TUTTOSCIENZE 24 novembre 99


PREVENZIONE ANTI-CANCRO Cinque piatti vegetariani per evitare 1 tumore su 4
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE
ORGANIZZAZIONI: AIRC, ISTITUTO NAZIONALE DELLA NUTRIZIONE, NATIONAL CANCER INSTITUTE
LUOGHI: ITALIA

OGGI la dieta è considerata un'arma vincente nella prevenzione del cancro. Il National Cancer Institute degli Stati Uniti calcola che circa il 30 per cento dei tumori sia collegato all'alimentazione e recenti ricerche indicano che ciò che si mangia può ridurre notevolmente i rischi di contrarre la malattia. Ovviamente non esiste una dieta che protegga tutti da tutte le forme di cancro. L'effetto protezione dei vegetali è però comprovato. Per questo in occasione della recente ««Giornata per la ricerca sul cancro»» indetta dall'Airc si è raccomandato di mettere nella propria dieta cinque porzioni giornaliere tra frutta e verdure. I meccanismi protettivi dei vegetali sono vari. La vitamina C impedisce la formazione di nitrosamine, che sono sostanze mutagene e cancerogene. La vitamina E protegge le strutture cellulari dai pericolosi radicali liberi. Il beta-carotene, precursore della vitamina A, contribuisce a prevenire la trasformazione metaplastica delle cellule epiteliali (la metaplasia è uno stadio precoce del passaggio da tessuto normale a quello neoplastico). La fibra poi, accelerando il transito intestinale e aumentando la massa delle feci, determina una diluizione delle eventuali sostanze cancerogene e una riduzione dei tempi di contatto delle stesse a livello del colon. Oltre alle vitamine, ai minerali e alle fibre, sono presenti nella frutta e nella verdura numerose sostanze antiossidanti (alcune già individuate, come i bioflavoni, altre in via di definizione). Per questi motivi non è la stessa cosa ingoiare pillole di vitamine, sali minerali, fibre (con pericolo di super dosaggio), e consumare alimenti ricchi di questi principi nutritivi: è l'intero cocktail di frutta e verdura ad avere un effetto positivo, e attraverso gli alimenti è impossibile arrivare ad un eccesso di dosaggio degli elementi suddetti. Circa le dosi, vengono indicate 3-5 porzioni al giorno, tenendo conto della varietà e della differente produzione stagionale. Secondo le Linee Guida messe a punto dall'Istituto Nazionale della Nutrizione, la porzione corrisponde (per quanto riguarda la frutta) a 2-3 frutti al giorno da 150-200 grammi (esempio: pranzo, cena, colazione del mattino oppure a metà pomeriggio). Per quanto riguarda la verdura si intende 2-3 porzioni di ortaggi da 250 g al crudo, al giorno, con i seguenti criteri. Verdure crude (in grammi): lattuga, radicchio, rucola, trevisana 100-150; sedano, carote, peperoni 150-180; finocchi, cetrioli, zucchini, cavoli, pomodori 200-300. Verdure cotte pesate crude: fagiolini , spinaci, erbette, carciofi, catalogna 150-200; bietola rossa, cipolla, cavolfiore, verza, porro 150-200; asparagi, zucca 300-400. Verdure miste nel minestrone 150. Minestroni, zuppe e passati equivalgono a una porzione di verdura cotta per piatto se sono densi, e a mezza porzione se sono brodosi. La patata dev'essere valutata come alimento capace di rimpiazzare pane, pasta o riso (dato l'elevato contenuto di carboidrati complessi) piuttosto che alimento protettivo, tenendo presente che 100 g di patate lessate in acqua danno 71 calorie. Nella stessa dose di patate fritte in casa invece, l'apporto calorico sale a 188. Le patate fritte in busta danno 537 calorie per ogni 100 g (sono maggiormente imbevute di grasso). Come verdure occorre includere nel corso della settimana mediamente 3 porzioni di legumi (ceci, fagioli, piselli, fave) come piatto unico se consumati con pasta o riso (dosaggio: 3-4 cucchiai da minestra colmi), oppure come secondo patto (6-8 cucchiai da minestra colmi) in insalata o in umido, ricordando che sono vegetali ricchi di proteine. Per tollerare bene i legumi è consigliabile iniziare gradualmente il consumo, partendo da piccole dosi (1 cucchiaio). Tutte le verdure mantengono il massimo del loro valore nutritivo se consumate fresche, in stagione a crudo (quando è possibile). In alternativa vanno preferite le verdure surgelate, seguite da quelle essiccate e in scatola. Le verdure vanno cotte in poca acqua, senza aggiunta di sale (è preferibile salare, con parsimonia, al momento). Possono andar bene sia la cottura in pentola a pressione, al vapore o in forno a microonde e per un tempo minimo. Per un efficace protezione contro i tumori occorre anche ridurre il consumo di alimenti conservati sotto sale o affumicati o trattati con nitriti, per diminuire il rischio di tumori all'esofago o allo stomaco. Occorre ridurre il consumo di grassi, per diminuire l'incidenza di tumori al seno, al colon, alla prostata. Limitare (ma non escludere) il consumo di carne, eliminando il grasso visibile e variando le scelte (pollo, coniglio, pesce, tacchino, agnello). Infine conviene bere alcolici con moderazione: l'abuso di bevande alcoliche, soprattutto se associato a fumo di tabacco, aumenta il rischio di carcinomi al cavo orale, alla gola, all'esofago e al fegato. Renzo Pellati


ALIMENTAZIONE & SALUTE A tavola non si invecchia (ma dipende dalla dieta)
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE
LUOGHI: ITALIA

LA scelta dei cibi dipende spesso da motivi di cui non siamo neppure consapevoli. Mangiamo certi piatti per abitudini familiari che risalgono all'infanzia: ce li serviva la mamma, perché cambiare? Oppure seguiamo il piacere, l'istinto, la gola: se i dolci mi attirano, perché negarmeli? Talvolta mangiamo seguendo principi etici: solo cucina vegetariana per non essere complici delle sofferenze degli animali di allevamento; o principi religiosi: niente maiale per i musulmani. La scelta a volte ha motivi economici o pratici legati allo stile di vita di questi tempi grami e stressanti: mangiamo ciò che costa meno, ciò che si prepara più in fretta, ciò che è più facile da cucinare. A tutti questi motivi però sarà bene anteporne o almeno affiancarne un altro, il più importante di tutti: scelgo questi piatti perché fanno bene alla mia salute. Perché aggiungono anni alla mia vita. Sulla giusta dieta siamo tempestati di informazioni. Ma è bene diffidare dei consigli che vengono da settimanali e mensili o dagli esperti interpellati nei telegiornali. Peggio ancora quelle signorine più o meno raccomandate che pontificano da rubriche televisive facendoci credere che ascoltandole diventeremo tutti sani e belli. Ogni età, ogni struttura fisica, ogni professione ha le sue esigenze dietetiche e l'unica strada sicura è quella di imparare a distinguere tra proteine, carboidrati (zuccheri, o glucidi), lipidi (grassi), conoscere il valore dei micronutrienti, calcolare bene le calorie di un pasto in funzione delle nostre personali necessità energetiche. In due parole, la vera soluzione è farsi una cultura alimentare. Meglio di tutto sarebbe se a darcela provvedesse la scuola. Ma non è così. La scuola italiana ignora o quasi questo tipo di cultura, così come ignora la cultura musicale e quella economica. Dunque, come rimediare? Diventando autodidatti. Certo non mancano i libri pieni di informazioni su protidi, lipidi, carboidrati apporto calorico e così via. Ma ciò che serve è disporre di queste informazioni ricetta per ricetta e porzione per porzione. E' così che Paola Bastasin, Anna Vittoria Laneri Berra, Walter Pedrazzi e Rossella Romani hanno concepito ««Dietologia e salute in cucina»» (Franco Lucisano Editore, 384 pagine, 56.500 lire, distribuzione Zanichelli). Qui, dopo gli ampi capitoli iniziali sui tipi di alimenti, sui rapporti tra dieta e diabete, malattie cardiovascolari, tumori, allergie, obesità e altro ancora, troviamo circa 200 ricette corredati delle loro caratteristiche nutrizionali per una singola porzione, ottenuta con gli ingredienti e le qualità indicate. E il bello è che non sono ricette da mensa aziendale o peggio da reparto opsedaliero. Sono ricette degne della tradizione dell'Artusi. Prendiamo ad esempio i ««Fiori di prosciutto in salsa di asparagi»». Ingredienti per quattro commensali sono: 240 grammi di prosciutto crudo a fettine, 200 grammi di punte di asparagio, 120 grammi di pomodoro fresco, 60 grammi di cipollotto a fettine,, 150 grammi di lattughini, succo di limone, 25 grammi di olio, sale, pepe, prezzemolo. La singola porzione darà 202 calorie e conterrà 27 grammi di proteine, 9 di lipidi e 3 di glucidi. Chi poi volesse formarsi una cultura alimentare ancora più completa, può leggersi ««Chimica degli alimenti»» di Patrizia Cappelli e Vanna Vannucchi (Zanichelli, 654 pagine, 67 mila lire). La seconda edizione, pubblicata di recente, contiene anche la legislazione italiana ed europea in tema di conservazione e trasformazione degli alimenti, le ultime raccomandazioni nutrizionali e le nuove tabelle di composizione degli alimenti dell'Istituto Nazionale di Nutrizione. Con auguri di buon appetito. Piero Bianucci


