TUTTOSCIENZE 1 aprile 98


SCIENZE A SCUOLA. I parchi del Madagascar Un paradiso per i naturalisti Ma le foreste sono ridotte al dieci per cento dl territorio
Autore: ANDREONE FRANCO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, AMBIENTE
ORGANIZZAZIONI: WWF
LUOGHI: ESTERO, AFRICA, MADAGASCAR
TABELLE: C.T.

FRAMMENTO alla deriva dell'antico supercontinente Gondwana, il Madagascar è considerato dai geografi un microcontinente per la sua estensione (587.000 kmq) e per le sue caratteristiche climatiche, geologiche e biologiche. Separatosi dall'Africa circa 200 milioni di anni fa, il Madagascar si è evoluto in isolamento assieme alla sua fauna e flora da almeno 60 milioni di anni. Lemuri, baobab ed una miriade di altre specie endemiche ed introvabili altrove (animali e piante), rendono il paese una 'terra promessà per i naturalisti (come affermato nel 1771 da J.P. Commerson). Nel contempo, tuttavia, esso è anche uno degli 'hot spots' della conservazione mondiale, considerato che l'attività. dell'uomo, a partire dal suo arrivo (circa 1500-2500 anni fa), è stata particolarmente nefasta, contribuendo a ridurre sempre più le foreste originali. Una volta distribuite su gran parte del territorio, le foreste malgasce sono regredite drasticamente, e oggi solo il 10% della superficie ne è ancora coperta. Varie sono le ragioni di tale selvaggia alterazione ambientale, ed è difficile trovare dei colpevoli. Infatti il basso tenore di vita dei malgasci ed un atavico attaccamento a pratiche colturali tradizionali, spingono le popolazioni a bruciare vaste aree per ottenere spazi coltivabili, per fabbricare carbonella (uno dei combustibili maggiormente utilizzati) o per l'allevamento dell'enorme numero di zebù, pari all'intera popolazione umana. Arrivando in aereo sul Madagascar rattrista scoprire che gran parte del territorio è ormai una nuda distesa di terra rossa, su cui cresce una sparuta vegetazione. Infatti, buona parte del grande plateau centrale è ormai totalmente spoglia, mentre le foreste pluviali della fascia orientale e le foreste decidue sulla costa occidentale sono ridotte a parcelle di limitata estensione, spesso isolate le une dalle altre. La pratica del 'tavy' (taglia e brucia) ed una rotazione colturale troppo rapida, portano a nudo un terreno lateritico già assai delicato, con il risultato di un processo erosivo inarrestabile. Vi è la previsione che se l'attuale ritmo di deforestazione non sarà arrestato in meno di dieci anni il 99% delle foreste sarà distrutto. Da ciò consegue inoltre che, assieme alle foreste, scompariranno molti organismi in buona parte ancora ignoti alla scienza. Il sistema di aree protette varato negli annì 60 mira a salvaguardare almeno in parte la diversità geografica e biologica del Madagascar. Purtroppo le 40 aree protette attuali coprono solo l'1,91% del territorio (superficie totale delle aree protette: 1.121.482 ettari) e molte altre dovrebbero essere istituite. (f.and.) -------------------------------------------------------------------- I Parchi nazionali (sette) sono stati creati per salvaguardare zone di interesse naturalistico e paesaggistico, aperte ad un ragionato sfruttamento eco-turistico. Fra i parchi nazionali più conosciuti vi è quello della Montagne d'Ambre, nell'estremo nord del Madagascar. Si tratta di vera e propria isola di foresta pluviale in un'area circondata da ambienti subdesertici. Il Parco di Mantady (Madagascar centro-orientale) è uno degli ultimi rifugi dell'indri (Indri indri), il più grande lemure vivente. Di recente costituzione è il Parco Nazionale di Ranomafana, un'ampia area di foresta pluviale di media quota, che ospita, fra gli altri animali interessanti, il lemure dorato (Hapalemur aureus), descritto solo nel 1987. Nella parte sud-occidentale dell'isola troviamo il Parco Nazionale dell'Isalo, importante meta di circuiti turistici ed molto peculiare in quanto comprensivo di un'area desertica caratterizzata da formazioni rocciose sedimentarie che ricordano i canyon americani. Le 23 Riserve Naturali Speciali sono state invece create per proteggere specifici ecosistemi o particolari specie minacciate di animali e piante. Per esempio la riserva di Nosy Mangabe, nella Baia di Antongil (Nord-Est), salvaguarda uno degli ultimi lembi di foresta pluviale di bassa quota ed un'interessante popolazione del rarissimo lemure aye-aye (Daubentonia madagascariensis), introdotto nell'isola negli anni '60 dal naturalista francese Andrè Peyrieras. La Riserva di Perinet (Andasibe) è una delle più conosciute e visitate, e vanta una ricca fauna di lemuri, anfibi e rettili e una fra le maggiori concentrazioni di anfibi, con almeno 100 specie presenti. Le 11 Riserve Naturali Integrali sono invece accessibili solo ai ricercatori. E' il caso della riserva di Andohahela, nel Sud-Est del Madagascar, composta da tre parcelle, una che comprende una delle più meridionali foreste pluviali, l'altra con il 'bush' desertico caratterizzato da formazioni a Didieracee, la terza per la protezione di uno degli ultimi insediamenti della palma triangolare, Neodypsis decaryi. Altre Riserve Naturali Integrali di particolare rilevanza sono gli Tsingy di Bemaraha, nella costa nord-occidentale, attualmente la maggiore area protetta del Madagascar (52.000 ettari), con foreste decidue e pinnacoli calcarei (gli 'tsingy' ò atsingy') acuminati e molto suggestivi e il massiccio di Andringitra, nel centro-sud dell'isola, coperto in buona parte da foresta pluviale di alta quota. La gestione delle aree protette sta volgendo verso una seconda fase, nella quale le varie organizzazioni non governative che ne hanno accompagnato il cammino e la crescita (WWF, Conservation International, Wildlife Conservation Society) passeranno il testimone alla malgascia Association National Gestion Aires Protegees. Molte Riserve Naturali Integrali, inoltre, saranno tramutate in Parchi Nazionali e, quindi, aperte ad un flusso turistico. Benché il sistema di aree protette sia indubbiamente molto importante aspetto per la salvaguardia degli ecosistemi della 'Grand'Ilè molte altre aree estranee a programmi di gestione, rivestono un eccezionale interesse naturalistico. Esiste infatti un vasto comprensorio di foreste classificate e di riserve forestali (267 in totale), che, con 4 milioni di ettari aggiungono un ulteriore 7% di aree forestate censite. D'altra parte esse sono state interamente ignorate negli sforzi conservazionistici delle due ultimi decadi. Di buona parte di queste foreste, infatti, si ignora la composizione e ricchezza faunistica e botanica. Molte attendono di essere studiate e tutelate, in quanto rappresentano spesso importanti corridoi di collegamento fra aree protette. Fortunatamente negli ultimi anni le principali associazioni conservazionistiche hanno promosso ricerche fuori delle aree protette, allo scopo di effettuare censimenti della biodiversità malgascia e di verificare i possibili effetto dell'alterazione antropica sull'ambiente. In accordo con tali finalità si configura un programma di ricerca in Madagascar, che la Sezione di Zoologia del Museo di Scienze Naturali della Regione Piemonte sta portando avanti ormai da diversi anni. Scopo principale è la documentazione della ricchezza in termini di comunità di Anfibi e Rettili. Questi Vertebrati rappresentano infatti ideali soggetti di studio, in quanto rappresentati rispettivamente da più di 170 e 280 specie, in gran parte endemiche e specializzate all'ambiente in cui vivono. Il numero di specie è comunque lungi dall'essere definitivo, ed ogni anno nuovi taxa di rane, serpenti e lucertole sono descritti sulle riviste scientifiche. Nel biennio 1996-1997 l'attenzione è stata rivolta ad alcune foreste pluviali di media altitudine, comprese nell'area della 'cuvetté di Andapa, nel Nord-Est del Madagascar. Questa zona, insieme al neonato Parco Nazionale di Masoala, rappresenta a tutt'oggi uno dei maggiori nuclei di foresta pluviale esistenti. Nel corso delle spedizioni di Maggio-Giugno e Novembre-Dicembre 1997 è stata recensita la foresta di Ambolokopatrika, vero e proprio corridoio fra la Riserva di Anjanaharibe-Sud e la Riserva di Marojejy. La ricerca è stata realizzata dal Museo di Scienze Naturali di Torino, in collaborazione con il WWF-Aires Protegees di Antananarivo (che gestisce le due riserve) e il Parco Natura Viva di Verona. I risultati sono stati assai interessanti, in quanto è risultato che, nonostante la virtuale assenza di protezione, l'erpetofauna è ancora relativamente ricca e diversificata, grazie alla sopravvivenza di nuclei di foresta ancora intatta. Nel corso di 3 mesi di attività sul campo sono state trovate circa 50 specie di anfibi e 30 di rettili, alcune delle quali ancora non ancora note. Franco Andreone


