TUTTOSCIENZE 21 aprile 99


ANNIVERSARIO Volta, pioniere dell'elettricità La sua celebre pila compie due secoli, e continua a rinnovarsi
AUTORE: GABICI FRANCO
ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
PERSONE: VOLTA ALESSANDRO
NOMI: DALTON JOHN, GALVANI LUIGI, RADIOS LUIGI, VOLTA ALESSANDRO
LUOGHI: ITALIA

FOSSE nato in un altro periodo, probabilmente Alessandro Volta non sarebbe mai comparso nei testi della storia della fisica. Nato a Como il 18 febbraio 1745, il giovane Alessandro, considerato dai suoi genitori un ritardato mentale perché cominciò a parlare soltanto a sette anni, fu indirizzato agli studi umanistici e i Gesuiti presso i quali studiava filosofia fecero di tutto perché entrasse nel loro ordine. Ma il ragazzo Alessandro si sentiva particolarmente attratto da certe problematiche che a quei tempi, è proprio il caso di dirlo con un facile gioco di parole, stavano elettrizzando il mondo delle fisica. L'invenzione del parafulmine da parte dell'americano Benjamin Franklin, la bottiglia di Leida e le vivaci discussioni intorno al ««fluido elettrico»» incuriosirono il giovane Alessandro Volta fino al punto da indurlo a dedicarsi, senza l'aiuto di nessun maestro, allo studio di questi fenomeni allora quasi del tutto misteriosi. Ben presto Volta entrò anche in contatto epistolare con i maggiori esperti del tempo, dal Beccaria all'abate Nollet, che lo incoraggiarono a proseguire negli studi e nella pratica dell'esperimento. Volta ha poco più di vent'anni quando trasmette a Beccaria una lettera a stampa, considerata la sua prima memoria scientifica, In essa sono contenuti in nuce molte delle più importanti idee che avrebbe sviluppato più tardi. I primi frutti dei suoi studi si concretizzano nel 1775 con l'invenzione dell'elettroforo, il capostipite delle macchine elettrostatiche a induzione che ancora oggi non può mancare in un laboratorio scolastico di fisica che si rispetti. L'elettroforo fruttò al suo inventore fama, denaro e un posto di insegnante di fisica nelle scuole pubbliche della sua città natale. Successivamente gli aprì anche le porte dell'Università di Pavia, dove insegnò per 35 anni, dimostrandosi un insegnante molto attento alla didattica. Dopo una parentesi durante la quale si interessa del ««gas delle paludi»» scoprendone l'origine organica, Volta riprende gli studi nel campo dell'elettricità che lo conducono alla scoperta del ««condensatore»» , del quale formula la famosa legge che stabilisce la proporzionalità della sua quantità di elettricità Q alla capacità C e alla tensione V. In una memoria del 1793, Alessandro Volta, basandosi su generali metodi empirici, stabilisce alcune leggi sulla dilatazione dell'aria che nel 1802 verranno successivamente riprese ed estese a tutti i gas da Gay-Lussac. Nel 1801, inoltre, scoprì e formulò indipendentemente da John Dalton la legge secondo la quale la pressione di un miscuglio gassoso è uguale alla somma della pressioni dei singoli gas. Famosissima è la sua polemica con Luigi Galvani. Il fisico bolognese attraverso i suoi famosi esperimenti con le rane scorticate aveva annunciato l'esistenza di una ««elettricità animale»» e la cosa in un primo tempo fu accertata con entusiasmo dallo stesso Volta. Ripetendo accuratamente gli esperimenti, però, Volta si rese conto che questi avevano un maggiore effetto quando i muscoli della rana erano toccati da un conduttore formato da due metalli diversi. L'elettricità animale, dunque, non c'entrava affatto perché la contrazione della rana era causata dalla corrente generata dall'arco formato da due metalli. La polemica si protrasse per diversi anni ed ebbe indiscutibili risvolti positivi perché Volta, proprio per contestare le argomentazioni di Galvani, approfondì la teoria del contatto che lo avrebbe condotto alla invenzione della famosissima ««pila»», da lui chiamata ««elettromotore»», primo strumento in grado di produrre una corrente elettrica continua. La ««pila»», che venne annunciata in una lettera del 20 marzo 1800, interessò anche Napoleone, che invitò il fisico all'Institut de France affinché esponesse la sua scoperta. E l'Institut de France, grazie a Napoleone, conferì a Volta la medaglia d'oro e una cospicua somma. Napoleone, infine, gli assegnerà addirittura una pensione annua e lo nominerà senatore del regno d'Italia e conte. Volta, che può essere considerato uno dei più grandi fisici sperimentali che abbia avuto l'Italia, morì nella sua città natale, dove si era ritirato a vita privata, il 5 marzo 1827. Un aspetto poco conosciuto di Volta fu la sua abilità nel manipolare le parole, con le quali formava giochi verbali e sciarade. Una volta, però, durante una festa, ci fu qualcuno che non sopportò le sue freddure e tutto stizzito se ne andò dicendo: ««Non resisto! »». E Volta, che anche in quell'occasione non aveva perduto il senso dell'humour, gli rispose che aveva proprio ragione. Sisto, infatti, non era un ««re»», ma un ««papa»»! Franco Gàbici Planetario di Ravenna


Arriva la batteria zinco-aria Farà circolare 100 veicoli a Milano
Autore: BO GIAN CARLO

ARGOMENTI: ENERGIA
ORGANIZZAZIONI: AEM
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, MILANO

IL Comune di Milano in stretta collaborazione con la Edison e la Aem (l'azienda elettrica milanese) ha annunciato qualche settimana fa l'avvio di un progetto che ha come obiettivo la realizzazione di una flotta di cento veicoli elettrici destinati ad operare nell'area metropolitana milanese. L'iniziativa si inquadra nell'ambito dei programmi del Comune di Milano per la cosiddetta ««mobilità sostenibile»» (cioè compatibile con la tutela dell'ambiente) e costituisce una delle azioni principali del Piano generale Urbano del Traffico. La flotta - operativa dal 2000 - sarà alimentata con batterie zinco-aria, una nuova tecnologia sviluppata dalla Edison. Il sistema zinco-aria appartiene al filone delle celle a combustibile. In questo caso il combustibile è lo zinco e il comburente è l'ossigeno atmosferico. Dalla loro reazione si ottiene energia elettrica - utilizzata per azionare il veicolo - e ossido di zinco (per saperne di più si può vedere l'articolo pubblicato su ««Tuttoscienze»» il 21 agosto 1996 sotto il titolo ««Come ti metto in scatola l'energia»»). Quando gli elettrodi di zinco si sono trasformati in ossido la batteria è scarica, ma l'utente non deve provvedere alla ricarica. Il rifornimento di energia avviene presso una stazione di servizio dove un robot sfila gli elettrodi scarichi e li sostituisce con altri di zinco fresco, in maniera e tempo analoghi al rifornimento alla pompa di benzina. La rigenerazione, cioè la trasformazione degli elettrodi scarichi in elettrodi carichi, avviene in un impianto centralizzato dove, con un procedimento elettrochimico, dagli elettrodi ossidati viene rimosso l'ossigeno precedentemente impiegato dai veicoli: si riottiene lo zinco fresco. Un chilogrammo di batteria zinco-aria fornisce 160 Wh di energia, ossia da 6 a 10 volte più di una batteria al piombo, caratteristica che rende le batterie zinco-aria particolarmente adatte per la trazione di veicoli elettrici. Le prestazioni dei veicoli a energia zinco-aria sono state dimostrate effettuando - senza ricariche intermedie - missioni impossibili per ogni altro veicolo elettrico. In particolare, un furgone Mercedes MB410 alimentato da una batteria Edison zinco-aria da 150 kWh nell'ottobre 1996 ha superato le Alpi (244 chilometri da Chambèry a Torino attraverso il passo del Moncenisio, quota massima 2080 metri) e ha coperto il tratto Londra-Parigi (439 chilometri, escluso il tunnel) nel novembre '97. I veicoli elettrici sono più efficienti dei veicoli a combustione interna. Il rendimento energetico complessivo, ossia calcolato a partire dal petrolio fino alle ruote, per un veicolo di media taglia a combustione interna è di circa il 13 per cento; in un veicolo simile spinto a zinco-aria il rendimento raggiunge il 16 per cento. I benefici ambientali derivanti dall'uso dei veicoli elettrici propulsi da batterie zinco-aria si possono esprimere come riduzione delle emissioni oppure come quantità di benzina che si evita di bruciare in ambito cittadino. Secondo la Edison, per una flotta di 100 veicoli che percorrano circa 15.000 chilometri all'anno ciascuno, i benefici sono: emissioni evitate (kg/anno): Idrocarburi incombusti 390; ossidi di azoto 118; ossidi di zolfo 258; ossido di carbonio 3.215; particolato 39; anidride carbonica 17.021; benzina non bruciata (litri/anno): 200.000. Questi valori dicono chiaramente come i veicoli elettrici possano contribuire alla salvaguardia dell'ambiente e alla sua urgente ripulitura grazie a: 1) minori emissioni inquinanti in atmosfera; 2) nessuna immissione di inquinanti nei centri cittadini, dove la situazione ambientale più critica costringe spesso le autorità al blocco della circolazione. Inoltre il controllo delle emissioni è sicuro sulle centrali elettriche ma difficilmente garantibile sui veicoli. Gian Carlo Bo


