TUTTOSCIENZE 9 luglio 97


SCIENZE FISICHE. METEOROLOGIA Ma può El Nino dal Pacifico influire sulla nostra estate?
Autore: MINETTI GIORGIO

ARGOMENTI: METEOROLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C. Ubicazione e direzione delle più importanti correnti marine con circoscritta l'area d'influenza del Nino

I climatologi annunciano un'estate molto calda, con conseguenti situazioni meteorologiche come alluvioni, allagamenti e anche siccità con temperature molto elevate. Come causa indiretta di tutto questo si è parlato di «El Nino», fenomeno ricorrente che si manifesta lungo le coste Pacifiche del Sud America. Di che si tratta? «El Nino» è un riscaldamento anomalo delle acque oceaniche che provoca modifiche strutturali al flusso regolare e quasi costante delle correnti fredde di Humboldt o del Perù. Circa la genesi di questo riscaldamento, studi approfonditi di scienziati americani e inglesi fanno ritenere che l'innesco saltuario sia favorito dall'attività vulcanica sottomarina. I pescatori peruviani, che per primi intorno al XVII secolo scoprirono questa corrente, la chiamarano «El Nino», denominazione che deriva da Bambino, intendendo il Bambino Gesù poiché questo fenomeno irregolare ha inizio intorno a Natale. E' una corrente che si origina nell'Oceano Pacifico fra la Papuasia Nuova Guinea e la Micronesia e scorre fino alle coste del Perù, attraversando tutto l'Oceano. La sua frequenza è ad intervalli di 3-8 anni, specie quando il mare a Nord della Nuova Guinea raggiunge temperature superiori a 30o. In termini generali, è noto che le correnti marine o oceaniche sono flussi o movimenti di masse d'acqua che si spostano orizzontalmente con moto regolare e quasi costante. Questi trasferimenti sono principalmente dovuti alla diversa densità delle acque, alla salsedine, alla loro differente temperatura, alla spinta dovuta all'attrito delle correnti atmosferiche sulle acque e all'effetto dinamico della rotazione terrestre. Le correnti marine equatoriali, relativamente più calde e salate, risalgono verso le latitudini più fredde come la Corrente del Golfo mentre quelle antartiche più fredde e pressoché dolci, scendono dalle latitudini più alte verso l'equatore come la corrente del Perù. In realtà la pesca delle acciughe al largo delle coste del Perù dipende molto dalla risalita verso le coste delle acque fredde e profonde, apportatrici in superficie del plancton, elemento base nutritivo. Quando ciò non succede si hanno indubbie ripercussioni sulle abitudini alimentari dei pesci, compromettendo in parte l'industria ittica nel Perù. Per avere una conferma del fenomeno è sufficiente raffrontare le statistiche di questo secolo dove lo scarso regime di pescosità peruviano coincide con la presenza del «Nino» nell'Oceano Pacifico e le estati più calde verificatesi sulla Terra negli anni 1909 - 1983 - 1987 - 1988 - 1990. Ora, per spegnere insensati allarmismi, ciò che potrà accadere nelle zone del Pacifico interesserà marginalmente le nostre regioni sia per distanze geografiche che per conformazione geomorfologica. E' indubbio però che «El Nino», come ha dimostrato nel passato, partecipa in parte attivamente al processo di riscaldamento globale del nostro pianeta con mutamenti delle caratteristiche fisiche e dinamiche delle masse d'aria e variazioni dei venti, delle piogge e della siccità. L'atmosfera terrestre è un sistema interattivo. Le masse d'aria e le condizioni atmosferiche di una zona non possono essere considerate come entità a sè stanti, poiché modificandone una parte viene modificato il tutto. Le oscillazioni climatiche possono essere causate dagli eventi atmosferici di altre regioni, e viceversa. Potremo quindi attenderci anche noi sul nostro continente temperature elevate ma non tali da provocare come nel passato siccità in Australia e riduzione della circolazione monsonica nel Sud-Est asiatico. Giorgio Minetti


DAL LABORATORIO AL CD-ROM
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: ELETTRONICA, DIDATTICA, INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

IL 12 per cento delle famiglie italiane ha ormai in casa un computer e un quarto di questi è dotato di lettore per cd-rom. Entrambe le cifre sono destinate a esplodere: nei prossimi tre anni le industrie elettroniche pensano di vendere, in Europa, tra i 60 e gli 80 milioni di calcolatori multimediali. Ecco perché per i bambini nati negli Anni 90 il computer fa parte dell'esperienza quotidiana: sono la prima generazione per la quale il computer, più che videogioco, sarà soprattutto uno strumento educativo e di autoformazione. Questo grazie ai cd-rom, quei dischetti argentati da 12 centimetri di diametro in cui la tecnologia è riuscita a stivare intere enciclopedie. Quasi una lampada magica del sapere (ma ci vuole un raggio laser, non una strofinatina, per innescare la magia). Immancabili, già si sono levati i moniti delle solite Cassandre: «Non bastava la tv, ci voleva pure il cd-rom. I ragazzini non sapranno più leggere, nè ragionare con la loro testa». Per la cronaca Platone, nel VI secolo a.C., faceva dire a un personaggio dei suoi dialoghi che la scrittura è disdicevole perché finge di creare al di fuori della mente ciò che può esistere solo al suo interno. Pure la stampa a caratteri mobili, nel 1453, venne attaccata nello stesso modo: «L'abbondanza di libri rende gli uomini meno studiosi, azzera la memoria e debilita la mente». Se una ricerca scolastica tradizionale si fa aprendo un libro e riassumendo le informazioni, con un ipertesto la ricerca dei dati è assai meno scontata. Proprio perché non c'è un iter preordinato, non esiste una sequenza stabilita dall'autore, sono i ragazzi stessi che devono spremersi le meningi per capire dove andare a cercare le informazioni. Dunque compiere ragionamenti e sillogismi, utilizzando le parole chiave più efficaci per ottenere dati. E' banale, ma utile, ricordare che la tecnologia è neutra. Certo che se un genitore abbandona il figlio dinanzi al computer, le conseguenze per il ragazzo possono essere anche più gravi di quelle che può causare la tv. Ma se il computer viene utilizzato con un adulto (mamma, papà, insegnante), il bambino impara a costruire quello spirito critico che è necessario avere dinanzi a qualsiasi fonte di sapere. Quelli che vi presentiamo non sono videogiochi o cd-rom giocattolo (che pure esistono, come gadget in talune riviste), bensì prodotti dai contenuti rigorosi e seri. Il che non vuol dire seriosi. Uno dei vantaggi del sapere multimediale è proprio la possibilità di fare scuola, di imparare, di studiare, di condurre ricerche approfondite, senza rinunciare a un ingrediente fondamentale dell'apprendimento: il gioco. Elemento fondamentale nella crescita di un bimbo (e che aiuterebbe anche molti adulti a vivere con più serenità). Infine qualche dritta per capire se un cd-rom è fatto come si deve. Innanzitutto non compratelo mai a scatola chiusa, è vostro diritto «sfogliarlo» come si fa per un libro. Che significa rivolgersi a librerie o software- house dotate di un pc multimediale a disposizione del pubblico. Sono degli indicatori di qualità il numero dei filmati o delle animazioni, la velocità di navigazione, il numero dei link presenti in ogni videata, l'agilità dei motori di ricerca. Inoltre è importante trovare subito un'interfaccia gradevole e intuitiva, con la costante disponibilità di un Help efficace. Andrea Vico


NATURA Un viaggio sul fondo del mare
ORGANIZZAZIONI: MICROSOFT
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

ECCO un titolo adatto per le vacanze estive: «Esploriamo l'Oceano» della Microsoft (99 mila lire), espressamente studiato per i bambini tra i 6 e i 10 anni. La maestra miss Frizzle accompagna i suoi alunni a scoprire il mare: l'esplorazione può cominciare dalla spiaggia, ma basta un click per trasformare lo scuolabus in un sottomarino e affrontare così i fondali più misteriosi, esplorare la barriera corallina, avvicinare pesci d'ogni forma, scoprire i fanoni delle balenottere, o come si forma il corallo. Questo cd è praticamente un documentario a cartoni animati, con immagini di buona fattura e una simpatica colonna sonora (specie per quanto riguarda i versi degli animali; a proposito: sapete che rumore fa il tursiope?) ed è l'utente stesso che stabilisce l'itinerario per la sua esplorazione. Migliorabili i siparietti di stacco tra un ambiente e l'altro, a volte un po' troppo lenti e ripetitivi. Azzeccatissimo il «Curiosario», uno speciale apparecchio dove una cozza con gli occhiali da sole vi racconterà aneddoti e curiosità sulle diverse specie marine. Sul versante geografico segnaliamo il «Grande Atlante del Mondo», e «Il mio meraviglioso giro del mondo», (entrambi della Rizzoli New Media, 99 mila lire). Si può esplorare la Terra a caso, girovagando sul mappamondo, oppure visualizzare i planisferi fisico e politico e ingrandire le porzioni di carta geografica che ci interessano. O, ancora, selezionare un Paese o una specifica località tramite 5 differenti motori di ricerca. «Il mio primo meraviglioso giro del mondo», è adatto per bimbi dai 5 agli 8 anni. Si tratta di un'affascinante introduzione interattiva al mondo della geografia, assai coinvolgente e con una grafica divertentissima, tramite ben 25 tour guidati, con oltre 200 animazioni. Si possono mandare cartoline agli amici e raccogliere le esperienze che più ci hanno colpito in un album, un personale diario di viaggio.(a. vi.)