SCAFFALE Apt Jayt, Helfert Michael, Wilkinson Justin: "Orbit", Mondadori
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

FORSE il momento più straordinario delle missioni "Apollo" non fu lo sbarco di Armstrong sulla Luna il 21 luglio del 1969 ma piuttosto quando durante il viaggio di "Apollo 8" gli astronauti, che si accingevano a circumnavigare il nostro satellite, si voltarono indietro a considerare la Terra, e la videro come un fragile globo azzurro sospeso nello spazio. Dobbiamo alle esplorazioni spaziali la consapevolezza di abitare su un pianeta come tanti altri, dove tuttavia è avvenuto il miracolo della vita. "Orbit" è un bellissimo libro nel quale questa scoperta si traduce in una lunga serie di splendide immagini riprese dagli astronauti americani durante le loro missioni a bordo dello Shuttle. Sotto i nostri occhi sfilano il deserto africano e il Mar Rosso, il delta del Nilo e lo Stretto di Gibilterra, il Lago di Ginevra e la Sicilia, l'Everest e il lago Baikal, Giava e le isole Galapagos, le Ande e il Grand Canyon. Testi brevi ma completi forniscono le informazioni essenziali per interpretare le immagini.


SCAFFALE Boncinelli Edoardo: "I nostri geni", Einaudi
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: GENETICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Circa centomila geni contengono il progetto biologico di ognuno di noi. Gli anni che stiamo vivendo sono eccezionali perché non passa giorno senza che alcuni di questi geni vengano identificati. I rapidi progressi del Progetto Genoma (di cui per l'Italia è responsabile il premio Nobel Renato Dulbecco) stanno cambiando persino alcuni principi di base della scienza medica: anziché intervenire sui sintomi della malattia o, nei migliori dei casi, sulle sue cause più o meno remote, spesso oggi si può intervenire alla radice, cioè all'origine genetica della disfunzione. E' la prospettiva, in parte già realizzata, che si apre per le cinquemila malattie genetiche, ma anche per la cura del cancro. Boncinelli, autore di fondamentali studi su genetica e cervello, in questo saggio chiarisce le basi della terapia genica e dello sviluppo dall'embrione alla persona, senza tralasciare le questioni etiche e sociali che le ultime conquiste scientifiche sollevano.


SCAFFALE Coltart Nina; «Come sopravvivere da psicoterapeuta» Utet; Tartaglia Franco: "Affetti e management", Utet
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Fare lo psicoterapeuta non è facile: oltre ai propri propri problemi esistenziali, ci si trova a dover affrontare anche quelli dei propri pazienti, con un profondo e talvolta drammatico coinvolgimento. Nina Coltart, già vicepresidente della British Psycho-analytical Society, affronta il problema della vita professionale dello psicoterapeuta, mostrandocene, oltre alle difficoltà, anche le importanti gratificazioni. Interessante anche il saggio di Franco Tartaglia, dedicato al ruolo degli affetti nella gestione di una azienda. Tartaglia, consulente di varie aziende, collabora con il Dipartimento di psicologia dell'Università di Torino. Nina Coltart: "Come sopravvi vere da psicoterapeuta", Utet, 172 pagine, 22 mila lire Piero Bianucci


ARTICOLO SU "SCIENCE" Einstein segna un altro punto Ricerca italiana conferma la forza gravitomagnetica
Autore: REGGE TULLIO

ARGOMENTI: FISICA
NOMI: CIUFOLINI IGNAZIO
ORGANIZZAZIONI: SCIENCE
LUOGHI: ITALIA

SULL'ULTIMO numero della prestigiosa rivista "Science" è apparso un articolo firmato da cinque ricercatori tra cui l'italiano Ignazio Ciufolini (Istituto Cnr di fisica dello spazio interplanetario) in cui si analizzano i risultati - positivi - di un nuovo test sulla teoria della relatività generale fatto su due satelliti Lageos in orbita attorno alla Terra. La relatività generale nasce nel 1916 con un articolo di Albert Einstein che propone una nuova teoria della gravitazione di cui quella newtoniana è solamente un'approssimazione valida per corpi che si muovono a velocità molto inferiori a quella della luce (che è di 300.000 km al secondo). Proprio per questa ragione la relatività generale ha dovuto attendere almeno trent'anni prima di poter contare su conferme sperimentali di varie osservazioni indipendenti. I primi effetti osservati erano basati sulle anomalie del moto di Mercurio, sull'effetto Doppler gravitazionale e sulla deflessione della luce delle stelle nel campo gravitazionale del Sole. L'era spaziale, i radiotelescopi e i laser hanno condotto a nuove conferme. L'effetto Lens-Thirring, di alto interesse, attendeva ancora una conferma definitiva, ed è proprio questa prova che emerge dal lavoro di Ciufolini. Per dare un'idea sia pur vaga di questo effetto possiamo ricorrere ad una analogia con quanto accade per il campo elettromagnetico. Una carica elettrica genera attorno a sè un campo elettrico che si fa sentire sulle altre cariche, ad esempio di segno opposto, come una attrazione. Se la carica è in moto può essere assimilata ad una corrente elettrica che genera un campo magnetico. A sua volta questo campo può essere sentito da altre cariche, purché siano in moto. Allo stesso modo due masse producono e sentono sia un campo attrattivo newtoniano sia un campo addizionale di tipo magnetico se poste in moto. Questo campo origina l'effetto Lens-Thirring, inducendo una precessione anomala nelle orbite di satelliti rotanti attorno ad un corpo pure in rotazione, come è la Terra. I satelliti Lageos, dotati di specchi riflettenti e posti in rotazione sono stati usati in coppia lungo orbite diverse per compensare le irregolarità di forma della Terra che avrebbero mascherato il risultato finale. Le loro orbite sono state misurate con estrema accuratezza mediante impulsi laser. In linea di principio lo stesso effetto dovrebbe apparire anche nel moto dei pianeti, ma in questo caso le misure risultano praticamente impossibili. Il valore osservato del parametro che misura l'intensità dell'effetto è risultato uguale a quello predetto dalla teoria entro una incertezza osservativa del 20 per cento. Se teniamo conto di questi risultati e di altri derivanti dalla osservazione di pulsar binari ci rendiamo conto che l'evidenza per la relatività generale è ormai schiacciante. Paradossalmente il successo di Ciufolini ha causato un notevole imbarazzo nella comunità scientifica. Il lancio dei due Lageos, a suo tempo considerato freddamente dalla Nasa e dalla Esa, è costato pochissimo rispetto ad altri esperimenti spaziali ed ha preceduto il GP-B della Stanford University diretto allo stesso scopo ma molto più sofisticato e costoso. E' vero però che si spera che il GP-B sia più accurato, in quanto usa tecniche criogeniche per giungere a misure estremamente precise nella precessione di un giroscopio. In ogni caso, come si legge su "Science", il risultato ottenuto farà entrare Ciufolini e collaboratori nei libri di testo per la prima conferma sperimentale delle forze gravitomagnetiche. Tullio Regge Politecnico di Torino


