TUTTOSCIENZE 28 gennaio 98


UN'INCHIESTA Biotecnologie Gli italiani sono divisi
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, TECNOLOGIA, SONDAGGIO, INCHIESTA
NOMI: DULBECCO RENATO, GIORELLO GIULIO, TONINI ERSILIO, FALASCHI ARTURO, REALACCI ERMETE, RAPPUOLI RINO
ORGANIZZAZIONI: DEMASCOPEA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

DELLE biotecnologie 90 italiani su 100 pensano che siano un settore in forte sviluppo e con un grande futuro, come l'informatica e le telecomunicazioni. Nelle valutazioni però sono divisi: su cento, 26 sono contrari alle applicazioni biotecnologiche in base ad argomentazioni di tipo ecologista, 23 sono molto favorevoli, 51 stanno in un'area che va dalla tiepida ma benevola accettazione alla confusa preoccupazione alla più o meno pronunciata indifferenza. Sono dati raccolti dalla Demoskopea due mesi fa su un campione di mille persone tra i 14 e i 79 anni tramite intervista telefonica e presentati la settimana scorsa ad un forum sulle biotecnologie organizzato a Milano dalla Novartis, azienda nata dall'unione di Ciba e Sandoz, 33 mila miliardi di lire di fatturato, leader mondiale nell'industria biotecnologica. Tra gli altri, all'incontro milanese hanno partecipato Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina e promotore del Progetto Genoma Umano, Arturo Falaschi, direttore del Centro internazionale per le biotecnologie di Trieste, il farmacologo Rino Rappuoli, il direttore del Max Planck Institut di Colonia, il filosofo della scienza Giulio Giorello, il presidente di Legambiente Ermete Realacci e il cardinale Ersilio Tonini: punti di vista che coprono l'intero spettro delle competenze biotecnologiche (dal campo medico a quello agricolo-alimentare a quello ambientale) e delle valutazioni etiche, culturali e sociali. Qualche dato. Sono in fase di sperimentazione oltre 200 farmaci biotecnologici. Nel settore dei vaccini, il primo derivato dall'ingegneria genetica fu, nel 1986, il vaccino contro l'epatite B, il secondo, nel 1993, quello contro la pertosse. Ma ora il concetto stesso di vaccino si va estendendo. Si parla di vaccini per curare malattie croniche, tumori, allergie e di una medicina preventiva piuttosto che curativa. Anche la somministrazione dei vaccini è orientata verso forme nuove come spray, pomate, pillole. In campo agricolo, tra il 1986 e il 1995 sono stati effettuati 3647 rilasci di organismi vegetali modificati geneticamente. In maggioranza si tratta di prove di resistenza agli erbicidi (1450), agli insetti (738) e ai virus (466); 806 sperimentazioni riguardano invece la qualità del prodotto. Riso, mais, soia, patata, pomodoro e tabacco sono le piante più "ingegnerizzate" ma si lavora anche con buoni risultati sui fiori. E regolando il metabolismo dell'etilene si riesce anche a controllare la maturazione e a ritardare i fenomeni di marcescenza. La questione dei brevetti rimane centrale. Renato Dulbecco sostiene da sempre la brevettabilità dei geni e dei processi di ricombinazione del Dna perché senza prospettiva di remunerazione queste ricerche si fermerebbero. D'altra parte il brevetto rende pubblica la scoperta, mettendola a disposizione (pagando) di tutti: è quindi una garanzia, tanto che negli Stati Uniti alcune aziende deliberatamente non brevettano il genoma dei batteri patogeni che studiano proprio per conservarne meglio il controllo. Quanto agli aspetti morali, Ersilio Tonini ha confermato la totale apertura della Chiesa a queste ricerche, con l'unico limite del rispetto della dignità umana. Dal punto di vista ambientale, Realacci ha invece lanciato l'allarme a proposito del rischio che le biotecnologie riducano drasticamente la biodiversità. E il filosofo Giulio Giorello, dopo aver ricordato i problemi etici e giuridici ancora da risolvere, ha citato Tom Wilkie: la vita di ogni organismo è delicata come una fiammella "che qualsiasi forte soffio di vento può estinguere". Piero Bianucci


SCIENZE A SCUOLA. ANATOMIA DI UN VULCANO Messaggi dal centro della Terra Una mappa e un piccolo dizionario dei coni eruttivi
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
TABELLE: D. Sezione di un vulcano in attività D. Planisferio che indica la ripartizione dei vulcani attivi

Prima l'Etna, poi Stromboli: nelle ultime settimane i vulcani italiani hanno avuto un risveglio spettacolare, ricordandoci che il nostro Paese coincide con una delle regioni più attive della crosta terrestre (o meglio della litosfera). L'Etna è un vulcano in continua attività effusiva. Quest'ultimo aumento di attività è stato annunciato da un forte terremoto locale, fortunamente senza danni. Anzi, di notte, l'eruzione, con il lancio di lapilli incandescenti a grande altezza, è diventata un'attrazione turistica. A Stromboli la lava è uscita da una vecchia frattura, ha percorso 800 metri e ha raggiunto il mare. Anche qui non ci sono stati danni. Stromboli non ha una attività effusiva come l'Etna (che scarica gradualmente il magma e i gas) ma è caratterizzato da una attività esplosiva, di per sè assai più pericolosa. Anche il Vesuvio è un vulcano dall'attività esplosiva. La crosta terrestre è suddivisa in una decina di «placche» principali. I vulcani vengono alimentati da una camera magmatica sottostante, la quale a sua volta riceve il materiale fuso da una frattura tra le placche che entra in comunicazione con il mantello terrestre. I confini tra le placche sono nettamente segnati proprio da lunghe catene di vulcani (come si vede nel planisferio qui sotto), che coincidono anche quasi esattamente con le regioni più sismiche. Le placche si muovono lentamente, allontanandosi o avvicinandosi di qualche centimetro all'anno: sismicità e vulcanesimo sono due conseguenze di questa dinamica.


SCIENZE A SCUOLA. AMPERE & FARADAY Limatura di ferro e campi magnetici
Autore: BO GIAN CARLO

ARGOMENTI: FISICA, STORIA DELLA SCIENZA
NOMI: FARADAY MICHAEL, AMPERE ANDRE' MARIE, OERSTED HANS CHRISTIAN, SCHWEIGGER JOHANN SALOMON CHRISTOPH
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. L'esperimento della limatura del ferro. Esperienze di Oersted. Regola di Ampere della mano destra. Esperienza di Schweigger. Ampere - Esperienza del solenoide

