti invalicabili di specie e trasparenza dei programmi. Il tutto nell'inevitabile cornice dei forti interessi economici in gioco. LA pratica della fecondazione artificiale o, più correttamente, dell'inseminazione strumentale, inizialmente era permessa solo ai veterinari. Oggi invece viene eseguita anche dagli allevatori che abbiano frequentato uno speciale corso. Il materiale seminale dei migliori tori, identificati attraverso severi controlli di campo e complesse elaborazioni statistiche, è conservato in sottili tubicini di plastica in azoto liquido a 196 gradi sotto zero. Con un eiaculato di toro si possono preparare anche 1000 dosi di seme: così i grandi «campioni» diventano padri di centinaia di migliaia di vitelli. Attualmente si è molto vicini anche al traguardo del «sessaggio»: si potrà cioè disporre di sperma in grado di mettere al mondo, a piacere, un maschio o una femmina. Influenzare il sesso prima del concepimento è una delle più remote aspirazioni dell'uomo ed esiste una ricca e gustosa aneddotica sui tentativi adottati e sulle teorie che li motivano. Ad esempio gli antichi pensavano che bastasse alimentare la gestante con dolci per far nascere bambine mentre con i cibi aspri arrivavano i maschi. Nella Magna Grecia si credeva invece che determinante fosse il padre: i maschi avevano origine dal testicolo destro, le femmine dal sinistro. Per ottenere il risultato voluto bastava fare un nodo sul testicolo da neutralizzare durante l'accoppiamento. Oggi la preselezione del sesso si basa sui tentativi di concentrazione dei gameti sessuali. I cromosomi sessuali negli animali di interesse zootecnico hanno uno spiccato dimorfismo: il cromosoma X (corredo femminile) è di dimensioni maggiori rispetto al cromosoma Y (maschile) ed anche più pesante perché contiene più Dna. Con la sedimentazione (semplice e con campo gravitazionale) degli spermatozoi si è potuta ottenere una superiore percentuale di femmine. Attualmente la differenziazione degli spermatozoi in base alla diversa quantità di Dna si è ulteriormente perfezionata con l'impiego della citometria a flusso che consente di disporre di cellule germinali maschili del sesso voluto. Per ora l'impiego è limitato alla fecondazione in vitro ma le previsioni sono per un utilizzo anche per la classica inseminazione strumentale di campo. Anche la fecondazione in vitro ha fatto passi da gigante: da quando si è scoperto il sistema di ottenere in laboratorio la «capacitazione» degli spermatozoi, cioè quella fase terminale di maturazione che consente loro di penetrare nella cellula uovo. La fecondazione in vitro apre impensabili prospettive di sfruttamento dei riproduttori maschi: in teoria con un solo eiaculato di toro si possono fecondare oltre trentamila ovocellule. E queste ultime si possono prelevare, senza grandi problemi, sia da animali prepuberi sia da vacche adulte con una tecnica denominata «ovum pick up». Con questo sistema, ogni azienda, utilizzando come donatrici di ovuli le migliori lattifere, potrà incrementare ulteriormente la velocità di selezione e moltiplicare le campionesse. _______ Testi a cura di: Mario Valpreda e Leila Vincenti


NEL 2020 Un miliardo di anziani nel mondo
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: DEMOGRAFIA E STATISTICA
LUOGHI: ITALIA

L'UMANITA' invecchia: nelle popolazioni di tutto il mondo c'è un progressivo forte aumento del numero e della proporzione degli anziani. Si calcola che oggi nel mondo le persone di età superiore ai sessant'anni siano 540 milioni, ossia circa il 20 per cento del totale. Secondo i recentissimi dati forniti dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che sta studiando l'argomento con grande attenzione, nel 2020 gli anziani nel mondo saranno oltre un miliardo: presumibilmente al primo posto il Giappone (30 per cento della popolazione), seguito da Italia, Grecia, Germania (più del 28 per cento). L'Europa continuerà ad essere il continente più vecchio, 24 per cento di anziani, seguito da America del Nord (23 per cento), Asia dell'Est (17 per cento), America Latina (12 per cento), Asia del Sud (10 per cento). L'invecchiamento delle popolazioni è una conseguenza della diminuzione della mortalità e della fecondità: si raggiunge un'età più avanzata, nascono meno bambini. Nei Paesi industrializzati ciò avviene per il miglioramento delle condizioni di vita e per i progressi della medicina, specialmente nuovi farmaci e vaccini più efficaci. Ma l'invecchiamento è rapido anche nei Paesi in via di sviluppo quali la Cina, l'India, il Brasile, l'Indonesia, dove nonostante condizioni di vita ancora critiche, vengono ormai combattute numerose malattie che uccidevano prematuramente. Negli ultimi cinquant'anni in questi Paesi la speranza di vita alla nascita è salita da 46 a 64 anni (in Italia è circa 75 anni per i maschi, 80 per le femmine), e nel 2020 dovrebbe raggiungere i 72 anni; il tasso di fecondità in Cina è sceso da 5 nel 1970 a 2 oggi, in Brasile da 5,0 a 2,8. Nel 2020 prevedibili in Cina 230 milioni di anziani, nell'India 145 milioni. Nei prossimi 40 anni il numero degli anziani dovrebbe triplicarsi. L'invecchiamento ha ripercussioni di vario genere sulla vita delle popolazioni. Per quanto riguarda la salute, aumenta il rischio di malattie croniche e debilitanti e le previsioni per il primo quarto del prossimo secolo, formulate da molte associazioni scientifiche, devono essere valutate con la massima cura. Per questo l'Oms ha lanciato il programma «Invecchiamento e buona salute», mirante a migliorare la qualità di vita degli anziani. Studi recenti su gruppi di soggetti dai 70 agli 80 anni di età dimostrano che si può essere in eccellenti condizioni di salute, capaci di badare a se stessi, attivi, ma occorre anche essere realisti: la terza età è vulnerabile, è esposta a rischi particolari, donde la necessità di rivolgere la massima attenzione alla prevenzione, alle diagnosi precoci, all'igiene, alla nutrizione, all'esercizio fisico. Ipertensione, diabete, tumori, sono alcune delle principali voci della patologia dell'anziano. Un'indagine effettuata dall'Oms ha rilevato che nella maggior parte dei Paesi circa il 20 per cento degli adulti è iperteso, soprattutto dai 65 anni in poi. Il diabete colpisce un centinaio di milioni di persone nel mondo, e nei Paesi industrializzati assorbe da solo l'8 per cento dei finanziamenti complessivi disponibili per la salute. I tumori diventano più frequenti con l'avanzare dell'età, si calcola che la probabilità di esserne colpiti raddoppi ogni 8 anni. Ancora, l'invecchiamento delle popolazioni accresce i problemi della salute mentale: per fare un esempio il numero dei casi di demenza senile in Africa, Asia e America Latina, oggi pari a 22 milioni, potrebbe superare 80 milioni nel 2025. I disturbi della vista aumentano fortemente con l'età e l'importanza della cataratta a questo proposito è ben nota: oggi vi sono nel mondo 38 milioni di nonvedenti e 110 milioni di malvedenti, e la cataratta è all'origine di 16 milioni di casi di cecità. Vivere più a lungo è un segno di progresso ma al tempo stesso una sfida costante. Dice l'Oms: l'invecchiamento delle popolazioni richiede immediate misure, e le previsioni per il primo quarto del ventunesimo secolo devono essere considerate con la più grande attenzione. Ulrico di Aichelburg