SCIENZE FISICHE. LA GIORNATA MONDIALE DELLA METEOROLOGIA El Nino, capirlo non è domarlo Le interazioni acqua-aria
Autore: MERCALLI LUCA

ARGOMENTI: METEOROLOGIA
ORGANIZZAZIONI: OMM «ORGANIZZAZIONE METEOROLOGICA MONDIALE», TAO «TROPICAL ATMOSPHERE OCEAN ARRAY»
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C. Le più importanti correnti marine e l'area d'influenza del Nino

IL 23 marzo, come ogni anno a partire dal 1950, si è celebrata la Giornata Mondiale della Meteorologia, un appuntamento che, oltre a ricordare la nascita dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale (in sigla Omm, sede a Ginevra), vuole essere di stimolo alla riflessione su fenomeni di attualità ambientale. Con tutto il gran parlare che si è fatto su El Nino, il tema 1998 non poteva che essere " Meteorologia, oceani e attività umana". Benché le interazioni tra l'enorme massa delle acque oceaniche e l'atmosfera siano note alla climatologia fin dai suoi primi passi del secolo scorso, lo sviluppo di modelli numerici in grado di tradurre il continuo dialogo tra acqua e aria è relativamente recente. Oltre all'aspetto climatologico, l'Omm ha ricordato che gli oceani rappresentano un dominio di estrema rilevanza per la società umana: due terzi della popolazione mondiale vivono in zone costiere, traendo dal mare cibo, acqua, energia, risorse minerarie e petrolifere, tutte attività che esigono il meglio dalla scienza meteorologica; le previsioni dei venti, dei cicloni tropicali, della nebbia e della formazione di ghiaccio marino nelle zone polari, rappresentano uno strumento indispensabile alla navigazione turistica, commerciale e militare, che, a sua volta, con oltre 7000 navi che giornalmente rilevano i dati atmosferici in zone remote, contribuisce alla "veglia meteorologica internazionale", base delle previsioni. Un altro elemento che lega gli oceani al riscaldamento del clima terrestre ormai in atto, è l'aumento del livello dell'acqua dovuto all'espansione termica e al contributo della fusione dei ghiacciai: per il 2100 sono attesi 50 centimetri in più con tutte le conseguenze per le zone costiere. Ma torniamo ora al ruolo degli oceani nel condizionamento a breve e medio termine dell'evoluzione atmosferica. El Nino, fenomeno così chiamato dai pescatori peruviani in quanto è solito intensificarsi nel periodo natalizio, è un anomalo riscaldamento delle acque superficiali del Pacifico equatoriale in prossimità delle coste sudamericane. In genere, questa zona del Pacifico è caratterizzata dall'affioramento di acque fredde profonde provenienti dall'Antartide e molto ricche di elementi nutritivi per l'ittiofauna. Le acque calde che si formano sulla fascia equatoriale sono invece continuamente sospinte verso l'Indonesia dai venti alisei, che soffiano da Est verso Ovest, tant'è che la superficie oceanica risulta inclinata: in Ecuador è più bassa di circa mezzo metro. Ogni 3-4 anni, in media, gli alisei si indeboliscono, consentendo il riflusso delle acque calde equatoriali che si diffondono così sulla superficie oceanica fino a lambire il Sud America. La temperatura aumenta di 4-6 gradi, le acque divengono meno pescose e tutto il regime pluviometrico si sposta di longitudine, causando siccità su Indonesia e Australia, e piogge intense sull'arida fascia costiera che va dall'Ecuador al Cile settentrionale. Le cause di questo indebolimento degli alisei non sono note, ma si collegano a fluttuazioni della pressione atmosferica tra il Pacifico occidentale e orientale. Questa alternanza barometrica è stata chiamata Southern Oscillation ed è calcolata tramite la differenza di pressione tra Tahiti, nella Polinesia francese, e Darwin, in Australia. Ecco perché generalmente si indica con la sigla Enso (El Nino Southern Oscillation) l'insieme delle anomalie oceaniche e atmosferiche osservate da quasi un secolo nel Pacifico. Da qualche anno un sistema di 70 boe oceanografiche equatoriali in telemisura satellitare, tiene costantemente sotto controllo le variazioni della temperatura dell'acqua nell'ambito del progetto Tao (Tropical Atmosphere Ocean array). Tra il 1997 e questi primi mesi del 1998, El Nino ha raggiunto una delle sua massime anomalie, più intensa di quella del 1982. I suoi effetti si riscontrano su tutto il clima dell'America, Canada compreso, e dell'Oceano Pacifico, mentre in Europa non esistono per ora evidenze di collegamenti diretti tra l'anomalia del Pacifico e quelle meteorologiche. L'enorme investimento di risorse scientifiche che ha consentito di comprendere questo meccanismo di interazione tra oceano e atmosfera, offre una nuova chiave di lettura per spiegare la variabilità climatica interannuale. Chi volesse queste informazioni non ha che da vedere il ricchissimo sito Internet della Noaa: http://www.pmel. noaa. gov/toga-tao/el-nino/ home.html Recentemente, anche sull'Oceano Atlantico è stata individuata una fluttuazione regolare della pressione atmosferica tra le Isole Azzorre e l'Islanda, nota come Nao (North Atlantic Oscillation). Forse, in futuro, l'oceano svelerà altri segreti che potrebbero consentire la prevedibilità delle anomalie a lungo termine anche in Europa. Luca Mercalli Direttore di "Nimbus"


SCIENZE DELLA VITA. LA VITA AL FONDO DEGLI OCEANI I misteri degli abissi Un ecosistema poco conosciuto
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ECOLOGIA, MARE
NOMI: BEEBE WILLIAM, BLANKENSHIP ROBERT, NISBET EUAN
LUOGHI: ITALIA