Michael Faraday fu impressionato dal divertente esperimento della limatura di ferro dello studioso francese Petrus Peregrinus. Posiamo un foglio, cosparso di fine limatura di ferro, su una calamita. Aiutando il ferro con opportuni colpettini vediamo che si dispone in modo da formare archi diretti dal polo Nord al polo Sud: fu proprio Faraday a dire che in quel modo si svelavano linee di forza di un campo magnetico. La pulce nell'orecchio a Faraday l'aveva però già messa Oersted, con l'esperimento della bussola, fatto nel 1820. E anche Ampere, perché in quegli anni erano molti gli scienziati a studiare gli stessi fenomeni. Vediamo l'esperimento di Oersted dell'azione della corrente elettrica sull'ago magnetico. Colleghiamo una pila alla lampadina con dei lunghi tratti di filo, in modo da formare un rettangolo, e disponiamo la bussola parallelamente al filo, sul lato lungo. Notiamo che: 1) quando si fa passare corrente l'ago devia di un certo angolo rispetto al filo; 2) scambiando i collegamenti della batteria la deviazione dell'ago cambia tutte le volte che invertiamo il senso della corrente; 3) la deviazione dell'ago cambia anche se lo stesso filo viene messo sopra l'ago invece che sotto. Oersted dedusse che il passaggio di una corrente elettrica crea nello spazio un campo magnetico. Ma qual è il senso di deviazione dell'ago, da quale parte gira l'ago? Ampere, il famoso studioso francese, diede una facile regola per scoprirlo: è la cosiddetta regola della mano destra. Orientando la mano destra in modo che il palmo sia rivolto verso l'ago e la corrente venga dalla parte del polso ed esca dalle dita: allora il polo Nord dell'ago devia verso il pollice. Si può notare che: 4) piegando uno stesso filo a «U» e avvicinando l'ago, le azioni dei due tratti sono opposte, si elidono e l'ago non devia; 5) se invece i due tratti si dispongono uno sopra e l'altro sotto l'ago, le due azioni si sommano; 6) l'esperienza n. 5 suggerì il Moltiplicatore a Johann Salomon Christoph Schweigger. Se invece di fare girare il filo una sola volta attorno all'ago lo si fa girare diverse volte, come se fosse avvolto su un rocchetto, l'azione della corrente sull'ago viene aumentata in proporzione al numero dei giri: una corrente debole sarà sufficiente a far deviare l'ago. Ampere studiò anche l'azione elettrodinamica di un conduttore, percorso da corrente, su un altro conduttore, notando che: 7) due conduttori paralleli in cui la corrente scorreva nella stessa direzione si attraevano, e si respingevano se la corrente scorreva in direzioni opposte. Questo ricorda quanto avviene tra due poli magnetici di una calamita: si attirano se sono opposti e si respingono se uguali. Amepere andò oltre e dimostrò che un solenoide (bobina cilindrica di filo metallico) in cui venga fatta passare una corrente elettrica, si comporta come una sbarra magnetica. Questa scoperta fu così importante che nel 1881 l'unità di misura dell'intensità di corrente elettrica fu battezzata col nome dello scienziato francese. Ma fu Faraday ad avere una delle più fantastiche intuizioni nella storia dell'umanità. Se l'elettricità può indurre un campo magnetico molto simile a quello di un magnete «naturale», perché non dovrebbe succedere il contrario? Una calamita non potrebbe «generare» una corrente elettrica come quella prodotta da una pila? Stava scoprendo il principio dell'induzione magnetica. Niente male considerando che le sue uniche scuole regolari furono le elementari. Gian Carlo Bo


SCIENZE FISICHE. ASTRONOMIA Asteroidi o ex comete? Scoperti corpi celesti intermedi
Autore: DI MARTINO MARIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

DEL sistema solare, oltre al Sole, i nove pianeti e i loro satelliti, fanno anche parte gli asteroidi e le comete. I primi, piccoli pianeti formati prevalentemente da materiale roccioso, sono per lo più concentrati nella regione di spazio compresa tra le orbite di Marte e Giove, mentre le seconde, di composizione (per lo più ghiaccio d'acqua con composti carbonacei e silicati) e densità (inferiore a quella dell'acqua) paragonabili a quelle di una palla di neve sporca, vagano nello spazio interplanetario senza una localizzazione preferenziale, provenienti con ogni probabilità dalle regioni più esterne e remote del nostro sistema planetario. Dal punto di vista osservativo un asteroide ha aspetto puntiforme, come una stella, mentre un corpo cometario, quando si avvicina al Sole a una distanza inferiore a quella di Giove (circa 750 milioni di chilometri), inizia a subire gli effetti del calore e del "vento" di particelle emessi dalla nostra stella, che, rispettivamente, fanno sublimare i ghiacci del nucleo cometario, dando luogo alla formazione di una vasta atmosfera (chioma), e portano allo sviluppo di una lunga coda. Un'altra caratteristica delle comete è che in genere le loro orbite sono molto ellittiche, per cui periodicamente si avvicinano e si allontanano dal Sole. Le comete inoltre sono considerate oggetti effimeri in quanto si valuta che dopo 1000-10. 000 passaggi al perielio (cioè alla minima distanza dal Sole) le sostanze volatili (acqua, anidride e ossido di carbonio, metano...), di cui è per lo più formato il loro nucleo, vengono completamente vaporizzate e disperse nello spazio interplanetario. Mentre fino a pochi anni fa le due popolazioni di oggetti erano considerate a sè stanti, di recente la distinzione si è fatta sempre meno netta. Grazie alle ultime scoperte, infatti, si afferma l'idea che alcuni di questi oggetti si comportino come comete o asteroidi a seconda delle condizioni in cui vengono a trovarsi. Già negli anni passati sono stati osservati dei corpi asteroidali che presentavano delle tenuissime atmosfere, come nel caso di Chirone, e forse Oljato, oppure la cometa Wilson-Harrington, che quando fu scoperta nel 1949 presentava una coda ben evidente, mentre ora questa è completamente scomparsa, per cui adesso sarebbe inserita nella categoria degli asteroidi. Ma è recente la scoperta di un oggetto asteroidale (denominato provvisoriamente 1996 PW) con orbita tipicamente cometaria, che non mostra alcun fenomeno tipico di questi oggetti, e di una cometa, la cui orbita è localizzata nella regione più esterna della fascia principale degli asteroidi. 1996 PW è stato scoperto il 9 agostò 96 e le sue caratteristiche orbitali sono sorprendenti. Compie una rivoluzione completa attorno al Sole in circa 5060 anni e l'estrema eccentricità (0,991) lo porta a una distanza minima dal Sole di 2,5 unità astronomiche (2,5 volte la distanza Terra-Sole) e a una massima di 587 unità astronomiche, circa 15 volte la distanza media Sole-Plutone, il più esterno dei pianeti. La cosa non sorprenderebbe se 1996 PW avesse caratteristiche cometarie, ma, benché lo si sia osservato al perielio, non è comparsa alcuna traccia di chioma o di coda. L'ipotesi più attendibile è che si tratti di una cometa "morta", che, dopo diversi passaggi nelle vicinanze del Sole, ha perso tutto il materiale volatile ed è ora costituita dai soli residui solidi rocciosi. Soltanto una serie di osservazioni spettroscopiche tuttora in corso potrà fornire informazioni sulla sua natura. Se questo oggetto non ha comunque rappresentato per gli addetti ai lavori una grossa sorpresa, il secondo, battezzato Cometa P/1996 N2 (Elst-Pizarro), dal nome dei due scopritori, è un vero enigma. Sulle lastre fotografiche, ottenute verso la metà del luglio '96, non sembra avere una chioma diffusa, ma presenta una ben evidente coda della lunghezza di circa 300.000 chilometri, che secondo i calcoli dovrebbe essersi sviluppata alcune settimane prima della scoperta. Il preciso calcolo degli elementi orbitali ha permesso inoltre di stabilire che questi coincidono perfettamente con quelli di un asteroide scoperto 18 anni fa e denominato 1979 OW7. La spiegazione di un fenomeno così insolito non è facile. Una ipotesi che, se confermata, potrebbe aprire nuovi orizzonti sulla natura degli asteroidi della fascia esterna, è che una collisione con uno dei tanti pianetini presenti in quella zona abbia esposto alla radiazione solare dei ghiacci da lungo tempo sepolti al di sotto di una spessa crosta superficiale che ricopre il corpo impattato. Gli asteroidi della fascia esterna possiedono infatti caratteristiche composizionali molto diverse da quelli localizzati nella regione più interna, in quanto, a differenza di questi ultimi, riflettono soltanto circa il 4 per cento della luce solare, un valore del tutto simile a quello del nucleo della cometa di Halley misurato dalla sonda "Giotto". Un'ipotesi da considerare potrebbe essere perciò quella che almeno parte degli asteroidi della fascia più esterna siano stati in origine oggetti di natura simile a quella delle comete che con il tempo hanno perso gli strati volatili più superficiali e sono adesso ricoperti da una crosta scura a prevalente composizione carbonacea simile a quella che avvolge il nucleo ghiacciato delle comete più vecchie, come appunto la Halley. Mario Di Martino Osservatorio di Torino


SCAFFALE Autori vari: "I record nel tempo e nello spazio", La Scuola
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA

I dinosauri più giganteschi, i mezzi di trasporto più veloci, il ponte più lungo, il fiore più grande... Ecco un curioso libro per ragazzi, istruttivo, divertente e magnificamente illustrato. I primati del mondo vivente, dell'universo, dei popoli, delle macchine e delle invenzioni sono un'ottima esca per catturare i lettori più giovani e indirizzarli verso gli interessi scientifici. Tra i tanti record, eccone due tratti dal mondo vegetale: il fiore più grande è quello della Rafflesia: 90 centimetri di diametro; il più piccolo è quello della Wolffia: per vederlo occorre una lente di ingrandimento.


