TUTTOSCIENZE 7 gennaio 98


SCIENZE A SCUOLA. ALL'ISTITUTO TECNICO GRASSI DI TORINO Da Leonardo alle navicelle spaziali Straordinaria rassegna realizzata dagli studenti aeronautici
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
TABELLE: T., D. Il percorso didattico della mostra allestita dagli studenti dell'Itis «Carlo Grassi»

E'una mostra allestita dagli studenti (con l'aiuto di personale docente e non docente) e destinata ad altri studenti. Inaugurata a novembre, resterà aperta per tutto l'anno scolastico all'Istituto tecnico industriale statale per costruttori aeronautici ed elettrotecnici "Carlo Grassi" di Torino. Tema: "L'uomo, la tecnologia, il volo". La scuola è in via Paolo Veronese 305. Visitanto la mostra si avrà, oltre al resto, l'occasione di vedere un istituto efficiente, ordinato, perfino silenzioso, con laboratori ben attrezzati, una eccellente bilioteca, e che funziona egregiamente; una cosa, in questi tempi di occupazioni selvagge, non da poco. Nella sua prima sezione la mostra racconta la storia del volo, dalla mitologia a Leonardo da Vinci con le sue geniali macchine, fino ai jet supersonici e alle navicelle spaziali (numerosi modelli sono stati costruiti dai ragazzi dell'istituto). Tra la documentazione fornita da numerose aziende spiccano il modello di un caccia a reazione della Fiat costruito in materiale trasparente che consente di vederne tutti i particolari interni e i disegni dettagliati di un idrovolante della Piaggio proveniente dall'archivio della fabbrica aeronautica genovese. Nella seconda sezione sono illustrati, per mezzo di una serie di esperienze interattive realizzate con pochi mezzi "di fortuna" e una notevole inventiva, i principi fondamentali della fisica del volo incentrati intorno al concetto di portanza, la forza quasi magica che tiene sospesi in aria indifferentemente i minuscoli ultraleggeri di tela e alluminio e i giganti da 500 tonnellate. I visitatori, seguendo le istruzioni riportate su appositi cartelli, possono agire sulle diverse macchine per metterne in evidenza il funzionamento. La mostra è completata da un "Atelier", locale attrezzato che consente ai visitatori di verificare in concreto i principi fisici del volo realizzando alcuni modelli volanti in carta seguendo schemi costruttivi già predeterminati. Grazie a un computer è possibile visionare alcuni ipertesti sul volo realizzati da un gruppo di allieve del "Grassi" e alcuni siti Internet dedicati al volo. Infine è stata allestita una sala in cui viene proiettato il filmato "Liberi di volare", prodotto dall'Istituto, in cui si ripercorre a grandi tappe la storia del volo; particolarmente emozionanti le immagini dei tentativi fatti dai pionieri che si gettavano nel vuoto appesi ai "libratori" privi di motore (spesso con esiti tragici), quelle del primo volo dei fratelli Wright, e soprattutto quelle della prima ripresa cinematografica da un aereo; immagini che mettono insieme aereo e cinema, due invenzioni che in meno di un secolo hanno enormemente cambiato la nostra vita. La mostra è stata realizzata nell'ambito dell'Area di progetto, le 72 ore che nei programmi ministeriali sono espressamente destinate alla realizzazione di un prodotto concretamente valutabile e collegato al tipo di studi di ciascuna scuola. Comune e Provincia di Torino hanno dato il loro patrocinio, vi hanno collaborato la Regione Piemonte, il San Paolo, l'Aero Club Torino, Piaggio, Fiat Avio, Alenia Aerospazio, le ditte Acuson e 2G Servizi Industriali. Soprattutto vi ha lavorato praticamente l'intero istituto, prima attraverso un ampio dibattito che ha portato ad individuare i temi da affrontare, e poi con la realizzazione pratica. La mostra ovviamente è visitabile da chiunque ma è rivolta in modo particolare agli studenti (con una sezione apposita destinata ai ragazzini delle scuole elementari). Per prenotare la visita si può telefonare all'Itis "Carlo Grassi" allo 011-22.66.550, chiedendo del professor Pipitone o della professoressa Bertotto. Vittorio Ravizza