VIVIAMO su di un pianeta in gran parte inesplorato. Il 70 per cento della Terra è ricoperto dai mari. Dell'immenso dominio marino che cosa conosciamo? Solo le acque costiere, che nel loro insieme costituiscono il 7 per cento dell'area totale dell'oceano. Ma tutto il resto, la sterminata conca acquatica dove non giunge la luce del sole, è uno degli ecosistemi meno conosciuti dall'uomo. Fino al principio del secolo scorso gli studiosi erano convinti che le buie, gelide acque abissali fossero totalmente prive di vita. Ma tra il 1817 e il 1880 le draghe di profondità delle prime spedizioni oceanografiche portano alla luce organismi che vivono sotto i 1800 metri. Ed è la prima smentita. La seconda viene da William Beebe, quando negli Anni Trenta si cala entro una batisfera di acciaio fino a 900 metri di profondità al largo delle Bermude. Attraverso l'oblò vede uno spettacolo fantastico che nessun occhio umano ha mai visto prima. In quel mare nero come la pece lampeggiano guizzi luminosi, lievi bagliori si rincorrono, miriadi di scintille illuminano le tenebre. E' il fenomeno della bioluminescenza, la luce fredda prodotta dagli organismi viventi, rara in terraferma, comunissima nei mari. In certe baie tropicali, tutta la superficie marina si trasforma di notte in un bagno di luce. Sono miliardi di minuscoli organismi unicellulari (Noctiluca miliaris) capaci di emettere un'intensa luminosità. E' una sorpresa scoprire che la bioluminescenza è diffusa anche nelle acque abissali. Lo confermano i Piccard padre e figlio, che con i loro batiscafi aprono una nuova era all'esplorazione sottomarina. Nel 1960 Jacques Piccard, con il batiscafo Trieste, tocca il punto più profondo degli oceani, la fossa Challenger, nel Pacifico, a meno 10.740 metri. Dal 1970 entrano in scena i sottomarini di ricerca. E la tecnica mette a punto cineprese subacquee, con cui si può finalmente fissare sulla pellicola ciò che l'occhio riesce a vedere solo fuggevolmente. Così, nella quiete dei laboratori, i biologi possono cercar di scoprire come abbiano potuto adattarsi a un habitat eccezionale gli abitanti degli abissi. Poi nel 1977 una equipe di scienziati della Scripps Institution of Oceanography di San Diego, a bordo del sottomarino Alvin, fa una straordinaria scoperta al largo delle Galapagos. Sul fondo marino c'è un crinale di montagne vulcaniche lungo migliaia di chilometri, da cui innumerevoli crateri sottomarini vomitano getti di acqua calda. E in queste oasi termiche ferve la vita, come dimostra la scoperta di 160 specie di invertebrati e di pesci. Sono oloturie, vermi, stelle di mare, gamberetti, ma anche pesci di piccole dimensioni. E' solo l'inizio. Eccitati dalla scoperta, i biologi organizzano altre immersioni. Oasi idrotermiche vengono scoperte in altre località. Oltre alle sorgenti calde a 20-21 oC, ci sono "fumarole nere" che emettono acqua bollente a 350 oCC ricca di zolfo. E ci si chiede come facciano a vivere tanti organismi in un ambiente assolutamente privo di ossigeno, dove abbondano invece composti di zolfo, idrocarburi e metalli pesanti che normalmente risultano tossici agli organismi. Ed ecco la risposta. Si constata in laboratorio che l'acqua delle sorgenti sottomarine contiene batteri chemioautotrofici, capaci cioè di utilizzare l'energia chimica. Se ne sono contati qualcosa come 5 miliardi in un solo millimetro d'acqua. Come la fotosintesi, anche la chemiosintesi è capace di trasformare composti inorganici in composti organici. L'energia deriva in questo caso dalle reazioni chimiche, anziché dalla luce. Si è capito così come possano vivere i grossi vermi Alvinella protetti da tubi di fabbricazione propria lunghi anche tre metri. Non hanno bocca, nè ano. Ma non hanno bisogno di assumere cibo dall'esterno perché contengono nel loro corpo enzimi e batteri capaci di trasformare i composti di zolfo in sostanza organica nutritiva. Alla base della catena alimentare di queste strane comunità abissali sottomarine vi sarebbero dunque batteri chemiosintetici. E ora un'altra straordinaria scoperta. Dalle bocche vulcaniche emana un misterioso chiarore. A occhio nudo non si vede. Si è riusciti a vederlo, proiettato sullo schermo di un computer, durante le immersioni del sommergibile Alvin, con una speciale macchina da presa simile a quelle che si usano per catturare la luce proveniente da lontane galassie. Si sono fatte e si stanno facendo molte ricerche per stabilire quale sia la natura di questa luce misteriosa. L'ipotesi che si fa è estremamente suggestiva: gli organismi forse possono usare quella luce per la fotosintesi. Sarebbe una scoperta sensazionale. Perché a quanto ci risulta non è stato trovato finora nessun organismo che per creare la propria energia sappia utilizzare una luce diversa da quella solare. Si potrà obiettare che la luce emanata da queste sorgenti sottomarine è troppo fioca. Ma Robert Blankenship, un esperto di fotosintesi della Arizona State University a Tempe, fa notare che alcuni batteri compiono la fotosintesi utilizzando una fonte luminosa estremamente debole e altri batteri che vivono nel Mar Nero sopravvivono a 73 metri di profondità, utilizzando una luce solare debolissima, di intensità paragonabile a quella dei crateri vulcanici sottomarini. Secondo gli studiosi, però, anche se la fotosintesi si verificasse al chiarore dei crateri abissali, non sarebbe questa la principale fonte energetica. Sarebbe tutt'al più una risorsa supplementare per i batteri che vivono soprattutto di energia chimica. Ma la luce abissale potrebbe avere un altro legame, ben più profondo, con la fotosintesi. Il geologo Euan Nisbet dell'Università di Londra fa balenare l'ipotesi che proprio quella luce potrebbe aver innescato l'evoluzione della fotosintesi ai primordi della storia della Terra. E' prematuro trarre conclusioni, ma queste ricerche, solo ai primi passi, aprono un campo di indagini estremamente affascinante. Isabella Lattes Coifmann


BOLLICINE Il grande business della sete
Autore: C_G

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ALIMENTAZIONE, ACQUA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

OTTO miliardi di litri d'acqua l'anno: la grande sete degli italiani a caccia di bollicine ha dell'assurdo. Un Paese straricco di fonti cristalline beve in modo "artificiale" più di ogni altro al mondo e ospita 251 tipi di acqua imbottigliata (contro i 63 francesi, i 59 inglesi e i 73 marchi di acqua imbottigliata registrati in Spagna). Il bello è che quest'acqua sgorga dalle sorgenti pubbliche svendute ai privati: in Veneto, dove da 14 fonti si estrae il 30 per cento di tutta l'acqua minerale italiana, i canoni fissi per le concessioni di sfruttamento - alcuni dei quali perpetui - procurano alle casse pubbliche 183 milioni l'anno. Il fatturato veneto delle industrie di acqua minerale è 1200 miliardi. Ovvio: pagano 0,07 lire per litro estratto, mentre al cittadino veneto costa una lira al litro. Scandaloso. L'acqua in Lombardia costa fra le 500 e le mille lire al metro cubo: le industrie "minerali" invece pagano 20 lire ogni mille litri. Così la Regione incassa 120 milioni di lire l'anno. Ma non c'è una legge, proprio la Galli, che recita: "Le acque superficiali e sotterranee costituiscono una risorsa pubblica, un patrimonio indisponibile da custodire in un'ottica di tutela ambientale e da utilizzare secondo criteri di solidarietà"? E la Costituzione non attribuisce la potestà legislativa sulle acque minerali alle Regioni? Perché il sindaco di San Pellegrino (Bergamo) non telefona al collega di Recoaro e non premono sulle rispettive Regioni per aumentare i canoni? Il bello è che gli acquedotti italiani funzionano male, la loro acqua è screditata, mancano soldi per investimenti. Il bello è che occorrono miliardi per smaltire le bottiglie di plastica. Il bello è che per anni il pvc per le bottiglie è stato prodotto sulla pelle di operai come quelli del petrolchimico di Porto Marghera. (c. g.)


LE GUERRE DELL'ACQUA Il PIAVE non mormora più
Autore: GRANDE CARLO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ENERGIA
NOMI: FRANZIN RENZO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

