TUTTOSCIENZE 3 aprile 96


STORIA DELLA SCIENZA Moruzzi, l'esploratore del cervello Scoprì come agisce l'interruttore della veglia e del sonno
Autore: BERLUCCHI GIOVANNI, STRATA PIERGIORGIO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
PERSONE: MORUZZI GIUSEPPE
NOMI: MAGOUN HORACE, MORUZZI GIUSEPPE
ORGANIZZAZIONI: NORTHWESTERN UNIVERSITY DI CHICAGO
LUOGHI: ITALIA

DIECI anni fa si spegneva a Pisa Giuseppe Moruzzi, straordinaria figura di uomo e di scienziato la cui profonda influenza sulla ricerca scientifica in Italia dopo la seconda guerra mondiale è stata illustrata recentemente dallo storico della medicina Giorgio Cosmacini in un libro intitolato «Una dinastia di medici. La saga dei Moruzzi-Cavacciuti». Nel 1949 Giuseppe Moruzzi aveva rivoluzionato le concezioni neurofisiologiche dell'epoca dimostrando - in collaborazione con Horace Magoun, alla Northwestern University di Chicago - che la stimolazione della formazione reticolare del tronco dell'encefalo induce uno stato di veglia. In breve, possiamo riassumere questa scoperta dicendo che i processi cerebrali che sono alla base dello stato di coscienza e delle funzioni mentali non hanno luogo senza il sostegno dell'attivazione continua da parte della formazione reticolare: una sua lesione conduce al coma. Nella formulazione originale di Moruzzi e Magoun la formazione reticolare attivante veniva vista come un sistema omogeneo e unitario, deputato a fornire una base funzionale comune alle diverse attività cerebrali al fine di integrarle nell'unitarietà della coscienza. Pochi sanno, tuttavia, che in parziale contrasto con questo modo di vedere, già quarant'anni fa Moruzzi aveva avanzato l'ipotesi che il sistema deputato a sostenere il funzionamento corticale potesse attivarsi in modo frazionato, così da innescare di per sè processi cerebrali differenziati corrispondenti a stati mentali diversi. Questa ipotesi si è rivelata profetica: le ricerce moderne hanno dimostrato che effettivamente esistono almeno sei sistemi separati che partendo dal tronco dell'encefalo raggiungono il talamo e la corteccia, modulando l'attività complessiva dei loro neuroni. In base ai diversi trasmettitori sinaptici utilizzati, questi sistemi sono detti noradrenergico, colinergico, dopaminergico, serotoninergico, istaminergico e glutamatergico. Quest'ultimo sistema coincide probabilmente con il sistema reticolare descritto da Moruzzi e Magoun, mentre gli altri sistemi hanno origine da nuclei ben definiti della sostanza grigia del tronco dell'encefalo. L'attività elettrica della corteccia cerebrale durante la veglia è assai simile a quella che si registra durante la fase del sonno in cui si sogna. Nel primo caso, tuttavia, sono attivi tutti i sistemi che abbiamo elencato, mentre durante il sogno vengono attivati solo il sistema colinergico e quello glutamatergico. Durante il sonno senza sogni l'inattività totale o parziale di tutti questi sistemi impedisce al talamo di trasmettere alla corteccia gli stimoli esterni o endogeni, isolando così i substrati nervosi della mente sia dal mondo esterno che dalle influenze interne. L'attività del sistema colinergico durante il sonno con sogni consentirebbe invece la trasmissione alla corteccia di messaggi organizzati endogeni, generati dal sistema nervoso stesso e destinati a dare origine ai contenuti del sogno. Una esigenza fondamentale della neurofisiologia che ha sempre improntato il pensiero di Giuseppe Moruzzi e che traspare in tutte le sue opere è quella di comprendere come le attività relativamente indipendenti di molteplici componenti del sistema nervoso possano combinarsi armonicamente per dar vita a quella unitarietà d'azione che caratterizza gli organismi viventi complessi. Da questo punto di vista, il modo in cui il cervello regola intrinsecamente la propria organizzazione funzionale tramite il coordinamento delle attività dei vari sistemi diffusi ascendenti costituisce uno dei molti problemi affascinanti, ma anche irrisolti, delle neuroscienze contemporanee. Giovanni Berlucchi Università di Verona Piergiorgio Strata Università di Torino


LE FUNZIONI DELLE PENNE UCCELLI, IL VOLO SECONDO NATURA Nessun aereo possiede ali così adattabili e perfette
Autore: RIBETTO RENZO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. la struttura di penne e piume

