TUTTOSCIENZE 23 marzo 94


La bellezza misurata Una ricerca indica che sono universali i criteri per giudicare attraente un viso tra Parigi e Tolosa
Autore: TURONE FABIO

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA, INFORMATICA, BIOLOGIA
NOMI: ETCOFF NANCY, PERRETT DAVID, MAY KEITH, SAKIKO YOSHIKAWA, GALTON FRANCIS, SYMONS DONALD
ORGANIZZAZIONI: NATURE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 041. Ideale di bellezza femminile. Volto della donna

E' bello chi si distingue o chi è più nella media degli altri? E il bello è universale o relativo? Una ricerca che tenta di risolvere il dilemma, pubblicata nell'ultimo numero di Nature, risponde che la preferenza va ai belli, anzi ai più belli dei belli. Ma c'è un guaio: se ci si dovesse innamorare di loro, e solo di loro, addio prole. Sono infatti visi creati da un computer. Il quesito sulla relatività del bello non è puramente filosofico, tanto più «in una società come quella americana contemporanea», scrive la neuropsicologa Nancy Etcoff nell'articolo che accompagna la ricerca, «in cui le donne guadagnano molto più dei colleghi uomini solo quando fanno due professioni (modelle e prostitute), e in cui i cosmetici e i programmi per dimagrire producono enormi profitti». Ma l'interesse degli scienziati non è stato catturato da questo genere di considerazioni, bensì dal desiderio di confutare l'idea per cui la bellezza sarebbe una convenzione arbitraria, variabile a seconda delle culture. La percezione del bello sarebbe anch'essa in qualche modo il prodotto della selezione naturale. «Anche se alcuni giudizi sulla bellezza di un volto umano possono essere influenzati dalla cultura o dalla storia di ciascuno», spiega la Etcoff, «le caratteristiche geometriche che producono la percezione della bellezza potrebbero essere universali, e la percezione di queste caratteristiche potrebbe essere governata da circuiti cerebrali modellati dalla selezione naturale». Proprio partendo dagli assunti della biologia evoluzionista, l'antropologo Donald Symons elaborò nel 1979 l'ipotesi della mediocrità, per cui la bellezza sarebbe incarnata dalla media tra le caratteristiche di una popolazione umana. In altri termini, il senso estetico che governa la vita amorosa sarebbe un prodotto della selezione naturale, e sarebbe orientato sulle persone con caratteristiche più comuni, perché sono quelle per definizione più facilmente reperibili. Ma lo studio compiuto da David Perrett e Keith May dell'Università di Fife in Scozia con Sakiko Yoshikawa dell'Università di Osaka, Giappone, smentisce in parte questa teoria. Il metodo è quello già sperimentato nel 1878 da Francis Galton, psicologo inglese cugino di Charles Darwin, e consiste nel fondere più immagini di un volto per ottenerne una con caratteristiche generali. La differenza sta nell'uso del computer, che consente di miscelare, con maggiore precisione, più immagini (Perrett e colleghi ne hanno usate 60, sottoponendole al giudizio di vari gruppi di uomini e donne). «Secondo l'ipotesi della mediocrità», scrive Perrett, «un'immagine derivata dalle fotografie molto attraenti non dovrebbe differire da quella derivata dall'insieme di tutte le fotografie. Se invece i volti attraenti sono sistematicamente diversi dalla media, la preferenza dovrebbe andare all'immagine prodotta mescolando solo i più attraenti». Nei test sono state mostrate a vari gruppi di persone le immagini create dal computer (a partire dalle foto di ragazze europee per il campione europeo, e da quelle di ragazze giapponesi per il campione giapponese), e la preferenza è caduta regolarmente sulle facce virtuali che più si discostavano dalla media. La bravura del computer è arrivata a far sì che quelle preferite in assoluto sono state le sue creazioni totalmente artificiali, caricate nei tratti che più distinguevano le bellissime dalla mediocrità, incarnata dalla fusione dell'intero set di 60 fotografie. Perrett e i suoi colleghi si sono posti anche un altro interrogativo: se il senso del bello sia influenzato dalla cultura oppure no. Perciò le tre fanciulle virtuali partorite dal computer sulla base delle 60 fotografie di ragazze giapponesi sono state mostrate ai giudici europei, che hanno ribadito l'identica classifica di gradimento. «Questo», spiega Perrett, «concorda con gli studi precedenti secondo cui i giudizi espressi dagli appartenenti a culture diverse presentano tra loro molte più somiglianze che divergenze». Ma una volta appurato che chiunque preferisce un viso a un altro (la prova è stata fatta anche su 59 volti maschili), che cosa rende il primo più attraente del secondo? «Il più attraente viso femminile dai caratteri caucasici (europei) ha gli zigomi più alti, una mascella meno pronunciata e occhi più grandi. Naso, bocca e mento sono più ravvicinati tra loro», scrive Perrett. «Lo stesso vale, limitatamente a occhi, bocca e mento, anche per i volti giapponesi». Ovviamente si tratta di valutazioni relative, e in questo caso il termine di paragone sono le immagini «medie» estratte dalle stesse foto: queste ricerche non possono dire se esiste o che cosa sia il bello in assoluto, e pur fornendo indicazioni interessanti dicono poco anche sul contributo che le caratteristiche fisiche al di fuori della media danno alla bellezza, puntualizza la Etcoff. Del resto, anche se si considera solo il viso, le variabili che riducono le possibilità di successo di queste ricerche sono numerose: «Le pressioni selettive su altre funzioni facciali, come il modo di ingerire o di respirare», conclude infatti l'articolo di Perrett, «potrebbe agire in direzioni diverse, limitando gli effetti che le preferenze sulla forma del viso hanno sull'evoluzione». Fabio Turone


OCCUPAZIONE Arrivano i mestieri verdi
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, LAVORO, OCCUPAZIONE
ORGANIZZAZIONI: ISRI, FIAT, CEE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 041

