TUTTOSCIENZE 24 marzo 93


MANTIDI RELIGIOSE Orecchi beffardi Sentono gli ultrasuoni
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
NOMI: YAGER DAVID, MAY MIKE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 045

QUANDO il grillo maschio fa la sua serenata d' amore sfregando l' una contro l' altra le sue ali chitinose, le elitre, l' appello canoro non cade nel vuoto. La femmina lo sente e accorre al richiamo maschile. Altrettanto fa la cicala femmina quando il suo promesso sposo le fa intendere che è in cerca dell' anima gemella. E' evidente che le femmine di questi insetti ci sentono benissimo, però non hanno voce, sono mute. Lo sapeva già Xenarco di Rodi quando diceva con un senso di invidia: «Beate le cicale, che le lor mogli son mute». Hanno orecchie situate in posti davvero strani, ma ce le hanno. Prendiamo un grillo. E' inutile cercargli le orecchie nella testa. Non ci sono. Le troviamo invece nel primo paio di zampe. In prossimità di ciascun ginocchio la cuticola forma una sottile membrana timpanica che le onde sonore fanno vibrare. Le oscillazioni della membrana vengono percepite da speciali cellule sensoriali e da queste trasmesse a due nervi acustici. Non è quindi esagerato affermare che i grilli e gli altri tettigonidi (la famiglia cui appartengono) ci sentono con le zampe. Dunque che gli insetti odano è fuori dubbio. Ma la regola potrebbe non essere generale. Si è sempre creduto, ad esempio, che le mantidi fossero completamente sorde. Dopo tutto non emettono nessun tipo di suono. E sembrerebbe logico pensare che di orecchie non abbiano bisogno. E invece una recente ricerca dello psicologo David Yager e del neurobiologo Mike May ha rivelato che le mantidi religiose posseggono un particolarissimo organo uditivo impari. In altre parole, hanno un solo orecchio, situato nel bel mezzo del corpo, dal lato ventrale. Sono, per così dire, «ciclopi acustici», in contrapposto con i ciclopi della mitologia greca che hanno un solo occhio. Assolutamente anomala la struttura del loro orecchio: è una fessura lunga circa un millimetro che porta anteriormente due protuberanze di cuticola dura. Mentre negli altri insetti il timpano è formato da una pellicola elastica, nelle mantidi è costituito da una sottile cuticola rigida a forma di goccia. Non c' è che dire. E' proprio un orecchio «sui generis». E serve a captare suoni assai diversi da quelli che percepiamo noi. L' uomo e la maggior parte degli animali usano e odono suoni di frequenza inferiore ai dieci chilohertz. La mantide invece capta ultrasuoni di frequenza compresa tra i 25 e i 60 chilohertz. Noi diciamo «la mantide» alludendo alla specie più nota, la celeberrima mantide religiosa o «pregadio», così chiamata perché in posizione di riposo tiene gli arti posteriori congiunti come due mani in atto di preghiera. Ma di mantidi ne esistono circa duemila specie, che vivono per la maggior parte nelle regioni tropicali della Terra e hanno dimensioni comprese tra uno e tredici centimetri. (Quanto a grandezza, anche la nostra mantide non scherza. E' lunga sette centimetri e mezzo. ) Alcune di esse, a quanto hanno accertato i due studiosi americani, riescono a captare persino ultrasuoni di frequenza superiore ai 100 kilohertz, mentre altre non posseggono nessun orecchio e sono completamente sorde. A questo punto c' è da chiedersi che cosa se ne facciano, le mantidi che hanno tanto di orecchio, della loro straordinaria capacità acustica. Di giorno non la usano certo, dotate come sono di una buona vista, alla quale si affidano per individuare e catturare le prede. Di notte invece, quando la visibilità è scarsa o nulla, ecco che può entrare in gioco l' eccezionale apparato acustico utilissimo per captare gli ultrasuoni emessi dai catididi, i minuscoli pseudogrilli che le mantidi mangiano molto volentieri. Può anche darsi che ricorra al linguaggio ultrasonoro il maschio della mantide durante l' emozionante corteggiamento, quando deve trovare gli argomenti per convincere la femmina a lasciarsi fecondare, senza scambiare il partner per una preda commestibile. Perché tutti conoscono la tragica sorte del maschio prima decapitato poi divorato vivo dalla famelica consorte. Questa, della comunicazione ultrasonora tra i due partner prima del fattaccio, è soltanto una supposizione. Ma quel che risulta inconfutabilmente dalle ricerche degli studiosi è che la mantide si serve degli ultrasuoni per sventare l' attacco dei pipistrelli, i suoi nemici più insidiosi. Intanto è in grado di percepire nettamente gli ultrasuoni che questi mammiferi volanti emettono, cosa che solo alcune farfalle prede dei pipistrelli sono capaci di fare. E percepirli significa potersi mettere in salvo in tempo utile. Come fa a mettersi in salvo? Usando una astutissima tecnica di evasione non appena le giungono all' orecchio gli ultrasuoni emessi dal pipistrello. E' una tecnica analoga a quella che usano i piloti degli aerei da combattimento quando sono inseguiti dal nemico: cambiano bruscamente rotta oppure scendono in picchiata perdendo velocità e cercano in tal modo di rendersi invisibili ai radar degli inseguitori. La mantide fa qualcosa di simile. Descrivendo una spirale a zig zag scende fino al suolo e in tal modo esce dal campo di percezione del pipistrello che la insegue, sfuggendo al suo sonar (l' equivalente del radar degli aerei) Quando i pipistrelli apparvero sulla faccia della Terra qualcosa come sessanta milioni di anni fa, rappresentarono indubbiamente una seria minaccia per gli insetti notturni volanti. Per contrastarli, la mantide religiosa ha saputo evolvere la sua incredibile strategia con poche migliaia di cellule nervose e gli ideatori dei nostri aerei da combattimento guidati dalla tecnologia più avanzata non hanno saputo fare di meglio che imitarla, sia pure inconsapevolmente. Isabella Lattes Coifmann