INVENZIONI Smontiamo il forno a microonde
Autore: A_VI

ARGOMENTI: ELETTRONICA, DIDATTICA, TECNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: DE AGOSTINI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

PER capire come funziona il forno a microonde ci sono due sistemi: smontarne, oppure spigolare tra le innumerevoli schede tecniche raccolte nel cd-rom edito dalla De Agostini (99 mila lire), un viaggio attraverso le tecnologie che, dalla scoperta del fuoco in avanti, hanno contribuito a rendere più comoda la nostra vita. La grafica è di alta qualità (ottimi, soprattutto, gli spaccati che ci fanno vedere gli oggetti dal di dentro) e la consultazione agile e versatile, con due legende a disposizione del navigatore che aiutano a scoprire i segreti del funzionamento e i principi scientifici dell'oggetto prescelto, nonché sua la storia. Nello stesso filone si colloca anche «Funziona così» (un cd- rom prodotto dalla Dorling Kindersley e distribuito dalla Rizzoli New Media, prezzo 99 mila lire). Ve lo immaginate un mammut che si mette a spiegare il funzionamento del laser, si fa imbrigliare e imbottire di elio per sperimentare in prima persona il funzionamento della mongolfiera, o, inforcati un paio di vezzosi occhiali, con le sue zampone digita sulla tastiera di un computer? Ebbene, «Funziona così», una ben riuscita trasposizione nel campo multimediale del libro «Come funzionano le cose» di David Macaulay, è uno dei più originali e divertenti cd-rom di divulgazione scientifica oggi disponibili. In esso sono molto curati i particolari, efficaci le animazioni che spiegano il funzionamento degli oggetti, intuitiva la consultazione. E' anche possibile stampare testi e disegni, ciò che agli studenti potrebbe risultare utile, ad esempio, per rendere più originale una ricerca scolastica. Ma c'è un difetto: l'anglofilia. Bell è l'unico inventore del telefono, di Meucci non c'è traccia. Enrico Fermi è totalmente ignorato, così come Leonardo da Vinci, che in fatto di macchine ne sapeva qualcosa. (a. vi.)


ENCICLOPEDIE Navigando tra le parole scientifiche
Autore: A_VI

ARGOMENTI: ELETTRONICA, DIDATTICA, INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: DE AGOSTINI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

TRA le opere di tipo enciclopedico, «Omnia '97», della De Agostini (199 mila lire) è uno dei cd-rom più riusciti. Ricco di 52 mila voci, 40 mila lemmi, quasi seimila immagini, trecento cartine geografiche e una cronologia di circa 1800 eventi storici. Quattro sono le sezioni principali, «Uomo e cultura», «Scienza e tecnica», «Ambiente e natura», «Arte e comunicazione», a cui fanno da contorno tre atlanti, un dizionario, una mediateca, un gioco a quiz culturali e un laboratorio multimediale per rimescolare le conoscenze acquisite e costruirsi una sorta di libro personale. Grafica efficace (anche se qualche comando non è proprio immediato), sempre di ottimo livello le immagini. I motori di ricerca sono agili ed è possibile compiere indagini incrociate su due o più parole chiave. Meno accattivante dal punto di vista grafico (ma sui contenuti si può star tranquilli), l'«Enciclopedia Zanichelli 1997» (realizzata da Opera Multimedia, 198 mila lire, volume più cd-rom) è la trasposizione su disco ottico dell'omonimo e apprezzato dizionario enclopedico. Contiene oltre 96 mila voci, arricchite da 10 mila tra immagini, schemi, fotografie, animazioni e commenti sonori. Le modalità di consultazione sono tradizionali, il che la rende un prodotto ideale per chi si avvicina al multimediale per la prima volta. La struttura è essenzialmente quella di Windows e ciò permette di tenere aperto il programma mentre si stanno compiendo altri lavori. L'unica pecca è la difficoltà a compiere ricerche traversali o per tema. Per le discipline scientifiche, l'opera senz'altro più completa è «Il mondo delle scienze», offerta dalla Utet a 350 mila lire, compreso il volume. Un vero viaggio multimediale dall'ultrapiccolo all'ultragrande. Come è tradizione della casa editrice torinese, è un'opera assai curata dal punto di vista grafico e rigorosa dal punto di vista scientifico. Più di 8 mila voci affrontate con vari livelli di approfondimento e accompagnate da commento sonoro, 1000 tra fotografie e disegni, 144 animazioni e 73 video per affrontare la scienza a 360o. Inoltre, grazie all'apporto di scienziati di rilievo il cd-rom contiene anche 100 testi descrittivi, quasi a formare un libro a sè all'interno dell'opera. Numerosi i link tra gli argomenti, a volte un po' troppo tranquilla la scenografia (per non dire piatta). (a. vi.)


IL PROGETTO TECHE Da Ungaretti alla Carrà Nasce un archivio multimediale della Rai
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, DIDATTICA
ORGANIZZAZIONI: RAI
LUOGHI: ITALIA

IL cd-rom salverà anche le fuggevoli immagini della televisione che, nella cultura e nello svago, nella storia e nel costume, hanno fatto l'Italia di oggi. Da Eduardo De Filippo al poeta Rafael Alberti, da Totò a Mina, da Raffaella Carrà alle Kessler. E' il Progetto Teche: la Rai trasferirà su cd-rom e schederà in un archivio digitale i programmi più significativi realizzati in mezzo secolo di radio e televisione. La sfida è anche tecnologica. Un'ora di spettacolo televisivo in forma digitale occupa 120 gigabyte di memoria. Cioè un centinaio di hard disk del tipo oggi comunemente installato sui personal computer multimediali. Invece su un cd-rom ci sta poco più di mezzo gigabyte. I Dvd ormai in arrivo hanno una capacità 10-20 volte maggiore, ma siamo ancora lontani da 120 gigabyte. La soluzione sta in raffinatissime tecniche per comprimere il segnale televisivo, techiche nelle quali il Centro Ricerche Rai di Torino è all'avanguardia. Si arriva così a stipare un'ora di Tv in 20 gigabyte. Ma se si pensa che negli archivi Rai si conservano centinaia di migliaia di ore di programmi, è chiaro che il Progetto Teche è un'impresa ciclopica. Il primo cd-rom è in via di realizzazione e riguarda «L'approdo» radiofonico. Una versione preliminare e incompleta del cd è stata già presentata al Salone del Libro di Torino. Tutta la letteratura italiana contemporanea che conta è passata attraverso «L'approdo», rubrica benemerita che ebbe tre vite: come trasmissione radiofonica, come trasmissione televisiva e come rivista su carta. Il cd contiene le schede bio-bibliografiche di 53 scrittori, dalle quali si può accedere ai 22 testi di copioni radiofonici riportati; di molti è possibile ascoltare la voce, di tutti sono disponibili fotografie, di alcuni anche pagine manoscritte. Così poeti come Giuseppe Ungaretti, Umberto Saba, Diego Valeri, Alfonso Gatto, Enrico Pea, Carlo Betocchi entrano nell'era multimediale, e con loro scrittori e saggisti come Riccardo Bacchelli, Anna Banti, Andrè Maurois, Albert Camus, Gianna Manzini e Roberto Longhi. La Direzione Audiovideoteche della Rai sta mettendo on line il suo lavoro, via via che procede: lo potete trovare all'indirizzo Internet http://www.rai.il/teche Tutti i filoni televisivi sono già rappresentati in questa prima fase del lavoro di archiviazione: «Aimez-vous l'Italie?» è un programma di architettura del paesaggio, «L'albero azzurro» una trasmissione per i bambini, «Chi viene adesso?» un'antologia di varietà televisivi, «Da Abbe a Valeria» una antologia delle soubrettes televisive (Abbe Lane, Kessler, Lola Falana, Carrà, fino alla Parietti e alla Marini), «Quei figuri di tanti anni fa» è un atto unico del grande Eduardo De Filippo. Piero Bianucci


«TUTTOSCIENZE» IN EDICOLA Scoperte, la cronaca è storia In cd-rom le annate 1992-96 (cinquemila articoli)
NOMI: BIANUCCI PIERO
ORGANIZZAZIONI: TUTTOSCIENZE, LA STAMPA
LUOGHI: ITALIA