Nate le chimere Animali interspecie in California
Autore: VALPREDA MARIO, VINCENTI LEILA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, GENETICA
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, USA, CALIFORNIA
TABELLE: D. Tecnica genetica per la preparazione di chimere

UTILIZZANDO gonadotropine follicolo-stimolanti si possono far produrre a una bovina fino a 50 ovocellule, invece di una o due come avviene nel ciclo normale. Dopo la fecondazione, gli embrioni ottenuti e recuperati a 7-9 giorni di età possono essere subito deposti nell'utero di bovine riceventi oppure essere congelati in azoto liquido. E' così agevolato lo scambio di materiale genetico tra le varie nazioni: lo scorso anno embrioni di bovini di razza piemontese sono stati esportati in Cina e impiantati nell'utero di giovenche di razze locali che hanno poi partorito pregiati fassoni che costituiscono un primo nucleo di selezione della razza in Oriente. L'embryo-transfer non viene praticalo solo nel bovino ma, seppure meno frequentemente, anche in pecore, capre, suini ed equini. Si sta rivelando un importante strumento non solo ai fini selettivi ma anche per conservare razze in via di estinzione. Gli embrioni possono essere divisi in due mediante una tecnica di microchirurgia denominata splitting. Ciascuna metà viene poi inserita in una membrana pellucida: nasceranno così due gemelli perfettamente identici, utilissimi per ricerche comparative, ad esempio sul comportamento o sull'alimentazione. Ma si sta riuscendo a produrre non solo bovini identici tra di loro ma anche a un dato individuo adulto. In altre parole la clonazione può teoricamente permettere di moltiplicare all'infinito un individuo senza il normale ciclo riproduttivo. E' già stato realizzato con successo in bovini, suini, ovini e conigli. La tecnica prevede l'inserimento con micromanipolazione di una cellula embrionale in un'ovocellula privata del suo nucleo. Si provoca poi, con uno shock elettrico, la fusione della membrana dell'oocita e della cellula embrionale, attivando così un nuovo embrione. Le possibilità di sfruttamento della clonazione sono al momento limitate, essendo ancora una tecnica confinata nell'ambito della ricerca, ma gli investimenti in questo settore di grosse industrie private lasciano intravedere notevoli possibilità evolutive a breve scadenza. Ma il risultato più clamoroso ottenuto con la manipolazione di materiale embrionale è sicuramente la produzione di chimere interspecie. Partendo da embrioni bovini e caprini di 6-7 giorni di età, scienziati californiani sono riusciti a fondere materiale genetico delle due specie. Dagli embrioni così assemblati sono nati due individui definiti chimere perché avevano materiale genetico di ben quattro diversi genitori, due pecore e due capre, appartenenti a tre razze diverse. E' evidente che le possibilità di questo montaggio di parti di embrioni vari apre incredibili prospettive per la creazione di nuovi animali con potenzialità inesplorate.


Transgenia Farmaci, vaccinazioni e nuove linee produttive sono ottenibili con il trasferimento di geni
Autore: VALPREDA MARIO, VINCENTI LEILA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, GENETICA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Tecnica del trasferimento di geni

LA transgenia è la tecnica più interessante per le industrie farmaceutiche, che mirano a utilizzare pecore e vacche per produrre nel loro latte o nel loro sangue proteine di interesse medico o veterinario. Il metodo consiste nell'introdurre un gene estraneo in un embrione, cercando di far esprimere questo gene nell'animale adulto e nella sua progenie: con una microiniezione si introduce il gene scelto nel pronucleo di un embrione di mammifero. Il trasferimento di geni non porterebbe solo vantaggi all'industria. Ad esempio, il trasferimento di geni che conferiscono agli animali una resistenza alle malattie (vaccinazione genetica) senza modificare la fisiologia degli animali può essere di grande utilità negli allevamenti. La transgenia può permettere anche di selezionare nuove linee più produttive, come nel caso delle pecore. La crescita della lana in questa specie è limitata dalla disponibilità di cisteina, un aminoacido solforato. L'introduzione di geni che trasformano la serina in cisteina renderebbe la pecora meno dipendente dalla cisteina presente nella sua razione alimentare.


IL 2 DICEMBRE PARTE «PATHFINDER» In viaggio per Marte I russi falliscono, americani al via
Autore: DI MARTINO MARIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: MARS GLOBAL SURVEYOR, MARS PATHFINDER
LUOGHI: ITALIA

