TUTTOSCIENZE 14 aprile 93


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 060

Se, trovandomi nel corridoio di un treno in corsa, spicco un salto verso l' alto in perfetta verticalità, ricadrò nello stesso punto dal quale mi sono staccato? Carlo Gremo Perché nella nostra civiltà la donna tradizionalmente indossa la gonna e l' uomo i pantaloni? Claudio Rinaldi Che cos' è la sostanza verde che dà il colore al gorgonzola, considerando che il pennicillium non contiene clorofilla in quanto, come fungo, è eterotrofo? Annarita Sicari


ALLARME DAL WWF I fiori che non vedremo più In Italia 480 specie di piante in estinzione
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: BOTANICA, ECOLOGIA, INCHIESTA
NOMI: SPINI VALDO, CONTI FABIO, MANZI AURELIO, PEDROTTI FRANCO
ORGANIZZAZIONI: WWF
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 057

UN volume massiccio, con più di 600 pagine, è stato necessario alla sezione italiana del Wwf per schedare le piante che nel nostro Paese rischiano di scomparire, decimate dagli inquinamenti, dall' invasione delle attività umane o anche dagli stupidi safari floreali dei turisti. Presentato con l' intervento del ministro dell' Ambiente Valdo Spini una settimana fa nell' aula dell' Arancera dell' Orto botanico di Roma, questo «Libro rosso delle piante d' Italia» è un grido d' allarme. Fabio Conti e Aurelio Manzi, del Dipartimento di botanica dell' Università di Camerino, coordinati da Franco Pedrotti, hanno fatto il censimento delle specie rare o minacciate, in collaborazione con esperti delle varie regioni italiane. Il risultato è che 480 specie di piante superiori sono vicine all' estinzione, un numero che corrisponde all' 8, 2 per cento di tutta la flora italiana. Le cose non vanno meglio per le piante meno evolute: 276 specie di licheni sulle duemila diffuse in Italia sono a rischio (i licheni, come si sa, sono una simbiosi tra alghe e funghi); inoltre risultano in pericolo 367 specie di muschi su 818, nonché 129 specie di epatiche sulle 300 rintracciabili sul nostro territorio. L' Italia è un Paese particolarmente dotato dal punto di vista botanico. Il regno vegetale conta 380 mila specie catalogate (moltissime, nelle foreste pluviali, sono ancora da identificare). Di queste, undicimila vivono nel continente europeo dalla Penisola Iberica alla catena degli Urali. Bene: l' Italia, pur rappresentando solo un ottantesimo della superficie continentale, ospita 5600 specie, più della metà del totale. E di queste 732 (il 13 per cento) sono endemiche, cioè esclusive del territorio italiano. Grazie alla sua estensione in direzione Nord Sud e alla varietà di ambienti e di climi, montani e marini, la penisola italiana è biologicamente un luogo privilegiato: Spagna, Francia o Jugoslavia hanno una varietà floristica di gran lunga inferiore. Quali sono le piante oggi più in pericolo nel nostro Paese? L' abete dei Nebrodi apprendiamo dal «Libro rosso» , una specie di giglio selvatico delle Alpi Marittime chiamata Lilium pomponium (colpa di una raccolta sconsiderata), l' elegante Ipomea sagittata delle lagune salmastre, l' Erica cinerea, ridotta a cinque piccole aree della Liguria, la stella alpina (Leontopodium alpinum) In alcuni casi i ricercatori che hanno collaborato al «Libro rosso» del Wwf hanno soltanto potuto constatare l' avvenuta estinzione. Di quindici specie non è più stata trovata traccia. Addio, per esempio, all' Adonis vernalis, una bella ranuncolacea che fino a qualche tempo fa fioriva ancora in Friuli e in Abruzzo mentre ora per vederla si deve andare nell' Orto botanico di Camerino o nei giardini alpini di Pietra Corva e Rezia. Nello stesso modo, da Ischia e da Capri è scomparsa una piccola campanula chiamata Ipomea imperati, tipica delle dune sabbiose in riva al mare. La bonifica o l' inquinamento di zone umide hanno poi portato all' estinzione piccole piante come il Lythrum thesiolides e lo Scirpus fluitans. Il problema, naturalmente, non è solo italiano. La diversità biologica del regno vegetale è minacciata un po' in tutto il mondo e soprattutto nelle regioni subtropicali, dove essa è maggiore. Il Wwf stima che su scala planetaria almeno 25 mila siano le specie che potrebbero estinguersi in tempi brevi: un decimo delle Fanerogame (piante da fiore) esistenti. E ogni giorno scomparirebbe dalla faccia della Terra almeno una specie vegetale. Non si tratta di un danno semplicemente estetico o culturale. La perdita di una specie non è un dramma esclusivo del poeta o del botanico. Ogni specie è un anello della lunghissima catena di forme viventi che nel suo insieme costituisce un ambiente. L' evoluzione ha impiegato milioni di anni per creare ognuna di queste specie. Ogni estinzione che non rientri nel processo evolutivo naturale è un atto di violenza. Così come è inciviltà non proteggere i «patriarchi verdi», circa duemila alberi antichi e monumentali che ancora sorgono in molte località italiane. Su ottomila Comuni, solo due hanno preso iniziative per proteggere gli esemplari sul loro territorio. Piero Bianucci


Sapori perduti Sono centinaia le varietà di alberi da frutta scomparse A Torino una collezione di modelli ne tramanda la memoria
Autore: CABRINI FERDINANDO

ARGOMENTI: BOTANICA, ECOLOGIA, INCHIESTA
NOMI: MARCHESINI AUGUSTO
ORGANIZZAZIONI: ISTITUTO PER LA NUTRIZIONE DELLE PIANTE
LUOGHI: ITALIA, TORINO
NOTE: 057. Piante e fiori estinti

