TUTTOSCIENZE 15 febbraio 95


SPETTACOLO O MIRACOLO? Quei misteri poco misteriosi Vi sveliamo alcuni trucchi del «paranormale»
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: FOSCHINI ILARIA, CASELLA GIUCAS, ROL GUSTAVO ADOLFO, RANDI JAMES, LEVI MONTALCINI RITA, RUBBIA CARLO, GARATTINI SILVIO, HACK MARGHERITA, VISALBERGHI ALDO, ANGELA PIERO, REGGE TULLIO, PREMANAND BASAVA, SAI BABA
ORGANIZZAZIONI: CICAP (COMITATO ITALIANO PER IL CONTROLLO DELLE AFFERMAZIONI SUL PARANORMALE)
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Fenonomeni paranormali, magia, spettacolo, soprannaturale

PROGRAMMI televisivi come «Misteri» di Lorenza Foschini ed esibizioni come quelle di Giucas Casella a «Domenica in» contribuiscono a rendere ancora più confusi, nella mente delle persone culturalmente poco attrezzate, i confini tra la scienza e il paranormale. Come la parola fa intuire, sono chiamati paranormali tutti quei fenomeni che si collocano al di là della norma, fuori dalle esperienze quotidiane: pensate per esempio a Uri Geller e alla sua tanto esibita capacità di piegare forchette con «l'energia del pensiero» o di far ripartire orologi fermi con un ordine impartito davanti alle telecamere. Le ramificazioni del paranormale sono molte: telecinesi (spostamento di oggetti con il pensiero), telepatia (trasmissione del pensiero), spiritismo (comunicazione con presunte entità immateriali, magari attraverso tavolini a tre gambe), divinazione (capacità di indovinare il passato o il futuro di una persona), levitazione (il potere di vincere la forza di gravità). Si pretende che rientrino nel paranormale anche esibizioni plateali come le passeggiate di Mino Damato e di Giucas Casella sui carboni ardenti (tecnicamente si parla di pirobazia), gli spettacoli dei fachiri che si trafiggono la lingua con uno spillone o si rilassano su un letto di chiodi, e i presunti «interventi chirurgici» compiuti da maghi filippini che operano a mani nude, senza lasciare la minima cicatrice. Diciamo subito che in tutto questo non c'è niente di scientificamente provato. E' anche vero però che non sempre gli scienziati sono in grado di trovare una spiegazione convincente di questi fenomeni. D'altra parte, quando alcuni scienziati hanno voluto far ripetere sotto controllo, con metodo scientifico, i fenomeni paranormali, regolarmente i parapsicologi si sono sottratti sostenendo che i controlli e lo scetticismo dei controllori fanno perdere loro i «poteri». E' anche il caso, questo, di Gustavo Adolfo Rol, sulle cui spoglie ora si stanno scatenando interessi di biografi ed emuli. I parapsicologi sono ancora più restii ad esibirsi se a verificare la genuinità delle loro prestazioni non sono scienziati ma professionisti dell'illusionismo, maghi che, pur compiendo «esperimenti» dall'apparenza paranormale, dichiarano apertamente di servirsi di trucchi. Spingendosi più in là, molti illusionisti di professione affermano che tutti i fenomeni paranormali possono essere realizzati con trucchi. Gli scienziati, poco avvezzi a muoversi su questo terreno, da anni ormai si servono di illusionisti come consulenti ogni volta che debbono affrontare lo studio di fenomeni apparentemente paranormali o inspiegabili con le conoscenze scientifiche oggi disponibili. Il più famoso di questi «maghi» è l'americano James Randi, che è stato consulente della rivista «Nature» e che a maggio verrà in Italia (e anche a Torino) per una serie di conferenze. Certo è singolare che chi dispone di «poteri» così straordinari li esibisca esclusivamente in salotti, teatri e studi televisivi, e non nei laboratori delle Università: questa semplice riflessione dovrebbe già dirla lunga sul paranormale. Ma come stanno realmente le cose nell'annosa controversia? Per rispondere a questa domanda, sull'esempio di altre simili istituzioni straniere, nel nostro Paese è stato fondato il Cicap, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale. Membri onorari del Cicap sono i premi Nobel Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia; garanti scientifici il farmacologo Silvio Garattini, l'astronoma Margherita Hack, il fisico Giuliano Toraldo di Francia e il pedagogista Aldo Visalberghi; tra i soci spiccano Piero Angela e Tullio Regge. Ipnosi medica a parte, che la quasi totalità dei fenomeni paranormali nasconda trucchi è ormai ben accertato, anche se non sempre questi trucchi vengono divulgati, in quanto gli illusionisti di mestiere basano su di essi le loro possibilità di un onesto guadagno nel mondo dello spettacolo. Accontentiamoci, qui, di spiegare alcuni dei trucchi più semplici. Trafiggersi la lingua con uno spillone. E' una delle esibizioni preferite del santone indiano Sai Baba. Un altro indiano, Basava Premanand, fingendosi interessato alla setta di cui Sai Baba si proclama profeta, si è infiltrato tra i suoi discepoli e ha scoperto che si tratta di uno spillone che a metà della sua lunghezza è curvato e controcurvato in modo da farlo girare intorno alla lingua dando l'impressione di trapassarla. La rivista del Cicap ha ben documentato questo trucco. Sdraiarsi su un letto di chiodi senza provare dolore. E' un «miracolo» che potete fare anche voi. Basta avere l'accortezza di stendersi sul letto appoggiando subito la maggior superficie del corpo possibile. Un semplice calcolo vi dimostra che non si corre nessun rischio. Ammettiamo che ci sia un chiodo ogni centimetro quadrato, che il vostro peso sia di 70 chilogrammi e che voi vi appoggiate con una superficie di pelle anche soltanto di 12 per 12 centimetri, cioè di 144 centimetri quadrati. Ciò significa che su ogni chiodo grava un peso 70:144=0, 486 chilogrammi. E' evidente che con una pressione inferiore a mezzo chilo nessun chiodo potrà farvi del male. Quando poi sarete completamente distesi sul lettino, su ogni chiodo graverà un peso di pochi grammi: potrete quindi stare comodi quasi come sopra un materasso. Camminare sui carboni ar denti. Perché il calore si trasmetta causando ustioni, la pelle deve rimanere a contatto con la sorgente di calore per un tempo sufficiente a far evaporare il sudore e quel po' di acqua contenuto nello strato di pelle morta che ricopre tutto il nostro corpo. Questo tempo, se ci esponiamo alla fiamma viva, è di tre secondi. Per camminare sui carboni ardenti senza subire danni basta quindi non superare questo tempo. Il fatto che sotto la pianta dei piedi lo strato corneo della pelle sia più spesso e che si cammini velocemente in modo che la corrente d'aria agevoli il raffreddamento della cute tra un passo e l'altro, rende ancora più agevole l'impresa. Gabriella Carlucci ha avuto il merito di illustrare in Tv sulla propria pelle queste semplici nozioni. I mangiatori di fuoco, a loro volta, non «mangiano» nulla, ma tengono in bocca un po' di alcol e lo soffiano fuori violentemente, accendendolo poi con una torcia. In realtà, quindi, la fiamma non entra nella bocca, come può sembrare, ma ne esce. Quando il mangiatore di fuoco si deterge le labbra, quasi avesse mangiato un cosciotto di pollo anziché sputato alcol e saliva, non fa altro che rifornire di nascosto la bocca di alcol che tiene in una fialetta nascosta nella mano. Lo spegnimento della torcia in bocca si basa sullo stesso principio dell'evaporazione già spiegato per i carboni ardenti. Materializzare cibo. Lo fanno molti santoni indiani, e Sai Baba ne è uno specialista. Qui il trucco è addirittura banale: il cibo viene estratto da una borsa che sembra vuota ma ha in realtà una intercapedine ben rifornita dove il santone infila la mano. «La cosa strana - osserva Premanand - è che la gente sia così ingenua da non pensare che chi fosse davvero in grado di compiere un simile miracolo non avrebbe certo bisogno di una borsa! I santoni hanno vita facile in India perché in questo Paese solo il 30 per cento della popolazione ha un minimo di istruzione». Il giro di affari intorno alle sette dei santoni indiani raggiunge cifre da capogiro, e quasi sempre le vittime sono le persone più povere e sprovvedute. Premanand considera quindi un dovere morale e una missione culturale smascherare i profittatori. Il modo migliore che ha trovato è fingersi un santone, compiere «miracoli» e poi spiegare il trucco con cui li ha compiuti. «Ho attraversato praticamente tutta l'India - dice - tenendo settemila conferenze. Inoltre ho visitato 27 Paesi, tra cui quasi tutti quelli europei. Nella mia casa conservo 50 mila libri che descrivono tutti i trucchi possibili e 20 mila strumenti per realizzarli». James Randi, negli Stati Uniti, ha svolto e svolge una missione simile, ma diretta soprattutto a sfatare le «energie» e i «poteri» misteriosi di parapsicologi come Uri Geller. Con quest'ultimo ha anche avuto una lunga contesa legale perché Geller si è ritenuto diffamato e ha chiesto ben 25 miliardi di risarcimento. In quattro cause successive, la corte di giustizia gli ha dato torto, condannandolo al rimborso delle spese (duecentomila dollari). In Italia, Massimo Polidoro e Victor Balli sono impegnati nello smascheramento di chi specula sul paranormale. Victor Balli, tempo fa, ha replicato in un teatro, davanti a 1500 persone, un intervento chirurgico a mani nude nello stile dei guaritori filippi ni, rivelando il trucco, peraltro già svelato da un film girato dal professor Granone. Altrettanto ha fatto con esperimenti di preveggenza e di trasmissione del pensiero (telepatia). Ma allora non c'è nulla di vero nel paranormale? Non sarebbe scientifico affermarlo in modo definitivo. La scienza è ancora lontanissima dalla conoscenza di tutti i fenomeni naturali, e in ogni caso gli scienziati non pretendono di raggiungere una «verità assoluta» ma soltanto di procedere in una lenta marcia di avvicinamento alla conoscenza, una marcia che spesso è inceppata da errori. Può darsi, quindi, che un giorno la scienza accerti l'esistenza di fenomeni paranormali. Ma ciò che oggi si può dire è che finora ha soltanto accertato la simulazione di tali fenomeni. Per concludere, una semplice riflessione: i fisici, i chimici e gli altri scienziati non guadagnano una lira di più se aumenta il numero delle persone che «credono» nella fisica, nella chimica e così via. Invece i parapsicologi, gli astrologi, i guaritori, i santoni incassano cifre proporzionali al numero di quanti credono ai loro «straordinari» poteri. Piero Bianucci