NEL 1987 duecentomila, 325 mila nel '97, 408 mila nel 2005. Questa la crescita prevedibile delle persone occupate nei «mestieri dell'ambiente» in Italia. E' in corso un cambiamento radicale nel modo di considerare l'ecologia, in parte frutto di una sensibilità più matura in parte imposto da fatti nuovi, che vanno dall'inquinamento dell'aria delle città fino al marasma delle discariche di immondizia con il suo seguito di malcostume e addirittura di criminalità. Senza contare le grandi questioni planetarie, come il buco nell'ozono, l'effetto serra, Seveso, Cernobil, o Trecate con le sue risaie sommerse dalla pioggia di petrolio. La stima è dell'Isri, l'Istituto di studi sulle relazioni industriali. In dettaglio: 20 mila occupati nel '97 e 30 mila nel 2005 per il monitoraggio e la prevenzione dell'inquinamento delle acque; rispetivamente 30 e 40 mila per i parchi e le aree naturali protette; duemila e 10 mila per il monitoraggio dell'aria; rispettivamente 45 e 70 mila nelle industrie verdi, quelle che forniscono impianti e attrezzature per l'ambiente, dallo smaltimento delle acque sporche al recupero degli scarti industriali, dalla depurazione dell'aria alla produzione di energia alternativa. Nel trattamento dei rifiuti solidi urbani (16 milioni di tonnellate l'anno che per metà oggi vengono semplicemente nascoste sottoterra in discariche incontrollate) oggi lavorano già circa 80 mila persone ma dovrebbero passare a 120 mila nel 2005. Una considerazione a parte va fatta per la tutela del territorio; mentre i giovani laureati in geologia restano disoccupati o sottoccupati l'Italia è rosicchiata dalle frane, la rete di sorveglianza anti-terremoti è largamente insufficiente, i fiumi e le spiagge vengono cementificati a man salva in base a progetti che si fanno un baffo di qualsiasi valutazione tecnica e che ignorano accuratamente l'obbligo di valutazione dell'impatto ambientale. Così si spiega perché in questo settore lavorino oggi appena 2000 persone mentre - dice Nicola Cacace, direttore scientifico dell'Isri - «dovrebbero essere almeno quattro o cinque volte tanto nel 2005 se non vogliamo avere guai ad ogni acquazzone». Tutte questioni discusse in un convegno organizzato a Roma a metà febbraio dall'Ispea, il Centro di formazione per l'evoluzione dell'impresa, e dalla Legambiente, nel quale i temi erano da un lato le possibilità di occupazione nei mestieri dell'ambiente e dall'altro le necessità di formazione di questo personale tenendo conto che il 20 per cento dei nuovi posti sarebbe rappresentato da professioni oggi inesistenti. Effetti importanti è destinata ad avere anche la gestione ambientale dell'impresa delineata dal regolamento 1836 della Cee. Questo prevede che le aziende abbiano al loro interno una struttura addetta a fissare certi obiettivi ecologici e a controllare che siano rispettati (ecogestione e audit ambientale) e a redigere l'ecobilancio. Un'esperienza affrontata dal gruppo Fiat, insieme con altre 15 aziende europee, su invito della Comunità, con un progetto pilota che si è svolto dal settembre '92 al giugno '93 nello stabilimento di Verrone, presso Biella. La Fiat ha giudicato positiva l'esperienza, tanto da estenderla a una decina di stabilimenti, anche se ha espresso qualche perplessità sull'applicazione del regolamento a imprese medio-piccole per problemi di uomini e di mezzi. Crisi dell'ambiente e crisi economica sembrano concorrere a garantire alle attività emergenti nel campo della protezione ambientale un futuro promettente; la Cee considera i progetti ambientali un importante fattore di ripresa dell'economia. Ma l'ambiente costa, occorrono investimenti in strutture e tecnologie, in formazione umana e in stipendi. La questione è: siamo tutti d'accordo a sopportare questi costi? Alla domanda non si può sfuggire nel momento in cui in Italia stanno emergendo forze che propongono invece un alleggerimento delle spese pubbliche, inevitabile se si vogliono ridurre le tasse, mettono in dubbio l'opportunità stessa della solidarietà (anche non inquinare è solidarietà) e sostanzialmente propongono una sorta di «laissez faire» come molla della ripresa dell'economia. Vittorio Ravizza


TEST SU «NATURE» Una donna così bella può esistere solo in un computer
Autore: F_T

ARGOMENTI: INFORMATICA, ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: NATURE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 041. Ideale di bellezza femminile. Volto della donna

NEL film The looker, diretto una quindicina di anni fa da Crichton, la pubblicità puntava su modelle già splendide che venivano ritoccate dal chirurgo plastico per meglio corrispondere all'ideale indicato da un computer: ora quell'idea fantascientifica trova su Nature una conferma. A 36 persone tra uomini e donne è stato chiesto di assegnare un punteggio da 1 a 7 alle foto del viso di 60 ragazze. Ottenuta la classifica, si è proceduto a una serie di elaborazioni: su ciascuna immagine sono stati segnati 224 punti significativi (la punta del naso, gli estremi di bocca e occhi, e così via), che sono stati trattati dal computer fino a produrre un'immagine «media», partendo da tutti i 60 volti, e un'immagine «sublime», che miscela solo i 15 più attraenti. I due visi sono stati sottoposti a un altro gruppo di Paridi, che hanno eletto a gran maggioranza la fanciulla virtuale sublime. Ma il test non si è fermato qui. E' stata creata una nuova fanciulla, dal volto ancor meno reale perché ottenuto amplificando del 50 per cento tutte le differenze tra il volto sublime e quello medio. E il computer ha fatto il miracolo: tra l'immagine sublime e quella «sublimepiù50 per cento» a quasi tutti è piaciuta di più la seconda. Lo studio è stato esteso al Giappone, dove sono nate tre fanciulle virtuali dai caratteri orientali, secondo le preferenze di uomini e donne di Osaka. E due gruppi - uno giapponese e uno britannico - hanno scelto la faccia più artificiale.(f. t.)


RICERCA IN USA Lotta per riprodursi vince chi ha formemolto simmetriche
NOMI: THOMHILL RANDY
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 041. Ideale di bellezza femminile. Volto della donna

SE si osserva un fotomontaggio ottenuto duplicando la stessa metà di un volto ci si accorge che c'è qualcosa che non va, anche se è difficile capire cosa ci sia di sbagliato. E' la perdita della asimmetria: ogni viso ne ha una piccola dose, e secondo molte ricerche è il sale della bellezza: si pensi al lieve strabismo di Venere o al neo che le dame del '700 si dipingevano su una guancia. Ma c'è chi, come Randy Thomhill dell'Università di Albuquerque, New Mexico, la pensa diversamente. Partendo da osservazioni su varie specie animali in cui sono favoriti per l'accoppiamento gli esemplari che presentano una maggiore simmetria delle forme o del manto (è il caso del manto delle zebre e delle corna dei cervi), Thornill ha condotto recentemente uno studio simile a quello appena pubblicato da Na ture, concludendo che i volti femminili preferiti sono quelli che presentano una maggiore simmetria. Ma a differenza di quella anglo-giapponese, la ricerca americana si è indirizzata anche sulle ragazze ritratte nelle fotografie, ottenendo un altro risultato a dir poco curioso. «Le studentesse con il viso più simmetrico - dice Thornill - perdono la verginità prima delle altre e hanno un maggior numero di partner». Questi dati, ottenuti tramite questionari, darebbero una misura della probabilità di trasmettere il proprio patrimonio genetico alle generazioni successive, e dunque confermerebbero l'ipotesi secondo cui la simmetria del viso favorisce nella lotta per la procreazione.


TEORIA & ESPERIMENTO Fisici, anzi filosofi naturali Dopo la rinuncia Usa al superacceleratore
Autore: FRE' PIETRO

ARGOMENTI: FISICA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: SUPERACCELERATORE SSC
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 042