TUTTOSCIENZE è stato un pioniere nel mondo dei cd-rom: fu il primo giornale a trasformarsi in questi dischetti argentati che sono in grado di contenere l'equivalente di un migliaio di libri. In questi giorni è in edicola un cd-rom che raccoglie gli ultimi cinque anni di «Tuttoscienze», dal 1992 al 1996: quasi cinquemila articoli, disponibili come testo a sè ma anche visualizzabili sulla pagina, con relative illustrazioni; il tutto stampabile e fornito di un sistema di ricerca che permette di «navigare» attraverso questa enorme quantità di informazioni di scienza e tecnologia cercando il tema che interessa tramite parole-chiave. Il cd-rom di «Tuttoscienze» è accompagnato dal libro «Piccolo, grande, vivo» di Piero Bianucci, da 16 anni responsabile di «Tuttoscienze» e autore di una ventina di altri libri di divulgazione e di narrativa. Anche questo è un percorso attraverso le tappe più importanti della ricerca scientifica di questi anni, dai quark alle galassie, passando per la geofisica, la biologia e l'ecologia. Cd-rom e libro sono in edicola a 29.900 lire. Se per caso il vostro edicolante ne fosse sfornito, potete farglielo richiedere al distributore. Oppure chiamare il nostro numero verde: 167.80.2005, al prezzo di un solo scatto telefonico. Gli anni '92-'96 hanno visto progressi scientifici di grande importanza. Basti ricordare le straordinarie immagini che ci sta inviando il telescopio spaziale, la scoperta del quark Top, la lettura del patrimonio genetico umano, la bioingegneria, i nuovi materiali creati in laboratorio. Su questi e su molti altri temi il cd-rom contiene le informazioni più aggiornate. Anche il libro «Piccolo, grande, vivo» (ora alla seconda edizione e tradotto in spagnolo) è fresco di giornata: accenna già alla possibile scoperta di particelle oltre i quark annunciata ad Amburgo un paio di mesi fa da un gruppo di fisici che comprende anche alcuni ricercatori italiani.


SCIENZE FISICHE. ENERGIA Il futuro andrà a gas Ci salveranno gli idrati di metano
Autore: PAPULI GINO

ARGOMENTI: ENERGIA
LUOGHI: ITALIA

FINALMENTE la caccia a nuove fonti di energia per il ventunesimo secolo arriva a intravvedere prospettive promettenti. Questa ricerca riguarda il settore dei combustibili fossili e prende il via da avvenimenti di qualche tempo fa, legati allo sfruttamento di una grande sacca di metano della Siberia, il cui contenuto era stato stimato in 9 miliardi di metri cubi. L'estrazione del gas ebbe inizio nel 1969 e si protrasse sino al 1987, quando il quantitativo di gas aveva raggiunto i 14 miliardi di metri cubi. Fu poi accertato che la imprevista maggiore resa del giacimento era dovuta alla esistenza - sopra la sacca gassosa - di un consistente strato di idrati di metano i quali, per effetto della depressurizzazione dovuta all'apertura dei pozzi, avevano liberato il gas che contenevano, tenendolo prigioniero. Gli idrati di metano sono, infatti, materiali solidi cristallini, simili a neve o ghiaccio poroso, costituiti da molecole di metano racchiuse in una gabbia reticolare formata da molecole d'acqua unite attraverso legami a idrogeno. Gli idrati di metano sono stabili in condizioni di alta pressione (più di 20 bar) e di bassa temperatura (meno di 15 oC); condizioni che si riscontrano con molta frequenza, specialmente nei fondali oceanici prossimi a Norvegia, Canada, Stati Uniti, Centro America e Giappone, oltre che nel suolo perennemente gelato (il «permafrost») delle regioni artiche. Secondo i dati fornitici da «Infogas», l'energia che può essere ricavata dagli idrati è enorme: la quantità di carbonio che questi contengono - complessivamente stimata in circa diecimila miliardi di tonnellate - è oltre il doppio di quella presente in tutti i giacimenti di petrolio, carbone e gas naturale messi assieme. Al tasso di consumo odierno, il gas che se ne ricaverebbe potrebbe soddisfare il fabbisogno mondiale per qualcosa come settemila anni. Ed è interessante notare che questo dato tendenziale trova riscontro in una elaborazione sistemistica di Cesare Marchetti dello IIASA (International Institute for Applied Systems Analysis) che concerne i vari tipi di combustibili. Anche se l'industria petrolifera non ha motivi impellenti di passare subito allo sfruttamento degli idrati di metano, gli studi legati alle prospettive di utilizzo sono in pieno svolgimento, in particolare da parte di Norvegia e Giappone. Si ricerca, anzitutto, una tecnologia di basso costo per decomporre la sostanza solida in metano ed acqua, agendo - come è intuibile - sui due parametri fisici che li rendono stabili: pressione e temperatura. Il procedimento di depressurizzazione consiste nel perforare dei pozzi che con il deflusso del gas abbassino la pressione a cui si trova lo strato solido profondo (come si verificò in Siberia). Con il procedimento termico, invece, si inietta nei giacimenti acqua calda o vapore per innalzare la temperatura al di sopra dei 15 oC: vi è, dunque, l'impiego inevitabile di energia termica il cui costo può essere giustificato quando rientri, ad esempio, nel bilancio di un sistema di cogenerazione. Al momento attuale questi sistemi non sono ancora competitivi rispetto ai costi di estrazione convenzionale del gas, ma è previsto che lo diventino in un prossimo futuro. Più vicina sembra la soluzione del problema che riguarda il trasporto del combustibile via mare: attualmente, come è noto, questo trasporto avviene dopo la liquefazione del metano e il suo caricamento in speciali e costose navi con serbatoi criogenici mantenuti a circa -160 oC. Appare più agevole, quindi, trasformare il gas in idrati (un metro cubo di idrati può contenere sino a 180 metri cubi di metano) e trasferire questi a mezzo di navi dotate di semplici serbatoi coibentati e pressurizzati per carichi solidi, effettuando, all'arrivo, la riconversione di gas e acqua mediante riscaldamento con acqua di mare a temperatura naturale. Ma mentre vi sono ancora divergenze circa le tecnologie di utilizzazione tutti sono d'accordo sul fatto che al «metano solido» sia riservato un ruolo strategico nel futuro dell'umanità. Gino Papuli


SCIENZE FISICHE. EUROPA-USA La lezione del robottino su Marte
Autore: MALERBA FRANCO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: NASA, SOJOURNER
LUOGHI: ITALIA

GLI americani hanno celebrato il loro Independence Day con il ritorno alla grande esplorazione spaziale in un clima di euforia. Wall Street si rassicura perché la disoccupazione, scesa dopo vent'anni sotto il 5%, non si combina con una crescita troppo alta, potenzialmente inflativa. Gli americani ritrovano il gusto del rischio, delle imprese difficili, perché è tornata la fiducia di poterci riuscire. Nella telefonata di congratulazioni al capo della Nasa Dan Goldin, appena qualche minuto dopo che la sonda Pathfinder aveva inviato i primi segnali da Marte, Al Gore ha accennato a un altro programma spaziale strategico americano chiamato in codice X. 33, il nuovo Shuttle per gli anni 2010, che ridurrà da 10 a 1 il costo dei lanci in orbita. Anch'esso è un programma di frontiera tecnologica e quindi ad alto rischio, eppure è cofinanziato da capitali dell'industria e dal governo americano; se avrà successo toglierà di mezzo la competizione internazionale (europea specialmente) nel mercato dei lanciatori commerciali. Ci son voluti solo quattro anni per immaginare e realizzare questa missione «Mars Pathfinder», che anche per questo costa relativamente poco. Sono i primi effetti della politica Nasa «faster, cheaper, better», più in fretta, a minor prezzo e meglio, che tende a responsabilizzare l'industria per ridurre i costi delle missioni utilizzando al massimo le tecnologie commerciali. Molte cose ci rivela dunque il robottino Sojourner. L'America non ha più paura della «globalizzazione». L'industria ha riacquistato competitività attraverso fusioni e consolidamenti che hanno come riferimento il mercato mondiale. Si sono persi posti di lavoro nelle ristrutturazioni ma se ne sono creati altrettanti di nuovi in professionalità avanzate. L'amministrazione Clinton sembra oggi più preoccupata della forza globale dell'industria americana sui mercati internazionali che dei rischi di posizioni dominanti sul mercato domestico: le proteste europee di fronte alla fusione Boeing-McDonnell trovano orecchie da mercante nelle autorità antitrust americane: è una manovra di recupero del mercato di Airbus sui mercati internazionali] Il robottino che si muove su Marte ci dovrebbe colpire non solo perché ci dà l'emozione della ricerca della vita extraterrestre, ma anche perché ci avverte che è suonata la campana di un altro giro di pista in una gara in cui gli americani sono in testa mentre noi siamo ancora in sur place. Ci cullavamo nell'idea che gli Usa avessero buttato via un sacco di soldi col programma Apollo dello sbarco sulla Luna solo per portare indietro qualche pietra e prendersi gioco dei sovietici, ed ecco che ora ci riprovano; a chi vorranno dare una lezione ora? Pensavamo che le guerre stellari fossero politica voodoo escogitata da Reagan e dai suoi pazzi consiglieri per far paura al Cremlino, ma scopriamo che quel programma ha aperto agli americani - e per ora solo a loro - il mercato dei servizi di posizionamento e di navigazione via satellite (il Gps) che sta rivoluzionando i trasporti quanto le scoperte di Marconi con la telegrafia senza fili. L'Europa arranca sulla strada del futuro. La Commissione Europea ha lavorato molto sul tema della competitività delle nostre industrie e ha identificato nell'informatizzazione, nelle biotecnologie e nello sviluppo rispettoso dell'ambiente le opportunità di crescita, di occupazione e di nuova ricchezza: ma proprio qui stiamo accumulando ritardi nella ricerca, nel quadro normativo, negli investimenti. Le nuove tecnologie sono «leggere» ma richiedono investimenti «pesanti» in ricerca e sviluppo, sono facilmente delocalizzabili dove le condizioni per l'investimento sono più favorevoli, dove la risorsa lavoro è più preparata e mobile. Ma soprattutto la nostra cultura è refrattaria al cambiamento. Tutto abbiamo fatto per rendere rigida la società, dalla politica dell'educazione e della ricerca a quella del lavoro e della casa: ci siamo tolti la possibilità di premiare il rischio, abbiamo sterilizzato la libertà di inventare il futuro. Franco Malerba Astronauta Deputato al Parlamento Europeo


