TUTTOSCIENZE 19 gennaio 94


UOMO E NATURA NEL CHIAPAS C'era una volta anche il giaguaro
Autore: D'UDINE BRUNO

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
NOMI: BLOM TRUDY
LUOGHI: ESTERO, MESSICO, CHIAPAS
NOTE: 009

LA selva brucia!» scriveva dieci anni fa da Na Bolom a San Cristobal de Las Casas, nello Stato messicano del Chiapas, Gertrude Blom nel libro fotografico Bearing Witness. Volutamente la Blom usava una frase della religiosità quacchera come titolo: «Portando testimonianza». I testi e le immagini illustravano la storia della violenza con cui in nome della modernizzazione e del profitto si stava distruggendo la seconda più grande foresta pluviale rimasta sul pianeta, dopo la foresta amazzonica. Trudy Blom, straordinaria figura di sostenitrice dei diritti dell'uomo e della natura, era giunta in Messico nel 1940 in fuga dall'Europa. Su incarico del governo visita gli stati più remoti e poveri, entra in contatto con quanto resta del movimento rivoluzionario zapatista tra indios e campesinos. Inizia così un percorso che la porterà a essere testimone e raccoglitrice, in articoli e splendide immagini fotografiche delle memorie, prima della loro rapida scomparsa, di ambienti ecologici e umani sotto i colpi e la pressione di una speculazione spietata che non teme di annullare ecosistemi millenari. Nella Selva Lacandona, nello Stato di Chiapas, dove ancora vivono nove gruppi di popolazioni discendenti dagli antichi Maya, nel 1943 incontra Frans Blom, un archeologo danese formatosi ad Harvard, che è una autorità nel campo della cultura Maya del periodo classico (A.D. 300-900). Assieme viaggiano per anni esplorando in lungo e in largo la Selva Lacandona, entrando progressivamente in contatto con il più elusivo dei gruppi Maya delle Terre Alte del Chiapas, i Lacandones. Questi, per sfuggire alla caccia dei conquistadores e alle persecuzioni religiose, si erano rifugiati, disperdendosi in piccoli gruppi, nelle parti più remote e inaccessibili della Selva. Riuscirono così a mantenere, nonostante i predoni in cerca dell'Eldorado e lo zelo di missionari in cerca di anime da salvare, intatte le loro tradizioni, il rispetto per le antiche divinità Maya, il culto per Kanank'Ash, il Signore della Foresta. Alla fine degli Anni 40, i Lacandones si trovano in condizioni spesso disperate per il retaggio di malattie trasmesse dai civilizzatori, ridotti a piccole comunità per sopravvivere nella Selva che va già restringendosi attorno a loro, sotto i primi attacchi di disperati campesinos in cerca di un fazzoletto di terra da coltivare precariamente o dei tagliaboschi attratti dai giganteschi alberi di essenze pregiate. Trudy e Frans Blom sono affascinati dai Lacandones, dalla loro coerente visione di vita in armonia con la natura che li circonda, dall'orgoglio di sè, dal senso di non inferiorità che ancora mantengono rispetto ai colonizzatori tanto da definirsi hach winik, il vero popolo. A quel tempo i Blom stimano che i Lacandones rimasti non siano più di mille, divisi in due gruppi. Un gruppo andrà già in quegli anni incontro a un tragico destino di degrado sociale e culturale poiché, rimasto privo dei capi della comunità, finirà convertito e disperso da zelanti missionari di una Chiesa Avventista Americana che in cambio dell'abbandono delle divinità pagane fornirà stracci colorati, un po' di zucchero e pochi fucili che saranno l'esca per sanguinose faide interne. I Blom nel 1950 decidono di dedicarsi completamente alla missione di salvare quanto possibile delle vite e della cultura del gruppo che resiste ai molti attacchi che da più parti convergono sulla Selva. Una nuova minaccia infatti è costituita dallo spostamento, dagli stati del Nord, di grandi mandrie di animali che vanno a pascolare sui resti delle devastazioni della Selva, fatti anni prima da campesinos poveri, portati lì con i camion dai lungimiranti rancheros per essere i protagonisti di una lotta tra diseredati, prima del loro arrivo razionalizzatore sulla scena. La vita dei Lacandones dipendeva da un'agricoltura che, se pur aveva perso le raffinate capacità di previsione dei cicli biologici della tradizione astronomica maya, riusciva tuttavia a farli sopravvivere in armonia con la foresta pluviale, senza alterarne i delicati equilibri. Praticavano un'agricoltura mobile su piccoli appezzamenti di giungla abbattuta e bruciata, la milpa. Queste isole di terreno deforestato venivano usate per qualche anno con una coltivazione mista di numerosi cereali, ortaggi e frutti. Una sapiente miscela che, per antica conoscenza, consente un controllo biologico incrociato di parassiti e insetti, così da fornire anche due raccolti annuali. Il suolo fertile superficiale viene però eroso dalle piogge in qualche anno, il piccolo gruppo comunitario si sposta allora su un nuovo terreno vergine e lascia l'appezzamento precedente a rigenerarsi gradualmente. Questo tipo di agricoltura implica necessariamente, per il mantenimento dell'equilibrio ecologico, la disponibilità per i Lacandones di un grande territorio vergine su cui potersi spostare. I Blom si battono e trovano faticosamente ascolto presso il governo messicano affinché ciò che resta della Selva venga protetto. A San Cristobal fondano un centro chiamato Na Bolom, La Casa del Giaguaro, in lingua Tzotzil. I Lacandones confondevano il nome Blom con la loro parola ba lum, giaguaro. Il centro è dedicato ai Lacandones, alle loro necessità concrete, alla raccolta delle loro memorie in un piccolo ma curatissimo museo, in una biblioteca a disposizione di antropologi e studiosi da tutto il mondo. San Cristobal è una posizione strategica rispetto alla Selva, ma è anche una memoria storica nel movimento per la protezione degli Indios, già dai tempi dei conquistadores. In quattro secoli solo la tecnologia bellica sembra cambiata. Il tipo di civilizzazione imposta, che non capisce i diritti della natura, la necessità della più ampia biodiversità, il rispetto delle culture e delle etnie, è rimasto uguale. Le bombe di questi giorni colpiscono infatti non solo i Lacandones ma mettono forse per sempre a tacere altre voci della foresta, già da tempo minacciate dall'estinzione, come quella dell'animale mitico, il giaguaro, un nagual mezzo dio e mezzo animale, profondamente legato al folklore e all'iconografia degli dei della civiltà Maya, che spesso ne assumevano le sue sembianze. Un animale il cui sangue veniva dato ritualmente ai neonati, affinché ne assumessero le qualità di coraggio e splendore fisico: un simbolo vivente degli dei e dei loro poteri. Uno zoologo, Aldo Leopold, negli Anni 50 si è dedicato completamente a questa specie subendone il fascino magico. Così descrive il suo irrompere nel silenzio notturno della selva: «Nella notte il ruggito profondo che emerge dal torace del giaguaro costringe gli uomini a stringersi attorno ai bordi del fuoco. Nell'annunciare la sua mera presenza, nell'oscurità della notte, il giaguaro fa rabbrividire il mondo vivente!». In anni più recenti Alan Rabinowitz, per conto della New York Zoological Society, ha condotto nella Selva Lacandona uno studio su questo felino, il più grande vivente sul continente americano, per conoscerne meglio le abitudini alimentari e riproduttive e cercare di pianificarne, ma forse è ormai troppo tardi, la protezione e sopravvivenza. Una lotta difficile contro cacciatori di frodo, tagliatori degli alberi pregiati della foresta, ran cheros che lo cacciano spietatamente per proteggere le mandrie recentemente introdotte sui terreni deforestati. Spariscono infatti, assieme alla selva, i suoi abitatori: gli armadilli, i tapiri, le tartarughe, gli aguti, i pesci che a volte il giaguaro pesca da fiumi sempre più inquinanti. Come molte altre specie della foresta il giaguaro (Leo onca) ha abitudini di vita solitaria e fortemente territoriali; solo durante il periodo degli amori si formano delle coppie, che però di norma si sciolgono subito dopo. Le femmine badano ai piccoli, che nascono in numero da due a quattro dopo circa cento giorni di gestazione, per circa sei mesi. Per un altro anno e mezzo i giovani vivono con la madre apprendendo i segreti della caccia. Poi comincia la vita solitaria da adulti. Il loro bilancio energetico richiede la cattura giornaliera di un piccolo animale. Scarsità di prede o prede troppo piccole costringono l'animale a uscite più frequenti, anche diurne, compromettendone la sicurezza a fronte degli ormai molti nemici che circondano i suoi rifugi nella selva. In questi giorni, per la prima volta nella millenaria storia della Selva Lacandona, arriva anche la sofisticazione dirompente delle armi moderne per sostenere gli stravolgimenti imposti alle comunità deboli degli indios dagli accordi del «Nafta» che non prevedono più la proprietà comune delle terre della Selva. Giaguari, armadilli, tapiri, Lacandones, alberi della Selva, vengono così accomunati in un destino di morte e devastazione. La Selva brucia! Bruno D'Udine Università di Parma