Il futuro di una vecchia idea Convegni, mostre, libri, videocassette
AUTORE: BASSI PIA
ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
PERSONE: VOLTA ALESSANDRO
NOMI: VOLTA ALESSANDRO
LUOGHI: ITALIA

LA città di Como e il mondo scientifico celebrano Alessandro Volta nel bicentenario dell'invenzione della pila. Innumerevoli sono le manifestazioni pubbliche, i convegni, le conferenze, i video e i volumi in progetto per l'occasione. La Camera di Commercio di Como ha pubblicato la lettera che il 20 marzo del 1800 Volta spedì a Sir Joseph Banks nella quale comunica alla Royal Society ««alcuni stupendi risultati»» sull'elettricità eccitata dal semplice contatto di sostanze conduttive di diversa natura. La lettera è tradotta in italiano dal francese (lingua allora usata per la corrispondenza scientifica internazionale) ed è preceduta da un saggio divulgativo di Gianni Bonera dell'Università di Pavia. Molto utile per capire le opere e lo spirito dell'epoca è il volume ««Entra in scena la luce»», 144 pagine illustrate, realizzato dal fotografo ed editore comasco Enzo Pifferi. A completamento dell'edizione nazionale delle ««Opere»» di Volta, pubblicata a cura dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere di Milano (7 volumi di ««Opere»», 5 volumi di ««Epistolario» », 2 volumi di indici) verranno pubblicati due nuovi volumi e si procederà alla digitalizzazione dei manoscritti più significativi. E' stata realizzata anche una serie di videocassette, ««La scintilla di Volta»», suddivisa in dieci puntate progettate dal Policlinico di Milano e realizzate da Antenna 3: vengono inviate in omaggio a scuole, università, mediateche, biblioteche e centri culturali facendone richiesta alla Regione Lombardia - Cultura (fax 02/6765.2698). Dei molti convegni scientifici organizzati (una ventina), segnaliamo i più rilevanti. A Mendrisio, Svizzera, dal 7 al 9 maggio ««Veicoli elettrici oggi e domani»». A Pavia tre convegni: dal 10 al 12 maggio ««Simposio internazionale sui sistemi elettromagnetici non lineari»», dal 3 al 5 giugno ««Volta e le università europee»» e dal 23 al 25 settembre ««Simposio Internazionale sui campi elettromagnetici»» in contemporanea con il Convegno nazionale della società di Fisica. A Milano la settimana scorsa si è tenuto il convegno ««Alessandro Volta due secoli dopo» ». A Como Villa Olmo dal 20 al 23 giugno ««La fisica dei sistemi complessi»» e dall'11 al 15 settembre ««Volta e la storia dell'elettricità»» infine a Cernobbio (Como) dal 28 maggio al 2 giugno 2000 il ««Decimo congresso internazionale sulle batterie al litio»». Ad una recente commemorazione comasca è intervenuto, in videoconferenza dall'Università di Pavia, il premio Nobel Carlo Rubbia, che ha esaltato la genialità dell'invenzione voltiana e ha prospettato per il secolo prossimo una seconda giovinezza della pila grazie a un nuovo ruolo come primaria fonte di energia elettrica. La pila del futuro, abbandonato rame e zinco e analoghe tipologie ancor oggi in uso a basso rendimento e molto inquinanti, sarà del tipo a combustibile a base di idrogeno e ossigeno, con vapor d'acqua come sottoprodotto non inquinante. Secondo Rubbia, la pila combustibile darà vita alla terza rivoluzione industriale, caratterizzata dai mezzi di trasporto elettrici che funzioneranno con energia economica e a basso impatto ambientale (vedi l'articolo qui a fianco). La ricerca risolverà il problema del rifornimento energetico, che per forza di cose non potrà più dipendere dai fossili (carbone, petrolio, gas) e dal nucleare perché entro cent'anni saranno esauriti. Sarà quindi l'energia elettrica a muovere le macchine; del resto negli Usa già il 40 per cento del fabbisogno energetico viene fornito dall'elettricità. E bisogna ricordare che non possiamo aspettarci grandi cose dallo sfruttamento dell'energia solare e di quella eolica, perché entrambe richiedono impianti talmente estesi da essere ambientalmente improponibili. A distanza di due secoli, Volta, è ancora nel nostro futuro. Pia Bassi


SCIENZE FISICHE STEGANOGRAFIA Il più segreto dei codici segreti C'è ma non si vede. Ideato nel 1499 , ora è stato decifrato
Autore: CERRUTI UMBERTO

