TUTTOSCIENZE 2 giugno 93


NEI SEGRETI DELLA VITA La formula dell' uomo E' quasi finita la mappa del Dna
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: GENETICA, MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
PERSONE: DULBECCO RENATO
NOMI: DULBECCO RENATO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 085. Progetto Genoma

DALLA California a Segrate il passo è lungo, ma Renato Dulbecco lo ha compiuto senza esitazioni. Premio Nobel nel ' 75 per le sue ricerche sul cancro, nato a Catanzaro nel 1914 ma laureato a Torino nelle stesse aule frequentate allora anche da Rita Levi Montalcini e Salvador Luria, altri due futuri Nobel, da aprile Dulbecco si è trasferito all' Istituto di tecnologie biomediche avanzate del Cnr. Gli svincoli della tangenziale milanese e l' edificio del San Raffaele sono oggi il suo paesaggio, un po' diverso da quello di La Jolla e del Salk Institute, a un passo dall' Oceano Pacifico. Quasi ottantenne, Dulbecco ha deciso di tornare in Italia per occuparsi del Progetto Genoma e di ricerca oncologica: con il Cnr ha firmato un contratto di cinque anni, fiore all' occhiello della conclusa gestione di Rossi Bernardi, preziosa eredità per Garaci, neopresidente del Consiglio nazionale delle ricerche. «Ho trovato dice Dulbecco un ottimo ambiente di lavoro. Credo che anche in Italia si possa fare scienza ad alto livello, purché si riesca a sfuggire al mal di burocrazia». Il Progetto Genoma è l' impresa più ambiziosa che mai la biologia abbia affrontato: si tratta di leggere l' intero codice genetico umano, paragonabile a un testo di tre miliardi di caratteri, qualcosa come cinquemila libri. Libri noiosi, ripetitivi, ma con qualche pagina di grande interesse là dove stanno i centomila geni che controllano ogni particolare del nostro organismo: dalla struttura del cervello al colore dei capelli. I caratteri in cui è scritto il romanzo del genoma sono minuscole entità chimiche chiamate basi e contenute nella molecola a doppia elica del Dna. «Quando si è incominciato a parlare del Progetto Genoma spiega Dulbecco due ricercatori erano in grado di analizzare, in media, 500 basi al giorno. Con questo ritmo ci sarebbero voluti centomila anni uomo per portare a termine l' impresa. Quando nel 1987 il lavoro è stato effettivamente avviato, le cose andavano già meglio: si potevano analizzare frammenti di 50 mila basi. Oggi con nuovi metodi si analizzano pezzi con due milioni di basi. Questo ha accelerato di 40 volte tutto il processo. Anche l' automazione delle tecniche di analisi ha dato un grande aiuto, e questa migliorerà ancora. Il traguardo, quindi, è abbastanza vicino». In ogni caso il completamento della lettura «non è cruciale». Si punta prima a fare la mappa, poi a leggerne quelle parti che sembrano più interessanti. «La lettura, anzi, è già incominciata, là dove si riesce a identificare qualche gene. Il gene si può riconoscere dal fatto che quando funziona fa una copia di se stesso, che si chiama messaggero. Il metodo più conveniente consiste nell' identificare questi messaggeri, o un pezzo di un messaggero: di lì si va poi a individuare il gene». L' Italia nel Progetto Genoma fa la sua parte. «Noi ci occupiamo di una sezione del cromosoma sessuale X, una zona contenente circa 50 milioni di basi, piccola ma molto significativa perché molto ricca di geni. Il lavoro è molto avanti, e il mappaggio è stato fatto con grande cura, guardando più alla qualità che alla quantità », dice Dulbecco. In questo progetto internazionale da vari miliardi di dollari, non tutto è stato pacifico. Sulla lettura del genoma si è scatenata una battaglia per brevettarne delle parti a scopo commerciale. «Per fortuna spiega Dulbecco la richiesta di brevetto è stata respinta dall' Ufficio competente degli Stati Uniti. Inoltre a sostenere il brevetto era la direttrice del National Health Institute, che era stata scelta da Bush. Ora con Clinton le cose cambieranno». Si può pensare a un controllo dell ' Oms, l' Organizzazione mondiale della Sanità, sui risultati del mappaggio? Secondo Dulbecco non ce n' è bisogno: «Il problema non è controllare questa massa di informazioni ma metterla a disposizione degli studiosi, e questo si fa tramite banche dati collegate in una rete mondiale dagli Stati Uniti alla Svezia, dalla Francia all' Inghilterra, alla Germania. La conoscenza pura non può e non deve essere brevettabile. Quello che invece ha senso brevettare è un sistema di produzione di qualcosa, per esempio un farmaco, eventualmente a partire da conoscenze genetiche». Le ricadute del Progetto Genoma saranno fondamentali in molti campi della medicina, e specialmente nella cura dei tumori. «Il cancro è una malattia dei geni, e questo si è scoperto studiando il comportamento dei virus. Ora si potranno studiare i geni implicati nei tumori, e quindi si potrà parlare di nuove terapie». Una voce insistente è che l' Aids assorbe molti fondi che sarebbero potuti andare alla ricerca sul cancro: «L' Aids è un problema molto serio quindi è logico che una parte dei fondi sia stata dirottata. Ma non sono soltanto i soldi a fare il progresso della scienza. Ci vogliono le idee, le persone, l' intelligenza. Non sempre si finanziano ricerche di alto livello, c' è una produzione di secondo livello che può essere tagliata». A Dulbecco recentemente è stato presentato l' Istituto per la ricerca e la cura del cancro che sta sorgendo a Torino per iniziativa della Fondazione presieduta da Allegra Agnelli. Qui studi di base si svolgeranno accanto a reparti di terapia, creando una stretta connessione tra i due momenti. «E' importante dice Dulbecco che ricerca fondamentale e applicazioni cliniche siano molto ravvicinate. Troppi istituti di ricerca sono ancora scarsamente collegati con gli ospedali». Tra le linee di lotta al cancro ultimamente si sta affermando quella immunologica. Che ne pensa? «I primi risultati sono incoraggianti. Il problema è se ci sia una risposta immunitaria contro il cancro. Pare di sì, ma è una risposta silente, che deve essere attivata, ed è ciò che oggi si cerca di fare. Una strada del genere può essere interessante anche per l' Aids. Attraverso lo studio dei geni del sistema immunitario si potrebbe arrivare a una situazione in cui il paziente convive con il virus senza gravi conseguenze come oggi molti convivono con un virus dell' Herpes». E «molto interessanti aggiunge sono le terapie geniche che si è incominciato a fare negli Stati Uniti e qui a Milano, al San Raffaele. I primi risultati sono molto buoni. Bisognerà vedere fino a che punto si potrà arrivare. La terapia genica va bene quando si tratta di cellule accessibili, come quelle del sangue e quelle dei muscoli, forse anche quelle del fegato. Quando le cellule sono inaccessibili, come quelle del cervello, allora c' è poco da fare. Sulle cellule somatiche le possibilità sono parecchie. Ma quanto a interventi sulle cellule germinali, oggi sono impensabili. In futuro, chissà .. ». Piero Bianucci


