TUTTOSCIENZE 29 novembre 95


ELETTRONICA Il chip invisibile Alla frontiera dei supercomputer
Autore: MELINDO FLAVIO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, TECNOLOGIA
NOMI: KILBY JACK
ORGANIZZAZIONI: TEXAS INSTRUMENTS, CAD COMPUTER AIDED DESIGN
LUOGHI: ITALIA

NEL 1958, undici anni dopo l'invenzione del transistor, Jack Kilby riuscì a realizzare alla Texas Instruments un circuito che conteneva sulla stessa piastrina di silicio transistori, resistori e interconnessioni: nasceva il circuito integrato, che, sfruttando procedimenti di riduzione fotolitografica, avrebbe permesso di realizzare funzioni complesse in dimensioni molto ridotte, rendendo possibile lo sviluppo dell'elettronica come oggi la conosciamo. I circuiti integrati (o «chip») sono alla base di un'infinità di prodotti innovativi: personal computer, fax, telefono cellulare, compact disc sono solo alcuni esempi di oggetti di uso quotidiano resi possibili dalla microelettronica; ma non esiste praticamente settore, dall'automobile al satellite, nel quale i circuiti integrati non siano diventati una componente essenziale di sviluppo. Per dare un'idea di cosa abbiano significato i circuiti integrati, basta pensare che il primo calcolatore elettronico, ancora a valvole, occupava una grande stanza e consumava 150 kW di potenza, con prestazioni paragonabili a quelle di un'attuale calcolatrice tascabile data in omaggio con i fustini di detersivo. L'evoluzione della microelettronica di questi anni è dovuta a diversi fattori, tecnologici e progettuali. Dalla produzione del monocristallo di silicio, che è alla base di tutto il processo, alle tecniche di fotolitografia, che permettono di realizzare con luce ultravioletta geometrie di pochi decimi di micron (millesimo di millimetro), tutto il processo di fabbricazione ha subito un costante e continuo miglioramento, e la resa di produzione e l'affidabilità dei dispositivi è notevolmente aumentata. In prospettiva, la microelettronica punta ancora sulla riduzione delle geometrie: 0,5 micron di canale per i transistori sono oggi normali, ma sono già pronti i piani per raggiungere gli 0,18 micron. Attualmente il limite di convenienza economica è stimato in 0,10-0,12 micron, il che significa circuiti di un ordine di grandezza più complessi di quelli attuali, che già superano il milione di transistor. A fronte di questo progresso stanno però investimenti colossali, dell'ordine di migliaia di miliardi di lire, che solo poche aziende potranno affrontare. Non saremmo tuttavia arrivati al livello attuale se, con l'avanzamento tecnologico, non fossero anche radicalmente cambiate le modalità di progettazione, che oggi si avvalgono di strumenti Cad (Computer- Aided Design) di grande potenza, indispensabili per gestire la complessità dei circuiti. Agli inizi degli Anni 80 circuiti con poche migliaia di transistor richiedevano svariati anni-uomo per la loro progettazione. Oggi il progettista può contare su una serie di «attrezzi» software (tool) che lo aiutano dalla fase iniziale del progetto fino al collaudo finale, garantendo un'alta probabilità di successo; può utilizzare inoltre «librerie di celle» già predisposte dai fornitori dei circuiti (silicon foundry), librerie che comprendono numerose funzioni logiche e generatori automatici di strutture regolari (registri, memorie Rom e Ram), con le rispettive caratteristiche logiche-elettriche. Per capire meglio la portata di questi strumenti di supporto, vediamo le fasi del progetto di un circuito integrato, che comprenda sia parti già disponibili (celle standard, disponibili in «libreria») sia parti totalmente nuove (celle speciali). A valle dello studio complessivo delle funzioni da realizzare, il progettista «disegna» il circuito sullo schermo di un elaboratore con adeguata capacità di calcolo e di trattamento grafico (workstation), connettendo tra loro a livello logico le diverse celle, secondo regole di progetto predefinite; studierà inoltre le sequenze di prova con le quali intende successivamente verificare la funzionalità del circuito. Un primo «tool» verifica eventuali violazioni delle regole di progetto, corrette le quali un secondo e più sofisticato strumento permetterà di simulare il funzionamento logico del circuito, sulla base delle sequenze di prova e dei parametri elettrici (capacità) stimati su base statistica. Eventuali errori in questa fase verranno corretti e la funzionalità nuovamente provata in simulazione, riciclando fino ad ottenere una simulazione corretta. A questo punto il progettista situa i vari blocchi logici sul silicio, cosa che determina di conseguenza anche i percorsi delle interconnessioni fisiche; in questa fase è aiutato da altri tool, di tipo interattivo, che gli fan «vedere» il risultato di ogni decisione sul posizionamento dei blocchi. Quando il progettista è soddisfatto del risultato, un altro strumento automatico estrae, a partire dalla ipotetica topologia del circuito, le capacità reali che ne deriveranno e sarà quindi possibile simulare nuovamente il circuito con i nuovi valori e verificare se il tutto funziona ancora. Se la simulazione non va a buon fine (caso normale!), il progettista dovrà decidere le modifiche da apportare, che potranno essere di tipo logico (per esempio cambiando il modo di realizzare una funzione), elettrico (ad esempio usando celle con capacità di pilotaggio più alta) o topologico (ad esempio avvicinando due blocchi per ridurre la lunghezza di un collegamento). E' evidente che il progetto subirà numerosi cicli di affinamento, finché il progettista non si sentirà soddisfatto del risultato ottenuto. Solo a questo punto la descrizione geometrica del circuito verrà trasmessa alla silicon foundry, che provvederà al processo costruttivo e restituirà al committente i campioni del circuito per l'ultimo e definitivo test: quello sul prodotto finito. E' facile intuire che su circuiti di complessità elevata non è raro che nell'applicazione reale vengano messi in evidenza anche errori a livello di specifica, cosa che comporta la ripresa di tutto il procedimento. Negli ultimi tempi sono stati creati alcuni linguaggi ad alto livello, che consentono di descrivere il circuito non in termini di porte logiche ma di funzioni di livello superiore. La descrizione può essere di tipo «architettonico», relativa cioè alla struttura del circuito e dei blocchi che lo compongono, o «comportamentale», cioè relativa all'algoritmo che deve essere realizzato dal circuito. A partire da questa descrizione, è possibile, utilizzando strumenti Cad molto complessi, arrivare alla sintesi del circuito su silicio in modo quasi automatico. Ma allora i computer progettano i computer? No, per quanto aiutata da strumenti software sempre più sofisticati e dalla disponibilità di interi blocchi funzionali, come memorie o microelaboratori, l'intelligenza del progettista continua a essere fondamentale per lo sviluppo di ogni nuovo circuito. Flavio Melindo Cselt, Torino


RICERCA IN 9 PAESI La depressione è femmina, ma perché? Le donne in età feconda colpite due volte più degli uomini
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, DEMOGRAFIA E STATISTICA, MEDICINA E FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: ASSOCIAZIONE MEDICA AMERICANA
LUOGHI: ITALIA