I più non se ne sono accorti, ma la guerra dell'acqua è in pieno svolgimento. E questa volta non si tratta dei sanguinosi scontri nel Terzo e Quarto Mondo (l'Onu prevede che tutti i conflitti regionali dei prossimi cinquant'anni saranno legati alle risorse idriche) ma di conflitti italiani, nei quali non si sparge sangue ma - in gran copia - risorse e qualità della vita. In Veneto, tanto per fare un esempio, va avanti da anni quella che potremmo chiamare la "seconda battaglia del Piave": i milioni di metri cubi d'acqua che ogni anno l'Enel preleva dal fiume della patria hanno costretto i sindaci del Bellunese a un duro contenzioso: i laghi alpini si abbassano - denunciano -, i torrenti in alta montagna sono asciutti (per il gaudio dei turisti e ancor più delle popolazioni locali, già storicamente dissanguate dagli interessi di pianura), scompaiono flora, fauna, ameni paesaggi. Ad ogni pioggia si rischiano piene disastrose. Le cifre pubblicate da Renzo Franzin - collaboratore della Fondazione Benetton, che ha appena inaugurato il Centro internazionale "Civiltà dell'Acqua" - sono impressionanti: in 50 punti diversi, disseminati sulle Dolomiti, l'Enel cattura il 75 per cento dell'acqua e con 200 chilometri di tubature li indirizza a 30 impianti di produzione, dopo averla fatta sostare e defluire in 17 invasi, dei quali la diga del Vaiont è il simbolo più noto e tragico. Questo gigantesco sistema di by-pass impedisce all'acqua di rientrare negli alvei naturali: quando arriva al mare, il Piave ha una portata inferiore di un terzo rispetto a vent'anni fa; la sua acqua è eutrofizzata, in parte morta. Contro il disseccamento dei fiumi del Nord-Est (Adige, Brenta, Piave, Livenza, Tagliamento) è nato un comitato di un centinaio di sindaci e amministratori delle province di Treviso e Belluno. Con Legambiente, Italia Nostra e il presidente della Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) Helmut Moroder, chiedono ai "signori dell'acqua" - consorzi di Bonifica, Magistrato delle acque, Autorità di Bacino - che i fiumi tornino a essere un bene visibile e collettivo, ripristinando un minimo del loro flusso vitale. Vogliono che venga sancito il principio per cui "ogni sottrazione d'acqua, per qualsivoglia scopo, costituisce un depauperamento delle località interessate, le quali dovranno essere adeguatamente risarcite dal concessionario". Sarà il caso di ricordare che l'acqua in pianura spesso viene poi sprecata, come dimostrano le assurde rese dei sistemi irrigui nell'agricoltura: duemila litri (potabili]) d'acqua per un chilogrammo di farina, 18.200 per un litro di latte. Senza contare le decine di altri sprechi: acqua potabile negli sciacquoni dei gabinetti, per lavare le macchine, bagnare i fiori e così via. In Italia, ha detto l'architetto Pietro Laureano alla recentissima inaugurazione del Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione, con sedi a Matera e Sassari, il 27 per cento del territorio è a rischio. Il ministro dei Lavori pubblici Costa ha riconosciuto che "quello del Piave è un problema esemplare di non facile soluzione, tuttavia non più evitabile". Saprà l'Enel rinunciare a una parte dell'acqua dei nostri fiumi, considerato che la liberalizzazione del mercato dell'energia - dicono in molti - produrrà in Europa un surplus di energia elettrica? Nell'intreccio di interessi pesa molto la prossima privatizzazione dell'ente: quanto inciderà sulla sua valutazione patrimoniale un'eventuale riduzione della produzione di energia elettrica? Solo il 10 per cento dei fiumi alpini segue un percorso naturale. Non stupisce quindi ritrovare un caso analogo in val di Susa, nelle Alpi occidentali: un megaprogetto dell'Azienda energetica municipale di Torino (che promette di quintuplicare la potenzialità energetica valsusina e nuovi posti di lavoro) prevede la captazione del 90 per cento della Dora Riparia dalla piana di Oulx e Salbertrand, stravolgendo il cuore del comprensorio turistico dell'alta valle. Nell'alveo disseccato aumenterebbe paurosamente la concentrazione dei residui biologici delle migliaia di turisti che d'inverno accorrono a Sauze d'Oulx; la mancanza d'acqua sarebbe un durissimo colpo per l'ecosistema, proprio mentre la Regione Piemonte ha deciso di non finanziare più il consorzio forestale della Valle di Susa. Quanto all'acqua, dovrebbe attraversare la montagna in una galleria per ricomparire 13 chilometri più giù e confluire in un bacino prodotto da una diga nelle Gorge di Susa, proprio sopra la cittadina: una delle ultime aree selvagge della vallata finirebbe sott'acqua, ponendo le premesse - dicono gli ambientalisti - di un piccolo Vajont: li preoccupa non la tenuta della diga, ma delle pareti rocciose di 100 metri, a strapiombo sull'acqua: in caso di crolli di massi nel bacino, l'ondata salterebbe la diga e finirebbe sulle case, appena un chilometro sottostanti. Negli ultimi mesi sta crescendo il malcontento per la legge Galli, del 1994, che tenta di razionalizzare il grande disordine nella gestione di tutto il ciclo dell'acqua: da quella potabile alla "reflua", di scarico. La legge dice che "tutte le acque sono pubbliche", cioè dello Stato che le organizza attraverso un'"Autorità d'ambito", che delega la gestione ad aziende tendenzialmente private ed "esterne". Tutto bene nelle grandi città, o in aree come la Sicilia dove i Comuni stentano a gestire l'acqua, un affare storicamente preda della mafia. Ma la cosa non funziona nei piccoli comuni alpini dove ci sono decine di sorgenti. Con questa legge essi perdono impianti di miliardi di lire, e con essi il controllo della qualità dell'acqua e delle tariffe: pagheremo l'acqua sorgiva (facilmente ottenibile per caduta) come quella ottenuta nelle grandi città. Succede già - piccolo esempio - a Costigliole di Saluzzo, un paese ai piedi della valle Varaita e del Monviso, dove una famiglia media spende 500 mila lire l'anno per un'acqua che sa di cloro, mentre a Frassino, qualche chilometro più in alto, la bolletta è di circa 25 mila lire l'anno. I grandi enti non manderanno un addetto sulla cima della montagna a pulire la sorgente, fanno prima a mettere sistemi di depurazione. L'acqua, inoltre, verrà presa dove costa meno (ovvero in montagna) con il rischio di non monitorare come si deve le falde idriche di pianura. Risultato: i sindaci di montagna si stanno ribellando a questa applicazione della legge Galli e rifiutano di aderire obbligatoriamente alle "Autorità d'ambito": ne verranno commissariati a decine e si discuterà finalmente il problema. A loro non basta che il 3 per cento dei proventi dell'acqua vada agli enti locali per miglioramento del territorio. L'acqua (dall'idroelettrico alla depurazione alla potabilizzazione) è un grande business, su cui hanno messo gli occhi molte grandi aziende. E loro, i comuni montani, temono l'esproprio di una loro risorsa: propongono quindi di fare insieme ai privati società di gestione entrando come Comuni, portando il capitale dei loro impianti. Propongono anche società di produzione (centraline) che invece di vendere energia all'Enel a prezzi carissimi producano e vendano nei 50 chilometri dalla fonte di produzione: potrebbero così utilizzare energia a prezzi inferiori - pagando l'affitto all'Enel degli impianti - i gestori degli impianti di risalita, gli abitanti, i turisti. Ecco, al di là delle chiacchiere, un concreto esempio di risparmio, di decentramento, di controllo locale delle risorse. Ma i "signori dell'acqua" rinunceranno molto difficilmente a un business tanto ricco: ciò avviene in modo ancora più devastante a livello internazionale, dove la politica delle grandi dighe (spesso finanziate dalla Banca Mondiale) rovina la vita a milioni di persone, costrette a lasciare la casa e le terre. Un convegno organizzato pochi giorni fa a Roma dalla Fondazione Basso nell'ambito della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, ha puntato l'indice contro le grandi dighe, per i diritti dei popoli e dell'ambiente. Carlo Grande


SCIENZE FISICHE. UNA MOSTRA A LONDRA La scienza nella tavolozza Turner fu cultore di fisica e di tecnologia
AUTORE: D'AMATO MARINA
ARGOMENTI: ARTE, PITTURA
PERSONE: TURNER JOSEPH
NOMI: TURNER JOSEPH
ORGANIZZAZIONI: TATE GALLERY
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, REGNO UNITO, GRAN BRETAGNA, LONDRA