METEOROLOGIA Ma può El Nino dal Pacifico influire sulla nostra estate?
Autore: MONETTI GIORGIO

ARGOMENTI: METEOROLOGIA
LUOGHI: ITALIA

I climatologi annunciano un'estate molto calda, con conseguenti situazioni meteorologiche come alluvioni, allagamenti e anche siccità con temperature molto elevate. Come causa indiretta di tutto questo si è parlato di «El Nino», fenomeno ricorrente che si manifesta lungo le coste Pacifiche del Sud America. Di che si tratta? «El Nino» è un riscaldamento anomalo delle acque oceaniche che provoca modifiche strutturali al flusso regolare e quasi costante delle correnti fredde di Humboldt o del Perù. Circa la genesi di questo riscaldamento, studi approfonditi di scienziati americani e inglesi fanno ritenere che l'innesco saltuario sia favorito dall'attività vulcanica sottomarina. I pescatori peruviani, che per primi intorno al XVII secolo scoprirono questa corrente, la chiamarano «El Nino», denominazione che deriva da Bambino, intendendo il Bambino Gesù poiché questo fenomeno irregolare ha inizio intorno a Natale. E' una corrente che si origina nell'Oceano Pacifico fra la Papuasia Nuova Guinea e la Micronesia e scorre fino alle coste del Perù, attraversando tutto l'Oceano. La sua frequenza è ad intervalli di 3-8 anni, specie quando il mare a Nord della Nuova Guinea raggiunge temperature superiori a 30o. In termini generali, è noto che le correnti marine o oceaniche sono flussi o movimenti di masse d'acqua che si spostano orizzontalmente con moto regolare e quasi costante. Questi trasferimenti sono principalmente dovuti alla diversa densità delle acque, alla salsedine, alla loro differente temperatura, alla spinta dovuta all'attrito delle correnti atmosferiche sulle acque e all'effetto dinamico della rotazione terrestre. Le correnti marine equatoriali, relativamente più calde e salate, risalgono verso le latitudini più fredde come la Corrente del Golfo mentre quelle antartiche più fredde e pressoché dolci, scendono dalle latitudini più alte verso l'equatore come la corrente del Perù. In realtà la pesca delle acciughe al largo delle coste del Perù dipende molto dalla risalita verso le coste delle acque fredde e profonde, apportatrici in superficie del plancton, elemento base nutritivo. Quando ciò non succede si hanno indubbie ripercussioni sulle abitudini alimentari dei pesci, compromettendo in parte l'industria ittica nel Perù. Per avere una conferma del fenomeno è sufficiente raffrontare le statistiche di questo secolo dove lo scarso regime di pescosità peruviano coincide con la presenza del «Nino» nell'Oceano Pacifico e le estati più calde verificatesi sulla Terra negli anni 1909 - 1983 - 1987 - 1988 - 1990. Ora, per spegnere insensati allarmismi, ciò che potrà accadere nelle zone del Pacifico interesserà marginalmente le nostre regioni sia per distanze geografiche che per conformazione geomorfologica. E' indubbio però che «El Nino», come ha dimostrato nel passato, partecipa in parte attivamente al processo di riscaldamento globale del nostro pianeta con mutamenti delle caratteristiche fisiche e dinamiche delle masse d'aria e variazioni dei venti, delle piogge e della siccità. L'atmosfera terrestre è un sistema interattivo. Le masse d'aria e le condizioni atmosferiche di una zona non possono essere considerate come entità a sè stanti, poiché modificandone una parte viene modificato il tutto. Le oscillazioni climatiche possono essere causate dagli eventi atmosferici di altre regioni, e viceversa. Potremo quindi attenderci anche noi sul nostro continente temperature elevate ma non tali da provocare come nel passato siccità in Australia e riduzione della circolazione monsonica nel Sud-Est asiatico. Giorgio Minetti


SCIENZE FISICHE. SUL FONDO DEL MEDITERRANEO In mare a pesca di neutrini Progetto per catturare sfuggenti particelle cosmiche
Autore: PRESTINENZA LUIGI

ARGOMENTI: FISICA
NOMI: MIGNECO EMILIO
ORGANIZZAZIONI: NESTOR
LUOGHI: ITALIA

UN telescopio in fondo al mare, per catturare neutrini ad alta energia. E' un progetto che ha già trovato al largo delle coste greche, nella «fossa di Matapan», dove il Mediterraneo tocca quattromila metri di profondità, un principio di realizzazione: ma promette sviluppi anche più importanti, a livello internazionale, indicati in un convegno di fisici che si è tenuto di recente a Taormina e che ha trovato tutti i ricercatori d'accordo nel valutare positivamente non solamente l'idea (avanzata dai russi Markov e Zheleznykh nel 1960) ma anche le possibilità interdisciplinari di un rivelatore che sfrutti una «vasca» naturale di un chilometro cubo di volume, evidentemente realizzabile soltanto in mare. La collocazione nel Mediterraneo pare ottimale, perché si tratta di un mare di acque limpide, dotato di profondità adeguate anche attorno alle coste italiane (si pensa a un'altra «fossa» nel Tirreno, a Nord dell'isoletta di Ustica o a una terza a Sud di Pachino, punta meridionale della Sicilia). Favorevoli anche le caratteristiche meteorologiche e delle correnti marine nonché la vicinanza a siti costieri tecnologicamente sviluppati, cominciando dal laboratorio nucleare dell'Infn a Catania, di cui è vicepresidente nazionale Emilio Migneco, organizzatore del convegno taorminese. Dunque, mentre i greci vanno avanti col loro progetto «Nestor», ispirato al mitico re di Pilo, eroe dei poemi omerici, si pensa anche più in grande. E si calcola che ci vorranno circa 200 miliardi per un rivelatore gigante, utile non soltanto per studiare quelle elusive particelle che sono i neutrini (privi come è noto di una massa rilevabile) ma anche per risalire attraverso la «cattura» di quelli ad alta energia sino a galassie primitive, se non addirittura ai primi ammassi irregolari e disomogenei di materia che seguirono di poco il Big Bang. Ecco così coinvolti gli astrofisici; ma lo sono anche i geofisici, perché il grande rivelatore (occorre immaginare un ampio cilindro con 15 o 16 «stringhe» montanti per centinaia di metri) catturerà, con la «fronte» verso il basso, neutrini che avranno attraversato l'interno della Terra. Le esperienze già tentate appaiono incoraggianti circa le soluzioni tecniche che possono portare al rivelatore di un chilometro cubo: oltre a quella di Matapan, quanto hanno già fatto i russi nel Lago Baikal, gli americani sui ghiacciai antartici («Amanda»), i francesi col progetto «Antares». Riunendo le forze ed evitando le difficili condizioni ambientali di impianti nell'Antartide o in Siberia, si può puntare a migliorare di molto i risultati preliminari fin qui ottenuti, ad esempio nel Baikal. I «telescopi» per neutrini che si realizzeranno al largo delle coste mediterranee comprenderanno molti «piani» e un complesso di fotocatodi (con superficie sensibile alla luce, tale da rendere sotto forma di segnali luminosi l'impatto dei neutrini), recanti in cima una «stella», una grossa sfera di titanio che fa da moltiplicatore di luce. «Nestor» sarà alto circa 300 metri: ogni «stella» verrà collegata a un computer da cavi di fibre ottiche, che nell'insieme sommeranno 30 chilometri di lunghezza. Il rivelatore da impiantare a Ustica o a Pachino sarebbe circa quattro volte più grande, sommando 1300 metri d'altezza; e i dati sarebbero riversati direttamente in un centro di Catania. Il workshop di Taormina, confermando il grande interesse scientifico del progetto, ha raccomandato l'istituzione di un Comitato di consultazione con la partecipazione dei Paesi interessati per orientare l'attività dei gruppi operanti e curare l'analisi delle tecnologie sottomarine per la costruzione, sistemazione e manutenzione dell'osservatorio permanente; per integrare progetti interdisciplinari in quello globale; per avviare lo studio e la caratterizzazione dei siti candidati all'installazione e promuovere l'accordo fra i vari Paesi per la realizzazione, che richiederà vari anni. Luigi Prestinenza