FA BENE? FA MALE? Caffè quante tazzine figliolo? Un peccato veniale, tollerato dall' organismo
Autore: CALABRESE GIORGIO

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, MEDICINA E FISIOLOGIA, STATISTICHE
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. G. I consumi di caffè per nazione in Europa
NOTE: 045

QUALI effetti può avere la caffeina sulla salute? Possiamo concederci il caffè ogni giorno, e se sì, quante tazzine? La risposta è venuta da un recente convegno milanese nel corso del quale è stato presentato uno studio sul caffè tra i più approfonditi finora realizzati. «Tre tazzine di caffè al giorno non interferiscono con la nostra salute; anzi ha riferito Silvio Garattini, direttore dell' Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano si può arrivare a berne fino a 4 5 senza eccessive preoccupazioni». Attenti, però. La mancanza di una associazione tra malattia e consumo di caffè non indica necessariamente la mancanza di effetti fisiologici di una o più sostanze, presenti nel caffè. Nel volume di Garattini «Coffeine, Coffee and Health», (Raven Press), vengono esaminati tutti i possibili effetti della caffeina sul corpo umano. Vediamone alcuni. Ipertensione e caffeina. In genere si pensa che il caffè faccia male a chi soffre di ipertensione arteriosa. Garattini, dopo aver esaminato approfonditi studi clinici, ha accertato che fino a 3 4 tazzine al giorno non capita assolutamente nulla a livello pressorio, mentre con dosi più alte si può avere un aumento di pressione, che però scompare dopo 1 2 giorni. La spiegazione sta nel fatto che l' organismo si adatta rapidamente al consumo di caffeina, cioè sviluppa una tolleranza che si perde rapidamente quando si smette di consumare la sostanza. Ciò è stato accertato prendendo in considerazione l' attività reninica, le catecolamine plasmatiche, i riflessi barocettivi, il sistema nervoso simpatico. Il fatto che sia così facile rimuovere la tolleranza, esclude le ipotesi di dipendenza o di assuefazione alla caffeina. Caffè e colesterolo. Questo dubbio lo hanno espresso ultimamente i norvegesi, che hanno condotto uno studio su 14. 500 persone dal quale si è dedotto che il caffè è responsabile dell' aumento del colesterolo nel sangue. E' essenziale chiarire che questo e altri studi condotti nei Paesi del Nord Europa partono dal fatto che in queste nazioni il caffè viene consumato bollito senza filtrazione, cosa che non avviene nel nostro Paese. Altre ricerche, fatte filtrando il caffè, hanno potuto escludere con una certa sicurezza la responsabilità della caffeina nei riguardi della ipercolesterolemia. Qual è la causa di questo accertato aumento del colesterolo nei Paesi nordici? E' stata individuata una frazione del caffè, di cui non si conosce ancora la composizione, che fa parte dei grassi presenti nel caffè e viene normalmente trattenuta dal filtro (come nel caffè espresso all' italiana) e che invece passa nel caffè bollito (come in Norvegia, appunto). Caffè e attenzione. Il caffè è chiamato «Lift» dagli americani, perché dà la sensazione che «tiri su». Questo è dovuto all' effetto psicostimolante. Alcuni ricercatori però sostengono che la caffeina non dovrebbe essere considerata una sostanza stimolante in generale ma piuttosto uno stabilizzatore dell' attenzione. Ciò perché gli effetti osservati dopo la somministrazione di dosi veramente elevate sono dovuti all' interazione della caffeina con i neurotrasmettitori cerebrali, in particolare con il sistema adenosinergico. Inoltre, si è visto che se il caffè viene assunto a piccole dosi ha effetti positivi sull' umore; se invece lo si prende solo saltuariamente, può provocare tensione e nervosismo. Circa i rapporti con la memoria, sembra che la caffeina sia in grado di migliorare leggermente l' elaborazione delle informazioni. Bisogna dire però che la caffeina è in grado anche di peggiorare la semplice memorizzazione dei dati, perché «eccita» i neuroni, che quindi si mettono a lavorare molto velocemente, mentre ogni input, per essere memorizzato, richiede un certo tempo. Caffeina e sonno. Gli effetti della caffeina sono correlati con l' ora della giornata e riflettono le fluttuazioni circadiane del ritmo di veglia. I risultati dello studio al riguardo hanno dato risultati «paradossali»; infatti gli effetti della caffeina risultano più intensi quando lo stato di veglia è basso, come al mattino, mentre sono molto deboli quando la nostra vigilanza è massima, come nel tardo pomeriggio. Quindi è logico prendere il caffè al mattino appena svegli e anche nel primo pomeriggio, dopo i pasti, perché questi sono due momenti in cui la nostra vigilanza è minore. Se assumiamo subito dopo pranzo una dose di caffeina pari a 3 mg/kg di peso corporeo, otteniamo un miglioramento del senso di vigilanza nel lavoro, eliminando l' ottundimento post prandiale. Per disturbare veramente il sonno ci vogliono almeno 4 tazzine di caffè, cioè circa 300 mg di caffeina; se siamo disturbati con un dosaggio minore dipende da intolleranza soggettiva. Se si smette bruscamente di prendere il caffè, l' unico sintomo serio che insorge è quello del mal di testa. E' sbagliato parlare di dipendenza e astinenza, perché il consumo di caffeina non interferisce con la vita lavorativa o scolastica, nè causa comportamenti autodistruttivi o antisociali. Se assumiamo ogni giorno 5 caffè noi bruciamo senza alcuno sforzo da 80 a 150 calorie e questo effetto è più marcato negli obesi, mentre è blando in chi ha un peso normale. Ciò grazie ad una maggiore stimolazione della termogenesi. Si è visto però che questo effetto dimagrante è più evidente in coloro che avevano smesso da un certo periodo di bere caffè. Se consideriamo che le 150 calorie bruciate ogni giorno corrispondono a 4500 calorie in meno in un mese, allora è facile prevedere la perdita di quasi 1 chilo di peso al mese, cioè da 8 a 10 chili in un anno, solo grazie a queste 5 tazzine quotidiane. Giorgio Calabrese


