TUTTOSCIENZE 25 febbraio 98


SCIENZE A SCUOLA. L'ALBA DELLA SCIENZA MODERNA Il metodo di Galileo Come interagiscono teoria e osservazione
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, ASTRONOMIA
NOMI: GALILEO GALILEI, LIPPERHEY HANS, GIORELLO GIULIO, GILLIES DONALD, BELLONE ENRICO, DRAKE STILLMAN, DUHEM PIERRE, HARIOT THOMAS
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. La Luna vista al cannocchiale nei disegni di Galileo pubblicati nel «Sidereus nuncius»

Negli ultimi mesi del 1609 Galileo Galilei è completamente assorbito da un giocattolo che si era costruito sulla base di vaghe notizie giuntegli dall'Olanda, dove l'occhialaio Hans Lipperhey aveva combinato insieme delle lenti in modo da far sembrare vicini gli oggetti lontani. Un po' come i caleidoscopi, quei primitivi cannocchiali erano considerati semplici curiosità, stravaganze da salotto. Galileo invece pensò di puntare verso il cielo il suo cannocchiale (che ingrandiva una decina di volte), e rivoluzionò l'astronomia. La Luna rivelò montagne, pianure e crateri, Giove si mostrò circondato da quattro satelliti, Venere apparve in continua trasformazione da un dischetto a falce sottile, la Via Lattea si sciolse in un pulviscolo di stelle. Queste meraviglie Galileo le racconta nel «Sidereus Nuncius», libro piccolo ma fondamentale che pubblica nel marzo del 1610. Le descrizioni, piene di entusiasmo e di stupore, sono corredate anche da disegni. Quelli della Luna sono impressionanti. Le proporzioni tra regioni chiare e scure e le dimensioni dei crateri lungo il confine tra luce e ombra (terminatore) al primo e ultimo quarto non sono perfette. Il Mare Crisium è rimpicciolito, il cratere Tolomeo invece risulta più grande e profondo. Eppure sembra davvero di vedere la Luna al telescopio. Galileo sapeva disegnare: padroneggiava la tecnica del chiaroscuro per rendere l'idea del rilievo, della tridimensionalità, della prospettiva. Ma bastano queste doti a spiegare l'eccezionalità di quei disegni? Il filosofo della scienza Giulio Giorello, in un intervento alla Libreria Rizzoli di Milano, ha fatto notare qualche settimana fa che Galileo non fu l'unico a scrutare la Luna con un cannocchiale nelle notti limpide del 1609. In Inghilterra, per esempio, fece la stessa cosa il medico Thomas Hariot, e proprio con l'intento di disegnare una mappa solenica. Anche Hariot abbozza chiazze chiare e scure, formazioni tondeggianti, contrasti di luce. Eppure i suoi disegni sono, per così dire, muti. Perché soltanto Galileo compie il passo decisivo, e interpreta ciò che vede, e lo fa basandosi sul presupposto che Terra e Luna sono mondi simili, non corpi qualitativamente diversi - la Terra corruttibile in quanto sublunare, la Luna perfetta in quanto incastinata nel Primo Cielo - come pretendeva la dottrina aristotelica. Galileo, insomma, osserva con il telescopio, e in ciò dimostrava la sua attitudine sperimentale. Ma interpretava ciò che il suo occhio vedeva avendo in sè una teoria dell'universo. Come poi il filosofo della scienza Pierre Duhem metterà in evidenza, ogni osservazione è in effetti impregnata di teoria, più o meno consapevole. Gli aristotelici rifiutarono le interpretazioni di Galileo, i più dogmatici non vollero neppure avvicinare l'occhio al connocchiale. Ma dal loro punto di vista non avevano poi tutti i torti. In fondo lo scienziato pisano non disponeva di una teoria ottica convincente per dimostrare che le immagini del suo cannocchiale corrispondevano a oggetti reali. Nel saggio edito da Laterza «La filosofia della scienza nel XX secolo», Giulio Giorello e Donald Gillies scrivono: «L'impiego del telescopio da parte di Galileo illustra sia i vantaggi dell'uso di strumenti sia le difficoltà poste dall'interpretazione teorica dei risultati a cui essi conducono». Queste riflessioni vengono in mente leggendo Galileo: le opere e i giorni di una mente inquieta prima biografia scientifica di una serie che nei prossimi mesi accompagnerà la rivista mensile «Le Scienze», Enrico Bellone, che ne è autore (e, per inciso, dirige anche «Le Scienze»), ha infatti scelto come filo rosso del suo racconto proprio il rapporto tra teoria ed esperimento. Titolare della cattedra di storia della scienza dell'Università di Padova, Bellone si propone di «rileggere l'opera galileiana senza eccedere nel privilegiare la componente sperimentale a scapito di quella teorica, e senza dimenticare che la struttura della teoria di Galileo era meno potente di quanto spesso si immagina». E, lasciati da parte i fatti cronistici, Bellone si concentra giustamente sui nodi culturalmente cruciali del lavoro scientifico di Galileo: la disputa sulla supernova del 1604, la contrapposizione della realtà osservata al «mondo di carta» degli aristotelici, le ricerche sulla caduta dei gravi, l'applicazione del cannocchiale all'astronomia, il ricorso al linguaggio della matematica per formalizzare il comportamento della natura, le vicende che portarono alla condanna da parte del Sant'Uffizio. Una lettura utile per tutti gli studenti, ottima introduzione a quel testo splendido e definitivo ché è il «Galileo» di Stillman Drake uscito presso il Mulino una decina di anni fa. Piero Bianucci


SCIENZE DELLA VITA. FARMACI Affamare le cellule tumorali
Autore: DI PIERRO FRANCESCO

ARGOMENTI: MEDICINA, FARMACEUTICA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: CANCER RESEARCH
LUOGHI: ITALIA

NEGLI ultimi mesi dell'anno scorso un gruppo di ricercatori americani ha pubblicato su Cancer Re search, una tra le più importanti riviste oncologiche, i risultati di uno studio che assume un particolare interesse in relazione alla cura Di Bella. Vediamo di cosa si tratta. Si stima che il 33 per cento dei decessi per tumore sia dovuto a fattori dietetici. Si ritiene inoltre che opportune restrizioni caloriche siano fonte di benessere e longevità e, come più volte dimostrato, riducano l'incidenza di cancro. In effetti se si riduce l'apporto calorico a dei topolini da laboratorio modificati geneticamente per sviluppare varie forme di cancro, si nota un repentino rallentamento nello sviluppo di tali patologie. L'effetto positivo della restrizione calorica sulla longevità e sullo sviluppo del tumore viene attualmente ascritto a una conseguente riduzione del tasso metabolico cellulare. Questa riduzione sarebbe a sua volta responsabile di un'attenuazione del danno ossidativo normalmente prodotto su molecole come Dna e proteine. In parole povere, la restrizione calorica, almeno in maniera parziale, preserverebbe le strutture cellulari e tissutali dall'azione nociva dei radicali liberi dell'ossigeno e dell'azoto. Fino ad oggi sapevamo quanto detto. Questo gruppo di scienziati è però andato oltre: impiegando un ceppo murino deficiente per il gene oncorepressore p53 e un modello sperimentale di induzione pre-neoplastica basata sull'impiego di un carcinogeno, il p-cresidene, è riuscito a mettere in correlazione la ridotta incidenza tumorale, causata dalle restrizioni caloriche, con la presenza di una particolare sostanza nel sangue: l'Igf-1 (insulin-like growth factor 1). E' stato cioè notato che una riduzione calorica del 20 per cento, già di per sè capace di rallentare lo sviluppo tumorale, riduce del 24 per cento la presenza di Igf-1 circolante e che la somministrazione di Igf- 1 ad animali sottoposti a restrizioni caloriche riporta lo sviluppo neoplastico ai valori attesi. I risultati mettono in luce con sufficiente chiarezza la relazione che sussiste tra la presenza di Igf-1 e la progressione neoplastica. Gli scienziati americani concludono il loro lavoro sperimentale dicendo che, pur essendo i risultati riferibili esclusivamente a un modello di carcinoma vescicale, non è difficile immaginare che una terapia basata sull'impiego di fattori capaci di ridurre i livelli di Igf-1 possa dare buoni risultati nella cura di varie forme di cancro. Che cosa c'entra tutto questo con la cura Di Bella? E' semplice. Nell'organismo umano l'Igf- 1 viene prodotto dai tessuti in seguito alla stimolazione positiva dell'ormone della crescita, detto Gh (growth hormon). Quest'ultimo, prodotto dalla porzione anteriore della ghiandola pituitaria, è normalmente sottoposto al controllo di altre due sostanze prodotte invece a livello ipotalamico: l'ormone rilasciante l'ormone della crescita (Ghrh: growth hormon releasing hormon) e la somatostatina. Il primo è un segnale di via, il secondo è un segnale di stop. Quindi la somatostatina, controllando negativamente il rilascio dell'ormone della crescita, riduce indirettamente la produzione di Igf-1 la cui azione, come dimostrato dai ricercatori americani, può essere causa di sviluppo e progressione tumorale. Possiamo supporre che quanto dimostrato recentemente sui topolini mediante la restrizione calorica, sia da mettere in correlazione - almeno in linea teorica - con ciò che ha osservato Di Bella e cioè che un trattamento a base di somatostatina ostacoli, o almeno rallenti, lo sviluppo neoplastico. Questa scoperta, anche se sarà confermata, non intacca ovviamente la validità dell'approccio radio e chemioterapico ai tumori; al contrario tali terapie costituiscono, insieme con l'intervento chirurgico, lo strumento d'elezione per la cura del cancro. Più semplicemente, sulla base delle evidenze sopra menzionate, l'impiego della somatostatina nella terapia oncologica non appare poi così privo di un suo razionale scientifico. Francesco Di Pierro Ricercatore farmaceutico