SCAFFALE Autori vari: "Nascita e morte delle stelle", Ed. Le Scienze
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: DIDATTICA, ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

I "Quaderni" del mensile "Le Scienze", diretto da Enrico Bellone, sono ormai da anni un punto di riferimento per chi ama la scienza: in un centinaio di pagine fanno il punto su un tema monografico attraverso la ristampa di articoli della rivista integrati da testi di raccordo scritti appositamente. Tra gli ultimi segnaliamo " Nascita e morte delle stelle", "Spazio, tempo e relatività", " Energie pulite" e "Reti informatiche". (p. bia.)


BIG BANG L'ultima parola
Autore: REBAGLIA ALBERTA

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, FISICA
NOMI: PENZIAS ARNO, WILSON ROBERT, GALIELO GALILEI
ORGANIZZAZIONI: ESA, COBRAS, COBE, NASA
LUOGHI: ITALIA

TRA i progetti che l'Agenzia spaziale europea (Esa) intende attuare entro il 2010 è di grande interesse la missione "Planck", composta dall'integrazione del progetto italiano Cobras (Cosmic Background Radiation Anisotropy Satellite) con quello francese Samba (Satellite for Microwave Background Anisotropy), ideale prosecuzione degli esperimenti compiuti dalla Nasa negli Anni 90 con il satellite Cobe (Cosmic Background Explorer). Si tratta, in sostanza, di misurare con altissima precisione le disomogeneità (anisotropie) in punti diversi della volta celeste di quella radiazione elettromagnetica di fondo, di origine cosmica, scoperta da Arno Penzias e Robert Wilson nel 1965, e che risulta distribuita in modo estremamente - ma non totalmente - uniforme nello spazio. Il debole segnale proveniente dalle profondià cosmiche può essere registrato con relativa facilità dai radiotelescopi (Penzias e Wilson lo captarono con una antenna costruita per ricevere microonde), ma le piccole irregolarità nella sua distribuzione possono essere rilevate soltanto da una missione spaziale come quella in fase di progettazione, che otterrà misure estremamente accurate unendo alla possibilità di evitare disturbi atmosferici, o provenienti da radiazione terrestre, l'opportunità di utilizzare apparecchiature altamente sofisticate (come i ricevitori miniaturizzati, le cui ridotte dimensioni, unite alla caratteristica di dissipare quantità minime di energia, consentono di realizzare dispositivi di osservazione capaci di misurare con altissima precisione sia l'intensità della radiazione ricevuta sia l'angolo che definisce la direzione dalla quale essa proviene). Mirando a potenziare in modo sorprendente le nostre capacità di osservazione astronomica, la missione "Planck", può essere vista come un ulteriore traguardo di quel processo di indagine empirica iniziato 4 secoli fa da Galileo, quando con un cannocchiale volle indagare "come varia il cielo". Mediante quella preziosa conquista tecnologica, Galileo si propose di dirimere una controversia di tipo teorico affidandosi al verdetto dell'esperienza, di sconfiggere la cosmologia aristotelica e accreditare la prospettiva copernicana osservando attraverso le lenti del suo cannocchiale le ombre dei crateri lunari (e denunciando così l'imperfezione e la corruttibilità presente anche nei cieli, oltre che nel "mondo sublunare"). Analogamente, il compito affidato al progetto integrato Cobras-Samba prevede la possibilità di individuare quale tra due scenari cosmologici alternativi risulti più credibile. Se l'osservazione segnalerà una distribuzione "normale" delle disuniformità presenti nella radiazione cosmica di fondo (dove, al variare della direzione di osservazione, un certo valore possiede la massima probabilità di essere registrato, mentre valori più elevati oppure inferiori presentano probabilità via via decrescenti, dando luogo a una distribuzione statistica dal caratteristico andamento "a campana" o, come si usa dire, di tipo gaussiano), questo dovrebbe indicare che le piccole disomogeneità rilevate hanno avuto luogo durante una fase primordiale di iperespansione dell'universo, avvenuta nei suoi primi 10 alla meno 35 secondi di esistenza (il brevissimo intervallo detto "tempo di Planck" - da cui il nome della missione - nel quale l'intero cosmo era soggetto alle peculiari leggi quantistiche), come prefigura il modello cosmologico denominato "inflazionario". Al contrario, l'osservazione di una distribuzione "non gaussiana" (caratterizzata per esempio da una curva decisamente asimmetrica) indurrebbe a ritenere che tali disuniformità siano testimonianza della presenza di "difetti topologici" nell'universo primigenio, piccole irregolarità come "stringhe cosmiche" o "monopoli magnetici" , corrispondenti a rotture di simmetria previste da alcuni modelli cosmologici basati su teorie di campo unificate. Nel valutare queste nuove frontiere dell'astrofisica di osservazione, richieste e attese devono essere commisurate ai limiti della nostra conoscenza, sui quali gran parte della filosofia della scienza contemporanea induce particolarmente a riflettere. Fin dai tempi nei quali Galileo osservava il cielo con il suo cannocchiale, gli esperimenti scientifici nascono "carichi di teoria": essi sono concepiti e progettati (con tutto il loro bagaglio di strumentazioni e tecnologie) all'interno di un ben preciso quadro di ipotesi, in base alle quali è possibile prevedere e interpretare i risultati sperimentali. Solo essendo preliminarmente disposto ad ammettere l'inesistenza di una differenza qualitativa tra "mondo sublunare" e " sfere celesti", e dunque l'erroneità del sistema aristotelico, Galileo poté desumere che le immagini viste attraverso il cannocchiale non fossero falsate e ingannevoli, e (certamente a maggior ragione) solo adottando un notevole bagaglio di indicazioni teoriche connesse all'ipotesi evolutiva dell'universo - che ne configura la nascita, 15-18 miliardi di anni fa, in un "grande scoppio caldo" di cui la radiazione di fondo dovrebbe essere una sorta di traccia fossile - sarà possibile interpretare i dati che la futura missione progettata dall'Esa potrà fornire (elaborati, secondo quanto si prevede, in nove mappe dell'intera volta celeste, ottenute impiegando un sistema di antenne che coprono frequenze di ricezione tra 30 GHz e 900 GHz con una risoluzione angolare di 10 primi). Poiché nemmeno attraverso il più sofisticato apparato tecnologico è possibile osservare gli eventi fisici in maniera neutrale, e dunque oggettiva, non dovremo attenderci che gli esperimenti condotti dalla missione "Planck" diano risposte assolute, che svelino in modo inequivocabile segreti ultimi e definitivi sull'origine dell'universo. D'altronde, quanto più è problematico il nesso che lega gli esperimenti con cui controllare le ipotesi scientifiche ai presupposti teorici accettati quale indispensabile punto di partenza, tanto più diviene importante accrescere (in quantità e accuratezza) i dati empirici che possono sollecitare la competizione tra concezioni teoriche rivali. E i risultati che un progetto ad avanzata tecnologia come quello prospettato dall'Esa potrà fornire - consentendo di indagare la struttura del cosmo nei primissimi istanti della sua esistenza, quando le energie coivolte nei processi fisici erano così elevate da non poter certo essere riprodotte nei nostri acceleratori di particelle - verranno proprio a suffragare l'una o l'altra tra due delle più ardite congetture sull'universo. Alberta Rebaglia