A Torino, non lontano dal severo Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris, un edificio fine ' 800 ospita l' Istituto per la Nutrizione delle Piante, diretto da Augusto Marchesini. Entrando, si è proiettati indietro nel tempo. Lungo i corridoi si è colpiti dagli oggetti contenuti in lunghe e alte teche a vetrina. Sono modelli di frutti: mele, pere, uva, fichi, dai nomi fantasiosi e dagli splendidi colori. C' è una mela molto grande che si chiama «Belle De Haure», un' altra coloratissima dal nome «Annie Elisabeth», una pera «Brutte Bonne», una mela «Brown' s Pippin». Il primo pensiero è che siano modelli di frutti esistenti, poi si scopre che ci troviamo davanti a frutti estinti. Sono 1300 e provengono da una collezione di 2000. L' Istituto ospita la più bella raccolta di modelli di frutti, realizzata da un artigiano torinese, Garnier Valletti. E' la testimonianza della perdita del patrimonio genetico della bio varietà. Cioè delle varietà della stessa specie. Il mercato non assorbiva più questi frutti e quindi i contadini hanno smesso di coltivarli. I modelli sono simili ai frutti originali in dimensione, colore e peso, ma le varietà che rappresentano non esistono più. Tra queste c' è la «Calvilla bianca», la mela che Maria Teresa d' Austria metteva sulle tavole di corte in inverno, perché maturava in tardo autunno ed era molto profumata. Quale fosse questo profumo non lo sapremo mai più. Alla perdita della biodiversità, dopo la conferenza di Rio, bisogna aggiungere quella della bio varietà. Questi modelli in gesso e cera realizzati da un abile artigiano passato dalle corti di S. Pietroburgo, di Vienna, di Parigi e infine di Torino sono i testimoni silenziosi della memoria genetica della bio varietà che stiamo lentamente perdendo. Può accadere però che in qualche cascina sperduta e fuori dai circuiti commerciali si possa forse ritrovare qualche testimone di varietà scomparse. Varrebbe la pena così come sta accadendo per certe varietà di uve da vino che vengono riportate sul mercato da consumatori più «intelligenti», riproporre a consumatori «educati» alla conoscenza di differenti varietà di frutti. L' Istituto torinese nasce nel 1871 con il compito di aiutare gli agricoltori nell' uso di sostanze chimiche e nel controllo delle qualità della produzione agricola nazionale, ma immediatamente si distingue per le sue ricerche sulla conservazione dei frutti e degli ortaggi. Già Istituto di Sperimentazione per la Chimica Agraria, è sempre stato diretto da valenti scienziati, membri dell' Accademia Nazionale dell' Agricoltura di Torino. Siamo alla fine dell' 800: le reti ferroviarie permettono il trasporto di prodotti agricoli freschi, ma sovente le arance che partono da Taormina alla volta dei mercati londinesi arrivano per lo più coperte di muffa blu che ne rende impossibile il commercio, bloccandone l' esportazione. L' Istituto di Torino viene investito di questo problema quando, nel 1914, ne diventa direttore Francesco Scurti. La soluzione sarà suggerita da un' equipe dell' Istituto, composta da chimici e biologi, che, sistemati su un carro ferroviario per seguire lo sviluppo delle muffe, scopriranno che il difenile ne impedisce la formazione. Da quel momento le arance, con le carte colorate al difenile, arriveranno perfette. Ma la storia dell' Istituto riserva ancora una sorpresa. In Europa, sempre all' inizio del secolo, si sta sperimentando la tecnologia del freddo per conservare frutti e ortaggi. Scurti ha con sè un allievo geniale, Ettore Bottini, che a sua volta sarà direttore dell' Istituto. Con lui avvia la sperimentazione del freddo, delle celle ad atmosfera controllata e della surgelazione. Una tecnologia disponibile in seguito alla scoperta di Luigi Casale (anche lui torinese) sulla sintesi dell' ammoniaca. Ferdinando Cabrini


... e i gusti che scopriremo Le piante transgeniche ottenute in laboratorio hanno una resa maggiore e sono più resistenti: ecco come l' uomo fa concorrenza alla natura
Autore: MALUSA ELIGIO, MARCHESINI AUGUSTO

ARGOMENTI: BOTANICA, AGRICOLTURA, GENETICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 057. Piante e fiori ottenuti in laboratorio

IL miglioramento genetico delle piante coltivate ha avuto inizio quando i primi agricoltori incominciarono a scegliere i semi di quelle che avevano caratteristiche più favorevoli e che risultavano più produttive. Questo metodo di selezione ebbe inizio almeno 10 mila anni fa ed è arrivato fino ad oggi. Successivamente il miglioramento dei vegetali è stato realizzato con il metodo dell' incrocio secondo criteri più precisi soprattutto grazie alle scoperte di Mendel. Quest' ultima tecnica ha permesso di ottenere validi risultati mediante incroci intraspecifici, e in anni recenti si sono ottenuti notevoli progressi anche con incroci tra specie diverse ma appartenenti allo stesso genere. Oggi il miglioramento genetico si avvale proficuamente delle conoscenze della biologia molecolare, utilizzando i metodi dell' ingegneria genetica per ottenere piante nelle quali sono stati inseriti geni (i responsabili delle caratteristiche degli organismi) utili e presenti in altre specie anche molto differenti. Queste piante sono definite «transgeniche». Infatti la struttura universale dell' acido desossiribonucleico (Dna), il costituente dei cromosomi del nucleo cellulare dove ha sede l' informazione genetica, permette il trasferimento da un organismo all' altro di segmenti di Dna. L' espressione di questi frammenti nella nuova specie fornisce una caratteristica nuova alla pianta ricevente, rendendo quindi la sua coltura più redditizia. In questo modo tra donatore e ricevente non esiste più la barriera dell' affinità tra le specie che impediva l' effettuazione di molti incroci. Con questa metodologia da alcuni anni si producono, in laboratorio, piante che resistono agli insetti, ai virus e agli erbicidi, ottenendo, tra l' altro, piante con frutti che non marciscono o cereali sempre più ricchi di aminoacidi nobili, quindi più nutritivi. Le prime piante transgeniche sono state realizzate da circa dieci anni, e da allora l' ingegneria genetica è stata utilizzata sempre più per migliorare oltre 50 specie vegetali. Risultati particolarmente interessanti sono stati ottenuti con il tabacco, il pomodoro, la patata e il mais. Inoltre, grazie a questa tecnica, si sono ottenute anche conoscenze scientifiche d' importanza capitale nella comprensione dei processi fisiologici che regolano lo sviluppo e la crescita delle piante. L' impiego dell' ingegneria genetica nel miglioramento agrario esige una tecnologia più complessa rispetto ai vecchi metodi di selezione, ma altrettanto sicura. Un recente rapporto dell' Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti concludeva così: «Le piante transgeniche non presentano rischi diversi da quelle modificate, per caratteri analoghi, con i metodi genetici classici». Inoltre un anno fa negli Stati Uniti si è stabilito che i prodotti ottenuti mediante ingegneria genetica non sono soggetti a speciali norme federali, in quanto non presentano alcun rischio incontrollato. E' noto che la produzione di derrate alimentari a livello mondiale dovrà triplicare entro i prossimi 40 anni per poter soddisfare il fabbisogno nutritivo di una popolazione mondiale stimata in nove miliardi di individui. Le biotecnologie e l' ingegneria genetica potranno fornire soluzioni nuove per risolvere il problema alimentare dell' umanità con la creazione di nuove varietà più produttive e resistenti ai patogeni. Da quest' ultima caratteristica deriva, inoltre, la prospettiva di una riduzione dell' uso di pesticidi o anticrittogamici nella coltivazione di tali varietà con rilevanti effetti positivi sull' ambiente. Un altro importante vantaggio delle biotecnologie applicate alla preparazione delle piante transgeniche è quello di poter offrire direttamente agli agricoltori un materiale biologico, costituito dai semi di piante transgeniche, avente nuove caratteristiche, ma già adattato all' ambiente di coltura e quindi prontamente utilizzabile nella coltivazione. In questo modo anche le nazioni più povere beneficeranno dei vantaggi dell' ingegneria genetica senza dover utilizzare materiali costosi e personale tecnico di alta specializzazione o dover attendere lunghi anni per la selezione di nuove culture valide per le diverse aree di coltivazione. In conclusione, i vantaggi derivanti da questa tecnica potranno quindi diventare una componente importante per lo sviluppo della produzione agricola. Eligio Malusa Augusto Marchesini