IN BREVE Alla ricerca sul cancro quasi 5 miliardi
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: ASSOCIAZIONE ITALIANA RICERCA SUL CANCRO
LUOGHI: ITALIA

Grazie alle "Arance per la salute", l'Associazione Italiana ricerca sul cancro (Airc), ha raccolto nella giornata del 31 gennaio '98, con le offerte di 355 mila persone e il lavoro di 15 mila volontari, 4,5 miliardi di lire, che andranno a finanziare progetti di ricerca presso Istituti Oncologici ed Enti Ospedalieri in tutta Italia.


SCIENZE A SCUOLA. SECONDO GLI "AMICI DELLA TERRA" Aspettando l'idrogeno solare Energia: sarà la fonte pulita del futuro?
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: ENERGIA, ECOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: ENEA, AMICI DELLA TERRA
LUOGHI: ITALIA

L'ANIDRIDE carbonica prodotta dalle attività umane minaccia l'equilibrio dell'atmosfera terrestre; è urgente ridurre l'emissione di questo come di altri gas ad effetto serra ma gli ostacoli, politici e tecnici, sono enormi. Esiste, d'altro lato, una fonte di energia rinnovabile, anzi inesauribile e sovrabbondante, che eliminerebbe del tutto le emissioni, ed è l'energia solare. Ma l'energia solare ha un difetto fondamentale: non è continua ma intermittente a causa dell'alternarsi di giorno e notte e delle stagioni e non può essere immagazzinata. Tuttavia è possibile superare questo handicap usando l'energia solare per produrre idrogeno: lo sostiene l'associazione "Amici della Terra" che ha appena concluso uno studio compiuto per incarico del ministero dell'Ambiente. Bruciando, l'idrogeno produce quasi esclusivamente vapore acqueo; ma ha due difetti che lo hanno finora confinato nella sfera del futuribile: esplode con facilità e per essere ricavato per elettrolisi dell'acqua richiede una grande quantità di energia elettrica che a sua volta dovrebbe essere prodotta usando i combustibili tradizionali; insomma, l'inquinamento cambierebbe di posto ma resterebbe. L'energia elettrica solare, sostengono gli " Amici della Terra", permetterebbe di superare il problema. Ma anche per i proponenti la soluzione idrogeno non è per domani. Ricerche e sperimentazioni sono in corso in tutto il mondo; c'è un progetto europeo chiamato Hydro-Hydrogen Euroquebec che fa capo all'Euratom (in collaborazione con il Canada) e che ha la Germania come principale partner; l'Italia è presente con il progetto di un autobus a idrogeno dell'Ansaldo. Si lavora da tempo, in particolare in Russia, a vari progetti di aerei a idrogeno, indubbiamente interessanti perché eliminerebbero l'inquinamento dell'alta atmosfera sempre più allarmante a causa del forte aumento dei voli. Sullo stesso terreno si lavora in Usa, in Giappone, nell'Arabia Saudita, la quale, pur essendo il numero uno al mondo per la produzione di petrolio, ha vari progetti per ricavare idrogeno da fonti rinnovabili e per il suo impiego come combustibile alternativo nei trasporti. In Italia c'è un progetto dell'Enea per la produzione di idrogeno utilizzando l'energia eolica. L'idrogeno " solare", affermano gli Amici della Terra, "è compatibile, con qualche aggiustamento delle apparecchiature di utilizzo alla portata dell'odierna tecnologia, con tutte le applicazioni di utenza energetica, dalle cucine domestiche ai motori endoterminci"; esso consentirebbe di sostituire il petrolio in particolare nel settore dei trasporti permettendo di costruire motori per auto con un'efficienza e un'autonomia paragonabili a quelle a benzina o gasolio. Per quanto riguarda i problemi della sicurezza "non sono molto diversi dall'uso del metano e del gas di città con il suo contenuto del 50 per cento di idrogeno puro". Visione eccessivamente ottimistica? Niente affatto, assicurano gli autori della proposta; in Italia, riconoscono, siamo in ritardo rispetto ad altri ma possiamo recuperare; con grossi vantaggi non solo per l'ambiente ma anche per l'economia in generale dato che ciò coinvolgerebbe molte nostre industrie nella costruzione dei vari impianti per la produzione dell'idrogeno, a cominciare da quelli fotovoltaici. Tuttavia "nell'ambiente dei decisori pubblici - ammettono gli Amici della Terra - è opinione diffusa che l'argomento idrogeno sia da considerare così avveniristico da poter interessare soltanto marginalmente i finanziamenti pubblici". Vittorio Ravizza


IN BREVE Auto elettriche, pensiline fotovoltaiche
ARGOMENTI: TRASPORTI
ORGANIZZAZIONI: ENEL
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, PALERMO (PA)

Ieri l'Enel ha consegnato ufficialmente al Comune di Palermo, presso la stazione FS di Notarbatolo, quattro furgoni elettrici per trasporto promiscuo e una stazione di ricarica fotovoltaica. I veicoli saranno noleggiati ai cittadini, primo atto del progetto comunitario Zeus: "Zero and low emission vehicles in Urban society". La novità consiste anche nelle "pensiline fotovoltaiche", cioè tettoie che oltre che riparare le auto, convertono la luce del sole in energia elettrica usata per la ricarica delle batterie.


IN BREVE Codici multimediali di Leonardo da Vinci
ARGOMENTI: COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA

Per fronteggiare l'invadenza della industria multimediale americana, Info2000, programma della DGXIII, ministero della comunicazione e tecnologie dell'informazione dell'Unione Europea, che punta alla diffusione del cosiddetto "Cultural Heritage" del vecchio continente, ha presentato al Milia di Cannes i prototipi dei primi progetti. Primo titolo il "Codice del volo degli uccelli" della serie dedicata a Leonardo da Vinci, un Cd-rom elaborato da Giunti Multimedia.