SCIENZE FISICHE. IL CALCOLO DELLE PROBABILITA' Come dominare il caso Dadi, monete e grandi numeri
Autore: ALLASIA GIAMPIETRO

ARGOMENTI: MATEMATICA
LUOGHI: ITALIA

PER trattare il caso in matematica, una linea di ragionamento molto diffusa è la seguente. Alcuni fenomeni naturali avvengono secondo uno schema deterministico, ossia secondo un rapporto di causa ed effetto: un dato evento si verifica necessariamente in un determinato concorso di circostanze. Per esempio un corpo non trattenuto cade verso il centro della Terra. Ma esistono molti fenomeni che non rientrano in uno schema deterministico, nel senso che, pur avendosi un fissato concorso di circostanze, l'evento considerato può verificarsi oppure no. Gli eventi di questo tipo si chiamano casuali o aleatori, mentre il loro schema è detto stocastico. Come esempio, consideriamo il lancio di un dado; può accadere che esca un numero pari, ma può anche darsi che ciò non si verifichi. Un evento può essere casuale, se si tiene conto di un certo insieme di circostanze; ma può diventare completamente determinato conoscendo un insieme più ampio di circostanze. In altre parole la natura casuale o certa di un evento dipende dalla conoscenza esatta di tutte le circostanze che possono determinare lo svolgimento del fenomeno. Così, in teoria, un fenomeno fisico come il lancio di un dado è completamente determinato dalle leggi della meccanica, tanto da poter prevedere la comparsa di un dato numero, ma in pratica variazioni non apprezzabili delle numerose grandezze fisiche in gioco rendono impossibile prevedere l'esito di un singolo lancio. Ogni fenomeno deterministico è inevitabilmente accompagnato da elementi casuali, nel senso che, per quanto identiche siano le condizioni in cui l'esperimento viene ripetuto, tuttavia è impossibile raggiungere risultati completamente ed esattamente coincidenti. In certe applicazioni si possono trascurare questi elementi casuali, sostituendo al fenomeno reale un suo modello semplificato, basato sull'ipotesi che l'esperimento si ripeta in modo ben determinato, date certe condizioni. Dei molti fattori, che influiscono sul fenomeno in esame, si considerano dunque solo quelli fondamentali e decisivi, trascurando semplicemente gli altri. Questo è il metodo usuale nello studio scientifico di molti fenomeni. Esistono tuttavia altri fenomeni per lo studio dei quali tale metodo non è adatto. In questi casi il risultato di un esperimento dipende da un numero di fattori così grande che non è praticamente possibile registrarli tutti e tenerne conto. E' il caso dei fenomeni in cui i fattori casuali hanno un ruolo non trascurabile e, per di più, sono intimamente legati gli uni agli altri e la loro influenza sul fenomeno è molto complicata. I fattori convenzionalmente chiamati casuali non differiscono in linea di principio in nulla dagli altri fattori considerati deterministicamente. In teoria si può aumentare indefinitamente la precisione della soluzione di ciascun problema in studio, tenendo conto di un numero sempre più grande di fattori, dai più importanti a quelli meno significativi. Tuttavia lo studio minuzioso dell'influsso di tutti i fattori da cui dipende il fenomeno darebbe una soluzione troppo complicata, praticamente irrealizzabile. E' evidente che deve esistere una differenza fra i metodi che permettono di tenere conto dei fattori essenziali, che determinano il carattere principale del fenomeno, e quelli che tengono conto dei fattori secondari, la cui influenza sul corso del fenomeno si manifesta con un errore o una perturbazione. Questi metodi, relativi all'indeterminazione dovuta a fattori casuali, sono elaborati nella teoria della probabilità, che si occupa della regolarità degli eventi casuali. La pratica mostra che quando si osserva un gran numero di eventi casuali si hanno generalmente leggi del tutto determinate, in qualche modo stabili. Per esempio, nel lanciare molte volte una moneta, le frequenza di testa (il rapporto tra il numero delle teste realizzate e il numero totale dei lanci) si stabilizza avvicinandosi al valore 1/2. In tutti i casi in cui si usano dei metodi probabilistici, si cerca di evitare lo studio troppo complicato (e talvolta praticamente impossibile) di un evento isolato condizionato da un numero molto grande di fattori e si studiano le leggi che regolano gli eventi casuali nel loro insieme. Lo studio di queste leggi permette non solo di fare previsioni scientifiche in un dominio particolare di eventi casuali, ma anche di dirigere l'andamento dei processi casuali, di controllarli, di limitare il campo di azione del fattore casuale. In sintesi, di convivere il più amichevolmente possibile con il caso. Giampietro Allasia Università di Torino


IN BREVE Diagnosi con ultrasuoni
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: MEDICINA E TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Organizzato dall'associazione "Medicina e Tecnologia", è iniziato il 17 gennaio a Torino, in c. Vinzaglio 4 (tel. 562.9833), un corso di diagnostica ultrasonica riservato a una quarantina di medici (numero chiuso) di ogni parte d'Italia. L'iniziativa si propone di formare medici di base all'uso sempre più comune di apparecchi diagnostici, come avviene da tempo negli Usa.


SCAFFALE Diodato Nazzareno: "Paesaggi d'inverno", ed. La Provincia Sannita
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: METEOROLOGIA
LUOGHI: ITALIA

La temperatura media della Terra tende a salire, i ghiacciai regrediscono, le nevicate si diradano. Che la causa sia o non sia da cercare nell'aumento dell'effetto serra indotto dalle attività umane, fatto sta che questa tendenza si può verificare anche nei microclimi. "Paesaggi d'inverno", dedicato alle nevicate nell'entroterra della Campania, documenta molto chiaramente la diminuzione per frequenza e intensità delle precipitazioni nevose. Il volume viene inviato gratis a chi lo richieda alla Provincia di Benevento, fax 0824-54.841.


IN BREVE Gli italiani e Internet
ARGOMENTI: INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: EURISKO, INTERNET
LUOGHI: ITALIA

Un'indagine Eurisko ha misurato la posizione degli italiani nei confronti di Internet. Ne escono sei gruppi: i preoccupati (28%), i sorpassati (23%: rinunciano a capire la Rete), gli incuriositi (19%), cauti (12%), protagonisti (8%), entusiasti (8%).