NELL'autunno scorso il Congresso degli Stati Uniti ha deciso di sopprimere il progetto del superacceleratore Ssc, del costo globale di 10 miliardi di dollari di cui circa 4 erano già stati spesi. Questo progetto era un punto di riferimento a livello mondiale per il futuro della fisica fondamentale: la sua cancellazione, di cui sui nostri giornali si è parlato sorprendentemente molto poco, è stata percepita dalla comunità scientifica come un immane disastro che ha posto in una crisi senza precedenti l'intera disciplina. Questa reazione emotiva è largamente non motivata razionalmente. Secondo Maiani, presidente dell'Infn, la soppressione di Ssc può paradossalmente costituire addirittura la salvezza della fisica delle alte energie, se il più economico, più ragionevole e più internazionale progetto dell'acceleratore Lhc, da costruirsi al Cern, nel tunnel del Lep, verrà definitivamente approvato. A parte queste decisioni strategiche, un fatto positivo che può seguire alla crisi è la rimozione di due equivoci che dagli anni '50 hanno contraddistinto il rapporto tra fisici e società e il rapporto che i fisici hanno con la loro stessa disciplina. Il primo equivoco riguarda la natura e le finalità della ricerca fondamentale, in genere, e in fisica delle alte energie, in particolare. Ogni addetto ai lavori ha sempre saputo che la sua è un'attività con finalità puramente culturali, priva di ogni motivazione applicativa benché le sue ricerche possano, talvolta, avere fortuite ricadute tecnologiche. D'altra parte è incontestabile che i finanziamenti alla ricerca fondamentale nell'ultimo cinquantennio siano stati favoriti dal gigantesco impatto storico e politico delle armi nucleari e dalla possibiltà di produrre energia atomica. L'abbandono degli impropri abiti di apprendisti stregoni e il rientro dei fisici fondamentali nel ruolo che è loro proprio di filosofi naturali e di produttori di beni culturali, al pari dei letterati, dei matematici e degli artisti, è uno dei possibili sviluppi positivi della crisi in corso. Esso ha certamente un prezzo, che può essere la diminuzione dei finanziamenti, ma in società democratiche, pluralistiche, avanzate, la mia speranza è che tale prezzo non sia troppo alto. Ogni civiltà ha bisogno delle proprie piramidi o delle proprie cattedrali. I laboratori di ricerca sono le moderne cattedrali. La società civile dovrebbe rintracciare la finalità delle istituzioni scientifiche nella gratificazione che la società stessa, nella sua globalità, può ricavare dal livello di eccellenza di queste istituzioni. Il secondo equivoco è meno noto al grande pubblico, ma non meno importante. Vi è un dibattito serrato, tra i fisici teorici delle alte energie, sulla natura della loro disciplina. Essi sono giunti a domandarsi se siano ancora scienziati naturali, oppure no. Personalmente, preferisco l'antica qualificazione di filosofo naturale. In ogni caso, filosofo o scienziato, il dubbio circa la liceità dell'aggettivo «naturale» nasce al teorico dalla frustrazione conseguente al lavorare su ambiziose teorie, dalle quali è difficile estrarre predizioni verificabili alle energie accessibili in un futuro immaginabile. Giustificare la ricerca astratta soltanto nella misura in cui essa produce predizioni verificabili in un ambito sperimentale che è dettato dalle risorse tecnologiche esistenti o programmate, anziché dalla logica interna delle teorie studiate è, a mio avviso, uno stravolgimento dell'idea di scienza. Non dobbiamo certo modellare le nostre idee teoriche sugli strumenti che abbiamo a disposizione, ma fare, nei limiti del possibile, esattamente il rovescio. Chiarito ciò, l'equivoco a cui mi riferisco si può descrivere nel seguente modo. Si crede da parte del grande pubblico e, talvolta, in maniera inconsapevole da parte dei fisici stessi, che l'oggetto di indagine della fisica teorica siano i fenomeni naturali nella loro specificità: ad esempio l'attrazione gravitazionale tra i corpi effettivamente esistenti nel nostro universo a tre dimensioni spaziali e una temporale. Non è così. Affrontare direttamente la specificità dei fenomeni e tentare di fornirne un'interpretazione teorica è la metodologia di una scienza naturale nei primi stadi del suo sviluppo. Per una scienza naturale evoluta come la fisica teorica la metodologia è ben diversa. Nella pratica quotidiana del suo lavoro un teorico esercita la propria riflessione non su di un fenomeno o una classe di fenomeni, ma su di una classe di teorie che generalizza; o estende una teoria già stabilita e totalmente, o parzialmente verificata sperimentalmente. E' in questo modo che nascono nuove concezioni teoriche, nuove metodologie e, alla fine, nuove applicazioni delle strutture studiate alla spiegazione di fenomeni naturali che, talvolta, sono completamente diversi da quelli che originarono la teoria di partenza. Qualche esempio mi aiuterà a chiarire il concetto. La teoria unificata elettrodebole di Weinberg-Salam-Glashow, che prevede le particelle W e Z (scoperte sperimentalmente al Cern da Rubbia), nonché la cromodinamica quantistica che spiega le interazioni fra i quark e le forze nucleari che ne conseguono, sono soltanto due esempi di una classe infinita di teorie dette «teorie di gauge». Uno degli hobbies preferiti dei teorici è quello di studiare le proprietà generali delle teorie di gauge, variandole in tutti i modi possibili. In alcuni casi le teorie così prodotte hanno trovato applicazione nella fisica della materia condensata e nello studio delle transizioni di fase. Un altro hobby tipico di un teorico è trasferire in dimensioni spazio-temporali diverse teorie di successo come la relatività generale di Einstein. E' così che molta attenzione viene oggi rivolta alla teoria della gravità in una dimensione spaziale più una temporale: le sue proprietà matematiche sono sorprendenti e affascinanti. La si può considerare come un modello semplificato del mondo reale, dal quale trarre ispirazione per il compito principale, che è la quantizzazione della gravità tetradimensionale, la riconciliazione, cioè, della teoria di Einstein, con la teoria dei quanti. Ma la si può considerare anche per il suo intriseco interesse perché si collega alla fisica delle superfici caotiche, illumina aspetti della teoria delle transizioni di fase e della teoria delle superstringhe. La lezione che si trae dalla presa di coscienza delle vera natura della fisica teorica contemporanea è che questa moderna filosofia naturale è, come la matematica, una disciplina con una sua ricchissima logica interna e che essa non necessita di continue comparazioni con gli esperimenti. Questo non significa che gli esperimenti non si debbano fare, significa solo che la comparazione tra teoria e realtà avviene in maniera non programmata. Penso che i contenuti culturali e speculativi della fisica debbano essere d'ora in poi maggiormente rivalutati, accanto a quelli tecnologici e industriali. Pietro Frè SISSA, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, Trieste


CONVEGNO A LA THUILE Studi sull'atomo il futuro è in Europa
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, CONGRESSO
NOMI: ELLIS JOHN, FRE' PIETRO
ORGANIZZAZIONI: SUPERACCELERATORE SSC
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 042

LA grande fisica fondamentale ritornerà in Europa, dove era nata nella prima metà del secolo. E Ginevra, con il Cern, è destinata a diventarne la capitale planetaria. Questa indicazione esce dagli ottavi «Rencontres de physique de la Vallee d'Aoste» che si sono da poco conclusi a La Thuile, ma qualche giorno prima era già stata anticipata al seminario Symmetry and Simplicity in Physic organizzato in onore di Sergio Fubini a Torino. Qui John Ellis, conducendo una tavola rotonda sul futuro della fisica fondamentale, aveva esordito proiettando un suo disegno rudimentale ma efficace nel riassumere la situazione dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di cancellare Ssc, un gigantesco supercollider lungo 80 chilometri. Il disegno era diviso in due parti: nella prima il Sole splendeva sui fisici teorici; nella seconda grandinava sui fisici sperimentali. Ovviamente la realtà è più sfumata, come si deduce anche dall'articolo di Pietro Frè che compare in questa pagina. Ma la sostanza non cambia. Il supercollider americano lascia in eredità soltanto un buco. In senso letterale, perché buona parte del tunnel per ospitarlo è già stato scavato. In senso figurato, perché l'abbandono dell'impresa si trascina dietro una coda di debiti. In senso scientifico, perché una generazione di fisici sperimentali faceva conto su quella macchina per poter procedere nella conoscenza della più intima struttura della materia. Ma come Frè riesce a vedere quanto c'è di positivo per i fisici teorici anche in una decisione così catastrofica come quella americana, così gli stessi fisici sperimentali potrebbero provare a vedere il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto. L'annullamento di Ssc, infatti, imprime una spinta decisiva verso la realizzazione di Lhc, Large Hadron Collider, la macchina per collisioni tra protoni in progetto al Cern di Ginevra. Fortemente voluta da Carlo Rubbia durante la sua direzione del Cern, questa macchina dovrebbe sorgere nello stesso tunnel lungo 27 chilometri scavato per il Lep attualmente in funzione (un collider elettrone/positrone), disporre di una energia intorno a 16 Tev (16 mila miliardi di elettronvolt) e costare un quarto dell'abortito Ssc. Insomma, un vero affare. Spiace solo che con i soldi gettati dalla finestra per Ssc si sarebbe potuto costruire un Lhc e mezzo... La nuova macchina del Cern ha oggi una più alta probabilità di essere realizzata nei tempi previsti (fine Anni 90) in quanto adesso non solo gli europei sono più motivati a finanziarla, ma ad essa potrebbero contribuire anche gli americani e i giapponesi. Un altro dato positivo - ufficioso - è che anche il Canada sta per entrare al Cern. Insomma, caro Ellis, non tutta la grandine viene per distruggere il raccolto. Oggi un laboratorio di fisica delle alte energie in cui confluiscano gli sforzi intellettuali ed economici di tutti i Paesi del mondo non è più utopia. Piero Bianucci