MEDICINA 2000 Come ti regolo il gene Primi passi di una terapia dal grande futuro
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, GENETICA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. Le principali malattie genetiche identificate

A quale punto è la terapia genica che, per previsione pressoché unanime, rivoluzionerà la medicina del Duemila? E' il momento di parlarne. Alla fine degli Anni 70 i geni, grazie alle tecniche di clonazione, sono divenuti accessibili allo studio. Oggi conosciamo la struttura e la funzione d'un migliaio dei nostri centomila geni, e fra una decina d'anni si conoscerà la grande maggioranza di essi grazie al Progetto Genoma Umano, portato avanti in laboratori di tutto il mondo, Italia compresa. Sarà anche sempre meglio accertata la sequenza geni-malattia, ovvero i geni, uno o più, implicati nelle singole malattie. Sappiamo infatti che i geni partecipano in un modo o nell'altro a tutte le malattie, non soltanto a quelle trasmissibili ereditariamente (di queste ultime ne conosciamo 5 mila): c'è un'integrazione complessa fra patologia e geni. I geni danno origine a proteine, le principali molecole operative delle cellule, e geni difettivi inducono le cellule a produrre un quantitativo anormale d'una proteina, o una forma aberrante di essa. Il principio della terapia genica è questo: se in un malato sono identificabili i geni la cui mutazione è causa dei sintomi morbosi si inserisce nelle cellule interessate un esemplare normale dei geni al fine di compensare il difetto (riparare il gene difettoso è per ora un obiettivo irraggiungibile). Ma come può un gene terapeutico (chiamiamolo così) penetrare nelle cellule? Occorre un veicolo che lo trasporti, un "vettore", e i vettori preferibili sono i virus, che posseggono appunto la proprietà di penetrare nelle cellule e trasferire nel nucleo, sede dei geni, il proprio materiale genetico. Il gene terapeutico viene dunque "impacchettato" in un virus, naturalmente reso non patogeno, inoffensivo. I primi esperimenti di trasferimento di geni furono descritti oltre cinquant'anni fa nel 1944, quando vennero "trasformati" dei batteri introducendo un gene eterologo. Circa venti anni dopo, nel 1968, si trasferirono in cellule di mammiferi geni appartenenti a virus. Ma fu nel 1971 che si tenne negli Usa il primo workshop sulla terapia genica e furono riferiti trasferimenti di geni in rapporto con malattie ereditarie (emoglobinopatie). Era iniziata l'impresa della trasduzione di geni a scopo terapeutico. Qual è lo stato attuale? Fino ad ora si sono effettuati nel mondo più di 250 protocolli clinici di terapia genica, riguardanti oltre 1600 pazienti. Due sono le procedure di trasduzione d'un gene, denominate "ex vivo" e "in vivo". In quella ex vivo cellule prelevate dal paziente vengono manipolate e poi reiniettate. In quella in vivo, invece, il vettore del gene è immesso direttamente entro l'organo malato. Quanto ai virus vettori, i più utilizzati sono i retrovirus e gli adenovirus. Vengono sperimentati anche vettori chimici, molecole che si legano al Dna che si vuole trasferire: sembrano molto promettenti per la loro semplicità strutturale e la facilità di ottenerli. Si è visto però che la terapia genica avrebbe bisogno di vettori più efficaci e con minori limiti, e la ricerca di nuovi vettori è all'ordine del giorno. La tendenza attuale è dunque una intensificazione delle ricerche di laboratorio per migliorare significativamente i vettori. Perciò oggi la prima ondata di prove cliniche sull'uomo è da considerare conclusa. Si può osservare in proposito che finora nessun malato è stato guarito dalla terapia genica e si sono avuti soltanto miglioramenti temporanei, ma bisogna ricordare che si trattava di solito di osservazioni limitate alla prima fase, quella della fattibilità e innocuità dell'atto curativo, e che effetti sulla malattia in seguito al trasferimento dei geni si sono avuti. Sono una decina le principali patologie saggiate con la terapia genica, negli Usa e in Europa (anche in Italia: è stato eseguito nel 1991 il primo intervento di terapia genica in Europa, a Milano da Claudio Bordignon). Una prima categoria comprende malattie ereditarie vere e proprie, la più studiate delle quali sono la fibrosi cistica (detta anche mucoviscidosi), una malattia frequente con progressiva insufficienza respiratoria e disturbi gastrointestinali, e il deficit di ADA (l'enzima adenosina-deaminasi) determinante una fatale deficienza di immunità; oggetto di studio sono state anche l'ipercolesterolemia famigliare (tasso elevato di colesterolo nel sangue), l'anemia di Fanconi, la distrofia muscolare di Duchenne e altre. Una seconda categoria comprende malattie acquisite, fra le quali in modo particolare i tumori, con diverse strategie: stimolazione d'una risposta immunitaria antitumorale, ricerca d'un gene che intervenga nella regolazione del ciclo cellulare, trasduzione d'un gene "suicida", così chiamato in quanto provoca la produzione, da parte delle cellule cancerose, di sostanze che ne determinano la dissoluzione. Si pensa anche di agire contro Hiv, il virus dell'Aids, introducendo un gene terapeutico nei linfociti più gravemente danneggiati dal virus. Concludendo, la terapia genica è una delle più importanti sfide della medicina moderna, rappresentando l'unica speranza di vincere ineluttabili malattie. Anni di ricerche e di prove cliniche hanno consentito di progredire nelle tecniche per disporre di geni terapeutici, allestire il vettore che li conduca nelle cellule e ottenerne l'espressione nel momento e nella sede adeguati. Tutto questo ci fa entrare senza dubbio in una nuova era della medicina. Attenzione, però, a non considerare la terapia genica come una panacea, col rischio di generare delusioni. Vi sono infatti altrettante strategie di terapia genica quante sono le malattie da trattare, ognuna di queste ponendo problemi specifici, e numerosi essendo i problemi che rimangono da risolvere prima che i pazienti possano trarne beneficio. Certo è difficile per ora rispondere chiaramente ai pazienti che chiedono notizie sulle prime terapie geniche. Non v'è dubbio comunque che tutto ciò offra un potenziale a lungo termine per la cura delle malattie. Entro una decina di anni la terapia genica potrebbe diventare operativa. E' importante prepararsi, vista la posta in gioco. Ulrico di Aichelburg


SCAFFALE Corbellini Gilberto: "Le grammatiche del vivente", Laterza
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: BIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

La biologia molecolare è un campo scientifico giovane ma che può già vantare straordinari risultati conoscitivi e applicativi. Questo volume ce ne offre una panoramica completa. Laureato in filosofia della scienza, Corbellini lavora all'Istituto di parassitologia dell'Università La Sapienza di Roma.


IN BREVE Corsi di Energetica al Politecnico di Torino
ARGOMENTI: DIDATTICA
ORGANIZZAZIONI: POLITECNICO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

Al Politecnico di Torino sono aperte le iscrizioni per l'anno accademico 1997/98, al Corso di perfezionamento in Energetica (2 marzo-30 giugno), riservato ai laureati in discipline scientifiche (ingegneria, architettura, matematica, chimica e fisica). Argomenti delle lezioni: uso razionale dell'energia e risparmio energetico, fonti rinnovabili e non, impianti nucleari, fusione nucleare, impatto ambientale e analisi dei rischi. Iscrizioni entro il 27 febbraio. Informazioni presso la segreteria: Milena Vicentini, 011/564.44.03.


SCAFFALE Churchland Paul M.: "Il motore della ragione e la sede dell'anima", Il saggiatore
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: PSICOLOGIA, BIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Un viaggio nel cervello umano dai neuroni alla percezione sensoriale, fino al complesso problema della coscienza. Lettura chiara e avvincente. Un occhiale stereoscopico accompagna il volume per consentire semplici esperimenti di psicologia della percezione. Churchland è professore di filosofia all'Università della California a San Diego. Questo libro è stato un bestseller negli Usa.