LA MADONNA CHE PIANGE Faccia la perizia un mago esperto
Autore: BALLI VICTOR

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, RELIGIONE, PERIZIA
LUOGHI: ITALIA, CIVITAVECCHIA (ROMA)

NESSUNO si farebbe prescrivere medicine da un droghiere. Eppure proprio in questi giorni assistiamo a qualcosa di simile a proposito della «Madonna che piange» di Civitavecchia. Chi è più adatto a capire il fenomeno? Gli scienziati, i religiosi o qualcun altro? Il nocciolo della questione non sta nello scoprire se il liquido è sangue o no, sta invece nello stabilire come quel liquido sia arrivato sulla statua. Non escludo i miracoli, sarebbe come escludere la fede; ma mi sembra improbabile che una statua si metta piangere sangue, anche perché sarebbe un miracolo gratuito e il Vangelo ci insegna che i veri miracoli non lo sono mai. Se si fa verificare il liquido uscito dagli occhi della Madonna di Civitavecchia a un medico, questi potrà dire se si tratta di sangue o no, ma non sarà in grado di stabilire come il liquido sia apparso lì. Se non è un miracolo, è un trucco, e per i trucchi non si deve chiedere la consulenza degli scienziati, ma di coloro che allo studio dei trucchi hanno dedicato la loro vita professionale, coloro che sono i più grandi esperti dell'inganno. Chi sono? Sono i prestigiatori. I soli che dichiaratamente, senza bugie e sotterfugi, asseriscono che per lavorare s'impegnano a far vedere fischi per fiaschi, lucciole per lanterne. Come prestigiatore, sarei in grado di far piangere statue di Madonne, ma c'è la mia fede a fermarmi. Quindi fino ad ora i miei «miracoli» li faccio solo per divertire e non per plagiare la fede altrui. Per questo ci sono già troppi astrologi, pseudo-guaritori, cartomanti, fattucchiere. I prestigiatori non sono più i guitti di un tempo. Oggi questi professionisti dello spettacolo hanno una preparazione scientifica di alto livello e soprattutto conoscono tutti i lati deboli della psiche umana, per poterli attaccare con la loro arte ingannevole. Pochi sanno che esiste un mercato, nemmeno poi tanto nascosto, di «Madonne» che piangono. Che poi il liquido sia sangue e non vere lacrime mi lascia ancora più perplesso. Le vere lacrime pochi le noterebbero per la loro scarsa visibilità; così non è per il sangue, che si vede bene anche da lontano. Bene fa la Chiesa ad essere molto cauta su questi fenomeni, male fa invece ad accettare il semplice esame chimico del liquido apparso. Tutto ciò non dice assolutamente nulla. Mi auguro invece che si interpellino i prestigiatori per capire certi fenomeni solo apparentemente paranormali. Victor Balli Consigliere Italiano della Federation Internationale des Societes Magiques


BIOMINIERE IN ALASKA E SUD AFRICA Microbi minatori all'opera per estrarre oro dai fiumi Fissano il metallo prezioso rivestendosene completamente. Produzione: più 80 per cento
Autore: FURESI MARIO

ARGOMENTI: CHIMICA, BIOLOGIA
NOMI: WATTERSON JOHN
LUOGHI: ESTERO, USA, COLORADO

UN ricercatore americano dell'Istituto Geologico di Denver, Colorado, analizzando l'acqua di un fiume dell'Alaska vi ha trovato un gran numero di agglomerati costituiti da particelle d'oro. Osservandole al microscopio ha poi notato che avevano la forma di micrometriche sferette d'oro munite di peduncoli, la stessa forma di un microbo a lui ben noto, il batterio Pedomicro bium, ma diventato tutto d'oro. Un risultato analogo il ricercatore in questione, che si chiama John Watterson, l'ha ottenuto analizzando il vicino terreno alluvionale di Lilian Creek, scoprendo inoltre che la trasformazione della materia vivente in oro era dovuta alla straordinaria capacità di quel batterio di attirare su di sè l'oro presente in soluzione nel fiume e di rivestirsene interamente. L'oro raccolto in questo modo può raggiungere quantità apprezzabili grazie al processo di riproduzione del Pedo microbium che, svolgendosi per gemmazione, consente di trasmettere a una lunga serie di discendenti la capacità di rivestirsi d'oro. Anche se il metallo preferito da questo batterio è l'oro, la capacità di accumulo si estende al ferro e al manganese. La tecnica genetica della clonazione consente di trasferire ad altre specie di batteri la stessa capacità, rendendo possibile la creazione di biominiere, che infatti hanno iniziato a funzionare. Lo scorso anno la produzione d'oro batterico è stata avviata in una miniera del Sud Africa ottenendovi un incremento dell'80 per cento. Analogo risultato si è ottenuto in una miniera del Brasile e in un'altra dell'Australia. Le biominiere esistevano già duemila anni fa, ma ovviamente chi le gestiva non aveva la più lontana idea del processo attraverso cui si erano formati i campioni di minerali che raccoglieva. Una di esse era in funzione già al tempo dell'Impero Romano: si filtravano le acque del Rio Tinto, in Andalusia. Il nome di questo fiume deriva proprio dal colore rossiccio delle sue acque, dovuto all'abbondante rame che vi si trova disciolto. Ma, non essendo il rame solubile in acqua, la sua presenza nel fiume rimase un mistero sino a quando, nel '54, non si scoprì il ruolo del Thioba cillus Ferrooxidans. Questo microbo si ciba di alcuni sulfuri e poi li riemette sotto forma di una soluzione ossidante che attacca il rame e lo rende solubile in acqua. Il largo uso che da oltre un secolo e mezzo si fa del rame ha impoverito i suoi depositi e reso sempre più difficile e costosa la sua produzione con i sistemi tradizionali di estrazione. Si è perciò anche qui ricorso ai microbi in misura tale che già oggi essi assicurano un quarto del fabbisogno mondiale di rame. Mario Furesi