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI
NOMI: ERNST THOMAS, JOHANNES TRITHEMIUS
LUOGHI: ITALIA

ACCORGIMENTI per complicare la scrittura, fino a renderla indecifrabile ai più, furono adottati già in epoca remota per i motivi più vari: la protezione di un nome divino o magico, l'occultamento di un'informazione riservata o semplicemente il piacere del gioco. Nelle tombe egizie sono numerosi i casi di scrittura cifrata: il timore di poteri magiche della scrittura ha indotto a scrivere una parola ritenuta pericolosa con geroglifici volutamente mutilati, allo scopo di renderla innocua. Nell'antichità greca la crittografia viene invece usata prevalentemente per il fine pratico di nascondere informazioni di interesse militare. A Polibio, politico militare e storico del II secolo a.C., si attribuisce l'invenzione di un sistema crittografico di una certa complessità. Tutti i cifrari anteriori all'avvento dei calcolatori dovevano confrontarsi con la difficoltà di gestire la massa di dati e le elaborazioni necessarie in tempi ragionevoli. Viene quindi spontaneo pensare che per noi, giunti a un passo dal terzo millennio, sia cosa semplice rompere un codice crittografico antico, vista la potenza di calcolo di cui disponiamo. Bene, come vedremo, non è così, almeno non con certi sistemi. Il primo testo stampato di crittografia fu scritto da Johannes Trithemius (1462-1516) con il titolo ««Polygraphiae libri sex»» e uscì postumo nel 1518. In esso vi era sostanzialmente l'idea dei codici polialfabetici descritti da Blaise de Vigenère (1523-1596) nel suo ««Traité des Chiffres»» del 1586, utilizzati poi nella famosa macchina Enigma, con la quale i tedeschi codificavano i messaggi segreti durante la seconda guerra mondiale. Mittente e destinatario devono condividere una parola chiave: supponiamo che sia ««aldo»». Questa parola viene ripetuta quanto basta per colmare la lunghezza del testo da mettere in cifra e ogni lettera viene corrispondentemente sostituita. Se il testo è ««guerriglia»», poiché le posizioni nell'alfabeto italiano delle lettere a, l, d, o sono rispettivamente 1, 10, 4, 13, le lettere di ««guerriglia»» saranno spostate (ciclicamente) di 1, 10, 4, 13, 1,.. posti; dunque g diventa h, u diventa h,..., e alla fine guerriglia si trasforma in hhihsumblm. Trithemius, nome italianizzato dell'umanista e teologo tedesco Johannes von Heidenberg, detto Tritheim, fu un personaggio molto interessante. Monaco benedettino, abate a Sponheim, vi fondò una famosa biblioteca passata in seguito a quella vaticana. Le sue opere principali trattano tutte di teologia e di storia e forniscono insegnamenti religiosi; ma egli si occupo' anche di alchimia, di medicina e di parecchie altre cose. Nel 1499-1500, scrisse il libro ««Steganographia»» (scrittura nascosta), che circolò a lungo in forma manoscritta. Stampato nel 1606, venne poco dopo iscritto nell'Index Librorum Prohibitorum in quanto ««pericoloso e colmo di superstizioni»». La controversia fu in gran parte dovuta alle differenti interpretazioni sulla natura e sui fini dell'opera: se dovesse considerarsi un'esposizione di tecniche crittografiche presentate in un ambito magico con il coinvolgimento degli spiriti angelici, oppure un trattato di magia camuffato come crittografia. Apparentemente il libro espone come impiegare gli angeli per inviare a distanza messaggi segreti. Mentre i primi due volumi contengono dozzine di esempi di codici crittografici abbastanza semplici, dei quali l'autore fornisce una spiegazione, il terzo è costituito da lunghe tavole di numeri, precedute da simboli zodiacali e planetari che fanno pensare a dati astrologici. Per secoli gli studiosi hanno discusso sulla possibilità che in questo volume non vi fosse alcun codice cifrato, ma venissero invece rappresentate operazioni alchemiche di interesse per gli occultisti. Eppure la prefazione del libro annuncia in modo provocatorio - anche se oscuro - la presenza di un messaggio nascosto. Il dilemma è stato risolto nel marzo del 1998 da Jim Reeds della AT&T Labs. In realtà, Thomas Ernst, un professore di tedesco, aveva risolto il problema, o almeno parte di esso, alcuni anni prima, quando era ancora studente. Ernst descrisse la sua soluzione in un articolo apparso in tedesco sulla rivista olandese ««Daphnis»» nel 1996, ma evidentemente non riscosse la dovuta attenzione. Con ingegno e perseveranza, Ernst e Reeds sono riusciti a scoprire la chiave nascosta e a rivelare il messaggio. Si tratta invero di un testo abbastanza confuso, come se alcune parti si fossero perdute; quello che rimane è formato da frasi comuni in latino e tedesco della quali, per esempio, una suona più o meno così: ««il latore di questa lettera è un brutto furfante e un ladro»». Ciò che è interessante è che il testo in questione è nascosto in un documento che ha un contenuto di informazione del tutto diverso. Peraltro il contenuto astrologico è stato preso sul serio da molti, tanto che alcuni siti su Internet dedicati al soprannaturale contengono interpretazioni occultistiche del terzo libro della Steganographia. La steganografia è oggi scienza sorella della crittografia; il suo scopo è quello di nascondere un messaggio segreto dentro un messaggio palese, in modo tale che passi del tutto inosservato. Questa possibilità è molto importante, ad esempio, per la protezione del copyright. Se catturate dalla rete, senza autorizzazione, una foto che vi piace e la pubblicate, state attenti: abilmente occultato in essa può esservi il nome, o il logo, dell'autore. Per ottenere questo risultato si cambia il colore di una piccola percentuale di pixel, in modo tale che l'immagine ritoccata risulta indistinguibile dall'originale per l'occhio umano; trattando però l'immagine ritoccata con un apposito programma, ecco che da essa scaturiscono, come per miracolo, il testo o la figura nascosti. Si può ottenere questo risultato con qualsiasi trasmissione digitale di dati. Pettegoli dicono che negli anni '80, Margaret Thatcher, preoccupata per la fuga di notizie riservate, lasciate filtrare alla stampa da parte di suoi non troppo fedeli collaboratori, fece programmare i loro word processor in modo che il nome dello scrivente fosse codificato nella spaziatura delle parole. Stando alle quotidiane polemiche sulla fuga di notizie nel nostro bel paese, l'idea potrebbe essere presa in considerazione, anche se le ««informazioni ottenute da fonte autorevole ma coperta da segreto professionale»» sembra siano generalmente sussurrate all'orecchio. Umberto Cerruti Università di Torino


SCIENZE FISICHE MACCHINE Quell'androide progettato da Edison
Autore: MARCHIS VITTORIO

ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
PERSONE: EDISON THOMAS ALVA
NOMI: EDISON THOMAS ALVA
LUOGHI: ITALIA

SULLE tavole ingombre si profilavano le sagome di strumenti di precisione, congegni di meccanismi misteriosi, apparecchi elettrici, telescopi, riflettori, enormi calamite, storte a tubi sottili, bottiglie piene di sostanze indefinibili, lavagne coperte di equazioni»». ««Fuori, oltre l'orizzonte, il tramonto forava con gli ultimi bagliori le lontane cortine di foglie sulle colline del New Jersey \ . Allora da tutte le parti angoli metallici, sfaccettature di cristalli, rotondità di pile sprizzavano sangue \ . Quella sera l'ingegnere aveva dato congedo ai suoi cinque aiutanti, i suoi capi officina, operai devoti colti e abili, principescamente retribuiti, di cui conosce per prova il silenzio»». ««Ci troviamo a venticinque chilometri da New York, al centro di una rete di fili elettrici, dove spunta una casa circondata da profondi giardini solitari \ . E' il numero uno della città di Menlo Park. Vi abita Thomas Alva Edison»». Così incomincia l'««Eva futura»» di Villiers de l'Isle-Adam. Per verificare dove la realtà sconfina nell'invenzione si può sfogliare la biografia del grande inventore americano scritta da Ronald W. Clark, solo una tra le molte esistenti. Nel 1879 Thomas Alva Edison inventa la lampadina, che sarà fotografata la prima volta nel 1883, certificando così la sua definitiva comparsa pubblica, ma di essa qui non si vuole parlare. Mentre a Chicago il suo grande antagonista Nikola Tesla combatte con grande risolutezza per affermare la supremazia della corrente alternata sulla corrente continua, Thomas Alva progetta un automa. ««L'Androide si suddivide in quattro parti: la prima è il Sistema vivente interno e comprende l'equilibrio, il movimento, la voce, il gesto, i sensi, le espressioni future del viso, il movimento regolatore interno, o per meglio dire ''l'animà'. La seconda è il Mediatore plastico, cioè l'involucro metallico isolato dall'epidermide e dalla carne \ . La terza è la Carnagione sovrapporta al mediatore e penetrata dal fluido mediatore \ . La quarta è l'Epidermide \ . Edison aveva buttato là tutto questo con l'espressione monotona di chi espone un teorema di geometria del quale la tesi è virtualmente contenuta nell'enunciato stesso»». E' solo una finzione del geniale romanziere bretone oppure è nascosta una qualche verità? Quando il libro apparve per la prima volta a Parigi nel 1886 l'inventore americano era ancora vivo. Vittorio Marchis Politecnico di Torino