SCIENZE DELLA VITA. ESAMI DI MASSA IN ISRAELE Il codice degli alleli Quanto è affidabile il test sul Dna?
Autore: PISTOI SERGIO

ARGOMENTI: GENETICA
NOMI: JEFFREYS ALEC, LANDER ERIC
LUOGHI: ESTERO, ASIA, ISRAELE

DI recente il governo israeliano ha annunciato che finanzierà quello che potrebbe essere il più esteso test del Dna finora eseguito. La prova, che coinvolgerà più di mille persone, servirà a stabilire la sorte di almeno 830 bambini yemeniti, che, dichiarati ufficialmente morti, furono forse adottati illegalmente in Israele negli Anni Cinquanta. L'era del test sul Dna prese il via nel 1985, quando il biologo inglese Alec J. Jeffreys, insieme con esperti della polizia scientifica britannica, descrisse per la prima volta la tecnica con la quale era riuscito ad ottenere l'impronta genetica di un individuo, contribuendo a risolvere un caso giudiziario. Mentre è quasi ovvio che non esistono due individui che abbiano esattamente lo stesso patrimonio genetico, meno semplice è trovare un sistema per concentrare l'attenzione su alcune differenze significative e svelarle in modo riproducibile. Il metodo usato da Jeffreys si basava sul fatto che alcuni geni, ma anche certe sequenze di Dna "accessorie", presenti nei cromosomi, si ritrovano nella popolazione in diverse varianti, tutte ugualmente funzionali, dette "alleli". Queste varianti vengono trasmesse dai genitori secondo le leggi semplici dell'ereditarietà. Un classico esempio è quello dei tre alleli che codificano per i gruppi sanguigni A, B e 0: un individuo di gruppo AB avrà ad esempio ereditato l'allele A da uno dei genitori e il B dall'altro. Da tempo, studiando la struttura dei cromosomi umani, i ricercatori avevano individuato alcune "varianti" di geni che potevano essere distinte tra di loro attraverso tecniche di analisi molecolare, a causa della loro differente lunghezza in basi nucleotidiche, le unità di base del Dna. Muovendosi in un campo elettrico, i frammenti di Dna di diversa lunghezza formano una "scaletta" che può essere letta come un "codice a barre" di quel particolare allele. Analizzando più alleli, il medico legale può ricavare l'impronta genetica di un campione (ad esempio una traccia ritrovata sul luogo di un crimine) e confrontarla con quella di un sospettato. In modo analogo, si può confrontare il profilo genetico di un individuo con quello dei genitori presunti nei casi di attribuzione di paternità. Con il passare degli anni la tecnica di impronta genetica, inizialmente di difficile applicazione pratica, ha subito importanti evoluzioni. Prima fra tutte l'introduzione della reazione a catena della polimerasi (P.C.R.), una tecnica che permette, in particolari condizioni, di amplificare un segmento di Dna in modo altamente selettivo fino ad ottenerne innumerevoli copie. Questa tecnica è così sensibile che oggi un medico legale può ricavare materiale utile all'analisi da minuscole tracce biologiche lasciate su oggetti personali, come spazzolini da denti, asciugamani o mozziconi di sigaretta e perfino, anche se per ora solo a livello sperimentale, da quantità infinitesimali di Dna, come quelle contenute in un'impronta digitale o addirittura in una singola cellula. Inoltre, i sistemi più recenti permettono di distinguere i differenti alleli non più in base alla loro lunghezza, ma grazie a differenze nella loro stessa sequenza di basi, migliorando l'affidabilità dei risultati. Perché gli innocenti possano dormire sonni assolutamente tranquilli, è però importante considerare un altro aspetto: bisogna stabilire qual è la probabilità che l'impronta degli alleli esaminati possa ritrovarsi identica in due o più individui scelti a caso nella popolazione. Questo dipende essenzialmente dalla frequenza dei diversi alleli nella popolazione: più gli alleli esaminati sono rari, più diventa improbabile che due individui abbiano lo stesso profilo. Le frequenze, però, possono essere diverse se si analizza, ad esempio, l'intera popolazione degli Stati Uniti o se invece si considerano i diversi gruppi etnici che la compongono. Più in generale, dal punto di vista riproduttivo le popolazioni non si comportano come "mazzi di carte" mescolati a caso, ma ogni individuo tende a scegliere il proprio partner in funzione di fattori come la vicinanza geografica o sociale. Perciò, la probabilità che due appartenenti alla stessa comunità abbiano lo stesso profilo può essere molto più alta di quella calcolata teoricamente. Sulla base di queste e altre osservazioni, Eric S. Lander, un illustre genetista chiamato a testimoniare al processo Castro a New York nel 1989, giunse alla conclusione che un individuo su ventiquattro poteva presentare lo stesso profilo dell'accusato, una probabilità troppo alta perché la prova potesse essere usata in giudizio. Fu una doccia gelata che raffreddò l'entusiasmo per il neonato test del Dna. Da allora, nuovi studi sono andati ad arricchire le banche dati sulle frequenze alleliche in diversi gruppi etnici, rendendo sempre meno probabili le false incriminazioni. Per evitare gli errori del passato, il governo degli Stati Uniti ha creato apposite commissioni con il compito di decidere quali tecniche di impronta genetica siano ammissibili a scopo legale. In Italia, in attesa di direttive più precise, la scelta del sistema è affidata ai singoli laboratori medico-legali, una ventina circa, che sono in grado di effettuare il test sul Dna. Sergio Pistoi Università di Torino


IN BREVE La natura sulla Rete
ARGOMENTI: ECOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: WWF
LUOGHI: ITALIA

L'Oasi di Burano, la prima delle 85 riserve naturali gestite in Italia dal Wwf, è ora visitabile virtualmente su Internet all'indirizzo: http://www.telecomitalia.it/insieme Vi si trovano immagini tridimensionali e si può dialogare in tempo reale con altri visitatori virtuali.


SCIENZE FISICHE. APPELLO AL MINISTRO Laboratori, porte sbarrate Giovani scienziati in eterna attesa
Autore: LENCI FRANCESCO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: BERLINGUER LUIGI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

NON mi sembra che la relazione alle Camere del ministro Berlinguer sul riordino del sistema nazionale della ricerca scientifica e tecnologica e la discussione che su questo tema si è sviluppata nei mesi scorsi, anche tramite interventi dello stesso ministro e del sottosegretario Tognon, abbiano chiarito quali provvedimenti verranno presi per portare rapidamente il sistema ricerca a funzionare meglio. E' consapevolezza diffusa che la competitività economica e, conseguentemente, le possibilità di sviluppo sociale del nostro Paese dipendono anche dal livello del suo potenziale tecnologico e dal grado di permeazione di questo nei diversi settori produttivi e servizi. Il fine ultimo del processo di riforma avviato dal ministro non può, quindi, non essere quello di favorire la ricerca scientifica e la produzione di conoscenze. Naturalmente, perché le conoscenze vengano prodotte sono necessari adeguati investimenti di risorse finanziarie e umane (evitando l'errore di privilegiare le attività con immediate ricadute applicative e penalizzando la ricerca fondamentale - errore che, fra l'altro, entro tempi molto brevi svuoterebbe anche la ricerca applicata di competitività e di potenziale innovativo). In questo quadro, il problema dell'inserimento organico ed equilibrato, ma sostanziale, di nuove risorse umane nell'attività di ricerca ha priorità assoluta. A me pare, infatti, che, indipendentemente dal settore in cui operano, i gruppi di ricerca più vitali e produttivi debbano parte del loro successo scientifico anche alla presenza di giovani ricercatori "non inquadrati". Peculiare e insostituibile è infatti il ruolo di giovani che, unendo all'impegno e alla preparazione quel tanto di avventurismo culturale che permette di percorrere strade nuove e "non canoniche", contribuiscano a rendere la discussione scientifica occasione continua di confronto, verifica e crescita. In diversi campi scientifici il nostro Paese raggiunge punte di eccellenza ed in molti casi le linee di ricerca di più alto livello sono state sviluppate anche grazie al pluriennale lavoro di giovani tanto entusiasti e bravi quanto privi di prospettive di accedere a forme soddisfacenti e razionali di inquadramento anche a termine. Oggi sono sempre più numerosi i giovani ricercatori che, dopo anni di borse di studio o di dottorato (l'importo delle quali è serenamente definibile misero: un milione al mese per una borsa di dottorato), sono di fatto costretti a lasciare i laboratori e gli istituti, deprivando il sistema ricerca di professionalità e competenze preziose che esso stesso è andato formando. A voler essere cinici e votati allo spreco, ma molto cinici e molto spreconi, questa assurda spirale di creazione e sperpero di sapere potrebbe ancora essere tollerabile se le uniche vittime fossero i giovani ricercatori. Si potrebbe sempre sperare, infatti, nell'arrivo di nuove leve, motivate e dotate di una buona preparazione di base, da re-inserire nel ciclo. Il fatto è che senza "discepoli" che lo possano ereditare e mettere a frutto nelle istituzioni di ricerca, il patrimonio culturale e professionale dei migliori dei nostri ricercatori e tecnici (molti dei quali oggi alle soglie della pensione) andrà inesorabilmente disperso e le "scuole" di pensiero e di lavoro che hanno costituito la struttura portante del sistema ricerca del nostro Paese si estingueranno con i loro ultimi "maestri" . Se questo accadrà, non ci sarà "architettura per il sistema della ricerca" che possa rimediare il danno. Francesco Lenci Direttore Istituto di Biofisica del Cnr, Pisa