Domare il rigetto La scoperta di una biologa italiana
Autore: U_DI_A

ARGOMENTI: GENETICA, BIOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: RONCAROLO MARIA GRAZIA
ORGANIZZAZIONI: UNIVERSITA' DI TORINO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
TABELLE: T. Terapia genica dei tumori

NELLA grande impresa della terapia genica vi è anche il problema dell'eventuale rigetto, da parte del paziente, delle cellule nelle quali è stato inserito il gene terapeutico. Per esempio nella terapia genica dei tumori una particolare strategia è basata sulla modificazione delle cellule tumorali d'un paziente con geni che codificano per le citochine. Queste ultime sono proteine prodotte dai linfociti B e T, gli elementi del sangue che costituiscono il sistema immunitario. Le citochine, per così dire, attirano l'attenzione del sistema immunitario verso il tumore, sì da stimolare una risposta utile per combattere il tumore stesso. Un importante contributo a questi studi è stato dato recentemente, nell'ambito del progetto Telethon, dalla biologa Maria Grazia Roncarolo, professore associato di pediatria nell'Università di Torino. Ricerche compiute negli Stati Uniti sulla reazione di rigetto, una delle cause di insuccesso della terapia genica, hanno portato Maria Grazia Roncarolo alla identificazione di cellule T-regolatrici le quali sopprimono la risposta dei linfociti T nei confronti di cellule incompatibili (cellule T-regolatrici di tipo 1, o Tr 1). La soppressione è mediata dalla citochina L- 10, o interleuchina 10 (IL-10), che ha dunque un ruolo fondamentale nell'indurre la tolleranza immunologica, in altri termini nell'evitare il rigetto. Maria Grazia Roncarolo ha messo a punto metodi per isolare e fare crescere in vitro le cellule Tr1, cosicché queste possono diventare disponibili e utilizzabili anche nella prevenzione del rigetto dei trapianti d'organo e nella cura di malattie autoimmuni o di malattie infiammatorie croniche. Le ricerche proseguono nell'Istituto Telethon per la terapia genica, diretto a Milano da Claudio Bordignon. (u. di a.)


SCIENZE FISICHE. TELECOMUNICAZIONI: ADSL Fili di rame, rivincita Si integreranno con la fibra ottica
Autore: BALBONI GIAN PAOLO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. La tecnologia Adsl nella rete di accesso

ADSL, sigla salita agli onori della cronaca in queste ultime settimane, è un acronimo inglese che significa Asymmetric Digital Subscriber Line, nome di una particolare tecnologia trasmissiva capace di usare in modo assai efficace il normale filo del telefono che entra nelle nostre case. Uno dei problemi che la ricerca ha affrontato in questi ultimi anni è stato quello di inventare nuove soluzioni per realizzare una rete di telecomunicazioni capace di portare la multimedialità negli uffici e nelle case. Quella che i tecnici chiamano "rete a larga banda". E nel lavorare per questo obiettivo c'è grande attenzione alle soluzioni che consentono di sfruttare al meglio una parte della rete già installata. Facciamo qualche semplice considerazione, guardando in casa nostra ma ricordando che buona parte d'Europa si trova in una situazione simile. In Italia si contano oggi oltre 30 milioni di linee telefoniche installate. Si può allora stimare di avere circa 60 milioni di chilometri di cavo che, posato in buona parte nel sottosuolo, collega il nostro telefono alla prima centrale di telecomunicazioni. Questa è una quantità sufficiente a fare 1500 volte il giro della Terra. Utilizzare queste risorse per il multimediale è allettante ma non banale, e infatti si sono costituite delle iniziative coordinate a livello mondiale per scovare nuove idee e sperimentare nuovi prodotti. Una di queste è Fsan, che raduna 24 importanti aziende di telecomunicazioni fra cui anche Cselt, il centro di ricerca torinese del Gruppo Telecom Italia, e che terrà il suo terzo workshop internazionale a Venezia alla fine di marzo (vedi http://www.cselt.it/Fsan98/index.html). Oggi la famiglia di tecniche Dsl (Adls è una di quelle possibili) ci presenta una prospettiva interessante, basata sulla considerazione che per l'utente è più importante poter ricevere grandi quantità di dati che poterli trasmettere. Finora collegando un modem alla nostra presa telefonica possiamo fare accessi Internet a 34 mila bit al secondo (56 mila per gli appassionati delle ultime novità), e questa velocità è la stessa sia per le informazioni che inviamo (generalmente poche) sia per quelle che riceviamo. Con le tecnologie Dsl questa capacità può venire aumentata di 10-20 volte nel verso di trasmissione e ben 50-100 volte nel verso di ricezione. Facendo un paragone con il mondo dei trasporti, questo aumento è equivalente a quello che si ha quando passiamo dall'uso di una biciletta, con cui fare scampagnate alla velocità di 30 km/ora a quello di un jet supersonico che ci scarrozza nei cieli a 1500 km/ora, circa match 1,2. In questo modo il filo del telefono diventa veramente un canale multimediale a tutti gli effetti, capace di trasportare immagini grafiche, animazioni, filmati. Ma come avviene questa specie di miracolo? Per esempio trasmettendo sul filo non un solo segnale elettrico, ma ben 256 segnali distinti, le cosiddette frequenze portanti, la prima delle quali a 4 kHz, e l'ultima a poco più di 1 MHz. Ognuna di queste frequenze si fa carico di trasportare un numero di bit variabili da 1 a 10 a seconda delle caratteristiche elettriche esibite dal doppino in questione. Infatti il modem trasmettitore e quello ricevitore si mettono d'accordo nella fase di accensione sul numero di bit da assegnare a ogni portante per garantire il miglior risultato possibile su quel filo di rame. Poiché tutti questi segnali viaggiando contemporaneamente sul doppino generano una unica forma d'onda, il punto di ricezione deve essere capace di separarli nuovamente per ricostruire l'informazione originale. Per fare questa operazione sono essenziali complicati algoritmi matematici, realizzati con microelettronica sofisticata. E grazie al fatto che, con il miglioramento della tecnologia di produzione, ogni due anni la massima complessità raggiungibile da un circuito integrato può circa raddoppiare, ecco che nel giro di 3-4 anni idee inizialmente poco realizzabili diventano fattibili in modo ragionevolmente sicuro ed economico. Questo è quanto capitato alle tecnologie Dsl. Guardando ancora al nostro Paese, nel 1995 una soluzione industrialmente disponibile per cominciare la realizzazione di una rete con capacità multimediali era basata sulla combinazione di tratte in fibra ottica e tratte in cavo coassiale. Oggi diventa possibile realizzare una rete di prestazioni simili combinando opportunamente una parte di fibra ottica con quel filo di rame che già entra in quasi tutti i nostri appartamenti per il servizio telefonico, risparmiando così costi e disagi connessi alla realizzazione di nuovi impianti entro le mura domestiche. Ma un modem Dsl, in sostanza un discendente più sofisticato, grosso e costoso del modem che oggi usiamo per collegarci a Internet, ha anche un'altra caratteristica: riesce ad andare così veloce solo su distanze relativamente piccole, da qualche centinaio di metri a 2 chilometri, a seconda del tipo. Quindi per fare collegamenti su distanze più grandi continua a essere indispensabile la fibra ottica. D'altro canto un vantaggio offerto dalle tecnologie Dsl sta nella flessibilità della architettura di rete che si può realizzare. La terminazione ottica, questo è il nome del nodo dove si ferma la parte in fibra e comincia quella in rame, può essere collocata più vicino a chi richiede il servizio o può fermarsi più lontano, a seconda del contesto urbanistico e del tipo di utilizzo previsto. Nel 1997 sono state realizzate le prime sperimentazioni sul campo con questa nuova famiglia di tecnologie, e ne stiamo raccogliendo i frutti e le esperienze. Una sperimentazione importante si sta facendo a Torino, nell'ambito del progetto Torino 2000 (http://www.to2000.net) che, nato da un accordo fra il Comune e Telecom Italia e sviluppato con il supporto di Cselt, vede oggi oltre cento utenti (scuole, enti pubblici ed istituzioni) che usano Adsl per realizzare quelle sperimentazioni multimediali che sono la base della futura città digitale. Gian Paolo Balboni


SCAFFALE Finucane Ronald C.: "Fantasmi", Ed. Avverbi; Polidoro Massimo: "Sei un sensitivo?", Ed. Avverbi
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Esistono i fantasmi? Come si spiegano le premonizioni dei "sensitivi" ? Che cosa si può dire scientificamente di questi presunti fenomeni? Ecco due libri che danno risposta a queste domande. Le conclusioni, ovviamente, sono scettiche. Ma le curiosità storiche e antropologiche sono innumerevoli. Fantasmi e sensitivi sono interessanti anche se non si è così ingenui da crederci.