Penne e piume possono essere considerate come attrezzi di volo, attrezzi perfetti per la loro funzionalità ed essenzialità, caratterizzati inoltre per noi umani da una notevole valenza estetica, spesso conducibile all'ambiente frequentato dall'animale o alle sue abitudini. Con il termine «penne» intendiamo genericamente gli «attrezzi» più grandi, di numero abbastanza limitato cha varia da specie a specie. Le penne si innestano sulle ali e nella parte posteriore del corpo a formare la coda. Le piume invece sono poco coinvolte nell'esercizio di volo e hanno soprattutto funzioni di copertura. E quindi genericamente possiamo definire queste piume come copritrici. Sono in numero enormemente superiore a quello delle penne e variabili in colore, forma, dimensioni e consistenza a seconda delle zone del corpo che debbono proteggere. Le copritrici inferiori dell'ala, ad esempio, sono normalmente piatte, poco consistenti, di dimensioni ridotte verso l'estremo dell'ala e crescenti a man mano che si avvicinano al corpo con forma che muta gradualmente tanto da portare le ultime a confondersi con le copritrici ascellari e scapolari. Quella del passaggio, per così dire contiunuo, tra un tipo di piuma ed un altro, è una costante di tutto il piumaggio tanto da indurre spesso in imbarazzo chi osserva una zona di «confine» tra due tipologie di copritrici. Tornando alle penne, quelle delle ali son remiganti, distinte dall'esterno verso l'interno, in primarie, secondarie e terziarie. Le prime sono di solito abbastanza lunghe e col vessillo relativamente stretto; spesso le più esterne sono «intaccate» o «smarginate», oppure presentano un repentino rerstringimento nella parte terminale: questo per contrastare forze flettenti e torcenti che si sviluppano nel volo nonché per consentire un migliore deflusso dell'aria nela battito dell'ala. Le secondarie sono caratterizzate da una più accentuata curvatura della rachide e da un vessillo proporzionalmente più largo rispetto alla minore lunghezza della penna. Le terziarie conducono gradualmente alla tipologia delle copritrici anche se in parecchie specie presentano un improvviso allungamento tanto da portarle a dimensioni superiori a quelle delle ultime secondarie. Le penne della coda, infine, dette timoniere perché oltre ad avere una funzione di portanza come le remiganti, servono ad indirizzare la traiettoria del volo nella stragrande maggioranza delle specie nostrane, sono in numero di 12, simmetricamente 6 per parte. Il colore delle penne e delle piume può variare notevolmente nell'ambito di una medesime specie a seconda della stagioen, del sesso e dell'età. Spesso si può stabilire a quale uccello appartenga una penna ma ancor più sovente, data la somiglianza di molte specie, è indispensabile disporre di più penne e piume per risalire con certezza al volatile che le ha perse. Renzo Ribetto


INFRANTI GLI ACCORDI INTERNAZIONALI Il telefonino zittisce l'universo Già invase le frequenze dei radioastronomi
Autore: MIGNANI ROBERTO

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, ELETTRONICA, ASTRONOMIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: JANSKY KARL
ORGANIZZAZIONI: LABORATORI BELL
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. TAB. INTERFERENZE TELECOMUNICAZIONI =================================================================== Le onde elettromagnetiche vanno dai raggi gamma alle onde radio passando per la luce visibile. I raggi gamma, X, ultravioletti e infrarossi provenienti dallo spazio sono assorbiti dall'atmosfera. Le onde radio riescono a penetrare. Le più ricche di informazioni sul cosmo sono le microonde da qualche millimetro ad alcuni decimetri di lunghezza. Proprio in questa banda aumentano le interferenze. Ora anche i telefoni cellulari incominciano a disturbare il lavoro dei radioastronomi. ===================================================================