SCOPERTO IN AUSTRALIA E' l' organismo più antico I primi passi della vita secondo Crick
Autore: COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA, PALEONTOLOGIA
NOMI: CRICK FRANCIS, SCHOPF WILLIAM
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D.
NOTE: 085

TRE sono oggi le ipotesi circa l' origine della vita sul nostro e su altri pianeti della galassia. La prima si chiama «panspermia» e fu proposta dallo scienziato svedese Arrhenius fin dal 1908. Essa prevede il trasporto di microorganismi da un pianeta vivente a uno inerte tramite la pressione di radiazione della luce emessa dalle stelle. Esperimenti di laboratorio hanno però dimostrato che nessun tipo conosciuto di spore potrebbe sopportare le radiazioni interstellari per migliaia o milioni di anni rimanendo ancora vitale. La seconda ipotesi, sempre più credibile dopo le scoperte effettuate nel 1986 dalla sonda spaziale «Giotto» nelle immediate vicinanze della cometa di Halley, prevede il trasporto di materiale organico complesso dallo spazio interstellare o interplanetario tramite comete e meteoriti. La terza ipotesi, quella più conservatrice, si basa unicamente sull' origine autoctona della vita sul nostro pianeta, assumendo la preesistenza del materiale organico necessario all' evoluzione biologica. Già da una ventina di anni si conoscevano microfossili vermiformi di procarioti (organismi simili a batteri) trovati in sottili stratificazioni carbonacee, databili al primo Precambriano (3 3, 3 miliardi di anni) e ritrovati nel gruppo di Warrawoona (Australia Occidentale). Recentemente però il pioniere della paleobiologia, William Schopf (Science, 30 aprile ' 93), ha scoperto 11 tipi differenti di microbi vermiformi perfettamente conservati in una selce stratificata nell' Australia Nord Occidentale. Questi fossili rappresentano i più antichi organismi viventi datando 3405 milioni di anni. La scoperta, oltre che sensazionale, è anche fortunosa perché è difficilissimo trovare indizi paleobiologici così antichi in quanto la maggioranza dei reperti geologici è stata fortemente alterata dal metamorfismo La regione australiana di ritrovamento sembra essere la zona più promettente per queste ricerche in quanto essa risulta da una sequenza di rocce sedimentarie relativamente ben conservate, spesso una trentina di chilometri e datato 3 3, 5 miliardi di anni. Questi procarioti cellulari sono 1300 milioni di anni più antichi di quelli simili finora ritrovati. Dal punto di vista evoluzionistico ciò apre nuovi spiragli alle nostre conoscenze sui microorganismi primordiali in quanto significa che i fotosintetizzatori cianobatterici esistevano già 3, 5 miliardi di anni fa. Questa scoperta sarebbe rimasta certamente sconosciuta all' opinione pubblica se il premio Nobel Francis Crick, uno degli scopritori della struttura del Dna, non avesse fatto una dichiarazione che ha messo a soqquadro la comunità scientifica internazionale. Poiché il nostro pianeta, come il sistema solare, è nato 4, 6 miliardi di anni fa dal collasso gravitazionale di una nebulosa, e poiché nei primi cinquecento milioni di anni la Terra è stata oggetto di un bombardamento continuo da parte di comete e meteoriti, restano poco più di cinquecento milioni di anni per l' evoluzione della materia organica preesistente o importata da non vivente a vivente. Ebbene, secondo Crick in tale «breve» lasso di tempo sarebbe stata impossibile l' evoluzione di organismi viventi come quelli ritrovati in Australia. Rifacendosi a un suo libro scritto più di dieci anni fa che fu ritenuto troppo fantascientifico, Crick si spinge molto al di là della teoria della panspermia affermando che a suo avviso i microorganismi ritrovati non sono terrestri e neanche casualmente importati all' interno di meteoriti carbonacee. Secondo lui tali microorganismi sarebbero stati sparsi nella galassia da civiltà tecnologicamente evolute allo scopo di inseminare tutti i pianeti abitabili e favorire una evoluzione biologica simile a quella del pianeta di origine. Se ciò fosse vero, i 5 milioni di pianeti della nostra galassia che si presume siano abitati potrebbero ospitare esseri intelligenti con le nostre stesse informazioni genetiche primordiali. Un motivo di più per far decollare il progetto di bioastronomia presentato recentemente al Cnr da 24 Istituti di ricerca nazionali e che coinvolge per la prima volta in maniera multidisciplinare astrofisici, biologi, chimici e geologi. Cristiano B. Cosmovici Istituto di Fisica dello spazio, Cnr, Frascati


TG LEONARDO La scienza della Tv se ne va in vacanza
Autore: P_B

ARGOMENTI: DIDATTICA, TELEVISIONE, PROGRAMMA, SCIENZA
NOMI: ANTONETTO ROBERTO
ORGANIZZAZIONI: RAITRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 085. «Telegiornale scientifico»

POCO più di cinque mesi fa salutavamo la nascita del primo telegiornale scientifico italiano ed europeo: «Leonardo», un quarto d' ora di informazioni sul mondo della ricerca in onda su Rai 3 alle 13, 45. Ora ci troviamo ad augurargli buone vacanze. Vacanze così lunghe, per la verità, da sembrare una cassa integrazione. «Leonardo», infatti, riprenderà le trasmissioni soltanto in ottobre. Un' assenza un po' troppo lunga per una rubrica quotidiana Ma pare che la Rai non possa fare diversamente: l' organico è insufficiente e i soldi scarseggiano. Eppure, sotto la guida di Roberto Antonetto, il Tg scientifico ha fatto miracoli di Auditel. E' accaduto spesso che il notiziario partisse da quota 100 200 mila telespettatori (questo il «traino» offerto dal Dse) e approdasse a un milione e più. E vicino a quota 800 mila si colloca l' ascolto medio, nonostante la fascia oraria sicuramente non favorevole. Pochi soldi, organico scarso. Sarà. Eppure a occhio e croce una sola puntata di «Saluti e baci» (800 milioni) costa più di un anno di Tg scientifico. E su 1200 giornalisti Rai forse qualcuno potrebbe essere dirottato dai corridoi della politica ai laboratori della ricerca. Viene il dubbio che il vero problema non sia nè economico nè di organico ma culturale. La scienza in televisione pubblica o privata è lo stesso continua ad essere Cenerentola. Non si è ancora capito che cambia di più il mondo un nuovo farmaco o una nuova tecnologia che un discorso del capo del governo, si chiami pure Ciampi. Che l' informazione scientifica sia importante e richiesta dal pubblico è riconfermato dall' ennesima indagine d' opinione su questo tema, presentata la settimana scorsa al Cnr. Commissionata alla Intermatrix dall' agenzia Hypothesis (che progetta per l' autunno un settimanale di informazione scientifica) l' inchiesta si basa su un campione di 800 persone di cultura medio alta e su mille italiani rappresentativi della media nazionale. Tra questi ultimi, 60 su cento dichiarano un forte interesse per i problemi dell' ambiente, 45 per le ricerche in tema di salute e 37 per gli avanzamenti tecnologici, mentre 40 su cento lamentano le insufficienze dell' informazione scientifica. Troveranno ascolto presso i potenti della Tv? (p. b. )