LE tempeste di neve, le mareggiate, le albe - con le loro luci vere protagoniste dei quadri di Turner - restano di solito nella mente come ricordi emotivamente coinvolgenti per la loro squisita bellezza; ma per tutti coloro che potranno visitare la mostra Turner and the scientist (Londra, Tate Gallery, fino al 21 giugno) saranno anche oggetto di una riflessione razionale e sociologica. E' un'esposizione che propone il rapporto complesso e persistente di Turner con la cultura scientifica, interessante perché inizia agli albori della società industriale. Non era affatto noto a tutti che Turner fosse nato nel quartiere di Londra in cui si svilupparono contestualmente a lui (nato nel 1775 e morto nel 1851), le officine e le industrie che hanno determinato il mutamento di una società da agricola in industriale; non era conosciuta la sua passione e dimestichezza con le tecnologie, anche con i gadget. Il suo tavolino da lavoro pieghevole, capace di tutte le possibili inclinazioni, ne è solo l'esempio più evidente. Nè tantomeno si conoscevano i suoi stretti rapporti con i più grandi scienziati del tempo: era amico di Humphrey Davy e di Michael Faraday. Nè tutti erano al corrente delle sue passioni per la geologia e la chimica. Nella mostra si evidenziano le tappe dei suoi lavori artistici con gli eventi del percorso intellettuale che le hanno accompagnate: così, dall'attenzione alla scienza delle costruzioni degli anni giovanili, ripercorsa attraverso gli studi non solo di prospettive, ma di impianti (vedi i disegni e gli acquarelli per il progetto della Abbazia di Fonthill) alle prime esperienze con le tecnologie del mondo industriale (studi sui mulini e rappresentazioni delle officine), si arriva a conoscere il suo interesse per la meteorologia e l'astronomia. Ma i disegni, gli acquarelli, gli oli, nell'iter della vita quotidiana proposto alla Tate Gallery, introducono allo stretto rapporto di Turner con gli scienziati oltre che con la scienza; si coglie infatti che personaggi come Mary Somerwille, Richard Owen e Michael Faraday erano parte del suo patrimonio affettivo. Gli esperimenti di Faraday sul magnetismo sono riportati accanto ai quadri che da quelle dirette conoscenze sono stati determinati, non solo nei toni della luce, ma anche nella sua intensità e variabilità. La tempesta di neve, o il Golden Bough sono solo gli esempi più chiari di questa relazione. Si intuisce un genio pieno di curiosità, che con lo studio del magnetismo e della geologia è riuscito a pensare e realizzare quei dipinti che non rappresenteranno più, dopo questo dichiarato incontro scientifico, solo l'emozione di un viaggio in Italia. La mostra, e il catalogo di Hamilton che l'accompagna, offrono strumenti per riflettere sull'influenza della tecnologia e delle scoperte scientifiche sulle idee e sullo sviluppo del processo artistico, offrendo un'interpretazione nuova del suo simbolismo. Ma la mostra riesce a fare molto di più: indica chiaramente l'opportunità di far conoscere, e comprendere un artista non solo dal punto di vista estetico. Questa mostra è una prova in più che la rappresentazione simbolica della realtà espressa dalla pittura può essere avvicinata e goduta anche con altri percorsi mentali: storici, sociali e, in questo caso, scientifici. Marina D'Amato Università La Sapienza, Roma


SCIENZE FISICHE. MATEMATICA Le probabilità di vincere al Lotto Un semplicissimo sistema di calcolo (forse inedito)
Autore: DUPONT PASCAL

ARGOMENTI: MATEMATICA
NOMI: DE FERMAT PIERRE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

MI è stato chiesto da molti lettori di giustificare, in modo accessibile anche ai non matematici, le probabilità inerenti al gioco del Lotto. Per una strana combinazione la domanda non mi ha trovato impreparato, perché da molto tempo ho inventato un metodo per dedurre velocemente queste probabilità. A dire il vero, il metodo mi è stato indirettamente suggerito da un carissimo amico, Pierre de Fermat (1601- 1665), che, nel 1654, per la risoluzione di un difficilissimo e dibattuto problema, propose a Blaise Pascal (1623-1662) e a Gilles Personnes de Roberval (1602-1675), un "trucco" , sia pur in un ambito diverso dal Lotto (il metodo delle "partite finte"). Comunque, ponendomi sulla scia di Fermat, elevato un pensiero al Principe dei dilettanti di matematica, ecco qui la mia... scoperta. Quando estraggo i 5 numeri da una ruota del Lotto, penso di deporli in 5 buchi posti in fila indiana ma poi penso di estrarre via via tutti gli altrettanti 85 numeri ponendoli in altrettanti buchi disposti in fila indiana dopo i primi 5 suddetti. Ho estratto tutti i 90 numeri: i primi 5 con estrazioni effettive; i rimanenti con estrazioni finte. Con questo trucco delle estrazioni finte (gemelle in ritardo delle partite finte di Fermat), ecco il calcolo delle probabilità P1, P2, P3, P4, P5 di vincere rispettivamente un'ambata, un ambo, un terno, una quater na e una cinquina. Punto sul 41 della ruota di Torino. Se il 41 sarà uno dei 5 numeri effettivamente estratti (5 casi favorevoli), avrò vinto: il 41 è caduto in uno dei primi 5 buchi. Ma con le 90 estrazioni (90 casi possibili), il 41 è certamente uscito. Quindi P1 = 5/90 = 1/18. Punto su 63 e 31 di una ruota fissata. Vinco se il 63 cadrà in uno dei primi 5 buchi ed il 31 in uno dei 4 rimanenti (5x4 casi fa vorevoli). Ma il 63 può cadere in uno dei 90 buchi ed il 31 in uno degli 89 rimanenti (90x89 casi possibili). Quindi P2 = (5x4)(90x89) = 2/801. Nel timore di offendere qualche lettore, non scenderò in spiegazioni dettagliate per i calcoli di P3, P4, P5. Difatti, ovviamente con questo metodo, si avrà subito P3 = (5x4x3) / (90x89x88) = 1/11.748, P4 = 1/511.038, P5 = 1/43.949.268. E' assai probabile che questo metodo sia descritto da qualche parte; io però non l'ho trovato. Posso classificarlo come una formidabile scorciatoia? Penso di sì. Però sono veramente molte le scorciatoie che si possono escogitare nella matematica, la cui didattica è stata colpita da una subdola malattia, il burosadismo che la inquina e che minaccia la nostra salute mentale. Pascal Dupont


SCIENZE DELLA VITA. LE NUOVE TABELLE NUTRIZIONALI Quanto valgono papaya, Camembert e hamburger E' quasi raddoppiato il numero degli alimenti considerati e valutati: da 350 a 630
Autore: CALABRESE GIORGIO

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE
ORGANIZZAZIONI: ISTITUTO NAZIONALE DELLA NUTRIZIONE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