IN BREVE Le arance della salute
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA RICERCA SUL CANCRO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Sabato 31 gennaio, in 1100 piazze italiane, nona edizione dell'iniziativa dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro "Arance della salute": con un contributo di 13.000 lire si diventerà soci e si riceverà una reticella con tre chilogrammi di arance. Nelle passate edizioni si sono raccolti così 22 miliardi per la ricerca.


SCAFFALE Mannucci Renato e Cordara Franco: "Misurare il tempo e la frequenza", Ed. Il Rostro
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: METROLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Le misure di tempo sono le più precise. Gli ultimi orologi atomici scartano di meno di un secondo su un milione di anni, e si pensa di poter fare ancora almeno 10 volte meglio. Benché il tempo rimanga qualcosa di concettualmente misterioso, o forse proprio per questo, la storia della sua misura è davvero affascinante. Ce la raccontano Renato Mannucci e Franco Cordara. Quest'ultimo è responsabile del campione di tempo conservato dall'Istituto elettrotecnico "Galileo Ferraris" di Torino, che tra i suoi compiti ha anche quello di dare all'Italia il segnale orario ufficiale. C'è qualche tecnicismo, ma alcuni capitoli sono godibilissimi e alla portata di tutti.


SCIENZE DELLA VITA. LA SOGLIOLA DI MOSE' Piatta e velenosa Può paralizzare anche uno squalo
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: CLARK EUGENIE
LUOGHI: ESTERO, ASIA, ISRAELE, EILAT
TABELLE: T. Le fasi dello sviluppo di una sogliola di Mosè da 3 a 45 giorni

CON la sua arma segreta, è capace di tenere alla larga il più potente predatore dei mari, lo squalo. Parlo della sogliola di Mosè (Pardachirus marmoratus), un pesciolino trasparente e delicato, lungo una ventina di centimetri, che si trova nei mari corallini tropicali. L'ha studiato alcuni anni fa l'ittiologa americana Eugenie Clark nell'acquario di biologia marina di Eilat, in Israele. Fu lei che scoprì per la prima volta il misterioso potere del piccolo pesce. Il suo veleno è un liquido lattiginoso che sgorga da ghiandole situate nella pinna dorsale e in quella anale. Anche diluito in acqua, ha effetto paralizzante sui grandi predatori, come gli squali. Non appena uno di loro cerca di addentare la sogliola di Mosè, rimane a bocca spalancata come se non riuscisse più a serrare le mascelle. Naturalmente rinuncia al boccone e si allontana a tutta velocità. Ma sulle prede di piccola mole il veleno ha effetto addirittura mortale. Messo a contatto con ricci di mare, stelle marine e piccoli pesci della barriera corallina, li uccide all'istante. Un topo a cui si inietti sperimentalmente un quinto di millilitro della secrezione tossica è colto da violente convulsioni e in capo a due minuti muore. Il veleno ha effetto neurotossico ed emorragico. Distrugge le cellule rosse del sangue. Eppure - sembra incredibile - la sogliola di Mosè, opportunamente preparata e cucinata, è considerata un autentico manicaretto, ed è molto apprezzata dai buongustai. Perché la chiamano "sogliola di Mosè"? Circolano a questo proposito molte fantasiose leggende. Una di queste narra che quando Mosè divise le acque del Mar Rosso per far passare gli Ebrei in esodo dall'Egitto verso la Terra Promessa, un pesce fu spaccato in due dall'aprirsi improvviso del mare. E le due metà diventarono sogliole. La sogliola di Mosè è uno dei tanti pesci piatti (famiglia Pleuronettidi), parente delle passere di mare, dei rombi, delle sogliole comuni. Ma è l'unico velenoso della famiglia. Sono pesci davvero sui generis i pleuronettidi. Per catturare le prede spalancano la bocca provocando un risucchio attraverso il quale le vittime vengono letteralmente aspirate nella cavità orale e quindi digerite. Sono capaci di mimetizzarsi perfettamente con il fondo su cui poggiano cambiando tonalità di colore a seconda che il substrato sia più chiaro o più scuro. E sono oltremodo abili nel seppellirsi sotto la sabbia, scavandola con movimenti sinuosi delle pinne, in modo che rimangano allo scoperto soltanto gli occhi. Curiosi occhi a telescopio che si muovono l'uno indipendentemente dall'altro come quelli del camaleonte. Sperimentalmente però si è constatato che i pesci piatti accecati non sono più in grado di uniformarsi al colore del fondo. Evidentemente le cellule di pigmento chiamate "cromatofori" che abbondano sulla pelle si contraggono e si dilatano sotto l'impulso del sistema nervoso in stretto rapporto con la funzione visiva. Venuta a mancare quest'ultima, cessa anche la facoltà dei pesci di cambiare colore. Per i pleuronettidi, dotati di scarsa attitudine alla fuga, il mimetismo costituisce la più efficace arma di difesa contro le tante insidie del mondo sottomarino. Nessuno può dire a un pesce piatto "Ti cambio i connotati". Ci pensa madre natura a cambiarglieli, perché si adegui in maniera sempre più perfetta al suo particolare genere di vita. Lo fa durante lo sviluppo, durante quel prodigioso moltiplicarsi e differenziarsi delle cellule che trasforma l'uovo fecondato prima in larva, poi in adulto. Prendiamo la comune sogliola ad esempio, quella che ben conosciamo per i suoi pregi gastronomici, oggetto di pesca intensiva, presente nel nostro Mediterraneo con dodici fra specie e sottospecie. La femmina depone molte migliaia di ovetti minuscoli che hanno il diametro di un millimetro o poco più e sembrano palline di vetro screziato. Galleggiano sull'acqua in virtù delle piccolissime goccioline oleose rifrangenti che portano sul guscio. Quando schiude dall'uovo fecondato, la giovanissima sogliola non si differenzia affatto dagli altri pesciolini che come lei affrontano per la prima volta il contatto con il mare aperto e si lasciano trasportare passivamente dal dolce dondolio del moto ondoso e dal flusso delle correnti. E' un cosino minuscolo, dal corpo compresso in senso laterale, con gli occhi posti uno di qua, uno di là, come vuole la buona regola nel mondo dei pesci Ma in capo a qualche giorno incominciano a verificarsi strani eventi. Nel segreto del suo corpo, man mano che procede lo sviluppo, la massa dei visceri si sposta verso l'alto, i due lati del cranio si accrescono in maniera asimmetrica, la bocca si distorce, la pinna dorsale si spinge in avanti al di sopra del capo. E mentre il pesce assume una posizione del tutto anormale nuotando su un fianco, si assiste a uno spettacolo davvero straordinario: la progressiva migrazione dell'occhio rimasto nella faccia sottostante. Si sposta man mano fino ad affiancarsi all'altro che si trova nella faccia superiore. Nella sogliola è l'originale lato destro che si volge verso l'alto e porta ambedue gli occhi. In altri pleuronettidi si volge invece verso l'alto il lato sinistro. Dopo le vistose trasformazioni anatomiche che lo rendono così diverso dalla forma larvale, il giovane pesce si lascia cadere lentamente sul fondo sabbioso, dove trascorre il resto dei suoi giorni. A meno che la rete di un pescatore non lo tiri a galla, interrompendogli prematuramente la vita. E' proprio quando raggiunge il fondo che il fianco superiore si scurisce per l'addensarsi dei cromatofori carichi di pigmento, mentre di pari passo impallidisce il fianco cieco che poggia sul suolo subacqueo. La larva simmetrica si è trasformata così nell'adulto asimmetrico che conosciamo. Il suo colore si adegua perfettamente di volta in volta al colore del substrato su cui poggia. Ma, quando ci troviamo nel piatto una sogliola alla mugnaia, chi di noi pensa alle vicende della sua vita? Isabella Lattes Coifmann