RECENTI dati epidemiologici raccolti in 9 Paesi, Italia compresa, dimostrano che la depressione clinica è due volte più frequente nelle donne che negli uomini. Come lo spieghiamo? Nel 1893 l'Associazione medica americana alla sua riunione annuale asseriva, a proposito della psicosi da allattamento, che «l'allattamento prolungato o eccessivo non è la vera causa delle sindromi depressive che spesso appaiono dopo il parto; vera causa è l'irritazione locale di origine pelvica che agendo sul cervello è responsabile sia della durata sia del decorso di questo disturbo mentale». Da questa concezione ovviamente errata siamo passati a una seconda che ha dominato la psichiatria negli ultimi trent'anni, anch'essa fondamentalmente falsa. Questa asserisce che la depressione nelle donne è prerogativa del periodo post-menopausa, mentre è rara in altre età. Che cosa intendiamo per depressione? Negli ultimi 15 anni gli psichiatri hanno finalmente accettato una definizione comune, migliorando così non solo l'affidabilità della diagnosi ma anche rendendo più facile la ricerca clinica internazionale, in quanto si parla un linguaggio comune. La depressione classificata secondo la definizione internazionale come «major» (più severa) è la forma più comune tra un vasto gruppo di disturbi. E' caratterizzata non solo da un umore nero e pessimista ma anche da perdita di interesse e piacere per le attività più comuni. Questo disturbo è preminentemente e persistentemente associato sia a sintomi somatici come perdita dell'appetito e del sonno, sia a disturbi mentali come agitazione o passività, scarsa energia, sensazioni di colpa, difficoltà a concentrarsi, fino a giungere a pensieri di morte e desiderio di suicidio. Con criteri e metodi unificati di diagnosi e classificazione in Paesi e culture anche molto diverse si sono raccolti negli ultimi 10 anni dati epidemiologici importanti per la valutazione della frequenza e della distribuzione geografica della depressione nella società moderna. Nove studi maggiori fatti in 9 paesi europei, asiatici, in Usa, Canada e Nuova Zelanda, permettono di stabilire definitivamente che la depressione clinica è un fenomeno più frequente nella donna che nell'uomo. I dati italiani ci giungono da uno studio compiuto a Firenze e pubblicato nel 1990 che dimostra anche qui una chiara prevalenza dei casi femminili sui maschili. Questi dati sono stati confermati recentemente da due grossi studi epidemiologici fatti in Usa ('94 e '95), con un rapporto 1,7 per le depressioni femminili rispetto a quelle maschili. Gli stessi studi dimostrano caratteristiche differenze tra i sessi con un esordio tipico tra i 13 e i 15 anni per le femmine, un massimo raggiunto durante il periodo fecondo e una diminuzione progressiva della frequenza con l'età. Sorprendente è la mancanza di indicazioni a favore di un aumento delle depressioni durante la menopausa. Le depressioni durano più a lungo nelle donne che negli uomini e guariscono più difficilmente in modo spontaneo. Le ragioni non sono affatto chiare mentre è palese che il periodo della gravidanza rappresenti una zona particolarmente pericolosa per la donna con una frequenza di depressioni di oltre il 10%. Tra i fattori di rischio più frequenti e determinanti lo scatenarsi di una severa crisi depressiva è la gravidanza non desiderata. Tale condizione, di per se stessa già grave, può sommarsi a contrasti matrimoniali. Questa combinazione è considerata tra le cause scatenanti più frequenti con alto rischio di suicidio combinato al non-desiderio di partorire e a un forte disinteresse futuro per la prole. Eventuali casi di depressione tra i familiari o episodi precedenti di depressione fanno parte della lista dei fattori che aumentano il rischio di una depressione dopo il parto. La tradizionale terapia farmacologica con antidepressivi di tipo triciclico o con quelli bloccanti la ricaptazione della serotonina è molto efficace. Siamo però di fronte al pericolo di danneggiare il feto particolarmente nelle prime settimane di gravidanza. E' sorprendente la nostra ignoranza sugli effetti di farmaci antidepressivi e psicofarmaci in genere per la salute del feto. Non esistono praticamente studi a lungo termine che ci aiutino a stabilire dosi tollerabili non tossiche e i pericoli di una terapia farmacologica nella donna gravida. La regola d'oro è di astenersi dalla somministrazione di ogni tipo di farmaco almeno durante le prime 12 settimane. Questa linea non è facilmente applicabile nel caso di severe psicosi o depressioni con rischio di suicidio, in cui un intervento è non solo opportuno ma in certi casi obbligatorio. Il periodo post-parto è ugualmente pericoloso; con una zona di massimo rischio per sviluppo di depressioni nei trenta giorni seguenti il parto e per una durata che può estendersi fino a due anni. I disturbi psichiatrici puerperali possono essere di tre tipi: melancolia, vera depressione e stati psicotici. Questi ultimi hanno una frequenza di 1-4 ogni mille parti. La metà di essi hanno le caratteristiche vere e proprie di gravi depressioni. Esistono anche qui fattori di rischio come la presenza di precedenti depressioni. La frequenza di tali episodi è di circa il 10-15%. Il rischio di riavere la depressione in una successiva gravidanza può arrivare fino al 50%. Perciò le donne che hanno sofferto una prima volta di depressione durante la gravidanza devono ricevere particolare attenzione. Come anche nel caso precedente, un'interruzione di gravidanza deve esser tenuta in considerazione. Purtroppo anche qui emergono la nostra ignoranza e la mancanza di studi e ricerche in questo campo. Poiché la depressione è un disturbo assai frequente nelle donne durante il periodo fecondo e poiché esistono già mezzi efficaci di trattamento sarebbe necessario rendersi conto degli effettivi pericoli di tali terapie sul feto. Gli studi dovrebbero essere completati da ricerche su modelli animali poiché per ragioni etiche molte indagini non possono essere fatte direttamente su donne gravide. A causa di una deficiente organizzazione dell'assistenza sanitaria negli Stati Uniti la maggior parte delle persone adulte che soffre di depressioni anche gravi (donne o uomini che siano) non riceve alcuna terapia. Ciò è particolarmente vero nel caso di donne prima e dopo il parto. Il danno dell'omissione delle cure alla madre sulla salute della prole è stato sottolineato da recenti studi. Non esistono ricerche a lungo termine che abbiano seguito la salute mentale dei figli di madri con gravi e ricorrenti episodi di depressioni puerperali. La nostra conoscenza sulla depressione in genere è notevolmente aumentata negli ultimi anni. Ma quello delle depressioni femminili rimane un capitolo oscuro. Molto rimane dunque da imparare sulla causa della depressione e sul trattamento specifico delle donne depresse nell'età feconda. Ezio Giacobini


PROGETTO BPD Razzo italiano per lanciare minisatelliti
Autore: RIOLFO GIANCARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: BPD DIFESA E SPAZIO, ROCKWELL
LUOGHI: ITALIA