INCONTRO INTERNAZIONALE A LA THUILE La fisica è al capolinea? Verso la «teoria finale»
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, CONGRESSO, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: RUBBIA CARLO, VENEZIANO GABRIELE
ORGANIZZAZIONI: CERN
LUOGHI: ITALIA, LA THUILE
NOTE: 046

UNA meditazione sul futuro della fisica fondamentale, tra speranze e preoccupazioni. Anche questo hanno rappresentato «Les rencontres de physique» che la Regione Valle d' Aosta ormai da sette anni organizza alla fine dell' inverno a La Thuile. Dall' 8 al 13 marzo 120 fisici americani ed europei si sono interrogati sui problemi aperti la caccia al quark top, la teoria delle forze della natura l' origine dell' universo ma anche sulla concreta possibilità di mantenere alla fisica delle alte energie un ancoraggio con l' esperimento: cosa sempre più difficile ora che gli acceleratori di particelle hanno raggiunto nelle dimensioni e nei costi un limite oltre il quale pare impossibile spingersi. Negli Stati Uniti, dopo varie esitazioni, il presidente Clinton si è deciso ad approvare il finaziamento per il ' 93 del Superconducting Super Collider (Ssc), 517 milioni di dollari su una spesa complessiva di 8 miliardi. Questa macchina, una «pista» di 87 chilometri nella quale protoni e antiprotoni verranno accelerati a 20 mila miliardi di elettronvolt (20 TeV), sarà certamente l' ultima della sua generazione: una macchina più grande si avvicinerebbe alle dimensioni del nostro pianeta... Al Cern di Ginevra ci sono ancora due traguardi. Il Lep, collider di 27 chilometri in cui si scontrano elettroni e positroni, raddoppierà la sua energia nel 1995, quando sarà messo in grado di produrre particelle W, i bosoni scoperti da Carlo Rubbia che mediano l' interazione elettrodebole. Poi si passerà a Lhc, Large Hadron Collider, lungo sempre 27 chilometri ma progettato per raggiungere energie molto più alte. Dopo, anche l' Europa non saprà come fare per andare oltre. Si può vedere la questione da due punti di vista. Da un lato, macchine come Lhc o Ssc potrebbero trovare gli anelli mancanti previsti dalla teoria della cromodinamica quantistica e dare indicazioni chiare sulla correttezza delle idee attuali in fatto di unificazione delle forze fondamentali. Dall' altro lato, invece, se queste indicazioni non verranno, i fisici sarebbero nell' impossibilità di progettare esperimenti che superino l' impasse mettendo alla prova teorie alternative. In entrambi i casi la fisica sarebbe arrivata al capolinea: o perché la «teoria finale» è convalidata o perché non è tecnicamente possibile fare nuovi esperimenti. E' vero che qualche idea già si affaccia. Gli acceleratori del futuro non dovrebbero più essere circolari ma lineari e puntare direttamente i fasci di particelle l' uno contro l' altro. Inoltre tecnologie innovative, oggi appena ipotizzabili, dovrebbero permettere accelerazioni maggiori con una spesa energetica inferiore. Ma ciò non toglie che molte incertezze pesano sulla fisica del Duemila. A La Thuile, comunque, sono stati presentati risultati interessanti. Il quark «Top» è ancora latitante: ormai è certo che furono un abbaglio i «quattro eventi strani» registrati al Fermilab di Chicago nel novembre scorso. In compenso si è riusciti a definire un nuovo limite inferiore alla sua massa: 108 GeV invece dei 92 prima accettati. Sul fronte della cosmologia sono di estremo interesse i dati del satellite Cobe, che ha misurato con precisione eccezionale la radiazione residua del Big Bang, rilevandone per la prima volta lievi irregolarità che ci informano sulle prime fasi di formazione dell' universo. Ma ancora più suggestiva è stata la relazione di Gabriele Veneziano: la sua teoria delle «superstringhe» e del «tempo negativo» permette di non interpretare più il Big Bang come un punto di origine privilegiato. La «creazione» vista dai fisici diventa così più laica. Piero Bianucci