TECNOLOGIA Bip, è l'ora di pregare Uno speciale orologio per i musulmani
Autore: FURESI MARIO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, METROLOGIA, RELIGIONE, ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: CASIO CPW 300
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 042. «La bussola della preghiera»

GLI islamici attendevano da tanto tempo un orologio in grado di risolvere un difficile problema che, originato dai precetti del Corano, può in molte situazioni presentarsi cinque volte al giorno. Questo problema è di genere rituale e il rito per i musulmani ha importanza capitale. Del resto il Decalogo della religione cristiana trova una puntuale corrispondenza nei «Cinque pilastri» della fede islamica. Tra questi «pilastri» è compresa la preghiera, da recitarsi cinque volte al giorno: all'alba, a mezzogiorno, a metà del pomeriggio, al tramonto e due ore dopo il calar del sole. Il Corano prescrive inoltre che prima della preghiera vanno praticate le abluzioni purificatrici, usando nel deserto, in mancanza d'acqua, la sabbia; ma soprattutto - come sappiamo - il rituale prescrive di recitare la preghiera rivolgendosi in direzione della Mecca, la città santa della religione islamica. I «pilastri della fede» sono: il primo e più importante, la pro fessione di fede, «Non vi è dio all'infuori di Allah e Maometto è l'inviato di Dio»; viene per secondo la citata preghiera, seguita dal Ramadam (il digiuno dall'alba al tramonto da osservarsi durante il nono mese del calendario islamico), dall'ele mosina e dal pellegrinaggio alla Mecca, da compiere almeno una volta nella vita. Due «pilastri», preghiera e Ramadam, rendono in molti casi desiderabile il possesso di un orologio che sia anche calendario e bussola. In particolare dovrebbe indicare, oltre alla data dell'era cristiana, quella dell'Islam o Egira (partenza), iniziante il 16 luglio del 622, primo giorno dell'anno islamico (composto da mesi lunari) in cui avvenne l'egira ossia la fuga di Maometto dalla Mecca per recarsi ad al-Medina. Oltre al doppio datario, l'orologio deve rendere possibile, con la indicazione dei punti cardinali, volgersi in direzione della Mecca. Un cronometro rispondente in pieno a tutte le richieste su indicate è stato finalmente realizzato. E' un vero gioiello della miniaturizzazione e gli è stato dato il nome di «prayer compass» (bussola della preghiera) mentre nel catalogo della Casio viene indicato con la sigla Cpw- 300 (Compass prayer watch). Basta premere un pulsante per sapere la direzione della Mecca e, premendone un altro, il «muezzin meccanico» puntualmente cinque volte al giorno inviterà con un lungo trillo il pio musulmano alla preghiera. Mario Furesi


INQUINAMENTO ATMOSFERICO Le malattie che respiriamo Parte un'indagine pilota in venti città italiane
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: ECOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA, INQUINAMENTO, ATMOSFERA
NOMI: TERRACINI BENEDETTO, NATALE PAOLO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 042

CHI abita in città ha maggior probabilità di ammalarsi di cancro rispetto a chi vive in campagna. Vita frenetica, cibi meno sani, aria inquinata... Il difficile è capire quanto incide percentualmente un fattore rispetto ad un altro. Uno studio statunitense ha tenuto sotto controllo per 14 anni quasi 10 mila persone con diverse abitudini alimentari, diverse professioni e abitanti in 6 diverse zone, dalla campagna alla metropoli. La possibilità di valutare con precisione i soggetti campione ha permesso di stabilire che chi vive in aria inquinata ha il 20 per cento di probabilità in più di ammalarsi di cancro. E in Italia? «Non abbiamo indagini altrettanto approfondite», dice Benedetto Terracini, epidemiologo, professore a Medicina e relatore al convegno «Inquinamento atmosferico e salute» che si è svolto la scorsa settimana a Torino. «Proiettando i risultati americani sulla situazione delle città del Nord Italia possiamo stimare che, ipotizzando una proporzione di esposti del 10 per cento, dall'1 al 3 per cento dei tumori polmonari sono attribuibili a inquinamento atmosferico». Sul banco degli imputati sono gli idrocarburi per riscaldamento e per autotrazione, incluse le benzine verdi. «Se non contiene piombo, la benzina verde ha una consistente dose di idrocarburi aromatici», dice Giorgio Gilli, docente di Igiene alla facoltà di Scienze, «che possono aumentare il numero di leucemie da benzene e di tumori polmonari. Solo se tutte le vetture circolanti fossero dotate di marmitta catalitica potremmo veramente apprezzare i vantaggi della benzina verde, ma il parco auto italiano è ben lungi da questa situazione. Negli Usa, invece, dove la quasi totalità dei motori sono catalizzati, c'è stato un calo di 5 mila morti l'anno per malattie cardiovascolari e, proprio per l'abbattimento del piombo nell'aria, una riduzione di circa 150 mila casi di anomalie nello sviluppo mentale dei bambini». In ogni caso, prima di scatenare allarmi ingiustificati e per evitare provvedimenti «di immagine», ma poco efficaci dal punto di vista ambientale, è necessario raccogliere dati precisi, abbondanti e scientificamente fondati. In quest'ottica, Paolo Natale, direttore del Laboratorio di sanità pubblica dell'Usl 1 di Torino, ha annunciato un progetto per studiare la relazione tra l'inquinamento urbano e le affezioni nei bambini. Nei prossimi mesi, l'aria di 20 città grandi e piccole di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Lazio sarà tenuta sotto stretta vigilanza adottando, per la prima volta, criteri uniformi di analisi. Andrea Vico


RAPPORTO WORLD-WATCH Un cielo senza uccelli Migliaia di specie in estinzione
Autore: FAZIO MARIO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ECOLOGIA, ANIMALI
NOMI: SPETH J.G., TERBORGH JOHN
ORGANIZZAZIONI: WORLD WATCH INSTITUTE
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C. D. Uccelli ad alta probabilità d'estinzione. Aeree da proteggere
NOTE: 043