RICERCA PROMETEO 1999 In Italia 560 mila morti all'anno Più di centomila sono evitabili
Autore: GARATTINI SILVIO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: PROMETEO
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

NON tutte le morti sono ineluttabili, molte sono rimandabili a più tarda età. Si può in questo senso affermare che molte morti sono evitabili. Il concetto di morte evitabile è strettamente legato a quello di prevenzione. Poiché molte malattie si possono prevenire, ne deriva che si possono prevenire anche le morti che dipendono da alcune di queste malattie. In Italia ogni anno vi sono circa 560 mila morti: se tutti i cittadini italiani osservassero tutte le buone regole della prevenzione, quanti sarebbero i morti? Difficile rispondere in termini precisi, ma certo si potrebbe avere una forte differenza, almeno il 25 per cento. Gli esempi sono numerosi. Se i fumatori non fossero mai esistiti, avremmo molti meno morti per tumore. Il fumo determina oltre il 90% dei tumori polmonari e una buona percentuale dei tumori di cavo orale, faringe, esofago, laringe, pancreas, rene e della vescica. Poiché ad esempio le morti dovute al tumore del polmone sono circa 32.000 all'anno, è facile calcolare quante morti sarebbero evitabili. Il fumo inoltre produce altri disastri nel nostro organismo nelle funzioni cardiovascolare e respiratoria. Il totale delle morti evitabili si può collocare, con stime attendibili, attorno a 90 mila. L'alcol è un altro fattore di rischio che determina mortalità dovuta a cirrosi epatica, tumori delle prime vie digerenti e respiratorie, del fegato, oltre che a incidenti e violenze, per un totale di circa 20.000 morti all'anno. L'alimentazione è uno dei principali ambiti della prevenzione. Il sovrappeso causa diabete e altre malattie metaboliche, malattie dell'apparato digerente e cardiovascolari e tumori, per un totale di 15-20.000 morti per anno. Al di là di sovrappeso e obesità, diminuire l'impiego di grassi animali comporta una prevenzione dell'arteriosclerosi e quindi delle morti dovute a infarto miocardico o a ictus cerebrale. Dati ormai molto consolidati permettono di stabilire che una dieta ricca in vegetali può prevenire una buona percentuale di quasi tutti i tipi dei tumori; si potrebbero evitare decine di migliaia di morti all'anno. Il discorso si può estendere ad altri settori. Sono 10.000 i morti dovuti ogni anno ad incidenti stradali; in parte sono da far risalire ad infarto miocardico, in parte all'eccessivo uso dell'alcol, ma quanti sono dovuti all'imprudenza, alla disattenzione, all'eccesso di velocità nonché a una rete stradale e una segnaletica insufficienti? Pensiamo agli incidenti casalinghi, agli avvelenamenti, alla piaga degli incidenti sul lavoro, alla droga, ai rapporti sessuali a rischio, e avremo un panorama non ancora completo di altre morti evitabili. Di questo problema si è interessato il progetto ««Prometeo, Atlante della Sanità Italiana, 1999»». Si è esaminato, secondo un protocollo complesso che tuttavia ha come tutte le ricerche i suoi limiti, quante siano le morti evitabili sul territorio italiano prendendo in considerazione ben 215 Aziende Sanitarie Locali (Asl). Come indicatore della mortalità evitabile si è scelto il numero di anni persi per cause di morte evitabili per ogni 100.000 anni di vita potenzialmente disponibili. In base a questi calcoli si è stabilito ad esempio che nel 1994 sono stati persi in Italia 1 milione e 350.000 anni di vita per decessi dovuti a cause evitabili. Un confronto con dati europei mostrerebbe che per le donne le 76 morti evitabili per 100.000 abitanti sono superiori a quelle dell'Europa del Sud (70) ma inferiori a quelli dell'Europa del Nord (80). Per gli uomini (188 morti evitabili per 100.000 abitanti) i valori sarebbero molto elevati rispetto sia all'Europa del Nord (130) che all'Europa del Sud (160). Il dato forse più interessante è la diversa distribuzione territoriale delle morti evitabili. Si va da un valore minimo di 41,7 anni perduti a ben 114, 4 per 100.000 potenziali a seconda del territorio considerato. La ««maglia rosa»» di questa classifica va nell'ordine alle Asl di Prato, Civitanova Marche, Iesi, Bari 3 e Salerno 3, Fano, Rieti, Chieti, Ancona, S. Benedetto del Tronto; la ««maglia nera»» va in senso inverso alle Asl dell'Alto Friuli (sarebbe la peggiore), Aosta, Breno, Sondrio, Nuoro, Feltre, Lodi, Rovigo, Mondovì, Pavia: nel complesso sta meglio il Centro-Sud del Nord. Anche all'interno della stessa regione si notano forti differenze: ad esempio nella Toscana a fronte di Prato al primo posto, Grosseto è al 153°. Parte di queste differenze sono attribuibili al semplice effetto del caso. Senza dubbio una differenza importante, soprattutto per gli uomini, è dovuta al fatto che il fumo si è diffuso più tardi, e per ragioni economiche il numero di sigarette fumate fino agli Anni 60 era inferiore. La dieta mediterranea è inoltre più favorevole di quella del Nord Italia. Resta aperta un'ampia possibilità di dibattito, di critica e di approfondimento dei dati forniti dallo studio ««Prometeo»», studio che in ogni caso ha il pregio di stimolare lo studio della mortalità evitabile, essenziale per migliorare la salute di tutti. Silvio Garattini Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, Milano - ««Negri News»»


SISMOLOGIA Terremoti, prime previsioni Due russi propongono un loro metodo
Autore: PAGAN FABIO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA GEOFISICA
NOMI: KEILIS BOROK VLADIMIR, KOSSOBOKOV VLADIMIR, PANZA GIULIANO FRANCESCO
ORGANIZZAZIONI: CENTRO INTERNAZIONALE DI FISICA TEORICA
LUOGHI: ITALIA, ITALIA, TRIESTE, TS