L'Istituto nazionale della nutrizione ha pubblicato qualche giorno fa nuove tabelle nutrizionali che ci permetteranno di combinare ogni giorno un menù più equilibrato, con vantaggio per la salute di tutti. La precedente edizione risale a sette anni fa: con quella odierna le curatrici, Emilia Carnovale e Luisa Marletta, hanno compiuto una vera rivoluzione. Le novità riguardano l'ampliamento (quasi un raddoppio) del numero di alimenti considerati (da 350 a 630); l'aumento dei nutrienti presi in esame, con l'aggiunta di minerali come magnesio, zinco, rame, selenio; approfondimenti per alcune categorie di alimenti: carni bovine, suine, salumi, prodotti lattiero-caseari; la revisione di molti dati; per quanto riguarda i cibi cotti sono stati inseriti i dati di composizione di alcuni alimenti, selezionati fra quelli di base e valutando i principali tipi di cottura. Molti alimenti prima ignorati ora sono presi in considerazione (ma per una semplice dimenticanza manca ancora il pesce spada). Entra la frutta esotica, ormai usuale nelle nostre tavole: cocco, mango, papaia, more e frutti di bosco in genere. Anche tra i formaggi ci sono novità seppure non molte: i francesi Camembert e Brie o il greco Feta. E viene preso in considerazione anche il fast- food con i tanto vituperati tre tipici paninazzi di McDonald's & C.: hamburger, cheese-burger (con formaggio) e bigburger (a vari strati). Per la carne le nuove tabelle menzionano un maggior numero di tagli sia freschi, da 39 a 71, sia conservati, da 17 a 43. Tra le novità più curiose citiamo la carne di struzzo, che fornisce quasi 90 calorie per etto e un solo grammo di grassi, e la carne di cervo, che dà 91 calorie per etto con meno di un grammo di grassi. Da parte degli studiosi di zootecnica c'è ormai una tendenza al "dimagrimento" animale in modo da fornire carni con pochi grassi e il minimo di colesterolo. Le uova, ad esempio, hanno quasi dimezzato il contenuto di grassi totali, da 11,1 a 8,7 g per etto, e di colesterolo da 504 a 371 mg per 100 grammi di tuorlo. In particolare sono diminuiti i grassi saturi, quelli definiti "cattivi" perché hanno più capacità degli altri di sporcare le arterie e provocare l'arteriosclerosi. La conseguenza di questo snellimento è una minore produzione di calorie: da 156 a 128 per un etto di uovo intero. La migliore selezione delle galline e la capacità di produrre uova sin da giovane età hanno prodotto questo miracolo dietetico. Anche il prosciutto crudo, la bresaola, il salame Milano e la coppa, sono dimagriti, seguiti dal tonno sott'olio, dal gorgonzola e dalla ricotta di pecora. Ma ci sono anche cibi che hanno aumentato il loro budget calorico, come la mozzarella, i wurstel, le noci e anche il classico grana. Altre novità sono il paté di prosciutto, di pollo e di fegato, il caviale, le patatine fritte, il muesli e la minestra in scatola. Le patate si considerano crude, arrosto, bollite senza buccia e fritte.Non sono menzionati il pandoro, il couscous e il classico cappuccino, tanto amato dagli italiani. Delle carni prima si differenziava la qualità grassa, semigrassa e magra. Ora abbiamo 13 tagli con tutte le varie caratterizzazioni e ciò vale per bovini, ovini, suini e carni bianche. I salami sono suddivisi in otto qualità: brianza, cacciatore, Fabriano, Felino, Milano, Napoli, nostrano, ungherese. Del merluzzo si considerano la qualità fresca, surgelata, surgelata filetti, baccalà secco, ammollato e bastoncioni di pesce. Arriviamo alla frutta: delle mele prima si valutava una sola qualità, oggi se ne valutano otto: fresche senza buccia, annurche, deliziose, grammy smith, imperatore, renette, disidratate, cotogne. Dei fichi si valutano quattro qualità: freschi, canditi, seccati al forno e mandorlati, secchi. Delle albicocche, altre quattro qualità: fresche, disidratate, sciroppate e secche. Una dissezione così precisa non è solo utile ai dietologi ma anche ai medici e ai consumatori, che potranno sempre meglio correggere gli errori di valutazione dietetica. Giorgio Calabrese Università Cattolica, Piacenza


SCIENZE FISICHE. AMBIENTE & ASTRONOMIA Stelle protette in Valle d'Aosta Varata una legge contro l'inquinamento luminoso
Autore: P_BIA

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, ECOLOGIA
NOMI: ROMAN ANDREA, SOARDO PAOLO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, AOSTA (AO)

IL cielo stellato nella Valle d'Aosta diventa un bene protetto. Il Consiglio regionale ha approvato una legge che d'ora in poi impedirà la dispersione di luce verso l'alto disponendo l'adozione di lampade adeguatamente schermate. Con due vantaggi: un risparmio di energia elettrica, in quanto tutta la luce andrà ad illuminare le strade, e la tutela del buio della notte. Quest'ultimo aspetto non è marginale. Il cielo notturno è la nostra finestra sull'universo, stelle e pianeti sono una meraviglia della natura di cui tutti i cittadini devono poter fruire. Ancora più interessati, ovviamente, sono gli astronomi professionisti e dilettanti, che dal 1960 in qua hanno visto raddoppiare ogni 10 anni la quantità di luce dispersa verso l'alto, con il risultato che ormai dalle città è diventato impossibile scorgere persino gli astri più brillanti. Ma anche animali e piante sono disturbati nei loro bioritmi da una illuminazione sbagliata o eccessiva. Lo ha spiegato lunedì ad un convegno che si è svolto in Valle d'Aosta a Saint-Barthelemy Andrea Roman, del Dipartimento di biologia dell'Università di Padova: le piante non riconoscono più i cicli stagionali e producono meno clorofilla, uccelli migratori e insetti notturni sono deviati dalle loro rotte, persino i galli cantano in ore sbagliate. Altri interventi: Mario Di Sora, estensore di una futura legge nazionale contro l'inquinamento luminoso, ha documentato numerosi esempi di cattiva illuminazione e di spreco energetico nel nostro Paese; Paolo Soardo (Istituto Galileo Ferraris) ha descritto i vari tipi di lampade suggerendo quelli più efficienti; Pierpaolo Pierini, dell'Enel, ha presentato le iniziative dell'ente per un'illuminazione razionale dei centri abitati e dei monumenti. Il convegno, organizzato dalla Regione con la collaborazione dell'Enel e dell'Aidi (associazione degli illuminotecnici), è stato l'occasione per presentare la legge che sta per entrare in vigore in Valle d'Aosta, la seconda in Italia dopo quella del Veneto. Studiata per l'assessore Riccarand dall'ambientalista Ugo Venturella, dall'astrofisico Guido Cossard e dall'ingegnere illuminotecnico Vittorio Canale, considera "inquinamento luminoso ogni forma di irradiazione di luce artificiale al di fuori delle aree dove essa è funzionalmente dedicata e in particolare verso la volta celeste". Una speciale protezione è prevista per i siti di interesse astronomico. Tra questi c'è proprio Saint-Barthelemy, dove la Regione ha in progetto un osservatorio con finalità sia scientifiche sia didattiche. (p. bia.)


SCIENZE DELLA VITA. CAMPI DI CALCIO Un bel prato tutto da calpestare Tecniche sofisticate per il tappeto erboso
Autore: VIETTI MARIO