PRIMA la notizia buona, poi quella cattiva. Benché sia partita con un giorno di ritardo (7 novembre) a causa del maltempo su Cape Canaveral, la sonda «Mars Global Surveyor», avanguardia di una numerosa flotta di navicelle che verranno lanciate nei prossimi anni, è felicemente in viaggio verso Marte. Purtroppo è invece fallito il lancio della sonda russa «Mars 96» partita sabato notte da Baikonur: per un guasto all'ultimo stadio del razzo la navicella non si è inserita sulla rotta interplanetaria e dopo qualche orbita intorno alla Terra si è disintegrata domenica notte nel cielo dell'Australia. Ora non resta che incrociare le dita per «Mars Pathfinder», un'altra sonda americana, che il 2 dicembre dovrebbe iniziare il suo viaggio verso Marte, dove arriverà il 4 luglio prossimo (l'«Independence day»). Se non ci saranno altri incidenti, nel giro di due anni potremmo avere risposta ad alcuni dei numerosi quesiti tuttora aperti sui fenomeni geofisici e forse biologici che hanno interessato Marte nel passato. L'intenso programma di missioni marziane avviato dalla Nasa e dalle agenzie spaziali russa, europea e giapponese, si protrarrà sino alla fine del prossimo decennio e nel corso di ogni «finestra di lancio», che ha una durata di una cinquantina di giorni e si presenta ogni 26 mesi circa, è previsto l'invio di almeno due sonde. Mars Global Surveyor dovrà disegnare una mappa completa ad alta risoluzione del pianeta, in modo da permettere l'analisi dettagliata delle caratteristiche della sua superficie e ottenere così informazioni sui processi geologici che hanno interessato Marte. Determinare la composizione mineralogica superficiale e la struttura del campo gravitazionale e di quello magnetico. Monitorare l'evoluzione climatica del pianeta. Fare l'analisi chimico-fisica della tenue atmosfera. Infine, fare da ponte radio per i «lander» di altre missioni che si poseranno sul pianeta, a cominciare dalla «Mars Pathfinder», e per le sonde che nei prossimi anni verranno inviate verso Marte anche da altre nazioni. Gli obiettivi della Mars Path finder sono più ambiziosi in quanto questa si poserà sulla superficie marziana su cui depositerà, oltre a una serie di strumenti, un «mini-fuoristrada» del peso di una decina di chilogrammi, denominato «Sojourner». Questo robot, muovendosi di circa 60 metri al giorno sul tormentato suolo marziano, farà una accurata esplorazione della regione circostante l'atterraggio per un periodo di almeno 30 giorni. Il pacchetto di strumenti della Mars Pathfinder permetterà di analizzare la geologia e la morfologia superficiale tramite foto stereoscopiche con una risoluzione compresa tra poche decine di centimetri e alcune centinaia di metri. Sarà inoltre possibile studiare la geochimica e la petrografia del suolo, le proprietà magnetiche e meccaniche del materiale superficiale, i cambiamenti che interverranno nell'atmosfera al variare delle stagioni e determinare con precisione la dinamica rotazionale e orbitale di Marte. La sonda dovrebbe posarsi allo sbocco di un gigantesco canale denominato Area Vallis e questa regione permetterà forse di identificare e analizzare una grande varietà di materiali della crosta marziana, dagli antichi terreni fortemente craterizzati alle pianure di età intermedia sino ai depositi alluvionali più recenti. L'esame dei diversi tipi di materiale superficiale permetterà di svolgere indagini sui processi di differenziazione e di evoluzione della crosta e ottenere forse delle informazioni sull'ambiente e le condizioni di Marte nel passato. La fallita missione Mars 96 comprendeva un orbiter con ben 23 strumenti, due penetratori che dovevano precipitare in caduta libera, conficcarsi nel suolo marziano e raccogliere dati sul suo stato chimico-fisico, e due piccoli «lander» grandi come un pallone da spiaggia dotati di telecamere e strumenti meteorologici che avrebbero dovuto esplorare il suolo. Una grande occasione perduta, dunque. Per intere generazioni si è fantasticato sulla possibilità che su Marte esista o sia esistita qualche forma di vita. La prima ricerca seria in tal senso fu effettuata dalle due sonde Vi king, che analizzarono il suolo marziano alla ricerca di qualche traccia di attività biologica. I risultati furono apparentemente negativi e molto deludenti per i fautori dell'esistenza dei «marziani», ma la notizia diffusa recentemente da parte di un gruppo di ricercatori americani che all'interno di un meteorite proveniente da Marte, ritrovato in Antartide, sono state individuate tracce fossili di organismi monocellulari, ha di nuovo focalizzato l'attenzione degli scienziati e dell'opinione pubblica su questa affascinante tematica. Questa scoperta, che esige ulteriori conferme e che ha per il momento incontrato lo scetticismo di un buon numero di addetti ai lavori, ha avuto però il merito di riaprire il dibattito e stimolare i responsabili politici delle maggiori potenze industriali ad incrementare gli sforzi per una missione su Marte che possa finalmente risolvere in maniera definitiva il problema della presenza di qualche forma di vita. Poco dopo l'annuncio della scoperta il presidente americano Clinton ha infatti indetto per dicembre un summit di esperti in varie discipline, nel corso del quale verranno valutati in maniera critica i diversi aspetti di questa clamorosa scoperta e analizzati i sistemi e le metodologie che in un prossimo futuro possano portare a una sua conferma o smentita. Le attuali condizioni della superficie marziana, arida e fredda e apparentemente ricca di ossidanti capaci di degradare gli eventuali composti organici, non sembrano l'ambiente ideale per lo sviluppo della vita. Nonostante ciò, l'antichità di alcuni organismi (archeobatteri) presenti sulla Terra e i dati osservativi che suggeriscono che l'ambiente marziano in un lontano passato era senz'altro più umido e caldo, il tutto correlato alla presenza nello spazio interstellare di composti organici anche complessi, fanno pensare che su Marte possa essersi sviluppata qualche forma di vita. Nel 2003-2005 la Nasa e l'agenzia spaziale russa, nel quadro del resuscitato programma «Mars Together», hanno in progetto di riportare sulla Terra alcuni campioni prelevati da uno o più siti marziani, mentre per lo sbarco dell'uomo bisognerà attendere almeno una ventina d'anni. Marte rappresenta il luogo nel Sistema solare che per le sue caratteristiche offre le migliori possibilità di trovare segni di vita al di fuori del nostro pianeta. Alla luce dei recenti risultati questa eventualità sembra essere meno remota che in passato. Se ciò fosse confermato, si tratterebbe di una di quelle scoperte che rivoluzionano la nostra visione del mondo. Mario Di Martino Osservatorio Astronomico di Torino


FISICA TEORICA Medaglia Dirac a Tullio Regge
Autore: RASETTI MARIO

ARGOMENTI: FISICA, PREMIO, VINCITORE
PERSONE: REGGE TULLIO
NOMI: DIRAC PAUL, REGGE TULLIO
ORGANIZZAZIONI: MEDAGLIA DIRAC
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TRIESTE (TS)