MENTRE la popolazione umana continua a crescere, diminuisce quella degli uccelli, ed è un altro segnale del deterioramento dell'ecosistema in cui viviamo. Su 9600 specie di uccelli conosciute, più di seimila sono in declino e un migliaio sono avviate all'estinzione. Il rapporto del World-Watch Institute di Washington «The global decline of Birds» contiene dati allarmanti nel loro significato ecologico. Sulle stragi di massa compiute dai pesticidi usati in agricoltura, dai cacciatori e persino dagli animali domestici. In Italia, a dispetto delle leggi di tutela, 50 milioni di uccelli vengono abbattuti ogni anno. Una ricerca fatta in Gran Bretagna mette sotto accusa i gatti: uccidono 20 milioni di uccelli all'anno. In Australia, nel solo stato di Victoria, 500 mila gatti sono responsabili dell'estinzione di 67 specie di uccelli originari di quelle terre. Nel giudizio comune le preoccupazioni per il numero di uccelli che volano sulla Terra potrebbero apparire marginali rispetto al grande problema dell'eccessivo numero di creature umane e della difficoltà crescente di nutrirle. J. G. Speth, amministratore dell'Unep (United Nations Development Programme) ha avvertito nei giorni scorsi: «Da 13 a 18 milioni di persone, in maggioranza bambini, muoiono ogni anno di fame o malnutrizione. 40 mila ogni giorno». Il dato spaventoso, indubbiamente fonte di disagio e di sensi di colpa per noi, spettatori dall'osservatorio dei Paesi ricchi, può essere letto anche in relazione alle statistiche sulla popolazione degli uccelli. Infatti all'origine dei due fenomeni troviamo immancabilmente il disordine nello sfruttamento delle risorse naturali, causa di esteso deterioramento e dissesto ambientale: 1 miliardo e 200 milioni di ettari (pari alla superficie dell'India e della Cina) soffrono la desertificazione totale o parziale. Difficile ignorare la catena che lega i piccoli uccelli alla vita vegetale, e rende indispensabile la loro sopravvivenza in specie diverse. Si pensi all'impollinazione o allo spargimento di semi che garantisce la riproduzione degli alberi nelle foreste. Il Rapporto Ww fa il paragone con il canarino che nelle miniere di carbone indicava con la morte la presenza di ossido di carbonio: così la rarefazione delle cicogne bianche in Europa (meno due terzi, dal 1960, quelle provenienti dall'Africa) è un segnale di degrado nella qualità dell'ambiente in cui vivono le popolazioni dall'Africa subsahariana. Degrado dovuto alla desertificazione, all'eccessivo sfruttamento delle foreste, all'inquinamento delle acque. In Europa, oltre alla diminuzione delle cicogne, si registra un vero e proprio crollo nelle popolazioni stagionali di alcune specie di uccelli molto significativi come indicatori ambientali: capinere e beccafichi sono diminuiti del 75 per cento negli ultimi 25 anni. Alle insidie ambientali nei Paesi d'origine si aggiunge quella dei cacciatori che aspettano ogni anno gli stormi di uccelli in volo dall'Africa, per sterminarli. Nella sola Cipro tre milioni di vittime ogni anno, secondo la Audubon Society. Ma non i soli cacciatori sono responsabili, se persino il Cormorano delle Galapagos è minacciato di estinzione insieme all'Aquila delle Filippine, al Quetzal del Centro America. I tacchini del Nord America: meno 30 per cento in 25 anni. In testa alla classifica dei nemici degli uccelli sono i pesticidi, compresi quelli ritenuti «innocui» e quelli vietati ma ancora largamente in uso come il Ddt messo al bando nei Paesi occidentali da più di vent'anni. In India il Ddt viene ancora usato per combattere la malaria, e così in diversi Paesi africani, contaminando fortemente stagni, lagune, corsi d'acqua, vegetazione. Un pesticida granulare sparso largamente sui campi di grano degli Stati Uniti ha fatto stragi di uccelli da essere incluso tra le sostanze pericolose dalla Us Environmental Protection Agency. Altri nemici sparsi dall'uomo sono il mercurio e il piombo, in parte dovuto alla permanenza sul suolo di pallini da caccia, vietati in Canada e in Danimarca dove sono ammessi soltanto pallini di acciaio. Quasi superfluo ricordare le stragi seguite a spargimento di petrolio; il disastro della nave cisterna «Exxon Valdez» causò la morte di 300 mila uccelli. «Gli uccelli sono vittime di una combinazione di fattori negativi», annota John Terborgh, autore del libro «Where have all the Bird gone?». Molti fattori sono dovuti ad attività umane svolte senza tener conto degli effetti sull'ecosistema. Ad esempio le bonifiche di paludi e di altre zone umide, ricche di alimenti acquatici. I fattori negativi introdotti dall'uomo si sommano con conseguenze segnalate da fatti troppo a lungo ritenuti irrilevanti, come la scomparsa delle rondini da tante città o le morie di api. Mario Fazio


PREVENZIONE In arrivo il vaccino della malaria Primi test in Tanzania su bambini a rischio
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: PATARROYO MANUEL
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

IL mondo scientifico è in attesa di notizie sui seicento bambini di età compresa fra uno e cinque anni - abitanti nel distretto di Kilombero in Tanzania - ai quali è stato somministrato il vaccino SPf66 contro la malaria: nel prossimo ottobre sapremo se il vaccino riduce effettivamente il numero degli accessi malarici. Frattanto in un articolo della rivista britannica Vaccine di alcuni giorni fa (vol. 12, n. 4, pagine 328- 36) si annuncia che il vaccino suscita una forte risposta immunitaria senza effetti collaterali indesiderabili. Questo è stato il semaforo verde per le prove in Tanzania. Ideatore del vaccino è lo scienziato colombiano Manuel Patarroyo, che lo studiò dapprima nelle scimmie, poi in oltre 20 mila persone in Colombia. Risultò che si otteneva una riduzione degli accessi dal 22 al 77 per cento, specialmente nei giovani e nei molto anziani. L'anno scorso se ne parlò nella rivista Lancet. Oggi si fanno esperimenti anche nel Gambia (bambini da 6 a 11 mesi), in Thailandia (bambini da 2 a 15 anni), e si continua a farli in Colombia. Se i risultati saranno buoni gli esperti ritengono che a partire dal 1998 si potrebbe avere un vaccino largamente utilizzabile. Oltre allo SPf66 si conoscono altri cinque vaccini potenzialmente promettenti, dei quali si stanno preparando prove sulle popolazioni di Paesi malarici, mentre un'altra ventina vengono studiati nei laboratori di tutto il mondo. Ma per la messa a punto dello SPf66 si è in vantaggio di circa tre anni rispetto agli altri. Per comprendere l'importanza della lotta contro la malaria basti pensare che oltre 2 miliardi di esseri umani sono esposti all'infezione causata dal protozoo Plasmodium e trasmessa da una zanzara del genere Ano pheles, e che ogni anno 100 milioni sono i nuovi casi di malattia e un milione i morti. Il 90 per cento dei casi si ha in Africa, gli altri sono in India, Brasile, Afghanistan, Sri Lanka, Tailandia, Indonesia, Vietnam, Cambogia, Cina. In Europa i casi sono parecchie migliaia all'anno, in Italia alcune centinaia, tutti di importazione (attenti ai viaggi nei Paesi a rischio!). Da un secolo si conoscono le vaccinazioni, e da un secolo si cerca invano il vaccino contro la malaria. Il fatto è che il vaccino deve contenere gli antigeni suscitatori delle reazioni immunitarie, e gli antigeni dei plasmodi sono più di cento, diversi secondo il loro ciclo biologico nel fegato, nel sangue, nella zanzara. Per di più la popolazione dei plasmodi ha un pool genetico variabile, ossia in ogni suo stadio viene espressa una differente parte del genoma. Il vaccino SPf66 è formato da un peptide (una breve catena proteica) di sintesi, e da idrossido d'alluminio; il peptide è costituito da tre antigeni dei plasmodi dello stadio eritrocitario (dei globuli rossi) e da un antigene dello stadio sporozoitario (quello inoculato dalla zanzara). Il vaccino agisce durante lo stadio eritrocitario dei plasmodi per impedirne la moltiplicazione. E' importante ottenere il vaccino poiché la lotta contro la malaria, dopo un'ondata di ottimismo, è in crisi: i plasmodi diventano resistenti ai farmaci, le zanzare refrattarie agli insetticidi. La vaccinazione non risolverà il problema essendo soltanto un componente della strategia antimalarica globale, ma potrebbe essere un componente importante. Ulrico di Aichelburg


IN BREVE No al brevetto del Dna umano
ARGOMENTI: BIOETICA, GENETICA, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

L'Istituto statunitense per la sanità ha stabilito che le conoscenze sul programma genetico dell'uomo non sono brevettabili. Le domande di brevetto per sequenze di Dna identificate nell'ambito del Progetto Genoma erano già 2700.


IN BREVE Anatomia su Cd-rom
ARGOMENTI: ELETTRONICA, INFORMATICA, MEDICINA
ORGANIZZAZIONI: MGE COMMUNICATION
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

Un atlante del corpo umano è ora disponibile su disco ottico. Il cd-rom di anatomia - uno strumento utilissimo per medici e studenti di medicina - funziona sotto il sistema operativo Windows, verrà distribuito in esclusiva da Mge Communications (tel. 06-3243.289) e costa 350 mila lire. Una anatomia piacevole ma di altro tipo è invece presentata sul cd-rom «Il gioco», tratto dal libro a fumetti erotici di Milo Manara (prodotto e distribuito dalla Mge).