ARGOMENTI: BOTANICA, SPORT
LUOGHI: ITALIA

LA realizzazione di un tappeto erboso per impianti sportivi, e in particolare per i campi di calcio, richiede accorgimenti tecnici diversi da quelli adottati per un tappeto erboso ornamentale. La robustezza e la calpestabilità, necessarie per sopportare l'intenso sfruttamento cui sono sottoposte queste aree, diventano le esigenze prioritarie. Il clima italiano consente di ottenere superfici erbose ottime e durature a condizione che venga effettuata una costante e precisa manutenzione. Il tappeto erboso per impianti sportivi dovrà appoggiare su un terreno che possegga idonee caratteristiche di permeabilità all'aria e all'acqua (il compattamento ed i ristagni idrici sono i più comuni e dannosi inconvenienti riscontrabili) e che garantisca un habitat ottimale per le piantine: queste devono poter sviluppare un solido apparato radicale e naturalmente devono trovare le sostanze nutritive adatte. Un manto erboso ben radicato e fitto diventa terreno di gioco più sicuro per i calciatori e permette una maggiore regolarità nei rimbalzi. Il terreno viene preparato in base ai risultati delle analisi fisico-chimiche, effettuando le opportune correzioni. Generalmente si fa largo uso di sabbia e torba per alleggerire la struttura e si aggiungono i concimi e le sostanze organiche necessarie. Per evitare la formazione di ristagni idrici è opportuno prevedere una leggerissima pendenza verso l'esterno, oltre naturalmente installare un buon sistema di drenaggio sotterraneo. Il miscuglio di sementi deve contenere specie che posseggano requisiti di robustezza, resistenza alle basse temperature e buone capacità di recupero dopo le sollecitazioni. Le specie di graminacee più adatte sono: Poa pratensis (var. Baron, Cocktail, Conni, Cynthia, Julia). Loliun perenne (var. Amadeus, Belleuve, Cherokee, Kelvin, Lisabelle, Loretta, Repell, Verdi). Festuca rubra commutata (var. Melody, Tamara, Waldorf), Festuca rubra rubra (var. Bargena, Rubina, Tridano, Victor), Festuca rubra trichophylla (var. Libano, Mocassin), Festuca arundinacea (var. Villageoise). La manutenzione richiede interventi continui e regolari, con particolare riguardo alle concimazioni (con dosaggi più alti della norma), alla bucatura (operazione effettuata con apposite macchine provviste di fustelle rotanti che asportano tanti cilindretti di terra o "carote"; è indispensabile per aerare il suolo e ridurre il compattamento che deriva dall'intenso calpestio) e alla distribuzione della sabbia (per aumentare la permeabilità e l'aerazione del terreno). Attualmente nella costruzione dei campo di gioco si sono sviluppate nuove tecnologie per migliorare la permeabilità. Una di queste (" Cellsystem") consiste nel suddividere l'area in varie celle, ognuna con drenaggio e irrigazione sotterranea (l'acqua risale per capillarità); le vasche vengono riempite con il substrato costituito da sabbia di fiume. Superficialmente lo strato è composto di sabbia, torba e concimi. I vantaggi di questo sistema sono: smaltimento rapido dell'acqua in eccesso, risparmio idrico, sviluppo radicale verso il basso, possibilità di concimare attraverso la rete di irrigazione (fertirrigazione) possibilità di installare un riscaldamento sotterraneo. Le difficoltà che si incontrano nella manutenzione di campi di calcio con doppie gradinate sono dovute a due ordini di fattori. Le coperture provocano un ombreggiamento del terreno di gioco per gran parte della giornata ed in alcune zone addirittura il sole non riesce mai a colpire direttamente il prato. Con questa carenza di illuminazione l'erba cresce, ma è molto debole e delicata: assolutamente inadatta a subire un rustico trattamento da parte dei nostri campioni. Situazioni di ombra costante favoriscono lo sviluppo di muschi ma non di erba adatta ad un terreno di gioco. Il secondo problema, provocato dalla scarsa insolazione, è il diffondersi delle malattie fungine, ovvero alterazioni e deperimento dell'erba dovuto a funghi microscopici. Questi spargono le loro spore con il vento, raggiungono i nostri stadi e, trovando un ambiente adatto (ombroso e umido), prosperano allegramente. Inoltre i campi circondati da altissime gradinate non sono ventilati a livello del suolo. In questa situazione l'umidità è costante e favorisce lo sviluppo immediato di funghi patogeni che possono far morire vaste aree di prato. Per ovviare a questi inconvenienti è pratica comune intervenire con fungicidi specifici per tappeti erbosi, che però riescono solo a limitare i danni. E' necessario mantenere questi campi con interventi molto equilibrati usando tecniche sofisticate. Nella progettazione degli stadi è indispensabile tenere conto di queste esigenze. limitando l'altezza delle strutture e lasciando dei varchi per consentire la ventilazione a livello del suolo. Mario Vietti


SCIENZE A SCUOLA. PIETRAROJA Un parco per il dinosauro
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: ECOLOGIA, PALEONTOLOGIA
NOMI: TERUZZI GIORGIO, DAL SASSO CRISTIANO, SIGNORE MARCO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, PIETRAROJA (BN)

I suolo italiano ha dato alla luce un altro dinosauro: è successo a Pietraroja, Benevento, sul versante meridionale del massiccio del Matese. Si tratta di un cucciolo di dinosauro, eccezionalmente integro nello scheletro e negli organi interni, scoperto nel 1993 e affidato per gli studi di classificazione ai paleontologi Cristiano Dal Sasso del Museo civico di storia naturale di Milano e a Marco Signore dl Dipartimento di Paleontologia dell'Università di Napoli che attraverso la pubblicazione del loro lavoro su "Nature", prestigiosa rivista internazionale, hanno consacrato una scoperta paleontologica fra le più importanti del secolo. Il cucciolo di dinosauro è stato battezzato Scipionyx Samniticus, Artiglio di Scipione, in onore del geologo Scipione Breislak che nel 1798 descrisse per primo i fossili di Pietraroja. Scipionyx risale al Cretaceo inferiore (113 milioni di anni fa) ed è giudicato dai paleontologi di tutto il mondo come "uno dei vertebrati fossili più importanti che siano mai stati scoperti" perché nessuno prima d'ora aveva mai visto gli organi interni di un dinosauro. Si vedono chiaramente, come in una radiografia, intestino, tubo digerente e fegato protetti da una gabbia di piccole ossa; tessuti molli, fasce mucolari isolate, muscoli della base della coda, anelli cartilaginei della trachea, unghie costituite di cheratina che ricoprono gli artigli. L'analisi della costituzione interna riaccenderà il dibattito sul metabolismo di questi antichissimi rettili (a sangue freddo) e sull'orgine degli uccelli (a sangue caldo). Questa eccezionale conservazione, spiega Giorgio Teruzzi paleontologo e conservatore del Museo civico di Milano, si deve al tipo di giacimento, che è a "conservazione totale". Questi giacimenti sono assai rari. Solitamente i fossili presentano solo le parti dure degli organismi: denti, ossa, gusci; invece le lastre di calcare come quelle di Pietraroja conservano anche le parti molli: organi interni, muscoli, pelle. Nel Cretaceo questo sito era una splendida isoletta circondata da acque tranquille sul tipo degli atolli e lagune delle Bahamas. I bassi fondali marini facevano parte del Mare Tetide, che si estendeva verso la linea dell'Equatore, con temperature equatoriali. I pesci fossili di Pietraroja, bellissimi esemplari tropicali, lo dimostrano. Il nostro cucciolo lungo 50 centimetri, dagli occhi enormi e dal muso corto, tratti somatici tipicamente infantili, è morto poco dopo avere lasciato il nido, forse trascinato sul fondo della laguna dalla corrente dei fiumi e ricoperto lentamente dalle polveri in sospensione nell'acqua non molto ricca di ossigeno. Esso appartiene a una nuova famiglia di dinosauri evolutasi in un ambiente isolato; agile predatore capace di afferrare le prede con gli arti anteriori, sarebbe probabilmente cresciuto fino a raggiungere il peso di 15-20 chilogrammi da adulto. La classificazione lo pone come carnivoro lontano parente del Velociraptor. "Il fossile originale del nostro piccolo Scipionyx è conservato presso la Sovrintendenza archeologica di Salerno - dice con orgoglio Giuliana Tocco, soprintendente delle province di Salerno, Avellino e Benevento - ovviamente a disposizione degli esperti. Questo prezioso ritrovamento sarà il motore di un programma di valorizzazione e fruizione del giacimento fossillifero. Il comune di Pietraroja è in procinto di attuare una prima fase di interventi per la sistemazione del parco geopantologico. Per il 1999 sarà pronta una mostra itinerante corredata da sistemi multimediali per fare conoscere al grande pubblico le ricchezze del cuore della Campania".Pia Bassi


SCAFFALE Vanin Gabriele: "I grandi spettacoli celesti", Mondadori
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Sereno o tempestoso, di giorno o di notte, all'alba o al tramonto, il cielo è sempre uno straordinario palcoscenico per gli spettacoli della natura. Gabriele Vanin, attualmente presidente all'associazione che riunisce i dilettanti italiani di astronomia, ha scelto come tema del suo ultimo libro tre fenomeni celesti tra i più popolari, che per essere ammirati non richiedono strumenti: basta il nostro occhio. Con dovizia di fotografie andiamo così alla scoperta delle comete (il ricordo della Hale-Bopp è ancora fresco), delle stelle cadenti (cioè, più scientificamente, delle meteore) e delle eclissi di Sole e di Luna. A proposito delle eclissi totali di Sole, che sono senza dubbio lo spettacolo più grandioso ed emozionante che la natura possa offrire, l'appuntamento è per l'11 agosto anno, quando calerà il buio su una lunga striscia di Europa, dalla Bretagna alla Romania.




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