TRIESTE , Centro internazionale di fisica teorica ««Abdus Salam»». All'indomani del nuovo catastrofico terremoto che ha sconvolto la Turchia, incontriamo due geofisici russi: Vladimir Keilis-Borok, ««grande vecchio»» della scuola di geofisica di Mosca, e il suo braccio destro Vladimir Kossobokov. Fanno parte dell'Istituto internazionale di teoria della previsione dei terremoti dell'Accademia delle scienze. Da dieci anni collaborano con il Centro di fisica teorica nell'ambito del gruppo ««Struttura e dinamica non-lineare della Terra»», che fa capo a Giuliano Francesco Panza, sismologo dell'Università di Trieste. ««Noi riteniamo - dicono i due studiosi russi - che sia possibile prevedere i terremoti più violenti partendo dalle leggi del caos deterministico che governano i movimenti delle dieci placche tettoniche della litosfera. E' il loro spostamento a innescare i terremoti. Così, all'inizio degli Anni 80, abbiamo cominciato ad analizzare le sequenze sismiche dei terremoti del passato»». Ogni anno, su tutta la Terra, gli strumenti registrano un milione di scosse di magnitudo superiore a 2. Di queste, circa un migliaio sono abbastanza forti da essere percepite dall'uomo. E un centinaio sono quelle che provocano gravi danni e perdita di vite umane. Ogni regione del pianeta Terra, dunque, possiede una sismicità sua propria, che solo occasionalmente giunge ai nostri sensi. Ma se questo flusso sismico continuo e normale aumenta o diminuisce, possiamo essere in presenza di fenomeni premonitori di un evento sismico di vasta portata. Le variazioni del flusso medio delle scosse vengono misurate da Keilis-Borok e Kossobokov con un algoritmo, vale a dire con una serie di formule poi trasformate in un software ed elaborate al computer, andando a costituire la base delle loro previsioni. Gli algoritmi messi a punto sono due. Il primo (chiamato M8) viene applicato in prima approssimazione per cercare di prevedere terremoti di magnitudo superiore a 8 in aree di circa 600 chilometri di raggio e per terremoti di magnitudo superiore a 7,5 in aree di 400 chilometri di raggio. Viene poi impiegato un secondo algoritmo (MSc, che sta per Mendocino Scenario, dal nome della località californiana di Cape Mendocino, dove fu testato la prima volta), che restringe l'area a rischio ma accresce la possibilità di errore. Gli algoritmi vennero collaudati ««a posteriori»» su un catalogo di oltre un centinaio di forti terremoti verificatisi tra il 1857 e il 1983. I risultati furono incoraggianti. Verso il 1990 gli algoritmi vennero resi di pubblico dominio e messi a disposizione di chiunque intenda verificarli per conto proprio. E si è cominciato ad utilizzarli per previsioni questa volta reali, su terremoti di là da venire. Con eccellenti risultati per quanto riguarda i sismi più violenti, come confermarono i test condotti indipendentemente dai ricercatori russi a Mosca e dai loro colleghi americani a Menlo Park, in California, e a Boulder, in Colorado. Dice Keilis-Borok: ««Tra il 1992 e il 1997 abbiamo previsto tutti e cinque i terremoti di magnitudo superiore a 8 verificatisi nella cintura sismica del Pacifico: Giappone, Isole Kurili, Marianne, Nuova Guinea, Tonga. Per quelli di magnitudo superiore a 7,5, invece, i risultati positivi variano tra un terzo e due terzi, a seconda degli algoritmi impiegati»». Ogni sei mesi (a gennaio e a luglio) Keilis-Borok e Kossobokov distribuiscono le loro previsioni a una settantina di studiosi sparsi per il mondo: sismologi, geofisici, matematici, ma anche manager economici. E mettono a disposizione di tutti gli interessati, sul sito Internet del Centro di fisica teorica triestino due mappe di previsione sismica: l'una per i terremoti di magnitudo superiore a 8, l'altra per terremoti di magnitudo superiore a 7,5. Sulla prima di queste mappe - che copre il periodo di previsioni dall'1 luglio '99 all'1 gennaio 2000 - appare il recente terremoto del Messico. I terremoti avvenuti in in Turchia e a Taiwan sono stati invece mancati: erano al margine di applicabilità degli algoritmi. Oggi le previsioni dei geofisici russi hanno un'approssimazione spaziale sui 400 chilometri e un'approssimazione temporale dell'ordine di un anno. Ma si sta lavorando a nuovi e più raffinati algoritmi che dovrebbero consentire di restringere l'area a rischio fino a 2-300 chilometri e il tempo di allarme ad alcuni mesi. Impossibile scendere al di sotto di questi valori: il terremoto non è un fenomeno puntiforme ma interessa un'area vasta centinaia di chilometri, che varia a seconda del tipo di terreno e dell'energia liberata. Le previsioni degli studiosi russi si basano sui dati forniti dal Servizio geologico degli Stati Uniti nell'ambito di un programma russo-americano. La collaborazione ha un curioso risvolto politico. Fu Gorbaciov, a Vienna, nel 1988, a parlare all'allora presidente americano Reagan delle previsioni dei sismologi dell'Accademia delle Scienze di Mosca, avvertendolo della possibile imminenza di un forte terremoto nella regione della Baia di San Francisco. Passano alcuni mesi, e nell'89 il terremoto colpisce proprio l'area prevista. Il settimanale ««Time»» racconta i retroscena della vicenda e da allora la National Science Foundation americana finanzia le ricerche del gruppo di Keilis-Borok e Kossobokov. Assieme alla Fondazione russa per le scienze, all'Unione Europea e al Centro di fisica teorica di Trieste. Fabio Pagan


ECOLOGIA Pro Natura, una guida alle Oasi
NOMI: GIULIANO WALTER
ORGANIZZAZIONI: PRO NATURA
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

LA Federazione nazionale Pro Natura ha appena pubblicato un volumetto di Walter Giuliano che costituisce una agile e utile guida a 14 Oasi naturalistiche. Tra queste, spiccano la Torbiera di Pian del Re, il Bosco Ugo Campagna, Lo Stagno Urbani, l'Agogna Morta, i Fontanili di Valle Re, l'Oasi di Cà Pegolotta, il Monte Prinzera, la Palude Loja e il Sentiero Natura di Monte Duro. Complessivamente le aree protette del nostro Paese sono circa 150, delle quali le otto di Pro Natura coprono quasi trecento ettari, cui vanno aggiunte 31 aree in affidamento da parte del Demanio dello Stato. Le altre dipendono dal WWF, dalla Lipu e da Legambiente. Nell'insieme, si tratta di un sistema di grande importanza per garantire la biodiversità nella penisola italiana.


POLEMICA: REGGE E I VERDI La sfida biotecnologica ««Discutiamone, ma con razionalità»»
Autore: REGGE TULLIO

ARGOMENTI: BIOLOGIA
PERSONE: FRANCESCATO GRAZIA
NOMI: FRANCESCATO GRAZIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. BIOTECNOLOGIE (PRINCIPI FONDAMENTALI, INGEGNERIA GENETICA, APPLICAZIONI INDUSTRIALI)