AD AOSTA In progetto osservatorio astronomico
NOMI: FRACASTORO MARIO
LUOGHI: ITALIA, SAINT BARTHELEMY
NOTE: 046

RICERCA e didattica astronomica andranno a braccetto se si si realizzerà a Saint Barthelemy, in Valle d' Aosta, un Osservatorio il cui progetto è all' esame della Regione. Accanto a un telescopio di dimensioni ragguardevoli un riflettore con specchio principale da 60 centimetri sono infatti previsti otto riflettori amatoriali da 25 centimetri, un rifrattore da 15 e quattro binocoli ad alta luminosità. La strumentazione ausiliaria del telescopio da ricerca è proporzionata: una camera di Baker Schmidt da 25 centimetri per fotografie del cielo a largo campo, sensori Ccd ad alta risoluzione fotometro, computer. Nel progetto ci sono anche una stazione meteorologica e un laboratorio dedicato allo studio del Sole con un suo telescopio e un filtro H alfa per l' osservazione delle protuberanze e dell' attività della cromosfera. La spesa preventivata, edifici inclusi, si avvicina a due miliardi e mezzo; i costi di gestione sono intorno a 140 milioni all' anno. Un investimento non piccolo, che però promette una ricaduta culturale e anche economica rilevante: molte scolaresche potrebbero accedere a un' esperienza didattica originale e la nuova stazione meteorologica sarebbe certo utile in una regione a vocazione turistica. La località di Saint Barthelemy, già a lungo studiata da Mario Fracastoro dell' Università di Torino, è molto buona per la qualità del cielo.


INAUGURAZIONE A LUGLIO Nasce la moschea da «Guinness dei primati» A Casablanca uno degli edifici più grandi del mondo
Autore: BERTALLI CANINA MARINA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, EDILIZIA, RELIGIONE
LUOGHI: ESTERO, MAROCCO, CASABLANCA
NOTE: 046

GLI estimatori dell' arte e della tecnologia islamiche, o anche i semplici turisti che visiteranno il Marocco durante la prossima estate, troveranno una sorpresa: re Hassan II inaugurerà il 9 luglio la Gran Moschea di Casablanca, uno dei più grandi edifici al mondo, sicuramente un edificio senza pari nell' architettura musulmana. L' intero complesso comprende la moschea vera e propria il minareto, la medersa (ossia il centro d' insegnamento annesso) l' hammam (sede del responsabile religioso), la fondazione Hassan II e un museo biblioteca per un totale di 107. 650 metri di superficie edificata, alla quale sono state aggiunte imponenti zone di servizio, come quelle per la sorveglianza, i parcheggi e lo smistamento del traffico automobilistico nei dintorni della colossale moschea. Poiché la circolazione presso il Boulevard Sidi Mohammed Ben Abdallah sarebbe stata stravolta dallo smisurato sagrato della moschea, si è infatti pensato di convogliarla al di sotto di quest' ultimo, realizzando un sottopassaggio a quattro corsie, due per ciascun senso di marcia, lungo 850 metri e largo 16 e mezzo. Due parcheggi sotterranei, rispettivamente di 38. 800 e 11 700 metri quadrati, in grado di ospitare mille vetture e 34 autobus, completano il tutto. Inoltre, dato che, in ossequio al volere del re, la costruzione sorge parzialmente sul mare, si è resa necessaria la realizzazione di una barriera a salvaguardia delle strutture contro le mareggiate (26. 000 metri cubi di cemento e 59. 000 di scogliere artificiali), senza contare che per consentire il regolare svolgimento dei lavori era già stata eretta una prima opera provvisoria, una diga e una contro diga che racchiudono e inglobano in sè un nucleo in tufo argilloso del volume di ben 40. 000 metri cubi, compattato e ancorato alla terraferma mediante iniezioni di cemento. A fronte di queste cifre senza dubbio impressionanti, non meraviglia che il progetto preventivasse l' impiego di oltre 10 mila persone fra artigiani e operai per un totale di 50 milioni di ore lavorative. Per rendersi conto delle straordinarie dimensioni dell' impresa, basti pensare alla sola moschea, un edificio rettangolare della lunghezza di circa 200 metri, largo 100, che raggiunge i 60 metri d' altezza dal suolo articolandosi su più piani, due dei quali sotterranei. A questi ultimi i fedeli possono accedere attraverso una serie di porte monumentali ricavate sfruttando il notevole spessore dei muri perimetrali del minareto (metri 1, 70): il primo (12. 500 metri quadrati) ospita la Sala delle Abluzioni riservata agli uomini, il secondo (3870 metri quadrati) quella delle donne, le quali usufruiscono fra l' altro di una galleria la cui ossatura in cemento armato si eleva a 15, 50 metri da terra. Monumento al sapere e alla scienza islamica, la moschea università di Casablanca rispecchia l' anima profondamente religiosa che da sempre pervade la cultura nord africana. Ma oggi quest' anima religiosa si avvale anche di tecnologie attualissime e sofisticate: a partire dalla prima delle tre sfere che ornano il cosiddetto «jamour» (un puntale che sormonta il tetto a cupola del minareto) un raggio laser della portata di 30 chilometri indicherà ai fedeli la direzione della Mecca. Incredibili sono la profusione e la ricchezza dei materiali usati per i rivestimenti, sia esterni che interni. Le Grandes Marbreries du Sud hanno tagliato e scolpito 235. 000 metri di pietra nobile, 1350 colonne e colonnine e 45 vasche in marmo massiccio, lo stesso che ricopre interamente i pilastri della Sala della Preghiera all' interno della moschea. Minareto, medersa e hammam hanno facciate completamente rifinite in travertino, mentre il museo e la biblioteca ne sono decorati solo in parte per un ammontare complessivo di 106. 500 metri quadrati (79. 000 di travertino liscio e 27. 500 dello stesso, ma scolpito, e marmo). Più contenuti gli interni: «solo» 4500 metri quadrati di travertino e 6500 di marmo a parete e 36. 000 metri quadrati di pavimentazione, graniti compresi Una sciocchezza rispetto alle zone d' accesso che, comprendendo il sagrato, hanno richiesto oltre 82. 000 metri quadrati di materiale. Le zelliges, ovvero i tradizionali mosaici in maiolica smaltata, rivestono oltre 10. 000 metri quadrati di superficie. Pur avendo una funzione decorativa per lo più circoscritta alla porzione inferiore delle pareti, li ritroviamo, oltre che all' interno e lungo tutto il perimetro della moschea, anche sulla sommità del minareto. Per finire questo lungo elenco di cifre da «Guinnes dei primati», 67. 000 metri quadrati di gesso scolpito e dipinto e altri 42. 000 con motivi in legno e gesso sono stati impiegati per abbellire unicamente capitelli, archi e soffitti della Sala della Preghiera, della medersa e del minareto. Un discorso a parte meritano le gigantesche porte d' accesso proprio a quest' ultimo e alla moschea particolarmente quelle riservate alla corte: costituite da ossature in titanio e ottone, vi sono stati incorporati motivi ornamentali, sempre in ottone, alternantisi ad altri in rame scolpito. Sarà quindi oltrepassando uno dei più grandi battenti al mondo (12, 40x3, 5 metri) che re Hassan II stabilirà il 9 luglio l ' ultimo primato maghrebino. Marina Bertalli Canina