LA STAGIONE DELLA MATERNITA' Ma perché l'elefantessa fa figli in tarda età?
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: BIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 009

LA menopausa: non stare più appese al calendario, tra date di ovulazione e cicli mensili; non avere più le gioie di gravidanze volute, ma neanche le paure di quelle inaspettate. Ormai il gioco è fatto e rien ne va plus. Chi ha dato, ha dato; con quel che segue. In sintesi: la menopausa. Le ovaie non sono più produttive e cade il tasso degli ormoni che promuovono la maturazione dell'ovulo e che presiedono ai suoi diversi destini, a seconda che sia fecondato o no. Tutto ciò avviene nella donna in un'età - intorno ai cinquant'anni - in cui l'aspettativa di vita è ancora molto alta e le altre funzioni fisiologiche sono ancora in stato di buona efficienza. Perciò ha senso chiedersi: perché esiste la menopausa? La domanda è tanto più attuale ora, visti i recenti tentativi della scienza medica di sfidare questo limite biologico rimettendo in moto il processo della maternità nell'utero di donne in menopausa, con l'impianto di ovuli donati e l'aiuto di massicce dosi di ormoni. Tentativi discussi e discutibili, ma anche coronati da successi «tecnici». La questione dell'esistenza della menopausa intriga da sempre i biologi evoluzionisti, perché è un fenomeno esclusivo della nostra specie. Nessun'altra femmina di mammifero entra in menopausa, perciò ci dev'essere una ragione implicita nella biologia della nostra specie, se questo avviene solo nella donna. Una risposta sbrigativa vede la menopausa come un artefatto dei tempi moderni, dovuto all'allungarsi della vita media. Come dire: quando si viveva di meno, non c'era. Ma questa ipotesi è stata smentita dai dati demografici. Inoltre, se si trattasse di un fenomeno senile, che dire di una matriarca di elefante, dalla vita media pressappoco uguale alla nostra, che è ancora feconda in età molto avanzata, a 70 anni? E che dire di quelle femmine di gorilla e di scimpanzè che, divenute ultravegliarde nell'atmosfera ovattata degli zoo, sono ancora madri gagliarde come negli anni giovanili? E infine, perché nella nostra specie la faccenda riguarda solo la donna, mentre l'uomo mantiene la fecondità fino all'età di Matusalemme? Negli Anni 50 George C. Williams avanzò l'ipotesi che la menopausa si fosse evoluta come una sorta di contraccettivo naturale agli albori della nostra specie, quando eravamo allo stadio di cacciatori raccoglitori. Allora, secondo Williams, una donna si garantiva un maggior numero di discendenti se dopo una certa età dedicava tutte le forze ormai in declino ai figli già grandi e ai nipoti ancora bisognosi di cure, anziché continuare a procreare, con il rischio di morire durante il parto, privando così figli e nipoti del suo vitale aiuto. In altre parole, le donne nelle quali l'attività riproduttiva cessava nella maturità erano premiate da un maggior numero di discendenti rispetto a quelle in cui questo fenomeno non avveniva. Passata in modo ereditario di madre in figlia, la possibilità di entrare in menopausa si diffuse come una carta vincente in tutta la popolazione. A prima vista quest'ipotesi sembra abbastanza convincente, ma se viene analizzata in modo più formale, con gli strumenti teorici della biologia evoluzionistica, non trova conferme. Il lavoro è stato fatto da Alan Rogers e pubblicato su Evolutionary Ecology: in un modello di popolazione in cui le donne sono fertili per tutto l'arco della vita, la menopausa non si afferma, nè per ovviare all'aumentato rischio di morte durante il parto, nè per ovviare alla carenza di cure elargite a figli e nipoti per l'insorgere di una nuova gravidanza. «E' chiaro che entrano in gioco altri fattori, oltre a questi considerati» commenta Linda Partridge, dell'Università di Edimburgo sulla rivista Nature. Prima di tutto, essa dice, la probabilità di morire aumenta comunque con l'età, indipendentemente dal parto. Ogni bambino di una donna ultracinquantenne ha minori possibilità di sopravvivere, perché ha maggiori probabilità di perdere la madre nell'infanzia. Infine, bisogna considerare l'altissimo costo di energie che richiedono la gestazione e l'allevamento di un piccolo di Homo sapiens sapiens. E qui sta il nocciolo della questione. Oltre i cinquant'anni, una donna non ha più energie sufficienti per mettere al mondo nuovi figli, nè per allevarli in modo adeguato, protraendo lo sforzo per tanti anni. E' dunque il costo di un figlio, così alto per una madre umana - un costo che nè le femmine degli altri mammiferi nè gli uomini sperimentano - ad avere determinato la comparsa e lo stabilirsi della menopausa nella nostra specie? Maria Luisa Bozzi


TUPAIA Sei davvero un mio avo?
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
NOMI: MARTIN ROBERT
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