IN BREVE Telescopi al suolo o nello spazio?
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
NOMI: COYNE GEORGE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

Il Centro culturale Frassati di Torino organizza un ciclo di conferenze astronomiche che è stato aperto da padre George Coyne, direttore della Specola Vaticana. L'8 aprile Franco Paresce parlerà invece del telescopio spaziale «Hubble» dopo la riparazione in orbita e il 13 maggio Massimo Tarenghi illustrerà Vlt, il più grande telescopio al suolo del mondo, che l'Europa realizzerà in Cile. Il 27 chiuderà Attilio Ferrari sul tema «L'Italia e lo spazio: fatti e misfatti».


IN BREVE Tutti i farmaci su Videotel
ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

L'elenco dei 12.200 farmaci approvati dalla commissione del ministero della Sanità è ora disponibile anche su Videotel- Sip, alla pagina 5697.


IN BREVE Trento: i fossili raccontano
ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

«Fossili, ovvero la storia della Terra», è il titolo di una mostra che si inaugura domani al Museo tridentino di scienze naturali (via Calepina 14, Trento). Sarà aperta fino al 29 maggio. Per l'occasione, è prevista una visita guidata ai Lavini di Marco (Rovereto), dove sono state scoperte impronte di dinosauri.


IN BREVE Intelcom 94 a Torino
ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, MOSTRE, PRESENTAZIONE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

Dal 2 al 5 novembre si terrà a Torino al Lingotto «Intelcom 94», mostra internazionale sulle telecomunicazioni. L'area espositiva sarà di circa 13 mila metri quadrati.


FISIOLOGIA Dalle neuroscienze nuova luce sull'Aids Nell'organismo un dialogo dei massimi sistemi (nervoso e immunitario)
Autore: ROSSI ADELAIDE

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 043

I rapporti tra sistema nervoso e sistema immunitario vengono studiati fin dai primi del secolo in vari modi, ma è negli ultimi 15-20 anni che le ricerche su questo tema si sono sviluppate con grande vivacità anche per il contributo di studiosi di diverse competenze professionali. E' così sorta una nuova disciplina, la psiconeuroimmunoendocrinologia, i cui campi di indagine si sono progressivamente allargati. Che le funzioni del sistema nervoso e immunitario si influenzassero reciprocamente era noto; il maggiore contributo degli studi più recenti consiste nell'identificazione delle basi strutturali e funzionali di questa interazione spingendo le osservazioni a livello molecolare; ciò ha messo in evidenza una sorprendente serie di analogie e di omologie tra i due sistemi: basta consultare la bibliografia settimanale per trovare una grande quantità di nuovi lavori su questo tema. Una analogia molto interessante è rappresentata dallo schema di funzionamento dei due sistemi, basato sulla cooperazione tra diverse sottopopolazioni cellulari, capaci di riconoscersi e interagire in maniera specifica, di sintetizzare e rilasciare messaggeri chimici, di apprendimento e di memoria. Un ulteriore parallelo tra i due sistemi è nei meccanismi con cui producono, a partire da progenitori specifici, i rispettivi distinti corredi cellulari il cui numero e scelta differenziativa finale sono guidati da segnali «istruttori» precoci. Certo non previsti fino a poco fa sono i risultati che dimostrano le capacità neurotrofiche di numerose citochine (molecole prodotte dalle cellule immunocompetenti e segnali «istruttori» nello sviluppo del sistema immunitario, per esempio le interleuchine, l'interferone, il fattore di necrosi tumorale) su molte popolazioni neuronali in diverse condizioni sperimentali. Il clonaggio di queste molecole e l'analisi delle loro sequenze di struttura dimostra una analogia con alcuni fattori neurotrofici e rivela l'esistenza di regioni strutturali tra queste famiglie di proteine. Ce n'è abbastanza per stimolare non solo l'attività sperimentale ma anche le attività speculative dei ricercatori: le analogie sono considerate alla luce di questi elementi ed è stata tracciata una sorta di storia evolutiva dei due sistemi che, di fronte a comuni compiti di insediamenti, riconoscimento e interazione hanno adottato strategie comuni, anche a livello molecolare. Al di là dell'interesse speculativo che i risultati producono, vi sono altre buone ragioni a stimolare l'interesse per queste ricerche. E' ormai dimostrato che le citochine agiscono direttamente sulla proliferazione, sopravvivenza e differenziamento dei neuroni; in alcuni casi ne è stata dimostrata la presenza nel sistema nervoso sia per capacità di produzione del sistema stesso che per apporto da parte delle cellule immunocompetenti; uno degli obbiettivi del «Decennio di studi sul cervello» è lo studio delle malattie del sistema nervoso a cui, oltre alle più note, si aggiungono nuove neuropatologie, come quella associata all'Aids. L'identificazione di nuovi fattori neurotrofici attivi nei processi sia di sviluppo che degenerativi del sistema nervoso fornisce un ulteriore strumento per la comprensione e l'intervento a disposizione delle neuroscienze. Adelaide Rossi Terza Università di Roma


COME FUNZIONA Il rene artificiale Ecco l'apparecchio per la dialisi
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Come funziona l'apparecchio per la dialisi
NOTE: 044

IL compito fondamentale dei reni consiste nel filtrare il sangue purificandolo dalle sostanze tossiche che in esso si accumulano nella normale attività dell'organismo. Questa funzione si svolge però in parallelo con altre non meno essenziali per la nostra sopravvivenza: i reni, per esempio, regolano il volume del sangue, riciclando l'acqua, i minerali e le sostanze nutritive. In sintesi, provvedono a mantenere nei limiti della norma la composizione del sangue. Si può vivere bene anche con un rene solo, ma se la funzione renale viene completamente compromessa la morte è inevitabile. A parte la soluzione del trapianto, quando i reni non funzionano, il filtraggio delle sostanze tossiche depositate nel sangue può essere ottenuto anche con un apparecchio per la dialisi, comunemente chiamato «rene artificiale». Durante la dialisi renale si protegge il paziente dalla coagulazione aggiungendo al sangue l'eparina, una sostanza anticoagulante. La tecnologia permette oggi di produrre apparecchi per la dialisi molto più pratici, piccoli e leggeri di quelli in uso fino a pochi anni fa.


INFORMATICA Disegnare sullo schermo DICIANNOVESIMA PUNTATA
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 044