SCAFFALE Guidi Remo L.: "Il dibattito sull'uomo nel Quattrocento", Tielle Media
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: EPISTEMOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

L'UMANESIMO è stato uno straordinario momento di incontro tra le due culture, quella filosofico- letteraria e quella scientifica. Ed è stato anche forse l'unico momento storico nel quale l'Europa ha avuto una cultura davvero unitaria. Ma qual è l'humus nel quale l'umanesimo affonda le sue radici? L'idea generalmente diffusa è che questo humus sia essenzialmente laico, con forti collegamenti al tessuto economico e politico. Di qui a contrapporre la cultura del Medioevo, preservata nei monasteri, alla cultura dell'umanesimo, promossa nelle corti e nei palazzi dei mecenati, il passo è breve. Un'altra tesi data per scontata è che la scienza moderna germogli appunto dal laicismo dell'umanesimo in contrapposizione alla superstizione e alla religiosità medievale. Un volume di oltre mille pagine, frutto di trent'anni di ricerca negli archivi e nelle biblioteche di mezza Europa, rivoluziona questi luoghi comuni. In realtà, dimostra Remo L. Guidi, l'umanesimo, incluso quello a caratterizzazione scientifica, ebbe in ambito religioso un terreno di coltura altrettanto importante. E si apprendono, dal lavoro di Guidi, notizie poco note e talvolta insospettate: il Ficino, profeta della rinascita del pensiero platonico, era un sacerdote e gran parte dei suoi sforzi furono diretti a mettere d'accordo Platone con Sant'Agostino; Leon Battista Alberti, grande architetto, fondatore degli studi di prospettiva, studioso di matematica e geometria, era diacono; una vocazione religiosa si annidava anche in Angelo Poliziano, per non parlare di Piccolomini, figura con la quale un esponente dell'umanesimo assurge al trono pontificio. Onore al piccolo editore Tielle Media (fax 06- 679.28.13) che ha creduto in un'opera così impegnativa.


CHIRURGIA DI FRONTIERA Il trapianto delle arterie
Autore: MERLO MAURIZIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Sezione di una arteria, di una vena e di un capillare

LA chirurgia vascolare ha compiuto negli ultimi vent'anni progressi importanti nel trattamento delle malattie dei vasi sanguigni: oggi si opera un numero sempre maggiore di pazienti un tempo giudicati inoperabili grazie al progresso compiuto dalla tecnica anestesiologica e grazie alla disponibilità di materiali per protesi sempre più perfezionati. Sono passati più di 45 anni da quando nel 1952 Dubost, a Parigi, sostituì per la prima volta l'aorta addominale di un paziente affetto da aneurisma con un segmento protesico. Da allora l'evoluzione e il miglioramento dei materiali sono stati continui e oggi disponiamo di protesi veramente valide sia dal punto di vista della durata sia dal punto di vista della maneggevolezza, il che consente di applicare queste "arterie artificiali" anche su vasi di piccolo calibro. Attualmente si utilizza sempre come by-pass, quando possibile, la vena grande safena della gamba o un'altra vena "secondaria" del paziente; ma queste vene sono di piccolo calibro, per cui quando si interviene su arterie di grosso calibro come l'aorta bisogna sempre ricorrere a materiali artificiali. L'unico problema per adesso non risolto delle protesi, non solo vascolari, è quello delle infezioni, in quanto questi materiali sintetici non sono in grado di difendersi dai germi, anzi se vi è una infezione importante nel sangue del paziente essi fungono da sede di possibile insediamento di germi. Ecco che allora l'infezione, lavorando lentamente, porta a un possibile distacco della protesi dall'arteria con il rischio di una importante emorragia e grave pericolo per la vita del paziente: questo rischio è ovviamente alto quando il vaso interessato sia l'aorta, dato il suo calibro e la sua posizione anatomica che non ne consente la compressione dall'esterno. Nel 1988 l'equipe del professor Kieffer ha iniziato a sostituire le protesi aortiche infette con segmenti di aorta prelevati da cadavere nel corso di prelievi multi-organo a scopo di trapianto. Si è così constatata una maggiore resistenza di queste "protesi naturali" alle infezioni in quanto, trattandosi di materiale biologico, esse si difendono di più dai germi rispetto alle protesi sintetiche. Se infatti sostituiamo una protesi artificiale infetta con un'altra, non facciamo altro che protrarre l'infezione stessa nel tempo, con le ovvie conseguenze. L'esperienza del gruppo parigino è stata di 110 casi trattati fino al dicembre 1996: l'incidenza di complicanze risulta inferiore rispetto ai pazienti trattati in precedenza con il sistema tradizionale. Ma ciò che ha colpito maggiormente è la riduzione di circa la metà delle complicanze mortali rispetto al trattamento tradizionale, anche perché in quest'ultimo caso tutte le complicanze mortali erano legate alla recidiva dell'infezione. Ritengo però doveroso dire anche che con il trapianto di aorta o altri segmenti vascolari non abbiamo risolto completamente il problema delle infezioni protesiche; si sono infatti presentati dei problemi legati al trapianto stesso, dovuti in parte a reazioni di rigetto, in parte alle possibili lesioni della parete arteriosa conseguenti alla conservazione. Il rigetto è un'evenienza sempre possibile quando si innesta un qualunque tessuto in un altro organismo e nel caso dell'aorta questo evento potrebbe portare a un deterioramento del segmento trapiantato. Le alterazioni della parete aortica conseguenti alla conservazione possono portare a un indebolimento della parete stessa con possibili rotture. In entrambi i casi si rende necessario un nuovo intervento chirurgico che comporta il posizionamento di una protesi artificiale; però quest'ultima è meno esposta al rischio di infezione in quanto, durante il tempo in cui il trapianto ha funzionato, la terapia antibiotica che il paziente ha comunque eseguito per parecchie settimane dovrebbe aver provocato una sterilizzazione del focolaio settico. In pratica oggi disponiamo quindi della possibilità di sostituire una protesi vascolare infetta con un segmento arterioso prelevato da cadavere e conservato presso "una banca dei tessuti" ad una temperatura di -90 oC. Questa possibilità ci permette di migliorare la sopravvivenza dei pazienti con protesi aortica infetta ma ci pone altri problemi che solo l'esperienza maturata nel tempo e il confronto tra le varie scuole permetterà di risolvere. Certo ci vorrà tempo, anche perché per fortuna l'incidenza di infezioni delle protesi aortiche è intorno all'uno per cento e quindi il numero dei pazienti trattati cresce lentamente. Maurizio Merlo


SCIENZE A SCUOLA. VOCABOLARIO L'effetto serra in inglese E i tanti significati di "range"
Autore: CARDANO CARLA

ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA

NEL nostro bagaglio di vocaboli inglesi non possono mancare i termini che riguardano l'ef fetto serra: vediamo quindi un brano che ne parla, esaminando, come in precedenti occasioni, solo quei vocaboli il cui significato non è nè immediato nè ovvio o che addirittura si prestano a una traduzione sbagliata a causa della somiglianza ingannevole con parole italiane. The atmosphere allows a large per centage of the rays of visible light from the Sun to reach the Earth's sur face and heat it. A part of this energy is reradiated by the Earth's surface in the form of long-wave infrared ra diation, much of which is absorbed by molecules of carbon dioxide and wa ter vapour in the atmosphere and which is reflected back to the surface as heat. This is roughly analogous to the effect produced by the glass panes of a greenhouse, which transmit sunlight in the visible range but hold in heat. The trapping of this infrared ra diation causes the Heath's surface and lower atmospheric layers to warm to a higher temperature than would otherwise be the case. Without this greenhouse heating, the Earth's average temperature would be only about - 73o C (...). Owing to the rise in atmospheric corbon dioxide caused by modern in dustrial societies' widespread com bustion of fossil fuels (coal, oil, and natural gas), the greenhouse effect on Earth may intensified and long- term climatic changes may result. (...). "Greenhouse effect". Britannica CD. Version '97. Enciclopedia Bri tannica, Inc., 1997. Rays: Plurale di ray = raggio. Qui si tratta di raggi di luce visibile. In modo analogo abbiamo ultraviolet rays, X- rays, cosmic rays e così via. Come verbo vuol dire irradiare. L'origine è dal latino radius = raggio. Un altro significato di ray è: razza (il pesce]). long-wave: onda lunga; wave è riferito, come in italiano, sia ai moti oscillatori di un liquido, sia a quelli che sono alla base dei fenomeni sonori, luminosi, sismici eccetera. Da ciò l'ampio uso della parola, spessissimo associata ad altre, come nei seguenti esempi fra i tanti: wave theory = teoria ondulatoria, wave function = funzione d'onda, wavelenght = lunghezza d'onda, waveband = intervallo di lunghezze d'onda. greenhouse: serra, da cui green house effect = effetto serra. range: parola comunissima nel linguaggio scientifico e tecnico, dove assume specifici significati riconducibili a gamma, intervallo, come nell'esempio proposto o come in altri casi fra cui: range of tide = intervallo di marea, operating range = raggio d'azione; in statistica range = campo di variazione; in matematica: dominio di una funzione; nelle scienze naturali: area di distribuzione di una specie in natura. In accezione un po' diversa: range = catena montuosa. trapping: come verbo trap significa genericamente intrappolare ed è usato in questa accezione anche nelle scienze; come sostantivo si comporta nello stesso modo. Trap o traprock sono termini usati per indicare una generica roccia ignea effusiva, o anche per rocce in cui è rimasto imprigionato petrolio o gas naturale. layers: plurale di layer termine ampiamente usato con il significato di strato. In geologia tuttavia spesso si preferisce usare stratum oppure bed. fuels: al singolare fuel, che indica qualsiasi tipo di combustibile o carburante, come si evince dal testo. oil: concludiamo con un " quasi falso amico". Infatti oil, non associato ad altre parole, significa petrolio, olio combustibile, nafta, gasolio. Olive oil, vege table oil sono invece i vari oli commestibili. Carla Cardano


SCIENZE DELLA VITA. PROGRAMMA VENTENNALE L'Oms contro la filariosi Una grave malattia diffusa nelle zone tropicali
Autore: PROVERA ADRIANO

ARGOMENTI: MEDICINA
NOMI: LESCHLY JAN
ORGANIZZAZIONI: OMS ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA', SMITHKLINE BEECHAM
LUOGHI: ITALIA

L'ORGANIZZAZIONE mondiale della Sanità intende debellare la filariosi linfatica, una malattia tropicale che oggi affligge oltre 120 milioni di persone di 73 Paesi. Per farlo si è data anche un preciso tempo: venti anni. E ha definito un programma d'interventi sostenuto dall'industria farmaceutica SmithKline Beecham che ha messo a disposizione gratis un farmaco, l'albendazolo. "Daremo le dosi necessarie per tutto il periodo indispensabile" spiega l'amministratore delegato, Jan Leschly. "Inoltre forniremo anche un supporto per l'assistenza e l'educazione sanitaria". La filariosi linfatica è una grave malattia caratteristica delle regioni tropicali e sub tropicali del globo. La causa è un verme nematode (rotondo) patogeno: il Wuchereria bancrofti o il Brugia malayi. Il parassita nella forma adulta (circa 4 centimetri di lunghezza per il maschio e 6-10 la femmina) vive nei vasi e nel gangli linfatici dell'uomo. Quando è nella forma embrionale (microfilarie) misura al massimo 300 micron e si muove nel sangue. La diffusione delle microfilarie avviene per opera delle zanzare (dei generi Culex, Aedex, Anopheles, Mansonia) che prima le assorbono con il sangue di una persona malata e poi, esauriti due stadi di trasformazione del verme, con lo stesso sistema le trasmettono ad uno sano. La malattia non si manifesta subito. Le filarie, una volta entrate nell'organismo, sopravvivono per 4-6 anni moltiplicandosi nelle linfoghiandole. E solo dopo un anno è possibile scoprirne la presenza con un controllo del sangue. La conseguenza non è fatale ma devastante. La filariosi infatti determina gravi deformità agli arti e ai genitali oltre a danneggiare i reni. Le persone malate hanno un aumento di volume degli arti (elefantiasi) causato dal blocco della circolazione linfatica. L'albendazolo, il farmaco messo a disposizione dalla SmithKline Beecham, è in grado di distruggere (da solo o con un altro antiparassitario) in larga percentuale i vermi annidati ed eliminare il 99 per cento delle larve circolanti. "L'azione di una dose dura un anno" dicono gli specialisti. "Il trattamento quindi consiste in una somministrazione all'anno per quattro o cinque anni. In questo modo si interrompe il passaggio delle larve dai soggetti malati ai sani, prevenendo il diffondersi della malattia". Adriano Provera


SCIENZE DELLA VITA. STUDI A NOVOSIBIRSK Le formiche sanno contare Gli esperimenti di una ricercatrice russa
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ETOLOGIA
NOMI: REZNIKOVA ZH., VON FRISCH KARL
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, CSI, RUSSIA, NOVOSIBIRSK