SIAMO sempre alla ricerca disperata delle nostre radici e basta far balenare l'idea che un animale possa essere il rappresentante più primitivo dei primati, l'ordine cui appartiene la specie umana, per far convergere immediatamente su di lui l'interesse degli studiosi. E' il caso delle tupaie, i graziosi mammiferi lunghi una ventina di centimetri, che vivono nelle foreste tropicali dell'Asia sudorientale. Se ne conoscono diciotto specie, le cui dimensioni variano da quelle di un ratto a quelle di uno scoiattolo. L'idea che le tupaie possano servire da modello per studiare i primi stadi dell'evoluzione dei primati è di questo secolo. Risale al l920, quando la propose per la prima volta Le Gros Clark sostenendo che, per la loro struttura anatomica, le tupaie si possono considerare strettamente imparentate con i primati, il gruppo di mammiferi da cui è emerso l'uomo. E' un'idea che ha trovato concordi vari studiosi, ma la collocazione tassonomica di questi animaletti è stata al centro di accese controversie. Ed ecco che oggi si oppone con fermezza alla presunta parentela di questi mammiferi con i primati anche l'etologo Robert D. Martin, che ha studiato a lungo il comportamento di una colonia di tupaie thailandesi (Tupaia belangeri) tenute in cattività nel Max Planck Institut di Seewiesen, in Germania. Molte delle sue osservazioni collimano perfettamente con quelle di due zoologi giapponesi, Takeo Kawamichi e Mieko Kawamichi, che hanno condotto uno studio in natura sulla stessa specie, nel Bukit Timah Nature Reserve di Singapore. Cosa sono le tupaie? Sono animaletti non privi di un certo fascino. I malgasci le chiamano tupai, lo stesso nome che danno agli scoiattoli. Il che significa che tupaie e scoiattoli si assomigliano, almeno da alcuni punti di vista. Entrambi infatti hanno occhi molto grandi, posseggono robusti artigli, hanno una coda lunghissima e conducono vita diurna (fa eccezione una sola specie, lo Ptilocercus lowii, che ha costumi notturni). Nelle tupaie propriamente dette la coda è ricoperta da un pelo foltissimo proprio come negli scoiattoli. Invece nelle tupaie a coda pennata che vivono nel Borneo e nella Malesia, quest'appendice è stranamente scagliosa e nell'ultimo tratto è ricoperta da due file di peli lunghi e rigidi. In tutte le specie i peli della coda hanno una straordinaria sensibilità. Se un insetto vola nelle vicinanze di un individuo addormentato, i peli vibrano. Quando poi sfiorano qualche oggetto, tutto l'animale ha come un sussulto. Un fatto abbastanza singolare. Se le tupaie hanno indubbiamente alcuni lati in comune con gli scoiattoli, si differenziano invece notevolmente non solo dalle proscimmie, ma dai primati in generale, per varie caratteristiche. Martin ha approfondito lo studio delle supposte affinità anatomiche tra tupaie e primati, arrivando alla conclusione che in realtà si tratta di semplici convergenze evolutive, vale a dire di quel tipo di somiglianze che si riscontrano alle volte tra gruppi animali che non hanno nessuna parentela tra loro. Inoltre, a differenza della maggior parte delle proscimmie, le tupaie sono in grado di vedere i colori, grazie alla presenza di coni nella retina. Ma le maggiori differenze rispetto agli altri primati si riscontrano nel comportamento materno. Le cure parentali sono una prerogativa saliente dei primati. Questi hanno un periodo di gestazione abbastanza lungo, al termine del quale mettono al mondo figli ben sviluppati. E allattano i piccoli molto di frequente, in modo che si viene a stabilire uno stretto rapporto madre-figlio. Ecco invece quello che lo studioso ha scoperto sul comportamento parentale delle tupaie. La femmina di questi mammiferi è recettiva soltanto per alcune ore, quando va in calore. In quel breve tempo il maschio la segue costantemente e si accoppia molte volte con lei. La gestazione è piuttosto breve (nella Tupaia berlingeri, la specie osservata da Robert Martin, dura 45 giorni, meno della metà di quella di un primate delle stesse dimensioni). Nascono due o tre piccoli, nudi e poco sviluppati, che la madre depone in uno speciale nido. Essendo i piccoli creature così deboli, ci si aspetterebbe che la madre rimanesse vicino a loro per curarli, sorvegliarli, pulirli, allattarli e riscaldarli col tepore del proprio corpo. E invece niente di tutto ciò. Questa madre degenere non se ne cura affatto, lascia che si arrangino da soli e se qualcuno dei cuccioli si allontana dal nido non si preoccupa minimamente. Quanto all'allattamento, si limita a farli poppare ogni quarantotto ore per una decina di minuti. Questo è tutto. Indubbiamente le tupaie toccano il record negativo di cure parentali tra i mammiferi. Per poter mantenere costante una temperatura che si aggira intorno ai 38, i piccoli hanno bisogno di un latte molto energetico. E le analisi mostrano che effettivamente lo è, dato che contiene il 25 per cento di grassi. Il latte dei primati ha invece una concentrazione di grassi che arriva al massimo al cinque per cento. Si è anche notato che il cannibalismo è molto frequente tra le tupaie. La madre marca i suoi piccoli con una sostanza oleosa secreta da una speciale ghiandola toracica. Se la secrezione viene sperimentalmente asportata dal corpo del piccolo, la madre non lo riconosce più come figlio e tranquillamente se lo mangia. Potrebbe sorgere il sospetto che un simile comportamento materno assolutamente negativo sia una conseguenza della cattività. Martin lo esclude e si augura che, dopo quelle degli studiosi giapponesi, si possano presto svolgere in natura ulteriori ricerche sul comportamento di questi intriganti mammiferi, ritenuti erroneamente, a suo parere, i primati viventi più primitivi. Isabella Lattes Coifmann


ANIMALI INTORNO A NOI Non accarezzate gli sconosciuti
Autore: BURI MARCO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011. Malattie trasmesse all'uomo dagli animali

IL numero di specie animali che vivono con noi dentro e intorno agli agglomerati urbani non è elevato, ma numerose sono le interazioni tra l'uomo e questi animali. Nelle città non vivono soltanto gli animali domestici, che dovrebbero avere un rapporto continuativo e dipendente dall'uomo, ma anche quelli «sinantropici», cioè quelle specie che vengono saltuariamente a contatto con noi e possono spostarsi, collegando ambienti diversi e colonizzando, soprattutto, piazze, mercati, giardini, parchi e greti dei fiumi. Le periferie sono pericolose zone di transizione perché, nella maggior parte dei casi, si presentano con situazioni sanitarie precarie, a causa di rifiuti non adeguatamente smaltiti. Nel settore agricolo esiste, inoltre, un indiscriminato uso di agenti chimici tale da impoverire le scorte di cibo nelle campagne, spingendo così uccelli e altri animali selvatici verso le aree urbane. Alcuni aspetti di questa integrazione forzata sono stati studiati, in particolar modo, dalla micologa Maria Grazia Gallo del Dipartimento di Produzioni Animali dell'Università di Torino, con risultati interessanti. Si è messo in evidenza che colombi, gabbiani, storni e corvidi, animali sinantropici, possono essere responsabili, attraverso le loro feci, della trasmissione di lieviti potenzialmente patogeni per l'uomo (Cryptococcus e Candida). Questi attaccano soprattutto persone colpite da malattie immunodepressive (forme tumorali con le loro terapie intensive, tossicodipendenza, Aids) a causa della diminuita resistenza organica. Le micosi cutanee, in condizioni rese favorevoli dalla città (temperatura, umidità, luce, affollamento, scarsa radiazione ultravioletta), possono diffondersi sui nostri animali domestici con forte rischio di contagio per l'uomo. Il gatto può essere anche portatore asintomatico di Mi crosporum canis, micete responsabile di un gran numero di dermatomicosi in Italia; il felino è il serbatoio naturale del fungo e, dato l'intenso e intimo contatto con l'uomo, si spiega la grande diffusione della patologia. Quasi tutte le specie possono essere colpite da dermatofiti (cane, cavallo, bovino, coniglio, pollo) ma, essendoci un diverso tipo di vicinanza, il rischio di contagio, per noi, è molto minore. Le micosi contratte dagli animali sono potenzialmente diffusibili per contatto ad altre persone e, di rimando, agli animali stessi. L'instaurarsi della malattia cutanea è favorito, però, da fattori strettamente dipendenti dall'acidità della pelle, dalle secrezioni sebacee, sudoripare e dalle condizioni igienico-sanitarie del soggetto. Molto più gravi, ma fortunatamente più rare, sono le micosi profonde che interessano gli organi interni. Parliamo di Cryptococcus neofor mans, responsabile della Cryptococcosi, con forme polmonari e meningoencefaliche, purtroppo sempre più legate all'Aids. E' stato infatti diagnosticato, associato alla forma immunodepressiva, in percentuale dal 3 al 30 per cento dei casi, in base alla loro localizzazione geografica. Piccioni e gabbiani veicolano, nel loro intestino, il micete, diffondendolo con le loro feci. I primi propagano il Cryptococcus anche con il «latte di gozzo» con cui alimentano i loro piccoli nel nido, facendoli diventare a loro volta potenziali diffusori. Il gabbiano, coprendo distanze superiori ad altri uccelli, trasporta il fungo ben più lontano dalle zone più pericolose per il contagio. Informazione, controlli igienici mirati, disinfezione adeguata e indagini cliniche periodiche, cioè attenta profilassi: ecco la solita ma efficace strada per bloccare i contagi e far sì che il nostro rapporto con gli animali diventi migliore, per noi e per loro. Marco Buri


BOTANICA MEDICA Erbe, fiori e funghi al posto delle pillole Ma non cerchiamoli da soli
Autore: BONI NEVIO