Diventare piloti nel simulatore Volare Restando a terra I moderni calcolatori consentono di riprodurre movimenti e situazioni molto vicini alla realtà Atterraggi, decolli e avarie «creati» dall' istruttore mentre l' uomo ai comandi sente i movimenti dell' aereo
Autore: BERNARDI MARIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, ELETTRONICA, TECNOLOGIA
NOMI: LINK EDWIN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 058. Simulatori di volo

SIGNORE e signori, è il vostro comandante che vi parla. Benvenuti a bordo] Vi auguro un piacevole viaggio] A proposito, dimenticavo di dirvi: è la prima volta che volo con questo tipo d' aereo]... Può succedere. Grazie ai moderni simulatori può benissimo accadere di volare con un pilota che per la prima volta porta in volo quel particolare modello di velivolo. Questi mezzi hanno fatto miracoli da quando, nel 1929, Edwin Link realizzò quella che ben presto sarebbe stata soprannominata «la fabbrica dei piloti» e giocosamente, da questi ultimi, la «scatola blu»: un angusto abitacolo con sedile, cloche e pedali, uno strano arnese che voleva somigliare ad un aereo, con mozziconi d' ali e piani di coda; il tutto in precario equilibrio su uno snodo cardanico ed azionato attraverso condotti d' aria compressa (il padre di Link aveva una fabbrica di organi... ) che lo facevano inclinare da una parte e dall' altra in risposta ai comandi. Un progresso importante fu realizzato durante la seconda guerra mondiale con l' introduzione di calcolatori analogici per la risoluzione delle equazioni del moto dell' aereo: da questo momento la risposta del velivolo alle manovre del pilota cominciò a corrispondere a forze aerodinamiche calcolate e non più ad empiriche approssimazioni dei loro valori: il pilota veniva inserito in un rigoroso circuito di controllo come elemento regolatore della traiettoria di volo. Negli Anni 60, grazie alle nuove possibilità offerte dai calcolatori digitali, più precisi e flessibili degli analogici, furono realizzati sistemi sempre più complessi, capaci di produrre movimenti con due o tre gradi di libertà. Questi simulatori (ne sono esempi il Gat 1 e il Gat 2 della Link Singer in dotazione ai migliori aeroclub) si prestavano all' addestramento al volo strumentale ed alla radionavigazione. Con l' avvento dei grossi aerei a getto commerciali ed in particolare dei «wide body», si rese necessario riprodurre anche le accelerazioni laterali. Ciò portò a sistemi a 6 gradi di libertà con spostamenti lungo i tre assi principali e rotazioni attorno ad essi. I simulatori per l' addestramento dei piloti dei grossi jet hanno una cabina che è una replica perfetta di uno specifico modello, completa di tutti i comandi principali e secondari, dei sistemi di navigazione e degli impianti di pressurizzazione e condizionamento. Il simulatore ha come cervello un complesso di calcolo costituito da un insieme di computer. Questi processano il modello matematico del velivolo e dei suoi impianti integrando in tempo reale le equazioni che lo rappresentano. Le azioni sui comandi vengono elaborate dal sistema dei calcolatori che le restituisce al pilota sotto forma di reazioni: resistenza dei comandi delle azioni di manovra, sensazioni gravitazionali e soprattutto immagini dei riferimenti esterni che cambiano in funzione della traiettoria del velivolo. Contemporaneamente i segnali corrispondenti alle situazioni di volo pervengono agli strumenti del cruscotto ed a quelli della consolle dell' istruttore. Questi può intervenire a variare le condizioni meteorologiche (vento, turbolenza, fenomeni pericolosi come il «wind shear» ) oppure introducendo emergenze (ne ha a disposizione a centinaia, dalla piantata di un motore in decollo all' incendio, dall' avaria dell' impianto elettrico alla decompressione improvvisa). L' istruttore in un istante può trasformare un volo di routine in un inferno di calamità. E mentre ciò accade un impietoso registratore prende nota indelebile della traiettoria di volo e delle azioni correttive, giuste o meno giuste dell' equipaggio. Nell' aviazione commerciale le accelerazioni derivanti dalle manovre sono contenute entro valori modesti; i corrispondenti carichi di manovra sono simulati dai movimenti della piattaforma di cabina attraverso l' azione di un sistema di azionatori idraulici. Nei simulatori degli aerei da combattimento la sensazione dei bruschi ed ampi cambiamenti di assetto viene trasmessa ai piloti con l' ausilio di pressioni tattili realizzate gonfiando i cuscini dei sedili e le tute «anti g». In entrambi i casi, tra le reazioni sensoriali che pervengono ai piloti in risposta alle azioni di guida, hanno grandissima importanza quelle visive. Negli ultimi trent' anni la rappresentazione dell' ambiente esterno è passata attraverso un affinamento continuo. Si è cominciato col proiettare su uno schermo l' immagine di un modello in legno del terreno (zona aeroportuale, piste) da una prospettiva dinamica corrispondente alle manovre. Un altro metodo utilizzava riprese cinematografiche a colori di avvicinamenti a vari aeroporti Le riprese venivano proiettate su schermi disposti attorno al parabrezza con grosse difficoltà di adattamento delle immagini alle variazioni di direzione e di velocità dell' aereo. L' avvento dei microprocessori ha avuto un effetto rivoluzionario e le scene impiegate nei moderni sistemi di visualizzazione sono generate esclusivamente dai computers. Resta il problema di proiettarle su schermi panoramici disposti attorno alla cabina. Ma anche a questa difficoltà si può ovviare: se non si vogliono portare davanti ai vetri del parabrezza degli schermi televisivi basta mettersi un casco dotato di cuffia stereofonica ed abbassare sul volto degli occhialoni simili a quelli usati per la visione notturna per trovarsi ai comandi di un caccia all' inseguimento di un aereo nemico. E' quanto promette il sistema Vecta (Virtual Environment Configurable Training Aid Sistema di Addestramento con Ambiente a Configurazione Virtuale) della British Aerospace. L' effetto 3D creato con la tecnologia della realtà virtuale promette un simulatore che, rispondendo alle manovre del pilota, riproduce il roteare degli indicatori ed il lampeggiare dei dati sugli strumenti di bordo, mentre girando il capo si gode di una perfetta visione dinamica dell' ambiente circostante. E con l' ausilio di un guanto «magico» si possono anche sentire sotto le dita gli interruttori ed i pulsanti sul cruscotto. Mario Bernardi


STAGIONI E METEOROLOGIA La primavera? Forse non è mai esistita L' idea di giorni perennemente sereni contrasta con la realtà
Autore: COLACINO MICHELE