L'euro, un dramma Banche in tilt per le cifre decimali
Autore: BIASON LAURA

ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

L'EUROPA si trova ad una svolta di grande importanza: l'introduzione della moneta unica, l'euro. "Bene", diranno i lettori, "ma anche su Tuttoscienze venite a dircelo? Non bastano le pagine economiche, dell'interno e della politica internazionale?". No, non bastano, perché l'euro non ha solo impatti economico-politici ma anche sulla vita quotidiana e su strumenti che ormai della vita quotidiana sono parte integrante: i computer. Il 1o gennaio 2002 ci troveremo tutti di fronte ad una novità: gli importi con i decimali. Dal giornalaio una copia de La Stampa costerà (salvo rincari) 0,77 euro, mentre per una taz zulella 'e cafè dovremo sganciare 0,72 euro. Anche il peso delle tasche dei pantaloni varierà, perché avremo a che fare anche con "monetone" da 2 euro (circa 4000 lire). Fin qui i riflessi sulla vita quotidiana. Ma non saranno i soli nè i più gravi. La moneta unica avrà notevoli ripercussioni sui sistemi informativi aziendali, nati per gestire importi da sempre espressi in valori interi. Saranno necessarie modifiche per permettere la gestione di importi con una una parte decimale, sarà necessario trovare spazio per i centesimi anche nelle maschere d'immissione dati o sui moduli di stampa, e per facilitarne la comprensione, per un periodo si spera non troppo lungo, sarà si consiglierà di utilizzare il dual pricing, ossia la doppia visualizzazione degli importi, non solo in euro ma anche nelle vecchie lirette. Ed ecco che gli statini degli stipendi riporteranno il sempre basso valore della retribuzione sia in lire che in euro, come anche i listini dei prodotti delle aziende, su cui sarà possibile scoprire che un'auto costa non solo 30 milioni di lire ma anche 15.471,9 euro. Curioso sarà inoltre vedere come saranno gestiti i prezzi inferiori alle 20 lire che, convertite, diventeranno 0,00 euro. Le aziende si troveranno anche di fronte al problema della conversione degli archivi. Come gestire i dati storici? Sarà possibile effettuare una conversione "stupida", che prende il valore espresso in lire e lo divide per il tasso di conversione (non di cambio) unico e irrevocabile che fra pochi mesi verrà fissato per l'euro. Ma sarà sempre conveniente? E sarà possibile continuare ad agire così, con un programma rattoppato, per anni? O non sarà forse meglio fare una conversione unica degli archivi, una volta sola, per operare poi solo in euro? Le alternative che si presentano sono molteplici ed è impossibile dare un consiglio che si adatti a tutte le realtà. La situazione è aggravata da alcune condizioni al contorno: il poco tempo a disposizione, la mancanza di specifiche e la disomogeneità di macchine e programmi che si trovano nelle aziende. Proprio da quest'ultimo punto conviene partire, effettuando un capillare inventario dei computer e dei programmi, per capire quali di questi magari sono in grado di operare già ora con la nuova valuta (sempre che si acquistino tastiere che riportino il simbolino dell'euro), tenendo conto che anche in questo caso fortunato (e, purtroppo, improbabile) sarà comunque necessario effettuare almeno una conversione degli archivi; ma sarà anche possibile che si scoprano programmi scritti in linguaggi di programmazione ora poco utilizzati, o magari non documentati e di conseguenza impossibili da modificare. Come fare in questa sfortunata ipotesi? Può magari essere necessario cambiare completamente l'applicativo, e di conseguenza pianificare periodi di formazione per il personale operativo che con il nuovo programma ci dovrà lavorare. O magari prevedere una fase transitoria in cui il programma venga affiancato da una sorta di " scatola nera" che prenda gli importi e li converta solo quando devono essere visualizzati. Ma è anche probabile che con l'inventario emerga un oceano di programmi della cosiddetta " informatica individuale", che i singoli dipendenti si sono scritti con l'ausilio di applicativi ormai molto semplici da utilizzare, quali ad esempio i fogli elettronici. Come già accennato, non esistono soluzioni uniche, ogni realtà è un caso a sè stante. Esiste una caratteristica che accomuna però le singole situazioni: il fatto che ci si trovi ad agire in tempi ridotti; sarà infatti già possibile utilizzare euro come moneta a corso legale a partire dal 1o gennaio 1999 e le grandi aziende hanno deciso di iniziare ad operare fin dal primo giorno possibile in euro, dati gli innegabili vantaggi economici che comporta. Ma al Capodanno 1999 mancano solo 52 weekend (abitudine degli informatici è calcolare il tempo a disposizione in "weekend", perché solo quando le aziende sono ferme si possono apportare modifiche ai programmi), e che nel già poco tempo occorre anche risolvere il problema dell'Anno 2000. Non bisogna lasciarsi trarre in inganno, questa coincidenza di problemi deve essere vista come un'opportunità, perché sarà possibile fare di necessità virtù, e mettere mano una sola volta ai sistemi informativi, risolvendo non solo i problemi di Anno 2000 ed euro, ma anche rendendo omogenee stratificazioni di modifiche "temporanee" che nel corso degli anni sono state apportare per adeguare sistemi vecchi a situazioni normative od organizzative nuove, insomma, i cosiddetti "tacon", le toppe. A questo punto rimane da fare un'osservazione: abbiamo appurato che occorre agire subito perché abbiamo a disposizione qualche weekend. Oltre a mancare giorni di lavoro, mancano, e sempre più mancheranno, risorse umane che sui programmi possano operare. Diventa quindi importante iniziare da subito ad occuparsi seriamente del problema, perché o prima o dopo con l'euro ci troveremo ad operare, e, più tardi si inizia, sempre meno risorse umane che sui programmi operino si riusciranno a trovare, e il loro lavoro ci costerà sempre più caro. Laura Biason


SCIENZE DELLA VITA. IL CASO DI BELLA Il problema delle verifiche
Autore: CORTESINA GIORGIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, BIOLOGIA, FARMACEUTICA
NOMI: DI BELLA LUIGI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

IL dibattito sulla "cura" antitumorale di Luigi Di Bella ci serve per ricordare che la verifica oggettiva dei fenomeni biologici, sia spontanei che indotti da farmaci, è un problema vecchio e parzialmente irrisolto. E' stata soprattutto la scelta del metodo da applicare a stimolare le discussioni, non essendo i modelli matematici (così vincenti nella fisica e nell'astronomia) applicabili "tout court" alla realtà biologica. Tutto questo vale per la biologia di base, ma vale più ancora per la biologia applicata alla clinica (e quindi ai malati). Ci si rende conto, alle soglie del 2000, che ogni metodo presenta lati deboli, che l'oggettività assoluta è un'utopia, ma che, d'altra parte, un metodo ci deve essere. Gli studi controllati e la loro interpretazione in chiave statistica rappresentano quanto di meglio (o di meno peggio) per valutare l'impatto di un fenomeno biologico provocato sul decorso clinico di una popolazione di malati. Per valutare l'efficacia o meno di un "biological Modifier" (BM) il sistema è questo: si divide una popolazione di 200-300 pazienti in due gruppi. Il gruppo 1 viene trattato con terapia tradizionale (che in campo oncologico può essere chirurgica o radioterapica), mentre nel gruppo 2 viene aggiunto alla terapia tradizionale il BM. I pazienti vengono seguiti nel tempo e si valutano sopravvivenza, numero di recidive, numero di metastasi. Un metodo statistico adeguato valuterà le differenze tra i due gruppi relative a questi parametri. E veniamo alla "cura Di Bella". Sicuramente è una terapia con BM: due antagonisti di fattori di crescita e uno stimolatore (forse) della reattività immunitaria, oltre ad integratori vitaminici con azione "differenziativa" (e quindi antitumorale). Un "rationale" discreto, che deve solo stabilire se i fattori di crescita fisiologici inibiti sono implicati nella crescita tumorale. L'approccio è stato quello del rapporto puro e semplice tra medico e paziente, con la scelta ragionata di escludere ogni valutazione di tipo statistico (basandosi su un concetto, peraltro vero, che ogni paziente è un caso a sè stante). E' un approccio che soddisfa al massimo gli aspetti, per così dire, animistici del problema, e che cura, in modo più soddisfacente, la parte più emozionale del malato di tumore. Ma un tentativo di rendere più oggettiva la valutazione è necessario. Ho vissuto negli ultimi 9 anni un'esperienza diretta di uno studio controllato in cui dovevo valutare l'efficacia del BM Interleuchina-2 (IL2) iniettata a basse dosi e localmente in carcinomi del cavo orale e dell'orofaringe. Ci sono state tre tappe di ricerca: 1) si sono valutate la tossicità e il numero di risposte obiettive iniettando basse dosi di IL2 nei linfonodi cervicali satelliti di alcune recidive (non più operabili) di tumori cervico-facciali; 2) si sono valutate le modificazioni dei linfociti dei linfonodi iniettati e delle cellule del tumore corrispondente; 3) sono stati studiati 220 pazienti di cui 110 trattati con chirurgia e radioterapia, e 110 con chirurgia, radioterapia e IL2. Lo studio è stato chiuso e l'analisi statistica, peraltro non ancora definitiva, ci dice che il gruppo con IL2 ha meno recidive (in modo significativo) e una sopravvivenza migliore (anch'essa significativa). Non è sicuramente un messaggio strabiliante nè miracolistico: però ha una sua oggettività, perché i 220 pazienti sono stati "stratificati" in due gruppi il più possibile omogenei e perché nel gruppo con IL2 è stato osservato un "risparmio" di recidive tra il 20 e 25%. Al professor Di Bella si deve chiedere di tentare, con fede ed umiltà, d'imboccare questa strada. Non è una strada perfetta, ma è l'unico metodo scientifico che oggi i "poveri ricercatori sul cancro" hanno a disposizione. Lo faccia, professor Di Bella, e le auguro di tutto cuore che un risultato, anche piccolo, possa far dire all'oncologia ufficiale che la sua è stata un'idea brillante. Giorgio Cortesina Università di Torino