UN REBUS DELLA FISICA Il neutrino ha massa? Si vedrà... Gli esperimenti di Los Alamos attendono una conferma
Autore: BILENKY SAMOIL, DE ALFARO VITTORIO

ARGOMENTI: FISICA, RICERCA SCIENTIFICA, ENERGIA, NUCLEARI
NOMI: PONTECORVO BRUNO
ORGANIZZAZIONI: CERN, RUTHERFORD LAB
LUOGHI: ESTERO, USA

IN questi giorni è circolata la notizia che al laboratorio di Los Alamos (Usa) un esperimento ha fornito indicazioni del valore della massa di uno dei tre tipi di neutrini noti. I neutrini sono particelle ancora misteriose: mentre le loro interazioni con la materia sono ben note, le loro proprietà fondamentali, soprattutto le loro masse, rappresentano un indovinello non banale nella fisica. Si sa che i neutrini sono simili agli elettroni ma privi di carica elettrica. La loro interazione con la materia di cui sono composti gli atomi è estremamente debole, e ciò ne rende assai difficile l'osservazione, specie per neutrini con poca energia cinetica. Si sa anche che esistono neutrini di tre tipi: il neutrino dell'elettrone, del muone e del tau, compagni di tre tipi di «elettroni» che esistono in natura (l'elettrone propriamente detto e due copie più pesanti, il muone e il tau). Ma quanto alle masse se ne conoscono solo dei limiti superiori. Sono solo molto piccole o sono tutte nulle? Il problema è di particolare importanza perché si ritiene che le masse dei neutrini siano determinate da processi fisici su scale di distanza di gran lunga inferiori a quelle (circa 10-18 metri) scandagliate oggi. Si tratterebbe dunque di una prima finestra sulla fisica a queste minime distanze (forse anche 10-31 metri). C'è un'altra ragione fondamentale a sostenere la nostra curiosità per le masse. L'universo è pervaso di neutrini. Ce ne sono suppergiù 300 per ogni centimetro cubo (non ve ne accorgete perché la materia è praticamente trasparente a questi neutrini, data la loro scarsissima attitudine a interagire). Ora, se qualche tipo di neutrini ha massa, il suo contributo alla massa globale dell'universo potrebbe essere ben superiore a quello della materia visibile stimata dagli astronomi. E poiché gli astronomi hanno trovato che la massa globale nell'universo è almeno 10 volte maggiore di quella della materia visibile, buona parte della massa globale nell'universo potrebbe essere dovuta ai neutrini. Questi dunque sono ad un crocevia dove si incontrano fisica delle particelle e cosmologia. Per misurare queste masse, che sono molto molto più piccole di quella dell'elettrone, si sfrutta un effetto proposto da Bruno Pontecorvo nel 1957. Pontecorvo, che ha dedicato alla fisica dei neutrini buona parte del suo lavoro, mostrò che se i neutrini hanno massa è possibile che col tempo ci siano cambiamenti nel tipo di un neutrino. Voi osservate per esempio un neutrino dell'elettrone, e questo si trasforma col tempo in una miscela di tutti e tre i tipi di neutrino. Il processo si chiama «oscillazione dei neutrini» e dipende in maniera essenziale dalle masse dei neutrini. Dunque l'idea è la seguente. Dagli acceleratori si ottengono abitualmente neutrini di tipo muonico. Fate loro percorrere un certo tratto di strada e guardate se alla fine sono presenti neutrini di tipo diverso. Cercate di escludere tutte le contaminazioni che possono esserci (dai neutrini che piovono dal cosmo a quelli emessi dai materiali, e anche nel gruppo originale dei neutrini muonici c'è una piccola percentuale di neutrini di tipo elettronico). Bisogna stimare attentamente il numero di questi neutrini spurii di varia provenienza (in gergo, «il fondo»). Se dopo un certo tempo trovate nel gruppo neutrini di tipo diverso da quelli originali in misura ben superiore al fondo, avete trovato l'oscillazione dei neutrini e sarete sulla strada della determinazione delle loro masse. La teoria di Pontecorvo è alla base di parecchi degli esperimenti attuali. Sia al Laboratorio del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare sia in altri laboratori in Usa, Russia e Giappone vengono osservati i neutrini emessi dal Sole, e l'analisi indica una possibile massa per uno dei neutrini di 4X10-9 masse elettroniche. Ma le misure sono in corso e fra qualche anno ci saranno informazioni precise. Anche al Cern di Ginevra sono in corso due esperimenti di grande interesse che cercano oscillazioni tra il neutrino del muone e quello del tau. L'esperimento di Los Alamos usa neutrini muonici; dopo un certo percorso si cercano nel gruppo i neutrini elettronici. L'esperimento è simile a un altro che si fa al laboratorio Rutherford (Oxford) con gruppi meno numerosi di neutrini. Ora le osservazioni di Los Alamos indicano una possibile massa di uno dei neutrini a circa 2,5 eV (circa 5 milionesimi dell'elettrone). L'esperimento trova, dopo un percorso fisso, una certa quantità di neutrini dell'elettrone (8 per l'esattezza). Al momento attuale però non è stato pubblicato ancora alcun rendiconto scientifico dell'esperimento. Per poter essere sicuri di questa indicazione occorre una valutazione precisa dei disturbi di fondo, per accertare che quello che si osserva è proprio un effetto reale. Le valutazioni preliminari fanno supporre che il fondo sia molto minore dell'effetto, ma probabilmente per avere una ragionevole certezza sul valore della massa dovrà passare un po' di tempo (diciamo un anno), che servirà ad accumulare dati in modo da escludere del tutto gli effetti dovuti ai neutrini spurii che si infilano nell'esperimento. A sua volta l'esperimento del Rutherford Lab arriverà in tre anni al livello di precisione che Los Alamos raggiungerà tra un anno. A quel punto i due esperimenti insieme consentiranno di confermare con sicurezza l'indicazione attuale, come tutti sperano (o di smentirla, cosa che può anche succedere). Buona cosa, come sempre in fisica, che ci siano più esperimenti indipendenti. Aspettiamo, dunque. La pazienza è «una quinta virtù» cardinale nella scienza. Samoil Bilenky Vittorio de Alfaro Università di Torino e Infn


DA OGGI Scriveteci siamo su Internet
AUTORE: MERCIAI SILVIO
ARGOMENTI: INFORMATICA, ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: INTERNET, TUTTOSCIENZE
LUOGHI: ITALIA