SCIENZE DELLA VITA. LA SCIMMIA LANGUR DELLO YUNNAN Cibo, solo licheni Vita dura in ambienti estremi
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: KIRKPATRICK CRAIG
LUOGHI: ITALIA

HA il naso camuso di un pugile e le labbra rosse e tumide di Francesca Dellera la scimmia langur, ultimo tesoro della biodiversità cinese. A renderla speciale sta il fatto che si nutre esclusivamente di licheni, come fosse una renna, e che vive in «greggi» di centinaia di individui, come fosse una pecora. Lo scienziato che ha scoperto queste sue atipiche abitudini, Craig Kirkpatrick dell'Università di California, a Davis, sta cercando di salvarla dall'estinzione, impedendo la distruzione del suo ambiente dal crescente sviluppo dell'economia cinese. La scimmia dal naso camuso e le labbra rosse ha dorso nero e torace bianco, braccia e coda molto lunghe di chi spende la vita sugli alberi e si chiama Rhinopithecus bieti. Abita nella provincia cinese dello Yunnan in foreste di conifere di remote montagne alte più di 5000 metri, appartenenti alla catena himalayana al confine con il Tibet. Un ambiente isolato, freddo e ostile per il gruppo di scienziati (l'ecologo americano più tre colleghi cinesi) che ha speso qui 16 mesi in condizioni estreme per scoprire le abitudini finora sconosciute di questo singolare primate. I languridi (molto diffusi in Asia: in India sono le scimmie sacre di numerosi templi) sono animali tipicamente arboricoli con una serie di adattamenti a una dieta a base di foglie che mangiano in gran quantità: denti affilati per tritare i tessuti fibrosi e stomaco complicato di ruminante con annesso kit di batteri per digerire la cellulosa, una versione «alternativa» dell'amido che solo certi organismi unicellulari sono in grado di attaccare. Sebbene dotata di queste caratteristiche anatomiche tipiche di ogni bravo langur, la nostra ignora le foglie per un cibo più tenero, più digeribile, che cresce abbondante sui rami degli abeti, si trova tutto l'anno, è facile da raccogliere e senza fastidi di competizione con altri animali: lichene del genere Bryoria, dal basso contenuto proteico, alta concentrazione di zuccheri, scarse fibre e pochi tannini, privo di stricnina e derivati fenolici presenti in certi vegetali, tossici anche in minima concentrazione. Il lichene non è certo una dieta usuale per un mammifero, tant'è che solo le renne per quel che ne sappiamo ricorrono a questa fonte di cibo, ma la Cina è avvezza agli animali eccentrici, dal momento che poco lontano da qui abita l'unico esempio di orso vegetariano, il panda, dedito alla canna di bambù, verdura ugualmente poco appetita da altri animali. Ma il lichene è un cibo povero, che garantisce la sopravvivenza soltanto se ingerito in grande quantità, equivalente per la nostra scimmia a 840 grammi al giorno. L'effetto collaterale di tale dieta è che la velocità di crescita di un lichene è incredibilmente lenta: 15 anni, secondo i calcoli di Kirkpatrick, il che costringe le scimmie a spostarsi di continuo su un territorio molto vasto. La struttura sociale tipica dei languridi è la famiglia poligamica, formata da un maschio, le sue numerose femmine e i loro figli. La scimmia dal naso camuso dello Yunnan in un certo senso ha allargato il concetto, perché più famiglie (per l'esattezza da 15 a 18) vivono insieme per un totale di circa 175 animali. Immaginateli tutti insieme sui rami degli abeti a far man bassa di licheni e avrete un'idea che non si tratta proprio di una situazione usuale. La truppa rimane compatta anche negli spostamenti e durante le ore del riposo notturno. Sebbene i primati tendano a vivere in grandi gruppi, perché queste particolari scimmie stiano insieme in così gran numero non è ben chiaro; però il gregge è una misura antipredatoria come ben sanno le pecore (in mezzo a tanti individui la probabilità di essere catturati diminuisce), in secondo luogo la distribuzione del lichene in vasti appezzamenti promuove la formazione di grandi gruppi piuttosto che di piccole unità familiari. Fatto sta che per mantenere saldi i legami all'interno del gruppo le scimmie dedicano il 10% del tempo a spulciarsi l'una con l'altra senza barriere fra le famiglie. Evidentemente il vantaggio di stare insieme supera di gran lunga i costi, che Kirkpatrick da bravo ecologo ha calcolato al centesimo, con la precisione di un cambusiere. Una dose quotidiana di 840 grammi per individuo corrisponde a un totale di 160 chili di lichene per tutta la truppa, che implica uno spostamento di 1 chilometro e mezzo su una superficie di 0,8 ettari al giorno. In un anno fa 3 chilometri quadri, da ricavare, tenuto conto dei tempi di rigenerazione del lichene, in un territorio di 25 chilometri quadrati che costituisce più o meno la proprietà privata di ogni gruppo. Ed ecco che si arriva al punto cruciale della storia: come avrete già capito la scimmia dal naso camuso dello Yunnan non è un animale comune. Sì e no ne rimangono circa 2000, un numero che non fa ancora scattare un campanello d'allarme se rimane tale, ma che indica che la popolazione è a rischio, perché è profondamente legata a un ambiente fragile. Per vivere ha bisogno di grandi estensioni, di quelle precise foreste di conifere dove cresce il lichene Bryoria. Ma il recente sviluppo economico della Cina, che tanta ammirazione suscita in Occidente, comporta una massiccia distruzione dell'ambiente. Nelle zone più remote le foreste sono una risorsa che garantisce quel qualcosa di più di un piatto di riso a cui legittimamente oggi ogni cinese aspira; però a farne le spese sono le specie rimaste «intrappolate» durante la loro evoluzione nelle valli delle montagne himalayane e perciò uniche di questi posti. Anche la foresta dello Yunnan della nostra scimmia, nonostante faccia parte di una riserva, è entrata in un piano di abbattimenti per sostenere l'industria del legname. Il piano è poi stato congelato per intervento di alte personalità dello Stato, fra cui il ministro della Scienza e tecnologia di Pechino. Kirkpatrick guarda fiducioso a questo intervento come a un segnale di cambiamento di rotta nella tutela dell'ambiente in Cina. Se fosse vero, avremmo una ragione in più di ammirazione. Maria Luisa Bozzi


SCIENZE DELLA VITA. VITA DI SEPPIE Per gli amori luci e colori
Autore: FABRIS FRANCA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

MIMETIZZATE fra la sabbia e i sassolini, le seppie (Sepia fillousci, un tempo chiamata Seppia offici nalis) passano la loro giornata nel substrato morbido, per divenire attive verso le ore notturne. Allora vanno a caccia di crostacei, uova e pesciolini. Animali predatori, hanno sempre un occhio vigile che le avverte se si avvicina una vittima. In questo caso il dorso e le braccia sono percorse da un'onda di colore e il loro corpo si presenta a fasce longitudinali a macchie nere. La seppia poi scivola sulla sabbia, spinta dall'acqua espulsa dall'imbuto e si avvicina alla preda. Giunta alla distanza giusta, le braccia prensili scattano con una rapidità e un'abilità straordinaria e la afferrano con le estremità. Fa quindi scomparire nelle tasche i due tentacoli più lunghi, mentre le altre otto braccia immobilizzano la vittima che viene portata alla bocca e triturata dalle rubuste mascelle cornee a forma di becco di pappagallo rovesciato. Se qualcuno la molesta o se viene attaccata si difende emettendo una nuvola di inchiostro, prodotto da una ghiandola impari dell'intestino terminale ed espulso attraverso l'imbuto. Secondo studi recenti sembra che il nero di seppia non abbia solo funzione mimetica, ma che riesca anche ad annullare l'olfatto dei predatori. Per spostarsi usa le pinne laterali, che ondeggiano scintillando di colori e talvolta si aiuta con le braccia inferiori utilizzate a mò di remi. Procede all'indietro utilizzando l'acqua espulsa violentemente dall'imbuto. L'epidermide, sottile e trasparente, è ricca di ghiandole. Vi è, inoltre, un derma pluristratificato gelatinoso nel quale si trovano i cromatofori. E' appunto dalle contrazioni e dilatazioni di questi che si sviluppa tutto un gioco di disegni e colori, mentre gli iridociti degli strati epidermici più profondi, rifrangendo i raggi luminosi, danno luogo al caratteristico colore madreperlaceo. Le linee assumono un disegno diverso a seconda che l'animale nuoti attivamente su un fondo scuro o chiaro o con macchie nere se viene disturbato. Nel periodo della riproduzione la seppia assume una serie di vistose linee zebrate marrone e viola sul dorso, mentre la parte ventrale è macchiata di blu-verde. Le colorazioni fanno da richiamo ai maschi. Nel periodo degli amori le seppie femmina salgono a frotte dalla profondità verso la superficie. La luce emanata dai loro corpi fa da richiamo ai maschi che accorrono rincorrendo la femmina e attaccandosi ai tentacoli. Quando avviene l'accoppiamento i due corpi si trovano l'uno di fronte all'altro. Le braccia si intrecciano come due mani con le dita incrociate. Quindi le spermatofore vengono trasferite nella borsa copulatrice femminile. La coppia rimane unita a lungo, a volte fino alla morte della femmina, poiché le uova vengono deposte dopo varie ore. Ogni uovo esce dall'imbuto e, giunto sulla punta dei tentacoli, viene fissato su un'erba, un corallo o su una pianta acquatica. A volte si tratta di più di 500 uova mature dalla forma di grappolo, tanto da essere chiamate «uva di mare». Gli occhi sono muniti di iride, di un cristallino e hanno un certo potere di accomodamento. Sorprendente è la capacità di percepire la direzione del piano di polarizzazione della luce il cui meccanismo non è ancora stato spiegato. Si sa però che l'intensità dalla luce è percepita nella seppia comune da ben 70 milioni di cellule visive (nell'uomo ve ne sono 50 milioni). Gli occhi sono in grado di riconoscere il giallo e il blu. Le seppie un tempo venivano usate in campo medico (di qui il termine officinalis) poiché si riteneva che le loro carni fossero afrodisiache e le uova servissero a curare asma e infezioni oculari. Il nero di seppia era usato nell'industria dei colori. Franca Fabris