IN Italia i telefoni cellulari stanno invadendo le frequenze sulle quali gli astronomi ascoltano i segnali che arrivano dall'universo. E molte altre sorgenti di disturbi rendono il lavoro dei radioastronomi sempre più difficile. Il Far West delle frequenze che nel nostro Paese ha caratterizzato lo sviluppo delle radio e tv private rischia di estendersi alle poche bande protette per fini scientifici. Vediamo che cosa sta succedendo. Nel 1932 Karl Jansky, un ricercatore dei Laboratori Bell, dimostrò con alcuni esperimenti sulle telecomunicazioni intercontinentali la possibilità di captare segnali radio provenienti dallo spazio. In seguito, molte antenne vennero puntate verso il cielo. Era la nascita della radioastronomia. Da allora sono state scoperte numerose sorgenti radio, associate a corpi celesti di varia natura e dimensione. Fondamentali sono i risultati ottenuti in questo campo negli Anni 60, quando si scoprirono le pulsar e la radiazione cosmica di fondo, eco dell'immane esplosione (Big Bang) dalla quale ha avuto origine l'universo. Benché sia un innegabile progresso per la nostra civiltà, lo sviluppo delle telecomunicazioni ha, purtroppo, provocato notevoli problemi al mondo della radioastronomia. Il cielo radio risulta, infatti, «contaminato» dai numerosi segnali spuri emessi dai trasmettitori terrestri che si sovrappongono con quelli provenienti dallo spazio disturbando e rendendo problematica la loro ricezione da parte dei radiotelescopi. Anche se una trasmittente terrestre è intrinsecamente più debole, infatti, la sua relativa vicinanza ai radiotelescopi fa sì che il segnale da essa emesso risulti milioni di volte più forte rispetto a quello delle sorgenti celesti enormemente più lontane che si vogliono osservare. In un certo senso, le telecomunicazioni terrestri «oscurano» il cielo dei radioastronomi. Questo problema è del tutto analogo a quello dell'inquinamento luminoso che affligge l'astronomia ottica dove, in questo caso, le fonti di disturbo sono rappresentate da sorgenti di luce come l'illuminazione stradale, i fari delle discoteche o le luci della città. Per questo motivo, oggi i telescopi vengono costruiti in posti remoti, nei deserti o in cima a montagne. Allo stesso modo, molti osservatori radioastronomici vengono costruiti in posti isolati, solitamente in vallate o conche naturali dove le montagne circostanti schermano, in una certa misura, i segnali radio artificiali. Ulteriori precauzioni consistono nell'effettuare le osservazioni in certe particolari ore del giorno, quando le trasmissioni radio vengono ridotte al minimo. Ovviamente, questa è una soluzione parziale del problema perché le reti di telecomunicazioni abbracciano, ormai, quasi tutto il pianeta e risulta sempre più difficile trovare sulla Terra un luogo dove non giungano echi di segnali radio, in ogni caso, non è certo ipotizzabile pensare che i radioastronomi continuino a spostare i loro osservatori per rifuggire di continuo l'estendersi della civilizzazione. Il problema non è quindi di facile soluzione. Inoltre, il radioastronomo non può selezionare a piacimento le bande di frequenza in cui operare scegliendo semplicemente quelle meno «affollate». In molti casi, infatti, sono le stesse leggi della fisica che impongono di osservare solamente in certe bande di frequenza piuttosto che in altre. Ad esempio, le osservazioni dell'idrogeno interstellare, fondamentali per lo studio della dinamica delle galassie, possono avvenire solo se il radiotelescopio viene sintonizzato su una lunghezza d'onda di 21 centimetri. E' evidente quanto sia importante per la ricerca scientifica tutelare le osservazioni dei radioastronomi riservando loro l'esclusiva sull'utilizzo di alcune bande «protette» di radiofrequenze. Questa necessità formalmente fu riconosciuta per la prima volta nel 1959 in una conferenza internazionale per la regolamentazione dell'uso delle radiofrequenze (World Radio Conference). Nel corso di queste conferenze vengono, in particolare, decisi i criteri di spartizione delle radiofrequenze e quali bande debbano essere riservate ai radioastronomi. Ad esempio, la banda di frequenza compresa tra i 1400 e i 1427 MHz, corrispondente alla riga di emissione dell'idrogeno neutro, è stata la prima ad essere riservata esclusivamente alla radioastronomia. Da allora, la situazione mondiale viene riesaminata periodicamente per trovare un accordo tra le sempre crescenti richieste del mercato delle telecomunicazioni e le esigenze della ricerca scientifica. Naturalmente, spesso accade che questi canali «protetti» vengano invasi, più o meno consapevolmente, da trasmissioni non autorizzate. In questi casi i responsabili sono, per la maggior parte, le radio locali, i radioamatori, ma anche i radar militari. I pericoli maggiori, però, arrivano da altre direzioni. Con il diffondersi di nuovi sistemi di telecomunicazioni, infatti, cresce sempre più la «fame» di radiofrequenze da sfruttare per esigenze commerciali. Per la diffusione della telefonia cellulare su scala internazionale (Gsm), ad esempio, sarebbe di enorme importanza disporre di frequenze «libere» quali quelle riservate ai radioastronomi che costituiscono, quindi, un ghiotto boccone. Finora queste bande sono state tutelate da severi trattati internazionali, ma purtroppo, sotto la spinta dei crescenti interessi economici in gioco, la situazione sta rapidamente cambiando. Questo, almeno, è quanto sembra accadere nel nostro Paese. Recentemente, infatti, il nostro ministero delle Poste e Telecomunicazioni ha concesso di «spostare» in una banda di frequenza protetta (1660.7-1668.1 MHz) alcuni ponti radio per lasciare spazio ad alcune trasmissioni di tipo commerciale, in particolare alla telefonia cellulare di tipo Gsm. Naturalmente, il comunicato ministeriale si è premurato di imporre ai ponti radio alcuni vincoli operativi (impiego di antenne molto direttive, potenza limitata) che riducono le possibilità di interferenze con i radiotelescopi, ma che, sicuramente, non le escludono del tutto. In questo modo, il nostro Paese ha contravvenuto ad accordi sanciti da trattati internazionali di cui egli stesso è firmatario. In un periodo in cui la battaglia sull'utilizzo, pubblico e privato, delle radiofrequenze è particolarmente sentita, questa notizia è destinata a suscitare un certo rumore. Al di là dell'impatto, sicuramente marginale, che la mancata tutela dei diritti della ricerca radioastronomica potrà avere sull'opinione pubblica, la violazione di un trattato internazionale rappresenta, comunque, un episodio grave, sicuramente lesivo dell'immagine del nostro Paese all'estero. Il rischio maggiore è che tale violazione possa rappresentare un pericoloso precedente e incoraggiare, quindi, il verificarsi di abusi analoghi in altri Paesi. Roberto Mignani Cnr, Istituto di fisica cosmica Milano


IL PROGETTO DOMANI AL CNR L'Europa fa la guerra agli asteroidi Come prevenire una collisione nello spazio
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, PROGETTO, RICERCA SCIENTIFICA, SICUREZZA, CONTROLLI
NOMI: CARUSI ANDREA, LORENZI LUCIANO
ORGANIZZAZIONI: CNR
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Come deviare un asteroide