LA PROSSIMA MISSIONE SHUTTLE Industrie in orbita Parte Spacehab, torna Eureka
Autore: GUIDONI UMBERTO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: SHUTTLE ALENIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

UNA delle linee guida dell' attività della Nasa, come stabilito nelle direttive del Congresso degli Stati Uniti, è la promozione dell' uso commerciale dello spazio. L' ente spaziale americano darà un seguito concreto a questa indicazione con la prossima missione dello Space Shuttle. Il volo STS 57, già rinviato di due settimane, salvo nuovi imprevisti, verso metà giugno porterà in orbita per la prima volta un modulo progettato per attività commerciali a bordo della navetta spaziale. Contemporaneamente verrà recuperato il laboratorio orbitale europeo «Eureka», 4, 5 tonnellate in orbita dal 31 luglio dell' anno scorso a 500 chilometri di quota, con a bordo 15 esperimenti che vanno dalla scienza dei materiali all' esobiologia, dall' osservazione dell' atmosfera allo studio del Sole e di sorgenti cosmiche di raggi X. «Spacehab», che per una curiosa coincidenza avrà il battesimo del volo nella stiva della navetta Endeavour (che potremmo tradurre Tentare), permette di espandere la zona di servizio dello Shuttle, che gli astronauti utilizzano come ambiente per le attività quotidiane e ricreative ma può anche essere usata come ambiente di lavoro, per condurre particolari esperimenti in ambiente pressurizzato. Il modulo Spacehab è costituito da un cilindro, 3 metri di lunghezza per oltre 4 metri di diametro, collegato con la zona di servizio tramite un tunnel simile a quello usato per Spacelab. All' interno sono collocati due rack per strumentazione e un volume di stivaggio che equivale a 50 «lockers», gli armadietti che proteggono l' equipaggiamento degli astronauti dalle sollecitazioni del lancio e del rientro nell' atmosfera terrestre. Il volume disponibile è particolarmente interessante per utenti privati perché permette di inviare i loro esperimenti nello spazio con tempi relativamente brevi. Per l' intero ciclo di integrazione all' interno del modulo Spacehab sono necessari circa 18 mesi, la metà del tempo richiesto per missioni Spacelab. Questo si traduce nella possibilità di ottenere rapidamente risultati dai propri esperimenti e ciò, per imprese commerciali, implica un vantaggio in termini di tempo di ingresso sul mercato e di costo del prodotto finale. A questo scopo la Spacehab Inc., che commercializza Spacehab, ha costruito al Kennedy Space Center un edificio per integrare le apparecchiature dei propri clienti nel modulo. Il concetto di Spacehab è nato nel 1983, da un' idea dell' imprenditore Bob Citron che pensava di utilizzare un modulo pressurizzato per portare passeggeri paganti nello spazio. Da allora l' interesse si è spostato dai passeggeri alle merci e oggi l' obiettivo della Spacehab Inc. è di estendere il volume abitabile della navetta, creando un ambiente attrezzato per gli esperimenti dei potenziali clienti. Non deve sorprendere che la Nasa sia il primo cliente di Spacehab; lo spazio disponibile nei «lockers» dello Shuttle è quasi completamente utilizzato per le esigenze logistiche dell' equipaggio e poco o niente rimane per i cosiddetti «middeck esperiments». Questi esperimenti sono diventati sempre più richiesti da quando la Nasa ha concentrato gli studi in aree di ricerca che hanno potenziali applicazioni commerciali come la crescita di cristalli, lo sviluppo di nuovi materiali e la sintesi di nuovi prodotti farmaceutici. Inoltre la Nasa vuole utilizzare un modulo Spacehab per collaudare in orbita il nuovo sistema di controllo ambientale, sviluppato per la Stazione Spaziale «Freedom» In effetti Spacehab è il nome dato alla versione, realizzata per conto della Nasa, di un programma più generale che la Spacehab Inc ha denominato Commercial Middeck Augmentation Module: modulo di servizio di tipo commerciale. «Spazio al privato», dunque, potrebbe essere lo slogan di questo nuovo modo di operare del settore spaziale; un settore che ha raggiunto sufficiente maturità per essere considerato una opportunità di «business». Umberto Guidoni Candidato astronauta dell' Agenzia spaziale italiana


TECNOLOGIA ANTI BOMBE Per chi vola, una Tac alla valigia Così si sconfiggerà il terrorismo aereo
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, ARMI, TERRORISMO, TRASPORTI, AEREI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

C ONTRO i terroristi del cielo scende in campo la Tac, tomografia assiale computerizzata. La Tac, nata per la medicina, viene ora usata anche per scoprire esplosivi nascosti nei bagagli da caricare sugli aerei. Un apparecchio che sfrutta questa tecnologia funziona da circa un mese a Fiumicino; un tentativo di rispondere al drammatico ritorno delle bombe divenuto assillante oggi, dopo le esplosioni di Roma e di Firenze. Il sistema di rilevazione automatica degli esplosivi Ctx 5000 è stato ideato e costruito da una società elettronica californiana, la Invision, la cui maggioranza azionaria appartiene alla finanziaria romana Italimprese. A Fiumicino la nuova macchina è stata installata nel cosiddetto «manufatto controllo bagagli», una specie di bunker nel quale vengono controllate (finora solo con i raggi X) tutte le valigie, circa 25 mila ogni giorno, prima di imbarcarle sugli aerei I progetti di macchine anti esplosivi si sono moltiplicati dopo l' attentato al volo Pan Am 103 nel cielo della Scozia, alla vigilia di Natale dell' 88: il «jumbo» esplose in volo e morirono 270 persone. Lo scoppio era avvenuto nel vano bagagli, la fatale valigia con l' esplosivo era stata caricata, nonostante i controlli tradizionali, a Francoforte. Fu la stessa commissione istituita dal presidente americano per indagare sulla tragedia a sollecitare progetti e idee; Invision, che ha sede a Foster City, California, propose alla Faa, l' Ente americano per l' aviazione, un progetto che si basava appunto sulla tomografia assiale computerizzata, progetto che la Faa finanziò con 4 milioni e 800 mila dollari. Per la sua macchina la Invision utilizzò in parte, sviluppandole e adattandole, le tecnologie di un' altra società Usa, la Imatron di San Francisco, che produce tomografi assiali computerizzati usati in particolare nella diagnosi della malattie cardiache; il suo prodotto più avanzato è la cosiddetta «supertac», che fornisce immagini anatomiche ad alta velocità e per questo viene usata (per ora solo in pochi grandi ospedali) per osservare organi (cuore, cervello) in movimento. La macchina anti bombe lavora in due tempi: passando ai raggi X pacchi, valigie e borse, dapprima misura i valori di attenuazione dei raggi X rispetto ai vari oggetti, determinando in così la densità degli oggetti stessi. Se viene individuata una massa il cui valore di attenuazione corrisponde a quello degli esplosivi, entra in funzione automaticamente la Tac vera e propria. Questa, operando nelle tre dimensioni, è in grado di «guardare» dentro il bagaglio da tre punti di vista diversi e quindi di distinguere elementi sovrapposti, di mettere in evidenza fili metallici, detonatori, timer e batterie, cioè i classici ingredienti di una bomba confezionata artigianalmente. Insomma, è come se la macchina frugasse dentro valigie e pacchi sciorinandone il contenuto sotto gli occhi dei conrollori, che però possono restare lontano, al sicuro, ad osservare la pericolosa operazione. Un lavoro svolto al ritmo notevole di sei bagagli il minuto. L' apparecchio è già stato provato a lungo all' aeroporto di Los Angeles e, secondo Sergio Magistri, presidente della Invision, si è mostrato in grado di svelare la presenza di qualsiasi esplosivo di uso militare o civile (quelli riconosciuti dalle forze armate Usa sono 117), compreso l' inafferrabile Semtex e in genere gli esplosivi al plastico che possono essere «spalmati» sulle pareti dei bagagli. Un' altra tecnologia studiata per individuare gli esplosivi negli aeroporti è la Tna (Termal Neutron Activation), messa a punto dalla Science Application International di San Diego. La macchina «bombarda» i bagagli con un fascio di neutroni quindi analizza la quantità di azoto (presente in quasi tuitti gli esplosivi) che essi emettono. Le prove fatte in Usa pare siano riuscite a individare gli esplosivi nel 95 per cento dei casi. Vittorio Ravizza