SCIENZE FISICHE ASTRONOMIA Quanto pesa il vuoto? L'enigma della materia oscura
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA
NOMI: KRAUSS LAWRENCE, RUBBIA CARLO
LUOGHI: ITALIA, ITALIA, TO, TORINO

CON l'ultima frase della sua conferenza Carlo Rubbia riserva al pubblico un effetto speciale: ««E' come se per ogni persona che vediamo ce ne fossero intorno altre 99 invisibili e silenziose, delle quali non sappiamo nulla»». La ««persona che vediamo»» è l'universo così come gli scienziati l'hanno studiato fino ad oggi: stelle, nebulose, pianeti e organismi viventi uomo incluso. Tutto, insomma. Le altre ««99 persone invisibili e silenziose»» sono il resto dell'universo, la parte nascosta dell'iceberg: un cosmo intrinsecamente elusivo, fino a pochi anni fa insospettato, di cui si incomincia a intuire l'esistenza. Nella prolusione tenuta nella ««Sala della Guerra»» al Castello del Valentino in occasione della nascita della Scuola di Dottorato del Politecnico di Torino, Rubbia non ha voluto parlare nè delle particelle W e Z - i bosoni dell'interazione elettrodebole che nel 1984 gli hanno procurato il Nobel - nè degli studi che attualmente sta sviluppando: un reattore che produce energia pulita e divora le scorie nucleari e un motore a energia atomica per rendere più veloci le navicelle spaziali. Ha scelto, invece, un tema al confine tra la fisica delle particelle elementari e l'astrofisica: quella ««materia oscura»» che impregna l'universo e tuttavia sfugge alle nostre osservazioni. Di questa materia oscura abbiamo solo indizi. Indiretti, ma schiaccianti. I primi li scoprì l'astrofisico Zwicky negli Anni 30, e lì per lì furono molto sottovalutati: le galassie sono aggregate in ammassi e in superammassi, ma la materia visibile di cui sono formate è di gran lunga insufficiente a fornire la ««colla gravitazionale»» per mantenere stabilmente nel tempo queste aggregazioni. Più di recente si è visto che anche la rotazione delle galassie avviene come se sentissero la misteriosa presenza di materia invisibile distribuita dentro e attorno ad esse. Si era pensato ad aloni di neutrini, ma l'esperimento compiuto un anno fa dai giapponesi nel laboratorio di Kamioka ha trovato una massa del neutrino infinitesima, qualche millesimo di elettronvolt (tuttavia i neutrini sono così numerosi che anche così la loro massa complessiva nell'universo sarebbe pari a quella delle stelle). Fisici più fantasiosi, come Lawrence M. Krauss, uno dei maggiori studiosi del problema materia oscura, tifano per gli assioni, particelle inedite e del tutto ipotetiche, leggerissime ma così numerose e diffuse da impregnare di sè l'intero universo come una nebbia sottile, una nuova versione della ««quinta essenza»» degli antichi filosofi greci o dell'etere di ottocentesca memoria. ««Grazie alla teoria del Big Bang possiamo calcolare quanta materia l'universo contiene»», spiega Rubbia. ««Bene, se poi stimiamo quanta materia c'è in tutte le stelle di tutte le galassie, ci accorgiamo che si arriva appena allo 0,05 per cento del totale. Mettendo nel conto anche tutta la rimanente materia nota, nebulose, buchi neri, neutrini, possiamo raggiungere il 4-5 per cento. E il resto? Ecco un bel compito per la fisica dei prossimi anni»». Una risposta all'interrogativo sollevato da Rubbia viene dalle più recenti osservazioni astronomiche e dalle più avanzate teorie fisiche. Il 95 per cento dell'universo che manca all'appello sarebbe costituito in parte da particelle simmetriche a quelle già scoperte (inquadrate nel Modello Standard) e, soprattutto, dall'energia connessa allo spazio vuoto e alle sue particelle virtuali. Una energia che, per la nota formula di Einstein energia = massa per velocità della luce al quadrato, ha anch'essa un ««peso»». Il vuoto, per i fisici, è molto diverso da quello che immaginiamo. ««Pensate ad una valigia - semplifica Rubbia -. Dopo averla svuotata, non pesa zero, rimane il peso della valigia stessa. Così è per il vuoto. Einstein l'aveva capito, ma si è fermato di fronte all'apparente assurdità delle sue equazioni. Oggi siamo riusciti, per così dire, a pesare il vuoto, e abbiamo visto che equivale a una massa 20 volte maggiore di quella di tutta la materia nota»». Problema risolto? ««Niente affatto. Ma ora sappiamo che in duemila anni di ricerche abbiamo appena scalfito i segreti del cosmo. Copernico ha tolto la Terra dal centro dell'universo, altri poi hanno spodestato anche il Sole e la nostra galassia. Ora ci accorgiamo che persino la materia di cui abbiamo esperienza è solo un ingrediente di minoranza. Questa una rivoluzione concettuale ci rende ancora più marginali. La vera sfida è scoprire di che cosa è fatto l'altro 95 per cento del cosmo»». Negli ultimi mesi è venuto alla luce un dato rivoluzionario per la cosmologia: l'universo non solo si espande, ma accelera il proprio moto di espansione. Lo si è stabilito misurando meglio la velocità di allontanamento delle galassie usando come ««candele standard»» supernove dalla luminosità ben nota perché dipende dalla massa critica che porta queste stelle ad esplodere. Rimane l'interrogativo estremo: l'espansione durerà per sempre o a un certo punto si invertirà? Nel primo caso l'universo è infinito nello spazio e nel tempo. Nel secondo finirà con un grande collasso. In quest'ultimo scenario, l'universo avrebbe in sè abbastanza materia da poter essere considerato, in sostanza, come un immane buco nero. Piero Bianucci


SCIENZE DELLA VITA DONNOLE E FAINE A caccia di colombi Un possibile deterrente naturale
Autore: RONDININI CARLO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: MAINARDI DANILO
LUOGHI: ITALIA