L'EUROPA dichiara guerra agli asteroidi e alle comete che minacciano di precipitare sulla Terra. E l'Italia sta in prima fila. Domani, nella sede romana del Consiglio nazionale delle ricerche, Andrea Carusi, uno dei maggiori esperti di orbite cometarie, presenterà la «Spaceguard Foundation», l'organismo internazionale che si propone di tutelare la civiltà umana dalle possibili drammatiche conseguenze di una collisione tra il nostro pianeta e un corpo celeste. Da una decina di giorni il Consiglio d'Europa ha votato all'unanimità una risoluzione che riconosce come reale questo rischio e invita gli Stati della Comunità a sostenere la Spaceguard Foundation nell'organizzare un sistema di sorveglianza per schedare i corpi celesti più pericolosi, cioè quelli con un diametro superiore al chilometro e un'orbita che interseca quella terrestre: circa duemila, secondo le stime degli scienziati, più le comete che talvolta, imprevedibilmente, lasciano la loro remota «nube di Oort» e si avventurano nella regione più interna del sistema solare. A sollevare il problema a livello europeo è stato l'astrofisico e senatore leghista Luciano Lorenzi. Il tema però richiama l'attenzione degli scienziati da quando, all'inizio del secolo, si incominciò a capire che la Terra è periodicamente bersagliata da asteroidi e comete, o loro frammenti. Nel 1908 un asteroide di una quarantina di metri esplose nel cielo della Siberia con la potenza di una bomba da 10 megaton, distruggendo duemila chilometri quadrati di foresta. Qualcosa di simile avvenne nel 1930 sulla foresta amazzonica. Risalendo indietro nel tempo troviamo tracce inquietanti come il Meteor Crater, in Arizona, di circa 50 mila anni fa, decine di astroblemi (cioè di «ferite» lasciate da impatti, parzialmente nascoste dall'evoluzione geologica), fino a quell'impatto che 65 milioni di anni fa sembra aver determinato un cataclisma planetario, con la scomparsa dei dinosauri e di migliaia di altre specie. Le sonde spaziali, svelandoci l'aspetto di pianeti, satelliti e asteroidi, dimostrano che le collisioni nel sistema solare sono state un fenomeno frequentissimo, e ancora oggi di notevole importanza. Si ha un caso come quello siberiano ogni 3 o 4 secoli, uno scontro con un asteroide da 1 chilometro ogni milione di anni e con uno da 10 chilometri ogni cinquanta milioni di anni. Il piano anti-asteroidi richiede varie tappe: bisogna stilare una anagrafe di questi corpi piccoli ma insidiosi (oggi se ne conoscono 350); occorre studiarli da vicino con sonde spaziali, e magari riportarne un campione; una rete di satelliti dovrebbe individuare i corpi minori non avvistabili dal suolo; si deve mettere a punto un piano di intervento nel caso si prevedesse una collisione. Per la prima tappa, Andrea Carusi (Cnr, Istituto di astrofisica spaziale) ha messo a punto il Progetto Itanet: attrezzando telescopi già esistenti con sensori elettronici e software per l'analisi automatica dei dati, a partire dal 2000 si schederanno gli asteroidi sospetti fino alla magnitudine 22. Partecipano a Itanet gli Osservatori di Torino, Padova, Milano, Roma, Catania e l'Università di Pisa. Una missione per lo studio ravvicinato di asteroidi è già in corso: la sonda «Near» della Nasa viaggia verso l'asteroide Eros, che raggiungerà nel gennaio 1999, diventandone un satellite. L'Agenzia spaziale europea si occuperà di una analoga ricognizione su una cometa. Nè ci vorrebbe molto tempo per creare una rete di piccoli satelliti a basso costo per la sorveglianza sugli oggetti più piccoli, di poche decine di metri, che di tanto in tanto violano lo spazio tra la Terra e la Luna. L'Alenia, in particolare, ha in fase di studio il sistema «Impact» per osservare gli asteroidi che possono sfiorare la Terra. Quanto alle possibilità di intervento, Teller, il padre della bomba all'idrogeno, tempo fa propose di inviare una testata nucleare contro l'eventuale asteroide killer. Questa soluzione però non è sicura: i frammenti diventerebbero schegge impazzite e non controllabili. Attualmente si pensa piuttosto a deviare leggermente l'orbita del corpo celeste minaccioso, ciò che si può ottenere urtandolo con una sonda o con gli effetti dell'onda d'urto di una esplosione ravvicinata, ma non distruttiva. Piero Bianucci


OGGI ECLISSE Via la Luna si vedrà la cometa?
LUOGHI: ITALIA

QUESTA notte avverrà un'eclisse totale di Luna. Il fenomeno, in sè piuttosto comune, in questo caso diventa più interessante perché, quando il nostro satellite sarà completamente immerso nell'ombra proiettata dalla Terra, diventerà più facile, grazie all'oscurità, scorgere la cometa Hyakutake, benché la sua luminosità sia ora dimezzata rispetto al 28 marzo, la sera più favorevole per l'osservazione. Dopo essere stata velata dalla penombra, la Luna incomincerà a oscurarsi all'1 e 27; la fase massima si avrà 40 minuti dopo e, passati altri 40 minuti, incomincerà l'uscita dall'ombra. Alle 3 di giovedì mattina la Luna tornerà a brillare, ma ancora attenuata dalla penombra. Durante la fase totale, con il cielo reso più buio dall'eclisse, si potrà cercare la cometa Hyakutake nella costellazione di Perseo, a Nord-Ovest, purtroppo bassa sull'orizzonte. L'eclisse di questa notte sarà osservabile dalle Americhe, dall'Europa, dall'Africa e da gran parte dell'Asia, Giappone escluso. Un'altra eclisse totale di Luna visibile dall'Italia si verificherà il 27 settembre.


FARMACI E INGEGNERIA GENETICA Si può brevettare la vita? No. Ma se la molecola che ne deriva...
Autore: MARCHISIO PIER CARLO