SCIENZE DELLA VITA. ETNOGRAFIA Zemi, il testimone muto Un idolo unico al mondo dai Caraibi a Torino
Autore: SCAGLIOLA RENATO

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
NOMI: SALZA ALBERTO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

L'8 gennaio, al teatro Colosseo di Torino, per la serie dei GiovediScienza, l'antropologo Alberto Salza terrà una conferenza su: "Uomini in evoluzione, uomini in estinzione". Per l'occasione Salza avrà sul palco una spalla eccezionale anche se muta: lo "Zemi de Algodon", impressionante pupazzo precolombiano, alto 75 centimetri, un po' idolo, un po' feticcio, appartenente alla cultura degli indios Taino, popolazioni caraibiche scomparse da secoli, di religione animistica. Questo Zemi, contenente un cranio umano, classico esempio di sepoltura secondaria, ritrovato in una grotta dell'isola di Santo Domingo, è conservato da prima della guerra nel Museo di Antropologia dell'Università di Torino ed è - che si sappia - l'unico al mondo in cotone. Ne esistono alcuni altri, ma solo di legno. "Nel 1992 - racconta Melchiorre Masali, direttore dell'Istituto che ha fatto meticolose ricerche sul reperto - venne esposto a Genova per le Colombiadi, e fu assicurato per due miliardi e mezzo". Dopo un restauro effettuato dal laboratorio Nicola di Aramengo (Asti), lo Zemi fu sottoposto a una Tac al Cto di Torino, a cura di Franca Strikler Ligabue, docente di ecologia umana, per consentire un'analisi non distruttiva; il referto fu che il cranio, privo delle ossa occipitale, temporale e parietale, è deformato con appiattimento dell'osso frontale ("deformazioni intenzionali tabulari del capo a scopo rituale"), ed è rivestito con frammenti di crescentia cujete, una zucca tropicale usata un tempo anche come contenitore per cibi. Lo "scheletro" è composto da un bastone, bifido verso il capo, e una pietra lisciata all'interno del torace. L'avventurosa storia del viaggio da Santo Domingo a Torino è oscura e poco documentata. La prima notizia dello Zemi è del 1891, ne parla un americano, Walter J. Fewkes, che racconta di aver ricevuto alcuni disegni da un capitano di Boston, un certo Natkan Appleton. L'anno seguente Rudolf Cronau parla dello Zemi dominicano in relazione al culto degli antenati. Undici anni dopo il feticcio non era più a Santo Domingo; probabilmente era già in Italia, portato a Genova da un certo Cambiaso. I passi successivi non sono noti. Si sa solo che venne acquisito al museo torinese fra il 1935 e il 1941, dall'allora direttore (e fondatore nel 1911 del museo stesso) Giovanni Marro, ma la sua precisa identificazione venne solo negli Anni 70, quando fu usato, tra l'altro, come logo (Studio Testa), per una provvisoria riapertura del museo. Dopo la breve comparsata di domani, lo Zemi tornerà nella sua teca di cristallo nei secenteschi locali del San Giovanni Vecchio, austero e labirintico edificio barocco (che ospita anche i musei di Zoologia e Scienze Naturali), i cui restauri non finiscono mai. Dal 20 gennaio sarà però visibile al pubblico, in occasione della mostra "Luci su 6000 anni uomo", assaggio di paleoantropologia, con una piccola parte delle migliaia di reperti custoditi in oltre cinquemila casse, in magazzini e cantine dell'Istituto. Insolito l'allestimento, che prevede visite al buio; ai visitatori vengono consegnate delle torce elettriche con cui scoprire brandelli della storia dell'uomo: calchi di crani, cervelli in formalina, una mummia egiziana predinastica (4000 a.C.), appartenente a una donna deceduta per inversione dell'utero post partum, trovata con accanto lo scheletro del neonato. La collezione antropologica egiziana, da cui provengono gli esemplari esposti, è la quarta nel mondo per importanza, con materiali provenienti dalla necropoli di Assiut e Gebelen, scavati personalmente da Marro negli Anni Venti e Trenta. Dello stesso Marro sono state stampate un centinaio di immagini degli scavi, ricavate da lastre fotografiche dell'epoca, conservate negli archivi del museo. Curiosa e inquietante infine la scultura, già nota, opera di un artista paranoico, ricoverato agli inizi del secolo nel manicomio di Collegno. Un delirio, un groviglio caotico di immagini antropomorfe, costruito esclusivamente con ossa di pollo provenienti dalla cucina dell'ospedale, battezzato ermeticamente dallo stesso autore "Nuovo Mondo". La mostra resterà aperta fino al 26 luglio, orario 16/18. Chiuso il lunedì. Visite guidate su prenotazione: 011/56.21.284. Telefono del museo: 011/812.23.74. Renato Scagliola


SCIENZE DELLA VITA Sterminati da Colombo Gli indios Taino, indigeni delle Antille
Autore: SALZA ALBERTO