LABORATORIO Tutti amano l' astronomia, purché sia gratis Per planetari e strumenti di ricerca non si trova mai una lira
Autore: FERRARI ATTILIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

SU Tuttoscienze il 12 maggio Piero Bianucci annunciava la «Giornata contro l' inquinamento luminoso» e registrava il forte interesse popolare per l' astronomia. Ma, alla prova dei fatti, è proprio vero che astrofili a parte l' astronomia piace? Fin che si tratta di guardare belle fotografie di oggetti celesti o di discettare «filosoficamente» dell' origine dell' universo e delle sue meraviglie, tutti son pronti. Ma questa non è astronomia] Appena si propone di sostenere azioni serie per migliorare le strutture professionali che servono a studiare il cielo e i mezzi di divulgazione che s' impongono per istruire veramente il pubblico più vasto e questo è fare astronomia si passa all' indifferenza: gli amministratori di enti pubblici (e talvolta anche privati) organizzano mostre, feste, celebrazioni su tutto, ma alla scienza in genere, e in particolare all' astronomia, dedicano ben poco. A questo proposito vorreiraccontare due casi personali, ma che si applicano a simili esperienze di colleghi in varie parti d' Italia. Primo caso. Da anni sto collaborando con il Comune di Torino prima e con la Regione Piemonte poi, per giungere alla costruzione di un planetario. Il planetario è uno strumento fondamentale per simulare la volta celeste, spiegare i moti degli astri e far «vedere» coscientemente il cielo a chi ormai, vivendo in mezzo a luci artificiali, ne ha così poche occasioni. Esistono planetari dovunque in Italia, di varie dimensioni, da quello maggiore di Milano a quelli minori di Ravenna, Cagliari. Per non parlare delle grandiose realizzazioni di varie città di Germania, Francia, Inghilterra, Stati Uniti. Per acquistare uno strumento spettacolare occorrerebbero alcuni miliardi, per avere un planetario sufficiente all' istruzione basterebbe mezzo miliardo. Cifre ridicole per il bilancio delle realtà politiche, economiche e industriali di una grande città, e che si potrebbero rapidamente recuperare con il ricavo delle visite pur basate su modesti biglietti di ingresso. Basta riferirsi ai dati del planetario di Milano: decine di migliaia di visitatori all' anno (anche da Torino ] ) con limitazione solo per la scarsità del personale di gestione Quindi l' astronomia piace a molti. Eppure, nonostante la buona volontà di alcuni funzionari e assessori, qui a Torino non ci si è mai mossi di un passo; oggi mancano i soldi per acquistare lo strumento di proiezione, ieri mancavano quelli per costruire la cupola, poi cambiano i responsabili degli enti e si deve ripartire da capo. Mentre vengono spesi ben più cospicui fondi per effimere mostre e feste paesane, la costruzione di un planetario e di un museo dell' astronomia è ben lontana. Secondo caso: le strutture professionali dell' astronomia. La ricerca astronomica si svolge presso gli Osservatori astronomici, gli Istituti universitari e i laboratori del Consiglio nazionale delle ricerche. Il sostegno finanziario e di personale proviene dal ministero dell' Università e della Ricerca scientifica, dal Consiglio nazionale delle ricerche dall' Agenzia spaziale italiana. In alcune parti d' Italia grossi finanziamenti provengono anche dai bilanci regionali e da contributi di enti pubblici e privati, non certo qui da noi. Non voglio far lamentele sulla perdurante scarsezza di finanziamenti e sulla disattenzione degli enti preposti al mantenimento delle strutture demaniali. Certo, le nostre strutture professionali, sia scientifiche sia edilizie, pur valide e aggiornate a prezzo di grandi sacrifici, si mantengono appena al livello richiesto per competere con istituzioni internazionali. Piuttosto voglio far presente che la produzione di validi risultati scientifici e la formazione di ricercatori preparati per la scienza e per l' industria spaziale rappresentano il migliore investimento per rendere il Paese ricco di cultura e anche di competenze sul mercato del lavoro. Ciò dovrebbe richiamare l' attenzione dei responsabili del lavoro a fornire sostegno ai giovani studiosi e miglioramenti delle strutture di base e accessorie per la loro preparazione. Anche su questo fronte i tentativi da me fatti per indurre enti pubblici e privati al miglioramento del parco astronomico torinese sono sempre caduti nel nulla. Persino i giornali, quando due anni fa fu organizzato a Torino il congresso nazionale della Società Astronomica Italiana, «si dimenticarono» di concedergli un minimo di risonanza. Si trattava delle maggiori assise astronomiche nazionali con partecipazione di illustri scienziati stranieri. Fu invece trattata con minor attenzione di un qualunque convegno di negromanzia. In quell' occasione la Regione ospitò i congressisti, promettendo interventi e collaborazione. Ma fu solo un fuggevole entusiasmo. Ripeto: quanto è successo a me si ripete spesso e similmente altrove in Italia; anche pochi giorni fa a Firenze, dove l' analogo congresso si è perso nel silenzio. Ecco perché l' articolo di Piero Bianucci su «Tuttoscienze» mi ha colpito. Che cosa vuol dire entusiasmarsi all' astronomia e cercare di salvaguardare il buio del cielo? Guardare le stelle è piacevole, ma occorre anche mirare alla trasmissione delle conoscenze acquisite con millenni di pensiero e studio, oltre che di contemplazione. Non vorrei che durante la «giornata contro l' inquinamento luminoso» ci si dimenticasse che, anche col cielo buio, non si può fare astronomia senza le dovute strutture e la dovuta preparazione. Attilio Ferrari Direttore dell' Osservatorio astronomico di Torino


Scaffale Davies Paul: «La mente di Dio», Mondadori
AUTORE: P_B
ARGOMENTI: FISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

CI sono scienziati religiosi, scienziati atei e scienziati agnostici. Fin qui le definizioni sono facili. Una quarta categoria più elusiva, comprende quegli scienziati che non professano nessuna religione tradizionale ma non sono disposti ad ammettere che l' universo sia un frutto del caso privo di scopo. E' il gruppo a cui appartiene Paul Davies, fisico teorico nato a Londra 46 anni fa molto noto anche in Italia per la sua attività divulgativa. Questo libro è il settimo ad essere tradotto nel nostro Paese e affronta direttamente il problema di Dio, dove Dio è inteso essenzialmente come «significato», cioè come un livello più profondo di spiegazione dell' universo. La tesi di Davies è vicina a quella dei sostenitori del principio antropico ma in una prospettiva di più largo respiro. Senza attribuire alla presenza dell' uomo un valore privilegiato ( «l' uomo non è il fine dell' universo» ) il fisico inglese ritiene che il cosmo in qualche modo trovi il suo senso nel fatto che tramite una sua parte divenuta autocosciente giunge a comprendere se stesso. Una prospettiva personale e fondamentalmente filosofica, ma che passa attraverso l' esposizione divulgativa delle più recenti teorie fisico matematiche, come quella delle «superstringhe».