ARGOMENTI: GENETICA, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

IL dibattito sui brevetti in campo biologico dura da anni ma recentemente è ritornato di attualità con lo sviluppo straordinario della biologia molecolare e il procedere rapido dello studio dell'intero genoma umano. La domanda che sta alla base del dibattito è se sia o no lecito brevettare un gene, cioè una sequenza più o meno lunga di informazioni inscritta in un tratto di Dna. Il modo di sentire prevalente degli scienziati è che non sia di per sè ammissibile arrogarsi il diritto di sfruttare a scopo di lucro un gene che è patrimonio di tutti e che l'evoluzione ha elaborato nel corso di milioni di anni. Su questo non credo esistano ormai dubbi di sorta anche se, in ambito industriale, il concetto non è così ovvio e risulta spesso duro da digerire. Le ragioni di queste perplessità risiedono nell'incertezza dei confini tra il concetto di scoper ta e quello di invenzione. Quando Newton scoprì la gravità a nessuno venne in mente che in qualche modo la scoperta potesse essere sfruttata, così Einstein nemmeno sognò di brevettare la relatività. E' ovvio che, in ambedue i casi, si tratta di scoperte che uomini trassero fuori dal dominio dell'ignoto e divennero oggetti dell'umana conoscenza. Le scoperte di Marconi non furono in realtà scoperte ma inven zioni ché le onde hertziane erano già note e Marconi, con splendido ingegno, trovò il modo di sviluppare modi per utilizzare un fenomeno naturale per il bene di tutti. E molte delle invenzioni di Marconi furono allora protette da brevetti al pari dell'Aspirina, ormai vecchia di cent'anni ma ancora farmaco validissimo. Il mondo biologico è in qualche modo diverso. A camminare sul Dna umano si incontrano i geni che presiedono alla fabbrica delle nostre proteine. E a volte si incontrano proteine di grande potenziale terapeutico come l'ormone della crescita o l'insulina. Sono questi i geni di per sè brevettabili? La risposta universale è no. Ma attenzione] I geni e le proteine sono indubbiamente il prodotto della natura e per questo sono patrimonio di tutti: la loro struttura è frutto di una scoperta. Tuttavia trovare il modo di produrre queste proteine in laboratorio, come è stato fatto a beneficio del nanismo e del diabete, ha richiesto la messa a punto di procedure complesse e costose, basate sì su un fatto naturale, ma pur sempre prodotto dell'ingegno e della fatica dell'uomo. Senza parlare degli ingenti investimenti industriali necessari per lo sviluppo della loro produzione. A beneficio di tutti va quindi l'invenzione basata sulla scoperta, nè più nè meno del rapporto tra le onde di Hertz e la radio. Mi sembra quindi che debba essere accettato il concetto di protezione dell'invenzione mediante brevetto sulla procedura e del profitto conseguente che deve premiare ciò che l'uomo fa a beneficio dell'uomo anche in campo biologico. Gli esempi che si possono portare a sostegno del concetto di profitto, che spesso suona sgradevole quando si tratta di scoperte biomediche, sono molteplici. Pensiamo agli antibiotici, le sostanze che hanno debellato le infezioni e hanno salvato centinaia di milioni di vite umane. Gli antibiotici sono quasi sempre sostanze naturali, derivate e prodotte da esseri viventi e, pertanto, secondo il concetto prima espresso, non proteggibili mediante brevetto. E' certo che il gene della penicillina non lo è ma la procedura per far diventare la penicillina un farmaco somministrabile deve esserlo. Se così non fosse non potrebbe esserci l'investimento che è necessario per tradurre una sostanza naturale in farmaco. Recentemente si è sviluppata un'accesa polemica sul taxol, una molecola naturale estratta dal tasso, una bella pianta che orna molti giardini. La ricerca di base, circa vent'anni fa, trovò che il taxol era un potente inibitore della proliferazione cellulare in quanto interagisce con una struttura presente in tutte le cellule. Da poco il taxol, prima estratto dalla pianta, è stato prodotto per sintesi perché è risultato un potente farmaco che inibisce la proliferazione delle cellule in molti tumori. Per capire questo, sviluppare il sistema di sintesi e studiare la tossicità del farmaco ci sono voluti tempo, investimenti e il lavoro di un folto numero di scienziati. Chi paga questo sviluppo se non la certezza di un profitto che copra almeno le spese sostenute e qualcosa di più? E' vero che il primo scienziato che aveva capito la funzione del taxol ne propose l'uso come farmaco anticancro. Ma tra l'idea e l'applicazione si trova un enorme lavoro che deve in qualche modo essere riconosciuto e protetto. Che conclusioni si possono trarre da queste considerazioni pur aperte ai commenti dei lettori? No agli eccessi come il brevetto a tappeto di segmenti di Dna con la futura speranza che questi possano diventare economicamente sfruttabili. Sì alle invenzioni di procedure che, pur basate su una sequenza genica, possono diventare sostanze utili dal punto di vista terapeutico o biotecnologico. Solo così si sviluppa la ricerca applicativa. Di più, se l'industria diventa lungimirante e sviluppa una nuova cultura della scienza, la ricerca biologica di base si svincolerà dal finanziamento pubblico che via via si assottiglia. Pier Carlo Marchisio


IN BREVE Trovato il gene di... Tafazzi
ARGOMENTI: GENETICA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: CNR
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, PAVIA (PV)

Anche i biologi si divertono. Quattro ricercatrici del Cnr di Pavia, grazie a un contributo Telethon, hanno identificato il gene della sindrome di Barth, gravissima malattia cardiaca della prima infanzia. Il lavoro per identificare le funzioni delle proteine del gene è stato così duro che le ricercatrici hanno battezzato queste proteine «tafazzine», da Tafazzi, personaggio comico di «Mai dire gol» noto per il suo masochismo.


IN BREVE La cometa si è frantumata
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

La cometa Hyakutake sta pagando caro il passaggio nelle vicinanze del Sole: il ghiaccio del nucleo si sfalda, disperdendo dei frammenti. La prima osservazione del fenomeno - già avvenuto in numerose comete - si deve agli astronomi dell'Osservatorio di Arcetri e del Centro di astronomia infrarossa del Cnr, che utilizzano il telescopio «Tirgo», sulle Alpi Svizzere.


IN BREVE A Genova Imparagiocando
ARGOMENTI: DIDATTICA, FISICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, GENOVA (GE)

Fino al 7 aprile al Palazzo Ducale di Genova è aperta la mostra «Imparagiocando 3». Vi ha contribuito l'Istituto nazionale di fisica della materia. Per informazioni: 010-659.8710.


IN BREVE Colorimetria un corso al Crf
ARGOMENTI: DIDATTICA, TECNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: CENTRO RICERCHE FIAT
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ORBASSANO (TO)

Dal 15 al 18 aprile al Centro Ricerche Fiat di Orbassano si tiene un corso di colorimetria affiancato da esperimenti nei laboratori. Informazioni: 011- 90231; oppure 055-4235.227.