GRAZIA Francescato, nuova leader dei verdi, su ««La Stampa»» ha concesso a Ceronetti un'intervista che ho letto con interesse: ero curioso di conoscere la posizione del movimento verde verso il mondo scientifico. Il dialogo inizia con un lamento sulla fine del pianeta, sugli incendi alle foreste tropicali e sulla fusione della calotte polari causata dall'effetto serra. Condivido i timori della Francescato ma naturalmente vorrei vederci più chiaro e in dettaglio. Segue un commento dedicato ai problemi dell'immigrazione clandestina che condivido pienamente ma il testo subisce una improvvisa mutazione genetica con un richiamo a un'altra immigrazione clandestina , quella dei temibili OMG, " organismi geneticamente modificati", si legga anche transgenici, legati alla "ossessione di onnipotenza della scienza e delle multinazionali". Appartengo al mondo scientifico e, come tanti miei colleghi, provo invece un acuto senso di impotenza davanti ai gravi problemi che assillano l'umanità e vorrei che la Francescato e gli altri ambientalisti si rendessero conto che non siamo dirigenti di multinazionali e non perdessero il senso delle proporzioni. Le critiche agli OMG poggiano su tre punti chiave. In primo luogo si insinua il sospetto che ci facciano trovare nel piatto cibi mutati in modo imprevedibile e dannosi alla salute. In secondo luogo la sintesi di varietà che resistono ai parassiti viene vista come un attentato all'ambiente. Infine l'uso di queste varietà prodotte dalle grandi multinazionali può sconvolgere il mercato mondiale e distruggere l'agricoltura tradizionale. La prima critica ha toccato il culmine della disinformazione quando un incauto ricercatore del Rowett Institute in Scozia dichiarò alla televisione inglese che topi nutriti con patate transgeniche avevano subito danni al sistema immunitario. Nessuno dei critici si è minimamente preoccupato di riferire che le patate incriminate non erano mai state poste in commercio e che scopo dell'esperimento era appunto quello di confermare sospetti che già si avevano sulla loro tossicità. E d'altra parte nessuno dei prodotti OMG in vendita nel Regno Unito all'epoca o altrove nella Unione Europea ha mostrato effetti avversi alla salute umana e in ogni caso nessuno dei miei colleghi sostiene la libera vendita di prodotti OMG senza stretto controllo preventivo. Colpisce tuttavia la disparità di trattamento tra OMG e altri prodotti con un colossale giro d'affari e ben noti come cancerogeni: per esempio il tabacco, contro cui i verdi non sono mai intervenuti. Forse la Francescato avrrebbe potuto cogliere l'occasione per accorgersi dei danni del fumo: dopotutto anche la Philip Morris è una multinazionale. Io stesso ho mangiato prodotti OMG senza effetti avversi e sono disposto a farlo nuovamente e in pubblico. La seconda critica rileva che insetti e parassiti di ogni genere hanno una spiccata tendenza a mutare e adattarsi alle circostanze, per cui in un futuro non troppo lontano le nuove varietà saranno aggredite da parassiti disposti a tutto pur di nutrirsi. Alcune specie di farfalle patiscono il mais transgenico ma nessuno dei critici ha sentito il bisogno di aggiungere che grazie ad esso si evitano insetticidi dannosi per tutto l'ambiente e non solo per le farfalle. Veniamo infine alla terza critica. In India l'uso degli OMG ha causato inconvenienti e malumore là dove si praticava ancora l'agricoltura tradizionale, sconvolta dal riassestamento economico e sociale che ne è seguito. In Cina, dove le multinazionali contano poco, l'uso massiccio del riso transgenico è fatto compiuto e accettato e non è percepito come una minaccia. Questa disparità è legata alle diverse condizioni politiche e sociali dei due Paesi e varrebbe la pena di esaminare in dettaglio le cause del fenomeno. Sono davvero onnipotenti le multinazionali? Negli Usa la Monsanto è scesa a compromessi con gli agricoltori e la stessa Philip Morris, gigante del tabacco, ha ammesso che il fumo è dannoso. Il punto dolente è la classificazione di OMG come scoperta o come invenzione. In questo ultimo caso il ritrovato è brevettabile e potrebbe configurarsi un ricatto da parte delle multinazionali nei riguardi degli agricoltori. Nell'altro verrebbe a cessare ogni incentivo allo sviluppo di nuove varietà, buone o dannose che esse siano, risultato che farebbe felici certi ambientalisti che vagheggiano l'età della pietra. Rilevo tuttavia che tutti i Paesi industrializzati pongono limiti di durata ai brevetti che condizionano il loro utilizzo e che possono essere regolati in modo da trarre il massimo beneficio per tutti. Duole rilevare nel movimento ambientalista il persistere di un atteggiamento antiscientifico che allontana la soluzione dei problemi. Dalla polemica sul mais o sui pomodori transgenici si è passati disinvoltamente a diffamare la ricerca medica in settori chiave, magari citando a sproposito l'incidente di Tokaimura. L'uomo è da sempre bersaglio di malattie gravissime la cui causa ultima è genetica; la comprensione dei meccanismi meravigliosi ma anche estremamente complessi che rendono possibile la vita è necessaria per approntare le difese. Venti anni fa le leucemie erano mortali al 100% , oggi se prese a tempo sono curabili o almeno controllabili nel 70% dei casi. L'antipolio ha posto fine a una piaga sociale ma già è iniziata una campagna denigratoria che confonde il vaccino Sabin con il Salk ormai fuori uso da decenni e non privo di inconvenienti. In altri casi abbiamo subito sconfitte dolorose che vanno onestamente ammesse. In cambio i critici offrono purtroppo una armata Brancaleone di medicine alternative che vengono presentate come la mitica panacea. Di evidenza statistica o peggio ancora scientifica non si parla, sono oscenità proibite nella buona società. Più che altro la nostra salute trarrebbe beneficio da una seria riforma della sanità pubblica e delle università, un tema che da troppi anni attende di essere affrontato. Infine giova ripetere che la scienza va cooptata e non respinta. La pagina che segue all'intervista contiene un articolo di Kaplan sul Pakistan che va meditato. Il sottotitolo parla di "popolazione in crescita esplosiva" e "città in sfacelo". Il pianeta ospita ormai oltre sei miliardi di umani male organizzati. Se non ci muoviamo per tempo una natura apparentemente mite ma in realtà durissima nei suoi giudizi inappellabili e la follia nazionalista di politici di basso rango finiranno per ricondurci all'età della pietra. Tullio Regge Politecnico di Torino


BRESCIA Terapia genetica contro la sindrome di Omenn
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: GENETICA
NOMI: NOTARANGELO LUIGI DANIELE, PORTA FULVIO, UGAZIO ALBERTO
ORGANIZZAZIONI: CLINICA PEDIATRICA DI BRESCIA
LUOGHI: ITALIA, BRESCIA, BS, ITALIA
NOTE: SINDROME DI OMENN

LE malattie genetiche identificate fino ad oggi sono 5 mila, forse saranno di più quando il Progetto Genoma sarà completato. Queste malattie si potranno debellare con la terapia genica, il cui obiettivo è quello di sostituire il gene alterato con un gene sano clonato in laboratorio, mediante un qualsiasi veicolo che possa portarlo all'interno della cellula malata. E' un percorso lungo, sul quale in Italia è impegnato il Tiget (Istituto Telethon per la Terapia Genica) diretto da Claudio Bordignon, che ha già ottenuto importanti risultati sui bambini colpiti da immunodeficienza Ada. Altre strategie sono state messe a punto da altri centri di ricerca finanziati e sostenuti da Telethon, come la Clinica Pediatrica dell'Università di Brescia, diretta da Alberto Ugazio, dove con una èquipe guidata da Fulvio Porta in collaborazione con Luigi Daniele Notarangelo, è stata vinta la sindrome di Omenn dopo una ricerca iniziata nel 1996. La sindrome di Omenn è rara, compare nei bambini che hanno ambedue i genitori portatori sani del gene difettoso, portandoli a morte sicura verso il quarto mese. I piccoli pazienti hanno il sistema immunitario gravemente compromesso, in questo modo sono esposti a ogni tipo di infezione e inoltre hanno una proliferazione anomala di linfociti di tipo T e di conseguenza una reazione di tipo autoimmune a esito letale. Il trapianto di midollo dopo la nascita ha una percentuale di successo bassa. La strategia dei ricercatori bresciani è stata quella di intervenire sul feto dell'utero materno con il trapianto di cellule staminali prelevate dal midollo della madre. Per il successo è stato determinante l'identificazione dei geni responsabili della sindrome di Omenn (situati sul cromosoma 11) compiuta nel 1998 al Cnr di Milano da parte di Paolo Vezzoni e Anna Villa. Di solito una coppia si accorge di essere portatrice sana della sindrome di Omenn quando muore il primo figlio. Significativa è la storia di una coppia che Ugazio ha preso in cura presso la Clinica Pediatrica dell'Università di Brescia. Una coppia di Ulm vede alla tv tedesca un programma sull'èquipe di Brescia e sui trapianti delle cellule staminali in utero sul feto. La coppia aveva già perso una figlia per questa sindrome pur avendole trapiantato il midollo della madre dopo la nascita. La madre informa i medici tedeschi di questa novità italiana, dato che era al quinto mese di gravidanza e voleva fare questo ««viaggio della speranza»». A Brescia è arrivata portandosi il suo midollo congelato, prelevato nel precedente tentativo di salvare la prima figlia. Al feto sono state subito trapiantate le cellule staminali della madre e, quando il 26 agosto scorso è nato, gli esami hanno mostrato che le cellule staminali della mamma hanno attecchito. Il bambino ha potuto far ritorno in Germania con i genitori e recenti esami hanno confermato l'ottimo stato di salute in quanto le sue difese immunitarie si stanno completamente normalizzando. Anche il 90 per cento dei linfociti deriva dalle cellule trapiantate della madre che hanno avuto il sopravvento sulle cellule malate. I ricercatori sperano di poter applicare questa strategia innovativa nella cura di altre malattie genetiche in quanto madre e feto posseggono una tolleranza immunologica reciproca. Pia Bassi


LEONIDI Cinquemila stelle cadenti all'ora!
Autore: CEVOLANI GIORDANO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