IN uno dei suoi ultimi interventi pubblici, Paul A.M. Dirac, uno dei più grandi fisici teorici di questo secolo, disse: «Ho imparato che per gettare le basi di una teoria bisogna smontare prima tutti i concetti fisici e mettere per intero il proprio sforzo nel costruire uno schema matematico bello e consistente. Anche se questo a prima vista può sembrare aver poco a che fare con la fisica, il significato fisico non può non venire dietro alla matematica». La rigorosa professione di questa quasi platonica identificazione della struttura della teoria fisica con un concetto di bellezza e di ordine, necessario nei fatti della natura come nel pensiero che li rappresenta, mi pare di per sè la ragione più valida per l'assegnazione a Tullio Regge della prestigiosa Medaglia Dirac. Certo la commissione che designa il vincitore di questo importante premio - consegnato venerdì a Trieste - non l'ha presa a sua motivazione e, giustamente, ha considerato invece soltanto l'ampiezza e la profondità del lavoro di Regge, ma credo che Dirac avrebbe approvato, concedendosi forse uno dei suoi enigmatici quanto rari sorrisi. E' difficile, nel poco spazio disponibile, passare in rassegna quanto Regge ha dato alla fisica teorica. L'inestinguibile curiosità e la capacità di sintesi lo hanno portato a operare nei settori più svariati della fisica: dagli elusivi fenomeni che caratterizzano la materia alle temperature più basse (in cui ha contribuito alla complessa descrizione della dinamica dei vortici, quando i fluidi sono quantisti ci), alla struttura dei buchi neri (di cui fu fra i primi a studiare l'origine e la compatibilità con la teoria della relatività generale), dalla cosmologia alla meccanica statistica dei magneti e dei fullereni, dalle particelle elementari (uno degli strumenti più rilevanti per la cui classificazione porta, fra gli addetti ai lavori, il nome gergale di metodo dei poli di Regge), alla più originale ed efficace tecnica mai concepita per risolvere e studiare le equazioni di Einstein (quella che va sotto il nome di Regge calculus, che proprio in questi giorni sta dimostrando di essere valida non solo nel contesto classico ma anche in quello quantistico), alla scoperta di nuove insospettate simmetrie nelle leggi che governano la meccanica dei quanti. L'elenco potrebbe durare a lungo e, come fisico teorico praticante, che ha avuto il privilegio e la fortuna di essere al fianco di Regge in molte di queste eccitanti imprese intellettuali, io lo continuerei entusiasticamente. Ma la pura elencazione non aggiungerebbe molto ai prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali della comunità scientifica, dal premio Heinemann alla medaglia Einstein, culminando con questa medaglia Dirac. Vorrei invece provare a cogliere, in quel paradigma estetico che così profondamente condivide con Dirac, quelli che sono gli elementi portanti del metodo e del pensiero di Regge. Il primo è la simme tria: l'ordine armonico degli elementi matematici che descrivono la materia e le leggi che ne governano la dinamica non è solo formale o astratto; la bellezza della matematica è riflesso necessario di una pari bellezza della fisica, profonda e spesso nascosta, e le simmetrie che la descrivono - come una Alhambra ideale che ricopre tutte le scale di dimensione nell'universo, dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande - spesso con le loro mutue trasformazioni e rotture sono la stessa legge fisica. Regge ha dato a questo strumento concettuale un respiro senza precedenti, interpretandone la struttura più profonda in una visione che incorpora non solo la geometria degli spazi (lo spazio- tempo come quelli più elusivi delle variabili dinamiche intrinseche delle particelle della meccanica quantistica), ma anche la loro topologia, quell'insieme di proprietà che sfuggono l'intuizione metrica del nostro sguardo, ma sono invarianti per qualsiasi deformazione continua dello spazio. Il secondo importante paradigma è la discretizzazione. Tutta la fisica, da Galileo in poi, è tradizionalmente stata fisica del continuo, di un universo e di una materia, cioè, pensati come sistemi senza brusche soluzioni di continuità nella loro distribuzione nello spazio e nel tempo. Si deve a Regge la rappresentazione dello stesso spazio-tempo come un insieme discreto, una collezione infinita ma numerabile di punti e linee e superfici nella cui incredibile complessità combinatoria sono scritte le leggi della natura. La fisica teorica deve moltissimo a Regge, alla sua fantasia e curiosità sconfinate di eterno bambino che nel pensiero complesso ha il suo giocattolo preferito, così come al suo rigore senza concessioni, nelle equazioni come nello stile di esposizione; al suo inestinguibile desiderio di sapere e di tradurre in linguaggio di semplice accessibilità e comunicare ciò che sa. Una lezione che nell'occasione di questo nuovo riconoscimento, ma anche nell'anno del suo sessantacinquesimo compleanno, mi dà gioia ricordare a colleghi, studenti, amici. Mario Rasetti Politecnico di Torino


CHIMICA La ruggine? Adesso lavora per gli ecologi Nell'Ontario si è scoperto che può depurare le acque dalla trielina
Autore: FOCHI GIANNI

ARGOMENTI: CHIMICA
NOMI: GILLHAM ROBERT
ORGANIZZAZIONI: UNIVERSITA' DI WATERLOO
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, CANADA, ONTARIO

LA corrosione del ferro e delle sue leghe è da sempre un problema economico enorme. Si calcola che oggi un quinto della produzione siderurgica vada a rimpiazzare i manufatti ferrosi che la ruggine distrugge. Gli studi per preservare il ferro dalla ruggine impegnano stuoli di scienziati e tecnologi in tutto il mondo; eppure, agli inizi di questo decennio, un gruppo di ricercatori canadesi si è imbattuto in un effetto imprevisto e ne ha tratto la possibilità di mettere la ruggine al lavoro per il bene di popolazioni intere. All'Università di Waterloo, nella provincia dell'Ontario, Robert Gillham aveva assegnato a uno studente una tesi sperimentale sulla scelta dei materiali più opportuni per la costruzione di pozzi d'ispezione alle falde acquifere. Egli si aspettava che le comuni tubature di PVC (polimero del cloruro di vinile) tendessero a rilasciare tracce di monomero, e quindi interferissero con le analisi fatte per determinare nell'acqua le dosi di solventi clorurati infiltratisi nelle falde. Fu invece molto sorpreso quando lo studente gli riferì che i problemi più gravi venivano invece riscontrati con i tubi metallici, perché questi falsavano, abbassandola, la concentrazione di trielina e simili inquinanti clorurati. Allora, pensò Gillham, il fenomeno inatteso, qualunque ne fosse la causa, poteva essere sfruttato per creare nel sottosuolo zone di depurazione. Fra l'altro, i metodi già in uso per il trattamento delle acque sotterranee inquinate richiedevano in genere il loro sollevamento fino alla superficie, con grosse spese per il pompaggio. Ben più economico sarebbe stato un metodo passivo, che creasse una zona di decontaminazione lungo il flusso naturale. La scelta cadde sul ferro, metallo abbondante, poco costoso e innocuo per la salute. Dopo prove incoraggianti in laboratorio si passò a un esperimento sul campo: una gabbia piena di rottami di ferro sminuzzati fu interrata nel percorso di acque inquinate. Queste, analizzate a valle dal 1990 al 1993, si rivelarono abbastanza pure. Per lo sfruttamento dell'idea fu creata nell'Ontario una società con sede a Guelph, l'EnviroMetal Technologies. Oltre a numerosi impianti pilota, esistono oggi installazioni su vasta scala, fra cui due, situate nella famosa Silicon Valley californiana, alle quali i mezzi d'informazione americani hanno dedicato molta attenzione. In Europa sta dando buona prova un dispositivo sperimentale che tratta una falda inquinata da solventi clorurati nello stabilimento della Nortel a Belfast. Inoltre in Germania l'Università di Stoccarda ha costruito un grande modello di falda acquifera per studiare, in condizioni il più possibile vicine a quelle reali del sottosuolo, le reazioni chimiche coinvolte nella degradazione degl'inquinanti sulle superfici metalliche. Il rapido sviluppo di questi ultimi anni è stato facilitato dalle ricerche del gruppo d'ingegneria ambientale del Graduate Institute of Science & Technology dell'Oregon, guidato da Paul Tratnyek, che per primo ha suggerito un meccanismo capace d'interpretare l'effetto del ferro. Secondo lui, questo metallo reagisce coi composti clorurati organici in modo analogo a quanto fa con l'ossigeno, e trasforma quegli inquinanti nei corrispondenti idrocarburi. Gianni Fochi Scuola Normale, Pisa