IN BREVE Nuovi cavi superconduttori
ARGOMENTI: TECNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: PIRELLI
LUOGHI: ITALIA

La Pirelli ha siglato un accordo per produrre cavi superconduttori ad alta temperatura, tecnologia scoperta una decina di anni fa e premiata con il Nobel.


IN BREVE Il vetrino di Fleming
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
NOMI: FLEMING ALEXANDER
ORGANIZZAZIONI: SOTHEBY'S
LUOGHI: ITALIA

In un'asta di Sotheby's è stato venduto per 60 milioni alla casa farmaceutica Pfizer il vetrino da microscopio nel quale Alexander Fleming, nel 1928, scoprì casualmente la penicillina, una muffa battericida.


IN BREVE Fusione fredda battuta in tribunale
ARGOMENTI: FISICA
NOMI: PACE GIOVANNI MARIA
LUOGHI: ITALIA

Il tribunale di Roma ha assolto il giornalista Giovanni Maria Pace nella causa per diffamazione intentatagli dagli scopritori della «fusione fredda» Pons e Fleischmann per un articolo intitolato «Signori scienziati, perché ci truffate?». La sentenza ribadisce il diritto di cronaca e la mancanza di prove chiare sulla effettiva validità della «fusione fredda».


IN BREVE Teatro telematico con Eco-Crea
ARGOMENTI: ELETTRONICA
NOMI: MANZELLI PAOLO
ORGANIZZAZIONI: ISTITUTO ECO CREA
LUOGHI: ITALIA

L'istituto Eco-Crea ha presentato una elaborazione teatrale di un testo di Primo Levi nell'ambito della manifestazione «Teatro telematico: arte, cultura, scienza» svoltasi a Roma il 29 marzo. Per informazioni: Paolo Manzelli, 055-332.549.


RIVOLUZIONE IN CAMERA OSCURA Foto, cambia il formato E la pellicola sposa il computer
Autore: ARPAIA ANGELO

ARGOMENTI: OTTICA E FOTOGRAFIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Aps (Advanced Photo System). Struttura del caricatore della pellicola

SI chiama Aps, Advanced Photo System, il nuovo rivoluzionario formato fotografico voluto e realizzato da un gruppo di cinque importanti aziende del settore: Kodak, Fuji, Canon, Minolta e Nikon. Nel business probabile, calcolato prudenzialmente attorno al 15/20 per cento del mercato fotografico sino al 2000, si sono associate altre 42 aziende, tra cui Agfa. Per rivitalizzare l'intero mercato, dai laboratori di sviluppo e stampa ai prodotti, si è cercato sin dal 1987 di progettare e realizzare un nuovo sistema integrato, ed è così nato l'Aps. La cartuccia, contenente il nuovo supporto in polietilene naftalato, è assolutamente innovativa. Misura 30 millimetri di diametro per 39 di altezza e su un lato sono presenti quattro tacche che segnalano: pellicola da impressionare, parzialmente o totalmente esposta e già sviluppata dal laboratorio. Il materiale sensibile, che offrirà migliore nitidezza e cromaticità grazie al ridotto spessore del triacetato, resterà sempre nel suo ellittico contenitore e successivamente così archiviato. La pellicola misura nel formato full di 16,7X30,2 (l'attuale è il tradizionale 24X36) e con un'unica perforazione su un lato, doppia banda magnetica e codifiche ottiche per il procedimento Ix (Information Exchange): serve a ricevere e a inviare informazioni, dialogare con apparecchi fotografici, materiali sensibili e work station di photofinishing. La versatilità dell'Aps non si ferma qui. L'operatore, al momento dello scatto, può programmare l'immagine, da stampare successivamente, in tre formati diversi: il tipo H, fotogramma full, misura 16,7 per 30,2, tipo C rapporto 2:3 formato classic 16,7X25 e tipo P rapporto 1:3 formato panorama 10X30,2. I dati memorizzati al momento della ripresa sono elaborati dai laboratori professionali di sviluppo e stampa attrezzati Aps, che, a richiesta, possono anche fornire le immagini digitalizzate su floppy e CD. Per l'esclusivo uso amatoriale sono stati progettati due apparecchi che offrono nuove opportunità all'utente: il lettore di fotografie AP-1 e lo scanner AS-1. Il primo serve a visualizzare le foto sul televisore, il secondo le trasferisce sul personal computer, con possibilità di elaborarle e archiviarle. Nel contesto dell'Advanced Photo System le cinque case produttrici del sistema hanno realizzato fotocamere innovative, estremamente compatte e con maggiore praticità d'impiego. I modelli presentati alla stampa settoriale in questa prima fase sono almeno trenta. Si caratterizzano con nomi che diventeranno presto familiari: Advantix, Nexia e Fotonex, Ixus, Vectis e Nuvis (new vision). In genere sono apparecchi monobiettivo con ottica fissa o zoom, monouso tradizionali, ma è stata presentata anche una reflex con focali intercambiabili: la Vectis S-1. La scheda tecnica parla di sistema messa a fuoco AF Ttl a rilevazione di fase, sensore Ccd lineare, autofocus anche manuale e selezione impostazione AF a fotogrammi singoli/sequenze. Innumerevoli sono le altre funzioni per la reflex Aps di qualità che offre cinque focali di ampio respiro tecnico e creativo. Questi sono i comparativi da segnalare: AF 22-80 mm f/4-5, 6 (nel tradizionale 135 mm 28-100), AF 28-56 mm f/4-5,6 (35-70 mm), AF 56-170 mm f/4-5,6 (70-210 mm), AF 80-240 mm f/4-5,6 (100-300 mm) e AF 50 mm f/3,5 Macro (63 mm). Con l'introduzione sul mercato dell'Aps l'albero della fotografia cresce, ma i grandi leader del settore sottolineano che il nuovo formato è aggiuntivo, non sostitutivo dell'attuale 135 mm: quindi offrirà nuove opportunità a tutti i fotoamatori. Angelo Arpaia