LA prima puntata di questa rubrica ha avuto successo: lo vedo dalle lettere che mi sono arrivate. Innanzi tutto, grazie a chi mi ha scritto. Rispondo subito ad alcuni quesiti. 1) Il provider: dove trovarlo, quali consigli, quali costi. Non mi sembra corretto darvi direttamente l'indirizzo della mia connessione (anche se mi ci trovo benissimo) e, anche cercando di utilizzare tutte le indicazioni che a suo tempo avevo raccolto, rischierei di darvi un elenco non aggiornato. Facciamo così: dalla prossima volta pubblicherò tutti i numeri telefonici dei provider italiani che si metteranno in contatto con me, fornendomi almeno un numero di telefono e la sede della loro installazione: e voi potrete assumere informazioni dirette. 2) Il costo della bolletta telefonica. Ho scritto che, dopo le 22, il costo della connessione con il provider più il costo degli scatti telefonici equivale più o meno al biglietto di un cinema. Qualche lettore mi ha scritto manifestando perplessità sulla mia affermazione: occorre però tener conto che se il provider è situato nella stessa area telefonica da cui stabilite la connessione la telefonata è una normale «urbana»; indubbiamente non è così per chi non abita in grandi città. Gli indirizzi. Questa settimana vorrei darvi qualche indirizzo italiano, pensando soprattutto a chi sta cominciando. Per prima cosa procuratevi la guida a Internet della Electronic Frontier Foundation, tradotta in italiano grazie allo sforzo della biblioteca telematica Liber Liber: l'indirizzo è ftp://ghost.dsi.unimi.i t/pub2/papers/basagni/Manu zio/guidaint.zip Mentre siete sul server, date un'occhiata alle altre cose che sono state preparate (il testo de I Malavoglia o de I Promessi Spo si) e fatemi sapere che cosa pensate di una biblioteca telematica (è uno dei grossi temi su cui si discute in varie aree di Internet). Una buona home page in italiano (la home page è la pagina di copertina - il biglietto da visita o la presentazione generale - alla quale si accede quando ci si connette ad un server) è a http://www.inrete.it che contiene puntatori a vari tipi di risorse, con uno stile semplice ed invitante; vi consiglio di andarci un po' in giro e di non dimenticare di dare un'occhiata a http://www.inrete.it/affari &finanza/amodemno stro. html che è la trasposizione in rete della rubrica settimanale che Massimo Miccoli tiene su La Repub blica. Segnalo la rubrica della «concorrenza»? Perché no? Non conosco l'autore, ma apprezzo molto il suo lavoro. Una regola di Internet consiste nel segnalare con la massima apertura e trasparenza tutte le opportunità esistenti, in modo che esse siano il più possibile a disposizione dell'utente: se così non fosse stato in tutti questi anni, Internet non esisterebbe. Un'ultima segnalazione è la home page del progetto Iperbole che, a Bologna, consente a tutti i residenti un accesso praticamente gratuito ai servizi di base di Internet, all'interno di un progetto politico che mira a utilizzare il supporto telematico, diffuso capillarmente, come un'istanza di elaborazione e dibattito democratico (una scelta coraggiosa, che è stata anche criticata e non del tutto a torto, ma che mi sembra abbia il merito di aprire anche in Italia il dibattito sulle potenzialità ed i limiti sociali e culturali di Internet): http://www.comune.bolo gna.it/ Per finire. Vi ricordo l'indirizzo a cui potete scrivermi: «La Stampa - Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Ma - e questa è la sorpresa finale - potete anche raggiungerci su Internet. (La Stampa mantiene le sue promesse) indirizzando a tuttoscienze E, se tutto va bene, ci sarà una sorpresa anche la prossima volta. Silvio A. Merciai


PROTEZIONE CIVILE Sul rischio Vesuvio scontro di vulcanologi
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, VULCANO, FISICA, PROGETTO, SICUREZZA
NOMI: BARBERI FRANCO, PANZA GIULIANO FRANCESCO, LUONGO GIUSEPPE, DOBRAN FLAVIO
ORGANIZZAZIONI: GLOBAL VOLCANIC AND ENVIRONMENTAL SYSTEM SIMULATION, PROTEZIONE CIVILE, TEKNOS
LUOGHI: ITALIA, NAPOLI (NA)
NOTE: Emergenza in caso di eruzione

IL geografo Strabone nel primo secolo avanti Cristo riteneva che il Vesuvio fosse un vulcano spento. La disastrosa eruzione del 79 dopo Cristo che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia mostrò che si era sbagliato di grosso. Il più celebre, e studiato vulcano del mondo non dà segni di vita dal 1944 e la gente che vive ai suoi piedi sta dimenticando la minaccia che la sovrasta. «Non abbiamo alcuna possibilità di dire quando si verificherà la prossima eruzione, ma siamo certi che prima o poi succederà» ha scritto recentemente Franco Barberi dell'Università di Pisa, il vulcanologo diventato famoso per aver deviato la lava dell'Etna nell'ultima eruzione. «L'eruzione attesa per il Vesuvio - spiega - è di tipo esplosivo». «Un'eruzione di questo tipo può distruggere in alcuni minuti tutte le città che si trovano entro un raggio di 10 chilometri dal cratere» sostiene Giuliano Francesco Panza dell'Università di Trieste. Avvertimenti ribaditi nel corso di un convegno organizzato di recente a Napoli dalla rivista Teknos per ricordare una situazione che la coscienza collettiva sembra voler rimuovere, e di cui l'espansione urbanistica e lo sfruttamento turistico non tengono conto. Secondo Giuseppe Luongo, ordinario di fisica del vulcanesimo all'Università di Napoli, uno dei più attenti studiosi del vulcano, in Italia non esiste un problema di protezione civile più grave di quello associato a un'eruzione del Vesuvio: potrebbe distruggere totalmente un'area con un raggio di 8-10 chilometri dal cratere. Un'area nella quale vivono almeno 700 mila persone e intorno alla quale ne gravitano altri 2 milioni. Quando avvenne l'eruzione del 79 dopo Cristo il vulcano dormiva da tempo immemorabile; quella meno disastrosa ma sempre imponente del 1631 era stata preceduta da circa cinque secoli di letargo. Più passa il tempo più il vulcano si «carica». Oggi il condotto magmatico è tappato e il cratere è ostruito dai detriti; a una profondità di 4-5 mila metri c'è un serbatoio di magma che anno dopo anno si va sempre più dilatando e riempiendo mentre la pressione della lava e dei gas cresce. La Protezione civile sta lavorando a un piano di emergenza che ipotizza un'eruzione entro 10- 20 anni; piano che dovrà essere aggiornato continuamente proprio perché il trascorrere del tempo cambia la situazione e quindi il tipo di eruzione possibile. Gli esperti ritengono che il piano debba basarsi sull'ipotesi di un'eruzione analoga a quella del 79 d.C. ma di minore energia. «Questa scelta può considerarsi ragionevole - secondo Luongo - ma nessuna analisi statistica, effettuata sui dati disponibili da un attento studio della storia eruttiva del Vesuvio, sostiene che lo scenario scelto sia il più probabile». Questo è il dramma: la storia, le statistiche, gli stessi segnali premonitori servono a poco. «Sulla base delle statistiche non si può prevedere il futuro perché ogni eruzione cambia il vulcano; e nessuno può sapere se, ad esempio, un terremoto sia il segnale del risveglio del Vesuvio o non piuttosto normale attività tettonica di un'area fortemente instabile» dice Flavio Dobran, professore di scienze fisiche alla New York University, da anni trapiantato in Italia. L'approccio degli studi geologici tradizionali, secondo il vulcanologo americano, non è sufficiente. Come si può pensare di evacuare centinaia di migliaia di persone sulla base di dati non univoci? E dove collocare queste persone? Saranno disposti gli abitanti della regione minacciata a lasciare le loro case? Chi e quando deve dare l'ordine di sgombero? Per dare una risposta accettabile a queste domande Dobran ritiene necessario creare per l'area vesuviana quello che chiama un «simulatore vulcanico globale» come base di un modello interdisciplinare in cui interagiscano la metodologia scientifica tradizionale (geologia, geofisica, monitoraggio del vulcano) e l'ingegneria (creazione di barriere, canali, rifugi, strade come vie di fuga), la pianificazione territoriale che eviti che sul vulcano si installi una popolazione di alcuni milioni di persone, incentivi economici per guidare gli insediamenti urbani nell'area interessata. In questo quadro dovrebbe assumere un ruolo importante l'educazione delle popolazioni al rischio per ridurre il panico durante le eruzioni future. Tutto ciò dovrebbe rendere realizzabile un'evacuazione selettiva invece di una problematica evacuazione di massa. Questo piano interdisciplinare, denominato «Vesuvius 2000», è stato proposto da Dobran attraverso l'associazione «Global Volcanic and Environmental System Simulation» alla Commissione Europea. Vittorio Ravizza