L'arte del divulgatore
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, DIDATTICA
NOMI: REGGE TULLIO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

PER Tullio Regge la fisica non si esaurisce nei convegni con i colleghi e negli articoli per le riviste scientifiche. Da sempre Regge porta la scienza tra la gente. Quando alla fine degli Anni 70 lasciò Princeton e tornò stabilmente in Italia, la divulgazione da noi era merce rara, e comunque, salvo rarissime eccezioni, non era affare degli accademici. Regge dimostrò che si poteva scrivere di particelle nucleari sui giornali, riempire teatri parlando di Einstein e affollare il Palasport di Torino proiettando diapositive di pianeti, stelle e galassie. E', questo, uno degli aspetti del suo impegno nel sociale. A muovere Regge verso la divulgazione c'è l'idea che in qualche modo il ricercatore ha il dovere civile di trasmettere al cittadino quanto la scienza va facendo, spesso usando denaro pubblico. Questa attenzione al sociale, poi, si è espressa anche in altre attività, che vanno dal sostegno all'Airh, associazione per la cura e la prevenzione degli handicap, al lavoro come parlamentare europeo nella scorsa legislatura. La stessa costituzione dell'Isi, Istituto per l'interscambio scientifico, ha avuto anche una valenza sociale, in quanto ha portato a Torino alcuni dei più brillanti ricercatori a livello internazionale, dando così alla città collegamenti culturali preziosi. Tornando alla divulgazione, oltre ai numerosissimi articoli pubblicati prima sulla «Gazzetta del Popolo» e poi su «La Stampa» e in particolare su «Tuttoscienze» (fin dal primo numero, 15 anni fa), Regge ci ha dato alcuni libri che vanno ricordati: «Cronache dell'universo» uscito da Boringhieri nel 1981, «Le meraviglie del reale» e «Gli eredi di Prometeo» editi da «La Stampa», fino al recente «Infinito, viaggio ai limiti dell'universo» pubblicato da Mondadori. Ma probabilmente il libro più rivelatore è quel «Dialogo» con Primo Levi uscito originariamente da Comunità, poi da Einaudi e, ancora, negli Oscar Mondadori. Due vite, due esperienze a confronto. Diversissime, ma accomunate dalla formazione scientifica e da una curiosità senza frontiere. Piero Bianucci


TRICHECHI Zanne da 2000 dollari Traffici al mercato di Anchorage
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, CACCIA, ANIMALI
NOMI: PETERSEN ALWIN
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, USA, ALASKA, ANCHORAGE