NUOVO MUSEO L'Europa spaziale in mostra a Kourou
Autore: SALOMONE LUIGI

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: ESA
LUOGHI: ITALIA

Il Centro di Kourou nella Guyana francese è il punto di arrivo (e di partenza) dell'attività spaziale europea: all'ingresso, sotto gli alisei di Nord- Est, sventolano le bandiere delle tredici nazioni partecipanti all'Esa (Agenzia Spaziale Europea), e cioè Francia, Germania, Italia, Spagna, Belgio, Svezia, Svizzera, Inghilterra, Austria, Norvegia, Finlandia, Danimarca e Irlanda. In questo porto spaziale dell'Europa, procedono a ritmo intenso i lavori di preparazione per il primo lancio del razzo vettore europeo del Duemila, «Ariane 5», previsto per il 7 maggio. La nuova rampa di lancio del complesso Ela 3 e l'integrazione delle costruzioni sono già terminate. Un nuovo centro di controllo di maggiore taglia, battezzato Jupiter II, da dove saranno condotti i voli di «Ariane 5», ha funzionato per la prima volta in occasione del lancio n. 82 nella notte del 13 gennaio scorso. Al di là della sua principale funzione come centro di controllo delle operazioni di lancio, Jupiter II, che si estende su un'area di 2600 metri quadrati, serve pure come centro stampa per i media nel corso delle campagne di lancio, il locale ospita un nuovo sistema di computer per i dati di rotta, un nuovo sistema ad alta velocità di trasmissione per i dati di telemetria e una nuova rete di comunicazioni interne con fibre ottiche. La storia dello spazio e i successi di oltre 20 anni di attività europee sono illustrati in un nuovo museo dello spazio di 1500 metri quadrati che è stato inaugurato in gennaio. Un modello in scala 1:1 del nuovo vettore europeo Ariane 5 si leva in prossimità del museo e della sala Jupiter II, dando così il benvenuto ai visitatori da tutto il mondo. Il museo presenta un panorama generale delle attività spaziali in otto sale che si scoprono nel mezzanino: l'universo, la conquista dello spazio, i lanciatori europei, i voli abitati, la tecnologia dei satelliti, i carichi utili scientifici e d'applicazione e per terminare il futuro. Sono pure disponibli supporti informatici approfonditi così come modelli o vere parti di sistemi spaziali quali il motore criogenico Vulcain e il satellite Spot. Sono inoltre molto interessanti le sale consacrate all'audiovisione, dove si rivivono le fasi principali della cronologia di un lancio dalla ventinovesima ora al conto alla rovescia degli ultimi cinque secondi, fino al fatidico «Fuoco». Luigi Salomone


SCOPERTA DEL SATELLITE «POSEIDON» Il Mediterraneo va in altalena Ogni 12 mesi il livello sale e scende di 10 centimetri
Autore: BOFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
LUOGHI: ITALIA

SONO migliaia gli oggetti che ruotano nello spazio sopra le nostre teste, parecchi ormai ciechi e muti, altri ridotti a rottami destinati prima o poi e discendere verso terra, bruciando al contatto con l'atmosfera. Soltanto alcuni, per fortuna destano qualche preoccupazione, come il grosso relitto russo precipitato poche settimane fa in mare. Oltre a quelli più noti, che ci permettono di vivere in diretta tv i fatti che avvengono in qualunque punto del globo o di osservare il movimento delle perturbazioni e quindi prevedere le condizioni meteorologiche, vi sono in cielo strumenti di altissima precisione che osservano in continuazione la superficie terrestre per gli scopi più vari, militari o civili. La Francia e il Belgio, ad esempio, si sono accordati per costruire e far portare in orbita dall'«Ariane» una specie di binocolo del quale sono stati rivelati alcuni dati basilari come il peso (3600 chilogrammi), che osserverà da lassù la superficie terrestre «vedendo» qualunque oggetto di dimensioni superiori a 4 metri] Ciò significa che è in grado di distinguere una piccola auto da un Tir. Dalla fine del 1992 il satellite franco-americano «Poseidon», anch'esso messo in orbita da un razzo «Ariane», osserva invece i mari del globo e, dotato di un altimetro formidabile, effettua una misura ogni secondo. Nessuno prevedeva però la sensazionale scoperta che «Poseidon» ha rivelato: il mare Mediterraneo che, confrontato con gli oceani può esser visto quasi come un lago tranquillo, in realtà si alza e si abbassa con il variare delle stagioni. Più precisamente il livello si alza di 10 centimetri nel colmo dell'estate e si abbassa in inverno di 10 centimetri rispetto al suo livello medio; sembra cioè respirare variando la sua «quota» di 20 centimetri l'anno. Adesso si tratta di capire il perché. Alcuni scienziati pensano possa trattarsi di un diverso movimento dell'acqua attraverso lo stretto di Gibilterra dovuto al riscaldamento o raffreddamento, altri più semplicemente che l'afflusso, il rifornimento di acqua da parte dei fiumi sia d'inverno inferiore alla quantità di acqua che evapora, mentre in estate entrerebbe più acqua di quanta non ne evapori. Anche se in estate questa dovrebbe esser ben maggiore. Finora di questo fenomeno non esistono spiegazioni sicure, basate cioè su dati rigorosi: «Poseidon», da lassù, ci ha inviato un rebus da risolvere. Gian Carlo Boffetta