ESPERIMENTO Pterosauro nella galleria del vento
Autore: RUSSO SALVATORE

ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA, INFORMATICA, ELETTRONICA
NOMI: LIGABUE GIANCARLO
LUOGHI: ITALIA

UN dinosauro volante studiato in una galleria del vento. L'esperimento riguarda uno pterodattilo vissuto almeno 110 milioni di anni fa, il cui scheletro è stato ricostruito al computer, sulla base di resti ossei trovati nel Nord del Brasile. Ne è venuto fuori l'identikit di un velivolo leggero, come un aliante, del peso di circa 80 chili, con un'apertura alare massima di 9 metri. La ricostruzione in laboratorio delle prestazioni dello pterosauro si deve all'antropologo veneziano Giancarlo Ligabue, che ha guidato l'equipe di studiosi a Chapada de Aripe. «Si tratta del più grande e antico rettile volante sinora scoperto», spiega Ligabue. «Un rettile pressoché delle stesse dimensioni era stato scoperto pochi anni fa, sempre in America, ma si trattava di un esemplare più recente». Studiando le ossa rinvenute nella foresta amazzonica, e sulla base delle informazioni ricavate da proiezioni al computer, è possibile assimilare il comportamento dello pterosauro, a quello di un deltaplano. «Sfrutta esattamente gli stessi principi», precisa Ligabue. E ha le caratteristiche adatte per scendere in picchiata, catturare un pesce sulla superficie del mare e risalire rapidamente. Dalle prove in galleria del vento, risulta una capacità di spostamento simile a quella di un aquilone: «La possibilità di virare e volteggiare da qualsiasi posizione, verso qualsiasi direzione, era garantita da un osso, il peteroide, una sorta di moderno flap, già inventato dalla natura 110 milioni di anni fa». S. Russo


CACCIA ALLE BALENE E noi che cosa mangiamo? I pescatori norvegesi si battono per il loro diritto alla pesca
Autore: CASTELNUOVO ROSSELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ECOLOGIA
NOMI: BRUNDTLAND GRO HARLEM, WALLOE LARS
ORGANIZZAZIONI: IWC (INTERNATIONAL WHALING COMMITTEE)
LUOGHI: ESTERO, NORVEGIA, OSLO

ALLE isole Lofoten le balene vengono chiamate «i buoi del Vestfjord». Per i pescatori norvegesi che abitano questo bellissimo arcipelago, oltre il Circolo polare artico, i cetacei sono infatti la più tradizionale e prelibata risorsa alimentare. Difficile capire, da queste parti, perché molti Paesi vogliono impedirne la caccia in modo drastico e totale, senza tener conto di situazioni particolari in cui la predazione non minaccia la specie nè l'equilibrio ecologico. Così da alcuni anni la Norvegia, Paese certamente sensibile alle questioni ambientali per l'attivo impegno nazionale e internazionale del primo ministro, Gro Harlem Brundtland, si trova a dover difendere di fronte al mondo il diritto di caccia alle balene. Una posizione certo non popolare, anche se gli argomenti per sostenerla non mancano. L'organismo internazionale che si occupa fin dal 1946 di caccia alle balene, l'Iwc (International whaling committee), si è riunito dall'11 al 13 gennaio scorso, proprio a Reine nelle isole Lofoten, per esaminare l'eventualità di permettere ai pescatori norvegesi di continuare a cacciare la balena. Nel breve giorno invernale del villaggio, dove in questo periodo il sole sorge intorno alle dieci del mattino e tramonta tre ore dopo, i cinquanta delegati venuti da varie parti del mondo (soprattutto da Giappone, Stati Unti, Gran Bretagna e Danimarca) hanno così potuto verificare come in queste affascinanti isole non si possa vivere d'altro che delle risorse portate dal mare. Rappresentanti governativi e intergovernativi, ambientalisti (Greenpeace in testa) giornalisti ed esperti mondiali hanno potuto salire sulle piccole e solide baleniere che forniscono il sostentamento ai 400 abitanti del luogo, e hanno potuto leggere la petizione da essi rivolta alle nazioni che più si oppongono alla caccia alla balena, e cioè Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Australia e Stati Uniti. «Chiediamo che questi governi rimuovano l'infondata accusa di crudeltà fatta alla nostra cultura» scrivono i pescatori di Reine e Moskenes. «Che riconoscano il fatto che la nostra sopravvivenza dipende dalla possibilità di cacciare le balenottere rostrate (minke whale); che accettino la nostra cultura in modo che i nostri bambini siano liberi di mangiare carne di balena come i vostri lo sono di mangiare hamburger e lombate di agnello; che rispettiate la Convenzione internazionale dell'Iwc, organismo nato per controllare che lo sfruttamento delle balene avvenga in modo sostenibile e non per abolirlo». Le questioni sul tappeto sono tante. E più si discute, più sembrano moltiplicarsi. Come nel caso della conta delle balene. Dice Lars Walloe, biologo marino dell'Università di Oslo: «Già nel 1989 è stata fatta una stima, accettata dall'Iwc, secondo la quale gli esemplari di balenottere rostrate, in questi mari, sarebbero circa 87 mila (non meno di 61 mila, nè più di 117 mila). Un numero che permetteva di concludere tranquillamente che la quota di circa 300 capi abbattibili ogni anno dagli abitanti di queste isole non avrebbe compromesso la specie nè l'ecosistema». Per la prossima estate è prevista una campagna di osservazioni che sarà svolta da undici barche contemporaneamente, oltre che con l'appoggio di aerei. I metodi per contare le balene, in effetti, non sono altro che un'estrapolazione statistica compiuta a partire dagli avvistamenti, per arrivare a una stima globale. E anche i metodi statistici sono oggetto di polemiche, perché è chiaro che tecniche diverse portano a risultati diversi. Ci si arrovella poi sui controlli: chi li deve fare? Esperti nazionali o internazionali? E dove vanno fatti, a bordo o a terra? Secondo le tecniche di pesca norvegesi, per esempio, la balena catturata, che muore quasi sempre in pochi secondi, viene issata a bordo e sezionata per la conservazione, mentre i giapponesi trascinano la preda fino a terra: è chiaro che servono metodi di controllo diversi. Ma alla fine, chi paga la formazione e il lavoro dei controllori? «Abbiamo ottimi esperti in questo campo» dice il capo della delegazione norvegese Stein Owe «basta che ci dicano cosa dobbiamo fare». Nel Comitato internazionale il dibattito è continuo: su come va fatta la caccia per uccidere nel minor tempo possibile le prede, come misurare la pur breve agonia, regolare i commerci e saperne di più sul mondo dei cetacei. Due aspetti, infatti, sembrano emergere sull'insieme dei quesiti: oggi la questione è gestita in termini più politici che scientifici (il che darebbe ragione soprattutto ai pescatori norvegesi) anche se è vero che, sul piano scientifico, non ci si può accontentare dei risultati raggiunti: bisognerebbe saperne assai di più e fare più ricerca. Perché la vita delle balene è ancora piuttosto misteriosa ed è saggio muoversi con molta prudenza ogni volta che questi immensi mammiferi vengono tirati in ballo (il che darebbe ragione soprattutto agli anticaccia). In effetti, una volta fuori dall'ufficialità, quasi tutti i membri dell'Iwc convenuti a Reine hanno dimostrato di ben comprendere la situazione di queste piccole comunità e di non avere molto da contrapporre ai loro argomenti, purché la caccia sia limitata e controllata. Una volta tornati nell'aula, dove i lavori si svolgevano a porte chiuse, gli schieramenti si sono nuovamente irrigiditi, e così l'annuncio finale del portavoce della conferenza, il neozelandese Robert Gambell, è stato piuttosto deludente. Nessuna novità di rilievo: la moratoria che vieta la caccia alle balene dal 1986 prosegue, e la cattura è permessa solo a pochi Paesi, come la Groenlandia, l'Islanda e l'Alaska, esclusivamente a scopo di ricerca. La Norvegia continuerà a cacciare le balene solo in alcune zone circoscritte, grazie al fatto che fin dall'inizio ha dichiarato la sua riserva sulle decisioni dell'Iwc, mantenendo così la sua autonomia. Rossella Castelnuovo