ARGOMENTI: METEOROLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 058

LA primavera non esiste più. Questa e altre simili affermazioni sull' andamento vero o presunto delle stagioni si sentono ripetere sempre più spesso ed esprimono il disagio che si avverte per il troppo repentino passaggio della stagione fredda dei cappotti e del termosifone a quella calda delle sudate e dell' aria condizionata. In tempi di possibili cambiamenti climatici è giusto chiedersi, tuttavia, se queste considerazioni, fatte spesso in tono perentorio abbiano un fondamento reale. In effetti la climatologia del Mediterraneo presenta caratteristiche peculiari che ne fanno un «unicum» su tutto il pianeta. La regione mediterranea è inserita nella fascia delle correnti occidentali delle medie latitudini, proprie della circolazione generale dell' atmosfera. Su queste si sovrappongono gli effetti modulanti legati alla presenza dei rilievi montuosi che circondano interamente il bacino, salvo che lungo il bordo sud orientale, e dal mare che trasferisce calore e vapore all ' atmosfera e dalla vicina presenza dei deserti nordafricani. Dal punto di vista barico, poi l' andamento dei diversi tipi di tempo è regolato dalla posizione e dalle interazioni tra l' anticiclone delle Azzorre, l' anticiclone siberiano e la depressione sahariana. In inverno l' anticiclone atlantico si presenta nelle basse latitudini con prolungamenti che coprono la Spagna meridionale e la costa africana, mentre quello siberiano tende a coprire la regione che va dai Balcani fino alla Scandinavia. In queste condizioni le masse d' aria delle correnti occidentali penetrano sul Mediterraneo e, a contatto con l' acqua «calda» del mare (la temperatura di quest' ultimo si aggira sui 12 13C), diventano instabili dando luogo a fenomeni ciclonici e a precipitazioni anche persistenti. In primavera si fa sentire il riscaldamento solare e l' anticiclone atlantico, sollevandosi verso latitudini più alte, dovrebbe portare ad un miglioramento del tempo: in realtà in questa stagione si susseguono continue irruzioni di aria fredda dai quadranti settentrionali e si registrano, quindi, tanti falsi «inizi» seguiti da periodi con caratteristiche tipicamente invernali. La situazione si stabilizza nella seconda metà di maggio, quando si registra il tipico andamento estivo con campo di pressioni livellato, cielo sereno, scarse precipitazioni e venti deboli. Da questa breve descrizione si comprende che nel clima della regione mediterranea sono individuabili, perché presentano caratteristiche ben definite solo due stagioni: quella invernale, che va da novembre ad aprile ed è caratterizzata da precipitazioni abbondanti, venti provenienti da quadranti settentrionali e temperature fredde, ma non eccessivamente rigide a causa dell' azione mitigante del mare: quella estiva, che va da giugno a settembre ed è caratterizzata da cielo sereno, assenza o quasi di precipitazioni, forte irraggiamento solare, temperature elevate, mentre i venti prevalenti sono quelli legati alle circolazioni termicamente indotte come la brezza di mare o quella di monte. Risultano, invece, non ben definite le stagioni intermedie: la primavera, intesa come periodo del dolce tepore che preannunciava l' estate, si riduce in realtà a pochi giorni di maggio ed analogo discorso vale per l' autunno che corrisponde in pratica al mese di ottobre. Questa non è una novità: è una realtà ben nota non solo ai climatologi. Lo storico Braudel in «Le civiltà del Mediterraneo» (Einaudi) scrive: «... Ogni estate l' aria secca e ardente del Sahara avvolge per intero la distesa marina travalicandone agevolmente i confini verso Nord. Si creano così quei "cieli gloriosi" tanto chiari, quelle sfere di luce e quelle notti costellate di stelle che non hanno uguali al mondo. Per sei mesi il Mediterrano sarà il paradiso dei turisti, degli sports nautici, delle spiagge superaffollate, dell' azzurro immobile e rilucente al sole. A partire da ottobre le depressioni oceaniche gonfie di umidità intraprendono i loro viaggi susseguendosi da Ovest ad Est. I venti si fanno devastanti... e nello tesso tempo tutti i paesaggi scompaiono sotto una cortina di piogge torrenziali e di nuvole basse. E' il cielo drammatico di Toledo nei quadri di El Greco». E allora? Allora si può concludere che benché tutti parlino di splendide primavere legate ai ricordi degli anni dell' infanzia, in realtà questa stagione, meteorologicamente parlando, non ha caratteri ben definiti, verificandosi un continuo alternarsi di perturbazioni e irruzioni di aria fredda che fanno sì che il passaggio dall' inverno all' estate avvenga in modo del tutto repentino. Michele Colacino Cnr, Istituto di Fisica dell' atmosfera Roma


VULCANOLOGIA Com' è difficile studiare l' Etna Le peripezie di una ricerca sottomarina italo russa
Autore: TIBALDI ALESSANDRO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, RICERCA SCIENTIFICA, VULCANO
NOMI: BARBERI FRANCO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 058

L' ETNA è il più grande vulcano attivo d' Europa. I prodotti delle varie eruzioni che continuano da circa trecentomila anni sono sparsi su un' area di 37 chilometri di diametro, sulla quale vivono centinaia di migliaia di persone. La maggior parte dei centri abitati è concentrata sul fianco orientale del vulcano, che è il più sismico e instabile e che attualmente riceve ancora le colate laviche dell' eruzione iniziata nel 1991. Il fianco orientale arriva fino alla costa, suscitando un quesito importante: le strutture e i depositi dell' Etna si spingono anche sotto il mare? Per verificare quest' ipotesi il Gruppo nazionale per la Vulcanologia diretto da Franco Barberi ha avviato una ricerca per ricostruire la topografia del fondale marino antistante il vulcano, il tipo di depositi che lo costituiscono, e la geometria dei corpi rocciosi sepolti. La ricerca oceanografica si è svolta nel maggiò 92 sulla nave russa Strakhov, che trasportava strumenti e ricercatori italiani e russi. La ricaduta di queste indagini è nel campo della valutazione del rischio vulcanico e di frane, cioè in quella parte della conoscenza scientifica tanto negletta nel nostro Paese, e non certo per colpa degli scienziati, che mira alla prevenzione dei disastri naturali, delle perdite umane e dei danni economici. Pur essendo, nel caso dell' Etna, così alta la posta in gioco, si è arrivati a un passo dal vanificare gli sforzi della comunità scientifica italiana e dell' ex Urss. Quando la nave Strakhov stava ormai per partire da Ravenna per dirigersi ai piedi dell' Etna nel Mar Ionio, un comunicato del ministero della Difesa vietava lo svolgimento della missione. Dopo un rapido conciliabolo a bordo, si riproponeva alle autorità di Roma il rilievo di un' area sempre antistante l' Etna, ma appena al di fuori delle acque territoriali italiane. Il ministero autorizzava, riducendo però ulteriormente questa seconda area per motivi di sicurezza. La domanda che ci si pone a questo punto è se le autorità preposte hanno valutato il fatto che la probabilità di rischi naturali all' Etna è bel maggiore di quella di un' invasione russa della Sicilia E' possibile, inoltre, che nell' era dei satelliti e dei sommergibili ipersofisticati si consideri pericoloso un rilievo scientifico chiaramente finalizzato, progettato e condotto dagli italiani, seppure su nave straniera? Uno dei vulcani più attivi del mondo non aspetta burocrazia e ragioni di Stato. Alessandro Tibaldi Università di Milano