SE vogliamo incominciare a disegnare con il calcolatore, dobbiamo capire, per prima cosa, com'è fatto lo schermo che abbiamo davanti. Osservandolo con attenzione si vede che è formato da un insieme di minuscoli quadratini, come una qualsiasi fotografia di questo giornale o come lo schermo della televisione. Quadratini (o meglio, come vedremo, rettangolini) colorati oppure, nel caso di uno schermo bianco e nero, quadratini delle diverse tonalità del grigio, con i quali si formano caratteri, disegni e anche foto. Questi quadratini dello schermo del calcolatore si chiamano pixel (dall'inglese picture element, elemento del quadro) e possono essere raggruppati in cellette, ognuna delle quali permette di rappresentare un carattere. Se si osservano da vicino si vede che ogni carattere viene visualizzato sullo schermo accendendo una serie di pixel di una celletta. Quando accendiamo il calcolatore, se non indichiamo una scelta diversa, entriamo automaticamente in quello che viene definito il modo operativo testo e si indica con SCREEN 0. In pratica, lo schermo resta suddiviso in 25 righe e 80 colonne sulle quali possiamo visualizzare i diversi caratteri alfanumerici o grafici. Si tenga presente che la prima riga e la prima colonna sono in alto a sinistra. L'istruzione che ci permette di muoverci sullo schermo, visualizzando un carattere nel punto che vogliamo, è LOCATE. Ad esempio, per visualizzare un asterisco "*" sulla decima riga e sulla trentesima colonna, scriveremo il programma: 10 CLS 20 LOCATE 10, 30 30 PRINT "*" 40 END Con il programma seguente possiamo invece visualizzare una riga orizzontale di 30 asterischi, a partire dalla ventesima colonna: 10 CLS 20 FOR I = 20 TO 49 30 LOCATE 12, I 40 PRINT "*" 50 NEXT I 60 END Se vogliamo una barra verticale, utilizzando il carattere che nel codice ASCII corrisponde al numero 219, scriviamo: 10 CLS 20 FOR I = 1 TO 20 30 LOCATE I, 30 40 PRINT CHR$ (219) 50 NEXT I 60 END Con questi programmi e con l'istruzione LOCATE, non siamo ancora in grado di controllare un singolo punto, ossia un pixel, dello schermo. Non possiamo ancora tentare di costruire i primi disegni con il nostro calcolatore. Per questo dobbiamo passare dal modo operativo testo, SCREEN 0, al modo operativo grafico, indicato dall'istruzione SCREEN che si deve esplicitare, facendola seguire da un numero per selezionare il «modo schermo» corrispondente al tipo di hardware grafico installato sul calcolatore e alla risoluzione che vogliamo ottenere. Ad esempio se scriviamo SCREEN 1, selezioniamo il modo grafico a media risoluzione con il quale abbiamo lo schermo suddiviso in 64 mila pixel, ossia 200 righe per 320 colonne. Se scegliamo invece l'istruzione SCREEN 2, i pixel disponibili raddoppiano e diventano 128 mila, con 200 righe e 640 colonne, migliorando ancora la definizione dello schermo. Oltre lo SCREEN 2, si prosegue con altri modi operativi grafici, diversi per i diversi calcolatori. Ognuno potrà stabilire quali sono quelli disponibili sul proprio calcolatore attraverso le istruzioni che forniremo in queste schede. Almeno all'inizio, per far pratica, converrà muoversi soltanto su SCREEN 1. L'istruzione che ordina al calcolatore di accendere un punto sullo schermo è PSET (dall'inglese point set, posizionamento di un punto), seguita dalle coordinate del punto stesso. Il punto di coordinate (0,0) è in alto a sinistra, mentre il punto in basso a destra sullo schermo ha coordinate (319, 199). Per accendere il punto di coordinate (120, 80), scriviamo: 10 SCREEN 1 20 CLS 30 PSET (120, 80) 40 END Per tracciare il segmento orizzontale di estremi (50, 120) e (190, 120), scriviamo invece il programma seguente: 10 SCREEN 1 20 CLS 30 FOR X = 50 TO 190 40 PSET (X, 120) 50 NEXT X 60 END Disegniamo ancora un quadrato sullo schermo (non è esattamente un quadrato: vedremo più avanti come correggere l'errore). 10 SCREEN 1 20 CLS 30 FOR I = 50 TO 100 40 PSET (I, 70) 50 PSET (I, 120) 60 NEXT I 70 FOR I = 70 TO 120 80 PSET (50, I) 90 PSET (100, I) 100 NEXT I 110 END A questo punto, per prendere confidenza con lo schermo, converrà provare ad accendere altri punti e tracciare altri segmenti, sempre servendoci dell'istruzione PSET. Un esercizio utile per uno studente alle prese con le coordinate cartesiane, facili da rappresentare, come vedremo più avanti, sullo schermo del calcolatore. SUPPONIAMO di volerci fare interrogare dal calcolatore, per vedere se ricordiamo le capitali dei più importanti paesi del mondo. Scriviamo per questo un programma del tipo seguente: 10 REM PRIMA DOMANDA 20 PRINT "Qual è la capitaledella Francia?" 30 INPUT R$ 40 IF R$ = "PARIGI" THEN GOTO 130 50 REM SEGNALAZIONE DI ERRORE 60 PRINT CHR$(7); CHR$(7) 70 PRINT "La risposta è errata!" 80 FOR N = 1 TO 1000 90 NEXT N 100 PRINT "Studia di più!" 110 GOTO 200 120 REM MESSAGGIO DICONGRATULAZIONI 130 PRINT "Bravo, la risposta èesatta!" 140 FOR N = 1 TO 1000 150 NEXT N 200 REM SECONDA DOMANDA 210... ecc. Il programma contiene alcune novità che non sono di grande importanza. La prima è la PRINT CHR$(7), che compare nell'istruzione 60. CHR$(7) è il carattere che ha codice uguale a 7 nella tabellina standard dei cosiddetti "codici ASCII". Questo codice non corrisponde a un carattere alfabetico, ma a un ordine elementare per il calcolatore, ossia all'ordine di emettere un "beep" , un breve fischio. L'istruzione 60 serve quindi a produrre due fischi consecutivi, che saranno emessi per dare maggior risalto alla segnalazione di errore. Le istruzioni 80 e 90 costituiscono un ciclo "senza corpo", ossia un ciclo che viene descritto 1000 volte senza fare alcuna attività oltre all'aggiornamento del contatore N. Lo scopo di queste due istruzioni è semplicemente quello di perdere tempo, per intervallare la visualizzazione del messaggio di errore e la formulazione della domanda successiva. Il tempo necessario per l'esecuzione completa del ciclo delle istruzioni 80 e 90 è molto variabile e dipende dalla velocità del calcolatore su cui gira il programma. Un 486 a 66 MHz è almeno cento volte più veloce degli elaboratori personali della prima generazione. Chi ha la fortuna di possedere un gioiello dell'ultima generazione dovrò quindi sostituire il numero 1000 dell'istruzione 80 con un numero più grande, mentre chi è rimasto alle prime macchine lo sostituirà con un numero più piccolo. Il gioco della regolazione dell'istruzione 80 sarà molto utile anche al fine di comprendere meglio quale sia la velocità di lavoro del calcolatore che si sta usando. Il programna di interrogazione che stiamo discutendo sarà probabilmente molto lungo e sarà costituito da tanti blocchi, uno per ciascuna domanda, e ogni blocco sarà composto da sezioni, come abbiamo visto nell'unico blocco che abbiamo trascritto: la sezione di interrogazione (istruzioni da 10 a 40), la sezione di errore (da 50 a 110) e la sezione di congratulazioni (da 120 a 150). Capitale della Francia? I blocco Errore Congratulazioni Capitale della Spagna? II blocco Errore Congratulazioni ecc. Nel programma la sezione di errore comparirà, sempre uguale, in tutti i blocchi. Analogamente, la sezione di congratulazioni comparirà sempre nella stessa identica forma, tante volte quante sono le domande che si intendono porre. Appare così evidente la convenienza di organizzare il programma nel modo indicato nella figura seguente. La sezione di errore e quella di congratulazioni compaiono una volta sola, con notevole riduzione della lunghezza del programma. Interrogazione sulla capitale della Francia. Se errore GOTO 1000. Se non errore GOTO 1200 Interrogazione sulla capitale della Spagna. Se errore GOTO 1000. Se non errore GOTO 1200........ 1000: ERRORE....... 1200: CONGRATULAZIONI......... Le sezioni "errore" e "congratulazioni" sono due primi esempi di "sottoprogrammi". Provi il lettore a riscrivere il programma nella nuova forma, usando le istruzioni di salto condizionato: IF...GOTO... L'esercizio è difficile perché occorre inventare un meccanismo per ricordare, quando si salta all'istruzione 1000 oppure 1200, dove ritornare dopo aver eseguito il sottoprogramma. L'esercizio sarà comunque molto utile perché ci aiuterà a comprendere il concetto di sottoprogramma, uno dei più importanti dell'informatica. Nella prossima scheda torneremo sull'argomento e vedremo una coppia di istruzioni che il BASIC, come tutti gli altri linguaggi di programmazione, mette a disposizione del programmatore per risolvere in modo facile il problema di saltare a un sottoprogramma e di ritornare, dopo la sua esecuzione, nella posizione corretta. (continua)