ARGOMENTI: BOTANICA, MEDICINA E FISIOLOGIA
PERSONE: CARUTI ARTURO, VIGOLO GIORGINA
NOMI: CERUTI MAURIZIO, CARUTI ARTURO, VIGOLO GIORGINA
ORGANIZZAZIONI: ZANICHELLI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011. «Botanica medica, farmaceutica e veterinaria con elementi di botanica generale»

CHI, passeggiando per boschi e prati, non ha mai dato uno sguardo a erbe o piante, cercando di ricordare il disegnino dell'arbusto visto su quel settimanale con a margine spiegate le sue proprietà curative? Ma sarà davvero la pianta in questione o non piuttosto l'altra descritta come velenosa? Ormai da ogni parte si è bombardati da «antichi erbari» con titoli accattivanti: «Come curarsi da soli con le erbe», «La salute in casa» e così via confondendo. Le tentazioni, per gli ipocondriaci, sono molte. Ma il dubbio, per chi volesse cimentarsi nell'ardua conoscenza delle erbe salutari, resta. Nel gran mare delle pubblicazioni, fa da bussola il volume di Arturo Ceruti, professore emerito dell'Università di Torino, Maurizio Ceruti, ricercatore presso la Facoltà di Farmacia dell'Università di Torino, e Giorgina Vigolo, farmacista presso l'Ussl di Torino, «Botanica medica, farmaceutica e veterinaria con elementi di botanica generale» (Zanichelli). Il titolo mette soggezione, ma uno degli autori, Arturo Ceruti, ci incoraggia: «Il libro tratta le notizie fondamentali della botanica medica in modo esauriente e penso che si possa definire di facile consultazione, perché sono state inserite numerose tabelle sulla composizione vitaminica e delle sostanze alimentari sia per l'uomo sia per gli animali. Numerose sono poi le chiavi analitiche per giungere facilmente a determinare la specie. Vi sono più di 800 fra disegni e fotografie». Che molte piante aiutino a guarire è cosa nota e negli ultimi tempi è di moda usare le erbe per difendersi dalle malattie. Ma qui si parla addirittura di piante che possono prevenire i tumori. Spiega Ceruti: «E' stato dimostrato che i vegetali incidono anche sui nostri sistemi metabolici e immunitari, sia promuovendoli sia inibendoli. Analoga efficienza è posseduta da molti vegetali per quanto riguarda la tumorogenesi e l'antitumorogenesi. Non dimentichiamo che gli animali e l'uomo si sono evoluti grazie all'apporto metabolico e morfogenetico di vegetali, essendo le catene del carbonio essenzialmente di origine fotosintetica e la cura delle malattie essenzialmente di origine vegetale, come raccontano le tradizioni degli antichi egizi, cinesi, indiani e dei poeti Omero, Esiodo, Eschilo, nonché delle sacre scritture». Nulla di più sbagliato, però, che andare per boschi a cercare pianticelle o funghi miracolosi. «E' un errore che può rivelarsi fatale per gli inesperti - osserva Ceruti - benché alcuni funghi, come il Pleorotus ostreatus, che si può trovare normalmente sui mercati ortofrutticoli, possieda senza dubbio proprietà antitumorali. Malgrado il rinnovato interesse per le " cure alle erbe", non dimentichiamo però che in natura esistono sostanze tossiche che possono provocare anche la morte. E il volume le indica con scientifica precisione». Nevio Boni


SPETTROSCOPIO FCS Una tecnica laser aiuterà a cancellare la «finestra» nella diagnosi dell'Aids
Autore: PREDAZZI FRANCESCA

ARGOMENTI: OTTICA E FOTOGRAFIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: EIGEN MANFRED, RIGLER RUDOLF
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

MISURARE un cucchiaino di zucchero sciolto nel Mare del Nord non è più fantascienza, bensì un procedimento reso possibile dal nuovo spettroscopio a correlazione di fluorescenza (FCS), inventato dal premio Nobel per la chimica tedesco Manfred Eigen e dal biofisico svedese Rudolf Rigler. Un sistema che è più preciso di un fattore mille rispetto agli altri metodi di misurazione finora conosciuti. Per il futuro si pensa soprattutto ad applicazioni nel campo nella diagnosi medica, dove è utilissimo essere in grado di misurare entità piccolissime. In particolare, è allo studio un test per riconoscere il virus dell'Aids nelle sue primissime fasi. Con lo stesso procedimento, si potranno identificare ormoni, fattori di crescita o marcatori di tumore nel sangue. Lo spettroscopio FCS è infatti in grado di identificare fino a una singola molecola della sostanza cercata. Le biomolecole (per esempio, un virus nel sangue) di cui si vuole determinare l'esistenza, vengono «marcate» attraverso anticorpi ai quali è stata applicata una colorazione fluorescente. La sostanza da esaminare viene poi colpita da un raggio laser ridotto fino al diametro di un singolo batterio. Le molecole ricercate, accoppiate al loro anticorpo fluorescente, vengono così identificate ogni volta che passano nell'obbiettivo del raggio. I segnali luminosi che ne risultano sono memorizzati da un computer, che in questo modo è in grado di calcolarne la concentrazione. Il FCS è stato presentato nelle scorse settimane a Goettingen dalla Evotec, un'impresa fondata per commercializzare questa scoperta, che era nata come frutto casuale di una ricerca puramente scientifica. L'obbiettivo di Geigen, ricercatore dell'evoluzione, era infatti di riprodurre un'evoluzione molecolare «primitiva». In altri termini, studiare come, dalle prime molecole presenti sulla Terra, si possa essere passati ai primi organismi, quali frutto di «errori» nella moltiplicazione delle molecole di RNS. Per misurare le molecole mutanti nella sua «macchina dell'evoluzione», il premio Nobel di Goettingen aveva però bisogno di uno strumento di misurazione con una precisione di gran lunga superiore a quelli finora esistenti. Nasce così la collaborazione con lo svedese Rigler, del Karolinska Institut di Stoccolma, esperto di tecnica laser. Il nuovo metodo di misurazione sarà interessante soprattutto per la virologia. Per ora infatti l'identificazione di un virus avviene fondamentalmente in modo indiretto, sulla base della risposta immunitaria del corpo umano. In particolare, nel caso dell'Aids e delle donazioni di sangue, ciò comporta una «lacuna diagnostica» non indifferente. Passano infatti dai tre ai sei mesi tra il contagio con l'Aids e il riscontro di anticorpi HIV nel sangue. In realtà anche con la PCR (Polymerasis Chain Reaction) è possibile identificare la presenza di un virus, ma è un sistema piuttosto complesso che difficilmente può essere applicato per un test di routine, a differenza della tecnica laser, relativamente poco costosa e di facile utilizzazione. Francesca Predazzi


IN BREVE Space Telescope ora funziona bene
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

La correzione ottica del telescopio spaziale «Hubble» è perfettamente riuscita. Il sistema di specchi aggiuntivi montato in dicembre dagli astronauti dello shuttle permette ora di concentrare l'85 per cento della luce di una stella in un decimo di secondo d'arco. Prima, invece, soltanto il 15 per cento della luce veniva ben focalizzato, il resto si disperdeva, rendendo confusa l'immagine.


IN BREVE La Luna e un pianetino mete di «Clementine»
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

Alla fine di gennaio partirà la sonda «Clementine». Progettata dalla Nasa, entrerà in orbita intorno alla Luna, ne fotograferà alcune regioni ancora poco conosciute e poi si dirigerà ad un appuntamento con l'asteroide «Geographos», previsto per la fine di agosto. Questo pianetino appartiene al gruppo di piccoli corpi celesti che potrebbero scontrarsi con la Terra.


IN BREVE Tutta la scienza giorno per giorno
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
ORGANIZZAZIONI: SCIENZA & VITA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

Due volumetti intitolati «Eureka» concentrano tutte le scoperte e le invenzioni della scienza dal 1500 ad oggi. Li regala ai suoi lettori il mensile «Scienza & Vita», il primo con il numero di gennaio attualmente in edicola, il secondo con il numero di febbraio. L'autore è Giorgio Rivieccio. Le date prese in considerazione sono circa un migliaio. Il primo volume va dal 1500 al 1900. Il secondo riguarda il nostro secolo. Anche di qui si può avere un'idea di quanto il sapere scientifico sia cresciuto negli ultimi decenni.