IL futuro è dei minisatelliti scientifici, delle «piccole missioni» a basso costo, da allestire in tempi brevi (massimo 18 mesi) nei settori più diversi della ricerca: astronomia, fisica, biologia, geologia, oceanografia. E ancora, analisi delle risorse terrestri, dell'inquinamento, applicazioni della microgravità. Ma per questi satelliti occorre un razzo vettore leggero e affidabile. Ne hanno discusso a Colleferro un centinaio di ricercatori e rappresentanti dell'industria in un convegno organizzato dalla Bpd Difesa e Spazio, azienda che ha vinto il concorso dell'Agenzia spaziale europea per lo studio di un servizio «tutto compreso» per il lancio di piccoli carichi. La Bpd ha potuto ascoltare le esigenze dei potenziali utilizzatori e ha presentato il progetto «Vega»: un lanciatore a basso costo che potrà mettere in orbita satelliti da 300 a 600 chili di massa, a seconda della versione. Sono anche previste configurazioni più potenti, per carichi fino a una tonnellata. Nato come programma italiano, «Vega» potrebbe facilmente integrarsi con altri progetti europei, come il minuscolo lanciatore spagnolo «Capricornio» e il più grande «Esl» francese, per far nascere una famiglia completa di vettori leggeri e medio- leggeri. Il mercato è promettente. Oltre alle missioni scientifiche, ci sono diversi progetti di telefonia mobile a copertura mondiale, basati su reti di decine e decine di minisatelliti. Un grosso business, e nessuno vuol farselo scappare. Gli americani, partiti per primi, sono ancora alla ricerca di un sistema affidabile. Il «Pegasus», un originale vettore che viene sganciato da un aereo in volo, ha registrato una serie preoccupante di fallimenti. Il Lockheed «Llv», lanciato per la prima volta ad agosto, è «impazzito», costringendo i tecnici a distruggerlo e il «Conestoga» è inciampato in un incidente analogo. Mentre le industrie costruttrici cercano di rimediare agli insuccessi, si annunciano nuovi pretendenti. La Rockwell sta lavorando al progetto di un vettore alato riutilizzabile (X-34), che dovrebbe anticipare la futura navetta spaziale «X-33». Ma non ci sono soltanto gli americani. Nella mischia si sono buttati anche russi, cinesi, israeliani, persino gli ucraini, che propongono in veste di vettore il vecchio missile balistico «SS18». L'Europa, leader per la messa in orbita dei grandi satelliti per telecomunicazioni con i lanciatori «Ariane», ha anche le carte in regola per ripetere questo successo nel nuovo e promettente settore dei piccoli satelliti. Tra l'altro, può contare sulla collaudata organizzazione della base spaziale di Kourou, nella Guyana francese. Di questo programma il «Vega» potrebbe essere un tassello essenziale, a patto che l'Agenzia spaziale italiana dia al più presto il suo avallo. Giancarlo Riolfo


NEL GOLFO DEL MESSICO Ecco il killer dei dinosauri «Fotografata» l'impronta dell'asteroide
Autore: DI MARTINO MARIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, PALEONTOLOGIA
NOMI: ALVAREZ LUIS
LUOGHI: ITALIA

LA minaccia a cui è esposta la Terra per la caduta di asteroidi e comete è molto alta se si tiene conto degli effetti devastanti di fenomeni del genere, ma bassa se si considera la loro frequenza rispetto ad altri eventi come terremoti, inondazioni o eruzioni vulcaniche. Nell'attuale stadio evolutivo del sistema solare, si stima che l'impatto sulla Terra di oggetti abbastanza grandi da penetrare lo scudo protettivo dell'atmosfera e craterizzare la superficie del nostro pianeta avvenga a intervalli di alcuni millenni. Ma su tempi di decine di milioni di anni si sono verificati e si verificheranno impatti di oggetti abbastanza grandi da causare profonde modifiche all'ambiente, minacciando le specie viventi. Nei 570 milioni di anni per i quali sono disponibili abbondanti resti fossili, risulta che sul nostro pianeta si siano succedute cinque grosse crisi biologiche, la più recente delle quali, 65 milioni di anni fa, coincise con la transizione tra il periodo Cretaceo e il Terziario. A quest'epoca risale la scomparsa di molte specie viventi dalla superficie della Terra. Sulle cause di queste estinzioni di massa sono state fatte numerose ipotesi, tra le quali la più credibile sembra quella suggerita quindici anni fa da Luis Alvarez, premio Nobel per la fisica, secondo cui il killer sarebbe stato un asteroide di una decina di chilometri abbattutosi sul nostro pianeta alla velocità di alcune decine di chilometri al secondo. L'idea di Alvarez fu accolta con scetticismo dalla comunità scientifica, in particolare dagli studiosi di paleontologia, in quanto la caduta di un corpo così grande avrebbe dovuto provocare un cratere con un diametro di circa 200 chilometri, ma nessuna formazione del genere era stata fino ad allora osservata. I crateri da impatto noti sono circa 130, e i più grandi, quando Alvarez propose la sua teoria, erano il cratere di Sudbury (Ontario, Canada) e quello di Vredefort in Sud Africa, entrambi del diametro di circa 140 chilometri. Molti altri sono stati cancellati dai processi di erosione e dai movimenti tettonici della crosta terrestre, senza considerare il fatto che l'asteroide killer sarebbe potuto cadere sui tre quarti della superficie del pianeta ricoperti dagli oceani. La scoperta di una grossa «cicatrice», avvenuta nel 1991 dopo anni di meticolose ricerche geologiche e delicate misure gravimetriche, probabile traccia lasciata dal corpo celeste ipotizzato da Alvarez, può quindi essere considerata un colpo di fortuna. L'enorme cratere da impatto è a Nord della città di Merida, nello Yucatan (Messico) e il suo centro è nelle vicinanze della località costiera di Chicxulub, da cui ha preso il nome. Le datazioni lo fanno risalire a 65 milioni di anni fa, per cui questa scoperta ha reso molto più credibile la teoria dell'impatto asteroidale come responsabile del cataclisma globale che ha causato la scomparsa dei dinosauri. Individuare la gigantesca struttura da impatto, che si trova per metà sotto le acque del Mar dei Caraibi e per l'altra metà sulla terraferma, non è stato facile in quanto i suoi bordi, che hanno una conformazione multipla ad anelli concentrici, sono ricoperti da uno strato di sedimenti dello spessore di un chilometro, che impediscono l'osservazione da satellite. Le dimensioni del cratere sono rimaste incerte sino a metà di quest'anno, quando un gruppo di ricercatori canadesi e messicani, dopo un lungo periodo di ricerche, ha determinato in circa 180 chilometri il suo diametro. Le conseguenze dirette dell'impatto - onda d'urto e di calore, terremoti, violentissimi maremoti - avrebbero interessato una vasta area con un raggio di alcune migliaia di chilometri. Nelle regioni costiere che si affacciano sul Mar dei Caraibi sono state ritrovate abbondanti tracce dei detriti che furono trasportati dalla spaventosa onda di tsunami generata dall'impatto. L'atmosfera terrestre fu invasa da una enorme quantità di polveri che, raggiunta la stratosfera, si diffusero su scala planetaria oscurando così la luce del Sole per un periodo che potrebbe essere stato di diversi anni. Rimane il quesito sul fatto che l'impatto di Chicxulub sia stato o meno un evento solitario. Due altri crateri, uno di 35 chilometri vicino a Manson (Minnesota, Usa) e l'altro di 100 chilometri, denominato Popigai, che si trova nella Siberia centrosettentrionale, hanno la stessa età di quella di Chicxulub. E' probabile che i tre crateri si siano formati contemporaneamente per l'impatto di tre frammenti di un corpo celeste, molto probabilmente una cometa, disgregata dalle intensissime forze di marea generate dal campo gravitazionale del Sole al passaggio nelle sue vicinanze, ma chiaramente siamo ancora nel campo delle ipotesi. Un fenomeno analogo ha frantumato la cometa Shoemaker-Levy 9, che, dopo essere stata suddivisa in una ventina di pezzi dalla potente azione gravitazionale di Giove, si è abbattuta sul pianeta gigante nel luglio dello scorso anno, provocando sconvolgimenti su larga scala nell'atmosfera gioviana. Quest'ultimo evento ha richiamato l'attenzione, specialmente negli Stati Uniti, sulla possibilità che prima o poi anche il nostro pianeta possa essere soggetto a eventi del genere. Al riguardo, in settembre si è tenuto nell'isola di Vulcano un congresso, «Beginning the Spaceguard Survey», che ha visto riuniti decine di esperti in scienze planetarie, rappresentanti delle maggiori agenzie spaziali mondiali, responsabili dei principali laboratori di ricerca, anche militari, degli Stati Uniti, allo scopo di definire una comune strategia di azione per l'individuazione del maggior numero possibile di asteroidi e comete potenzialmente pericolosi e per la prevenzione di un loro eventuale impatto sul nostro pianeta. Dall'esame delle conoscenze e dalle tecnologie disponibili è risultato che, con un investimento trascurabile se paragonato alle risorse investite in campo militare, sarebbe possibile in una ventina di anni avere un quadro preciso degli oggetti pericolosi di diametro superiore a qualche centinaio di metri e, anche se fino a pochi anni fa la cosa rientrava ancora nel campo della fantascienza, organizzare un sistema di difesa per deviare o distruggere eventuali oggetti con orbita pericolosa per la Terra. Purtroppo tra i politici c'è poca attenzione. C'è solo da sperare che a ravvivarla non sia un «vagabondo» del cielo che venga a trovarsi in rotta di collisione. Mario Di Martino Osservatorio Astronomico di Torino