OSPITI INDESIDERATE Zecche di città Portate da cani e colombi
Autore: STELLA ENRICO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 059

LE invasioni di zecche sono di attualità in Italia: dall' Alto Adige alla Sicilia, nelle aree urbane e di campagna, non c' è regione dove gli importuni animaletti non ricompaiano, a primavera, in schiere numerose; così è probabile che le punture inflitte all ' uomo siano più frequenti che in passato. Questi acari parassiti che gli zoologi assegnano alla superfamiglia Ixodoidea, appartengono, come i ragni, alla classe degli aracnidi. Si nutrono esclusivamente di sangue e la tenacia con la quale si attaccano alle proprie vittime è proverbiale; il loro apparato boccale pungente succhiatore (rostro) è costituito da una lancetta (ipostoma) irta di dentini acuminati, rivolti all' indietro, e coperta dorsalmente dai cheliceri, due appendici uncinate che hanno il compito di aprire una breccia nella pelle dell' ospite, per consentire la penetrazione dello stesso organo. E' in virtù di questo marchingegno che le zecche rimangono saldamente fissate sugli animali, per tutta la durata del pasto. Grazie a una sostanza anticoagulante, secreta da speciali ghiandole, il sangue che sgorga dalla piccola ferita prodotta dai cheliceri si mantiene fluido mentre viene ingerito, e l' acaro se ne rimpinza finché il suo corpo non si gonfi come un palloncino. Questi artropodi non hanno difficoltà a ingozzare tanto liquido perché l' ampio stomaco è dotato di numerose propaggini, o appendici cieche, fortemente estensibili. Anche il tegumento è ricco di pieghe che distendendosi permettono alla zecca di aumentare straordinariamente di volume: il peso di talune femmine, in stato di replezione, è di oltre 140 volte maggiore che non a digiuno. Gli individui più grossi sono tutti di sesso femminile, ma la loro opulenta rotondità dipende anche dal numero di uova (fino a dodicimila] ) contenute nel ventre. Messo a confronto con le proprie compagne, il maschio fa la figura del nanerottolo. In compenso, nella famiglia Ixodidae, l' abito maschile è più gradevole a vedersi, perché munito di un esteso scudo dorsale che in certe specie esotiche splende di vivaci colori, o appare come intarsiato d' oro o madreperla. Leggero e mingherlino, il maschio è anche più agile e lo dimostra nel momento in cui va a cercarsi una partner. A noi umani sembra che la sua vita sessuale debba presentare qualche problema, dato che, come gli altri aracnidi, esso è privo del tradizionale organo copulatore e, di conseguenza, è costretto ad arrangiarsi come può: aggrappato al ventre della femmina, armeggia con il rostro, tentando di divaricarne l' orifizio genitale; quando finalmente ci riesce, vi introduce la spermatofora cioè il pacchetto che ha appena deposto e che contiene il proprio seme. Dopo questa avventura, la panciuta consorte si ritira in solitudine: una cavità alla base di un albero, una crepa del suolo un mucchio di foglie morte, o un altro nascondiglio, rappresentano un' ideale sala da parto dove la zecca può tranquillamente attendere all' ovodeposizione che si protrae per vari giorni. Ogni uovo, che ha forma sferoidale, è protetto da un rivestimento impermeabile, a prova di alluvione; il suo diametro è di circa mezzo millimetro. Le larve neonate rassomigliano ai genitori, ma, a parte le dimensioni, se ne distinguono per avere soltanto tre paia di zampe, invece di quattro. Fin dalla nascita, la loro sopravvivenza è minacciata da infiniti pericoli e difficoltà; molte morranno disidratate prima di riuscire a trovare l' ospite adatto. Alcune zecche durante l' accrescimento parassitano, in regolare successione, due o tre animali appartenenti a specie, o addirittura a classi diverse: per esempio, una lucertola, un topo campagnolo e un bovino. Altre sono fedeli a un unico vertebrato. La prima muta segna il passaggio allo stato di ninfa dotata di otto zampe mentre dopo il secondo cambio d' abito l' acaro diventa adulto. Non di rado questi parassiti (come la zecca dei bovini Boophilus annulatus) aggrediscono a migliaia lo stesso ospite, rendendolo anemico; difatti ogni femmina completamente sviluppata gli sottrae mezzo centimetro cubo di sangue. Passando da un animale all' altro possono infettarsi e diffondere malattie più o meno pericolose; può essere coinvolto anche l' uomo: cacciatori, forestali, allevatori di bestiame, pastori, cinofili sono, da sempre, tra le categorie a rischio. Ma oggi, con l' aumento delle zecche del cane (Rhipicephalus sanguineus) e del piccione domestico (Argas reflexus) nei centri urbani, chiunque può avere la sorpresa di trovarsi addosso uno di questi acari con il rostro infitto nella pelle. Spesso la sgradevole scoperta avviene per caso, dato che la puntura è indolore: le ghiandole salivari dell' artropodo producono un anestetico che, inoculato nella minuscola ferita, la rende assolutamente insensibile. Il guaio è che la stessa saliva contiene sostanze capaci di scatenare, nei soggetti predisposti, imponenti reazioni allergiche, la cui espressione più grave è lo shock anafilattico. Enrico Stella Università di Roma


PERCHE' TORNA DULBECCO In soccorso di un progetto coraggioso ma discusso la mappa del Dna umano
Autore: FOA' ROBIN

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, GENETICA, MEDICINA E FISIOLOGIA
PERSONE: DULBECCO RENATO
NOMI: DULBECCO RENATO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 059