L 'incremento delle popolazioni di piccioni nelle città e cittadine italiane è un problema ecologico noto, dai risvolti igienici e sanitari talora allarmanti, come il rischio di trasmissione di salmonellosi e toxoplasmosi, ad esempio; o più semplicemente seccanti, come gli occasionali scivoloni nelle giornate di pioggia per le vie frequentate da colombi, o le difficoltà digestive del nostro cane imbattutosi nei resti - magari neppure recenti - di uno di questi uccelli. Le fortune demografiche dei piccioni dipendono almeno in parte dalla loro adattabilità e capacità di convivenza con l'uomo, caratteristiche che li accomunano ad altri nostri abituali ««commensali»» urbani (storni, gabbiani, ratti) sotto la definizione di specie sinantropiche. I tentativi finora attuati per limitarne il numero o allontanarli, come i mangimi anticoncezionali o i richiami dei predatori registrati e diffusi via altoparlante, si sono scontrati ora con la militante resistenza ideologica degli zoofili - anche basata su argomentazioni etiche meritevoli di considerazione - ora con quella passiva, ma almeno altrettanto efficace, dei piccioni stessi. Quasi tutte le specie, e i colombi non fanno eccezione, hanno però i loro nemici naturali, generalmente predatori con cui si sono coevolute per millenni divenendo capaci di riconoscerli e rifuggirli istintivamente, al primo approccio, per 'predisposizione geneticà. Ciò è probabilmente accaduto, nel corso del tempo, ai colombi nei confronti dei Mustelidi (un bell'esempio di 'nuovì rapporti di predazione tra animali di città, quello dei gabbiani veneziani che hanno 'scopertò i piccioni come alimento disponibile e abbondante, è stato invece recentemente descritto da Danilo Mainardi). I Mustelidi costituiscono una famiglia di piccoli Carnivori di regola incapaci di vita di gruppo, dunque non in grado di raggiungere densità di popolazione elevate, specialmente in città. Non tutti godono di buona fama: la microscopica donnola, il più piccolo carnivoro (una ventina di centimetri coda compresa, Mustela nivalis per la tassonomia ufficiale), è ladra di polli per antonomasia; e la faina (Martes foina), grande poco meno d'un gatto, dalla dieta tanto flessibile da non disdegnare, contrariamente alla donnola, anche ciliegie o fichi caduti dagli alberi, è in molte piccole cittadine un comune occupante dei tetti, dove - ahilei - si segnala per il suo accanimento nel rivoltare e spostare di continuo i coppi. La frenetica attività della faina, di primo acchito sgradita agli umani abitanti della casa, ha in ogni caso uno scopo ben preciso dal quale anche l'uomo può ricavare un indiretto tornaconto: la cattura dei colombi e delle loro uova. E' forse troppo sperare che poche faine siano in grado di ingurgitare piccioni fino a ridurne sensibilmente il numero, tuttavia la semplice presenza del predatore può essere strumento di dissuasione sufficiente a mettere i pennuti in allarme, e dissuaderli dal frequentare i tetti già occupati dall'ospite carnivoro. Quale piccione infatti si poserebbe, spingendosi addirittura a costruire il nido, su un tetto abitato o regolarmente frequentato e marcato dal suo potenziale carnefice? Effettivamente, in apparenza, la 'protezionè fornita dai Mustelidi può funzionare. Abitanti del comune abruzzese di Rosciolo sostengono che la presenza delle faine ha notevolmente limitato il numero dei colombi cittadini, e simili effetti sono riportati da contadini dell'Italia Centrale la cui masseria è frequentata da una donnola, una faina o una puzzola (quest'ultima, Mustela putorius, è piuttosto diffusa nelle nostre campagne e tuttavia misconosciuta: è confusa nell'immaginario con quella americana resa famosa da Walt Disney, e nella realtà con la faina, tanto che pur essendo di colori, ma evidentemente non odori, molto diversi sono identificate - sempre in Abruzzo - con lo stesso nome dialettale di 'gattapuzzà). A chi può capitare, magari suo malgrado, di fruire dei servigi di questi guardiani, potenzialmente efficienti almeno finché la loro attenzione non è sviata da un pollaio con la rete bucata? Donnola e faina, i Mustelidi più 'urbanì, sono distribuiti quasi ubiquitariamente sul nostro territorio, ad esclusione, per la seconda, di Sicilia e Sardegna, dove è comunque presente la martora (Martes martes) ad essa affine. Entrambe le specie si adattano facilmente a vivere in una gran varietà di ambienti, dalle campagne fino alle aree densamente urbanizzate - periferia di Roma compresa - purché dotate di spazi verdi o incolti. Una donnola necessita di un anfratto davvero minuscolo come rifugio per il giorno, e una faina, abile arrampicatrice, può abitare tanto in un roveto o in un fienile che in un campanile o nelle mura medievali di una città (è accaduto anche che una faina sia vissuta per un inverno intero nella legnaia, annessa al pollaio, di un ignaro contadino, e si sia recata diligentemente ogni notte nell'adiacente fosso per nutrirsi di topolini, disdegnando in apparenza le galline: il comportamento degli animali riserva spesso sorprese). Per quanto siano diffusi, non molti possono vantare esperienze dirette di avvistamenti di Mustelidi: sono infatti cacciatori elusivi, prevalentemente notturni, assai difficili da scorgere. Occasionalmente però le donnole fanno capolino anche di giorno, mentre le faine (ma anche le puzzole e i più grandi tassi, Meles meles) si possono incontrare nottetempo ai margini delle strade meno trafficate ai confini delle città, immobili di fronte ai fari abbaglianti delle nostre auto. Ed è tutt'altro che raro rinvenirne almeno le tracce, o ancor più facilmente gli escrementi, nei pressi delle case, casali e ruderi nei quali trascorrono le loro oziose giornate nell'attesa del tramonto. Anche per i Mustelidi che abitano le nostre città, com'è già accaduto per altri predatori capaci di stimolare maggiormente la nostra immaginazione quali lupi e aquile, arriverà forse una parziale riabilitazione, quando qualche assessore, consigliere comunale o comitato cittadino particolarmente attento ne valorizzerà la presenza e il ruolo ecologico - non sempre nè necessariamente infausto. Dopotutto il furetto, forma domestica delle puzzola, teneva alla larga i topi dalle abitazioni dei nostri avi ben prima della diffusione del gatto, e fino a qualche decennio fa - lo sa chi vive nell'Italia del Sud - era comune strumento per la caccia e il controllo delle popolazioni di conigli. Carlo Rondinini Università di Southampton, UK


SCIENZE DELLA VITA ACQUAPENDENTE Nella riserva un Museo del Fiore
Autore: KRACHMALNICOFF PATRIZIA

ARGOMENTI: BOTANICA
LUOGHI: ITALIA

NELLA riserva naturale di Monte Rufeno, tremila ettari nel Comune di Acquapendente (Viterbo), c'è il Museo del Fiore, per valorizzare la flora della riserva. Nell'ultimo mezzo secolo, i 27 casali agricoli all'interno del comprensorio sono stati abbandonati favorendone l'acquisizione nel sistema museale del lago di Bolsena. Gli studi hanno rilevato finora oltre mille piante diverse tra specie e sottospecie. Una spinta ulteriore verso la cultura del fiore viene da una tradizione di Acquapendente: la festa principale del paese è quella dei ««pugnaloni»», pungoli da bestiame usati dai villici locali per insorgere contro la crudeltà di un governatore fiduciario di Federico Barbarossa. I pugnaloni vengono ora rappresentati da grandi mosaici composti da petali e foglie, esibiti in concorso la terza domenica di maggio di ogni anno, data che ricorda la rivolta del 1166 e segnata dall'apparizione della cosiddetta Madonna del Fiore. Ed ora il Museo. Uno dei casali abbandonati della riserva, noto come casale ««giardino»», è stato ristrutturato, senza alterarne le forme antiche. Su tre piani è stato creato un itinerario logico del fiore, illustrato e servito da tecnologie avanzate: pannelli e modelli interattivi, banca dati multimediale, filmati, modelli tridimensionali. La collezione è rappresentata da 300 campioni della flora locale, esposti in un erbario didattico, raggruppate in otto diversi locali, ognuno distinguibile per il colore diverso. Il percorso ha in sè le indicazioni sulla vita e l'evoluzione dei fiori, le vie di impollinazione e riproduzione, i rapporti tra mondo del fiore, mondo animale e mondo dell'uomo. L'ultimo piano ha una ludoteca dove anche i bambini molto piccoli possono apprendere nuove nozioni giocando. Il museo è aperto tutti i giorni festivi e prefestivi; visite concordate nei giorni feriali mediante accordi (tel. 0763/73.36.42). La riserva, è alla confluenza quasi esatta di tre regioni: Lazio, Toscana, Umbria e sfiorano la via Cassia. Il casello di Orvieto dell'Autosole è a circa 40 chilometri. L'ingresso è a circa due chilometri dal bel borgo medioevale di Torre Alfina. Patrizia Krachmalnicoff