IN GIAPPONE Il cuscinetto a sfere di Leonardo
Autore: VIZIOLI GIORGIO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, STORIA DELLA SCIENZA
NOMI: UZUHIKO TSUBOI
ORGANIZZAZIONI: KOYO SEIKO
LUOGHI: ITALIA

REALIZZARE le idee più innovative non è facile, oggi come nel passato. Un caso esemplare è rappresentato da Leonardo da Vinci: sono molti i progetti su cui questo genio del Rinascimento ha lavorato che non hanno mai visto la luce. Ma idee antiche a volte si realizzano molto più tardi. Uzuhiko Tsuboi, presidente della Koyp Seiko, azienda giapponese impegnata nella produzione di cuscinetti a sfera, da anni studia le origini di questo meccanismo senza il quale oggi l'intera attività umana resterebbe paralizzata, e ora ha realizzato un progetto leonardesco. Fin dai tempi più antichi l'uomo ha cercato soluzioni per ridurre l'attrito: ne troviamo traccia in alcuni rilievi dell'epoca assira, in pitture murali egizie, nella civiltà greca e in quella romana, così come in Asia, nelle antiche civiltà cinesi e giapponesi. Ma bisogna attendere il Rinascimento e il genio di Leonardo da Vinci per trovare un progetto strutturato: i disegni, giunti fino a noi e ritrovati nel 1965 nel celeberrimo «Codice Madrid», di un cuscinetto a sfera provvisto di una gabbia con la funzione di evitare l'attrito tra due sfere adiacenti. Dopo numerosi studi da cui risultava che dai disegni di Leonardo non era mai stato realizzato alcun prototipo, Tsuboi decise che ci avrebbe pensato la Koyo Seiko, a distanza di 500 anni e al di là di due oceani, a far vivere il progetto leonardesco, costruendo nei propri laboratori il modello «leonardesco» di cuscinetto a sfera. I lavori, iniziati nel 1989, sono durati più di sei anni. Studiando gli schizzi, è facile capire la profonda semplicità e la solidità dei principi che Leonardo incorpora nel suo meccanismo. Il cuscinetto è costituito da una struttura rotante a forma di bobina collocata tra ciascuna sfera, in modo che due sfere adiacenti non possano venire in contatto tra di loro. Questa struttura ruota in senso contrario a quello delle due sfere adiacenti per eliminare l'attrito radente. Leonardo aveva sviluppato perfettamente i principi basilari riguardanti i cuscinetti a sfera. I materiali e i metodi di costruzione hanno costituito un problema intorno al quale i tecnici si sono a lungo interrogati. Dopo lunghe discussioni, fu deciso di incorporare i principi leonardeschi nel funzionamento di un moderno cuscinetto: il modello definitivo ha un diametro di 27 centimetri e uno spessore di 8, e contiene 8 sfere di legno. L'esterno è costruito in plastica per permettere di vedere la struttura interna. Oggi il modello leonardesco viene esposto in occasione di convegni ed esposizioni internazionali, a dimostrazione del debito di riconoscenza dovuto a chi illustrò per primo la forma e il principio di funzionamento del moderno cuscinetto. Giorgio Vizioli


Gemme spaziali Anche in Italia sono stati scoperti diamanti prodotti da catastrofici impatti di pianetini
Autore: ANGELA ALBERTO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, CHIMICA
NOMI: MONTANARI ALESSANDRO
ORGANIZZAZIONI: EUROPEAN SCIENCE FOUNDATION
LUOGHI: ITALIA

DALLA scomparsa dei dinosauri ad oggi, in 64 milioni di anni, si sono formati una ventina di crateri da impatto con più di 10 chilometri di diametro. In un caso in particolare si può parlare di un vero e proprio cataclisma: un asteroide (o una cometa) ha colpito la Terra lasciando un cratere di oltre 100 chilometri. E' il cratere di Popigai, in Siberia. Di questo e altri colossali impatti si è discusso in un seminario svoltosi di recente a Portonovo (Ancona), organizzato dall'European Science Foundation. Le enormi pressioni causate dall'impatto di Popigai avrebbero generato grandi quantità di microscopici diamanti (con un diametro che va da un decimo a un ventesimo di millimetro), che oggi si ritrovano fino a 500 chilometri dal cratere. L'interesse di questo e di almeno altri cinque crateri dello stesso periodo, come quello di Chesapeake Bay, in Nord America (che ha un diametro di 85 chilometri), sta nel fatto che sono stati prodotti in un momento cruciale dell'evoluzione dei mammiferi, tra l'Eocene e l'Oligocene. Un intervallo di tempo in cui si è verificata una «crisi» della vita sul nostro pianeta, con l'estinzione di quasi il 20 per cento delle specie marine. Anche se questa crisi è avvenuta in un lungo periodo, durato qualche milione di anni, molti ritengono che la continua serie d'impatti di asteroidi o di comete abbia avuto il suo peso. Un possibile indizio sulla violenza dell'impatto di Popigai si trova proprio da noi, in Italia. Un gruppo di geologi coordinati da Alessandro Montanari, direttore dell'Osservatorio Geologico di Coldigioco, ha estratto a Massignano, vicino ad Ancona, dei campioni molto particolari di sedimento. Il quarzo che contengono mostra infatti tutte le tipiche alterazioni provocate dalle altissime pressioni causate dall'impatto di un asteroide o del nucleo di una cometa. Insomma, a Massignano ci sarebbero ancora minuscole «schegge» di un cataclisma avvenuto 35 milioni di anni fa in un luogo lontanissimo, come la Siberia, e giunte fino a noi. Dalle ricerche presentate al seminario di Portonovo emerge un quadro ricco di impatti preistorici. Una scoperta recente l'ha annunciata «Nature» il 2 novembre: la città medievale di Nordlingen, in Germania, è costruita in gran parte con pietre che contengono moltissimi diamanti prodotti dall'impatto che ha formato il cratere di Ries nell'Europa centrale. Peccato che le loro dimensioni siano di pochi decimillesimi di millimetro. Alberto Angela


TECNOLOGIA Supermagneti per la pace e per la guerra Un sistema che potrebbe mandare in pensione le elettrocalamite
Autore: PAPULI GINO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, FISICA
LUOGHI: ITALIA