SCAFFALE «Inquinamento dell' aria e patologia umana», a cura di G. W. Canonica, Editoriale Fernando Folini, Ward Colin, «Dopo l' automobile», Eleuthera
AUTORE: VERNA MARINA
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 046

VANNO di pari passo, il degrado dell' ambiente naturale e quello della qualità di vita, soprattutto nelle grandi città. Come da anni va denunciando anche l' Organizzazione Mondiale della Sanità salute, sviluppo e urbanizzazione formano un nodo inestricabile, dal quale derivano nuove malattie e varie forme di patologia sociale. Negli ultimi vent' anni, si legge nel bel saggio «Inquinamento dell' aria e patologia umana», curato da Giorgio Walter Canonica, sono aumentate soprattutto le malattie respiratorie e tutte le manifestazioni allergiche. Curiosamente la pollinosi, impropriamente chiamata «febbre da fieno», colpisce di più in città che in campagna. Il più esposto al pericolo, inevitabilmente, è l' apparato respiratorio. Le sostanze gassose, come il monossido di carbonio e gli ossidi di azoto, arrivano direttamente agli alveoli insieme all' aria inspirata. Di qui passano nel sangue e si distribuiscono in tutto l' organismo. I gas solubili nell' acqua, come l' anidride solforosa, vengono assorbiti già a livello di trachea, dove esercitano i loro effetti tossici. Contro gli inquinanti di natura corpuscolare, invece, l' apparato respiratorio è più difeso, tant' è che riesce ad espellerli in grande quantità. La salvezza dallo smog invernale, perfido davvero, sembrava essere negli ambienti chiusi. Oggi sappiamo invece che questi sono ancora più pericolosi dell' aria aperta, in quanto vi si accumulano veleni di tutti i generi: non solo l' aria inquinata, ma anche polveri, acari, materiali da costruzione, strumenti di lavoro, lo stesso gas con cui si cucina o si scalda l' acqua. Sotto accusa per tanto disastro sanitario urbano, ancora una volta c' è l' automobile anche perché il riscaldamento non può essere messo in discussione. Nel divertente saggio «Dopo l' automobile», l' inglese Colin Ward propone di imbavagliarla o almeno di valutare più attentamente l' annoso rapporto costi/benefici. Perché, di fronte alla macchina, diventiamo improvvisamente ciechi. Dimentichiamo i «costi umani» (cinquant' anni di automobili negli Usa hanno fatto più morti di tutte le guerre combattute in quel Paese, da quella d' Indipendenza al Vietnam) e soprassediamo su alcune «malattie professionali» come l' inquinamento da piombo, per anni temutissimo flagello di idraulici, tipografi e imbianchini.