Scaffale Meloni Antonio: «Il pianeta magnetico», Nis, Nuova Italia Scientifica
AUTORE: P_B
ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

La Terra è anche un grande magnete che viaggia nello spazio. Dalla scoperta della bussola a quella delle Fasce di van Allen, passando per le inversioni del campo registrate nelle rocce, il magnetismo è sempre stato un oggetto di ricerca fecondo. Antonio Meloni, dell' Istituto nazionale di geofisica, tratta in modo organico questo tema ancora per molti aspetti misterioso (si pensi al meccanismo che genera il campo magnetico nel nucleo terrestre). Capitoli appositi sono dedicati al magnetismo del Sole e dei pianeti.


Scaffale Boursin Jean Louis: «Caso e probabilità », Nardi Ed.
AUTORE: P_B
ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

E' noto che la matematica in Italia non è una scienza popolare. Quindi non lo è neppure quel settore della matematica che si chiama calcolo delle probabilità. Si spiega forse così il fatto che tanta fortuna hanno da noi i giochi d' azzardo, dal Lotto al Totocalcio, dai dadi alla roulette. Eppure il calcolo delle probabilità, se ci si accontenta di un livello non troppo sofisticato, si basa su pochi semplici principi ed è facilmente comprensibile perché si può ragionare su esempi concreti che si basano appunto su dadi, mazzi di carte, urne da cui estrarre numeri Proprio così fa Boursin in questo libro piccolo ma prezioso. E non dimentichino, anche quelli che non giocano d' azzardo, che in molti casi della nostra vita prendiamo decisioni in base a probabilità, ma senza conoscerne le regole. Le conseguenze, in economia e in politica, si vedono abbastanza chiaramente.


Scaffale De Marchi Angelo: «Ecologia funzionale», Garzanti
AUTORE: P_B
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

Si parla molto di «sviluppo sostenibile» ma pochi finora hanno analizzato scientificamente se e come questo obiettivo sia raggiungibile. Il libro di Angelo De Marchi si muove in questa direzione, analizzando i meccanismi dell' ambiente naturale e le strategie di utilizzazione delle risorse. Una visione globale dell' ecologia, in cui soltanto alla fine viene introdotta la variabile uomo.


Scaffale Lightman Alan: «Tempo di stelle», Rizzoli
AUTORE: P_B
ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

L' astrofisica dei prossimi decenni come potrà essere «fatta» con i nuovi strumenti al suolo o nello spazio che oggi si stanno progettando. Tra i temi sui quali si lavorerà dominano l' evoluzione delle stelle, delle galassie e dell' universo nel suo insieme. Lightman, docente del Mit, con il romanzo «I sogni di Einstein» si è assicurato il premio dell' Associazione scrittori americani per il miglior libro di divulgazione sulle scienze fisiche.


GATTI DOMESTICI Spostamenti sospetti Perché le madri traslocano i micini
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ZOOLOGIA, ANIMALI
NOMI: FELDMAN HILARY
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 087

DI certo non potevate prepararle un nido più confortevole. Ma lei, la vostra gatta, evidentemente segue altri criteri di giudizio. Eccola imperturbabile spostare uno per uno i micini in un altro luogo, da lei giudicato più idoneo all' allevamento della nidiata. Inutile intervenire, perché lei si attiene ai comportamenti di famiglia. Spostare la prole di nido, infatti, è molto diffuso e radicato nelle femmine dei felini. Nei leoni, ghepardi, leopardi, caracal, serval, gatto selvatico e domestico, le madri cambiano la tana più volte nel corso dell' allattamento. Un' operazione, secondo il nostro modo di vedere, dai benefici ignoti e dai rischi molto evidenti. Infatti i piccoli viaggiano «in bocca» alla madre, trattenuti per la collottola (una posizione nella quale essi tendono per riflesso a non dibattersi) e il trasporto richiede più viaggi, durante i quali le tane, quella vecchia e quella nuova, sono alla mercè dei predatori. Il via vai del trasloco richiama l' attenzione, desta curiosità e permette di localizzare una preda facile e sicura. Se questo comportamento si è affermato in tutti i felini, il bilancio fra costi e benefici deve essere a favore di questi ultimi. Perché lo fanno, dunque? Per rispondere a questa domanda, Hilary N. Feldman dell' Università di Cambridge ha sottoposto a tre anni di osservazioni quotidiane una comunità di gatti domestici allo stato libero. I soggetti dello studio (una stirpe fondata da un maturo maschio e cinque giovani femmine) abitavano una zona recintata di circa 1600 metri quadrati. Erano in media 150 gatti per chilometro quadrato, che avevano a disposizione una vegetazione fitta, alberi e tettoie per impiantare le tane. Fonti naturali di acqua e rifornimenti quotidiani di cibo, in aggiunta alle prede di caccia, permettevano loro di condurre una buona vita allo stato libero senza interferenze da parte umana. Una o due volte all' anno le gatte della comunità sfornavano una nidiata di micini. I neonati dei felini sono incapaci di vedere, udire, camminare, avere una termoregolazione efficiente, urinare e defecare spontaneamente per cui richiedono dalla madre un lavoro non indifferente. Deve allattarli sovente, scaldarli e difenderli dai predatori e dai conspecifici perché l' infanticidio è una pecca frequente nella famiglia. Deve stimolare le funzioni corporali leccandoli sul ventre e poi inghiottire i prodotti di questa operazione, perché feci e urine costituiscono una traccia odorosa per i predatori e sono fonte di infezioni. E ogni tanto deve assentarsi per mangiare, se non vuole soccombere. Alcune gatte della comunità si sobbarcano interamente la fatica in tane solitarie. Altre, invece, si consociano allevando i piccoli in tane comuni durante le 4 5 settimane che intercorrono fino allo svezzamento. Secondo una prassi ampiamente collaudata in famiglia dalle leonesse, due o più madri dividevano in questo modo le spese aumentando di gran lunga i profitti: i piccoli, allattati senza discriminazione fra i propri e gli altrui, crescono meglio e più in fretta. Intanto sono sempre sotto la sorveglianza di un adulto anche quando la madre si assenta. La cooperativa funziona anche in caso di disgrazia: se una gatta viene ferita o muore, i suoi piccoli possono confidare sull' amorevole adozione da parte di una delle consociate della madre. E durante il trasloco della tana, più adulti conducono velocemente l' operazione e fanno fronte meglio al rischio dei predatori. Difatti le femmine consociate spostavano più frequentemente la nidiata comune di quanto non facessero le femmine solitarie, confermando la tendenza a questo comportamento. Tra le spiegazioni ipotizzate per questo comportamento, c' è quella che funzioni come difesa dai predatori. Soprattutto durante lo svezzamento, quando i micetti passano dalla dieta lattea a quella solida e costringono la madre ad assenze più lunghe per cacciare, il permanere nella stessa tana a lungo può rendere la sua individuazione più facile. Ma c' è anche un' ipotesi che prende in considerazione l' avvicinamento alla fonte di cibo. Sempre nella fase dello svezzamento, è più opportuno avere la tana vicino alla zona dove i micini possono rifornirsi di cibo solido. I piccoli sono ancora malfermi sulle zampe e se il tragitto è breve certamente è più sicuro. C' è anche chi parla di azioni di disturbo da parte dei conspecifici e non, o di riparo dalle intemperie. Probabilmente nessuna di queste ipotesi vi sembra valida per la vostra gatta. Ma quello che lei ha in mente, come ben sa chi ospita un felino in casa, è assolutamente imperscrutabile. Maria Luisa Bozzi