SCIENZE DELLA VITA. MONITORAGGIO ALIMENTARE Frutta, verdura e fitofarmaci Campioni irregolari nel 2,1 per cento dei casi
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, ECOLOGIA, INQUINAMENTO
LUOGHI: ITALIA

OGNI anno il ministero della Sanità informa l'opinione pubblica sui residui degli antiparassitari nei prodotti ortofrutticoli. La conferenza stampa tenutasi a Milano, con l'apporto di Agrofarma (Federchimica), ha reso noti i risultati del monitoraggio del primo semestre 1996 effettuato su tutto il territorio nazionale. I campioni di prodotti agricoli e ortofrutticoli (italiani e di importazione) prelevati nei punti di commercio, negozi, supermercati, cooperative di produttori, aziende alimentari, sono stati 7194, il 65 per cento in più di quanto previsto dalla legge del 1992. Il numero di campioni privi di residuo è pari al 64,5 per cento, il numero di prodotti con residuo entro il limite legale è pari al 33, 4% e i campioni irregolari il 2,1%. Il numero dei campioni irregolari è rimasto invariato rispetto al 1995 mentre si è dimezzato rispetto al 1993 e 1994. Le irregolarità si sono riscontrate in percentuali maggiori negli ortaggi rispetto alla frutta. Le riportiamo in dettaglio, in ordine decrescente. Nella frutta al primo posto le ciliegie con 7,5% dei prelievi risultati irregolari, seguite da pompelmi 6,6, fragole 3, kiwi 2,5, albicocche 1,9, prugne 1,8, uva 1,8. Analogamente per gli ortaggi il sedano 15, 5%, sedano- rapa 9,3, bietola da costa 8,6, bietola da foglia 8,1, lattuga 4,7, spinacio 3,7. Il monitoraggio tiene presente anche la provenienza dei prodotti che sono stati classificati in prodotti nazionali, Paesi U.E., Paesi terzi. Le sostanze attive ricercate nella frutta sono state 283 e negli ortaggi 286. La ricerca è mirata soprattutto su quelle maggiormente contaminanti. Alcuni esempi: nei pompelmi è stato trovato il metalaxil, fungicida; nelle fragole, uve, kiwi e mele il carbendazim, fungicida; nelle mele il fitoregolatore difenilammina; nei kiwi, pompelmi, fragole e arance l'insetticida metidation; nell'uva, ciliegie e albicocche l'insetticida acefate. Negli ortaggi sedano, lattuga, spinaci, zucchino, bietole, sedano-rapa è stato trovato il fungicida clorotalonil. Un altro fungicida ditiocarbammati nel sedano e nella lattuga, l'insetticida clorpinfos-etile nel sedano, il fungicida vinciozolin nel pomodoro, sedano, lattuga e sedano-rapa, il fungicida procimidone nel sedano. Il sedano è l'ortaggio che subisce più trattamenti in campo essendo molto appetito da insetti, molluschi e parassiti. In ogni caso è bene sapere che il limite di sicurezza tossicologica è molto più alto rispetto alle soglie imposte dalla legge, il cui superamento non è dunque mai pericoloso per la salute. Il trattamento chimico è indispensabile sia per garantire l'abbondanza del raccolto, sia per preservare dal naturale degrado le derrate alimentari che dal luogo e dal momento della raccolta devono raggiungere i più remoti luoghi di consumo, passando attraverso lunghe e diverse fasi di stoccaggio, distribuzione e vendita. L'agricoltura industriale non può fare a meno dell'uso dei fitofarmaci, con le nuove tecniche agronomiche ne razionalizza l'uso traendone il massimo profitto. Agrofarma prevede che nel 2000 il mercato dei fitosanitari sarà costituito per il 90 per cento da prodotti chimici e solo per il 10 per cento di agenti di natura biologica o integrata. La Commissione europea, con la direttiva 91/414 sull'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (omologazione europea) ha previsto la revisione di circa 800 principi attivi e 8000 prodotti commerciali che dovrà essere effettuata nei vari Paesi. In Italia, al pari di Germania, Francia e Gran Bretagna, dovrebbe essere istituita un'agenzia che, entro il 2003, porti a termine la revisione dei circa 800 principi attivi (e 8000 prodotti commerciali) attualmente in uso in Europa, per valutarne la tossicità, con i nuovi mezzi d'indagine. Consigli per ridurre i residui da alcuni tipi di frutta e verdura? Lavaggi con acqua corrente fredda o tiepida, anche con l'aggiunta di sale o bicarbonato, l'eliminazione abbondante della buccia e delle foglie più esterne, pulizia con un panno di cotone. Frutta e verdura, soprattutto consumata fresca, sana e ben conservata, sono così fondamentali nell'alimentazione per il loro contenuto vitaminico e di sali minerali, che la presenza di minime percentuali di fitofarmaci non deve indurci a non farne consumo.Pia Bassi


IN BREVE Trapianto del cervello?
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: KAROLINKSA INSTITUTE
LUOGHI: ITALIA

E' possibile il trapianto del cervello? Benché da tempo al Karolinska Institute di Stoccolma si stia lavorando al trapianto di neuroni, se si interpreta la domanda alla lettera la risposta è no. Ma incomincia ad essere pensabile qualcosa di ancora più sconvolgente: il trapianto di una testa, con il suo cervello, e quindi con la sua personalità, su di un altro corpo che invece, per cause traumatiche, sia giunto alla morte cerebrale. E' quanto è emerso da un servizio che è andato in onda recentemente a «Leonardo» , il tg scientifico di Raitre. Girolamo Mangano ha intervistato a Cleveland (Ohio) il chirurgo Robert White, che dopo aver iniziato la sperimentazione fin dagli Anni 60 sul babbuino sta ora studiando la fattibilità del «total body transfer». Naturalmente la difficoltà per ora insuperabile è quella di collegare il midollo spinale, per cui il trapiantato rimarrebbe paralizzato. White, che è membro della Pontificia Accademia delle Scienze, minimizza, invece, gli aspetti bioetici connessi al «total body transfer»: «La sola differenza rispetto ai trapianti già oggi comuni è di tipo psicologico e dipende dal fatto che non vediamo dall'esterno un rene, un cuore o un fegato innestati, mentre in questo caso testa e corpo uniti dal chirurgo sono realtà esterne».


IN BREVE A Milano una mostra sui gorilla
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, MOSTRE
ORGANIZZAZIONI: BRITISH COUNCIL
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MILANO (MI)

Al British Council di Milano, in via Manzoni 38, è in corso la mostra del fotografo inglese Tony Stringer, sui gorilla di montagna del Ruanda. La popolazione dei gorilla, nelle foreste che coprono la catena vulcanica di Virunga al confine con il Congo, è di appena 400 esemplari, quindi al limite della sopravvivenza della specie. La guerra civile nella regione, non ancora terminata, non ha solo provocato centinaia di migliaia di vittime e profughi, ma ha anche messo a soqquadro l'ambiente naturale. La mostra resterà aperta fino al 29 luglio. Riprenderà poi dal 27 agosto al 15 settembre.