IN BREVE «Nimbus», rivista di meteorologia
ARGOMENTI: METEOROLOGIA
ORGANIZZAZIONI: SOCIETA' METEOROLOGICA SUBALPINA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

La neonata Società Meteorologica Subalpina si è dotata di una rivista, intitolata «Nimbus». Diretta da Luca Mercalli, affronta il tema molto sentito di una ricerca meteorologica locale, a «maglie strette», concepita per integrare il servizio meteorologico nazionale gestito dall'Aeronautica militare, sull'esempio di quanto già avviene in altri Paesi come Francia, Svizzera, Austria. Le previsioni su scala locale sono particolarmente importanti per l'agricoltura, il turismo e la protezione civile.


IN BREVE «Ignitor», se ne parla domani a Vercelli
ARGOMENTI: FISICA
NOMI: COPPI BRUNO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

Il fisico Bruno Coppi illustrerà il suo progetto per la fusione nucleare «Ignitor» a Vercelli domani, ore 21, al Centro congressi Giulio Pastore.


STUDI DELLA NASA Marte sarà abitabile? Forse con un effetto serra artificiale
Autore: BATALLI COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

NONOSTANTE gli insuccessi di due sonde russe (Fobos 1 e 2) e recentemente della sonda americana Mars Observer, Marte rimane uno degli obiettivi fondamentali dell'esplorazione umana del sistema solare per via delle condizioni ambientali più favorevoli rispetto agli altri pianeti e del suo passato che avrebbe reso possibile uno sviluppo di vita primordiale. Nei prossimi anni sono previste le due missioni automatiche russe Mars '94 e '96 e la missione americana Mesur Pathfinder (1996), che dovrebbero preparare la missione umana verso il 2020- 2030. Alcuni scienziati americani, in previsione di una colonizzazione di Marte, stanno studiando come rendere il pianeta abitabile cambiandone artificialmente l'atmosfera. Da semplici calcoli risulta chiaro che sarebbe un'impresa impossibile portare dalla Terra i composti atmosferici necessari per rendere di tipo terrestre l'atmosfera marziana. Infatti sarebbe necessario un milione di miliardi di tonnellate di gas per innalzare la pressione marziana di 1 bar, mentre un razzo può trasportare al massimo 140 tonnellate di carico utile. Anche se Marte subisse un bombardamento cometario, come avvenne sulla Terra 4 miliardi di anni fa, sarebbe necessario più di un milione di comete del diametro di 2 chilometri per importare il gas necessario. L'unica soluzione immaginabile e forse realizzabile in parte a lunghissimo termine sarebbe quella di mutare i parametri ambientali del pianeta: la distribuzione dei gas volatili, la temperatura e la pressione superficiali, la composizione atmosferica, l'albedo (potere riflettente) planetaria, le precipitazioni e l'umidità. Il periodo di rotazione di Marte è simile a quello terrestre e la sua gravità (0,38 g) sarebbe sufficiente per un adattamento biologico a lungo termine. Poiché Marte è distante dal Sole 1,52 volte la distanza terrestre, la quantità di luce incidente è soltanto il 43 per cento di quella che riceviamo sul nostro pianeta, ma è molto maggiore di quanto necessario per la fotosintesi. Un parametro fondamentale è la temperatura media superficiale che per Marte è di tipo antartico (-60C), contro i più15C terrestri. Poiché un pianeta abitabile deve avere acqua liquida sulla superficie, bisognerebbe innalzare la temperatura del pianeta al di sopra di zero gradi centigradi. Quanto alla pressione atmosferica, mentre per le piante basterebbero 10 millibar di gas con prevalenza di anidride carbonica, per l'uomo è necessaria una pressione atmosferica di almeno 500 millibar, con una miscela di gas di tipo terrestre a forte predominanza di azoto e ossigeno. La strategia proposta dagli americani per raggiungere questi scopi si può riassumere in due fasi: riscaldare prima il pianeta e alterarne poi la chimica. La temperatura potrebbe essere aumentata riscaldando le cappe polari con specchi giganteschi o cospargendo i ghiacci con fuliggine o introducendo nell'atmosfera miscele di gas di tipo Cfc (clorofluorocarburi) che hanno la capacità di aumentare l'effetto serra e quindi di arricchire l'atmosfera di anidride carbonica e di vapore acqueo. Indipendentemente ora dal meccanismo utilizzato, l'energia necessaria per completare questa fase sarebbe circa l'equivalente di 10 anni di energia solare su Marte. Ammettendo di poter realizzare questo riscaldamento e di usare il 10 per cento dell'energia solare incidente, occorrerebbero circa 100 anni. Riguardo alla seconda fase, cioè la modificazione della composizione chimica marziana, l'unico meccanismo che potrebbe funzionare sarebbe quello di ricavare ossigeno da anidride carbonica. Ma l'energia necessaria sarebbe ancora maggiore di quella utilizzata per il riscaldamento del pianeta e ci vorrebbero circa 100 mila anni per ottenere un'atmosfera respirabile. In conclusione, gli studiosi sostengono che rendere il pianeta adatto alle piante sarebbe fattibile, mentre rendere il pianeta adatto all'uomo sarebbe praticamente irrealizzabile con le conoscenze attuali. Queste ricerche suggeriscono che una volta avviata la colonizzazione di Marte, si dovrebbe procedere nella seguente sequenza: produrre i Cfc (o altri gas adatti all'aumento dell'effetto serra) aumentando così la temperatura marziana di circa 20C. Dalla regolite marziana e dalle cappe polari evapora così l'anidride carbonica e la pressione atmosferica cresce di 100 millibar. Il processo poi si autosostiene e la pressione continua a crescere senza bisogno di altri interventi artificiali. A questo punto, in un arco temporale che va dai 100 ai 100 mila anni, Marte diventerebbe abitabile soltanto per le piante. E' chiaro che questi studi sono interessanti, ma assai prematuri in quanto le nostre conoscenze su Marte sono molto ridotte specialmente per quello che riguarda il sottosuolo. Ciò che però meraviglia in questi studi pubblicati su «Nature» è il fatto di non aver minimamente considerato la mancanza di un campo magnetico marziano. La vita sulla Terra è resa possibile da un campo magnetico generato all'interno del globo dal movimento del magma che funge praticamente da dinamo. Questo campo crea un efficientissimo scudo contro le particelle ionizzanti provenienti dal Sole (vento solare), in assenza del quale la vita verrebbe immediatamente distrutta. Ora, a che pro rendere Marte respirabile se poi sarebbero necessari 30 centimetri di corazza di alluminio per proteggere i «marziani» dalle radiazioni? Forse un giorno, quando la Terra dovesse divenire inabitabile a causa dell'alterazione dell'ecosistema, i terrestri dovranno emigrare e dovranno scegliere fra le colonie spaziali e il pianeta Marte che rimarrà senz'altro il più ospitale del sistema solare, ma non certo al livello descritto nel famoso romanzo di Asimov «Cronache marziane». Cristiano B. Cosmovici Istituto di fisica dello Spazio Cnr Frascati


CLIMATOLOGIA In archivio un anno caldo e secco Ma il 1993 non si è scostato molto dalla media
Autore: COLACINO MICHELE, CONTE MICHELE