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

LA storia ci porta a Hispaniola (oggi Haiti e Santo Domingo), primo approdo di Colombo nelle Americhe nel 1511. Hatuey è un cacicco (capo) della popolazione Taino. Hatuey, al contrario di molti altri indigeni, non si è suicidato per la disperazione. E' fuggito a Cuba, a vivere nelle caverne. Ha mostrato ai compagni un paniere pieno d'oro. "Ecco il dio dei cristiani", dice. "Danziamo per lui. Se la danza gli piacerà, forse ordinerà ai cristiani di non farci più del male". Hatuey viene catturato tre mesi più tardi. E' al rogo. Prima che venga appiccato il fuoco, un prete gli promette la gloria eterna se accetterà di farsi battezzare. "E' dunque nel cielo che vanno i cristiani?". "Sì", risponde il prete. "Allora scelgo l'inferno". Appena vent'anni dopo l'arrivo di Colombo, la cultura taino svanisce: gli uomini ai lavori forzati, le donne violate, gli oggetti di culto bruciati, le statue in pietra spezzate: si salva solo l'oro, per la Spagna. In quegli anni si è marcato, per i secoli a venire, il divario tra l'uomo della biosfera (l'europeo), che ritiene il mondo una fonte di risorse a sua completa disposizione, e l'uomo dell'ecosistema, che vive in ambienti circoscritti da cui trae il completo sostentamento, fisico e culturale; e che non ritiene di conquistare altri mondi. Egli vive in equilibri precari, data la complessità del suo sistema di vita: un idolo in cotone, bruciato, può cancellare il filo di rapporto tra il mondo dei vivi e quello dello spirito. Come si può vivere, senza un tale raccordo? I Taino erano una popolazione di lingua arawak che abitava le isole delle Antille, tra Portorico e Cuba orientale, con la maggioranza in Haiti. Probabilmente provenivano, attraverso il bacino tra Orinoco e Amazonas, dalle terre pedemontane delle Ande venezuelane. La parola taino indica "nobiltà", contrapposto al termine noto di carib, che veniva usato per le popolazioni indigene più arretrate. Anche per i Taino si ripropone quindi una situazione tipica del Mesoamerica, in cui il potere politico-culturale è tenuto da una minoranza straniera, portatrice di una cultura "superiore", nei confronti di popolazioni a livello di sussistenza, cacciatori-raccoglitori e pescatori, cui venne insegnata l'agricoltura (soprattutto della manioca). La cultura taino coinvolgeva, all'arrivo di Colombo, un milione di persone. Si basava su complesse unità territoriali, guidate da cacicchi. Questi abitavano in case rettangolari (di origine andina), mentre il resto del villaggio, in grado di contenere anche 10.000 persone, era fatto di case poligonali con tetto conico, simulacro di primitive capanne. La struttura di potere, al contrario dell'area circumcaribica, era piramidale, con stratificazioni sociali così forti da impedire i matrimoni in senso verticale. L'arte taino è di altissimo livello tecnico ed espressivo, con caratteristiche assai diverse dalle altre culture mesoamericane. Si basa essenzialmente sulla produzione di oggetti legati alla cultura sciamanica. Uno sciamano, elemento di origine siberiana arrivato in America con le migrazioni originarie del suo popolamento, a partire da 50.000 anni fa, è un individuo in grado di entrare nel mondo dello spirito per mezzo di stati alterati della coscienza. Con l'uso di danze e droghe (i Taino, solo i nobili, utilizzavano tabacco e altre erbe seccate e ridotte in polvere che inalavano nel naso con apposite cannucce, dopo pratiche vomitorie di purificazione), lo sciamano raggiunge il trance, con visioni e allucinazioni che, retroattivamente, ispirano l'arte. Il mediatore della cerimonia, assieme allo sciamano e suo equivalente extraterrestre, era lo zemi, un idolo di varia foggia e materiale (spesso una sepoltura secondaria, come nel caso dello zemi di Torino). Senza zemi, il mondo dello spirito, con gli antenati e le forze benefiche, non si sarebbe rivelato, lasciando i Taino soli nell'ostilità del mondo terreno. Di grande importanza era anche il gioco della palla, al cui scopo ogni villaggio primario aveva un apposito campo delimitato da monoliti. Il gioco era una simulazione della cosmogonia e dei moti degli astri, con palle di caucciù. I giocatori erano demiurghi tra Cielo e Terra e venivano divinizzati. In occasioni speciali, per esempio, i Maya sacrificavano a dio il vincitore, come omaggio sacrificale messianico. Lo zemi di Torino pare essere, con le sue bardature e posizione da cerimonia del trance (cohoba), uno sciamano particolarmente potente, in quanto anche giocatore di palla. L'Inquisizione spagnola bruciò quanti più zemi poté. Di quelli in cotone (di maggior pregio in quanto legati anche al mondo agricolo) non ne restava che uno, nascosto dagli sciamani in una grotta in epoca pericolombiana. I Taino hanno ancora almeno un legame tra Cielo e Terra. Alberto Salza


SCAFFALE Brichetti Pierandrea, Gariboldi Armando: "Birdwatching", Edagricole Bologna
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Ancora un manuale sul birdwatching con non solo descrizioni e disegni di volatili, ma indicazioni pratiche su come organizzarsi nei diversi ambienti naturali, boschi, campagne, praterie, e nelle diverse stagioni. Quale binocolo usare, le tecniche di rilevamento, identificazione delle specie, il volo, il canto, le tracce, come chiave di riconoscimento, e una check- list degli uccelli italiani, aggiornata al '95.


SCIENZE FISICHE. GLI ANTICHI E IL CIELO Quando non c'era il telescopio L'archeoastronomia, una scienza in crescita
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, ASTRONOMIA, ARCHEOLOGIA, LIBRI
NOMI: LA PLACE PIERRE SIMON, WALKER CHRISTOPHER, MOORE PATRICK, GASPANI ADRIANO, CERNUTI SILVIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Un astrolabio