QUEL che fa gola ai cacciatori è l'avorio delle zanne e il «baculum» , l'osso che rende rigido il pene del tricheco (Odobenus rosmarus). Per questo sono in tanti a dare la caccia al gigantesco pinnipede dell'Artico, secondo per grandezza soltanto agli elefanti di mare. Al mercato di Anchorage, la città più popolosa dell'Alaska, le zanne fruttano duemila dollari l'una, anche se l'avorio del tricheco è meno pregiato di quello dell'elefante. Quei dentoni sporgenti altro non sono che i canini superiori, privi di radici. Compensano l'usura della parte terminale con la crescita continua. E così raggiungono anche i 75 centimetri di lunghezza negli individui più vecchi. Le zanne sono gli utensili con cui questi animali praticano fori nel ghiaccio quando, dopo una lunga nuotata sott'acqua, hanno bisogno di prendere una boccata d'aria (come tutti i mammiferi, anche i trichechi respirano per polmoni) e sono indispensabili per staccare dalla roccia subacquea i molluschi che vi aderiscono, piatto forte del loro menu. Le zanne sono anche un'arma efficiente nei duelli che scoppiano tra i maschi quando l'amore infiamma i loro flaccidi corpi. Penetrando nelle carni del rivale attraverso la pelle dallo spessore eccezionale (due centimetri e mezzo), possono produrre ferite profonde. Si notano spesso sulla pelle dei vecchi maschi le cicatrici di lotte fatte in gioventù. Il danese Alwin Petersen, che ha studiato a lungo il comportamento dei trichechi, ha osservato che la famiglia tipo è costituita da un maschio e da una a tre femmine con i rispettivi cuccioli. Parecchie famiglie si riuniscono a formare grossi branchi e si direbbe che la vita sociale sia retta da una sorta di matriarcato. Quando il branco decide di migrare in altra località, è sempre la femmina più anziana che si mette alla testa del gruppo. I maschi non seguono le rispettive famiglie, ma si allontanano per conto loro, formando «club maschili». Sono grandi aggregazioni che per due anni dimenticano l'amore. Ingannano l'attesa facendo lunghe nuotate, succhiando golosamente i molluschi e godendosi il pallido sole estivo, ammucchiati l'uno sull'altro sulla banchisa. Le femmine intanto sono occupate ad allattare i piccoli. Il neonato, uno solo per parto, pesa alla nascita dai 50 ai 70 chili. E' ricoperto da una pelliccia bruna morbidissima, che si dirada con gli anni. Succhia il latte per un anno e mezzo o due e in questo lasso di tempo la tricheca si comporta da madre tenerissima. Sono ancora sconosciute le fasi essenziali della vita dei trichechi. Non sappiamo come si svolgano il corteggiamento (ammesso che vi sia), l'accoppiamento e il parto. Ma si suppone che avvengano sott'acqua. Le imponenti schiere di trichechi di cui narrano i primi esploratori dell'Artico sono ormai un ricordo. Solo nelle poche riserve naturali che sono state create per salvare la specie si possono ancora vedere nei mesi estivi i club maschili: centinaia di maschi addormentati, ammassati gli uni sugli altri, che russano sonoramente. Se un rumore improvviso desta uno dei dormienti, il risvegliato dà l'allarme con una voce che si ode a un chilometro di distanza, e tutto il branco rotola in mare. Gli studiosi sono riusciti ad applicare ai trichechi microradio trasmittenti a tenuta stagna per poter seguire i loro spostamenti anche in acqua. Si sono accorti così che questi pinnipedi si concedono due giorni di sonno e di riposo a terra, poi si tuffano in mare e vi trascorrono sette giorni, immergendosi fino a un centinaio di metri di profondità a caccia di molluschi. Infine, a pancia piena, ritornano sulla battigia. Per gli eschimesi, così come per i Ciukci e le altre popolazioni indigene dell'Artico, la caccia al tricheco è una tradizione millenaria. Ma mentre una volta si usava l'antico sistema di caccia con l'arpione, oggi si usano le armi da fuoco e la caccia diventa un massacro in grande stile. In passato il tricheco era l'elemento base per la sopravvivenza di queste popolazioni che ne ricavavano l'olio per le lucerne, la pelle per rivestire gli scafi delle barche, la carne per sfamarsi. Ma oggi queste popolazioni hanno la luce elettrica, gli elettrodomestici, il cinema, nove canali televisivi e carni di tutti i tipi. Ormai che senso ha la licenza di uccidere, sia pure una quota annuale fissa di trichechi, concessa dal governo americano agli esquimesi? Ai cacciatori indigeni che ora usano battelli di alluminio con potenti motori fuoribordo e moderni fucili, interessa soltanto l'avorio delle zanne. Le carcasse rimangono in pasto agli uccelli rapaci o i cacciatori le lasciano affondare in mare. Il nome scientifico del genere Odobenus, deriva dalle parole greche «bainein» (camminare) e «odos» (dente) e significa «camminare con i denti». In realtà stupisce l'andatura relativamente spedita con cui si spostano in terraferma questi enormi bestioni lunghi oltre tre metri e mezzo e pesanti millecinquecento chili (le femmine sono un po' più piccole). Li aiutano nella locomozione terrestre le lunghe zanne su cui fanno leva per spostare sui ghiacci il corpo massiccio. Si aiutano anche con le pinne anteriori, «le mani». Ma spostarsi in terraferma è sempre un'impresa per loro. Ben altra è l'agilità dei trichechi nell'acqua, dove nuotano alla velocità di 24 chilometri all'ora. Il vero elemento di questi pinnipedi è infatti il mare, anche se i loro antenati erano mammiferi terrestri. Quando d'inverno nuotano in mare e la superficie è ghiacciata, i trichechi scelgono di solito le zone in cui la lastra di ghiaccio è tanto sottile che basta un vigoroso colpo di testa per spaccarla, salire all'aperto e respirare. Qualche tempo fa però alcuni studiosi sovietici hanno trovato branchi di trichechi sotto strati di ghiaccio di notevole spessore. La cosa sembrava inspiegabile. Ma di lì a poco il mistero si chiarì. Quei ghiacci compatti incominciarono ben presto a fondersi grazie a correnti calde sottomarine. I trichechi se n'erano accorti prima degli scienziati. Isabella Lattes Coifmann


ALIMENTAZIONE Abita nei cibi e fabbrica veleni Identikit del batterio che causa il botulismo
Autore: BURI MARCO

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, MEDICINA
LUOGHI: ITALIA

BOTULISMO. Che cos'è questo grave rischio che si nasconde in alcuni degli alimenti più comuni? A che cosa dobbiamo fare attenzione? Sono domande frequenti dopo i casi di infezione scoppiati in varie parti d'Italia alla fine dell'estate. Allora l'alimento sospettato era il mascarpone, ma sono più a rischio altri tipi di cibi conservati, come prosciutti, carni in scatola, vegetali, salsicce. Anzi, gli esperti dicono, dati alla mano, che il botulismo dovuto a prodotti caseari è sempre stato il più raro. Si chiama botulismo la malattia trasmessa all'uomo dal Clostridium botulinum che ha la caratteristica di riprodursi in assenza di ossigeno (anaerobiosi). Di questi batteri se ne conoscono più di 80 specie, di cui 14 che danno malattia, o come tali o potenzialmente attraverso la produzione di proteine ad azione tossica, attive come neurotossine colpendo il sistema nervoso. Dei sette tipi di tossine elaborate dal germe solo alcune trasmettono il botulismo nell'uomo. Si conoscono tre tipi di questa patologia: alimentare, da ferita e il botulismo infantile. La tossina è prodotta dal Clostridium nell'alimento non ben conservato e viene poi assorbita da stomaco e intestino dopo l'ingerimento. Questo è molto importante, perché i cibi infetti conservati presentano spesso, ma non sempre, evidenti segni di alterazione. La contaminazione dell'alimento può avvenire perché il Clostridium botulinum vive nel terreno, sulle foglie, nel concime animale, nei foraggi, nei vegetali e nei sedimenti acquosi. Le sue spore resistono al calore umido fino a 100o C per diverse ore ma muoiono a 120o C in 5 minuti. Quindi le insufficienti misure igieniche e il trattamento termico non idoneo nelle fasi di cottura e confezione sono fattori determinanti per l'insorgenza dell'intossicazione. Attenzione alle conserve e carni di vario genere preparate in casa, oltre ovviamente a tutto il cibo conservato, specialmente inscatolato o sotto vetro, che compriamo. Sono da scartare confezioni non ben sottovuoto, con deformazioni esterne (rigonfiamenti anomali) e se di formato rigido quando, all'apertura, troviamo qualità organolettiche (aspetto, odore, colore, consistenza) non abituali. Alcuni dei fattori che possono bloccare la produzione della tossina nel cibo sono: presenza di ossigeno, concentrazione di sale superiore al 9 per cento, assenza di glucosio o maltosio, Ph non inferiore a 4,5 e alta temperatura. La resistenza alla tossina botulinica varia: persone che mangiano lo stesso alimento tossico possono presentare diversi gradi di infezione o addirittura non esserne colpite. Inoltre non c'è un rapporto diretto fra quantità di cibo contaminato ingerito e gravità della malattia. Per essere certi che la causa dell'intossicazione sia veramente il Clostridium botuli num, non è sufficiente trovarlo con indagini di laboratorio nel cibo incriminato perché, nonostante la presenza, potrebbe non avere ancora prodotto la tossina responsabile. La diagnosi medica certa si ha quando, insieme alla classica sintomatologia, analizzando l'alimento, si trova una sufficiente quantità della tossina già insita nel prodotto stesso. Si diceva che i sintomi nell'uomo sono di tipo neurologico: in pratica una paralisi. Il periodo di incubazione può variare dalle 12 alle 36 ore, fino anche a 2-6 giorni dall'ingestione. La sintomatologia però, nelle fasi iniziali, è tipicamente gastroenterica: nausea, vomito, sudorazione, prostrazione, cefalea, dolori muscolari. Solo in seguito, nei casi gravi, si presenta secchezza della bocca, difficoltà di deglutizione, paralisi dei muscoli involontari fino alla morte da blocco del sistema respiratorio. Nel caso di botulismo da ferita, il germe elabora la tossina nella ferita stessa da dove si propaga a tutto l'organismo. L'uso di un buon disinfettante e abbondante quantità di acqua ossigenata è una ottima prevenzione, vivendo il Clostridium in assenza di ossigeno. Il botulismo infantile è una patologia, al contrario delle altre due, in cui il germe colonizza egli stesso l'intestino del neonato, colpendolo sotto l'anno di età. C'è da ricordare, però, che esiste una terapia mirata. Poiché le proteine responsabili hanno proprietà antigeniche, possono essere inattivate da antisieri specifici. Nel sospetto di diagnosi clinica o di malattia già conclamata, questa siero- terapia può salvare molte vite. Marco Buri