ARGOMENTI: METEOROLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

QUANDO un anno finisce si usa fare un bilancio dei fatti politici, economici, sociali e così via. Ma non sempre questi bilanci sono obiettivi. Ciascuno di noi tende a considerare l'anno che si chiude positivo o negativo sulla base dei propri criteri di giudizio. Un bilancio analogo si può fare anche dal punto di vista climatologico. In questo caso però le impressioni personali contano meno, poiché si ha a che fare con la realtà dei dati di misura che non consentono interpretazioni soggettive. Vedremo così che l'analisi dell'andamento climatico dell'anno 1993 darà alcune conferme, ma anche alcune smentite, alle impressioni che qualcuno può aver maturato in merito. L'analisi che cercheremo di riassumere in questo articolo è stata effettuata utilizzando i dati delle stazioni italiane inserite nella rete Climat dell'Organizzazione meteorologica mondiale; dati che, assieme a quelli raccolti negli osservatori di altri 163 Paesi aderenti all'organizzazione, consentono di definire quantitativamente il clima del pianeta. Normalmente la descrizione dell'andamento climatico si fa prendendo in considerazione diversi parametri: radiazione solare, copertura del cielo, temperatura dell'aria, umidità, precipitazioni, venti e così via. In pratica, nella vita di tutti i giorni si è portati, però, a percepire essenzialmente il caldo e il freddo, l'asciutto ed il bagnato, in sostanza, quindi, a considerare temperatura e precipitazioni. Per quanto riguarda il primo aspetto, nell'anno appena terminato si è avuta in genere la sensazione di un andamento caratterizzato da temperature miti con prevalenza di giornate molto calde in estate e non troppo fredde in inverno. Questa sensazione è confermata in pieno dalla analisi dei dati osservazione. In media sul territorio nazionale la temperatura annuale è stata di circa 0,7 gradi centigradi più alta rispetto al valore di riferimento, che è la media calcolata per il trentennio 1951-1980. Si tratta di uno scarto positivo molto elevato, più alto rispetto al dato medio planetario e tale da collocare il 1993 tra gli anni più caldi registrati in Italia a partire dalla metà del secolo scorso. Ovviamente i lettori si porranno la domanda se si tratti di un aumento dovuto all'azione delle attività umane che, facendo crescere la concentrazione nell'atmosfera di alcuni gas costituenti minori come Co2, Ch4, Cfc, danno luogo a un incremento dell'effetto serra. La risposta non può che essere interlocutoria: l'aumento di temperatura finora registrato è compatibile con quanto previsto negli scenari climatici dell'effetto serra. Tuttavia esso può anche rientrare nella normale variabilità del clima. Si calcola che per avere una risposta non equivocabile in merito, con gli attuali ritmi di emissione di gas a effetto serra, occorra un tempo dell'ordine dei 15-20 anni. L'anomalia di temperatura non è stata uniforme su tutte le regioni: quelle del versante adriatico, del medio e basso versante tirrenico e la Sardegna hanno sperimentato aumenti di temperatura anche superiori ad 1C rispetto alla media di riferimento. Più contenuta la crescita in Piemonte, Liguria ed Alta Toscana. Se si passa alle precipitazioni, la sensazione di ciascuno di noi, specie dopo le piogge e le nevicate dell'autunno e dell'inizio di inverno (basta pensare alle precipitazioni in Liguria, Piemonte, Lombardia, Alta Toscana, spesso accompagnate da alluvioni ed esondazioni di fiumi e laghi), è che il 1993 sia stato nel complesso un anno piovoso. I dati smentiscono in pieno questa percezione: in complesso nell'arco dell'anno appena passato è caduto solo l'80 per cento della pioggia aspettata che è, anche in questo caso, il valore medio del trentennio 1951-1980. Di fatto alle intense e abbondanti piogge autunnali hanno fatto da contraltare lunghi periodi siccitosi in inverno ed estate. Anche per le precipitazioni l'anomalia non è stata uniformemente distribuita sul territorio nazionale: mentre sulle regioni nord-occidentali, sull'Alta Toscana, la Sicilia e la Sardegna i millimetri precipitati sono prossimi alla media, altrove i valori si discostano notevolmente. In particolare, piogge scarse si sono avute sul versante adriatico, dove si va dal 63 per cento del valore medio registrato a Venezia, al 30 per cento di Ancona ed al 44 per cento di Bari; Piogge scarse anche sul versante ionico della Sicilia, con Catania al 45 per cento; e sul medio e basso versante tirrenico, con Roma al 70 per cento e Napoli al 65 per cento. In conclusione, possiamo dire che dal punto di vista climatico il 1993 sarà archiviato come un anno relativamente normale, con due scarti dalla media: un po' più caldo del solito e, nonostante le alluvioni dell'autunno, piuttosto poco piovoso, con anomalie più marcate lungo il versante adriatico e quello del medio- basso Tirreno. Michele Colacino Michele Conte Cnr, Istituto di fisica dell'atmosfera


SCAFFALE Hsu Kenneth J.: «La grande moria dei dinosauri», Adelphi
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

ANCORA dinosauri! Pare di sentire la desolata esclamazione dei lettori. Sì, ancora dinosauri. In un libro che, nonostante il tema inflazionato, vale la pena di leggere. L'autore è un illustre geologo cinese che ha insegnato nelle Università americane e in Svizzera. E' difficile però dire se questo Kenneth Hsu sia più brillante come scienziato o come scrittore. Questo saggio sull'estinzione dei giganteschi rettili è costruito come un giallo ed è godibilissimo anche dal punto di vista letterario. Inoltre solleva interessanti problemi sulla teoria dell'evoluzione, pur accettando la tesi di fondo della scomparsa dei dinosauri a causa dello scontro tra la Terra un asteroide. Una tesi avanzata dagli Alvarez padre e figlio poco più di dieci anni fa, subito molto discussa e addirittura derisa, ma oggi largamente accettata, tanto più che di recente nella regione dello Yukatan sarebbe stata individuata la traccia dell'impatto del pianetino- killer. D'altra parte la teoria degli Alvarez ha contribuito ad attirare l'attenzione sugli «incidenti» cosmici portando a risultati di grande interesse. Nel suo primo numero del 1994 «Nature» pubblica un articolo di Chapman e Morrison secondo il quale in un secolo la Terra ha una probabilità su diecimila di subire l'impatto di un asteroide dal diametro di un paio di chilometri. Un rischio non trascurabile: ognuno di noi ha più probabilità di morire per un asteroide che per un tornado.


SCAFFALE Pace Giovanni M.: «Gli italiani dell'età della pietra», Longanesi
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

Su è giù per la Penisola sulle tracce dei nostri più lontani antenati: dai misteriosi uomini di Isernia alla «donna di Venosa», dall'uomo di Cro-Magnon all'uomo di Similaun. Sono molti i libri divulgativi di paleoantropologia, ma questo è forse il primo interamente focalizzato sui ritrovamenti italiani. Che non possono ovviamente competere per antichità con quelli africani, ma in compenso hanno il pregio di riguardarci direttamente. Come sempre quando la penna è quella di Giovanni Maria Pace, la lettura è molto agile e piacevole.


SCAFFALE Accati Garibaldi Elena: «Trattato di floricoltura», Edagricole
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: BOTANICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

La coltivazione dei fiori è un hobby intelligente, gentile e diffusissimo. Questo completissimo trattato non è certo stato scritto per i dilettanti. Rigoroso e sistematico nella disposizione della materia (fiori recisi, fronde, piante da appartamento e da giardino, arbusti), si rivolge ai professionisti ed è uno strumento prezioso al servizio di una forma di agricoltura avanzata, ad alto valore aggiunto, la cui importanza economica in Italia è quadruplicata negli ultimi vent'anni. Ma ciò non toglie che anche i dilettanti lo troveranno utilissimo.


SCAFFALE Ripa di Meana Carlo: «Una politica per la Terra», Muzzio Editore
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

Lo sviluppo conciliato con l'ambiente è al centro di questo saggio di Carlo Ripa di Meana, uno dei portavoce dei «verdi» italiani. Un problema dalle dimensioni planetarie che neppure i molti spunti autobiografici disseminati tra le pagine possono far passare in secondo piano. La conclusione: «Le risorse naturali di questo villaggio nel quale siamo confinati vanno organizzate altrimenti. Ma per fare questo occorre che ciascuno sia disposto, ogni giorno, a tenere in osservazione la Terra con lo sguardo della vedetta».