LE DATE DELLA SCIENZA Ecco come l'«effetto Zeeman» riuscì a produrre un premio Nobel
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, FISICA
PERSONE: ZEEMAN PIETER
NOMI: ZEEMAN PIETER
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 044

UNA cinquantina di anni fa moriva ad Amsterdam il fisico Pieter Zeeman. Nato nel 1865 a Zonnemaire (Zelanda), diresse l'Istituto di fisica di Amsterdam. Nel 1902 ricevette il Nobel per la fisica. Il lavoro di Zeeman si inserisce nel solco che aveva tracciato un secolo prima Michael Faraday. Il fisico inglese aveva scoperto nel 1845 che il piano di polarizzazione della luce subiva una rotazione quando interagiva con un campo magnetico. La scoperta di questo fenomeno, che ribadiva la sua convinzione di una necessaria interconnessione di tutte le forze esistenti in natura, spinse Faraday a cercare ulteriori prove che mettessero in evidenza i rapporti fra la luce e l'elettromagnetismo. Ma Faraday non riuscì nel suo intento, certo non per incapacità, ma perché gli mancava una strumentazione adeguata. Zeeman, invece, potendo usufruire di una tecnologia più avanzata, riuscì a vedere ciò che Faraday aveva potuto solamente intuire, e realizzò un esperimento che dimostrava come un campo magnetico potesse influire sulle righe spettrali (in particolare la riga D del sodio) producendo un loro allargamento. Il fenomeno è noto come effetto Zeeman. In seguito si scoprì che l'allargamento osservato veniva risolto in un «doppietto» o in un «tripletto» di righe a seconda della direzione di osservazione, che nel primo caso avviene nella direzione del campo e nel secondo caso perpendicolarmente. Esiste anche un effetto Zee man anomalo con la riga che si scompone in più di tre elementi. Lorenz, che condivise con Zeeman il premio Nobel, scoprì che la separazione delle righe era proporzionale al rapporto fra la carica e la massa della particella che emetteva le righe spettrali. Questo rapporto e/m, inoltre, risultava molto simile a quello determinato per le particelle che costituivano i raggi catodici (elettroni). Sulla base di questi dati, J. J. Thomson ribadì che gli elettroni erano componenti essenziali dell'atomo. Franco Gabici


STRIZZACERVELLO Di tutto un po'
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 044

Di tutto un po' I due problemi matematici che presentiamo oggi impongono una sola ricorrenza per ciascuna delle cifre base. Il primo quesito chiede di scrivere due numeri l'uno doppio dell'altro utilizzando una sola volta le cifre da 1 a 9 comprese. Si tratta quindi di trovare un numero composto da alcune delle cifre da 1 a 9 e poi scrivere il secondo con le rimanenti tale che sia il doppio esatto del primo. Il secondo quesito invece richiede l'impiego di tutte le cifre da 0 a 9 una sola volta per la scrittura di due frazioni la cui somma dia esattamente il valore 1. La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi) Errata corrige: nella rubrica «Informatica» del 9 marzo alla riga 130 l'esatta istruzione è: INPUT R


LA PAROLA AI LETTORI Si sta al sicuro nella bocca della lupa
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 044

LA domanda sull'origine del detto Luna seduta, mari naio in piedi continua a suscitare precisazioni o integrazioni. Benito Franzin, sottufficiale di Marina in congedo (Collegno), scrive: «La spiegazione dell'ammiraglio di Sambuy non convince del tutto, anche se i periodi autunnali e primaverili sono i più critici per la navigazione nel Mediterraneo. Infatti solo agli equinozi il Sole sorge esattamente a Est e tramonta esattamente a Ovest, la Luna sarà illuminata da queste due direzioni e la sua linea d'ombra risulterà verticale sul piano dell'orizzonte. Quindi agli equinozi, come sarà verificabile tra pochi giorni, Luna in piedi. La condizione di Luna seduta si avrà invece in pieno inverno». Ed Edoardo Martino di Imperia: «Poiché nel nostro emisfero la Luna, a differenza dal Sole, è alta d'inverno e bassa d'estate, ne segue che nel primo caso è possibile osservare un percorso maggiore della sua orbita, vedendola più coricata all'inizio della fase crescente e alla fine di quella calante rispetto all'estate, quando essa si nasconde sotto l'orizzonte». Segue una analisi del detto, messo in relazione a osservazioni meteorologiche empiriche e para-astrologiche. Perché si fanno gli auguri di cendo «In bocca al lupo»? «In bocca al lupo» è, per antifrasi, un augurio a chi sta per affrontare una prova rischiosa e difficile. Antifrasi è un'espressione che definisce in modo opposto al significato o concetto relativo. Altri esempi: ironicamente, «Ora viene il bello»; eufemisticamente, «Questa "benedetta" gamba mi fa ancora male». Per antifrasi i greci definirono le Eumenidi (le benigne) le Furie infernali. Aldo Bertolotto Torino Nel regno animale il lupo è temuto e rispettato, in quanto aggressivo. Ma non è aggressiva la femmina quando deve trattare con i suoi lupacchiotti. Mamma-lupa, per trasportare i lupacchiotti, se li prende in bocca. Quindi se un uomo deve riuscire in qualcosa, questo è l'augurio più giusto. Dove, infatti, un cucciolo può trovare un posto più sicuro della bocca di un lupo? Luca Celoria Imperia Qual è la velocità limite oltre la quale, in un incidente d'auto, non c'è scampo? Le automobili oggi in produzione devono, per legge, dimostrare di avere un abitacolo indeformabile ad un urto frontale alla velocità di 56 chilometri all'ora contro una barriera rigida. Oltre questa velocità anche i più recenti dispositivi, come l'air bag, hanno efficacia limitata e, mentre il guidatore può riportare fratture alle costole e al bacino per l'urto contro il volante e il cruscotto, il passeggero anteriore può sbattere violentemente la testa contro il parabrezza e riportare la frattura delle vertebre cervicali poiché le cinture di sicurezza non hanno il tempo di entrare in funzione. Va detto, però, che il corpo umano, debitamente trattenuto, è in grado di resistere egregiamente a decelerazioni ben più violente, come avviene in Formula 1, dove però i piloti sono dotati di apposite cinture. Angelo Corrias Albenga I danni agli automobilisti dipendono non solo dalla velocità della vettura ma anche dalla sua massa, dalla sua capacità di assorbire l'urto, dalla natura dell'oggetto contro cui si urta e dalle strutture interne contro cui va a sbattere il passeggero. Da prove sperimentali si vede che un'auto moderna preserva gli occupanti (con cinture allacciate) per urti contro un muro fino a circa 50 chilometri all'ora. Tale velocità raddoppia se l'urto avviene contro un'auto identica ferma. Prendendo dalla realtà casi limite, vediamo come ci siano stati dei morti per urti a velocità relativamente basse e come un pilota di Formula 1 esca indenne dall'abitacolo (di fibra di carbonio) dopo urti a 250 all'ora. Se ne deduce che è impossibile stabilire una velocità oltre la quale si è sicuri di farsi male o al di sotto della quale si è sicuri di non avere conseguenze in caso di collisione. Gigi Migliaretti Novara


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 044

Q. E' vero che in aereo, in caso di improvvisa de-pressurizzazione, la pipa s'incendia mentre la sigaretta si spegne? Q. Perché i capelli umani, contrariamente alle pellicce degli animali, crescono indefinitivamente? Daniele Leone Q. Qual è l'attuale stato del dibattito scientifico sull'origine della vita? Giuseppe Bonazzi Q. Perché le carote fanno bene alla vista? Luca Gaviglio




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