PIERRE Simon de Laplace ebbe l'avventura, nel 1784, di interrogare il quindicenne Napoleone Bonaparte all'esame di ammissione alla Scuola reale di artiglieria. Il ragazzo superò la prova e si trovò così aperta la carriera che lo avrebbe fatto diventare imperatore dei francesi. Nel 1796 Laplace pubblicò l'"Esposizione del sistema del mondo" e a sua volta venne interrogato da Napoleone. Come mai - gli domandò il generale - in quel trattato la parola Dio non compare neppure una volta? "Non ho bisogno di questa ipotesi", rispose lo scienziato. Saputolo, Lagrange avrebbe commentato: "Si tratta pur sempre di una bella ipotesi". Il famoso duplice aneddoto è riportato nella "Storia dell'astronomia" di Laplace che Mario Cavedon e Massimo Capaccioli hanno curato per la Cuen (132 pagine, 10 mila lire). Ed ecco come inizia il Com pendio di storia dell'astrono mia che Laplace pose al termine dell'Esposizione del sistema del mondo: "In tutti i tempi lo spettacolo del cielo dovette richiamare l'attenzione degli uomini, soprattutto in quei climi felici in cui la serenità dell'aria invita all'osservazione degli astri. Poiché per le necessità dell'agricoltura occorreva distinguere le stagioni e fissarne il ritorno, non si tardò a riconoscere che la levata e il tramonto delle stelle principali - il momento in cui s'immergono nei raggi del Sole, o quando ne emergono - potevano prestarsi allo scopo. Questo genere di osservazioni risale perciò presso tutti i popoli a tempi in cui si perdono le loro stesse origini". Le parole di Laplace pongono le basi dell'archeoastronomia, scienza giovane, generata, come dice chiaramente la parola, dal mescolarsi di cromosomi astronomici e archeologici. In effetti l'osservazione del cielo nasce da esigenze pratiche: la misura del tempo, l'orientamento in mare, la ritualità religiosa, le previsioni astrologiche. L'archeoastronomia si occupa di tutto questo, con particolare attenzione agli aspetti sociali, ma può anche rendere un servizio utile all'astronomia moderna: basti ricordare che le antiche osservazioni di supernove sono preziose per gli astrofisici, e che le testimonianze su eclissi di Sole del lontano passato ci forniscono dati sul rallentamento della rotazione terrestre e su un fenomeno complesso come il lento allontanarsi della Luna dalla Terra (dovuto alle maree, ma spiegabile completamente solo con la relatività generale di Einstein). Due libri freschi di stampa portano ora nuovi e utili contributi all'archeoastronomia. Il primo, curato da Christopher Walker e con una prefazione di Patrick Moore, è intitolato "L'astronomia prima del telescopio" (Edizioni Dedalo, 510 pagine, 50 mila lire). Contiene saggi di una ventina di autori; quello che apre il volume, di Clive Ruggles, smitizza l'interpretazione di Stonehenge come " osservatorio dell'età della pietra". Il secondo libro è " L'astronomia dei Celti" di Adriano Gaspani e Silvia Cernuti (Keltia Editrice, 175 pagine, 25 mila lire): finora è lo studio più approfondito sulla conoscenza del cielo da parte di questo popolo quale si può ricavare dall'esame di monumenti, monete e incisioni. Piero Bianucci


COMPUTER PAZZO: CONTO ALLA ROVESCIA Apocalisse 2000 Il "baco" nascosto nel nostro futuro
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

LUNEDI' 3 gennaio dell'anno 2000, presentatevi in dieci banche e depositate un milione in altrettanti conti correnti. Lunedì 10 gennaio ripresentatevi alle stesse banche chiedendo di chiudere il conto. Il cassiere di una banca vi restituirà il vostro milione, giustamente decurtato di qualcosa. Otto cassieri di altrettante banche si scuseranno con voi, spiegandovi che qualcosa di grave e misterioso è successo al sistema informativo, per cui per alcuni giorni gli sportelli non potranno operare. Il cassiere della decima banca vi dirà invece che la valuta per l'incasso è stata attribuita al 30-12-99; il sistema informativo chiederà al cassiere di pagarvi alcuni miliardi, pari agli interessi maturati in poco meno di cento anni, dal 3- 1-00 al 30-12-99. Vi consiglio anche di non fare una telefonata di auguri poco prima della mezzanotte di quel capodanno: potrebbe costarvi come una telefonata urbana di 100 anni, pari a 52 milioni di minuti, con un costo di 10 miliardi. Questi eventi e molti altri, alcuni divertenti, altri disastrosi, si manifesteranno nei primi giorni dell'anno 2000, per effetto del più clamoroso baco software o del più pernicioso virus della storia dell'informatica. Il meccanismo è semplice: avendo dedicato due sole cifre decimali ad indicare l'anno in una data, nella trascrizione di fine secolo l'anno 00 seguirà all'anno 99 e il calcolo delle differenze relative a coppie di anni, necessari per determinare i periodi di tempo trascorsi fra una data e l'altra, risulteranno clamorosamente errati. Chi avesse iniziato a lavorare nel 1970 e andasse in pensione nel 2010 si troverebbe indicata un'anzianità negativa di 10-70 = -60 anni, anziché un valore positivo di 40. Il problema riguarda da vicino le banche, le compagnie di assicurazione, le società di telecomunicazione, le linee aeree, ma non vi è impresa industriale o commerciale, o amministrazione pubblica, che possa considerarsi non toccata. I grossi calcolatori e i sistemi informativi più antichi sono i più esposti, ma gli stessi personal computer delle prime generazioni sono interessati. E il pericolo incombe non solo sui calcolatori in senso stretto, ma anche su una moltitudine di oggetti e sistemi, come apparati medicali, ascensori, unità di automazione industriale, strumenti militari. L'origine del baco risale agli Anni 60 quando la memoria di massa dei calcolatori, costituita da tamburi e dischi magnetici, era molto costosa e quindi aveva capacità molto limitata. Ad esempio, il Reminghton USS di cui la Fiat di corso Marconi andava orgogliosa nel 1960, un calcolatore costato oltre 200 milioni di allora, utilizzava come memoria di massa un tamburo magnetico da poche decine di migliaia di caratteri, mentre lo hard disk di un personal computer da 2 milioni di lire ha oggi una capacità di 2 miliardi di caratteri. Così i programmatori di quei tempi pensarono di risparmiare due cifre nel rappresentare delle date in memoria, limitandosi a indicare il giorno, il mese e le due cifre meno significative dell'anno, come in 31-10-62 anziché 31- 10-1962. In quegli anni si usavano anche, come supporti di memoria di massa, i pacchi di schede perforate. Ogni scheda conteneva soltanto 80 colonne, corrispondenti ad altrettanti caratteri, e il risparmio di due caratteri per ogni data poteva comportare il restringere ad una scheda un'informazione che avrebbe potuto richiederne due. Inoltre, due caratteri in meno significavano anche due battute in meno nel processo molto costoso di introduzione di dati nel calcolatore. I programmatori degli Anni 60 non potevano immaginare che i loro programmi sarebbero rimasti in vita per quasi mezzo secolo e che la loro organizzazione dei dati sarebbe stata ricopiata dai programmi successivi, in una stratificazione spesso caotica proprio come lo sono le stratificazioni geologiche. E ora che quello che è stato per anni un "dirty little secret" degli informatici è venuto alla luce, ora che mancano 1 anno, 11 mesi, 24 giorni, 12 ore, 11 minuti e 7 secondi all'anno 2000 (lo leggo su una delle 10.000 pagine di Internet dedicate all'argomento) che fare? La speranza nel "silver bullet", ossia nel proiettile d'argento tecnologico che centri l'obiettivo risolvendo il problema, è definitivamente tramontata. Il software, come spiegheremo in un prossimo numero di Tutto scienze, non è automatizzabile come i processi industriali classici. Non rimane che mettere mano a milioni di programmi, composti da migliaia di istruzioni ciascuno, reimpostarli e correggerli, linea per linea. I programmi più antichi, dei quali si è persa la documentazione, dovranno essere riscritti. Il costo dell'operazione è stato valutato intorno a un dollaro per istruzione, che lieviterà a un dollaro e mezzo, quando il giorno del Giudizio sarà più vicino. Ciò significa che una banca con un software di 50 milioni di istruzioni deve prepararsi a spendere una cifra vicina al centinaio di miliardi di lire. In termini globali, l'investimento che dovrà essere sostenuto nei Paesi industrializzati per eliminare il virus Y2K, come è familiarmente chiamato dagli informatici (perché?), sarà dell'ordine del milione di miliardi di lire, la metà del debito pubblico del nostro Paese; e le ultime e più pessimistiche stime, comprensive dei danni derivanti dall'arresto dei computer, giungono a 3 milioni di miliardi di lire. "Ogni problema - dicono gli americani - è un'opportunità che si presenta in abiti da lavoro". Il problema del 2000 poteva offrire una grande opportunità: la possibilità di riordinare enormi montagne di programmi in linguaggi obsoleti. Persa questa opportunità, non resta altra soluzione che fare milioni di rattoppi sui vestiti software dei calcolatori del mondo. Delle tre soluzioni a cui si sta pensando - il sarto di casa, l'outsourcing ossia l'affidamento a imprese esterne, il ricorso ai programmatori del Terzo Mondo - penso che soltanto la prima, per mille motivi, abbia una ragionevole probabilità di successo. Ma bisogna fare presto, perché le risorse umane disponibili potrebbero non bastare e, soprattutto, nove donne in un mese non fanno un bambino. Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino


SCAFFALE De Salle Rob, Lindley David: "Come costruire un dinosauro", Raffaello Cortina Editore
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: GENETICA
LUOGHI: ITALIA

Un fisico e un naturalista prendono spunto dal film di Spielberg per introdurre i grandi temi della ricerca contemporanea sul Dna. Un viaggio affascinante e leggibile, secondo la grande scuola anglosassone, per sondare la questione se sia realmente possibile manipolare gli elementi più intimi della genetica degli esseri viventi.


SCAFFALE Baker Robin: "Guerre sessuali", Alle radici dell'infedeltà, Baldini&Castoldi
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: BIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

ROBIN Baker, biologo evoluzionista, docente di zoologia all'Università di Manchester, conduce dal 1988 ricerche su migliaia di soggetti "in merito alla competizione spermatica umana", partendo dall'assunto che "i maschi sono programmati per conquistare e monopolizzare; le femmine per diversificare il patrimonio genetico dela specie". E fornisce notizie inedite come: il dieci per cento dei bambini sono allevati da un uomo che non è il loro padre genetico, anche se crede di esserlo... E' più probabile che una donna concepisca durante un rapporto occasionale che con il suo partner abituale... Raramente le scappatelle vengono scoperte, e anche i tradimenti di lunga durata hanno solo il 50 per cento di probabilità di essere smascherati.


SCAFFALE Grasso Gigi: "Captured in time", Verde Emporio Edition Torino
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Frutto di un meticoloso lavoro di ricerca in allevamenti di mezza Europa, un'opera monumentale sugli stalloni arabi, geneticamente padri di tutti i purosangue del mondo, del fotografo Gigi Grasso, che ha girato dalla Spagna alla Russia, dalla Calabria ad Amburgo. Di ogni esemplare fotografato, sono annotati nome, carriera sportiva, indirizzo dell'allevatore e pedigree. Con contributi di specialisti europei come: Hans-Joachim Nagel, Sylvie Eberhardt, Gudrun Waiditschka, Gerald Kurz, Roman Pankiewitz, Domenico Bergero, Jean-Marc Valerio, Bernd Radtke, Andy Letsch, Ivano Scotti, Romano Acrì, Crystyna Chmiel, Joanna Grootings, Monica Savier, Marco Buri; disegni e acquerelli di Sabrina Beltramo. Testi in italiano, inglese e tedesco.


SCAFFALE Greco Pietro, Prattico Franco, Rivieccio Giorgio, Vinassa de Regny Emanuele: "Toccare le stelle", Scienza e tecnologia nel Novecento, Cuen Editore Napoli
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

Quattro giornalisti scientifici italiani si sono messi insieme per cercare di spiegare agli studenti delle superiori cos'è stata la scienza del secolo che sta finendo, con scoperte che hanno segnato profondamente - basta pensare alla bomba atomica - anche la storia e la politica. Tra gli argomenti affrontati compaiono anche tecnologie sempre più avanzate, materiali artificiali sintetizzati, alterazione del patrimonio genetico di piante e animali, la telematica, "... e un graduale passaggio dalla certezza deterministica, all'indeterminazione tipica della meccanica quantistica, fino alla scoperta dei sistemi caotici".


GOVERNI E AZIENDE IN TRINCEA
NOMI: BENNET ROBERT
ORGANIZZAZIONI: COPIT COMITATO DI PARLAMENTARI PER L'INFORMAZIONE TECNOLOGICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

Meno del 5 per cento delle aziende e delle amministrazioni pubbliche sono pronte ad affrontare il 2000 con i loro computer. Negli Usa il senatore Robert Bennet ha presentato una legge che costringerebbe tutte le aziende a comunicare la loro situazione di fronte al " millennium bug". In Italia se ne occupa il Copit, Comitato di parlamentari per l'innovazione tecnologica. La questione è complicata dal fatto che non esiste una soluzione valida per tutti. Attualmente il software più diffuso nel mondo in ambiente mainframe e As/400 è quello della azienda italiana Hal e viene commercializzato dalla Ibm. La stessa Ibm ha comunicato di non avere intenzione di adeguare i propri sistemi all'euro prima del 2001 perché troppo impegnata a risolvere il problema delle date.


SCIENZE FISICHE. IL PROBLEMA DI VENEZIA Perché l'acqua alta? Le tre cause: maree, sesse e "surge"
Autore: LIONELLO PIERO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, MARE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
TABELLE: C.