IN BREVE Laurea in scienza dei materiali
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MILANO (MI)

Dopo Torino e Padova, Milano ha istituito un corso di laurea in scienza dei materiali della durata di 5 anni. Per informazioni: 02-706.36.444.


IN BREVE Giornalisti scientifici dieci borse di studio
ARGOMENTI: DIDATTICA
ORGANIZZAZIONI: REGIONE TOSCANA
LUOGHI: ITALIA

La Regione Toscana ha bandito un concorso per dieci borse di studio (dieci milioni ciascuna), per giovani laureati in discipline tecniche e umanistiche, nell'ambito del progetto «Tasti», Telematics Agency for Scientific and Technological Information. Lo scopo è «formare giornalisti scientifici su WWW, ovvero divulgatori di innovazione tecnologica e scientifica finalizzata al sostegno dell'attività produttiva delle piccole e medie industrie in Toscana» . Per altre informazioni, Paolo Manzelli, Università di Firenze: 055-33.25.49.


IN BREVE Un'estate a guardare le stelle
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

Dall'1 al 3 agosto, stage astronomico all'Osservatorio Serafino Zani di Lumezzane (Brescia), 830 metri d'altezza. Sono in programma lezioni e proiezioni di astronomia, astronomia al computer, osservazioni al telescopio «di cielo profondo» (ammassi, nebulose, galassie), esperienze di astrofotografia e astronomia digitale. Relatori e conduttori Matteo Damiani, Sergio Foglia, Wladimiro Marinello e Giampaolo Pizzetti dell'Unione Astrofili Bresciani. Iscrizione 30 mila lire. Numero massimo partecipanti dieci. Informazioni: 030-871.861. Martedì 22 luglio invece, ultima delle serate a tema: «L'evoluzione delle stelle»; relatore Claudio Bontempi. Ingresso libero.


IN BREVE Cercare lavoro su Internet
ARGOMENTI: COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: INTERNET
LUOGHI: ITALIA

Per inserire il proprio curriculum nelle rete telematica Progetto Lavoro, ci si può collegare al sito «Progetto lavoro on web»: http: //www.lavoro.com. Le aziende, per accedere al servizio, e disporre degli skill professionali anonimi preselezionati, devono richiedere la pass word. Per altre informazioni ci si può rivolgere al numero 02- 777.01.81.


SCIENZE DELLA VITA. LA MALARIA NEL MONDO Il rischio numero uno Ancora oggi da 300 a 500 milioni di casi
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

LA malaria è l'infezione numero uno del mondo: ogni anno da 300 a 500 milioni di nuovi casi, e da 1,5 a 3 milioni di morti (soltanto la tubercolosi uccide di più). Il 90 per cento dei casi si manifesta in Africa al Sud del Sahara, i rimanenti in India, Brasile, Sri Lanka, Vietnam, Colombia, Isole Salomone...; il problema riguarda 90 Paesi con un totale di 2,4 miliardi di persone, il 40 per cento della popolazione mondiale. Come si vede l'Europa è attualmente indenne, ma casi sporadici possono aversi in seguito ai viaggi sempre più frequenti. Cosa più unica che rara, la malaria è il rischio numero uno nonostante che da oltre un secolo se ne conosca la causa, e che esattamente cento anni fa l'inglese Ronald Ross abbia descritto il particolare ciclo di evoluzione dei parassiti malarici nelle zanzare (grandissimi contributi diedero in quell'epoca anche gli italiani Marchiafava, Celli, Grassi, Golgi). L'infezione è causata da protozoi del genere Plasmo dium, composto da vari sottogeneri e da numerose specie, circa cento. Le specie di plasmodi specifiche per l'uomo sono quattro, distinguibili per la loro morfologia ma anche per l'area di ripartizione, la prevalenza, la patogenicità e le particolarità del ciclo: Pl. falciparum (responsabile del maggior numero di casi e il più pericoloso), Pl. vivax, Pl. ovale e Pl. malariae. I plasmodi hanno due ospiti, l'uomo nel quale si effettua una riproduzione asessuata, e un vettore, le zanzare del genere Anopheles (circa 60 specie possono essere vettrici), nelle quali si effettua una riproduzione sessuata. Il ciclo dei plasmodi nell'uomo comporta due fasi: la prima, di qualche settimana, nelle cellule epatiche, clinicamente muta, la successiva nei globuli rossi del sangue con i tipici sintomi (attacchi febbrili, anemia, ingrossamento della milza). Una decina di anni or sono l'Organizzazione mondiale della sanità lanciò con ottimismo un programma di sradicamento della malaria: oggi ammette lo smacco, riconosce anzi che la lotta diventa sempre più difficile (non si dimentichi peraltro che la lotta antimalarica, considerabile uno smacco su scala mondiale, ha sradicata l'infezione in Europa, America del Nord, Australia). La ricerca fondamentale ha progredito ma la terapia e la vaccinazione continuano ad essere sotto esame. La complessità dei problemi appare sempre più evidente. Oltre alla tradizionale e famosa chinina abbiamo numerosi farmaci sintetici antimalarici: clorochina, amodiachina, pamachina, mepacrina, pirimetamina, ecc. Il grave problema attuale è la resistenza dei plasmodi ai medicamenti, apparsa intorno al 1960 e che in numerose regioni continua ad aumentare (per di più le zanzare diventano refrattarie agli insetticidi). Sarebbe assolutamente necessario disporre di nuovi antimalarici, più efficaci e di prezzo abbordabile, ma l'industria farmaceutica è poco interessata poiché le più colpite sono popolazioni povere. La somministrazione di farmaci a scopo preventivo (chemioprofilassi) a coloro che si recano in zone malariche è un'arma efficace ma non affidabile al cento per cento, onde un consiglio al viaggiatore: se compare febbre fare un esame del sangue perché, nonostante la chemioprofilassi, non si può escludere a priori che si tratti di malaria. Altro grande obiettivo di ricerca è la vaccinazione, di cui si parla da decenni ma, oggi più che mai, con molta prudenza. Un vaccino deve contenere gli antigeni suscitatori delle reazioni immunitarie, e gli antigeni dei plasmodi sono più di cento, diversi secondo il loro ciclo biologico nel fegato, nel sangue, nella zanzara. Per di più la popolazione dei plasmodi ha un pool genetico variabile, ossia in ogni suo stadio viene espressa una differente parte del genoma. Tre tipi di vaccini sono allo studio: quelli «antisporozoari» che dovrebbero prevenire l'infezione, quelli «altruisti» che mirano a ridurre la trasmissione, infine quelli aventi l'obiettivo di attenuare le manifestazioni gravi e complicate della malattia. Questi ultimi potrebbero abbassare la morbilità e la mortalità nei bambini in Africa. Numerosi candidati vaccini sono attualmente allo studio. Si parla con interesse del vaccino proposto dal colombiano Manuel Patarroyo, costituito da una proteina sintetica, SPf66. Infine si sperimentano i vaccini Dna, fondati sull'inserimento nei plasmidi (molecole di Dna circolari a doppio filamento) di frammenti di Dna che codificano proteine vaccinanti: iniettati nell'uomo, questi frammenti si integrano nel genoma permettendo una sintesi permanente delle proteine vaccinanti, pertanto una vaccinazione definitiva. Ma sia il costo sia le difficoltà logistiche tipiche delle zone malariche costituiscono un grave ostacolo al diffondersi della vaccinazione. Ulrico di Aichelburg


SCIENZE NEL MONDO. MEDICINA Nuove cure per battere l'epatite C
Autore: VERME GIORGIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