LE Leonidi, meteore derivanti dalla cometa Tempel-Tuttle, hanno mantenuto la promessa. Il 18 novembre, astronomi e astrofili dell'Imo (International Meteor Organization) dalle loro postazioni a Malaga e all'Osservatorio Sierra Nevada in Spagna e in Provenza (Francia) hanno osservato un'eccezionale ««pioggia di stelle cadenti»», culminata poco dopo le 3 ora locale (le 2 tempo di Greenwich) con un picco fino a 30 meteore al minuto. L'attività era caratterizzata da una notevole quantità di piccole meteore e da una quasi totale assenza di fireball (meteore eccezionalmente luminose). Gli osservatori hanno poi ridotto i conteggi delle meteore ad un valore standard, lo Zhr (Zenithal Hourly Rate), che tiene conto della condizioni del cielo e della direzione di provenienza da cui sembrano arrivare le meteore (la costellazione del Leone, in questo caso). In queste condizioni, il tasso orario delle meteore osservabili in un'ora proprio in coincidenza del massimo, risulta essere per estrapolazione attorno a 5000, un numero considerevolmente superiore a quello previsto (attorno a 1000). Anche i primi risultati preliminari delle osservazioni radar provenienti dal Giappone, dalla Repubblica Ceca e dall'Italia (utilizzando il radar Bologna-Lecce) hanno riscontrato un picco nell'attività dello sciame nell'intervallo 2-2,10 Gmt. Il tempo del massimo coincide quasi esattamente con il tempo previsto (2,08 Gmt) del passaggio della Terra nel punto (nodo) in cui la cometa ha attraversato il piano dell'orbita terrestre. Per alcuni astronomi della Nasa, l'attività delle Leonidi di quest'anno è dovuta alla presenza della traccia di polvere lasciata dalla cometa madre circa 100 anni fa, un tempo equivalente a tre passaggi della cometa attorno al Sole. Secondo i loro calcoli la Terra è passata quest'anno vicino alla traccia di polvere ad alta concentrazione lasciata nel 1899, ma più lontano dal centro della nube rispetto al precedente passaggio del 1966 che causò la più spettacolare pioggia di meteore del secolo. Per questo l'evento del 1999, anche se eccezionale, non è stato così appariscente come nel 1966. Ricordiamo che le ««piogge di stelle»» possono manifestarsi in due modi. Un modo normale si ha con l'osservazione di più meteore al secondo (è il caso delle piogge del 1799, 1833, 1866, e 1966) che sono state liberate dalla cometa nei suoi più recenti passaggi al perielio. Un secondo modo meno frequente, come nel 1998, si ha con un numero molto minore di particelle, ma di maggiore massa, liberate dalla cometa nei passaggi meno recenti e che danno vita a meteore molto luminose e persistenti. Le tracce lasciate dalla cometa hanno la forma di strisce elissoidali (simili ad un sigaro) che tendono a restringersi e ad allungarsi nel tempo disperdendosi sotto l'azione delle perturbazioni planetarie e della pressione della radiazione solare. Proprio per la distribuzione irregolare di queste tracce tra loro parallele e che intersecano il piano dell'eclittica a distanze diverse dall'orbita della Terra, ci sono concrete possibilità che il nostro pianeta incontri anche nel 2001 (fra due anni), la traccia lasciata dalla cometa nel 1866 e che si possa così assistere ad un'altra pioggia di stelle cadenti. Giordano Cevolani Cnr, Bologna


ALLARME WWF Il suicidio ecologico I dati dell'Indice del pianeta vivente
Autore: BOLOGNA GIANFRANCO

ARGOMENTI: ECOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: WWF
LUOGHI: ITALIA
NOTE: «LIVING PLANET REPORT»

DA oggi disponiamo di un Indice del Pianeta Vivente, il Living Planet Index, elaborato da una èquipe di studiosi del Wwf Internazionale (tra i quali Jorgen Randers coautore del rapporto ''I limiti della crescità' e ''Oltre i limiti della crescità') del World Conservation Monitoring Centre e della New Economics Foundation. Queste tre istituzioni hanno cercato di rispondere in maniera quantitativa ad una domanda che interessa tutti: a quale velocità la natura sta scomparendo dalla faccia della terra? Inoltre il gruppo di ricercatori, nell'apposito rapporto dal titolo appunto di ''Living Planet Report'', cerca di descrivere come la pressione umana sugli ambienti naturali vada mutando nel tempo e come questi effetti variano tra le diverse nazioni. Il Living Planet Index, che quest'anno è alla sua seconda edizione dopo quella inaugurale dello scorso anno, si basa su tre dati: l'area ancora occupata dalle foreste e le popolazioni delle differenti specie presenti nei mari e nelle acque dolci. L'analisi è svolta con dati che partono dal 1970 e che individuano lo stato di salute della ricchezza naturale da allora ad oggi. Dal 1970 al 1995 il Living Planet Index è sceso del 30% il che significa appunto che, nell'arco di questi 35 anni, il mondo ha perso il 30% di ricchezza naturale; pensate il 30% nello spazio di una generazione. Dal 1970 al 1995 la copertura di foreste naturali del mondo si è ridotta del 10% (ad una copertura complessiva di 32 milioni di Kmq) con una decrescita di circa 0,5% l'anno. Un'area perduta ogni anno, di circa 150.000 Kmq (quanto la Grecia, il Bangladesh o la Florida). La fauna dei mari è andata declinando del 35% nello stesso periodo mentre la fauna delle acque interne si è ridotta del 45%. L'analisi dedicata alla pressione umana esercitata sugli ambienti naturali nel tempo ci fornisce altri dati estremamente preoccupanti. Oggi solo un quarto della superficie abitabile del pianeta può definirsi ''fisicamenté' indisturbato; oltre in terzo è invece dominato dalla nostra presenza. Il consumo di cemento è analizzato dal rapporto come un indicatore, sebbene indiretto, del tasso al quale terre forestali, agricole, e altri ambienti vengono distrutti ogni anno per far posto all'espansione urbana ed allo sviluppo delle infrastrutture (è evidente che il cemento viene utilizzato anche dove già esistono aree urbanizzate). Il consumo di cemento è salito di almeno cinque volte dal 1960 ed al 1996 la media annuale di consumo di cemento pro capite è di circa 260 Kg (il nostro Paese ha una media di 587 kg pro capite annui). Ormai gli allarmi della scienza ambientale sono sempre più ricchi di dati e analisi ed esigono una risposta concreta da parte del mondo dei politici e dei decisori. E' di tutta evidenza che andare avanti così, con un'economia basata solo sulla crescita quantitativa e che si focalizza esclusivamente su pochissimi indicatori (Pil, tasso di inflazione e tasso di disoccupazione) è impossibile. Gianfranco Bologna Segretario generale Wwf Italia


REGGIO EMILIA Pappagalli & canarini In mostra tredicimila uccell iCuriose le gare di canarini canori: il pigolìo verrà valutato in prove singole e di ««canto sincronizzato»»
Autore: CORINO GIANFRANCO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: GALLO PAOLO, GUALERZI IVANO
LUOGHI: ITALIA, ITALIA, RE, REGGIO EMILIA

TREDICIMILA uccelli esposti, appartenenti ad oltre mille diverse varietà. 820 espositori provenienti da 8 Paesi europei. Più di 850 categorie di premi. Sono i grandi numeri della 20a ««Mostra internazionale di ornitologia»», che si terrà a Reggio Emilia dal 26 al 28 novembre. L'appuntamento, che richiama ogni anno migliaia di appassionati e curiosi, è ormai diventato uno dei più importanti a livello europeo. Nel centro fieristico reggiano, sono infatti attesi, per l'occasione, anche numerosi allevatori provenienti da Belgio, Olanda, Bulgaria, Svizzera, Germania, Francia e Malta. ««Grazie a questa decennale tradizione, Reggio Emilia è ormai considerata la capitale italiana dell'ornitologia - spiega Ivano Gualerzi, del comitato organizzatore - Nelle gabbie sarà possibile osservare sia uccelli indigeni, come cardellini, fringuelli, frosoni e lucherini, che specie esotiche. A farla da padroni saranno naturalmente i canarini, presenti con oltre 400 varietà, che si differenziano a seconda della colorazione, del piumaggio, delle capacità canore e della taglia»». Molto variegato sarà anche il settore dedicato ai pappagalli. ««Quest'anno - dice Gualerzi - ce ne saranno in mostra circa 500, suddivisi in 40 categorie, tra psittacidi e ondulati. Non mancheranno neppure specie di grandi dimensioni, molto difficili da allevare, e altre piuttosto rare in natura»». I pappagalli, vivono allo stato libero in grandi branchi nelle foreste dell'America meridionale, Australia e Oceania e sopportano molto bene la cattività. L'aspetto più curioso della mostra è legato, tuttavia, alla complessa procedura di premiazione dei migliori soggetti. La giuria, con certosina pazienza, dovrà infatti osservare o ascoltare tutti i pennuti esposti, per assegnare gli 850 premi in palio, relativi ad altrettante categorie. Alcune di queste sono particolarmente curiose: per quanto riguarda i canarini da canto, ad esempio, ci saranno prove di canto individuali e gare di canto sincronizzato. Una specialità quest'ultima, che vede impegnati quattro canarini contemporaneamente e che prende il nome di ''Stamm''. I pennuti devono cantare a turno, uno dopo l'altro, seguendo un preciso ordine: per imparare a fare questo vengono addestrati anche per anni dai loro proprietari. Sempre per i canarini, c'è poi il premio assegnato per la migliore postura, che valuta la posizione dell'uccello sul trespolo. Ci sarà anche un padiglione dove gli appassionati potrannno effettuare scambi e acquisti di volatili e prodotti per l'ornitologia: nell'edizione dello scorso anno, le trattative hanno interessato oltre trentamila uccelli; un successo che quest'anno gli organizzatori confidano di accrescere ulteriormente. In occasione di questo appuntamento il ««Club degli Psittacidi»», un sodalizio al quale aderiscono centinaia di allevatori amatoriali di pappagalli di tutta Italia, presenterà un curioso progetto dedicato al Nigrigenis forpus, un piccolo pappagallino dal piumaggio verde, originario dell'Africa meridionale. ««Questo uccello - spiega il responsabile del club, Paolo Gallo - è diventato ormai molto raro in natura, sebbene sia ancora piuttosto diffuso in cattività. L'idea è quella di coinvolgere i nostri associati nella realizzazione di un censimento di tutti i Nigrigenis forpus presenti in Italia. In un secondo tempo, selezioneremo quelli che presentano ancora intatte le caratteristiche originarie, a cominciare dalle dimensioni e dal colore, per dare il via ad un programma riproduttivo finalizzato ad un successivo reinserimento in natura»». Gianfranco Corino