SCIENZE DELLA VITA DIAGNOSTICA Una ««scatola nera»» che vede la sincope
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

IL meccanismo della sincope rimane ancora oggi un problema di difficile soluzione. Ne parlava Ippocrate già nel 400 a.C. E' stato calcolato che, nell'arco della vita, il 20-40% della popolazione generale può subire un disturbo del genere (rappresenta il 3% delle visite presso gli ambulatori di pronto soccorso). Il sesso femminile è più colpito di quello maschile. Nei giovani, con meno di 20 anni, e negli anziani è più frequente. La perdita di coscienza e il conseguente svenimento determina quasi sempre contusioni, fratture agli arti, trauma cranici, ricoveri ospedalieri. La sincope incide anche sulla vita sociale dell'individuo: se la causa non viene identificata, alcuni diventano ansiosi o depressi: il 64% limita la guida dell'auto, il 39% cambia lavoro. Esistono vari tipi di sincopi: alcune dipendono da una diminuzione o dall'interruzione acuta o transitoria della perfusione cerebrale (sincope cardiovascolare, da stenosi dell'aorta, infarto del miocardio, accelerazioni o rallentamenti del battito cardiaco). Le più frequenti (e meno pericolose) sono provocate da una abnorme risposta cardiocircolatoria a stimoli che provengono dal sistema nervoso (sincope vasovagale: appartengono a questo gruppo i soggetti che svengono alla vista del sangue, quando vanno dal dentista, quando sono colpiti da un'emozione). Nonostante l'uso di elettrocardiogrammi, monitor ambulatoriali (Holter), test al piano inclinato e test elettrofisiologici, rimane immutata l'alta percentuale (23%) di sincopi non spiegate, che predispone i pazienti a morbilità e a costosi esami sovente fastidiosi e invasivi. In campo diagnostico oggi esiste una novità importante: il ««loop recorder»» (definito Reveal ILR), un apparecchio che permette di registrare (e cancellare) il ritmo cardiaco in continuazione (funziona come la ««scatola nera»» degli aerei) consentendo al medico di vedere ciò che in passato rimaneva inosservato: un tracciato registrato durante sintomi spontanei. L'apparecchio ha delle dimensioni estremamente ridotte (è lungo 6,3 centimetri, largo 1,9, spesso 0,6) e può essere impiantato in ambulatorio sotto la cute del torace, non dà disturbi, consente al paziente di svolgere le normali attività per la durata di 15-18 mesi: è programmato per memorizzare fino a 42 minuti di elettrocardiogramma. Quando il paziente avverte dei sintomi, o rinviene da una sincope, può memorizzare la registrazione dei precedenti e successivi minuti di elettrocardiogramma, consentendo al medico di formulare una diagnosi e dettare i provvedimenti da prendere. In futuro si prevedono benefici in termini di risparmio di tempo, consumo di risorse, riduzione della mortalità. Renzo Pellati


SCIENZE DELLA VITA BENEFICI EFFETTI SULLE CORONARIE Un bicchiere al giorno toglie il medico di torno Comprovato che l'alcol in piccole dosi fa bene alla salute e allunga la vita
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: LANCET, NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE
LUOGHI: ITALIA

TUTTI sanno che l'alcol è considerato in medicina un tossico, causa di numerose malattie e di mortalità quando sia assunto in dosi elevate, ma concedibile in dosi moderate, salvo casi particolari, in quanto innocuo. Ma dati recenti fanno pensare che un modesto consumo possa essere addirittura un fattore terapeutico. Da un articolo pubblicato nell'americano New England Journal of Medicine apprendiamo quanto ha dimostrato uno studio su 490 mila uomini e donne in età da 30 a 104 anni. Il gruppo che consumava quotidianamente 1-3 bicchieri se uomo, 1-2 se donna, d'una bevanda alcolica (««bicchiere»» è una unità utilizzata dagli alcologi, corrispondente a circa 10 grammi di alcol), ha presentato un tasso di mortalità più bassa rispetto al gruppo degli astemi. Per 4 bicchieri nell'uomo e 3 nella donna i benefici ed i rischi si equivalgono. In sostanza un consumo moderato e costante di alcol sarebbe associato ad un effetto protettivo sulla mortalità dell'adulto in quanto ridurrebbe significativamente, sia pure di poco, il rischio d'un decesso prematuro. C'è di più: in un articolo del British Medical J. è indicata una correlazione fra consumo di vino e mortalità cardiovascolare dopo 13 anni di osservazione in medici inglesi: minore mortalità coronarica nei consumatori fino a 6 bicchieri al giorno. Nell'American J. Epidemiology si legge che il rischio dell'infarto risulta minore in coloro che hanno consumato recentemente alcol. Secondo un'inchiesta in Francia il consumo di vino in ragione di meno del 5 per cento delle razione energetica porterebbe ad una diminuzione di 56 morti d'origine coronarica all'anno per 100 mila uomini in età da 55 a 64 anni. Una equivalente quantità di alcol ingerita in maniera irregolare, per esempio consumo di fine settimana, avrebbe effetti meno favorevoli di quella ingerita regolarmente. Nel britannico Lancet è riferito uno studio riguardante 90 mila medici statunitensi fra 40 e 64 anni, osservati per cinque anni durante i quali si ebbero 920 decessi. Orbene, posto il valore 1 come rischio di morte per qualsiasi causa negli astemi, il rischio è risultato 0,79 nei bevitori abituali d'un bicchiere al giorno. Da notare che non si parla soltanto di vino ma anche di altre bevande alcoliche quali la birra e perfino i liquori: si tratterebbe d'un effetto ««etanolo»» (termine internazionale per designare l'alcol etilico) e non si dovrebbe più affermare senza discussione la superiorità del vino a questo proposito, come si legge in un articolo dell'American J. of Cardiology. Conclusione di coloro che hanno compiuto l'indagine: mentre l'intossicazione alcolica cronica è un indiscutibile fattore patogeno cardiovascolare, piccole dosi di alcolici, da 1 a 4 bicchieri, giovano alle coronarie, anche se già danneggiate. Ancora in New England J. of Med., i risultati di un'inchiesta su 87 mila infermiere: le consumatrici moderate di alcol presentarono un minor rischio di diminuzione dell'afflusso di sangue (ischemia) al muscolo cardiaco. La correlazione benefica fra alcol e mortalità cardiovascolare naturalmente non manca di punti interrogativi dato che le differenze fra astemi e bevitori per quanto riguarda il genere di vita non si limitano, è ovvio, al consumo di alcol. Vediamo comunque i meccanismi biologici che spiegherebbero gli effetti protettivi dell'alcol sulle coronarie. L'alcol riduce il colesterolo contenuto nelle lipoproteine Ldl (Low Density Lipoprotein), che si deposita sulle pareti delle arterie, e fa aumentare il colesterolo contenuto nelle lipoproteine Hdl (High Density Lipoprotein) assicuranti la via di ritorno del colesterolo. Oltre a questi effetti benefici sul profilo lipidico l'alcol riduce la coagulabilità del sangue agendo sull'aggregazione delle piastrine (elementi del sangue), sul fibriogeno, sull'antitrombina III. Tutto ciò contribuisce a spiegare l'effetto favorevole sulla mortalità coronarica del consumo quotidiano di 1-4 bicchieri di bevande alcoliche. Conclude però Michael Gaziano di Boston: l'interesse suscitato dall'effetto benefico del consumo moderato e costante di alcol non faccia dimenticare i pericoli. Un proselitismo troppo spinto per il primo rischierebbe di provocare una recrudescenza dei secondi. Ulrico di Aichelburg