AIRONI Vita di condominio Garzaie sperimentali a Pavia
Autore: INGLISA MARIA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 087

HANNO eletto a proprio quartiere riproduttivo gli ultimi boschetti umidi della Pianura Padana occidentale e ogni anno da marzo ad aprile, puntuali, tornano sempre più numerosi. Parliamo delle cinque specie di aironi che nidificano in Italia (airone rosso, garzetta, nitticora, sgarza ciuffetto e airone cenerino) e dello spettacolo offerto dalle loro affollate colonie, le garzaie, che animano le risaie del Piemonte e della Lombardia. Il territorio compreso fra le province di Novara, Vercelli, Alessandria, Pavia e Milano, con i suoi duecentomila ettari intensamente coltivati a riso, rappresenta la più estesa superficie di risaia in Europa e ospita le più grandi popolazioni nidificanti di nitticora e garzetta dell' intero Paleartico occidentale. Le popolazioni di sgarza ciuffetto e airone rosso, seppure meno numerose delle precedenti, rivestono comunque una discreta rilevanza faunistica, vista la scarsa consistenza delle due specie nel resto del continente europeo. Il meno «prezioso» in questa hit parade delle rarità, è l' airone cenerino, le cui popolazioni sono stanziali e, fortunatamente, godono di buona salute in tutta Europa. In Italia gli aironi nidificano anche lungo le rive alberate del Po, delle paludi costiere dell' alto Adriatico, in Puglia, nella Maremma toscana e in Sardegna. Secondo un censimento aggiornato al 1990, le garzaie italiane sono centodue, di cui cinquanta in Piemonte e Lombardia. Più in generale, comunque, la maggior parte delle garzaie si trova in Italia settentrionale (82). Una garzaia può comprendere da pochi nidi fino ad alcune migliaia, ma la media è di 400 500. Non è raro trovare garzaie popolate da specie diverse che nidificano vicine o addirittura sullo stesso albero. Si tratta di una convivenza tranquilla perché ciascuna specie preferisce occupare spazi ad altezze differenti. Il cenerino costruisce voluminosi nidi sulla sommità degli alberi più alti, mentre la garzetta, la nitticora e la sgarza ciuffetto, fanno il nido sulle biforcazioni degli alberi più bassi, a 5 10 metri di altezza dal terreno. L' airone rosso preferisce costruire il suo nido in prossimità del suolo fra la fitta vegetazione palustre, soprattutto canne, ma anche su arbusti di salicone (Salix caprea). Le risaie rappresentano una abbondante risorsa di cibo per gli aironi; dall' inizio della primavera fino al termine dell' estate, la risaia allagata è un ambiente assimilabile a una palude. Crostacei, anellidi, insetti, rane, pesci e biscie popolano in gran quantità queste paludi artificiali che rappresentano un territorio di caccia ottimale per gli aironi. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di biologia animale dell' Università di Pavia, coordinato dal professor Mauro Fasola, ornitologo specialista di aironi, da quasi vent' anni studia la dinamica delle popolazioni italiane di ardeidi ha appurato che il cibo fornito dalle risaie e dagli attigui canali di irrigazione costituisce circa il 60 70 per cento della dieta dei nidiacei di nitticora e garzetta. Secondo i ricercatori pavesi, nonostante l' abbondanza di cibo e il perfetto adattamento degli animali a un ambiente artificiale creato dall' uomo, le popolazioni di aironi ora così floride, potrebbero andare incontro a un futuro meno roseo. La disponibilità di siti di nidificazione va infatti gradualmente riducendosi. Dal 1976 al 1990 è scomparso circa il 16 per cento dei boschetti umidi naturali della Pianura Padana, minute parcelle di terreno, residuo di un' antica foresta che in un lontano passato ammantava l' intera pianura. Parte della loro riduzione è dovuta alle opere di bonifica agricola con relativo taglio degli alberi, parte dipende da fenomeni naturali. Le zone umide naturali, infatti, sono ambienti in continua e graduale evoluzione e negli stadi più maturi tendono a interrarsi fino a prosciugarsi del tutto. Gli aironi mostrano preferenze per quelle forme di vegetazione che sono tipiche degli stadi evolutivi intermedi, con arbusti e canne palustri su terreno allagato. E' evidente quindi che, per preservare gli aironi, le zone umide non devono essere lasciate a se stesse, ma gestite in maniera attiva. Appositi canali di irrigazione possono garantire un apporto d' acqua per contrastare i fenomeni di interramento. Sfoltimenti e ripuliture della vegetazione, con il taglio degli alberi più vecchi e ripiantumazioni, possono mantenere la vegetazione a uno stadio di maturazione intermedio, favorevole per la nidificazione degli aironi. Nella provincia di Pavia questi modelli di gestione sono già una realtà; i risultati degli studi condotti dai ricercatori dell' Università hanno indotto la Regione Lombardia a istituire sedici riserve naturali finalizzate alla conservazione a lungo termine delle colonie di aironi. Maria Inglisa U N semplice esame dell' espettorato, sfruttando i mezzi della biologia molecolare, cambierà presto la diagnostica precoce del tumore ai polmoni. Secondo il professor Giovanni Motta, direttore dell' Istituto di Patologia Chirugica II dell' Università di Genova, tra breve non si andrà più alla ricerca dei segni clinici precoci che spesso compaiono quando il cancro è già esteso, ma si cercherà direttamente sul tessuto a rischio, cioè quello dei bronchi, eventuali alterazioni biologiche, spia di una iniziale «deviazione» cellulare. Grazie a questa tempestività, le misure terapeutiche dovrebbero risultare più efficaci.