NUOVE PROSPETTIVE Strategie immunitarie per l'Hiv Il 1° dicembre Giornata mondiale di lotta all'Aids
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: GIORNATA MONDIALE DI LOTTA ALL'AIDS

SI celebra mercoledì prossimo, 1° dicembre, la giornata mondiale per la lotta all'Aids. Con quali prospettive? Importanti osservazioni, confermate in questi ultimi mesi, sembrano in grado di impostare nuove strategie terapeutiche. Le attuali terapie, mediante vari tipi di cocktail farmacologici, sono imperfette, costose e impegnative: bloccano il virus Hiv, ma questo continua a mantenersi in alcune cellule. L'eradicazione del virus, dunque, per il momento non è ottenibile. La ricerca è orientata oggi verso una stabilizzazione dell'infezione in uno stato di equilibrio immuno-virologico, possibilmente favorito anche da una immuno-terapia. Insomma l'attuale obiettivo della lotta all'Aids è l'immunità. Tutti sanno che l'Aids è caratterizzata da un difetto immunitario, da cui le varie infezioni sviluppantisi nel corso dell'Aids: il virus Hiv infetta e perturba le cellule chiave del sistema immunitario. Invero l'organismo risponde all'ingresso di Hiv con una forte reazione immunitaria, capace di bloccare la replicazione virale, sennonché il virus sfugge a tale risposta sia infettando specialmente i linfociti CD4 aventi un ruolo essenziale nell'orchestrare le complesse funzioni del sistema immunitario, sia grazie alla sua variabilità genetica ossia alla comparsa di mutazioni non riconosciute dal sistema immunitario. Così il virus riesce a replicarsi e l'infezione diviene persistente. Dal canto loro i farmaci tengono sotto controllo il virus, il che consente ai linfociti di rigenerarsi. In tale contesto si può comprendere il ruolo d'una terapia su base immunologica: essa permetterebbe di alleggerire la terapia farmacologica, che comunque non deve mai essere sospesa. Si stanno appunto studiando in molti centri di ricerca le possibili terapie a base immunitaria dell'infezione da Hiv, fondate sulle attuali conoscenze di immuno-fisiopatologia. Uno di questi obiettivi è utilizzare peptidi (molecole derivate dagli aminoacidi) inducenti migliori risposte immunitarie; un altro riguarda l'utilizzazione di linfociti sottoposti a manipolazioni di ingegneria genetica, le cosiddette ««Cellule T con recettori universali»» (UR, o Universal Receptor). E ancora, sono state somministrate ad alcuni pazienti dosi di interleuchina-Z, una molecola sintetizzata dall'organismo, che favorisce la rigenerazione dei linfociti: si spera che essa contribuisca a stimolare le cellule staminali (non differenziate) immature in modo che diano origine ad un repertorio completo di nuove cellule immunitarie in grado di riconoscere ed eliminare l'Hiv. I tentativi per ricostituire il sistema immunitario stanno assumendo anche altre forme: prelevare cellule staminali da un paziente di Aids, moltiplicarle in laboratorio e poi fornire all'organismo la nuova popolazione di cellule; una variante di questo schema prevede di aggiungere alle cellule reintegrate un gene che impedirebbe loro di soccombere in un secondo momento all'Hiv. Si tratta di strategie terapeutiche in fase di valutazione, vi sono buone speranze che grazie ad esse si diventi capaci di mantenere immunologicamente sotto controllo l'infezione. La guerra contro l'Hiv è tutt'altro che vinta ma via via che il tempo passa si avrà a disposizione un numero sempre maggiore di opzioni terapeutiche. Ulrico di Aichelburg


LA LEZIONE / STORIA DELLA SCIENZA Il telescopio a tasselli Inventato dal triestino Horn d'ArturoAllo scienziato è stata intitolata la Biblioteca di astronomia dell' Università di Bologna
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
PERSONE: D' ARTURO GUIDO
NOMI: BONOLI FABRIZIO, ZUCCOLI MARINA, D' ARTURO GUIDO
LUOGHI: ITALIA

LA biblioteca del dipartimento di Astronomia dell'Università di Bologna, ora trasferita nella nuova sede di via Ranzani, è stata intitolata a Guido Horn d'Arturo (1879-1967), l'astronomo triestino che fu docente di astronomia e direttore dell'Osservatorio astronomico universitario di Bologna dal 1921 al 1949 (colpito dalle leggi razziali del 1938, venne rimosso dalla direzione e dall'insegnamento, per essere poi reinsediato dopo la fine della guerra). Horn d'Arturo fu anche il fondatore della rivista Coelum (che purtroppo ha cessato le pubblicazioni nel 1986), ma soprattutto ebbe la geniale intuizione del ««telescopio a tasselli»», un'idea che ancora oggi è alla base di moderne strumentazioni. In occasione della intitolazione della biblioteca è stato pubblicato un volume a cura di Marina Zuccoli e Fabrizio Bònoli (Guido Horn d'Arturo e lo specchio a tasselli, Bologna, Clueb) che raccoglie gli scritti dell'astronomo sulla sua intuizione. L'idea di costruire uno ««specchio a tasselli»» venne a Horn d'Arturo dopo aver attentamente considerato i difetti dei grandi specchi e già in un articolo apparso su Coelum nel 1932 criticava lo ««specchio»» di Mount Wilson (2,5 metri) mettendo in guardia dagli ostacoli che si opponevano allo sfruttamento totale della superficie riflettente, ««primo fra tutti la deformazione che subisce lo specchio col variare della temperatura durante le lunghe pose fotografiche»». L'inconveniente, però, poteva essere evitato sostituendo ad una unica superficie riflettente un ««mosaico»» di piccoli specchi sistemati in modo tale da concentrare la luce di una stella in un unico punto. Uno dei primi ««specchi a tasselli»» fu realizzato proprio cinquant'anni fa, nel 1949, utilizzando 19 specchi esagonali del diametro di 20 centimetri ai quali venne ben presto aggiunto un altro giro, portando a 37 il numero complessivo dei ««tasselli»» per formare uno specchio di 1,40 metri di diametro. Lo specchio fu sistemato nella torre della Specola che Horn d'Arturo aveva fatto opportunamente ««perforare»» per la profondità di quattro piani. L'ultimo ««specchio a tasselli»», che ancora oggi si conserva presso il museo della Specola di Bologna, fu costruito con un ulteriore giro di piccoli specchi per un diametro di 1,80 metri (distanza focale 10,40 metri); grazie ad esso fu possibile osservare stelle fino alla magnitudine 17. L'idea di Horn d'Arturo è alla base dei Multi Mirror Telescope in Arizona e dei due telescopi Keck da 10 metri nelle Hawaii, composti da 36 tasselli esagonali, ciascuno del diametro di 1,8 metri e tenuti in allineamento da un sistema di controllo elettronico. Un enorme divario, scrivono Bruno Marano e Giancarlo Setti nella presentazione del volume, ««separa le due realizzazioni, in dimensioni, in tecnologia, in mezzi, in organizzazione. Pure non è chi non riconosca, ad un confronto dell'aspetto degli specchi, nell'uno un progenitore dell'altro»». Horn d'Arturo collaborò anche all'Enciclopedia Treccani, per la quale redasse la voce Astrologia, concludendola con queste parole: ««Si può dire che l'astrologia classica, qual era vissuta per quasi 20 secoli, è morta per sempre»». La redazione dell'Enciclopedia, però, ammorbidì la sua affermazione aggiungendovi numerose citazioni di illustri personaggi che si erano adoperati per riabilitare l'astrologia. Questa decisione dell'Enciclopedia fece arrabbiare moltissimo Horn d'Arturo, il quale, dopo aver preso visione delle bozze, scrisse una lettera minacciando querela se avesse visto pubblicata la voce con la sua sigla. La protesta sortì l'effetto desiderato perché nell'Enciclopedia la voce Astrologia, pur redatta da Horn d'Arturo, risulta ancora oggi anonima. Concludiamo con alcune notizie sulla Biblioteca del Dipartimento di Astronomia dell'Università di Bologna. La biblioteca si rivolge a un'utenza accademica e studentesca ma è aperta anche alla consultazione di appassionati e cultori di astronomia. Comprende 6000 volumi moderni, 900 periodici e una sezione di libri antichi, particolarmente curata dallo stesso Horn d'Arturo, ricca di circa 2500 titoli a partire dal 1488. La biblioteca è anche consultabile in rete nella pagina del Dipartimento di Astronomia (www.bo.astro.it/dip/). Franco Gàbici Planetario di Ravenna