IN BREVE Università dello spazio
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
NOMI: PERINO MARIA
ORGANIZZAZIONI: INTERNATIONAL SPACE UNIVERSITY, ALENIA SPAZIO
LUOGHI: ITALIA

Dal 14 giugno al 22 agosto 1997 Houston ospiterà la decima sessione estiva dell'International Space University. Questa università offre anche un programma di studio annuale per un master in studi spaziali (i corsi si terranno a Strasburgo dal 1o settembre '97 al 31 lugliò 98). Requisiti: laurea e perfetta conoscenza dell'inglese. Per informazioni e iscrizioni rivolgersi all'ingegner Maria A. Perino, presso Alenia Spazio, corso Marche 41 - 10146 Torino.


IN BREVE Accordo europeo su kit diagnostici
ARGOMENTI: CHIMICA, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: CRESSON EDITH
ORGANIZZAZIONI: FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DI CHIMICA CLINICA
LUOGHI: ITALIA

Edith Cresson, commissario europeo per la scienza, ha firmato un accordo con la Federazione internazionale di chimica clinica che garantirà un miglior controllo di qualità sui test per diagnosi mediche, dai test di gravidanza a quelli per i tumori della prostata o le malattie del cuore e del fegato.


IN BREVE Dossier ricerca su «Sapere»
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: BERLINGUER LUIGI, FALASCHI ARTURO, IPPOLITO FELICE
ORGANIZZAZIONI: SAPERE
LUOGHI: ITALIA

L'ultimo numero della rivista bimestrale «Sapere» pubblica un'ampia inchiesta sulla ricerca in Italia, con interventi di Luigi Berlinguer, Arturo Falaschi e Felice Ippolito. Un dato: l'Italia ha 3,3 ricercatori ogni 1000 lavoratori contro gli 8 del Giappone, i 7, 4 degli Stati Uniti e i 5,8 della Francia.


IN BREVE Medaglia Wick al fisico Drell
ARGOMENTI: FISICA, PREMIO
NOMI: DRELL SIDNEY
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, SVIZZERA, LOSANNA

Venerdì 22 novembre a Losanna verrà assegnata al fisico Sid ney Drell la Medaglia Wick, in ricordo del grande scienziato originario di Torino, che fu collaboratore di Fermi e diede fondamentali contributi alla fisica nucleare.


IN BREVE Trieste: una settimana dedicata all'energia
ARGOMENTI: ENERGIA
NOMI: LANZAVECCHIA GIUSEPPE
ORGANIZZAZIONI: LIS LABORATORIO DELL'IMMAGINARIO SCIENTIFICO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TRIESTE (TS)

Il Laboratorio dell'Immaginario Scientifico (Lis) di Trieste organizza dal 24 al 30 novembre una settimana sul tema «Energia: luci e ombre dello sviluppo». Ne parleranno docenti universitari, scienziati, medici, biologi in conferenze scientifiche al pomeriggio per il pubblico, al mattino per le scuole. Sono anche in programma una mostra e una rassegna cinematografica su: «Energia libera, storie di energia dal cinema di tutti i tempi». Tra gli interventi nel pomeriggio del lunedì 25 novembre, «La terra è esausta o solo stanca?» di Giuseppe Lanzavecchia. Per altre informazioni si può chiamare il numero 040/397.305.


BIOINGEGNERIA Un chip sostituisce il nervo leso Nuove tecnologie elettroniche in aiuto dei disabili
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, BIOLOGIA
NOMI: PEDOTTI ANTONIO, SINKJAER THOMAS, VIVIANI PAOLO
ORGANIZZAZIONI: UNIONE GIORNALISTI ITALIANI SCIENTIFICI, POLITECNICO DI MILANO, SMAU, CENTER FOR SENSORY-MOTOR
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MILANO (MI)
TABELLE: D. Come funziona un arto artificiale

LA bioingegneria accorcia il divario fra uomo sano e uomo ammalato. Sempre più spesso tutori meccanici, elettronici e informatici sostituiscono parti del corpo irrimediabilmente compromesse. L'handicap trova soluzioni e conforto in quest'epoca che passerà alla storia per l'impegno nel reinventare l'uomo nelle sue parti menomate. In molti casi il successo è già un dato di fatto: computer, elettronica, biotecnologie offrono un prezioso aiuto a chi è handicappato nelle capacità motorie o sensorie; giovani con l'handicap del linguaggio possono comunicare per mezzo di un Pc con il metodo Bliss, chi non ha l'uso delle mani può scrivere da solo un romanzo con la tastiera virtuale. Grandi sono le aspettative per veri e propri pezzi di ricambio - cuore, fegato, polmoni artificiali - che già si sperimentano con esiti promettenti. Ma la novità forse più incredibile riguarda chi ha perso per un incidente l'uso degli arti: ora, in alcuni casi, può sperare di ritrovare l'autonomia perduta grazie a un chip che ricrea l'innervazione fra i muscoli e il cervello, saltando a ponte il punto del midollo spinale compromesso. Il chip, frutto della bioingegneria più avanzata, è stato presentato allo Smau di Milano nel convegno «Lo sviluppo tecnologico al servizio dei disabili» - promosso dall'Unione giornalisti italiani scientifici - da Antonio Pedotti del Politecnico di Milano, Thomas Sinkjaer del Center for Sensory-Motor Interaction, Danimarca, e da Paolo Viviani dell'Istituto San Raffaele di Milano. Il chip è una vera e propria protesi neurologica, applicabile a coloro che hanno paralisi causate da traumi cerebrali o al sistema nervoso. Nel caso di paralisi dovuta a un trauma al midollo spinale i muscoli che sono collegati ad esso al di sotto dell'area traumatizzata possono essere indotti al movimento per mezzo di impulsi elettrici inviati ai nervi che penetrano i muscoli compromessi. Questi stimoli elettrici imitano gli impulsi dei neuroni che originandosi dal cervello dovrebbero raggiungere i muscoli e attivarli, cosa invece impossibile perché isolati dal trauma spinale. In questo modo la persona paralizzata potrà riappropriarsi delle funzioni perdute. Il successo del controllo dell'incontinenza con la neuroprotesi Fns (functional neuromuscular stimulation), già usata da diversi pazienti, è una garanzia che la ricerca intrapresa in questo settore darà buoni frutti per la soluzione di una vasta gamma di handicap, anche della vista e dell'udito.Pia Bassi