LA grande risonanza che ha avuto la notizia del ritorno in Italia di Renato Dulbecco, dopo quasi cinquant' anni trascorsi negli Stati Uniti, va messa in relazione con la notorietà della persona, premio Nobel per la Medicina, con la sua iniziale formazione scientifica avvenuta a Torino presso la scuola di Giuseppe Levi e con il fatto che al suo nome è legato uno dei più ambiziosi e impegnativi progetti scientifici di questi ultimi anni: la mappatura del genoma umano. Questo progetto mira a identificare le sequenze del Dna di ognuno dei 46 cromosomi umani, e in particolare a caratterizzare ciascuno dei circa centomila geni che, situati nei vari cromosomi, promuovono la sintesi della proteina e di tutte le funzioni operative delle cellule viventi. Questo imponente sforzo internazionale non riveste solamente un rilievo conoscitivo, ma offre anche prospettive di fondamentale importanza per comprendere i meccanismi alla base di numerose malattie dell' uomo e di conseguenza anche per attivare strategie terapeutiche innovative. L' individuazione di un difetto genico responsabile di una determinata patologia apre infatti la via a sperimentazioni che mirano a «guarire» l' anomalia attraverso l' inserimento della sequenza del Dna difettivo. Queste prospettive di terapia genica, impensabili fino a pochi anni fa, stanno diventando attuali. Questo è stato convincentemente dimostrato per la prima volta in una rara e grave forma di immunodeficienza congenita legata all' assenza dell' enzima adenosin deaminasi (Ada). I bambini affetti da tale patologia, se non vivono in particolari condizioni di isolamento, vanno incontro a ripetuti episodi infettivi. Utilizzando tecniche di ingegneria genetica è stato possibile inserire con successo nel Dna dei linfociti di bambini malati il gene che codifica per l' Ada. Questo ha permesso un significativo aumento dei contenuti cellulari dell' enzima, una normalizzazione nel numero dei linfociti ed un miglioramento di diversi parametri di funzionalità immunitaria. A soli tre anni dall' identificazione del gene associato alla più frequente patologia congenita letale, la fibrosi cistica, che colpisce circa un individuo bianco su 2000, lo scorso dicembre il Recombinant Dna Advisory Committee del National Institute of Health statunitense ha approvato i primi tre protocolli clinici di terapia genica. Nella fibrosi cistica, il difetto genico altera le secrezioni ghiandolari, interessando soprattutto il sistema respiratorio e gastro intestinale; in due studi clinici si tenterà di correggere il difetto introducendo il gene difettivo nelle cellule che rivestono i polmoni dei pazienti. Destò interesse e commozione negli Anni 80 la storia di Augusto e Michaela Odone che trattarono il loro figlio affetto dalla forma cerebrale di adrenoleucodistrofia una patologia causata da un abnorme accumulo di acidi grassi che porta a una progressiva disfunzione neurologica e insufficienza surrenalica, delle quali si muore nel giro di pochi anni con un preparato dietetico da loro ideato a base di seme di colza. Il film tratto da questa storia ( «L' olio di Lorenzo» ) è uscito adesso anche in Italia. Curiosa coincidenza: in queste ultime settimane è stato identificato un gene che potrebbe essere responsabile della adrenoleucodistrofia. E' quindi realistico supporre che in tempi brevi potranno essere tentate nuove strategie terapeutiche per correggere il difetto genetico. Anche la dimostrazione che la distrofia muscolare progressiva di Duchenne malattia congenita che colpisce un neonato di sesso maschile su 3500 è causata dalla mancanza di una specifica proteina codificata da una ben precisa sequenza genica e chiamata distrofina, offre anch' essa nuove potenzialità terapeutiche. Non più tardi del mese scorso un gruppo di ricercatori francesi è riuscito, attraverso tecniche di trasferimento genico, a introdurre il gene della «minidistrofina» (una porzione del gene della distrofina) in cellule muscolari murine. Utilizzando questo approccio è stato possibile indurre la sintesi di quantità significative della proteina mancante, a dimostrare che la trasduzione del gene è stata efficace. Risulta evidente da questi esempi come una sempre più accurata «mappatura» del nostro genoma potrà permettere una progressiva identificazione delle malattie che nascono da un difetto genetico, e come, con le moderne tecnologie di ingegneria genetica, la possibilità di correggere questi difetti stia diventando una realtà. Robin Foà Università di Torino


TABACCO & MEDICINE Se fumi, alza le dosi dei farmaci Come la nicotina si sovrappone alle sostanze chimiche
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 059

L' AZIONE del tabacco su molti organi e molte patologie è ben nota i suoi rapporti con taluni farmaci sono invece un' acquisizione recente. Il tabacco può influire su ogni tappa della cinetica d' un medicamento, ossia l' assorbimento, la fissazione alle proteine plasmatiche, il metabolismo nel fegato, l' eliminazione. La principale di queste è la biotrasformazione epatica: il tabacco accelera il metabolismo epatico e può ridurre in tal modo l' efficacia farmacologica. Ciò dipende in particolare dagli idrocarburi aromatici del tabacco, che stimolano l' attività di certi enzimi microsomiali del fegato. E' vero che altri costituenti del tabacco (nicotina, monossido di carbonio, cadmio) hanno un effetto opposto, ma in misura molto minore. Non tutti i farmaci risentono dell' influenza del tabacco per quanto riguarda il metabolismo epatico ma per alcuni come la fenacetina, l' antipirina la caffeina e la teofillina, è necessario tenerne conto nel prescrivere le dosi a chi fuma. Il tabagismo ha anche un' interazione farmacodinamica, ovvero modifica direttamente o indirettamente gli effetti di un medicamento. Infatti i vari componenti del fumo di tabacco, la nicotina in primo luogo, possiedono proprietà farmacologiche specifiche (cardiovascolari, neurologiche, endocrine, metaboliche) che possono sovrapporsi, o viceversa opporsi, all' azione dei medicamenti. Pertanto il tabacco modifica tale azione a livello dei recettori cellulari, come accade per certi antipertensivi o analgesici, oppure provoca lesioni organiche che contrastano con gli effetti terapeutici, come nel caso degli antiulcerosi. Infine, aggrava effetti secondari indesiderabili, come avviene per gli ormoni estroprogestinici. Entrando maggiormente nei particolari consideriamo il caso della teofillina, importantissima per l' asmatico e anche per gli effetti su cuore e arterie: in certi fumatori occorrono dosi superiori del 30 50 per cento rispetto ai non fumatori. Il tabagismo aumenta la pressione arteriosa, si fa sentire sul cuore. Ne deriva per esempio una notevole riduzione dell' efficacia dei beta bloccanti, farmaci antipertensivi, per cui è opportuno ricorrere nel fumatore a rimedi d' altro genere. Sempre a proposito delle terapie antipertensive, la nicotina ha un effetto antidiuretico che diminuisce l' efficacia dei diuretici. Ancora, le dosi di antidolofirici sovente devono essere aumentate nei fumatori a causa di un significativo abbassamento della soglia e della tolleranza del dolore nel tabagismo. Si è visto anche che il tabacco riduce l' azione di alcuni psicofarmaci (tranquillanti maggiori o neurolettici, tranquillanti minori o ansiolitici, antidepressivi). Citiamo inoltre l' insulina, le cui dosi nel diabetico fumatore possono essere superiori del 15 20% rispetto al non fumatore. Infine l' associazione tabagismo contraccezione orale aumenta il rischio di malattia trombo embolica (la pillola però non perde efficacia nelle fumatrici). I rapporti del tabagismo con i farmaci sono stati studiati finora su piccoli gruppi di soggetti e per un piccolo numero di sostanze componenti del tabacco. Rimangono da studiare molte altre interazioni. Per il momento si può dire che le patologie e le terapie più sensibili agli effetti del tabacco riguardano il diabete, l' asma, l' ipertensione e l' ulcera gastroduodenale. Degli effetti farmacologici del tabagismo passivo cronico non si sa praticamente nulla. Ulrico di Aichelburg


MUSEO DI STORIA NATURALE DI MILANO Lince in vetrina, come viva Tra i diorami anche una soffitta con ragni e pipistrelli
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA, MILANO
NOTE: 059