TRECENTO milioni di persone nel mondo hanno una infezione cronica dovuta al virus dell'epatite (Hbv) e ottanta-novanta milioni hanno una epatite cronica da virus C (Hcv). Il farmaco per queste infezioni, che nel tempo possono produrre cirrosi e tumori, è tuttora l'interferone (in sigla, Ifn). Ma soltanto una percentuale variabile dal 15 al 33 per cento dei pazienti risponde bene al farmaco. Per questo motivo si stanno attivamente ricercando sostanze capaci di inibire la replicazione virale per un tempo sufficientemente lungo da consentire la morte programmata degli epatociti contenenti il virus e la riproduzione di nuovi epatociti liberi da infezione. Tra queste sostanze sembrano promettenti alcune, chiamate analoghi di-nucleosidi (per i quali d'ora in poi useremo la sigla Na), ottenute modificando o la base o lo zucchero della molecola dei nucleosidi fisiologici. La comparsa dell'Aids ha sollecitato l'industria farmaceutica a produrre un grande numero di queste sostanze che, una volta sintetizzate, sono state provate su virus epatitici in modelli in vitro, animali e in qualche caso sull'uomo. Poiché l'uso clinico di NA è spesso ostacolato dalla tossicità di queste molecole, recentemente sono state condotte ricerche per ridurre gli effetti tossici extraepatici cercando di concentrarle elettivamente nel fegato. Ricercatori dell'Università di Bologna hanno ottenuta una concentrazione epatica («targeting») di NA accoppiandoli a macromolecole con un galattoside terminale. Questa strategia sembra particolarmente appropriata nel trattamento dell'epatite virale umana in quanto nell'epatite virale il virus si moltiplica proprio negli epatociti; gli epatociti, grazie a un recettore di superficie, specificamente assumono e trasportano nei lisosomi macromolecole che terminano con un galattoside; a tali macromolecole possono essere coniugate le sostanze idonee a inibire replicazione virale (per esempio NA); una volta dentro gli epatociti gli NA sono staccati dalle macromolecole galattosilate ad opera degli enzimi dei lisosomi. Deriva da questo fatto la possibilità di concentrare nella sede di moltiplicazione virale (la cellula epatica) gli NA. Poiché la distribuzione di sostanze negli altri tessuti avviene uniformemente, la strategia della concentrazione elettiva sul bersaglio consentirà di utilizzare dosi inferiori e quindi di avere minor tossicità sugli altri organi e tessuti. Gli esperimenti fatti negli ultimi anni su modelli animali hanno provato l'efficacia antireplicativa di questi farmaci senza apprezzabili effetti tossici collaterali. L'esperienza condotta al dipartimento di Gastroenterologia dell'Ospedale Molinette di Torino con un coniugato di Ara-Amp con albumina umana galattosina somministrato a pazienti con epatite cronica d Hbv per 28 giorni consecutivi ha dimostrato che anche sull'uomo con dosi 3-4 volte minori di quelle della Ara-Amp libera si ottiene lo stesso grado di inibizione del Dna virale senza la comparsa delle manifestazioni neurotossiche che di solito compaiono con questo farmaco dopo tre settimane. Questi studi clinici e altri in corso in Francia con lo stesso coniugato dimostrano che la coniugazione con carrier galattosil-terminali non inibisce l'attività antivirale di NA sul fegato e abolisce o riduce gli effetti tossici extraepatici. La concentrazione nell'organo bersaglio è dunque possibile per ottenere concentrazioni più alte e quindi più efficaci di questi farmaci nel fegato e per utilizzare quelli i cui effetti collaterali extraepatici siano troppo rilevanti. Questa tecnica probabilmente contribuirà nel prossimo futuro a migliorare le possibilità terapeutiche di nuovi farmaci per le epatiti virali croniche, malattie che per la diffusione mondiale, decorso protratto e possibili effetti a lungo termine rappresentano uno dei più gravi problemi attuali per la salute dell'umanità. Giorgio Verme


SCIENZE DELLA VITA. CARDIOCHIRURGIA Bypass senza il bisturi Nuova procedura mini-invasiva
Autore: LUBRANO TOMMASO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

SEMPRE più spesso si sente parlare di nuove tecniche chirurgiche poco invasive ma efficaci quanto quelle tradizionali e con il grande vantaggio di essere meglio tollerate dal paziente. Per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, mentre la moderna ricerca farmacologica e la sperimentazione clinica sono rivolte verso molecole più efficaci nel prevenire e curare l'aterosclerosi, il concetto di bassa invasività in chirurgia, oggi può essere applicato anche agli interventi cardiaci. E' il caso della Midcab (Minimally Invasive Direct Coronary Artery Bypass Surgery), che tradotto significa: bypass coronarico mediante procedura chirurgica mini-invasiva. Questa metodica prevede l'accesso al cuore tramite una incisione di 8-10 centimetri praticata al 4o o al 5o spazio intercostale dell'emitorace anteriore sinistro. Per il bypass viene utilizzata l'arteria mammaria interna di sinistra che risulta essere il vaso più importante per la rivascolarizzazione del miocardio infartuato. La peculiarità della Midcab, oltre che nella minimizzazione dell'accesso toracico (non è necessaria la sternotomia con conseguente riduzione del dolore nel post- operatorio), sta nella possibilità di intervenire anche a cuore battente. La scelta di operare a cuore fermo diviene quindi opzionale. Ciò significa che può essere evitata al paziente la circolazione extracorporea con il seguito di possibili complicazioni, prime tra tutte quelle cerebrali. La tecnica di cui si parla, in realtà non è nuova, poiché è stata ideata originariamente dal russo Kolessov già nel 1964. E' stata quindi ripresa e si è sviluppata solo recentemente in Argentina per merito di Federico Benetti. La Midcab è stata introdotta in Italia dal 1994 da Antonio Maria Calafiore, direttore della Divisione di Cardiochirurgia dell'Ospedale San Camillo di Chieti, che vanta la maggiore casistica mondiale con oltre 450 interventi eseguiti e con una percentuale di successo terapeutico molto elevata (i pazienti vivi e asintomatici per angor rappresentano il 97% degli operati). Per quanto riguarda le indicazioni possono essere avviati all'intervento di Midcab tutti quei pazienti colpiti da malattia aterosclerotica della coronaria discendente anteriore nei quali l'angioplastica non è utilizzabile o non ha dato i risultati attesi. Con questa metodica la degenza post-operatoria media è di 24 ore in terapia intensiva, seguita da altre 24 ore di degenza in reparto, contro i 5-6 giorni richiesti dall'intervento classico di bypass. Anche i tempi di recupero sono decisamente inferiori: 10-14 giorni a fronte delle 6-8 settimane necessarie dopo la chirurgia tradizionale. Va detto inoltre che al New York University Medical Center i cardiochirurghi stanno già applicando metodiche mini-invasive per le sostituzioni valvolari e per effettuare nel paziente più di un bypass coronarico. Tommaso G. Lubrano


SCIENZE DELLA VITA. IPERTENSIONE INTRAOCULARE Chirurgia laser e nuovi farmaci contro il glaucoma In Italia sono colpite dalla malattia 350 mila persone. Sei milioni nel mondo
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
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PER mantenere una buona salute, i liquidi presenti nel nostro organismo (l'acqua costituisce il 60 per cento del corpo umano) devono circolare ad una data pressione. Ne sanno qualcosa gli ipertesi che devono misurare frequentemente la pressione arteriosa per ridurre le temibili complicazione delle malattie cardiovascolari. Meno conosciuta invece l'opportunità della misurazione della pressione endoculare (tonometria), come prevenzione del glaucoma, una patologia cronica ed evolutiva che, se non viene adeguatamente trattata, può portare alla cecità. Il glaucoma infatti è provocato dall'aumento eccessivo della pressione dei liquidi all'interno dell'occhio: più la pressione sale, più il nervo ottico e la retina soffrono. Ne deriva una riduzione della visione periferica prima, e di quella centrale poi. Gli studi attuali suggeriscono che una pressione al di sotto dei 20 millimetri di mercurio garantisce il mantenimento dell'integrità del campo visivo. L'ipertensione intraoculare insorge quando si verifica un ostacolo al normale scarico dell'umor acqueo contenuto nell'occhio. Di solito ciò avviene attraverso la rete trabecolare, vale a dire attraverso i fasci di tessuto connettivo (di consistenza spugnosa) posti fra l'iride e la cornea. Con l'invecchiamento, l'angolo irido corneale si altera, provocando un ostacolo al deflusso. La parola «glaucoma» deriva dal greco e significa azzurro, perché, in alcuni casi, la pupilla dell'occhio malato può assumere un colore azzurrognolo (glaukos). Ci sono varie forme di glaucoma. In quello acuto (ad angolo chiuso) l'aumento della pressione endoculare si verifica nel giro di poche ore, per cui si ha un dolore improvviso, con la comparsa di aloni attorno alle fonti luminose per edema della cornea, accompagnato a volte da nausea e vomito. Il glaucoma cronico è meno doloroso, però più insidioso: infatti, data la non gravità dei disturbi avvertiti, il paziente decide di recarsi dall'oculista a malattia avanzata, quando la vista è già compromessa. Il glaucoma può essere anche congenito o manifestarsi in seguito a determinate condizioni: diabete, malattie vascolari, traumi, interventi chirurgici. A livello mondiale il glaucoma colpisce più di 6 milioni di persone, per la maggior parte anziane. In Italia, circa 350.000 persone sono colpite da questa malattia responsabile del 7 per cento dei casi di cecità e del 21 per cento dei casi di perdita progressiva della vista. Oggi, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie come la chirurgia laser e di nuovi farmaci, è possibile trattare con maggior efficacia questa patologia che, per la sua crescente incidenza, è stata definita «malattia sociale». Al recente congresso della Società Europea di Oftalmologia è stata presentata una nuova molecola (dorzolamide) che agisce inibendo l'attività dell'anidrasi carbonica, un enzima che riduce il riassorbimento di importanti elettroliti (sodio in particolare). In altre parole, riduce l'afflusso dell'umor acqueo. La Commissione europea ha deciso di finanziare un «mega trial» (coordinato dalla clinica oculistica dell'Università di Milano) per verificare in maniera controllata se la nuova molecola può anche prevenire la malattia glaucomatosa in soggetti a rischio (saranno seguiti 1000 pazienti per almeno tre anni). Attualmente non esistono studi simili finanziati dalla Cee che valutino l'azione di un singolo farmaco. Renzo Pellati




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