IN BREVE "Scienza e vita" in nuova veste
ARGOMENTI: DIDATTICA
ORGANIZZAZIONI: SCIENZA E VITA
LUOGHI: ITALIA

Con il numero ora in edicola, il mensile "Scienza e vita" ha cambiato veste: 130 pagine, formato più piccolo e agile, una particolare attenzione alla ricerca europea, una grafica più lineare, l'apporto redazionale dell'agenzia Zadig.


SCAFFALE Stannard Russell: "La scienza dei miracoli", Longanesi
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: EPISTEMOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Quali rapporti intercorrono oggi tra scienza e fede? Ne dialogano in questo libro scienziati, filosofi, teologi. Tra i nomi più noti, i fisici Paul Davies e Abraham Pais, il biologo Steven Rose, l'astronoma Jocelyn Bell, il matematico Hermann Bondi. Il cosmo, la vita, la mente e Dio sono i temi affrontati.


SCIENZE A SCUOLA. INGLESE SCIENTIFICO Trial, non solo una specialità motociclistica Terribile la traduzione "double-blind trial" in "studio in doppio cieco"
Autore: CARDANO CARLA

ARGOMENTI: DIDATTICA, LINGUISTICA, SCIENZA
LUOGHI: ITALIA

SEMPRE più spesso in un testo italiano ci si imbatte in parole scientifiche inglesi non tradotte. Si presume quindi che i lettori le conoscano, cosa non necessariamente vera. Facciamo un po' di chiarezza almeno per alcuni vocaboli cominciando con la parola trial, che troviamo in articoli scientifici di divulgazione. Trial sta per "studio portato a termine da un gruppo di ricercatori". A onor del vero la parola italiana ha un sapore libresco, mentre quella inglese, usata anche con il significato di tentativo, sforzo o anche processo, ha il vantaggio di sottolinearne l'aspetto sperimentale. Un discorso simile vale per test, vocabolo usato da tempo, che ha generato, fra l'altro, l'anglicismo testare, immensamente brutto ma molto efficace, forse come nessuna nostra parola di significato affine. Che cosa dire invece di trend, vocabolo in cui ci si imbatte quando ci si riferisce all'andamento di un certo fenomeno? Certamente in questo caso non si può proprio sostenere che non ci siano in italiano vocaboli di pari efficacia: tendenza, corso, direzione, orientamento sono tutti utilizzabili, e le piccole differenze di significato si possono sfruttare a seconda delle circostanze. Tuttavia la rapidità con cui il vocabolo è stato incluso nella nostra lingua non può che testimoniarne versatilità e immediatezza, tant'è che già da tempo è sul vocabolario italiano. Per di più, in certe occasioni si usa preferenzialmente quella parola: così si dice il trend dell'attività economica, la curva del trend in statistica. E arriviamo infine a random, divenuta ormai parola comune, anche per merito della Ram (Random access memory), la memoria centrale dei computer: nella lingua italiana ci sono addirittura tre vocaboli con identico significato: aleatorio, casuale e il meno conosciuto stocastico, tutti di origine aulica e tutti molto belli. Aleatorio addirittura ci riporta ad un celebre episodio storico: "Alea iacta est, il dado è gettato", si racconta dicesse Giulio Cesare al passaggio del Rubicone. E l'immagine del dado ci conduce immediatamente all'idea del caso. Malgrado tutto ciò, queste parole sembrano destinate ad essere usate sempre di meno, soprattutto in campo scientifico. Resiste per ora casuale, speriamo che non finisca per descrivere solo un abbigliamento poco curato, casual per intenderci, alla maniera anglosassone] Anche considerando solo i pochi esempi riportati, risulta senz'altro chiara l'origine dell'uso preferenziale di alcune parole scientifiche inglesi: la forza con cui una lingua si afferma si collega ai successi, questa volta scientifici, di chi la usa. In alcuni casi non c'è altra ragione, in altri la parola inglese può mostrarsi più idonea di quelle italiane. Non si tratta quindi di esterofilia, ed è evidente che ben poco si può fare per arginare il fenomeno. E chi pensasse che l'italiano sia sempre da preferire all'uso del vocabolo inglese, non potrebbe fare a meno di inorridire davanti a traduzioni del tipo studio in doppio cieco (ovvero studio clinico controllato, in cui nè i volontari nè i ricerca tori sanno a quale gruppo cia scun individuo appartiene); forse resterebbe talmente inorridito da cambiare opinione. Tutto sommato, meglio lasciare la forma inglese double- blind trial, meno lugubre rispetto alla prima traduzione e più sintetica rispetto alla seconda. Carla Cardano


IN BREVE Tumore del seno dati su Cd-rom
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: CARDINALI FABRIZIO
ORGANIZZAZIONI: GIUNTA MULTIMEDIA
LUOGHI: ITALIA

Un catalogo delle immagini microscopiche di tessuti tumorali della mammella e la loro classificazione istologica è stato selezionato a livello europeo in vista della realizzazione su Cd- rom. Il progetto è di Fabrizio Cardinali, direttore del laboratorio Giunt-Multimedia.


SCIENZE DELLA VITA. EPILESSIA Un "pace-maker" per il nervo vago
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: REGESTA GIOVANNI
ORGANIZZAZIONI: OSPEDALE SAN MARTINO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, GENOVA (GE)