LINCI, istrici, tassi, gatti selvatici, lontre, avvoltoi, uccelli stanziali e non, un grande numero di rettili e insetti tipici della fauna italiana, si possono vedere e studiare con calma di modo che sarà più facile riconoscerli quando il binocolo li inquadrerà durante il birdwatching nella sala ventitreesima del Museo Civico di storia naturale di Milano. I ventisei diorami della grandezza di circa due metri per tre, recentemente ultimati, espongono gli animali negli atteggiamenti di vita quotidiana: produzione, corteggiamento, alimentazione dei piccoli e fuga. Il visitatore è aiutato da un piccolo disegno a parete che riproduce schematicamente il diorama stesso con le indicazione degli animali e delle piante esposte. Ogni diorama raffigura uno scorcio dei parchi nazionali e riserve naturali d' Italia, riprodotti fedelmente, dove sopravvivono animali un tempo diffusi in tutto il Paese. Alcuni esempi: la lontra nella riserva naturale di Sele a Serre Perano (Salerno) dove il Wwf ha messo sotto protezione un tratto del fiume; la lince sui monti dei Lagorai in Trentino dove è ricomparsa spontaneamente e si è riprodotta, mentre è estinta su tutte le Alpi. Gli avvoltoi monaco gipeto e grifone nella foresta demaniale Montes di Nuoro. Attraverso i diorami si viene a conoscenza dell' importanza ecologica delle zone umide che soltanto una ventina d' anni fa venivano indiscriminatamente bonificate. Vi sono gli scorci della riserva naturale lacustre di Novate Mezzola fra Como e Sondrio, la garzaia dell' isolone di Oldenico nel Vercellese e del Parco del Circeo dove nidifica il raro trampoliere Cavalier d' Italia. Il diorama più curioso è una soffitta di una vecchia casa di città che dà ospitalità a topini, ragni, pipistrelli, rondini. La filosofia del Museo è quella di offrire al pubblico una lettura degli animali nel contesto del loro habitat. Il diorama esige una ricostruzione perfetta, quasi maniacale, della natura che si vuole racchiudere in teca. Gli animali esposti nei diorami sono tutti «tassidermizzati», cioè svuotati internamente mentre si conservano pelle, corna e zoccoli una tecnica completamente diversa dall' imbalsamazione, che invece comporta la conservazione anche delle parti molli dell' organismo. In parte provengono dal museo medesimo in parte sono stati donati da privati. C' è anche un imponente esemplare di gufo reale trovato morto sulla strada. Ora fa bella mostra di sè nell' atto di predazione ad ali spiegate mentre afferra con gli artigli un riccio nella riserva di Sasso Fratino (Forlì ). Pia Bassi


A META' STRADA TRA I LEGNI E GLI OTTONI Aria di sassofono Una grande famiglia creata nel 1846
NOMI: SAX ADOLPHE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 060

IL sassofono fu inventato nel secolo scorso da Adolphe Sax, che voleva colmare un vuoto tra la famiglia degli ottoni e quella dei legni. Sebbene sia in ottone, il sassofono è classificato tra i fiati perché ha un' unica ancia. In origine la famiglia del sassofono contava 14 modelli, oggi ridotti a quattro: in si bemolle soprano, mi bemolle contralto (nel disegno), si bemolle tenore, mi bemolle baritono. Il suono è prodotto dall' aria che vibra quando viaggia lungo lo strumento. Per produrre note uniformi, il sassofono ha bisogno di un rifornimento d' aria forte e costante. Per regolare la quantità d' aria, i musicisti respirano con il diaframma, il grande muscolo che separa i polmoni dall' addome. La posizione della lingua sull' ancia controlla il flusso d' aria nel bocchino. Prima di suonare una nota, il suonatore inspira tenendo la lingua leggermente appoggiata sull' ancia. Poi, dopo una spinta del diaframma, ritira la lingua dall' ancia. Questo fa passare un corrente d' aria attraverso il bocchino. Il sassofono è una sorta di tubo conico che ha dei buchi a specifici intervalli. Ognuno può essere aperto o chiuso con un tasto, che di fatto allunga o accorcia il tubo. Quando si soffia aria nel bocchino, la vibrazione dell' ancia crea delle onde sonore che, scendendo verso il basso, fanno vibrare lo strumento.


ENCICLOPEDIA MULTIMEDIALE La storia della filosofia (testi, voci, immagini) raccolta su video dischi
Autore: CONTIGIANI BRUNO

ARGOMENTI: DIDATTICA, ELETTRONICA, FILOSOFIA
NOMI: MAROTTA GERARDO, GADAMER HANS GEORG
ORGANIZZAZIONI: RAI, DSE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 060. Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche

SECONDO il filosofo Hans Georg Gadamer, la situazione attuale dell' Europa ricorda il periodo di decadenza nel quale si trovava Atene all' epoca della condanna a morte di Socrate: e allora giunse da Platone un forte incitamento a dedicarsi alla filosofia, poiché la politica non rappresentava la strada alla soluzione dei problemi di Atene. Ricaviamo questa annotazione da un' intervista fatta da Gerardo Marotta al celebre allievo di Natorp e Heidegger per conto del Dse, il Dipartimento Scuola e Educazione della Rai. Questa intervista fa parte di un complesso di altre ottocento interviste ai filosofi, viventi o scomparsi, raccolte nell' «Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche», un' opera monumentale nata dalla collaborazione tra la Rai, l' Istituto dell' Enciclopedia Italiana e l' Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Se la nascita di un' enciclopedia della filosofia rappresenta di per sè un avvenimento culturale di rilievo, il ricorso alla multimedialità conferisce a quest' opera un carattere di novità che le successive produzioni in campo filosofico dovranno prendere in considerazione. Finora l' «Enciclopedia Multimediale» (iniziata nel 1987) era consultabile mediante guide stampate o videocassette, ma oggi l' associazione ha tutto il materiale raccolto informaticamente: un software ipertestuale e un normale lettore per videodisco ne moltiplicano le potenzialità d' uso. Infatti, grazie a questi strumenti, è possibile in modo molto semplice navigare nelle 1100 ore di video a disposizione, muovendosi fra interviste (in tre lingue), documentari, spezzoni di film, brani recitati da attori, e i testi scritti delle opere. Tutto questo materiale è stato archiviato su video disco e può essere consultato con un personal computer (Macintosh Apple) e direttamente fruito sullo schermo del computer o su un televisore. Il grande valore aggiunto dato dall' informatica, la cui introduzione è dovuta al Dipartimento di elettronica del Politecnico di Milano, consiste nella possibilità di consultare in modo molto rapido l' opera e di collegare tra loro, grazie a un ipertesto (un software che permette di legare immagini fisse e in movimento, suono, programmi, e testi) le varie parti dell' opera. Ciò consente una ricerca estremamente rapida su di un autore, al quale possono essere correlate le opere, un' intervista in video, e uno spezzone di documentario per favorire l' ambientazione storica. Chi consulta l' «Enciclopedia» (insegnanti, ricercatori, redattori, studenti) può registrare il proprio percorso e costruirsi la propria lezione o presentazione che, una volta completata, sarà disponibile su carta per quanto riguarda testi o bibliografie, ma soprattutto anche in videotape. Bruno Contigiani


LE DATE DELLA SCIENZA I «quasar», oggetti misteriosi in fuga ai confini dell' universo
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 060