AIDS Costringere il virus a fare marcia indietro ritornando inoffensivo
Autore: CARRADA GIOVANNI

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: EWALD PAUL
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 087

ADDOMESTICARE il virus dell' Aids e costringerlo a tornare il parassita relativamente innocuo di una volta. E' la provocatoria sfida lanciata da Paul Ewald, biologo all' Amherst College, nel Massachusetts, che ha rivisitato il problema dell' Aids con gli occhi dell' evoluzionista. La sua ipotesi sta facendo discutere negli Stati Uniti, dove il dibattito è già uscito dai laboratori. Svanita o quasi la speranza di mettere a punto un vaccino efficace in tempi brevi, e con 12 milioni di sieropositivi sparsi per il mondo, questo nuovo filo di speranza è il benvenuto. Paul Ewald è convinto che il virus dell' Aids in alcune zone dell' Africa infetti l' uomo da molto tempo. Da secoli, forse da millenni. Nessuno aveva mai sentito parlare di questa malattia per la semplice ragione che il virus, prima, non era così pericoloso. L' ipotesi è stata costruita mettendo insieme risultati molto diversi, tratti dall' ormai enorme messe di dati raccolti in dodici anni di intense ricerche su ogni aspetto della «peste del secolo». L' antenato di Hiv 1, il virus responsabile della grande maggioranza dei casi di Aids, era sfuggito per dieci anni alle più assidue ricerche. E' stato scoperto solo nel 1990 in uno scimpanzè catturato in Gabon. L' analisi genetica di questo virus fa pensare che abbia condiviso con gli scimpanzè una lunga storia evolutiva. Altrettanto lunghi sono stati i rapporti tra gli scimpanzè e gli uomini, che li cacciano da millenni. Due recenti incidenti (fortunatamente con virus innocui) in laboratori dove si allevano primati hanno dimostrato quanto sia facile il contagio dall' animale all' uomo. E' probabile quindi che Hiv 1 infetti l' uomo da moltissimo tempo. Magari senza gravi conseguenze, come negli scimpanzè. E in effetti esiste un indizio importante: la scoperta, all' inizio di quest' anno, in cinque sieropositivi australiani tutti infettati dal sangue di un uomo gay, anch' egli ancora in perfetta salute, di un ceppo completamente innocuo di virus dell' Aids. Potrebbe trattarsi di un vero «fossile vivente», testimonianza di ciò che tanto a lungo è stato Hiv 1 per l' uomo. A questo punto siamo arrivati al cuore del problema. I manuali di biologia evoluzionistica insegnano che un parassita, col tempo, può soltanto diventare meno pericoloso. Se infatti uccide il suo ospite, o lo costringe all' immobilità, non avrà la possibilità di «saltare» su un altro e morirà con lui. Almeno in teoria, il parassitismo tenderebbe a trasformarsi in simbiosi. Ma proprio di questa evoluzione a senso unico non è convinto Ewald. Il virus lui replica resta innocuo finché le probabilità di contagio sono basse. Se a un certo punto scopre che passare da un ospite all' altro è diventato facile, allora ha tutto l' interesse a riprodursi (e quindi a diffondersi) più rapidamente anche a costo di uccidere il suo ospite originario. L' evoluzione del virus potrebbe benissimo essere a doppio senso, secondo le circostanze. Torniamo allora all' Aids. Per il virus, che ha un tasso di mutazione un milione di volte più alto di quello dell' uomo, evoluzione non significa necessariamente tempi lunghissimi. La capacità di variare rapidamente la sua pericolosità in un senso o nell' altro a seconda della facilità del contagio, è la stessa che gli permette di sviluppare sempre nuovi ceppi che resistono ai farmaci e sfuggono ai vaccini, anche all' interno dello stesso ospite. E' possibile allora immaginare di costringere il virus a ripercorrere all' indietro le tappe che lo hanno portato a essere così pericoloso? Magari grazie a una massiccia diffusione dei due mezzi di prevenzione più semplici ed economici: il preservativo e la siringa pulita? Esiste a questo proposito uno studio molto incoraggiante condotto dai National Institutes of Health nel 1991 tra i gay americani. In questa categoria le nuove infezioni sono diminuite da cinque a dieci volte nel corso degli ultimi dieci anni grazie alle forti campagne si sensibilizzazione e prevenzione. Parallelamente è diminuito il numero dei sieropositivi che anno per anno sviluppavano la malattia. Nessuno finora ha saputo dire perché, ma potrebbe essere il segno del prevalere di ceppi meno virulenti. Una controprova sembra essere offerta da un analogo studio condotto sui tossicodipendenti che si scambiano le siringhe, una categoria che è rimasta largamente insensibile agli sforzi per la prevenzione del contagio, tra i quali non sono stati registrati miglioramenti di questo tipo. Giovanni Carrada


ORIENTAMENTO Bussola, mappa, occhi aperti e via Trovare la strada usando semplici punti di riferimento
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 088

C I sono vari modi e vari oggetti per orientarsi senza l' impiego di strumenti specifici. Si può piantare un bastoncino nel terreno, ad esempio, segnando con un fiammifero il punto d' incontro dell' ombra con il terreno (A). Si aspetta che l' ombra si sposti e si segna un secondo punto (B). La retta che passa per A e B indica la direzione Est Ovest. E' possibile riferirsi alla Luna e alle stelle e ricorrere all' orologio. Se si è nella zona temperata Nord, puntate la lancetta delle ore verso il Sole: la bisettrice tra la lancetta delle ore e le 12 indica il Nord. Tenere presente che prima di mezzogiorno il Sole è a Est, dopo a Ovest. Solo le carte topografiche consentono di individuare qualunque punto sulla superficie terrestre, grazie al reticolato di meridiani (verticali) e paralleli (orizzontali), che individuano il Nord geografico. Esiste però anche un Nord magnetico, che non coincide con quello geografico e per di più non è costante. L' ago della bussola punta al Nord magnetico: l' angolo che si forma tra il Nord geografico e il Nord magnetico è chiamato «angolo di declinazione magnetica», e può essere orientale o occidentale, a seconda che il Polo Nord magnetico si trovi a oriente o a occidente del meridiano geografico


LE DATE DELLA SCIENZA Compie quindici anni il compagno di Plutone
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, ASTRONOMIA
NOMI: CHRISTY JAMES
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 088

QUINDICI anni fa James W. Christy, con il telescopio di 1, 55 metri dell' Osservatorio Navale di Washington, scopriva Caronte, il satellite di Plutone. Christy, osservando alcune lastre di Plutone prese nella primavera del 1978, si era accorto che l' aspetto del pianeta non era perfettamente rotondo. Il disco mostrava una strana protuberanza, che venne ben presto interpretata come la presenza di un satellite. Nel luglio successivo una lastra presa col riflettore di quattro metri di Cerro Tololo (Cile) dimostrò l' esistenza del satellite, che da Christy venne chiamato Caronte. La scoperta è stata di grande interesse per l' astronomia perché attraverso la terza legge di Keplero ha permesso di calcolare più esattamente la massa di Plutone. Grazie ai calcoli resi possibili da Caronte, oggi si pensa che Plutone abbia un diametro di circa 3500 chilometri, mentre Caronte è circa la metà (1600 chilometri). Il rapporto fra le masse sarebbe invece di uno a otto. Plutone e Caronte sono separati da circa 20. 000 chilometri e considerando le dimensioni dei due corpi possiamo affermare che si tratta di un vero e proprio pianeta doppio (più o meno come il sistema Terra Luna). Data la vicinanza dei due corpi, le forze di marea hanno agito sul sistema in modo tale da assestarlo in una curiosa situazione. Il periodo di rivoluzione di Caronte, infatti, è uguale al periodo di rotazione di Plutone (circa 6, 4 giorni) e ciò significa che entrambi i corpi si mostrano sempre la stessa faccia. Detto in altri termini, Plutone e Caronte ruotano attorno al proprio centro di gravità comune come se si trattasse di un manubrio da ginnastica. Questo è l' unico esempio noto del sistema solare di una situazione del genere, ma tra alcuni miliardi di anni la stessa cosa potrebbe accadere al sistema Terra Luna. Franco Gabici Planetario di Ravenna