AIDS Virus contro linfociti, 0-0 Infaticabili difese immunitarie
Autore: RIVA STEFANIA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: HO DAVID, SHAW GEORGE
LUOGHI: ITALIA

L'AIDS cambia volto. E il nuovo scenario è quello di una battaglia incessante e titanica fin dal primo giorno dell'infezione. Niente più lunga fase di latenza tra il momento dell'infezione e l'inizio della malattia vera e propria. Anche in chi ancora non ha sintomi, il virus Hiv non dorme, ma lotta strenuamente con il sistema di difesa immunitaria dell'organismo. A rivoluzionare l'intero assetto delle conoscenze sulla peste del Duemila sono stati due americani di spicco: David Ho, dell'università di New York, e George Shaw, dell'Università di Birmingham in Alabama. Lavorando separatamente, i due sono giunti alle stesse conclusioni: l'infezione da Hiv è un processo dinamico, nel corso del quale due eserciti si scontrano ogni giorno senza esclusione di colpi. Per molti anni, tuttavia, di questa battaglia sotterranea nulla viene alla luce. La calma apparente aveva fino a oggi tratto in inganno tutti gli studiosi che si occupano di Aids: dal momento dell'infezione alla malattia conclamata, si diceva, intercorrono anni perché il virus si nasconde all'interno dei linfociti Cd4 (il suo bersaglio preferito) e lì resta a sonnecchiare fino a che fattori sconosciuti lo spingono a passare all'azione. E si pensava che solo a questo punto l'Hiv iniziasse a riprodursi in modo vorticoso, mettendo al tappeto le difese dell'organismo. Oggi David Ho e George Shaw hanno fatto crollare questo castello di supposizioni, rivelando sulla rivista Nature ciò che accade veramente nel corpo di chi viene contagiato. Per farlo, hanno adottato una strategia semplice: somministrando nuovi farmaci antivirali e monitorandone gli effetti sull'organismo dei malati, sono riusciti a calcolare, grazie all'ausilio di una squadra di matematici, il ritmo con cui virus e linfociti Cd4 vengono distrutti e rimpiazzati nel corso dell'inflazione. I dati elaborati dai due gruppi di ricercatori sono pressoché identici e dipingono un quadro apocalittico: ogni giorno, nel corpo di chi si infetta, viene sterminato un miliardo di particelle virali (circa un terzo di tutte quelle presenti), ma altrettante ne vengono fabbricate di nuove. Sul fronte opposto, le cose non vanno diversamente: da uno a due miliardi (circa un quinto del totale) di linfociti Cd4, infarciti dal temibile virus, vengono distrutti e altrettanti ne sono prodotti grazie allo sforzo encomiabile del sistema immunitario. Altro che virus dormiglione; altro che difese immunitarie paralizzate. Entrambi si battono silenziosamente, fino all'ultimo. Ma perché il virus abbia la meglio, resta ancora un mistero. David Ho azzarda una spiegazione: «E' possibile che il virus riesca a uccidere i linfociti Cd4 a un ritmo un po' più veloce di quello con cui il sistema immunitario li rimpiazza. E' come se le difese dell'organismo perdessero terreno ogni giorno, e alla fine, esauste, dopo anni di lotta incessante, soccombessero al nemico». Quali implicazioni pratiche hanno queste ricerche? «Poiché il virus si riproduce attivamente fin dai primi giorni - continua David Ho - le cure devono iniziare il più presto possibile. Inoltre la terapia deve mirare a uccidere il virus, e non a rinforzare le difese immunitarie, che come si è visto funzionano egregiamente». A questo proposito giunge almeno una buona notizia: i farmaci antivirali, ancora sperimentali, utilizzati nei due studi sono potentissimi. Riescono infatti a eliminare nell'arco di due giorni il 99,9 per cento dei virus. Purtroppo però, tra quelli che sopravvivono, si trovano sempre alcune forme mutanti che resistono al farmaco e che, moltiplicandosi furiosamente, in sole due settimane riescono a ristabilire la potenza numerica originaria dell'esercito aggressore. Stefania Riva


VINO ROSSO Un bicchiere di salute Effetti positivi dei composti fenolici
Autore: VAGLIO GIAN ANGELO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, ALIMENTAZIONE
LUOGHI: ITALIA

NELLA simbologia tradizionale il vino è stato di solito ritenuto una bevanda piena di fuoco vitale. Questa credenza, confermata da una minor frequenza delle malattie cardiovascolari nelle persone che bevono moderate quantità di vino rosso, sta trovando una spiegazione scientifica. L'azione preventiva è attribuita alle proprietà antiossidanti di sostanze che sono, appunto, contenute nel vino rosso. A conferma di questa ipotesi è citata la vitamina E, tipico antiossidante, che riduce la probabilità di malattie cardiovascolari, quando è somministrata in dosi adatte come supplemento della usuale dieta giornaliera. Gli antiossidanti sono composti organici capaci di bloccare l'attività di altri composti contenenti elettroni spaiati, detti radicali, che reagiscono facilmente con le molecole presenti nei sistemi biologici modificandone la natura e la funzione. In alcuni vegetali sono presenti diversi tipi di antiossidanti che appartengono alla famiglia dei derivati fenolici, composti organici aromatici in cui gruppi ossidrilici sostituiscono alcuni degli atomi di idrogeno legati agli anelli benzenici. Questi composti fenolici si sono dimostrati capaci di inibire l'azione della forma di colesterolo che è coinvolta nell'insorgere dell'aterosclerosi. Inoltre, i composti fenolici bloccano l'aggregazione delle piastrine del sangue, fattore critico nelle trombosi. Secondo Andrew Waterhouse, del Dipartimento di viticoltura dell'Università della California a Davis, considerazioni di questo tipo sono interessanti, ma non dimostrano correlazioni certe tra attività antiossidante dei composti fenolici ed effetto di alimenti vegetali, come vino o té, sull'incidenza delle malattie di cuore. Per dimostrare queste possibili correlazioni Waterhouse sta conducendo una ricerca relativa alla facilità di passaggio nel sangue di composti fenolici presenti nel vino e ai conseguenti effetti positivi sul funzionamento dell'apparato circolatorio. Esistono varie classi di antiossidanti fenolici e a ciascuna classe appartengono alcune centinaia di composti, per cui la ricerca ha preso in considerazione, nella prima fase, il più abbondante dei composti fenolici di origine vegetale, il catecolo. I primi risultati, presentati all'ultimo congresso della Società Chimica Americana, si riferiscono al livello di catecolo presente nel plasma sanguigno di individui nutriti, prima del periodo di controllo, con una dieta povera di catecolo, cioè priva di vino, té e frutta. Dopo il consumo di appena trecento millilitri di vino rosso, il livello di catecolo nel plasma sanguigno saliva fortemente e si manteneva elevato per un periodo di ventiquattro ore. Non si osservano fenomeni di questo tipo con i vini bianchi, che contengono, rispetto ai rossi, soltanto il dieci per cento dei composti fenolici antiossidanti. Questi composti sono infatti strettamente correlati alle antocianine a cui i vini rossi devono il loro colore. Il vino usato nelle ricerche è un comune «Bordeaux» coltivato all'Università della California. Il gruppo di ricerca sta studiando altri vini della zona, per constatare quali abbiano il maggior contenuto di composti fenolici. Non è però detto che il catecolo sia l'antiossidante dotato dei maggiori effetti benefici nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Le ricerche proseguono su altri derivati fenolici presenti nel vino e nell'ultima fase verranno estratti gli antiossidanti potenzialmente più efficaci e somministrati in forma non alcolica. Sarà comunque difficile trovare qualcuno che preferisca ottenere lo stesso effetto sulla salute con una pillola piuttosto che con un bicchiere di buon vino. Gian Angelo Vaglio Università di Torino