TRENT' ANNI fa nella costellazione della Vergine veniva identificato il primo «quasar»: 3C 273. Dopo la scoperta delle «radiosorgenti» alcuni astronomi di Cambridge compilarono nel 1959 il «Terzo catalogo Cambridge di radiosorgenti» (3C) ) che conteneva circa 500 oggetti celesti di questo tipo. Mentre alcuni furono presto identificati, altri si dimostrarono molto strani e con caratteristiche sorprendenti. Sfruttando l' occultazione lunare di 3C 273, gli astronomi determinarono con esattezza la sua posizione, che coincideva con un oggetto molto simile a una stella ma dall' aspetto insolito. La «stella», infatti, presentava lateralmente un «getto» luminoso. Analizzando lo «spettro», inoltre, si notarono righe fortemente spostate verso il rosso (red shift) e tutto ciò, interpretato come «effetto Doppler», consentì di stabilire con esattezza la distanza e la velocità: 3C 273 si trovava a una distanza di 2, 6 miliardi di anni luce e si allontanava a una velocità di 44 mila chilometri il secondo. La sua luminosità era sorprendente: posto a una distanza di 10 parsec (che è la distanza standard alla quale si pongono idealmente le stelle per stabilire le magnitudini assolute), 3C 273 apparirebbe luminoso come il Sole, mentre il Sole, alla stessa distanza, apparirebbe come una debole stella di quinta grandezza. Questi oggetti vennero chiamati «quasi stellar radio sources» (poi «quasar» ). Successivamente ne vennero scoperti altri che presentavano redioemissioni molto deboli. Per questa categoria venne coniato il termine «quasi stellar object» (Qso). Molti sono ancora i misteri che avvolgono i «quasar», gli oggetti più lontani dell' universo (se ne conoscono a distanze di oltre 10 miliardi di anni luce). Probabilmente si tratta di nuclei esplosivi di galassie in via di formazione. Non tutti gli astronomi, però, sono d' accordo sulla loro distanza. Halton Arp, ad esempio, ha sempre sostenuto che si tratta di oggetti molto più vicini. Franco Gabici


STRIZZACERVELLO Due problemi in uno
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 060

Il contachilometri della macchina segnava 15. 951 chilometri. «Un numero bifronte: chissà tra quanto tempo ne rivedrò un altro su questo contachilometri? », pensò Luca, alle prese con ben altri problemi: doveva infatti produrre con grande urgenza 800 apparecchi di misurazione e disponeva, oltre a se stesso, di 9 giovani. Ognuno di loro era in grado di produrre 15 apparecchi al giorno, mentre lui ne produceva 9 in più della media di tutta la squadra composta dalle 10 unità. Dopo un' ora esatta di autostrada, giunse alla fabbrica. Diede un' occhiata al contachilometri e sorpreso vi lesse un altro numero bifronte e cioè leggibile nei due sensi. Le domande sono: a) quanti giorni serviranno alla squadra per terminare il lavoro commissionato? b) a che media ha corso l' automobile durante il tragitto? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo.


LA PAROLA AI LETTORI Sei gradi in montagna, ma Messner vuole un 7
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 060

Chi ha messo a punto la scala delle difficoltà alpinistiche? E secondo quali criteri? La scala delle difficoltà è stata messa a punto nel 1925 6 dal tedesco Willy Welzenbach, alla ricerca di una valutazione unica degli ostacoli che si incontrano nell' arrampicata libera. Il primo grado, «Scala di Monaco», rappresenta la difficoltà elementare; il sesto, il limite delle possibilità umane nell' arrampicata libera. Negli ultimi anni ci sono state però molte polemiche: Messner, ad esempio, ritiene indispensabile definire un settimo grado. Gli americani invece aggiungono al 6 una serie di decimali sempre più grandi con il crescere delle difficoltà. Franco Tonello Conegliano (TV) Dove sono i semi nelle banane? Non ci sono semi perché il banano non è un albero ma una pianta erbacea. Perciò si riproduce come una pianta d' appartamento: basta prendere una foglia con il suo rametto, metterla nell' acqua e aspettare che si formino le radici. Franck Capobianco Parigi La banana (detta anche «fico d' Adamo» ) è la bacca di una pianta erbacea (Musa paradisiaca) economicamente molto importante. Il frutto del banano non contiene semi e per la riproduzione si usano i vecchi rizomi della pianta stessa. Francesco Barosi Bra (CN ) E' vero che l' Islanda è il Paese dove si vive meglio al mondo? L' Islanda è considerata il «Paradiso dei naturalisti» per la varietà dei fenomeni e dei paesaggi. In questo ambiente meraviglioso vive un popolo piccolo (250 mila individui alla più bassa densità d' Europa: 2, 4 abitanti per chilometro quadro), considerato fra i più avanzati per organizzazione sociale. La fama di Paese dove si vive meglio deriva anche dalla bassissima mortalità (6, 8 per mille) e dalla più bassa mortalità infantile al mondo (5, 7). F. T., Treviso Non esiste nè Eldorado nè paradiso terrestre. In un suo famoso dialogo, Leopardi faceva dire a un islandese: «... la lunghezza del verno, l' intensità del freddo e l' ardore estremo della state, che sono qualità di quel luogo, mi travagliano di continuo». Gianpaolo Fassino Moncucco (AT ) Perché in genere non si ricorda nulla dei primi anni di vita? Il ricordo della nascita è nascosto da qualche parte nel cervello o si è perduto per sempre? Si tratta della cosiddetta «amnesia dell' infanzia», di cui per primo si interessò Freud. Per lui, i ricordi degli eventi dei primi anni di vita si conservano comunque nella memoria. In base alle attuali ricerche sui meccanismi della memoria oggi si pensa invece che in tenera età manchino le strutture e i meccanismi per codificare i ricordi. Antonella Focacci, Forlì E' indubbiamente strano che nessuno di noi abbia ricordi precisi dei suoi primi anni di vita, soprattutto se si tiene conto che in quel periodo avvengono nell' individuo importanti trasformazioni. Secondo la teoria psicoanalitica di Anna Freud, questa mancanza di memoria non può verificarsi senza un valido motivo. In questo periodo dello sviluppo, il bambino si comporta come se non esistesse nulla di più importante dello sfruttamento delle fonti di piacere e dell' appagamento dei suoi desideri istintivi, mentre l' educazione punta solo a inibire queste tendenze. La rinuncia al piacere che viene imposta al bambino ha come possibile conseguenza la rimozione sia dei ricordi delle piacevoli esperienze di un tempo, sia dell' intero periodo corrispondente. L' individuo dimentica così il proprio passato, sentimenti ed esperienze comprese. Tutto ciò che abbiamo vissuto alla nascita e nei primi anni di vita non è comunque perso per sempre. Questo settore sommerso del nostro mondo interiore ha l ' inquietante prerogativa di non perdere la sua efficacia anche quando è svanito dalla memoria: esercita un preciso influsso sulla vita del bambino, trovando espressione nel suo comportamento quotidiano. Cristina Massoglia Strambino (TO)




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