SCIENZE A SCUOLA LA LEZIONE / NASH E L'HEX La guerra degli esagoni Il più celebre tra i giochi matematici del secolo
Autore: PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: MATEMATICA
PERSONE: NASH JOHN
NOMI: HEIN PIET, NASH JOHN
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. LESCACCHIERE DELL'HEX

NEL 1942, Piet Hein, poeta e matematico danese, presentò agli studenti dell'Istituto di Fisica Teorica Niels Bohr di Copenaghen un nuovo gioco, battezzato Poligon. Hein, famoso per i suoi epigrammi antinazisti e per alcuni giochi matematici, il più popolare dei quali è il Cubo Soma, (««TuttoScienze»» del 12 agosto 1998) raccontò agli studenti che l'idea gli era venuta studiando il problema dei quattro colori, il famoso teorema di topologia, risolto soltanto nel 1977, secondo il quale sono sufficienti quattro colori per disegnare una carta geografica in modo che i paesi confinanti abbiano sempre colori diversi. Il gioco ebbe un immediato successo fra gli studenti; dobbiamo però precisare che l'Hex ha un secondo padre spirituale. Indipendentemente da Piet Hein, il premio Nobel John Nash riscoprì infatti il gioco, nel 1949, quand'era studente all'Università di Princeton. Nash ha il merito di avere sviluppato l'analisi della strategia del gioco (illustrata in questa stessa pagina da Piergiorgio Odifreddi), dimostrando come l'Hex, le cui regole si imparano in trenta secondi, abbia poi una strategia talmente ricca e complessa da catturare qualsiasi appassionato di giochi matematici. Gli studenti dell'Istituto di Matematica di Princeton iniziarono a giocare a Nash, come venne battezzato il nuovo gioco, sulle piastrelle esagonali dei bagni dell'Istituto. Il nome Hex verrà dato soltanto nel 1952, a una delle prime versioni commerciali del gioco. ««L'Hex - scrive Martin Gardner nella sua ampia presentazione del gioco riportata nel primo volume degli Enigmi e giochi matematici - è forse il più diffuso e profondamente analizzato dei nuovi giochi matematici di questo secolo»». Può essere considerato un lontano cugino del Go e si gioca su una scacchiera romboidale a celle esagonali. Gli esagoni sono generalmente 11 per lato. Due lati opposti del rombo hanno lo stesso colore, ad esempio blu e gli altri due rosso. Uno dei giocatori ha a disposizione un certo numero di pedine blu e l'altro di pedine rosse. Vince chi riesce per primo a creare con le sue pedine una catena ininterrotta che colleghi i lati opposti dello stesso colore. Il giocatore con le pedine blu cercherà quindi di collegare i lati blu del rombo e il giocatore con le pedine rosse, i lati rossi, collocando naturalmente le pedine sugli esagoni non ancora occupati. In figura è riportato un esempio di partita all'Hex, vinta dal giocatore con le pedine rosse. La versione ««povera»» del gioco prevede una scacchiera disegnata su un foglio di carta. I due giocatori colorano poi, a turno, gli esagoni con il proprio colore. Il gioco non può finire alla pari e, come ha dimostrato Nash, esiste una strategia vincente per il primo giocatore, ma nessuno finora è riuscito a trovarla. La ricerca della strategia vincente è una sfida per tutti i matematici, fra i quali il gioco è molto popolare. Lo stesso Einstein aveva sulla sua scrivania, nello studio di Princeton, una scacchiera dell'Hex. Per fare un po' di pratica, converrà iniziare con scacchiere più piccole di quella convenzionale. Su una scacchiera 2x2, di quattro esagoni, ad esempio, vince sempre il giocatore che fa la prima mossa. Su una scacchiera 3x3, provi il lettore a verificare che il primo giocatore vince in tre mosse, se occupa l'esagono centrale. Su una scacchiera 4x4 vince ancora il primo giocatore, in cinque o sei mosse, se occupa uno degli esagoni indicati in figura. Su una scacchiera 5x5 si può ancora dimostrare che vince il primo giocatore in sei mosse, se occupa l'esagono centrale. Su scacchiere di dimensioni maggiori l'analisi del gioco diventa terribilmente complicata e finora nessuno è riuscito ad andare oltre l'analisi della scacchiera 7x7. Sulla scacchiera 11x11 il primo giocatore è avvantaggiato e la sua miglior apertura è sull'esagono centrale. Per bilanciare questo vantaggio sono state introdotte diverse varianti di gioco. Si può, ad esempio, proibire al primo giocatore di aprire sulla diagonale minore del rombo, oppure si possono concedere al secondo giocatore, dopo l'apertura del primo giocatore, due possibilità: fare una nuova mossa oppure scegliere la mossa fatta dall'avversario, cambiando la pedina con una del proprio colore, portata nella posizione simmetrica rispetto ai lati del proprio colore. Il gioco procede poi normalmente seguendo le regole già esposte. Ci sono inoltre diversi tipi di scacchiera. Quella che abbiamo presentato è la versione americana del gioco, mentre quella europea, riportata in figura, prevede un insieme di triangoli equilateri. In questo caso le pedine non vengono collocate nelle celle, ma sui vertici dei triangoli. Le due scacchiere sono topologicamente equivalenti e non cambia nulla ai fini del gioco. Sono in vendita anche scacchiere quadrate, sempre equivalenti alle scacchiere precedenti. Federico Peiretti


SCIENZE A SCUOLA Il genio dei numeri L'affascinante biografia di John Nash, premio Nobel per l'economia nel 1994 Il suo gioco definito ««un meraviglioso esempio di matematica metafisica»»
Autore: ODIFREDDI PIERGIORGIO