IN BREVE Un'associazione guariti dal cancro
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: ANGOLO (ASSOCIAZIONE NAZIONALE GUARITI O LUNGODEGENTI ONCOLOGICI)
LUOGHI: ITALIA

Si chiama «Angolo» ed è l'Associazione nazionale guariti o lungodegenti oncologici nata per aiutare chi la malattia non l'ha ancora vinta. Secondo un'inchiesta condotta dall'associazione, solo il 34 per cento dei pazienti apprende dall'oncologo la vera diagnosi; l'88 per cento del campione ha conquistato una sopravvivenza superiore a 5 anni dalla diagnosi.


IN BREVE Acqua buona e acqua cattiva
ARGOMENTI: CHIMICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Progetto Scuolambiente

Più di 4000 studenti di tutt'Italia si sono trasformati in chimici e hanno analizzato la qualità dell'acqua delle loro case per il progetto Scuolambiente realizzato in collaborazione dalla Lega Ambiente e dall'Atlas Detersivi. L'acqua migliore - questo il risultato - si beve in Trentino, Abruzzo e Molise. La peggiore in Emilia, Umbria e Toscana, dove meno della metà dei campioni esaminati è risultato in regola con le norme sanitarie.


IN BREVE Stampanti laser nate in Italia
ARGOMENTI: INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: HEWLETT PACKARD
LUOGHI: ITALIA, STEZZANO (BG)

Farà ricerca in campo informatico e fornirà stampanti laser a tutta l'Europa: è il nuovo stabilimento Hewlett-Packard inaugurato a Stezzano, in provincia di Bergamo, un investimento di oltre 100 miliardi di lire che ha creato 300 nuovi posti di lavoro. Il tutto realizzato in un tempo record: appena 15 mesi.


IN BREVE Tv e affari via satellite
ARGOMENTI: COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA

Sta per entrare in servizio un canale televisivo denominato Ebn con lo scopo di diffondere informazioni rivolte in modo specifico al mondo dell'imprenditoria e della finanza europeo. Il segnale verrà irradiato dai satelliti Intelsat e Eutelsat.


IN BREVE Cartografia multimediale
ARGOMENTI: INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: DE AGOSTINI, RAND MCNALLY
LUOGHI: ITALIA

La De Agostini ha acquisito i diritti esclusivi per l'Italia del «World Digital Data Base» della Rand McNally di Chicago. L'accordo permetterà la realizzazione di atlanti multimediali.


PELLE & SIGARETTE Quante rughe nel «volto del fumatore» Viene danneggiata soprattutto la zona intorno agli occhi
Autore: TRIPODINA ANTONIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

SAPERE che il fumo è un fattore di rischio reale per una precoce comparsa di rughe può essere un deterrente maggiore di quanto non lo sia il pericolo di infarti e tumori, in grado di convincere un maggior numero persone a non iniziare o a smettere di fumare. Il «volto da fumatore» è un'entità scientificamente dimostrata, come emerge dall'esame di cinque studi pubblicati negli ultimi 20 anni. Le sue stimmate sono un colorito pallido, grigiastro e una precoce comparsa di rughe su tutto il volto, ma soprattutto nella regione peri-orbitaria. Esse si manifestano indipendentemente dall'età, dal sesso, dalla classe sociale, dalla pigmentazione della pelle, dall'esposizione alla luce solare, dalla variazione di peso. Sono stimmate determinate da alterazioni quantitative e qualitative delle fibre collagene ed elastiche del derma, componenti fondamentali per mantenere l'integrità della cute, dovute alla azione vasocostrittiva e conseguente riduzione del flusso ematico dei capillari e delle arteriole. Nelle donne fumatrici è stata anche descritta una maggiore incidenza di irsutismo al volto, probabilmente legato all'instaurarsi di turbe ormonali (come confermato dal fatto che la menopausa si verifica in media 5 anni prima fra le fumatrici). Le rughe periorbitarie possono anche essere favorite dal cronico strizzare gli occhi irritati dal fumo. Il rischio di mandare la pelle «in fumo» aumenta in modo proporzionale alla quantità di sigarette consumate e al periodo di esposizione. Una ricerca dell'Università di Salt Lake City, dello Utah (Stati Uniti), ha dimostrato attraverso fotografie della regione temporale che i forti fumatori (più di 50 pacchetti l'anno) hanno un'incidenza di rughe 4,7 volte più elevata dei non fumatori. Si ha un effetto moltiplicativo se vi è una contemporanea eccessiva esposizione solare. I chirurghi estetici ringraziano. Antonio Tripodina


L'incontro Shuttle-Mir Un valzer in orbita
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. La stazione spaziale russa Mir e la navetta americana Discovery