LINGUE Progredisce la traduzione automatica
Autore: DAPOR MAURIZIO

ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

QUANDO iniziai a viaggiare per il mondo per ragioni di lavoro - mi confidò un amico - mi resi conto di quanto le differenti lingue rappresentino barriere talora insormontabili per la coesione e la pacifica convivenza dei popoli. Non c'è da stupirsi - ragionava ad alta voce il mio amico - del fatto che i popoli europei abbiano notevoli difficoltà di integrazione. La Babele delle lingue rende talora impossibile la comunicazione»». Quante volte, in viaggio all'estero per turismo o per lavoro, abbiamo sognato di poterci rivolgere a un qualunque interlocutore straniero facendoci capire senza difficoltà? Va detto che, grazie al sempre più elevato livello di scolarizzazione, insieme alla recente capillare diffusione dello studio della lingua inglese, grandi passi avanti sono stati compiuti in questa direzione. Tuttavia la possibilità di poter comunicare facilmente con chiunque non sembra a portata di mano. Un contributo decisivo, almeno in alcuni ambiti circoscritti, potrebbe essere fornito dal recente rapido progresso delle tecnologie informatiche nel campo della traduzione automatica. Esistono in commercio pacchetti software che consentono la traduzione in varie lingue di testi scritti, ad esempio. Tuttavia, a livello di ricerca applicativa, si sta cercando di andare oltre la semplice traduzione, per arrivare piuttosto a realizzare sistemi che ci consentano di comunicare con il prossimo, anche se lontanissimo da noi e non a conoscenza della nostra lingua, utilizzando il linguaggio parlato spontaneo. Le problematiche, in tal caso, sono molto complesse e si è ben distanti da una soluzione definitiva. Un linguaggio parlato spontaneo, quello cioè che scaturisce ««naturalmente»» nella conversazione, richiede un processo di riconoscimento che traduca gli stimoli sonori nelle singole parole della lingua del parlatore, seguito da una fase di interpretazione del significato delle stesse e delle frasi complessive, dalla realizzazione della traduzione e infine dalla sintesi in parole espresse da un computer nella lingua del destinatario. Il consorzio internazionale C-STAR è nato nel 1991 con lo scopo di realizzare la traduzione automatica a voce in differenti lingue. Il consorzio vede la presenza di sei diverse nazioni, vale a dire la Corea, la Francia, la Germania, il Giappone, gli Stati Uniti e l'Italia, quest'ultima rappresentata dal Centro per la Ricerca Scientifica e Tecnologica di Povo. Il 22 luglio si sono realizzate dimostrazioni congiunte nei sei paesi coinvolti nel consorzio e collegati, per l'occasione, in teleconferenza. Si è realizzato un sistema dimostrativo che consente di simulare la comunicazione con agenzie di viaggio di altri paesi per prenotazione voli e stanze d'albergo e per chiedere informazioni sui luoghi di destinazione. La simulazione ha consentito di rendersi conto di quanto lo sviluppo delle telecomunicazioni e, in particolare, di Internet, se associato a un sistema di traduzione del linguaggio parlato spontaneo, potrebbe aprire prospettive applicative non solo nel turismo ma nel settore più generale del commercio elettronico. Inoltre la comunicazione interpersonale sarà ampiamente favorita da questi sistemi. Grazie a Internet la comunicazione multilingue tra più interlocutori che possono vedersi attraverso la videconferenza può essere arricchita mediante lo scambio di immagini, filmati, suoni e testi. Maurizio Dapor


SIBERIA Cosa mangiavano i mammuth? Iniziati gli esami dell'esemplare trovato intatto Rimasto congelato per 20 mila anni, verrà analizzato anche il suo Dna
Autore: FABRIS FRANCA

ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA
NOMI: EISNER VLADIMIR
LUOGHI: ITALIA

I mammuth, conosciuti anche con il termine scientifico di Elephas primigenius, lontani parenti degli elefanti indiani, sono stati rinvenuti più volte nelle pianure gelate della Siberia e nelle gelide regioni glaciali dell'Eurasia e dell'America, sempre in buono stato di conservazione a causa delle basse temperature che li hanno mantenuti per migliaia di anni. Questi giganti preistorici, avevano zanne lunghe fino a 5 metri, arti con 5 dita sia anteriormente che posteriormente e soprattutto con corpi perfettamente adattati ai climi: lungo e folto pelame e uno spesso strato di grasso protettivo. Nello stomaco ancora il cibo ingurgitato nell'ultimo giorno, con erbe e ranuncoli come nel mammuth ritrovato alcuni anni fa a Beresovca. I pachidermi sono vissuti durante l'ultima glaciazione del Quaternario, e dalle zone fredde settemtrionali si sono spinti fino in Italia, tanto che i loro scheletri sono stati rinvenuti anche a Capri e a Cardamone (Otranto). Il mammuth lanoso è noto anche per le raffigurazioni di artisti preistorici sulle pareti di alcune grotte della Francia e della Spagna. E veniamo alla scoperta di un mammuth enorme, congelato fra i ghiacci del permafrost della tundra, di 23.000 anni fa, rinvenuto da una tribù di pastori che abita la penisola di Taymir, nell'estremo Nord della Siberia. Si tratta di un maschio di 47 anni, alto più di quattro metri, ancora... in carne e ossa. Subito i paleontologi si sono accorti che l'esemplare è unico sia per lo stato di conservazione sia per il fatto di essere completo. E' probabile che il mamm-uth stesse pascolando in una palude quando cominciò a sprofondare. Fu così sepolto fra i ghiacci dell'inverno siberiano. Dapprima furono viste le zanne che sporgevano dal terreno, quindi il resto del corpo. Attorno al mammuth è stato scavato un fossato. Quindi è stato imbragato con un sostegno metallico, posto sotto all'animale e il blocco di 23 tonnellate, con i resti, trasportato, con un grosso elicottero, con un'impresa audace, in una cava di ghiaccio presso l'aeroporto del Khatanga, a 200 km di distanza, dove i paleontologi potranno lavorare anche a temperature molto basse. Rimesse al loro posto le zanne è stato poi fotografato come una star e battezzato Jarkov dal nome del suo scopritore. Dal suo pasto si potrà risalire al cibo e quindi ai vegetali che vivevano in quell'epoca e, con un po' di fortuna, gli scienziati pensano di riuscire a studiare il Dna e quindi i suoi geni congelati nelle sue cellule per più di 20.000 anni a temperatura di -20°C. Il suo corpo è ancora imbrigliato nel permafrost, il terreno ghiacciato delle regioni polari. Un'èquipe di paleontologi russi, francesi, tedeschi, americani tenterà di scongelarlo con sostanze che non danneggino e conservino le parti molli, ma il lavoro sarà lungo e richiederà anni. Forse si riuscirà a capire anche le cause dell'estinzione di questi animali. Cristiano Dal Sasso, paleontologo al Museo di storia naturale di Milano, spiega per quali motivi è molto importante questo ritrovamento: ««E' importante che il ritrovamento sia avvenuto ora perché, con le tecniche oggi a disposizione, si potranno studiare meglio e conservare in modo più appropriato tutti i tessuti molli dell'animale, anche a livello microscopico (Dna ecc)»». Franca Fabris