SCAFFALE Haggett Peter: «L'arte del geografo», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

Solo pochi secoli fa si aveva un'idea molto imprecisa delle dimensioni della Terra: Cristoforo Colombo la immaginava circa un terzo di quella che è in realtà. Oggi i satelliti geodetici ci permettono di misurare le montagne con errori di qualche centimetro. L'affascinante storia della rappresentazione del nostro pianeta, ma soprattutto la sua «filosofia», Haggett (Università di Bristol) ce le racconta in modo brillante e personale.


«DOUBLE IMAGE» E' pronta una tecnologia per raddoppiare la disponibilità di canali tv
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, TECNOLOGIA, TELEVISIONE, ELETTRONICA
ORGANIZZAZIONI: BREIN
LUOGHI: ITALIA, NAPOLI (NA)
NOTE: 010

LO spazio assegnato alle trasmissioni di segnali radio- televisivi è caotico e saturo come l'autostrada del Sole il primo di agosto. Tutti i canali - le corsie stradali dell'etere - sono zeppi di informazioni tanto da rendere difficile la sintonizzazione dei segnali più deboli e dover regolamentare con severità la nascita di nuove emittenti. Il problema potrebbe esser risolto a partire dal prossimo autunno, quando sarà disponibile un nuovo sistema in grado di raddoppiare la capacità di trasmissione e ricezione di segnali televisivi. Come se, a parità di corsie, si potesse da un giorno all'altro raddoppiare il traffico delle vetture sulle autostrade. E' il «Double image», un piccolo apparecchio progettato e realizzato dalla Brein di Napoli, che ha investito oltre un miliardo e mezzo di lire nelle ricerche. In ogni sistema televisivo, le immagini da trasmettere sono smontate in microscopici puntini (detti pixel) che viaggiano dai ripetitori alle antenne sui tetti delle nostre case. Qui i televisori domestici decodificano il segnale e rimontano le immagini. Lo standard televisivo usato in Italia, il Pal, prevede che ogni quadro (cioè ogni singolo fotogramma) sia composto da 625 righe di pixel che vengono trasmesse in 1/25 di secondo: prima vengono trasmesse le 312,5 righe dispari (che formano il semiquadro dispari), quindi, nel cinquantesimo di secondo successivo, vengono impacchettate e spedite le restanti 312, 5 righe del semiquadro pari. A casa sul tubo catodico il puzzle viene ricomposto e, data la rapidità di tutta l'operazione (praticamente in tempo reale) l'occhio non si accorge di nulla. Il sistema Double image riesce a controllare contemporaneamente due segnali video e, grazie a una commutazione elettronica, ogni cinquantesimo di secondo lascia passare il semiquadro dispari della trasmissione A e, nel cinquantesimo di secondo successivo, dà il via libera al semiquadro pari della trasmissione B. E così via. Il segnale video risultante ha le stesse caratteristiche e gli stessi «ingombri» dei normali segnali televisivi, ma porta con sè il semiquadro pari di un'immagine e quello dispari di un'altra immagine. Tentando di riceverlo con un normale tivucolor non si otterrebbe che un'indecifrabile confusione. Per tornare alle due immagini originali occorre un apposito «decomposer», capace, per ciascun segnale di ricostruire le 312,5 righe mancanti, il tutto con la più assoluta regolarità dello scorrere delle immagini. Il «decomposer» possiede una sofisticata memoria che trattiene per un cinquantesimo di secondo ogni semiquadro che riceve duplicandolo istantaneamente. I segnali A e B in ricezione sono dunque costituiti da due segnali-fotocopia, essendo le righe dispari o pari la duplicazione delle rispettive righe pari o dispari. Curiosamente se alla fonte si trattava di un segnale analogico, al momento della riproduzione si ottiene segnale misto analogico-numerico: per metà (un semiquadro) l'immagine è la normale commutazione del segnale di partenza, mentre il secondo semiquadro deriva dall'elaborazione di una memoria digitale. Il Double image è un sistema particolarmente raffinato e l'occhio umano non riesce a distinguere, osservando contemporaneamente due monitor, quale immagine è quella di partenza e quale è stata trattata e parzialmente ricostruita, vantaggi: trasmettere due immagini su un solo canale o videoregistrare due trasmissioni contemporaneamente su una sola videocassetta. Poco prima di Natale la Brein ha presentato il prototipo del sistema: ora si sta impegnando per la sua commercializzazione, in due direzioni. una versione del Double image destinato alle emittenti televisive e un'altra (praticamente il solo decomposer da usare con gli apparecchi televisivi domestici) destinato al grande pubblico. Sarà grande quanto un pacchetto di sigarette e non dovrebbe costare più di 300 mila lire. Andrea Vico


LABORATORIO Italia della biologia fuori dall'Europa?
Autore: P_BIA

ARGOMENTI: BIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: ENBL LABORATORIO EUROPEO DI BIOLOGIA MOLECOLARE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 009

COME certi mariti pronti a sacrificare la loro virilità per far dispetto alla moglie, l'Italia potrebbe uscire dal Laboratorio europeo di biologia molecolare (Embl) per dare una lezione ai partner, accusati di non restituirci in posti e commesse una quota proporzionale a quanto investiamo. L'Italia aderì al Laboratorio europeo di biologia molcolare nel 1973, e fu una saggia decisione. Solo stando dentro una struttura come l'Embl è possibile tenersi al passo con i Paesi più avanzati. Del resto la stessa cosa avviene in fisica fondamentale: basti pensare a che cosa ha significato culturalmente e industrialmente partecipare al Cern di Ginevra, aldilà del Nobel a Carlo Rubbia. La denuncia del malessere italiano all'Embl risale già al ministro Fontana. Umberto Colombo, quindi, si trova a gestire (per poco, viste le dimissioni del governo Ciampi) una vicenda impostata da altri. Che i «ritorni» all'Italia dall'Embl siano inferiori al nostro contributo, è vero. Bisogna però anche domandarsi perché è così. E la risposta è triste. I ritorni sono scarsi perché spesso i nostri ricercatori e le nostre industrie non riescono a competere con i rispettivi partner europei. La cura, quindi, non è andarsene sbattendo la porta, ma diventare più bravi. Cosa possibile solo restando nell'Embl. Altrimenti fra qualche anno in biologia molecolare saremo ridotti a confrontarci con la Nigeria. Tutto ciò è abbastanza chiaro a tutti. Perché allora pensare a uscire dall'Embl? Circolano malignità. Perché un nostro candidato, Glauco Tocchini-Valentini, non è stato accettato come direttore del laboratorio. O perché nei progetti dell'Embl c'è l'istituzione di centri di ricerca autonomi che sottrarrebbero potere ai nostri cattedratici del settore. Ma naturalmente - ripetiamolo - si tratta di pure e semplici malignità.


INFORMATICA Una scelta che pone condizioni Undicesima puntata
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 012