STRIZZACERVELLO Risultato tondo
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 088

Risultato tondo E' proprio vero che le curiosità della matematica ricreativa non finiscono mai. E' il caso di questa frazione, a prima vista molto complicata, ma che in realtà fornisce il risultato esatto di 100: Il fatto è ancor più curioso se si nota che nell' espressione sono utilizzati una volta sola i nove numeri da 1 a 9. Nelle mie ricerche, oltre a molte altre soluzioni, ne ho trovata una sola dello stesso tipo con l' 81 come cifra intera. Sapreste trovarla anche voi? La mia risposta domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI E' la pressione esterna che tiene chiuso il frigo
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 088

Perché è tanto dura da aprire la porta magnetica appena richiusa di un frigorifero? Quando si apre lo sportello, l' aria fredda contenuta nell' armadio fuoriesce verso il basso e viene sostituita da aria esterna, più calda. Richiudendo lo sportello, l' aria entrata si raffredda e poiché ciò avviene a volume costante (volume interno dell' armadio meno volume dei cibi), la sua pressione diminuisce, in accordo con la 2 legge di Gay Lussac, divenendo minore di quella dell' aria esterna. Allora l' aria esterna «preme» sulle facce dell' armadio e in particolare sullo sportello, che diventa duro da riaprire subito dopo. L' insorgenza del fenomeno, ancorché fastidiosa, è un indicatore di efficienza, in quanto presuppone la buona tenuta della guarnizione dello sportello, il che certamente si verifica con le guarnizioni ad attrazione magnetica. Dopo un certo intervallo (un minuto o poco più ), la «durezza» all' apertura svanisce, perché attraverso qualche inevitabile spiffero un po' di aria esterna penetra all' interno uguagliando le due pressioni. Claudio Noris, Torino Come fanno gli uccelli che nidificano nei campanili a sopportare il rumore fortissimo delle campane? Praticamente non le sentono: sono sensibili solo alle frequenze alte, mentre le campane hanno frequenze basse. F. M., Alessandria Da dove deriva il termine «aggiotaggio» ? Con il termine aggiotaggio si indica la speculazione illecita o fraudolenta rivolta a produrre un aumento o un abbassamento nel corso dei cambi o dei prezzi delle merci. Esso deriva dall' italiano «agio» (che indica averi e ricchezze da cui l ' uomo trae comodo e utilità e quindi l' interesse che si dà in cambio delle facilitazioni accordate) e dal latino «tango» (toccare prendere), con accezione negativa «rubare», cioè «mettere mano a... » con finalità illecite. Elena Ercole, Quattordio (AL) Il termine aggiotaggio (speculazione) deriva dal francese «agiotage», che a sua volta risale all' italiano «aggio». Quest' ultima parola pur essendo di incerta etimologia, nel significato di «compenso spettante a un esattore», può forse trovare la sua origine da «agio» (nel senso di comodità o agio del banchiere) con derivazione dal provenzale «aize» (vicinanza) e dal tardo latino «adiacens» (che giace presso, quindi: vicinanza, comodo). Domenico Lucci, Torino Il termine «aggiotaggio» deriva dal linguaggio giuridico economico. Si parla, ad esempio, del reato di aggiotaggio bancario: lo commette chi divulga, in qualunque forma, notizie false, esagerate o tendenziose sulle aziende di credito, turbando il mercato dei titoli, generando il panico in chi ha depositato i suoi beni o comunque menomando la fiducia del pubblico. Marilena Nardi Selvazzano Dentro (PD) Aggiotaggio è la «manovra illecita di chi provoca variazioni artificiali nei prezzi di merci o valori mobiliari, allo scopo di trarne profitto». Deriva dal francese «agiotage» che risale a sua volta all' italiano «aggio» (cioè maggior valore, rispetto a quello legale o nominale, ottenuto nel cambio di moneta). Il termine «aggio» ha etimologia incerta: l' ipotesi più probabile è che derivi dal greco bizantino «allagion» cioè cambio, e dal greco antico «allagè », cioè mutazione, permuta (derivazione di «allassein», mutare, da «allos», diverso) Laura Filippi, Alba (CN) Per quanto tempo si può restare con la testa immersa sott' acqua? La resistenza massima, in apnea, di una persona adulta, è valutata intorno ai 3 4 minuti, secondo la costituzione fisica. I neonati hanno invece una resistenza di gran lunga superiore: si stima che possano arrivare fino a 15 minuti, pur con il rischio di seri danneggiamenti al sistema nervoso. Edoardo Figaroli Castiglione Torinese


CHI SA RISPONDERE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 088

Perché le formiche, se anche cadono da un paio di metri, non si «spiaccicano» al suolo? Com' è stato possibile nel passato, con strumenti di misura limitati, quantificare la velocità della luce? Luciano Cugnasco Se aumentano indefinitamente i televisori che captano contemporaneamente il segnale della trasmittente, è necessario che il segnale sia potenziato? Laura Sartoris


TUTTOSCIENZE PER LE SCUOLE Arrivederci a ottobre
ORGANIZZAZIONI: TUTTOSCIENZE SCUOLA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 088

Con questa edizione la pagina che «Tuttoscienze» dedica in modo particolare alle scuole va in vacanza. Ci ritroveremo a ottobre, puntualmente. Con i soliti grandi disegni didattici, gli anniversari di storia della scienza, le rubriche curiose. E con qualche novità Stiamo progettando, per esempio, un piccolo corso di informatica. Molte scuole ormai sono dotate di computer. Non sempre però vengono usati. Certo, ci sono buoni motivi: il tempo è poco e i programmi da svolgere sono fin troppo ampi. Ma forse un ostacolo sta anche nel fatto che una didattica del computer è ancora in parte da inventare. C' è così il rischio che questa macchina che sempre di più entra nella nostra vita, per i ragazzi rimanga o qualcosa di incomprensibile o nella migliore delle ipotesi uno strumento su cui far «girare» programmi divertenti come certi videogiochi. Ciò a cui vorremmo puntare è invece un' autentica comprensione della logica informatica, in modo che i giovani siano i veri padroni della macchina e non gli utenti passivi. Cercheremo di farlo con l' aiuto di un illustre docente del Politecnico di Torino e di un insegnante esperto in questioni didattiche. A presto, dunque, e buone vacanze.




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