CHE le formiche siano animali di indubbio successo, lo sa anche chi non è esperto di entomologia. Occupano una posizione dominante all'interno di un ecosistema e come foraggiatrici non hanno rivali, come dimostrano scovando il nostro cibo durante una merenda nei prati. Ma ora sembra che siano pure capaci di contare e di scambiarsi informazioni quantitative con un linguaggio astratto che non ha nulla da invidiare a quello delle api. Lo proverebbero gli esperimenti della ricercatrice russa Zh. I. Reznikova, eseguiti nei laboratori di ecologia di Novosibirsk a partire dagli Anni 80. I risultati, pubblicati anche su riviste internazionali, sono stati finora ignorati dalla comunità scientifica occidentale. Ma se saranno confermati, costituiscono una scoperta pari a quella di Karl von Frisch sulla danza delle api. Il successo delle formiche sta nel numero (in un formicaio vivono migliaia di sorelle, figlie della stessa regina) e nella capacità di esercitare un efficiente controllo spaziale sul territorio. Tornate nel nido, le esploratrici sono capaci di reclutare le sorelle verso una fonte di cibo, evidentemente fornendo le istruzioni su come trovarlo. In situazioni analoghe le api mimano con la danza la direzione da prendere rispetto al sole, ma le formiche? Si sa che hanno un sistema di comunicazione basato sull'uso di più linguaggi: chimico, con la sintesi di odori; sonoro, con l'emissione di suoni; visivo, attraverso la mimica, tattile, attraverso contatti con le antenne. Si sa anche che marcano i sentieri con l'odore e forse si passano altre informazioni scambiandosi il cibo di bocca in bocca. Ma secondo la Reznikova nessuno di questi è sufficiente per indicare la direzione. Le formiche devono possedere un sistema di comunicazione molto più complesso, finora non ancora noto. Forse un linguaggio in codice durante i contatti con le antenne, come è stato più volte supposto e mai confermato? Per scoprirlo la Reznikova ha proposto a formiche di varie specie (Formica polyctena, F. sanguinea, F. cuni cularia, Campono tus saxatilis, Myrmica rubra) un percorso con una geometria definita per raggiungere il cibo: un labirinto a forma di albero che a distanze regolari si biforca in due rami, ciascuno terminante con una mangiatoia. Nel caso più semplice c'è una sola biforcazione, in quello più complesso sei. Su tutte, una sola mangiatoia contiene il cibo. A ogni biforcazione la formica deve scegliere se prendere a destra o a sinistra: nel caso più semplice ha davanti a sè due scelte, nel caso più complicato trentadue. Per costringere le formiche a non seguire altre vie, il labirinto era sistemato in una vasca con acqua e collegato attraverso un ponte al formicaio. Per stimolarle con una giusta motivazione, le formiche ricevevano il cibo ogni due o tre giorni e soltanto nel labirinto. L'esperimento consisteva nel porre una esploratrice sulla mangiatoia con il cibo e nel lasciarla tornare da sola al formicaio, dove veniva osservata nelle interazioni con le sorelle attraverso una parete trasparente. Nel frattempo il labirinto veniva sostituito con uno uguale (caso mai l'esploratrice avesse lasciato la traccia con il suo odore) e alla partenza delle prime foraggiatrici l'esploratrice veniva isolata (caso mai si mettesse a fare da guida). I risultati hanno dell'incredibile. Ritornata al nido, l'esploratrice aveva una serie di contatti antennali con alcune sorelle. Ebbene, queste formiche andarono difilate alla mangiatoia con il cibo muovendosi nel labirinto senza commettere errori. Evidentemente avevano seguito una serie di informazioni del tipo: svolta a destra, svolta a sinistra, dimostrando che l'esploratrice aveva memorizzato il percorso e trasmesso in modo corretto l'informazione. Ma c'è di più. Se noi uomini dobbiamo passare un messaggio fatto di quattro unità di informazione come questo: destra, destra, destra, destra, come ci regoliamo? In genere sintetizziamo così: quattro volte destra. Ebbene, secondo la Reznikova le formiche fanno altrettanto, perché in questo caso il contatto fra l'esloratrice e una sorella dura molto meno di quando le quattro unità di informazione sono diverse fra loro. Insomma le formiche dimostrano di sapere riconoscere la regolarità in un messaggio quantitativo sintetizzandone una versione più breve. Neanche fossero esperte di matematica algebrica. E a proposito di numeri, veniamo alla loro capacità di contare. Questa è stata dimostrata con un labirinto a forma di pettine, cioè formato da un canale rettilineo dal quale a distanze costanti si staccano ad angolo retto dei rami laterali. Il numero dei rami variava da un minimo di venti a un massimo di oltre cinquanta, tutti terminanti con una mangiatoia. Stessa procedura dell'esperimento precedente: l'esploratrice partiva dall'unica mangiatoia contenente il cibo per ritornare al nido, dove prendeva contatto con le sorelle; quindi il labirinto veniva sostituito con uno uguale e l'esploratrice era isolata alla partenza delle prime foraggiatrici. Caso mai l'orientazione spaziale avesse avuto una qualche importanza, gli esperimenti vennero ripetuti con un labirinto circolare. Risultato: le foraggiatrici dimostravano di sapere trovare il ramo con il cibo senza fare sbagli, che fosse il ventesimo, il trentaduesimo o il cinquantesimo. A rendere la cosa ancora più interessante, sta il fatto che la foraggiatrice andava fino alla fine del canale principale e poi tornava indietro, come se numerasse il ramo con il cibo rispetto al fondo piuttosto che al punto di entrata. Quanto al sistema numerico, secondo la Reznikova quello delle formiche potrebbe essere simile a quello arcaico umano, dove " dito" significa uno, "dito, dito" due e così via. Infatti il tempo speso nel contatto tra due formiche per trasmettersi una quantità come quaranta è doppio che per venti. Per noi sapiens sapiens è molto più breve, ma che importanza ha? Se credevamo di essere le uniche creature capaci di un pensiero astratto, beh, ci sbagliavamo di grosso. Maria Luisa Bozzi


SCAFFALE Livi Bacci Massimo: "Storia minima della popolazione del mondo", il Mulino
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: DEMOGRAFIA E STATISTICA
LUOGHI: ITALIA

Sono sei miliardi gli uomini che si affacciano al terzo millennio. Mai la Terra è stata così popolata, e la grande espansione è avvenuta tutta negli ultimi cinquant'anni. Quali meccanismi regolano le popolazioni? Quanti abitanti può ospitare il nostro pianeta? Livi Bacci, demografo di fama internazionale, analizza questi problemi e discute le possibili politiche demografiche del futuro, cercando un punto di equilibrio tra il rispetto della persona e la potenzialità delle risorse. (p. bia.)


SCIENZE DELLA VITA. ANTICONCEZIONALI Meno estrogeni nella pillola Una formula per ridurre gli effetti secondari
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: MEDICINA
LUOGHI: ITALIA

IN Europa nel 1987 la percentuale di donne in età fertile che praticavano la contraccezione raggiungeva solo il 6%. Oggi siamo passati al 30%. In Francia e in Olanda le donne in età fertile che ricorrono alla contraccezione sono il 44,4%, mentre in Italia la percentuale è limitata al 16,4%. Il ricorso alla pillola, negli ultimi 15 anni, ha dimezzato le interruzioni di gravidanza nel nostro Paese. I giovani tendono a prediligere il profilattico nei rapporti occasionali e a rischio, per il problema Aids. Nell'ambito matrimoniale e nelle relazioni "stabilizzate", invece, la pillola guadagna terreno: viene indicata come "pillola della fedeltà" (nei decenni scorsi veniva indicata come simbolo di "trasgressività"). In realtà, nell'era moderna, si è avuto un allungamento del periodo di attività sessuale. L'anticipo del menarca e del primo rapporto, associati ad uno spostamento della menopausa, hanno protratto l'attività sessuale feconda della donna dai 29 anni dell'inizio di secolo, ai 41 di oggi. Ecco perché la contraccezione diviene un mezzo per migliorare la qualità della vita, e la ricerca scientifica è continuamente rivolta a studiare molecole più affidabili con il minor dosaggio ormonale. Per quanto riguarda la riduzione della componente estrogenica, si è passati, nel corso degli anni, dagli elevati contenuti ormonali della pillola di Gregory Pincus (sperimentata nel 1953 sulle donne in età feconda di Haiti e di Puerto Rico) agli attuali 20 microgrammi di etinilestradiolo. Si è poi trovato un progestinico di sintesi (gestoden) caratterizzato da un profilo di attività simile a quello del progesterone naturale e da una notevole efficacia a basse dosi (75 microgrammi), senza necessità di trasformazioni a livello epatico. L'associazione delle due molecole a basso dosaggio consente di ridurre gli effetti indesiderati (nausea, cefalea, ritenzione idrica, tensione mammaria) e di consentire l'impiego anche nelle adolescenti che necessitano di un riassestamento ormonale. Recenti indagini pubblicate sul British Medical Journal indicano che la formulazione a basso dosaggio riduce il rischio di infarto nelle fumatrici. Se nelle donne fumatrici il rischio cardiovascolare è 7 volte superiore, rispetto alle non fumatrici, in quelle che fumano e prendono la pillola è solo 3 volte maggiore. A ciò vanno aggiunti i notevoli effetti protettivi già noti sul tumore dell'endometrio e dell'ovaio, mentre appaiono minori i rischi di carcinoma alla mammella. Renzo Pellati


SCIENZE FISICHE. CALCOLO DELLE PROBABILITA' Patti chiari con il gioco del Lotto Chi scommette deve conoscere bene le regole (sfavorevoli) del Banco
Autore: DUPONT PASCAL