L'ESPERIMENTO / BIOLOGIA In laboratorio con gusci, conchiglie e coralli Per scoprire quanti aspetti assume in natura il carbonato di calcio
Autore: CARDANO CARLA

ARGOMENTI: BIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

NEI mesi estivi, al mare, ai monti o in gita, sicuramente molti hanno raccolto qualche ««pezzetto di vacanza»» sotto forma di una bella conchiglia, di un sassolino, di un pezzetto di roccia, di un rametto di corallo... tutti oggetti cui pensiamo con un po' di rimpianto dai banchi di scuola. Ma perché non proviamo ora a considerare questi ««souvenir»» delle vacanze con occhio diverso? Potrebbero fornirci l'occasione per fare un excursus che tocchi sia il mondo inorganico sia molte forme viventi. Certo, essi sono così dissimili che non sembra possano avere molto in comune. Eppure non è così. Mettiamone insieme un certo numero, quelli che abbiamo a disposizione e quelli che possiamo facilmente procurarci, raggruppandoli così: Rametti e pezzetti di corallo, rosa, bianco, rosso (o una perlina di una vecchia collana di corallo). Conchiglie, bianche o variegate, nere come quella del mitilo, rosa, madreperlate, a cappa e a spirale, piccole e grandi. Parti dure di ricci di mare, verdi e rosati (dermascheletri). A tutto ciò aggiungiamo: Un guscio d'uovo (di gallina o di qualsiasi uccello) Un po' di deposito lasciato dall'acqua. Procuriamoci poi carbonato di calcio puro(CaCO ) in polvere che troveremo nel laboratorio della scuola; esso servirà come ««prova di controllo»». Forniamoci anche un po' di acido cloridrico diluito, (fate attenzione quando lo maneggiate), e di un contagocce. Versiamo a questo punto qualche goccia di acido sul bicarbonato di calcio puro. Immediatamente si svilupperà un'effervescenza vivace, che testimonia il verificarsi di una reazione chimica. L'effervescenza è evidentemente provocata dallo sviluppo di gas: si tratta di anidride carbonica. Facciamo una controprova utilizzando polvere bianca di aspetto simile al carbonato di calcio, come ad esempio il borotalco, e vedremo che la reazione all'acido non sarà la medesima. Versiamo poi l'acido su ognuno dei materiali sopra elencati: vedremo che l'effervescenza, inaspettatamente si sviluppa in tutti i casi, in maniera più o meno vivace. Cosa se ne può dedurre? Tutti i materiali considerati devono essere costituiti prevalentemente di CaCO , nonostante l'apparente eterogeneità esteriore. Vari sassolini, pezzetti di stalattiti e stalagmiti, di minerali, di roccia, saranno pure dello stesso materiale se risulteranno positivi alla prova dell'acido. Sono infatti costituiti da CaCO la calcite, minerale bianco, trasparente o traslucido, varie rocce dette genericamente calcaree, il travertino, un tipo di alabastro, il marmo... Dunque, dal rosso dei coralli che si snodano in forma di albero al nero dei mitili, dal bianco rosato di certe uova e di certe rocce al verde dei ricci di mare, alla madreperla di alcune conchiglie, un multiforme e fantasioso mondo naturale che si manifesta con colori e sotto aspetti così diversi, è in realtà costituito dallo stesso composto, il carbonato di calcio. Le forme viventi lo prelevano dalle acque dell'ambiente in cui vivono e lo usano per costruire parti di sostegno e/o di protezione foggiandolo di volta in volta secondo le esigenze legate alla loro natura. La presenza di piccolissime quantità di altre sostanze è sufficiente per ottenere i vari colori. Gli oggetti considerati appartengono a diversi grandi gruppi di organismi: i coralli ai Celenterati, le conchiglie ai Molluschi, i ricci di mare agli Echinodermi. Ma ancora altri organismi possiedono parti di carbonato di calcio: certe spugne, certe alghe, organismi unicellulari appartenenti ai Protisti come i Foraminiferi... Il carbonato di calcio è presente anche nello scheletro dei Vertebrati dove costituisce però solo il 10 per cento della sostanza inorganica. Processi di deposizione dalle acque e/o di accumulo dei residui inorganici di organismi del tipo di quelli appena considerati, generano in tempi lunghissimi le varie rocce. E pure in tempi lunghissimi queste sono erose e il carbonato di calcio torna in soluzione nelle acque. Carla Cardano


IN BREVE Erice: un appello per la biodiversità
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

Rischiano di sparire dalla faccia della Terra il 12 per cento delle piante, il 20 per cento degli uccelli, il 30 per cento degli anfibi e addirittura il 40 per cento dei mammiferi. Questi dati allarmanti sono stati al centro del seminario ««Biodiversità: un approccio integrato economico e naturalistico»» che si è svolto la settimana scorsa al Centro Ettore Majorana di Erice, organizzato dalla Fondazione Eni ««Enrico Mattei»» nell'ambito della Scuola internazionale di etologia diretta da Dànilo Mainardi. Gli economisti e i naturalisti riuniti al Centro Majorana non si sono limitati alla denuncia e hanno elaborato il ««Documento di Erice sulla biodiversità»», lanciandolo alla vigilia del ««Millennium Round»» di Seattle che discuterà l'impatto del commercio sull'ambiente e sulla salute. Gli economisti naturalisti raccomandano al governo di usare la leva fiscale per far pagare i danni provocati all'ambiente e per premiare quelli che l'ambiente lo rispettano. Oggi invece, secondo l'economista Ignazio Musu, i governi spendono 1500 milia rdi di dollari, cuiè una volta e mezzo il debito pubblico italiano, in sussidi che portano alla perdita della biodiversità.


IN BREVE Torino: come giocare con gli ecoimballaggi
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

Fino al 31 dicembre 1999, è aperta, presso l'Environment Park di Torino, via Livorno 60, nell'ambito della mostra permanente sui rifiuti ««Erre come...»», la rassegna: ««Ecoimballaggi:tra riduzione e nuovi materiali»». Si tratta di un panorama delle tendenze in atto per ridurre gli imballaggi attraverso l'esame dei prodotti usati da aziende che lavorano su nuovi materiali riciclabili e cercando anche di ridurre al minimo gli imballaggi. Un'occasione per conoscere, giocando, plastiche idrosolubili, imballaggi gonfiabili, cassette a ingombro ridotto e così via. Qualche esempio: con il Mater bi, materiale ottenuto dal mais, si realizzano costruzioni; sopra contenitori di policarbonato della Bayer è stato organizzato un percorso ludico; con il cartone ondulato della Kartanova si fanno quadri ecc. La mostra dedicata soprattutto ai ragazzi, ma istruttiva per tutti, è aperta la domenica e i giorni festivi dalle 15 alle 19. Per le scuole, in settimana, orario dalle 9 alle 17. Prenotazioni 011-2257.422.


IN BREVE Premio Grinzane a Levi Montalcini
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: LEVI MONTALCINI RITA, MAGRIS CLAUDIO
ORGANIZZAZIONI: PREMIO GRINZANE CAVOUR
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

Rita Levi Montalcini e con Claudio Magris, riceveranno il Premio Grinzane Cavour 1999 destinato a scienziati, scrittori e artisti. La cerimonia il 4 dicembre a Torino, Palazzo Barolo, ore 17,30 (tel. 011-81.00.111). La Montalcini e Renato Dulbecco sabato 27 novembre, al teatro Carignano di Torino, ore 9, interverranno sul tema ««Scienza ed etica nel 2000»» nel quadro dell'iniziativa ««Premi Nobel al Rotary»».


IN BREVE Piace ai navigatori www.excite.it
ARGOMENTI: INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: INTERNET
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

Ai navigatori italiani piace il sito su misura: sono già più di centomila le personalizzazioni on line del portale www.excite.it. Le pagine del sito di Excite Italia possono essere adattate dall'utente sia nei contenuti sia nella grafica e permettono a chi si registra di scegliere e costruire liberamente il proprio sito Excite. Quelli che si registreranno entro l'Epifania 2000 parteciperanno anche a un concorso a premi.




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