OGNI anno in questa stagione Venezia viene colpita dall'"acqua alta". Questo anomalo innalzamento del livello del mare è prodotto da due fenomeni fisici, chiamati "surge" e sesse, che si sovrappongono alle regolari oscillazioni dovute alla marea astronomica. Il termine " surge" è preso a prestito dall'inglese. Si pronuncia, più o meno, serg, con una "e" molto chiusa che si avvicina alla "o". Il "surge" è l'innalzamento del livello del mare causato dall'azione della pressione atmosferica e del vento durante intense mareggiate. Il vento è il principale responsabile dell'"acqua alta" perché, soffiando, non genera solamente onde ma anche inclina la superficie del mare. Gli allagamenti di Venezia, di solito, sono causati dallo scirocco, che soffia durante le mareggiate autunnali lungo l'Adriatico, da Sud verso Nord. Quando il vento è molto forte, circa 100 km/h, e dove la profondità del mare è solo 10 metri, il livello del mare aumenta di circa un centimetro per ogni chilometro. Per fortuna l'effetto del vento diminuisce molto se la profondità aumenta, e si riduce a 1 millimetro per chilometro se il mare è profondo 100 metri. Questa inclinazione, visivamente impercettibile, ha grandi effetti durante una forte tempesta di scirocco perché continua per distanze di alcune centinaia di chilometri, lungo tutto l'Adriatico, e produce un dislivello di circa 1 metro fra Venezia e il Canale d'Otranto. La pressione atmosferica agisce come un gigantesco pistone sulla superficie del mare: nella parte del bacino che si trova in una zona di pressione relativamente bassa, questo pistone preme con forza inferiore alla media e il livello del mare si alza, mentre, viceversa, dove la pressione è alta, il livello scende. A causa di questo effetto, inferiore a quello del vento, una differenza di pressione di 10 millibar fra Nord e Sud Adriatico produce una differenza di circa 10 centimetri del livello del mare. La sessa è un fenomeno tipico di bacini lunghi e semichiusi, come l'Adriatico. Quando una perturbazione meteorologica si allontana, il vento smette di soffiare e la pressione ritorna ai livelli normali. L'accumulo di acqua nel Nord dell'Adriatico non viene più sostenuto dalle forze che l'avevano prodotto e il livello del mare si abbassa creando una lunga onda che scende verso Otranto, dove viene quasi completamente riflessa e risale verso Nord. Questa onda, chiamata sessa, percorre l'Adriatico a senso alternato, impiegando circa 22 ore a completare ogni ciclo, e smorzandosi di circa il 10 per cento ad ogni passaggio. Le maree sono variazioni del livello del mare che si succedono con regolarità. Nell'Adriatico sono modeste e, a Venezia, comportano oscillazioni del livello del mare di circa mezzo metro attorno alla media. La regolarità delle maree deriva dalla regolarità delle loro cause: la rotazione terrestre, il moto di rivoluzione della Luna attorno alla Terra, e quello della Terra attorno al Sole. Per effetto di questi moti, la distanza di un punto sulla superficie terrestre rispetto al Sole e alla Luna varia periodicamente e con essa la forza gravitazionale da essi esercitata per cui vengono generate oscillazioni periodiche del livello del mare. La regolarità delle maree è in parte mascherata dalla presenza di molti contributi, ciascuno con un diverso periodo di oscillazione. Nel Nord Adriatico i tre contributi più importanti hanno picchi che si ripetono ogni 12,4, 23,9 e 12,0 ore. Le differenze fra i periodi di oscillazione determinano una mancanza di sincronia fra i vari contributi mareali, per cui i massimi e minimi del livello complessivo del mare variano continuamente in ampiezza e non si succedono a intervalli di tempo regolari. Quello che conta ai fini pratici è il livello complessivo del mare che deriva dalla sovrapposizione "surge", sesse e maree, e quando "surge", sesse e massimi mareali si verificano simultaneamente i loro effetti si sommano. Il disastro del 4 novembre 1965 a Venezia fu dovuto ad un " surge" enorme, il cui massimo, fortunatamente, non ebbe luogo in coincidenza con massimi mareali. Il livello del mare raggiunse i 196 centimetri, mentre onde la cui altezza media in mare aperto viene stimata circa 6 metri, ma che spesso raggiungevano i 10 metri, demolirono in parte le difese litoranee della laguna e di Venezia. Infatti, durante le mareggiate il "surge" è accompagnato da onde marine e la presenza simultanea di questi due elementi distruttivi costituisce un grave pericolo per le zone costiere, e l'"acqua alta" che ha prodotto gravi danni a Venezia, ha generato, in altre situazioni, terrificanti scenari da diluvio universale. Nel 1953 il Mare del Nord, con un "surge" di oltre tre metri e mezzo, ruppe le dighe olandesi e allagò 25.000 chilometri quadrati del Paese provocando 1400 morti. La stessa tempesta fece 300 vittime sulla costa orientale dell'Inghilterra. Nel 1970 e 1991, il Golfo del Bengala penetrò per più di 50 km nel Bangladesh provocando, rispettivamente, un numero stimato di 250.000 e 140.000 morti. Piero Lionello Università di Padova


SCIENZE FISICHE. ASTROFISICA Fiumi di plasma nel Sole Scoperti da una navicella spaziale
Autore: CAGNOTTI MARCO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, FISICA
NOMI: SCHERRER PHILIP, DEFOREST CRAIG, COUGH DOUGLAS
ORGANIZZAZIONI: NASA, AGENZIA SPAZIALE EUROPEA, SOHO, MDI
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D.