IL calcolatore può prendere decisioni, è in grado cioè di controllare se esiste una determinata condizione e, di conseguenza, scegliere se proseguire con un dato lavoro oppure passare a un altro. Si tratta di una «scelta condizionata». Facciamo un esempio. Guardiamo la televisione e decidiamo di cambiare canale se il programma in onda non ci interessa più. La scelta è «condizionata» dal gradimento o meno del programma: «SE il programma interessa ALLORA lo si guarda». In questo caso la scelta «Guardare il programma» viene attuata soltanto se si verifica la condizione «Il programma interessa». In caso contrario si decide di «cambiare canale». Nei diagrammi di flusso la scelta condizionata viene rappresentata con un rombo. Il diagramma di flusso relativo all'esempio precedente è: Nel BASIC l'istruzione condizio nale, cioè l'istruzione che pone una certa condizione, prima dell'esecuzione di un'altra istruzione, prende la forma: IF «condizione» THEN «istruzione conseguente». IF («SE») la condizione è soddisfatta, THEN («ALLORA») l'istruzione conseguente viene eseguita. In pratica quando il calcolatore incontra un'istruzione IF... THEN..., esegue un certo lavoro, se è verificata la condizione specificata, altrimenti passa alla linea successiva del programma. Vediamo qualche esempio di applicazione dell'istruzione condizionale. a)Scriviamo un programma per controllare se un numero è positivo. 10PRINT "INTRODUCI UN NU MERO" 20INPUT N 30IF N 40END b)Scriviamo un programma che controlla il risultato di una moltiplicazione, dati due numeri. 10CLS 20PRINT "SCRIVI DUE NUME RI" 30INPUT A, B 40PRINT "SCRIVI IL RISULTA TO DELLA SEGUENTE MOLTIPLICA ZIONE:' 50PRINT A; " x "; B 60INPUT PRODOTTO 70IF PRODOTTO = A * B THEN GOTO 100 80PRINT "LA RISPOSTA E' SBAGLIATA, RIPROVA" 90GOTO 40 100PRINT "BRAVO, LA RISPO STA E' ESATTA!" 110END c)Scriviamo un programma per controllare se hai capito il BASIC. 10CLS 20PRINT "QUAL E' L'ISTRU ZIONE CHE CANCELLA LO SCHER MO" 30INPUT RISP1$ 40IF RISP1$ = "CLS" THEN GOTO 70 50PRINT "LA RISPOSTA E' SBAGLIATA... RIPROVA" 60GOTO 20 70PRINT "LA RISPOSTA E' ESATTA. PROSEGUIAMO" 80PRINT "CON QUALE SIMBO LO SI INDICA LA MOLTIPLICAZIO NE" 90INPUT RISP2$ 100IF RISP2$ = "*" THEN GO TO 130 110PRINT "LA RISPOSTA E' SBAGLIATA... RIPROVA" 120GOTO 80 130PRINT "LA RISPOSTA E' ESATTA." 140END Provi il lettore ad allungare il programma con altre domande. d)Vediamo il programma che, dati due numeri, li visualizza in ordine crescente. 10CLS 20PRINT "INTRODUCI IL PRI MO NUMERO" 30INPUT A 40PRINT "INTRODUCI IL SE CONDO NUMERO" 50INPUT B 60PRINT "ECCO I DUE NUME RI IN ORDINE CRESCENTE:" 70IF A 80IF A 90IF A = B THEN PRINT "I DUE NUMERI SONO UGUALI" 100END


Quella coda del sapone amica dei grassi LA PAROLA AI LETTORI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 012

Come fa il sapone a pulire? I saponi sono sostanze dette «tensioattivi». La loro struttura èsuddivisibile in due parti chimicamente diverse: una parte apolare, detta «coda lipofila», (cioè amica dei grassi); una parte polare, detta «testa idrofila», cioè amica dell'acqua. Quando si usa il sapone, la coda lipofila lega a sè le molecole di grasso, quindi lo sporco. La testa idrofila invece si lega chimicamente all'acqua. Durante il risciacquo l'acqua, usata in grande quantità, porta via il sapone con il grasso a esso legato. Monica De Facis, Volpiano (TO) Il potere detergente del sapone è dovuto alla sua struttura molecolare particolare, che permette l'emulsione (divisione in goccioline) dei grassi e degli oli che accompagnano la sporcizia: ogni molecola di sapone circonda le goccioline di grasso e di olio, impedendone la fusione. Quando si mette un tessuto sporco in acqua, la parte idrosolubile della molecola del sapone «lega» i grumi di sporcizia. Le molecole di sapone salgono in superficie perché «trascinate» dalla parte idrofila e così si ha il distacco della sporcizia dal tessuto. Vincenzo Parisi, Torino Perché il ghiaccio a volte scivola di mano, altre volte invece si attacca alle dita? I due opposti comportamenti del ghiaccio, che per semplificare identificheremo come «cubetto», dipendono dalla sua temperatura. Il cubetto ottenuto alla temperatura di -3, nella cella frigorifera del vecchio «frigor», appena preso in mano assorbe una piccola quantità di calore e forma sulla propria superficie un leggero velo d'acqua che lo rende scivoloso. Invece il cubo ottenuto nel moderno «freezer» a tre stelle, alla temperatura di -18, assorbe una quantità assai maggiore di calore, tale da congelare quasi istantaneamente la piccola quantità di vapore che, per effetto della traspirazione, emana dalle dita e da formare un unico blocco solido fra cubetto, vapore congelato e strato più esterno della pelle. Questo fenomeno è di breve durata perché la quantità di calore che passa dalle dita al ghiaccio provoca la liquefazione della superficie esterna del cubetto e il suo distacco dalla pelle. Fabio Borsani, Verbania Come fanno le mosche a camminare a zampe in su sul soffitto? Come tutti gli artropodi (il gruppo che comprende insetti, ragni e crostacei), le mosche hanno un paio di unghielli e due cuscinetti a ventosa su ogni zampa, che consentono loro di camminare anche stando capovolte. Inoltre, al posto delle ali posteriori, possiedono un paio di organi a forma di clava, i bilancieri, che vibrano rapidamente durante il volo per tenerle in equilibrio, far cambiare direzione e atterrare. La mosca di avvicina al soffitto volando a testa in su. All'ultimo momento, esegue un rapido mezzo salto all'indietro e si posa capovolta. Maria Voiello, Genova Vorrei proprio vedere come potrebbero non avere i sei piedini appiccicosi, dopo aver passato la giornata sulla marmellata! Lorenzo Lopez Somale Vignolo (CN) Quali specialità rientrano nel pentathlon? Con quale criterio furono scelte? Sono diverse, per uomini e per donne? Il pentathlon moderno, che risale al 1912, è disciplina maschile, femminile e, dal 1952, anche a squadre. Uomini e donne affrontano prove diverse. Le gare maschili sono: equitazione (800 metri con quindici ostacoli), scherma-spada, nuoto (300 stile libero), tiro a segno e corsa campestre (4000) Attilio Novelli, Pescara Pierre de Coubertin scelse le cinque discipline del pentathlon pensando agli ufficiali delle Forze Armate, che avrebbero potuto dare prova del loro addestramento e delle loro capacità militari. L'ippica, il tiro a segno e la scherma presentano relativamente pochi problemi, se l'allenamento è intenso e costante. Per le altre due specialità, occorre più attenzione e assiduità. Il pentathlon femminile, inserito tra le competizioni olimpiche nel 1964, comprende gare diverse, che si disputano in due giornate: ottanta metri ostacoli, getto del peso, salto in alto, salto in lungo, duecento metri piani. Ivana Biorci-Izzo, Novara


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 012

QQual è la forma aerodinamica per eccellenza? La palla, la goccia d'acqua o il missile? Pietro Vergnano QPerché il legno brucia e il ferro no? QI ventriloqui parlano davvero con il ventre? QPerché, all'interno di una stessa regione, alcuni animali vanno in letargo, altri no?


STRIZZACERVELLO Uno due tre. Sempre più in alto
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 012

Non sempre i problemi di matematica ricreativa richiedono particolari nozioni: a volte può bastare anche solo un po' di fantasia. E' il caso delle due domande formulate nel problemino di questa settimana, che sono le seguenti: a) esprimere, con le sole tre cifre 1,2,3, il più alto numero possibile; b) esprimerne uno ancora superiore utilizzando sempre la cifra 1 e la cifra 2 ma sostituendo al 3 della precedente domanda una seconda cifra 2. La soluzione domani, accanto alle previsione del tempo.


Come funziona il simulatore di volo. Sotto la pista il motore dell'aeroplano
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 012

Il simulatore di volo. Interno della cabina. E' la replica esatta della cabina di pilotaggio. Simulazione visiva. Riproduce sul vetro la visione che avrebbe il pilota volando nella località e nelle condizioni di volo selezionate dagli istruttori. Simulazione sonora. Vengono riprodotti tutti i suoni che è possibile ascoltare in cabina di pilotaggio durante un volo. Effetti speciali. E' possibile simulare un incendio in volo o riprodurre gli effetti di violente turbolenze. Gambe idrauliche. Simulano il movimento reale in tutte le dimensioni dello spazio.




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