I fenomeni fisici legati al magnetismo sono sempre stati fonte di stupore e di interrogativi. Ancora oggi alcuni aspetti restano poco chiari, benché le applicazioni di «magneti permanenti» (di materiali, cioè, che posseggono intrinsecamente la capacità di attrarre corpi metallici ferrosi) e di «elettromagneti» (dispositivi che esercitano forza di attrazione a spese di energia elettrica) coprano un campo illimitato che va dai minuscoli auricolari per sordi ai treni a levitazione. Tra le applicazioni poco note al pubblico vi è quella del sollevamento e trasporto di grossi carichi di manufatti ferrosi, come lingotti, blocchi, barre, lamiere, tubi, rotaie. Fino a poco tempo fa, questo tipo di lavoro era appannaggio esclusivo degli elettromagneti, che possono esercitare forze notevoli - e, quindi sollevare pesi elevati - oltre a rendere facile e immediato il passaggio tra le fasi di attacco e di rilascio. Recenti progressi permettono di svolgere gli stessi compiti con i magneti permanenti, eliminando - perciò - il consumo di energia elettrica. Questi magneti hanno composizioni e tecnologie di produzione sofisticate: nel caso di mezzi di fabbricazione italiana, capaci di sollevare sino a 65 tonnellate, si utilizzano magneti ceramici anisotropi ottenuti per sinterizzazione di granuli di stronzio e ferro. Per attivare o disattivare il sistema si opera per via meccanica o elettronica (in questo secondo caso con un semplice impulso elettrico a bassa tensione) cortocircuitando il flusso magnetico nel sistema o facendolo chiudere attraverso il pezzo da sollevare. Magneti permanenti di questo tipo si usano anche per rendere solidali i pezzi da lavorare con i piani di appoggio delle macchine utensili. Naturalmente, la scienza dei materiali ha allo studio leghe magnetiche ancora più potenti. Ricordiamo che l'unità dell'intensità del campo magnetico (induzione) è il «gauss» (simbolo «G»). Il campo magnetico terrestre è di circa 0,5 G; i magneti comuni arrivano a qualche centinaio di G; le leghe al samatio- cobalto e al neodimio-ferro boro vanno da 3000 a 4000 G, ma si prevede che altre leghe complesse possano raggiungere, in futuro, il limite di 30.000 G. Per ottenere campi di intensità ancora maggiori bisogna far ricorso agli elettromagneti di alta potenza: in questo caso il risultato è pressoché proporzionale alla quantità di energia elettrica di cui si dispone, ma bisogna fare i conti con la resistenza meccanica dei materiali metallici che costituiscono il nucleo e la carcassa dell'apparecchio: le forze che si generano nel nucleo sono tali da distruggere anche i contenitori di acciaio. Vi è, inoltre, un enorme sviluppo di calore che dev'essere dissipato adeguatamente. Si fa ricorso, quindi, a sistemi ad impulsi (meno di un decimo di secondo) con raffreddamento ad elio liquido. Si raggiungono così intensità che superano i 300.000 G. Valori istantanei ancora maggiori - sino a 10 milioni di G - si sono ottenuti con «magneti distruttivi», nei quali lo «scoppio» della macchina fa parte dell'impresa. Nei tre maggiori centri di ricerca che, nel mondo, si occupano di elettromagneti avanzati (Los Alamos, Usa; Arzamas, Russia; Megagauss, Giappone) gli obiettivi sono molteplici e non tutti dichiarati. L'applicazione più attesa è quella del contenimento del plasma nei reattori a fusione nucleare; ma vi sono altri settori importanti come lo studio del comportamento della superconduttività, la propulsione di vettori per la messa in orbita di satelliti, la saldatura e la placcatura dei metalli. Senza contare gli eventuali - purtroppo non escludibili - impieghi militari. Gino Papuli


L'ARRIBADA DELLE TARTARUGHE Luna calante, vita nascente Amori sincronizzati con le fasi lunari
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ETOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

LA luna ha una misteriosa influenza sul comportamento sessuale di molte specie animali. Vermi marini, ostriche, coralli, ricci di mare e alcune specie di pesci fanno l'amore in concomitanza con le fasi lunari. Ma c'è anche una tartaruga marina che sintonizza la sua riproduzione con il pallido astro d'argento. E' la Lepidochelys olivacea, che, pur essendo la più comune in natura, è la meno nota delle otto specie di tartarughe marine esistenti. Sono solo cinque nel mondo le spiagge dove le femmine di queste tartarughe vanno a deporre le uova. Due si trovano in India, nella provincia di Orissa, una nel Messico e due in Costa Rica, sulla costa del Pacifico. Il fotografo naturalista Fred Bruemmer ha voluto assistere all'arrivo in massa (i locali lo chiamano «arribada») della Lepidochelys olivacea sulla spiaggia di Ostional, un remoto villaggio della provincia di Guanacaste, in Costa Rica. L'evento si verifica nella stagione delle piogge, che va da luglio a settembre, ma raggiunge il suo picco massimo in settembre o in ottobre, pochi giorni prima o dopo il primo o l'ultimo quarto di luna. Le tartarughe arrivano da lontano, dal Messico a Nord, dal Perù a Sud, ma anche dall'oceano aperto. Per mesi interi hanno nuotato percorrendo migliaia di chilometri. Prima di toccare terra si accoppiano. E per individui corazzati come loro, far l'amore in un mare tumultuoso non è cosa facile. Quando giungono in vista della terraferma, attendono il calar della notte e l'alta marea. Solo allora alcune femmine, le più audaci, si inerpicano timidamente su per la spiaggia. Sono timorose. Qualunque elemento di disturbo, anche la luce di un fiammifero, le spaventa e le induce a fare dietro front per ritornare precipitosamente in mare. Nelle notti successive il numero delle coraggiose aumenta. Dapprima sono venti, poi cinquanta, poi cento. Una volta Bruemmer ne conta trecento. Nella notte che segue l'ultimo quarto di luna, ecco finalmente con l'alta marea l'arrivo in massa, l'«arribada» vera e propria. Arrivano a ranghi serrati le femmine col grembo carico di uova. Ormai la paura è svanita. Più forte della paura è l'istinto che le spinge fuori dall'acqua e le incita ad arrampicarsi su per la spiaggia. Ciascuna cerca nella sabbia asciutta il posticino che reputa più adatto per la deposizione delle uova e incomincia a scavare. Scava con le pinne anteriori e butta fuori la sabbia con quelle posteriori. La buca si fa via via più profonda. Ogni tanto l'artefice si ferma ansimando. Si riposa qualche istante, poi continua il lavoro. Ci vuole circa mezz'ora prima che lo scavo sia terminato. In cielo intanto volteggia un fitto stormo di avvoltoi neri, che aspettano l'occasione propizia per rubare le uova. Per proteggere la covata, la tartaruga ricopre la buca con la parte posteriore della corazza e incomincia a far scivolare in quella che sarà la loro culla le uova, un centinaio, bianche e tonde come palline da ping pong. Terminata l'ovodeposizione, la madre si affretta a nascondere il suo tesoro. Con le pinne posteriori getta manciate di sabbia sulle uova, le comprime con la corazza ventrale, poi vi sparge sopra sabbia asciutta per far sparire ogni traccia del nido. E finalmente si rimette in cammino verso il mare, seguendo un percorso leggermente differente da quello seguito nell'andata. La maggior parte delle arriba das durano quattro giorni, durante i quali ogni alta marea porta con sè legioni di tartarughe che depongono ogni volta da 150 a 200 mila uova. Le ultime ad arrivare sono quelle malate o ferite, magari con le pinne posteriori mutilate dal morso di uno squalo. Non ce la fanno a scavarsi la buca e depongono le uova all'aperto sulla sabbia, dove capita. Un facile boccone per gli avvoltoi, che vi si precipitano sopra. Dopo il quarto giorno la spettacolare invasione cessa misteriosamente, così com'era incominciata. Non c'è più ombra di tartarughe sulla spiaggia. Ed è allora che ha inizio il secondo atto dello spettacolo. Questa volta sono di scena gli uomini. Per loro l'arribada è un'occasione di festa e di guadagno. Gli uomini danzano a piedi nudi sulla sabbia, mentre le donne, che indossano i vestiti della festa, scavano quelle buche, così accuratamente nascoste dalle loro artefici, per tirarne fuori le uova. Le ficcano dentro ampi sacchi di plastica. Ci pensano i giovani a trasportarli sulla zona del bagnasciuga dove sono in attesa uomini a cavallo che li portano a uno speciale centro di raccolta. Imballate in sacchi più piccoli che ne contengono duecento ciascuno, vengono trasportate poi dai camion nelle città e nei villaggi del Costa Rica. La metà circa è destinata ai panifici, dove le uova di tartaruga sono più apprezzate di quelle di gallina. L'altra metà viene venduta ai bar, dove le uova si mangiano crude insieme con il «guaro», un liquore che si ricava dalla canna da zucchero. La combinazione guaro-uova di tartaruga è molto richiesta perché gode fama di potente afrodisiaco. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non c'è nulla di illegale nello sfruttamento delle uova di tartaruga da parte dei locali. Il Congresso del Costa Rica ha concesso alla popolazione di Ostional il permesso di raccogliere le uova e di farne oggetto di commercio. I locali hanno perciò tutto l'interesse di proteggere le loro tartarughe, impedendo con ogni mezzo il bracconaggio. Poiché la raccolta viene effettuata nelle prime trentasei ore di ciascuna «arribada», in realtà gli uomini utilizzano circa tre milioni di uova a stagione, vale a dire soltanto il dieci per cento dei trenta milioni di uova che si calcola vengano deposte ogni anno dalle tartarughe olivacee sulle spiagge di Ostional. Una volta tanto, un'utilizzazione delle risorse naturali perfettamente compatibile con la sopravvivenza di una specie animale. Isabella Lattes Coifmann