Scaffale Holton Gerald, «Le responsabilità della scienza», Laterza
AUTORE: VERNA MARINA
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 046

Insegna storia della scienza a Harvard, è uno dei curatori delle opere di Einstein e da anni riflette sul fine dell' attività scientifica e la legittimazione dell' autorità degli scienziati. Del berlinese Gerald Holton, considerato uno dei più originali storici della scienza contemporanei, l' editore Laterza propone ora la versione italiana di «Le responsabilità della scienza». Gran parte del sapere del XX secolo, è la tesi del libro, può essere compresa meglio se si studiano i conflitti tra scienziati che partono da principi contrapposti e inconciliabili. Il progresso è infatti una lotta spesso socialmente destabilizzante tra vecchi e nuovi presupposti, per decidere la direzione della ricerca. Che non è così scontata e lineare come spesso crediamo.


Scaffale Todes Cecile, «Ombre sulla mente: la mia battaglia contro il morbo di Parkinson», Introduzione di Oliver Sachs, Edt
AUTORE: VERNA MARINA
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 046

A 39 anni Cecile Todes, medico e psicanalista, viene colpito dal morbo di Parkinson. Per quasi vent' anni lo combatte, sperimentando su di sè ogni genere di nuove terapie e tenendo una sorta di diario, quell' «Ombre sulla mente» che esce ora in versione italiana. La sua esperienza psicanalitica gli suggerisce un' ipotesi nuova: che il Parkinson possa essere influenzato da traumi infantili e avere risvolti psicosomatici. Ciò che conta, comunque, anche per lui è la capacità di mantenere la voglia di vivere, l' amore, la vita sociale.


I PROGETTI DELLA FAO Acquacoltura antifame E salvare i delfini nella pesca in mare
Autore: STEINMANN FRANCESCA

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ZOOLOGIA, ANIMALI, MARE
ORGANIZZAZIONI: FAO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 047

SI chiama «Aquila» ma non ha nulla a che vedere con il rapace, nè con altri alati. Anzi è una storia di pesci. Si tratta di un progetto di sviluppo dell' acquacoltura per incrementare la produzione di pesce in America Latina e nei Caraibi, così come ne esistono altri che vanno sotto il nome di Medrap, per l' area del Mediterraneo, o di Alco, a carattere regionale, per l' intera Africa meridionale. Non è cosa da poco. Quest' anno, per la prima volta, la cattura globale di pesce ha subito una flessione di circa 3 milioni di tonnellate calando a 97 milioni di tonnellate. Per questo e per la possibilità che offre di sfruttare acque o terre inadatte all' agricoltura, l' acquacoltura può diventare una risposta valida ad integrare la produzione ittica mondiale e contribuire ad aumentare l' offerta di pesce, che ormai non riesce a soddisfare la domanda. Già oggi essa è in grado di fornire dal 10 al 13 per cento della base alimentare. «La pesca e l' acquacoltura possono contribuire ad alleviare la malnutrizione e diventare un elemento integratore degli aiuti alimentari afferma Wolfgang Krone del dipartimento della pesca della Fao . Vi è un grande potenziale di sviluppo per questo settore, ad esempio in Africa, dove può contribuire in modo tutt' altro che indifferente alla sicurezza alimentare del continente». Con una produzione di circa 7 milioni di tonnellate provenienti dalla coltura in acqua dolce e 5 milioni di tonnellate dalla maricoltura, e con la probabilità di poter praticamente raddoppiare i risultati nei prossimi sei sette anni, l' acquacoltura offre prospettive interessanti. Oggi per i piccoli pescatori che operano con i mezzi tradizionali la pesca si è talmente ridotta che sempre più spesso essi sono costretti a spingersi in acque extraterritoriali, con gravi rischi di sicurezza ed incolumità. Insomma, se dicessero di non saper quali pesci pigliare, bisognerebbe prenderli alla lettera, tanto si è ridotta la quantità di pesce lungo le coste. E la concorrenza agguerrita della pesca industriale, con le grandi compagnie dalle attrezzature ultramoderne che ricorrono ad ogni mezzo di sfruttamento, incluso il cambio di bandiera, fa la parte del leone. Ma non va dimenticato che alla base di tutto resta da garantire la diversità biologica, indispensabile per l' una e l' altra pesca, e l' assoluta necessità di conservare l' ambiente naturale che favorisce la ripopolazione L' interdipendenza tra conservazione e gestione delle risorse marine è indiscutibile. E se a livello operativo occorre rivedere tutte le attività di pesca per migliorarle ed assicurarne il futuro, servono anche istituzioni che stabiliscano regole precise, le facciano rispettare e puniscano i trasgressori. Con tasse ecologiche, ad esempio, che potrebbero essere reinvestite in operazioni di monitoraggio. Un problema che trova riscontro nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. Ma non sono solo i pesci a rimetterci. «Anche se gran parte delle attuali controversie sulla cattura del pesce punta all' uso dei vari tipi di reti, nella pesca vengono catturati un gran numero di animali che non sono risorse ittiche e questo con grave danno per l ' ambiente», dice Heiner Naeve, responsabile delle questioni ambientali nel dipartimento della pesca della Fao. Nel Pacifico, ad esempio, almeno 23 specie di uccelli marini vengono prese nelle reti della pesca al salmone, 130 180 mila uccelli che tra il 1977 ed il 1981 hanno trovato la morte. Contro la pesca in zone popolate da tonni e delfini che spesso portano alla cattura anche di questi ultimi, si sono pronunciati gli Stati Uniti, con una legge speciale di moratoria globale promulgata nell' ottobre del 1992, che proibisce di prendere di mira branchi di tonni associati a delfini e vieta le importazioni da qualunque Paese non si adegui alla moratoria. Questa legislazione avrà durata quinquennale sulla pesca a strascico a partire dal gennaio 1994. Nel corso degli ultimi 5 anni il numero dei delfini catturati è diminuito di qualche centinaio di migliaia, scendendo a circa 15 mila delfini l' anno, proprio grazie a tecniche migliori di pesca. Francesca Steinman