TUTTOSCIENZE SCUOLA. MATEMATICA Scoperto un numero primo da record Le sue 378.632 cifre occuperebbero dodici intere pagine di giornale
Autore: PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: MATEMATICA
NOMI: SLOWINSKI DAVID, CAGE PAUL
ORGANIZZAZIONI: CRAY RESEARCH
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, USA, WISCONSIN, CHIPPEWA FALLS
TABELLE: T. I dieci numeri primi piùgrandi (In tabella sono riportati i dieci numeri più grandi oggi noti. Come si vede sono Slowenski e Cage a detenere il record dal 1992,con i tre numeri più grandi, tutti del tipo di Mersenne)

C'è un nuovo record per i numeri primi, e ancora una volta sono i ricercatori del Cray Research di Chippewa Falls, nel Wisconsin, a stabilire il primato: David Slowinski e Paul Cage hanno scoperto il più grande numero primo oggi conosciuto. Sono chiamati «primi», lo ricordiamo, tutti i numeri che possono essere divisi soltanto per uno o per se stessi. Ad esempio, i più piccoli numeri primi sono 2, 3, 5, 7 e 11. Quello appena scoperto è leggermente più grande... Se si dovessero stampare le sue 378.632 cifre, sarebbero necessarie dodici pagine di questo giornale. Ci sono infiniti numeri primi, come ha già dimostrato Euclide nell'antichità, ma a tutt'oggi non conosciamo purtroppo una regola o una formula che ci possa permettere di inquadrarli. La loro distribuzione nell'insieme dei numeri naturali sfugge ancora a qualsiasi classificazione. Il metodo più antico per la determinazione dei numeri primi è il «Crivello di Eratostene», dal nome del matematico greco che lo propose nel II secolo avanti Cristo. Si tratta di sistemare su righe e colonne tutti i numeri dispari fino al limite stabilito (quelli pari li possiamo subito scartare perché, tranne 2, non sono primi). In seguito si cancella un numero ogni 3, dopo il 3, cioè i multipli di 3; un numero ogni 5 dopo il 5, cioè i multipli di 5 e così via. Alla fine di queste operazioni, i numeri rimasti saranno sicuramente primi. Esistono inoltre alcune formule generatrici di numeri primi. Quella più famosa è stata scoperta nel Seicento da un frate minimo francese, Marin Mersenne: se indichiamo con p un numero primo, allora la formula 2p - 1 può produrre numeri primi. Ma per avere la conferma che il numero prodotto dalla formula di Mersenne sia primo, lo si deve sottoporre ad accurate verifiche, per le quali ovviamente è indispensabile il computer. Il numero scoperto da Slowinski e Cage è proprio del tipo di Mersenne e corrisponde a 21257787-1. La conferma che fosse primo si è avuta di recente dopo sei ore di lavoro sul nuovo supercomputer Cray T94. «Cercare questi numeri particolari - dice Slowinski - è come cercare un ago in un pagliaio, ma fortunatamente noi disponiamo di computer straordinariamente veloci e di programmi particolarmente ingegnosi». Quello appena trovato è il trentaquattresimo numero di Mersenne scoperto fino a oggi, ma non si è sicuri che sia proprio il trentaquattresimo in ordine di grandezza, poiché lo spazio tra un numero di Mersenne e il successivo non è ancora stato completamente esplorato e potrebbe nascondere altri numeri primi. Il più grande numero primo conosciuto in precedenza era sempre del tipo di Mersenne ed era stato scoperto, nel gennaio del 1994, dallo stesso gruppo di ricercatori del Cray Research. Era 2859433 - 1 e aveva «soltanto» 258.716 cifre. Ogni numero primo di Mersenne porta con sè un altro numero di specie rara e molto interessante. E' infatti collegato a un numero perfetto, cioè a un numero che è uguale alla somma dei suoi divisori propri. Il più piccolo numero perfetto è 6 che è divisibile per 1, 2 e 3 ed è proprio 1più2più3=6. Il successivo è 28, infatti la somma dei suoi divisori 1più2più4più7più14 è proprio uguale a 28. I numeri perfetti sono rarissimi e ne esiste soltanto un altro fra i primi mille numeri, 496, e uno ancora fra i primi diecimila, 8128. Se prendiamo un numero primo di Mersenne, ricavato quindi dalla formula in cui p è anch'esso primo, e lo moltiplichiamo per 2p - 1, otteniamo un numero perfetto. Ad esempio, con p = 5 abbiamo 2 alla 4 X (2 alla 5 - 1) = 496 che, come abbiamo appena detto, è un numero perfetto. Quindi lo sarà anche 2 a 1257786 X (2 a 1257787 - 1): si tratta di un numero di 757.263 cifre. Qualcuno forse si chiederà a che cosa possono servire questi grandi numeri primi. Ma questa domanda potrebbe offendere i matematici. Le eventuali applicazioni del loro lavoro infatti non li riguardano. La matematica, ai confini tra arte e scienza, è una ricerca ben distinta da ogni sua possibile applicazione. Diciamo comunque che i numeri primi sono utilizzati nel campo della crittografia. I più sicuri codici segreti sono fondati su numeri primi di grandi dimensioni, anche se normalmente sono più piccoli di quello appena scoperto. In ogni caso su questa sfida ancora aperta, si arriverà sicuramente a nuovi numeri primi sempre più grandi. Federico Peiretti




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