GRANULOSA ma tranquilla. Così appare la fotosfera solare osservata in un telescopio, anche di modeste dimensioni. La granulazione è dovuta all'affioramento di gas caldi provenienti dall'interno, in immense colonne di migliaia di chilometri di diametro che hanno una vita media di qualche minuto. Nel nocciolo, al centro del Sole, avvengono le reazioni di fusione termonucleare a temperature di 12-15 milioni di gradi, che sono la sorgente di energia che gli permette di brillare per miliardi di anni. Fra il nocciolo e la superficie vi sono regioni in cui il trasporto dell'energia avviene prima per assorbimento e riemissione della radiazione da parte degli atomi dei gas incandescenti, e poi in forma convettiva, grazie allo scambio fra la materia calda che sale e la materia fredda che scende, un po' come in una pentola che bolle. La radiazione visibile dalla Terra porta informazioni solo sulla fotosfera, ossia sugli strati superficiali, e quindi ciò che accade nelle regioni più profonde non è noto e può essere conosciuto solo per via indiretta. Un importante passo avanti in questa direzione è stato recentemente compiuto grazie alle osservazioni della sonda Soho (Solar and Heliospheric Observatory) della Nasa e dell'Agenzia Spaziale Europea, che ospita dodici strumenti esclusivamente dedicati allo studio della nostra stella. Uno di questi, il Michelson Doppler Imager (Mdi), misura ogni minuto gli spostamenti verticali di circa 700 mila punti della fotosfera, provocati dall'affioramento di onde sonore provenienti dall'interno. "In qualche modo, sembra un po' un'ecografia del Sole", afferma Jesper Schou, della Stanford University. Dalla frequenza e dalla struttura delle oscillazioni i ricercatori sono riusciti a scoprire profonde correnti di plasma che scorrono alcune migliaia di chilometri sotto la superficie. Intorno ai poli del Sole c'è infatti evidenza di enormi "fiumi" di materia, larghi 30 mila chilometri, che alla profondità di 40 mila chilometri scivolano alla velocità di 140 chilometri all'ora rispetto ai gas circostanti. La loro struttura ricorda per certi versi le "correnti a getto" dell'atmosfera terrestre che, con direzione da Ovest a Est, determinano lo spostamento delle masse d'aria ad alta quota, fra la stratosfera e la troposfera. Naturalmente la scala è ben diversa. Philip Scherrer, uno dei ricercatori del team che ha compiuto la scoperta, ricorda che, " sebbene siano le più piccole strutture mai osservate all'interno del Sole, sono larghe abbastanza da poter contenere un paio di volte la Terra". Ma non è finita qui. Soho è riuscita a confermare la presenza di "fasce" a latitudini prossime all'equatore, larghe circa 65 mila chilometri, in cui il plasma si muove a velocità maggiore rispetto al materiale circostante. Queste "fasce" ospitano correnti che alla velocità di 30 chilometri all'ora scorrono a 18 mila chilometri di profondità e che, per estendere la metafora meteorologica, sono state paragonate agli alisei terrestri. "In realtà", afferma Craig DeForest, della Stanford University, "queste correnti sono più simili alle fasce di Giove che agli alisei della Terra. Partono da latitudini intermedie e si dirigono verso l'equatore solare, che raggiungono in circa undici anni". E proprio questo fatto lascia sospettare una qualche relazione con il ciclo undecennale di attività magnetica del Sole. Tanto più che le macchie solari, molto numerose soprattutto durante i massimi del ciclo, tendono a formarsi proprio ai bordi delle "fasce". Insomma, l'interno del Sole è molto meno tranquillo di quanto si può pensare dopo un'occhiata alla superficie con un piccolo telescopio. " Data l'alta sensibilità della strumentazione necessaria, dalla Terra non avevamo mai visto questi fiumi sotto la fotosfera - dice Douglas Gough, dell'Università di Cambridge -. Questa scoperta annuncia quella che io penso sarà una nuova era per la meteorologia solare. Se la sua evoluzione sarà paragonabile a quella della meteorologia terrestre, ci porterà a una conoscenza molto più approfondita della dinamica del Sole". Marco Cagnotti


DALLA LIRA ALLA MONETA EUROPEA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

Lire ed euro: ecco le regole di conversione che si applicheranno. 1) I tassi di conversione vengono definiti con 6 cifre significative (per l'Italia: 4 interi e 2 decimali, per esempio 1939,45). 2) I tassi di conversione non possono essere nè troncati nè arrotondati. 3) Non è possibile calcolare tassi inversi. 4) Gli importi in euro vengono visualizzati con due decimali, arrotondati al centesimo inferiore o superiore. 5) I calcoli intermedi vanno effettuati con 6 decimali. 6) Gli importi in lire continuano a non presentare decimali.


SCIENZE FISICHE Stonehenge su Internet Gli osservatori dell'età della pietra
Autore: COSSARD GUIDO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, ASTRONOMIA, ARCHEOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: INTERNET
LUOGHI: ITALIA

L' UOMO ha iniziato ad osservare il cielo fin dai tempi più remoti. Già nel paleolitico il computo delle fasi lunari era tenuto tracciando delle tacche su ossi, recentemente studiati. Ma, soprattutto, nel neolitico ci fu un'esplosione dell'interesse nei confronti dell'astronomia, come inevitabile conseguenza dell'introduzione dell'agricoltura. Infatti le tecniche agricole imponevano la stesura di un primo, seppur approssimato, calendario, e unico mezzo per ottenerlo era quello di osservare il cielo ed il moto delle stelle, del Sole e della Luna. L'archeoastronomia è in rapido sviluppo e, come spesso accade per le scienze di nascita recente, non è sempre facile disporre di materiale a riguardo. A questo fine ci viene in aiuto quella risorsa immensa che è Internet. Vi suggeriamo quindi alcuni siti, partendo dalle pagine italiane. La prima che consigliamo è all'indirizzo: http://tv.shineline. it/archeo/archeoi.htm Il sito è molto interessante ed organizzato intelligentemente, con numerosi link che spaziano tra i più importanti argomenti del settore. Segnaliamo inoltre la pagina curata dall'Associazione di Ricerche e Studi di Archeoastronomia Valdostana, disponibile al seguente indirizzo: http://aostanet. com/privati/archeoastrono mia/arsav.htm Questo sito descrive i principali luoghi archeoastronomici della Valle d'Aosta, oltre ad offrire numerosi links, tra i quali i collegamenti con Carnac e Stonehenge. Se si è interessati soprattutto all'aspetto calendariale si può accedere alla pagina http://www.juneau. com/home/janice/calen darland/ che è molto completa. Se siete in partenza per la Gran Bretagna o per l'Irlanda, non potete mancare di visitare prima alcuni siti. Per l'Inghilterra consigliamo http: //easyweb.easynet.co.uk/~aburnham/en g/index.htm mentre, per la Scozia, potete richiamare http://www.geocities.com/SoHo/2621/sto nes1.htm. I monumenti del Galles si trovano invece all'indirizzo: http://www1.tip.nl/~t755096/eng/wales.htm. Altri siti che meritano una visita sono disponibili agli indirizzi: http://indigo.stile.le. ac.uk./~rug/STILE/ (la pagina curata da Clives Ruggles) e http://www. wam.umd.edu/~tlaloc/archastro/ che è il sito del Center for Archeoastronomy. Infine, se siete interessati al cielo dei Maya, potete accedere al sito http://www.astro.uva.nl/michielb/maya/a stro. html. Guido Cossard


SCAFFALE Hummel Siegbert: "Tracce d'Egitto in Eurasia", a cura di Guido Vogliotti, Ananke Editore
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Un viaggio dell'orientalista tedesco Siegbert Hummel dall'antico Egitto fino al Tibet, attraverso le culture euroasiatiche, per verificare influenze e analogie tra due culture tanto antiche quanto lontane; con una sterminata bibliografia. (r. sc.)




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