EFFETTO MAGNUM La palla da tennis nell'aula di fisica
Autore: CAGNOTTI MARCO

ARGOMENTI: FISICA
LUOGHI: ITALIA

E' una bella giornata, e il primo caldo si fa sentire. Apriamo la finestra del soggiorno e la porta del balcone per far passare un po' d'aria. Lontano si sente il ronzio di un aereo da turismo. Improvvisamente, un botto: la finestra si è mossa da sola ed è andata a sbattere. Avevamo dimenticato di fissarla, e la corrente l'ha fatta chiudere. Ma... un momento: perché mai una finestra attraversata da una corrente d'aria dovrebbe chiudersi? Il buon senso indurrebbe a pensare che l'aria che passa tenda a mantenerla aperta. Ecco un semplice fenomeno che può essere spiegato con il teorema di Bernoulli, un risultato dell'indagine teorica sulla dinamica dei fluidi fra i più ricchi di applicazioni. Esso prevede che un fluido non viscoso e incomprimibile in corrente stazionaria eserciti sulle pareti laterali del tubo nel quale scorre una pressione inferiore a quella che eserciterebbe se fosse in quiete, e che tale pressione è tanto minore quanto più alta è la velocità del fluido. In una certa misura, il teorema si può applicare anche ai fluidi compressibili come i gas. L'aria che attraversa la finestra scorre lungo la sua superficie esterna, e ha velocità maggiore dell'aria che si trova sul lato opposto. Per il teorema di Bernoulli sui lati la pressione è diversa (maggiore sul lato interno) e di conseguenza agisce una forza diretta verso l'esterno che farà chiudere la finestra. In barba al buon senso. E l'aereo che sentivamo volare? Perché non chiedersi che cosa lo mantiene in volo, a dispetto della forza di gravità? Ebbene, anche qui è il teorema di Bernoulli che giustifica il sostegno offerto dalle ali al velivolo. La loro forma fa sì che l'aria che scorre sopra percorra uno spazio più lungo di quella che scivola lungo la superficie inferiore. Dovendo attraversarle nello stesso intervallo di tempo, l'aria sopra le ali sarà più veloce di quella al di sotto, e ci sarà una differenza di pressione fra le due superfici: maggiore sotto, inferiore sopra... e sull'aereo agirà una forza rivolta verso l'alto. Un'altra applicazione si ha in tutti quegli sport in cui una palla viene lanciata a grande velocità, come il tennis e il calcio. L'«effetto» che alcuni sportivi riescono a dare alla palla, imponendole una rotazione su se stessa, ne devia la traiettoria. Il teorema di Bernoulli ci viene in aiuto per spiegare il fenomeno. Una palla che ruota su se stessa trascina con sè l'aria che le scorre a fianco. Da un lato questo trascinamento sarà nello stesso verso del moto, mentre agli antipodi sarà nel verso opposto. Si avrà di conseguenza una velocità maggiore per l'aria che scorre da un lato, e minore dal lato opposto. La differenza di pressione eserciterà una forza che tenderà a far deviare la palla dalla traiettoria che seguirebbe se non ruotasse su se stessa. Questo effetto prende il nome di «effetto Magnum», ed è ben noto a tennisti e calciatori, che riescono a deviare la palla facendola ruotare intorno a un asse perpendicolare al terreno, dirigendola dove il portiere avversario non si aspetta che arrivi. Ma se non c'è vento, se di aeroplani in vista non ce ne sono, se non abbiamo modo di lanciare palle ad alta velocità, come possiamo vedere in modo semplice una conseguenza del teorema di Bernoulli? Facile: prendiamo un cucchiaino, apriamo il rubinetto del lavandino, e avviciniamolo, dal lato convesso, al getto dell'acqua. Ci aspetteremmo di vederlo respinto dall'acqua, e invece viene attratto dalla corrente. Ora ne sappiamo abbastanza per capire perché: l'acqua a contatto con il cucchiaino scorre veloce, e rende la pressione inferiore alla pressione atemosferica, che agisce sul lato opposto. Esso sembra quindi «attaccato» all'acqua. E ora, un piccolo quesito: sapreste spiegare perché il getto, dopo aver lasciato il cucchiaio, si incurva? Marco Cagnotti


PROBLEMI DI FISICA
NOMI: PEIRETTI FEDERICO
ORGANIZZAZIONI: ZANICHELLI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Le Olimpiadi di Fisica»

Ecco le soluzioni dei due problemi proposti la settimana scorsa su questa pagina nell'articolo di Federico Peiretti dedicato al volume «Le Olimpiadi della fisica», ed. Zanichelli. a) La cassa ha un volume di 512 decimetri cubi, ed essendo immersa per metà sposta 256 decimetri cubi di acqua. La sua massa è perciò di 256 kilogrammi e il suo peso di 2,51 x 103 N. b) I bei colori cangianti che si vedono quando si maneggia un disco sono dovuti a effetti di diffrazione. La posizione delle fasce colorate dipende dalla distanza fra due solchi successivi del disco. Posto il disco (o meglio un pezzo ritagliato da esso) perpendicolarmente al tavolo su cui è steso il foglio di carta millimetrata, e orientato il fascetto di luce della lampada in direzione perpendicolare al disco, si osservano, a destra e a sinistra della lampada, gli spettri di luce colorata. Con semplici misure di lunghezza effettuate sulla carta millimetrata si può identificare l'angolo di deviazione della linea di visione del rosso intenso e del blu violetto e, da questo, note le lunghezze d'onda corrispondenti ai colori osservati, risalire alla distanza fra i solchi del disco.




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