SCAFFALE Carotenuto Aldo: «La strategia di Peter Pan», Bompiani
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

L'ARCHETIPO del puer, del fanciullo, e del senex puer, il vecchio-bambino, serpeggia dall'antichità al rinascimento. Ma il nostro tempo è ancora sotto l'impronta positivista, che vedeva la condizione infantile come una fase da annullare nella maturità e nella conquista della razionalità. Di qui, tanti errori psicologici e pedagogici. In controtendenza, ma sulla scia di Jung e di Hillman, in questo saggio Aldo Carotenuto ricupera invece l'esperienza infantile, ne spiega la magia e la fecondità. Nella prospettiva che ne esce, la condizione adulta è tanto più ricca e creativa quanto più il senex riesce a conservare in sè il «fanciullino», con la sua capacità di meraviglia, di curiosità, di gioco e di reinvenzione del mondo.


SCAFFALE Maffei Lamberto e Fiorentini Adriana: «Arte e cervello», Zanichelli
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Il pittore utilizza colori e delinea forme seguendo la propria istintiva creatività. Ma spesso, attraverso l'istinto, applica senza saperlo nozioni che i neurobiologi hanno ben identificato e che affondano le loro radici nei meccanismi più profondi della percezione visiva. In questo libro affascinante Lamberto Maffei (Scuola Normale di Pisa) e Adriana Fiorentini (Istituto di neurofisiologia del Cnr) guidano il lettore attraverso la «psicologia del vedere», insegnandogli a godere delle opere d'arte con maggior consapevolezza.


SCAFFALE «Enciclopedia Scienze», Vallardi, Milano
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, STORIA DELLA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA

Più di 8200 voci, mille nomi di scienziati, fenomeni e leggi della natura, teorie e metodi di ricerca, 500 tabelle, tavole sinottiche e persino un discreto numero di illustrazioni, il tutto in un volumetto quasi tascabile. E' la nuova enciclopedia scientifica curata da Angelo Mojetta per Vallardi: una forte rivale della «garzantina», nata sotto lo stesso tetto editoriale.


SCAFFALE Cannarozzo Rossi Gregoria e Lucchini Balbo Laura: «Il mestiere possibile», SEI, Torino
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Il mestiere possibile a cui allude il titolo di questo libro è quello di genitore. Una insegnante e una psicologa da cinque anni coinvolte nel Progetto Giovani varato per iniziativa interministeriale, offrono in modo semplice e chiaro tutta una serie di consigli perché un rapporto tra genitori e figli funzioni bene. Tra i temi affrontati, la delicata età della crescita e dei primi amori, lo sviluppo delle capacità intellettive, la comunicazione, lo studio, l'orientamento scolastico, il rapporto con gli insegnanti.


SCAFFALE Corti Maria Consolata: «La lampada sopra il moggio», Progetti Museali Editore
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA

Alessandro Cruto da Piossasco riemerge periodicamente su riviste e giornali, inventore della lampadina oscurato - è il caso di dire - dall'intraprendenza di Edison, dunque emblema del genio italico miscoconosciuto. Ito De Rolandis, per esempio, si è occupato di Cruto a più riprese. Mancava però un libro organico sull'inventore piemontese, un'opera che raccogliesse documenti, notizie, testimonianze. Ora, sponsor l'Enel, questo libro c'è, ed è lettura interessante e piena di curiosità, nonostante qualche cedimento alla retorica. Dato a Cruto ciò che è di Cruto, bisogna però ammettere che Edison ha fatto anche altre cose degne di rimanere nella storia della tecnologia.


SCAFFALE «Animali benvenuti, bentornati», Ed. San Paolo, Milano
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA

Con «C'era una volta» iniziavano le fiabe. Oggi la stessa frase può introdurre un discorso sugli animali in estinzione. Un bel libro per ragazzi di Fredo Valla, Andrè Bertino e Annalisa e Marina Durante ne descrive alcuni tra i più noti: il lupo, il gipeto, la lontra, l'aquila reale, l'orso bruno, la lince, la foca monaca, la tartaruga caretta, la balena, il gatto selvatico. In qualche caso le iniziative di protezione hanno avuto successo. E il «c'era una volta» può diventare un «c'è di nuovo».


GRAVIDANZA & VACCINI Quanti virus all'attacco del feto Ma infezione non significa sempre malattia
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