PREVENIRE L' HANDICAP E se il bambino non è perfetto? Tra diagnosi prenatale e tecniche di recupero
Autore: REGGE TULLIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, TECNOLOGIA
NOMI: BERNARD JEAN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 047

ALAIN Pompidou ha presentano alla Commissione per l' energia, ricerca e tecnologia del Parlamento Europeo un documento di lavoro su «Etica e progresso medico: la diagnosi prenatale», tema di grande interesse nella società contemporanea. Il documento parte da tre principi fondamentali enunciati da Jean Bernard: a) rispetto della persona dell' essere umano; b) rispetto del mondo scientifico c) rifiuto del lucro. Tra le applicazioni tecnologiche in campo medico per le quali occorre tenere conto di questi principi Pompidou segnala le seguenti: 1) brevettabilità delle invenzioni tecnologiche e in particolare degli elementi del genoma umano; 2) riservatezza nelle procedure di realizzazione e di consultazione di schedari epidemiologici e dei registri di sperimentazione terapeutica; 3) ricerca sul cervello; 4) trapianto di organi e loro modalità (l' argomento è scottante in considerazione del pericolo di commercializzazione); 5) diagnosi prenatale (Dpn), che è l' argomento specifico della relazione Pompidou. La richiesta di Dpn è in forte crescita in tutto il mondo. Le ragioni sono varie; tra di esse primeggiano le tentazioni eugenetiche e la determinazione del sesso del nascituro. In alcuni Paesi asiatici la nascita di una femmina è considerata una disgrazia: qui un uso distorto della Dpn potrebbe condurre a società con un rapporto maschi/femmine sbilanciato. La diagnosi prenatale si basa sulla possibilità di esaminare il feto senza modificare l' andamento della gravidanza e punta alla ricerca di malformazioni tramite tecniche a ultrasuoni (ecografia) e di anomalie geniche o cromosomiche tramite prelievi eseguiti sul feto (esame dei villi coriali della placenta, amniocentesi ossia prelievo del liquido amniotico in cui circolano celle fetali, prelievo di sangue fetale dal cordone ombelicale). Il numero delle nascite in Europa è attualmente 3, 8 milioni/anno; il 3 per cento dei neonati presenta malformazioni, handicap o malattie genetiche. Le malformazioni colpiscono il 6 per cento dei bambini nati morti e il 14 per cento dei feti esaminati in seguito ad aborto spontaneo nel secondo trimestre di gestazione. Su 175 nascite si registra una anomalia cromosomica, causa principale di aborti spontanei e di alta mortalità perinatale. Esistono circa 4000 malattie genetiche note e il 5 per cento delle coppie presenta alti rischi ricorrenti di avere bambini colpiti da malattie geniche Il 5, 5 per cento della popolazione ha o avrà una malattia genetica prima dei 25 anni. Questa alta incidenza spiega l' aumento impressionante nelle richieste di Dpn che sono passate in Francia dai 2000 esami nel 1980 ai 21000 del 1989. Al tempo stesso non esiste alcuna legge specifica sulla Dpn nè nella Cee nè negli Stati Uniti e ci si limita a indicazioni sulla copertura sociale. Nella Cee esistono centri specializzati solamente in Germania, Paesi Bassi ed in Gran Bretagna. In Italia sono stati realizzati progressi sostanziali nella prevenzione della talassemia ma in pratica per l' eccessiva e ben nota lunghezza delle liste di attesa gli esami vengono solitamente effettuati troppo tardi per l' interruzione di gravidanza ove questa sarebbe consentita dalla legge. La diagnosi prenatale alimenterà polemiche sull' aborto su cui si sono già espressi il Parlamento italiano e un referendum. Varrà la pena di notare come la Dpa non abbia affatto aumentato e ha forse diminuito l' incidenza degli aborti in quanto moltissime coppie a rischio, se rassicurate dalla Dpa, decidono di proseguire la gravidanza. Pompidou ha pienamente ragione quando asserisce che occorre opporsi con energia alla logica del bambino perfetto a tutti i costi o alla soppressione dell' embrione perché non presenta il sesso o le caratteristiche auspicate dai genitori sullo stile di «Brave new World» di Huxley, un libro che ha anticipato molti dei problemi attuali. Tra gli handicap i più sentiti e temuti sono quelli che riducono le capacità mentali. In molti casi, come per la sordità oppure nel caso di traumi psichici, l' intelligenza di chi ne è colpito rimane intatta ma l' handicap può simulare una riduzione e indurre una accettazione della sconfitta che non ha ragione d' essere. Da alcuni anni sono state sviluppate tecniche che permettono di scoprire risorse inaspettate non solamente tra i disabili ma anche tra le persone normali. Una delle più note è dovuta a Feuerstein ed è stata sviluppata per ricondurre a vita normale i bambini ebrei scampati all' Olocausto. La scuola di Feuerstein in Italia oggi è nota anche per merito dell' Airh, una associazione ha come scopo la prevenzione degli handicap e che ha organizzato a Torino dal 25 al 28 marzo un convegno sul recupero e il potenziamento dell' intelligenza. In questa occasione si parlerà dei risultati della scuola di Edward de Bono, un maltese che da anni si occupa del potenziamento della creatività umana. Penso che molti uomini politici italiani farebbero bene a seguire i corsi di de Bono. Tullio Regge Università di Torino