ARGOMENTI: MATEMATICA
PERSONE: NASH JOHN
NOMI: NASAR SYLVIA, NASH JOHN
LUOGHI: ITALIA

NEL 1994 il Premio Nobel per l'Economia fu assegnato a John Nash, un interessante personaggio del quale Rizzoli ha da poco pubblicato l'affascinante biografia ««Il genio dei numeri»», di Sylvia Nasar. Il premio fu assegnato a Nash per i suoi studi sulla teoria dei giochi: il che mostra come, per i matematici, lavoro e divertimento non siano che aspetti diversi di una stessa attività. Per esemplificare questa affermazione ci concentreremo sul gioco Hex, che Nash reinventò a 21 anni quando era studente a Princeton, nel 1949. Poiché la storia e le regole del gioco sono spiegate in questa stessa pagina, qui possiamo concentrarci sulla teoria matematica che Hex ispirò a Nash. I problemi da affrontare e risolvere per Hex sono tipici di qualunque gioco di coppia. Anzitutto, è possibile pareggiare, o invece il gioco deve necessariamente finire con la vittoria di uno dei due giocatori? Se questo è il caso, cioè se uno dei due giocatori deve per forza vincere, che ruolo ha la creatività? Ad esempio, è possibile che uno dei due giocatori possa perdere soltanto se commette errori? In altre parole, esiste una strategia che gli assicuri la vittoria? Se questo è il caso, quale dei due giocatori è quello avvantaggiato? La prima osservazione che Nash fece fu che Hex non permette di pareggiare, perché uno dei due giocatori deve vincere. Infatti, supponiamo di essere arrivati ad un punto in cui nessuno dei due giocatori può più muovere, cioè al punto in cui la scacchiera è completamente coperta di pedine rosse o blu. La prima possibilità è che ci sia un percorso di pedine rosse che collega i lati rossi della scacchiera: in questo caso il giocatore rosso ha vinto. La seconda possibilità è che ogni percorso di pedine rosse che parte dai lati rossi della scacchiera sia incompleto: in questo caso il giocatore blu ha vinto, perché deve esistere un percorso di pedine blu che, zigzagando attorno ai punti in cui i percorsi rossi vanno a morire, collega i lati blu della scacchiera. La seconda osservazione che Nash fece fu che uno dei due giocatori deve avere una strategia vincente. Infatti, supponiamo che il primo giocatore non abbia una strategia vincente. Questo significa, anzitutto, che qualunque mossa di apertura egli faccia, deve esistere una possibile mossa di risposta del secondo giocatore che non è perdente: in altre parole, il secondo giocatore deve poter rispondere in modo tale che non gli sia preclusa la vittoria. Se il secondo giocatore gioca proprio una mossa del genere, i due si ritrovano nella situazione di partenza: qualunque sia la seconda mossa del primo giocatore, deve esistere una possibile mossa di risposta del secondo giocatore che non è perdente, e così via. Questo significa che il secondo giocatore può sempre rispondere in modo da evitare di perdere: ma poiché abbiamo già dimostrato che uno dei due deve vincere, se il secondo giocatore evita sempre di perdere, alla fine vince! La terza osservazione che Nash fece fu che deve essere il primo giocatore ad avere una strategia vincente. Sappiamo infatti già che uno dei due giocatori ha una strategia vincente. Ma se fosse il secondo ad averla, il primo ce l'avrebbe anche lui, perché basterebbe che egli giocasse la prima mossa a caso, e poi seguisse la strategia vincente del secondo giocatore. Poiché, ovviamente, solo uno dei due giocatori può avere una strategia vincente, deve essere il primo ad averla. Questo significa allora che il gioco Hex è senza interessi per i giocatori? Niente affatto. Perché siamo solo riusciti a dimostrare che una strategia vincente per il primo giocatore esiste, ma non sappiamo quale sia! Questo è un meraviglioso esempio di matematica ««metafisica»», non costruttiva: si dimostra che qualcosa esiste, ma non si sa darne alcun esempio. Bisogna accontentarsi di qualcosa: meglio di niente, anche perché non sempre si può avere tutto. Piergiorgio Odifreddi Università di Torino


IN BREVE Lo Spacelab torna a casa
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: SPACELAB
LUOGHI: ITALIA

Lo Spacelab, dopo numerose missioni sullo Shuttle, torna in Europa, a Brema, come testimonianza storica del primo passo dell'Europa nel campo delle stazioni spaziali abitate. La struttura dello Specelab fu realizzata quasi vent'anni fa all'Alenia di Torino sotto la guida di Ernesto Vallerani. Esiste un secondo esemplare dello Spacelab, che verrà custodito in un museo dello spazio americano.


IN BREVE Altri pianeti la lista si allunga
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

Dopo i primi avvistamenti del 1995, la lista delle stelle che hanno probabilmente pianeti e quindi sistemi simili al nostro si allunga, tanto che le nuove scoperte quasi non fanno più notizia. L'ultimo annuncio viene dall'Università di San Francisco: tre pianeti intorno alla stella Y di Andromeda. Di scarso interesse, perché pare siano gassosi (come Giove), e quindi inadatti ad ospitare la via.


IN BREVE Sindrome Williams incontro a Roma
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Sotto l'egida di Telethon, a Roma (16-18 aprile) si è fatto il punto sulla Sindrome di Williams, malattia che colpisce un neonato su 10-20 mila. Altre informazioni: 06-6601.2509.


IN BREVE Premio Chirone a Judah Folkman
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: FOLKMAN JUDAH
LUOGHI: ITALIA

Il ricercatore americano Judah Folkman, che sta sviluppando una terapia anticancro basata sul blocco dell'angiogenesi, sarà a Roma il l'11 maggio per ricevere il Premio Chirone. Il giorno prima si terrà un convegno sul brevetto nelle biotecnologie. Tel.: 010-545.86.08.


IN BREVE Siti Internet e tutela ambientale
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Il Premio Gambrinus-Mazzotti per libri dedicati all'ecologia e alla letteratura di montagna ha ora un sito Internet: www.premiomazzotti.it L'indirizzo e-mail corretto del sito di Ecodesign, da noi segnalato su «Tuttoscienze» del 7 aprile è: Ecodesign C@mpus.


IN BREVE Einaudi pubblicherà «L'universo elegante»
ARGOMENTI: DIDATTICA
NOMI: GREEN BRIAN
ORGANIZZAZIONI: EINAUDI
LUOGHI: ITALIA

Il saggio di Brian Green «L'universo elegante», best seller negli Stati Uniti, verrà pubblicato in Italia dall'editore Einaudi e non da Rizzoli, come erroneamente abbiamo scritto la scorsa settimana.


IN BREVE. Lo Spacelab torna a casa
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
LUOGHI: ITALIA

Lo Spacelab, dopo numerose missioni sullo Shuttle, torna in Europa, a Brema, come testimonianza storica del primo passo dell'Europa nel campo delle stazioni spaziali abitate. La struttura dello Specelab fu realizzata quasi vent'anni fa all'Alenia di Torino sotto la guida di Ernesto Vallerani. Esiste un secondo esemplare dello Spacelab, che verrà custodito in un museo dello spazio americano.


IN BREVE. Altri pianeti la lista si allunga
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

Dopo i primi avvistamenti del 1995, la lista delle stelle che hanno probabilmente pianeti e quindi sistemi simili al nostro si allunga, tanto che le nuove scoperte quasi non fanno più notizia. L'ultimo annuncio viene dall'Università di San Francisco: tre pianeti intorno alla stella Y di Andromeda. Di scarso interesse, perché pare siano gassosi (come Giove), e quindi inadatti ad ospitare la via.


IN BREVE. Sindrome Williams incontro a Roma
ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Sotto l'egida di Telethon, a Roma (16-18 aprile) si è fatto il punto sulla Sindrome di Williams, malattia che colpisce un neonato su 10-20 mila. Altre informazioni: 06-6601.2509.


IN BREVE. Premio Chirone a Judah Folkman
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
PERSONE: FOLKMAN JUDAH
NOMI: FOLKMAN JUDAH
LUOGHI: ITALIA

Il ricercatore americano Judah Folkman, che sta sviluppando una terapia anticancro basata sul blocco dell'angiogenesi, sarà a Roma il l'11 maggio per ricevere il Premio Chirone. Il giorno prima si terrà un convegno sul brevetto nelle biotecnologie. Tel.: 010-545. 86.08.


IN BREVE. Einaudi pubblicherà «L'universo elegante»
ARGOMENTI: DIDATTICA
NOMI: GREEN BRIAN
ORGANIZZAZIONI: EINAUDI
LUOGHI: ITALIA

Il saggio di Brian Green ««L'universo elegante»», best seller negli Stati Uniti, verrà pubblicato in Italia dall'editore Einaudi e non da Rizzoli, come erroneamente abbiamo scritto la scorsa settimana.


IN BREVE. Siti Internet e tutela ambientale
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Il Premio Gambrinus-Mazzotti per libri dedicati all'ecologia e alla letteratura di montagna ha ora un sito Internet: www.premiomazzotti. it L'indirizzo e-mail corretto del sito di Ecodesign, da noi segnalato su ««Tuttoscienze»» del 7 aprile è: Ecodesign C@mpus.




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