IL vaccino attualmente usato contro la rosolia è molto efficace ma sono in corso studi per migliorarlo sotto alcuni aspetti. Perché questo? E' nozione ormai comune che la rosolia, malattia infantile molto benigna, quando colpisce una donna nei primi mesi di gravidanza può avere gravissime conseguenze sul nascituro, con malformazioni dell'orecchio interno, dell'occhio e del cuore. Di qui la necessità che le donne in età fertile siano protette, e quindi la strategia ormai accettata ovunque di vaccinare tutti i bambini (maschi compresi) nel primo o secondo anno di vita per cancellare questa infezione dalla faccia della Terra. Ma quello della rosolia non è il solo virus che minacci la salute del nascituro. Attraverso la placenta può passare anche il Cytomegalovirus (Cmv), responsabile di un'infezione congenita nell'uno per cento dei neonati in media. Chiariamo però subito che infezione non equivale a malattia: alla nascita soltanto uno su dieci di costoro avrà sintomi morbosi di vera gravità, gli altri essendo del tutto normali, qualcuno potendo eventualmente avere più tardi disturbi (vista, udito e altri). Il passaggio del Cmv dalla madre al bambino può avvenire anche nel parto e nell'allattamento. Il Cmv si diffonde negli adulti con modalità di vario genere, anche col rapporto sessuale. La gravida che se ne ammali avrà febbre, angina, nodi linfatici e milza ingrossati; la diagnosi sarà confermata da esami del sangue (presenza di anticorpi, presenza del virus). La dimostrazione del virus o dei suoi costituenti (antigeni, Dna) nel liquido amniotico dimostrerà che è avvenuta la trasmissione al feto, il che non significa peraltro che debbano esserci lesioni fetali; eventuali anomalie potranno essere svelate dall'ecografia. Purtroppo non si possiedono mezzi di terapia nè un vaccino. Si diceva della possibilità di trasmissione del Cmv con il rapporto sessuale. Ciò avviene anche per Herpes Simplex Virus tipo 2, più raramente per quello tipo 1, e l'Herpes genitale rappresenta un rischio per il nascituro, che può rimanere infettato durante la gravidanza, più sovente durante il parto. Nella donna gravida sarebbe opportuna un'indagine sull'eventuale presenza del virus erpetico nelle vie genitali, il che si può fare con colture cellulari o con sierodiagnosi. Il rischio di infezione del neonato è superiore al 50 per cento nel caso di herpes genitale materno recente. Molteplici possono essere i sintomi: lesioni localizzate o disseminate (pelle, sistema nervoso, fegato, polmoni), sovente gravi. Vi è una chemioterapia antivirale efficace. Parlando di pericoli per il nascituro legati ai rapporti sessuali, come non ricordare la sifilide? Nell'opinione di molti è un simbolo di malattie del passato, come se non esistesse più. Certamente molte forme gravi sono scomparse, tuttavia il numero dei contagi è sempre elevato; nelle grandi città l'incidenza è in aumento, associata all'endemia dell'Aids e alla tossicomania. Il feto può essere infettato per via placentare in ogni momento della gravidanza, ma specialmente dopo il 4o mese e quando la sifilide materna sia recente, da meno d'un anno, e non curata. In tali circostanze la trasmissione avviene nel 90- 100 per cento dei casi, mentre se la sifilide materna è curata correttamente con penicillina il rischio di infezione congenita è teoricamente nullo. Nel bambino infezione non equivale a malattia, il 50 per cento degli infettati non ha sintomi. La sintomatologia può essere precoce o tardiva, dopo i due anni d'età, a carico della cute, del fegato, del sistema nervoso, delle ossa, e così via. La penicillina è molto efficace. Tornando ai virus (la sifilide è dovuta a una spirocheca, il treponema pallido), ecco quello dell'epatite B, molto diffuso nella popolazione (trasmissione attraverso trasfusioni, siringhe dei tossicodipendenti, rapporti sessuali) ma senza provocare sintomi nella maggioranza dei casi. Questo è il pericolo se la donna in gravidanza non sa d'essere portatrice del virus: specialmente poco prima del parto o durante il parto, il bambino, venendo a contatto in qualche modo col sangue materno, può infettarsi. Egli ha molte probabilità di diventare a sua volta portatore e col tempo, adolescente o adulto, potrà toccargli in sorte di ammalarsi d'una forma di epatite attiva con conseguenze anche molto gravi. E' dunque sempre consigliabile in gravidanza un esame del sangue che può rivelare la presenza del virus. In caso positivo, immediata sieroprofilassi e vaccinazione del neonato. Al pari della rosolia, esiste un efficace vaccino e in Italia la vaccinazione è obbligatoria per tutti i bambini nel primo anno di vita. Infine, last but not least, il virus dell'Aids. Il 20 per cento delle donne sieropositive trasmette al nascituro l'Hiv, con sintomatologia precocemente grave oppure lentamente progressiva entro pochi anni. Ogni donna in gravidanza dovrebbe essere sottoposta agli esami per accertare l'eventuale sieropositività. La somministrazione di Zidovudina (Azt) riduce la probabilità di trasmissione al nascituro. Lungo è dunque l'elenco dei virus che insidiano la salute del nascituro. Ma ricordiamo ancora un batterio, Listeria monocytogenes, un genere a trasmissione alimentare, latte, latticini, carni, salumi, verdure. Una listeriosi durante la gravidanza (i sintomi sono press'a poco di tipo influenzale) può provocare morte del feto o parto prematuro, e nel neonato sintomi anche gravi. Gli antibiotici sono efficaci. Ovvie le raccomandazioni: niente latte crudo e cuocere gli alimenti animali e vegetali. Raccomandazioni all'incirca della stessa natura per la toxoplasmosi dovuta a un protozoo, Toxoplasma gondii, molto diffusa ma nella maggior parte dei casi inapparente, senza sintomi. Principale fonte alimentare di contagio è la carne, ma ci si mettono di mezzo anche il gatto e qualche altro felino, che diffondono i toxoplasmi nell'ambiente. Gravi conseguenze possono aversi nel nascituro, nel neonato, nel lattante, ma soltanto se l'infezione avviene durante la gravidanza, nessuna importanza avendo un'eventuale infezione precedente. Quindi bisognerebbe sempre fare gli esami del caso prima della gravidanza: se nel sangue vi sono anticorpi occorre tenerla sotto controllo ripetendo l'esame ogni 6-8 settimane. Se compaiono anticorpi c'è un'infezione in atto. Vi sono farmaci attivi contro il Toxoplasma, e pertanto indicativi per prevenire la trasmissione congenita. Con l'ecografia si può sapere se il nascituro di donna infettatasi è stato a sua volta colpito dalla toxoplasmosi. Raccomandazioni per la gravida: non mangiare carne poco cotta, lavare accuratamente frutta e verdura, evitare i gatti. Ulrico di Aichelburg


GEOFISICA Il motore segreto dei terremoti
Autore: TIBALDI ALESSANDRO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, TERREMOTI
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Le placche della crosta terrestre

DUE cose accomunano i recenti terremoti di forte intensità in Italia, Turchia, Sumatra e Messico. Si sono verificati in regioni densamente popolate e in risposta allo stesso sistema geologico globale ormai da tutti conosciuto come tettonica a placche. Questo sistema è rappresentato innanzitutto da vari settori che suddividono la crosta terrestre come i tasselli di un puzzle. I settori, chiamati placche, si muovono uno rispetto all'altro scivolando al di sopra degli strati più profondi della Terra che, per le alte temperature, si comportano in modo meno fragile. I movimenti tra le placche sono solitamente impediti dall'attrito lungo i loro bordi. Quando l'attrito viene superato, improvvisamente si ha il movimento accompagnato da rilascio di energia che provoca i terremoti. Le cause che stanno alla base dei movimenti delle placche sono complesse e vanno da moti convettivi all'interno della Terra allo sprofondamento di zone con una massa troppo elevata, tutti fenomeni per lo più riconducibili a differenze di temperatura e densità delle rocce. I terremoti che si sono verificati recentemente sono quindi effettivamente collegati tra loro, non nel senso temporale per cui un terremoto ne genera un altro in una diversa zona della Terra, ma nel senso che il loro motore è unico. Sulla superficie terrestre, però, quest'unico motore causa dei fenomeni molto diversi e, soprattutto, di intensità differente. Gli stati messicani di Jalisco e Colima, appena colpiti da più terremoti di forte intensità, rappresentano un settore della superficie terrestre molto particolare, noto come «punto triplo». Qui si fronteggiano infatti tre placche tettoniche che tendono ad allontanarsi contemporaneamente una dall'altra. Il risultato è che ad ogni terremoto di bassa profondità, cioè interessante i primi chilometri della crosta terrestre, una delle placche si allontana dalle altre di alcuni centimetri - o metri per i terremoti più forti - e, in pratica, aumenta la superficie terrestre di questa zona. L'Italia, al contrario, è stretta in una morsa tra la placca africana e la placca europea, con il risultato che molte regioni italiane, come nelle Alpi, ad ogni terremoto superficiale si vedono restringere il proprio territorio, anche se, in media, si tratta di pochi millimetri l'anno. Il terremoto che si è verificato tra la Liguria e la Toscana si colloca in una zona particolarmente complessa, in cui si possono verificare allontanamenti o raccorciamenti tra due punti della superficie terrestre a seconda del prevalere di certe strutture geologiche rispetto ad altre. Non essendo ancora disponibili i dati sulla localizzazione precisa del terremoto e sulla sua tipologia, non è per ora possibile stabilire se questo evento sismico ha portato a un aumento della superficie terrestre in Liguria o a un raccorciamento della Toscana settentrionale o dell'Emilia Romagna. Infine, se i terremoti sono profondi, nell'ordine di parecchie decine o centinaia di chilometri, questi possono esprimere direttamente il movimento avvenuto tra le placche nelle porzioni inferiori della crosta o in zone ancora più profonde piuttosto che il loro assestamento superficiale. Alessandro Tibaldi Università di Milano