E' lo scenario più bello che abbia mai visto nello spazio!». Con questa frase, accompagnata da scroscianti applausi nei centri di controllo a Houston e Kaliningrad, la settimana scorsa il comandante della navetta americana «Discovery» Jim Wetherbee ha commentato il primo incontro ravvicinato con la stazione orbitale russa «Mir», a 400 chilometri dalla Terra e a 28 mila chilometri all'ora. Dopo varie perplessità i russi avevano dato il via libera per il rendez-vous fino a 12 metri da uno dei boccaporti della Mir. Una perdita di tetrossido d'azoto da uno dei due motori di manovra orbitale dello shuttle aveva inizialmente preoccupato i tecnici di Mosca, poiché c'era il rischio di danneggiare i sensori ottici della Sojuz Tm-20 agganciata alla Mir. Alle 22 e 23 ora italiana del 7 febbraio, Wetherbee, insieme con la prima donna pilota della Nasa, Eileen Collins, ha potuto completare lo storico avvicinamento, il primo tra astronauti americani e russi, vent'anni dopo l'aggancio Apollo-Sojuz. Quasi a celebrare l'impresa del luglio '75, entro giugno lo shuttle effettuerà un vero e proprio attracco a uno dei portelloni della Mir, permettendo agli equipaggi russo e americano di vivere e lavorare insieme in orbita per qualche giorno. Questa missione che ha inaugurato il programma comune Usa-Russia, è stata la prova generale per l'aggancio e per tutte le successive dieci missioni, che prevedono attracchi Mir-Shuttle fino al 1997. Nel 1977 inizierà l'assemblaggio in orbita della stazione spaziale internazionale «Alpha», con il massiccio contributo della Russia, oltre a quelli statunitense, europeo e giapponese. In particolare, Mosca fornirà il grande «nucleo» della stazione, rappresentato da una nuova versione ampliata e potenziata della Mir. La Discovery, con il suo equipaggio di sei astronauti, compreso il russo Vladimir Titov (che nel 1987 e 1988 trascorse un anno sulla Mir), ha poi effettuato una completa «piroetta spaziale» intorno al complesso orbitale, per verificare gli effetti dei piccoli razzi d'assetto della navetta sui pannelli solari della Mir. Dopo una serie di esperimenti sul modulo italiano Spacehab, il rilascio e successivo recupero della piattaforma scientifica Spartan, e una prova di «passeggiata spaziale» da parte di Harris e Foale, la Discovery è rientrata a Terra. Prima della missione d'aggancio «STS-71» sono previste altre tappe: il 15 marzo verrà lanciata la Sojuz Tm-21, con a bordo i russi Dezhourev e Strekalov insieme all'americano Norman Thagard, il primo astronauta Nasa a partire da Baikonur. Thagard dovrà restare sulla Mir per 97 giorni, battendo così il record americano di 84 giorni stabilito sullo Skylab nel '74. A riportarlo a Terra ci penserà lo shuttle Atlantis, che si aggancerà alla Mir portando con sè anche i russi Solovyev e Budarin. La Nasa non ha ancora deciso se confermare il lancio per il 24 maggio o spostarlo al 6 giugno: tutto dipenderà dalla possibilità di lanciare la capsula-cargo Progress M-27 carica di strumentazione da utilizzare durante la missione congiunta. Altri due agganci sono già previsti per ottobre '95 e marzo '96, seguiti da altre missioni analoghe che vedranno impegnati astronauti e cosmonauti in un complesso lavoro comune, comprendente passeggiate spaziali. Si dovranno anche verificare le possibilità di realizzare una nuova tuta per attività extraveicolari, che raccordi le migliori caratteristiche sia del modello russo sia di quello americano. La stazione Mir, protagonista di queste imprese, è in orbita da nove anni, e lo scorso dicembre ha superato il record di 50.000 orbite intorno alla Terra. E' dotata di un sistema multiplo per attracco ad altri moduli ed è stata finora raggiunta da 17 navicelle abitate Sojuz e da 41 Progress (Sojuz modificate per trasporto carburante e attrezzature scientifiche). La Mir ha ospitato una cinquantina di astronauti russi e kazakhi, oltre a quelli di altre nazioni. Nel '96 ne è previsto il completamento, con l'invio e l'aggancio automatico di altri due moduli, lo «Spektre» e il «Priroda» (Natura): la stazione resterà così operativa ancora per qualche anno. Antonio Lo Campo


STRIZZACERVELLO Quadrati di numeri
ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA

Alcuni quadrati di due cifre possono essere scritti, a coppie, uno sull'altro in modo tale che i numeri formati dalle cifre in verticale siano ancora quadrati: 16 36 64 81 64 64 49 16 Quali sono i due quadrati di tre cifre che, scritti uno sull'altro, hanno la stessa proprietà? I numeri formati con le cifre in colonna devono essere ancora quadrati. Esiste un'unica soluzione. Quali sono invece le possibili soluzioni con tre quadrati di tre cifre in colonna? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo.


LA PAROLA AI LETTORI Un cappello gonfio per non grattarsi la testa
LUOGHI: ITALIA

HO qualche dubbio sul perché il cappello dei cuochi è alto e gonfio. Un lettore sostiene che, se fosse basso e floscio, potrebbe finire sugli occhi o cadere nei cibi. Questo non dice molto, perché se fosse solo questa la ragione, potrebbe bastare un basco, molto aderente e assai meno ingombrante. Si può meglio credere invece che la sua altezza, oltre a bloccare la caduta dei capelli nei piatti (cosa che d'altra parte farebbero anche altri cappelli) serva ad aerare la testa del cuoco, visto che opera sempre in condizioni di grande calore.Eugenio Senelli Torre Garofoli (AL) Per dirimere la controversia, ecco la risposta ufficiale dell'Istituto Alberghiero di Torino: «La prima ragione è di tipo igienico: il cappello alto fa sì che sulla testa circoli una percentuale maggiore di aria, dato che la cucina è satura di vapori (assai più di una pasticceria: per questo i pasticcieri portano un cappello schiacciato). Questi vapori inducono prurito e quindi il cuoco sarebbe portato a toccarsi continuamente il cuoio cappelluto. Su questo motivo igienico, si è poi creata la scenografia: nel corso dei secoli, gli chef hanno sempre personalizzato ed esaltato la caratteristica forma cilindrica. Che altezza può raggiungere una pulce saltando? Il primato di salto fra le pulci spetta alla Pulex irritans, o pulce comune. Lasciata libera di muoversi, può saltare fino a 130 volte la propria altezza. Il primato assoluto spetta comunque a un esemplare che durante un esperimento condotto negli Stati Uniti nel 1910 effettuò un salto in alto di 197 millimetri. Al momento del salto è soggetta a una forza di 230 grammi. Andrea Sgarabottolo, Arona Se un uomo potesse saltare come un pulce, raggiungerebbe la cima di un grattacielo alla velocità di 300 chilometri all'ora. Luca Borreani Albissola (SV) Ho acquistato un contatore Geiger all'estero e con mia grande sorpresa i valori di radioattività che segnava so no passati da 10-20 a terra a 300 a bordo dell'aereo. Perché? C'è pericolo per i viaggiatori? I valori espressi dal suo contatore Geiger, a terra, corrispondono a un'attività di 10-20 Becquerel, ovvero 0,27-0,54 nanocurie e sono dovuti a un fondo di radiazione naturale di entità assolutamente trascurabile. A bordo dell'aereo il contatore registra invece un'attività di 300 Bq, ovvero 8,1 nCi, che sono comunque un valore pressoché trascurabile (in molte zone sulla Terra il fondo naturale è molto più elevato). Questa crescita di attività è dovuta al fatto che gli aerei, pur essendo schermati dalle radiazioni ionizzanti d'alta quota con pannelli di uranio 238 pressoché puro, non possono arrestarle completamente. Non c'è tuttavia nessuna ragione di preoccuparsi, perché i livelli di radiazione registrati rimangono ampiamente al di sotto di qualsiasi soglia di potenziale pericolo. Davide Signorelli, Angera (VA) Qual è l'oggetto più costoso del mondo? Il diamante Mouwad Splendour: 101,84 carati, forma a pera, il 14 novembre 1990 fu venduto a un'asta di Sotheby al prezzo record di 12 milioni 760 mila dollari. Alessandro Tacconi Valenza (AL) Perché si dice «mangiare la foglia»? La sagacia dei bruchi non c'entra! In realtà, non occorre allontanarsi molto dalla locuzione medesima: «foglia» è una variante attestata di «foglio», cioè «carta, documento». «Mangiare» non è altro che una metafora per «capire» (come digerire, sciropparsi, mandare giù). In origine, perciò, la locuzione significava «capire il significato di uno scritto», il che, soprattutto nei secoli passati, non era affatto scontato. L'espressione è poi passata a significare «riconoscere le vere intenzioni celate dietro un'azione apparentemente innocua, come le postille di un contratto o di un atto notarile». Manuel Rossello Berna (Svizzera)


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA

Q Perché lo Shuttle dopo il decollo ruota di 180 sul proprio asse? Q Perché lo zucchero si scioglie nell'acqua e l'olio no? Q Perché una stufa elettrica, quando viene accesa, diventa rossa? Q Perché i serpenti fanno guizzare la lingua dentro e fuori la bocca? _____ Risposte a «La Stampa-Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax 011-65.68.688




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