ARGOMENTI: MATEMATICA, GIOCHI
LUOGHI: ITALIA

IL Superenalotto, nuovo gioco d'azzardo che si è innestato sul vecchio Lotto, e che ancora domenica scorsa ha elargito più di 8 miliardi (seconda vincita nella storia italiana), ha interessato - o dovrebbe avere interessato - tutti i matematici, inducendoli a una analisi scientifica e ha incuriosito le persone colte propense a vedere ogni fenomeno con strumenti scientifici dei quali intuisce la bellezza pur ignorandone la potenzialità; ma soprattutto bisogna osservare che è stato accolto con entusiasmo da milioni di italiani, di ogni estrazione sociale, poiché, come è ben noto, gli italiani provano una gioia irrefrenabile quando viene loro offerta la possibilità di pagare ulteriori tasse non obbligatorie, come appunto, il Superenalotto. Tanto per il Lotto quanto per il Superenalotto, come per ogni altro gioco d'azzardo, lo scommettitore non può essere tout court considerato una persona irrazionale. Tra gli altri vi sono, per esempio, validi motivi di carattere psicologico, che permettono di assolvere, sia pur sotto particolarissime condizioni, chi gioca al Lotto. Ma chi gioca d'azzardo dev'essere, nel modo più assoluto, consapevole di quel che fa, non può agire d'istinto o sulla scia di argomentazioni che non hanno nulla di razionale. Proviamo a studiare il meccanismo dell'ultimo arrivato, il Superenalotto, con lo strumento più appropriato, che è il Cal colo delle Probabilità, fornendo spiegazioni comprensibili a tutti (od almeno ad ogni persona che accetti di fare qualche sforzo invece di lasciarsi suggestionare da affermazioni giustificate solo dall'irrazionalità, che è sempre pronta a insidiare la nostra salute mentale). Il Superenalotto genera un sacco di intricati problemi, per cui non sarà possibile qui esaminarli tutti. Incominciamo, in ogni caso, con il Lotto, che a fronte del Superenalotto ci presenta dei problemi relativamente facili. Nel gioco del Lotto, da un'urna contenente 90 biglietti con scritti i numeri 1, 2, 3,..., 89, 90, viene estratto velatis oculis (debbo tradurre?) un biglietto, diciamo un numero, che non viene rimesso nell'urna e poi, nello stesso modo, altri quattro numeri. E si prende nota dei cinque numeri estratti. Per esempio il risultato finale potrebbe essere "13, 17, 42, 1, 68". Se questo avviene a Torino, diciamo "sulla ruota di Torino". Ora tu puoi aver puntato su di un unico numero, uno qualsiasi dei novanta numeri: hai giocato un'ambata. Se hai puntato su due numeri, cioè hai cercato di indovinare l'uscita di due numeri, hai giocato un ambo. Cercare di indovinare tre numeri, significa tentare di vincere un terno; quattro numeri una quaterna; cinque numeri, una cinquina. Esempi: se hai puntato solo il 17, hai vinto un'ambata; se hai puntato solo 1 e 13 (oppure 13 e 1) hai vinto un ambo; con 13, 68, 1 hai vinto un terno; con 1, 42, 13, 17 hai vinto una quaterna, con 13, 68, 1, 17, 42 hai vinto una cin quina. Naturalmente parliamo sempre di puntate su un'unica ruota (Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia). La probabilità di vincere un'ambata è 1/18 (un diciottesimo), come dimostrerà in un prossimo intervento il mio collaboratore e consulente Piero Brunet. Questo vuol dire che se, per esempio, punti sul numero 39 della ruota di Torino per 1800 volte di seguito, vincerai "circa" 100 volte, cioè, in media, "circa" una volta ogni 18 puntate. Se spendi 1000 lire per volta, dopo 18 volte avrai speso 18.000 lire e avrai vinto forse zero volte (cioè mai), o una volta, o due volte... o 18 volte, ma con un numero altissimo di volte che hai puntato sempre il 39 sulla ruota di Torino, avrai vinto, in media, circa una volta ogni 18 volte che hai giocato. La tua vincita dovrebbe perciò essere 18 volte 1000 lire se il gioco fosse equo (nella meravigliosa storia del Calcolo delle Probabilità dicesi equo un gioco che non mira a favorire nè il banco nè chi scommette). Ma attenzione] Quando vinci un'ambata, non vinci 18 volte la posta (quello che hai speso per ogni puntata), ma soltanto 11,232 volte. Verrà dimostrato che la probabilità di vincere un ambo, un terno, una quaterna, una cinquina, è rispettivamente 2/801, 1/11.748, 1/511.038, 1/43.949. 268. Se gioco l'ambo (29,81) sempre sulla stessa ruota, vinco, in media, 2 volte ogni 801 giocate; un terno, una volta ogni 11.748 giocate; una quaterna, una volta ogni 511.038 giocate; una cinquina, una volta ogni 43.949.268 giocate (sempre, per carità, "in media"). Anticipo già che nel Superenalotto si estraggono sei numeri, invece di cinque (o meglio tutto sta come se si estraessero sei numeri), che non si prendono in esame l'ambata e l'ambo, che si devono indovinare certi risultati di 3 oppure di 4 oppure di 6 certe fissate città, mentre associata alla previsione per cinque città... son dolori. Arrivederci, se lo vorrete. Pascal Dupont


SCIENZE FISICHE. SFIDA IN ORBITA Telefonino planetario bis Partiti i primi satelliti Globalstar
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA

L'OPERAZIONE Globalstar è cominciata. Con otto giorni di ritardo imposti dalle cattive condizioni meteorologiche che imperversavano sulla Florida, il 14 febbraio scorso un razzo "Delta II" si è staccato dalla piattaforma 17-B di Cape Canaveral per collocare in orbita a 1300 chilometri sopra l'Equatore i primi quattro satelliti destinati a comporre una nuova costellazione orbitale. Globalstar è la rete satellitare concorrenziale alla "Iridium", i cui lanci sono già cominciati e hanno portato in orbita 50 dei previsti 66 satelliti che consentiranno, a partire dal prossimo settembre, di ampliare la telefonia cellulare a livello planetario. Globalstar però non le è inferiore, e prevede di completare la propria rete con 48 satelliti più 8 di riserva, che verranno lanciati da razzi americani Delta, e dai russi Zenith 2 e Sojuz entro la fine del 1999. Il potente vettore Zenith 2, in grado di sviluppare una spinta di ottocentomila chilogrammi, ne lancerà trentasei in tre lanci separati, previsti entro la fine di quest'anno. I mini-satelliti verranno immessi in gruppi di 6 su 8 piani orbitali: i primi sono stati collocati dal secondo stadio del "Delta" a 1260 chilometri dalla Terra su inclinazione di 52 gradi sull'Equatore. Hanno regolarmente dispiegato un magnetometro e le "ali" formate dai pannelli solari che forniscono una potenza di 1000 watt. Per realizzare così tanti satelliti, anche se di ridotte dimensioni, Alenia Aerospazio, che è responsabile per la costruzione e l'integrazione dei satelliti e di 112 antenne terrestri, ha allestito a Roma la prima (e per ora unica) catena di montaggio per satelliti. La sala d'integrazione dei piccoli satelliti, pesanti ciascuno 450 chilogrammi, si estende su 4000 metri quadrati. Globalstar fa parte di un consorzio internazionale chiamato " Globalstar Limited Partnership", che ha sede negli Usa, e del quale fanno parte alcune tra le maggiori società e aziende al mondo specializzate per le telecomunicazioni. Dai primi Anni Duemila la rete diventerà operativa, e grazie all'impegno di nuove tecnologie di trasmissione digitale che consentiranno ricezioni nitide, offrirà ad utenti raggiungibili in ogni angolo del mondo collegamenti a basso costo in voce e fax e la possibilità di rilevare e comunicare la propria posizione. Inizialmente i costi saranno quasi proibitivi, ma sono destinati a scendere in breve tempo. Il tutto con un apparecchio che, se all'inizio avrà le dimensioni di un "cordless", nell'arco di qualche anno sarà grande quanto una scatola di fiammiferi. Antonio Lo Campo


IN BREVE Un cavo sottomarino lungo 2600 chilometri
ARGOMENTI: TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Un collegamento ottico sottomarino della lunghezza di 2600 chilometri verrà realizzato tra Mazara del Vallo in Sicilia e Tel Aviv in Israele con una derivazione a Yeroskypos a Cipro. Il sistema avrà una capacità di base di 20 gigabit al secondo, equivalenti a quasi 250 mila conversazioni telefoniche simultanee. Il progetto, del valore di 66 milioni di dollari, è stato assegnato ad un consorzio formato da Pirelli Cavi e Sistemi, Alcatel e Tyco Submarine Systems. Il nuovo collegamento darà ad Israele un accesso diretto al sistema ottico sottomarino che collega Australia, Asia ed Europa Occidentale.




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