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA

Q Come il forno a microonde scalda i cibi molto rapidamente, così non potrebbe esistere una macchina che li raffredda altrettanto rapidamente? Q Se l'umanità venisse spazzata via da una catastrofe, quali segni della nostra presenza e della nostra intelligenza potrebbero essere riconosciuti da un'eventuale altra forma di vita intelligente fra qualche migliaio di anni? Q Perché piogge e nevicate possono durare anche giorni interi, mentre le grandinate sono brevi? _______ Risposte a «La Stampa-Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011-65.68.688


LITOTRITORE Onde d'urto sciolgono i calcoli nei reni
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Come funziona il litotritore lombare

IL litotritore bombarda i calcoli con onde acustiche prodotte elettricamente. Le onde acustiche attraversano la pelle, i muscoli e gli altri tessuti del corpo senza provocare danni. Quando incontrano un calcolo, generano una successione di compressioni e trazioni che ne determinano lo sbriciolamento e la polverizzazione. Per conoscere l'esatta posizione dei calcoli, si ricorrre all'ecografia. L'onda viene poi messa a fuoco sul bersaglio, per mantenere la massima concentrazione di energia in quel dato punto. La durata media di una seduta è di sessanta minuti, ma possono essere necessarie più sedute per ottenere una frammentazione completa dei calcoli. Non occorre anestesia, il trattamento non è doloroso. L'acqua, indispensabile per la propagazione delle onde d'urto, può essere presente in vari modi: o il paziente viene immerso in una vasca, oppure gli vengono applicate sull'addome delle calotte piene d'acqua.


STRIZZACERVELLO Quadrati di fiammiferi
ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA

Consideriamo come quadrato unitario il quadrato costruito con 4 fiammiferi. Con 7 fiammiferi è facile costruire un rettangolo la cui area è di 2 quadrati unitari e con 10 fiammiferi un rettangolo la cui area è di 3 quadrati unitari. Si trovi il poligono, costruito con 12 fiammiferi, la cui area è ancora di tre quadrati unitari. La soluzione domani, nella pagina delle previsioni del tempo.


LA PAROLA AI LETTORI CHI SA RISPONDERE? La formula che calcola le chilocalorie dei cibi
LUOGHI: ITALIA

Come si calcolano le calorie per ogni alimento? Si definisce Kcaloria (chilocaloria) la quantità di calore necessaria per portare la temperatura di un grammo di acqua distillata da 14,5o a 15,5o. Per determinare la quantità di calorie contenute in ogni alimento, possiamo usare la bomba di Berthrelot. Grazie ad essa possiamo affermare che: 1 grammo lipidi = 9,3 kcal 1 grammo glucidi = 4,1 kcal 1 grammo protidi = 5,6 kcal Per il calcolo negli alimenti, questi dati vanno corretti in funzione dei coefficienti di assorbimento. Otteniamo così: 1 grammo lipidi = 9 kcal 1 grammo glucidi = 4 kcal 1 grammo protidi = 4 kcal Conoscendo la composizione chimica di un alimento e la quantità dei principi nutritivi, si moltiplica quest'ultima, espressa in grammi, per i valori sopra indicati. Cento grammi di carne di vitello, ad esempio, sono composti da 76 grammi di acqua, 20,7 di protidi, 1 di lipidi, 0, 1 di glucidi e il restante 2,3 da sostanze varie (vitamine e sali minerali). Considerato che l'acqua e le sostanze varie non producono Kcal, le Kcalorie sviluppate sono: 20,7 X 4 = 82,8 1,0 X 9 = 9 0,1 X 4 = 0,4 Totale = 92,2 Classe IV T.A.A. Istituto Alberghiero Dronero (CN) Perché un'emozione violenta può fare rizzare i capelli o addi rittura incanutirli? Uno choc provoca la reazione del sistema nervoso. La trasmissione del segnale nervoso si propaga fino alle fibre periferiche: si tratta di un segnale elettrico, che polarizza l'epidermide e il derma. Nel caso della pelle, si avrà l'effetto «pelle d'oca»; nel caso del cuoio capelluto le cariche elettriche (uguali fra di loro) si concentreranno sulla punta dei capelli, i quali, respingendosi, si «rizzeranno». La perdita del pigmento è dovuta al cambiamento nella struttura chimica del pigmento stesso da cui deriva il colore del capello. Marco Garbiero Saluggia (VC) Si dice che il vino «respira» at traverso il tappo di sughero. Se nebulizzo un insetticida in una cantina chiusa, corro il rischio di contaminare il vino attraverso il tappo? Le bottiglie di vino, chiuse con il turacciolo di sughero, vanno conservate in posizione orizzontale in maniera che il vino impregni il sughero e l'aria non possa entrare nella bottiglia, provocando fenomeni di rapida maturazione. Conservando invece le bottiglie in piedi, il turacciolo rinsecchisce e lascia passare l'aria, che provoca rapidamente fenomeni di ossidazione e quindi il decadimento del vino. E' bene non utilizzare prodotti strani in cantina (quindi non nebulizzare un insetticida) e tantomeno conservare salumi, prosciutti, cipolle, aglio, cardi e altre derrate alimentari. La cantina dev'essere luogo esclusivo per i vini! Massimo Martinelli La Morra (CN) Il tappo di sughero non è il miglior metodo di chiusura delle bottiglie di vino. Molto meglio sarebbero chiusure inerti di altro tipo, che garantirebbero l'ermeticità assoluta. L'eventuale ingresso di prodotti chimici aeriformi all'interno della bottiglia sarebbe comunque in quantità infinitesimale (ma pur sempre sgradito!). Meglio degli insetticidi sono le trappole o i collanti specifici per insetti. Solo le bottiglie di spumante non possono essere contaminate: poiché la pressione interna di questi prodotti è superiore a quella esterna, l'eventuale flusso di gas sarà dall'interno all'esterno e non viceversa. Michele Perinotti Lignana (VC) E' vero che si può allungare la vi ta delle pile tenendole in frigo? Per conservare al meglio le pile, è possibile metterle in frigo, badando a evitare che su di esse si depositino brina o acqua, che potrebbero scaricarle lentamente per corto circuito esterno. Oppure avvolgerle a una a una in carta bianca, asciutta e pulita (per evitare che si depositi polvere) e metterle in un locale fresco e asciutto. Marino Benatti Modena




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