PER le forme di epilessia che non rispondono ai farmaci, la ricerca ha messo a punto uno stimolatore elettrico, simile ai pace-maker usati in cardiologia. L'apparecchio agisce direttamente sul nervo vago (uno dei 10 nervi cranici) e può tenere a bada la zona cerebrale da cui si dipartono le scariche elettriche anomale, riducendo l'incidenza delle crisi. La stimolazione del nervo vago è ottenuta grazie ad un generatore di impulsi di piccole dimensioni, che viene inserito sotto il muscolo pettorale sinistro del paziente nel corso di un breve intervento chirurgico (dura circa 40 minuti). Il generatore di impulsi viene collegato al nervo vago di sinistra con un elettrocatetere bipolare che invia i suoi stimoli in base alle condizioni del paziente (deve essere sostituito dopo 5 anni per cambiare le batterie). La stimolazione non comporta effetti collaterali. In alcuni casi si verifica un leggero abbassamento della voce (tipo raucedine) quando il soggetto sta parlando, nel momento in cui "parte" l'impercettibile scarica elettrica. L'idea che la stimolazione elettrica del nervo vago possa influire sulla comparsa di crisi epilettiche si basa su due elementi fondamentali: la larga distribuzione dei punti di arrivo di questo nervo nel sistema nervoso centrale (afferenze) e l'effetto della loro attivazione sull'ipereccitabilità dei neuroni. Il nervo vago infatti ha una grande estensione: presiede all'innervazione di gran parte dell'apparato digerente, polmonare, cardiaco. Queste vie in arrivo al cervello vanno poi a proiettarsi su diverse strutture della corteccia e sottocorticali, attraverso una complessa rete di comunicazioni. Grazie alla stimolazione mirata effettuata dall'apparecchio, tarata dal neurologo, si è pensato di poter controllare l'insorgenza di crisi epilettiche altrimenti incontrollabili. Infatti, in ultima analisi, l'epilessia rappresenta la manifestazione periferica di una scarica eccessiva e incontrollata che interessa una particolare zona del cervello. Da questo disturbo "elettrico" di alcuni neuroni si possono avere disturbi di vario tipo: sensoriali, convulsioni, perdite dello stato di coscienza. Giovanni Regesta, direttore del Centro per l'epilessia dell'Ospedale San Martino di Genova, rileva che i pazienti trattati con questa particolare protesi ormai sono più di 1000, e di recente è stata approvata dalla Food and Drug Administration americana per l'applicazione su larga scala. L'importanza di questa tecnica è notevole, perché è efficace sul 70-75 per cento degli epilettici. Per i rimanenti, le vie terapeutiche alternative sono limitate. In Italia si valuta che almeno mezzo milione di persone abbiano sofferto o soffrano di questa patologia. Renzo Pellati


SCAFFALE Vanin Gabriele: "I grandi fenomeni celesti", Mondadori
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

Dovuto a un valido cultore dell'astronomia (l'autore è anche il presidente dell'Unione astrofili italiani) con notevoli esperienze dirette di fotografia celeste, questo libro punta ai fenomeni più spettacolari: quelli che, come la recente apparizione della cometa Hale-Bopp, portano anche le folle a scrutare il cielo. Si parla, appunto, con un'ampia introduzione storica, di "grandi comete", di piogge di meteore eccezionali, come quelle delle Leonidi nel 1866 e delle Bielidi nel 1872, di eclissi solari, sia totali che anulari, sino a quella che è attesa sull'Europa centrale l'11 agosto 1999. Il testo è arricchito da vivaci ricordi personali. Ma va segnalata soprattutto l'abbondante documentazione iconografica, che spazia da stampe antiche a immagini fotografiche recentissime, anche inedite. (l. pr.)


"Vorrei una sola Teoria" Il Nobel Glashow tra micro e macrocosmo
AUTORE: CERU' MARTA
ARGOMENTI: FISICA, ASTRONOMIA
PERSONE: GLASHOW SHELDON LEE
NOMI: ABDUS SALAM, WEINBERG STEVEN, MAXWELL JAMES CLERK, GLASHOW SHELDON LEE
LUOGHI: ITALIA

LE teorie che descrivono il microcosmo delle particelle elementari sono in evoluzione verso una teoria unificata. Ma molti sono i problemi ancora da affrontare. Tra i fisici teorici che lavorano alla teoria unificata spicca Sheldon Lee Glashow, che nel 1979 ottenne il premio Nobel con Abdus Salam e Steven Weinberg "per i contributi alla teoria dell'unificazione dell'interazione elettrodebole ed elettromagnetica tra le particelle elementari". Professore ad Harvard, Glashow, intervenendo a Milano alla conferenza "Dieci Nobel per il futuro" ha descritto così la sua vita di studioso: "La fede nella semplicità della natura è uno dei principi guida più potenti per la maggior parte dei fisici. Ma non basta cercare i mattoni fondamentali che costituiscono tutta la materia, occorre comprendere come si organizzano e in che modo interagiscono. Proprio questo è l'obiettivo che ha guidato tutta la mia vita: la ricerca del disegno ultimo dell'universo". Professore Glashow, che cosa significa cercare una teoria unificata? "Pensate al magnetismo, all'elettricità o alla luce. Sembrano fenomeni del tutto diversi tra loro, eppure James Clerk Maxwell nell'800 mostrò come siano manifestazioni diverse delle stesse leggi fondamentali. E riuscì a descriverle con un'elegante sistema di equazioni, quelle dell'elettromagnetismo. Da allora si cominciò a pensare a una teoria unificata per tutte le forze alle quali è soggetta la materia. Quando ero studente, si conoscevano quattro tipi di forze possibili: la forza elettromagnetica tra gli elettroni e il nucleo atomico, o tra gli atomi e le molecole, la forza forte tra le particelle all'interno del nucleo, quella debole, responsabile dei decadimenti radioattivi e infine quella gravitazionale tra due corpi dotati di massa. Io ho cominciato cercando di trovare una teoria unificata per le forze deboli e quelle elettromagnetiche e qualche anno dopo Yukawa ha cercato di formulare una teoria unificata per le forze deboli e quelle forti. Salam, Weinberg e io arrivammo alla teoria elettrodebole. Non si trattava di una unificazione, era piuttosto un modo consistente per descrivere due forze di natura diversa. C'era però il problema della forza forte, che fu risolto con la cromodinamica quantistica, la teoria per le interazioni forti tra le particelle nucleari. Oggi queste tre forze sono spiegate da singole teorie autoconsistenti che descrivono tutti i fenomeni osservati in natura. L'unificazione, quindi, secondo me e altri scienziati, può essere un concetto matematico, una struttura comune alla base della descrizione matematica delle tre forze. E la cosa interessante sono i fenomeni che deriverebbero dalla formulazione di una tale teoria universale. Ci sono molti esperimenti, in Giappone o negli Stati Uniti, che cercano questi effetti, ma la giusta direzione verso cui andare è ancora un problema aperto. Forse il sistema di riferimento logico su cui le teorie sono basate non è abbastanza ricco per dare risposta a molte domande, come ad esempio quale sia l'origine della massa delle particelle, o perché ci sono tre famiglie di particelle fondamentali". Lei pensa quindi che le ri sposte dovranno venire so lo dalla teoria? "In un certo senso sì. In parte per rispondere a queste domande, oggi molti giovani fisici teorici si occupano delle cosiddette teorie delle stringhe. Il linguaggio matematico è completamente nuovo, e dalla forma delle teorie emerge un quadro unificato della fisica realmente complesso. Il problema è che se le stringhe esistono, sono veramente indeterminabili, perché sono milioni di volte più piccole delle più piccole particelle elementari. Il salto che c'è dalla fisica delle particelle elementari alle supestringhe è più o meno quello che c'è tra le dimensioni di una persona e quelle del nucleo atomico. Alcuni miei colleghi sono veramente esaltati dalle possibilità di questa teoria. Che non suggerisce alcun esperimento, ma al contrario dice che non c'è una via possibile di ricavare informazioni sperimentali dirette". Che ruolo possono avere gli esperimenti? "Ci sono ancora questioni veramente importanti alle quali bisogna dare risposta per via sperimentale. Questioni che riguardano per esempio una particella sfuggente come il neutrino. Ha una massa? La domanda è legata a questioni riguardanti l'intero universo: continuerà a espandersi, o arriverà prima o poi a contrarsi? Ciò a cui sto lavorando ora è proprio cercare di capire se il neutrino abbia o no una massa ed esperimenti in Giappone, in Canada o in Italia (sotto il Gran Sasso), porteranno presto una risposta". Un suo libro si intitola "The Charm of Physics". Che co sa è per lei il fascino della fisica? "E' come se degli esseri umani così piccoli e deboli fossero riusciti a comprendere cose più grandi o più piccole di loro e così diverse da loro. E' una specie di miracolo se oggi si ha una comprensione teorica della materia e dell'universo così avanzata. Ed è bellissimo che siamo in grado di capire così tanto". Marta Cerù




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