Rigetto di organi Ciclosporina, addio Parla Starzl, il pioniere dei trapianti
AUTORE: M_VER
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
PERSONE: STARZL THOMAS
NOMI: STARZL THOMAS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 047

C HISSA' se si faranno mai, in Italia, i trapianti di organi animali. Per la Chiesa non ci sono ostacoli, essendo l' uomo un essere superiore. Verdi e animalisti naturalmente dissentono, ma non sono certo loro a bloccare in Parlamento quella legge sui trapianti che ancora manca. La scienza, invece, tiene il passo con il resto del mondo in questo caso Pittsburgh, la città americana dove il professor Thomas Starzl ha tentato ben due volte, lo scorso anno, di trapiantare nell' uomo un fegato di babbuino. Due insuccessi, che però non chiuderanno questo capitolo della storia della medicina. Anche perché alcune soluzioni, intuite nel corso di questi audaci esperimenti, si adattano perfettamente ai trapianti di routine. Thomas Starzl è stato nei giorni scorsi in Italia per presentare l ' edizione italiana della sua autobiografia ( «Ai limiti del possibile», Longanesi), nella quale ricostruisce trent' anni di trapianti di fegato il primo venne fatto nel marzo 1963 su un bambino con atresia delle vie biliari, che morì durante l' intervento. In questa occasione ha annunciato il successo della sperimentazione di un nuovo farmaco antirigetto, che ha una formula chimica completamente diversa dalla ciclosporina, con la quale condivide però il meccanismo d' azione (entrambi bloccano l' informazione che è entrato un corpo estraneo e bisogna espellerlo) Oltre ad avere una resa migliore, l' FK506 non ha bisogno di essere associato al cortisone ed è privo di quegli effetti collaterali peluria sul viso e sul petto, gonfiore delle gengive, aumento del colesterolo che rendono così faticosa la vita di chi deve continuare per decenni la terapia antirigetto. Entro la fine dell' anno l' FK506 sarà disponibile sul mercato, ma già ora al Policlinico di Milano viene utilizzato nei trapianti di fegato. Non sarà quella farmacologica, però, la strategia che risolverà il problemi del rigetto e renderà sempre più accessibili gli organi animali, almeno dal punto di vista tecnico. Starzl e la sua equipe stanno infatti lavorando sulla compatibilità naturale tra donatore e ricevente una scoperta avvenuta per caso, nel controllo di alcuni pazienti con un rene o un fegato trapiantati già da vent' anni. Una serie di biopsie ha rivelato infatti una sorta di viavai di globuli bianchi tra l' organo trapiantato e l' organismo che l' aveva ricevuto. Questo scambio aveva dato luogo a una tale accettazione reciproca un «armistizio biologico» l' ha chiamato Starzl che alcuni pazienti avevano sospeso spontaneamente, e senza avvertire i loro medici, la terapia antirigetto. Questo processo, che in natura avviene lentamente, potrebbe anche essere accelerato con una iniezione di midollo osseo prelevato dal donatore insieme all' organo da trapiantare. La barriera che separa l' uomo dalle scimmie, già esigua perché siamo due gruppi geneticamente vicini, verrebbe così definitivamente abbattuta. Nel Texas è in funzione da anni un allevamento di cinquemila babbuini, dal quale sono stati selezionati gli esemplari per i trapianti sperimentali. Gli animalisti ribollono, ma intanto la lista dei volontari per un fegato scimmiesco si allunga. Tutti informati da Starzl che, accettando dentro di sè una parte così estranea, non è solo il corpo che si modifica profondamente. Perché reagire con orrore? In fondo, i mattoni chimici della vita sono identici per tutti gli esseri viventi. E se le perplessità nascessero proprio di lì ? (m. ver. )


ALLARME OMS Rifiutano il vaccino torna la polio
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA'
ORGANIZZAZIONI: OMS
LUOGHI: ESTERO, OLANDA
NOTE: 047

ALBERT Sabin, lo scopritore del vaccino antipolio scomparso poche settimane fa, soleva dire che non bisogna mai abbassare la guardia. E infatti proprio ora dall' Organizzazione mondiale della Sanità si ha notizia di una fiammata di polio nei Paesi Bassi: 68 casi in bambini e adulti, l' ultimo dei quali la settimana scorsa. L' attuale episodio epidemico è già costato dieci milioni di dollari ai servizi sanitari olandesi. Questi servizi sono fra i più efficienti d' Europa ma in alcune zone sussistono soggetti non vaccinati, soprattutto in membri di gruppi confessionali che ricusano il principio delle vaccinazioni. Nel 1988 l' Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato di voler sbarazzare la terra dal flagello della polio entro l' anno Duemila. Finora i risultati sono stati incoraggianti. Nel mondo oltre l' 80 per cento dei bambini oggi è vaccinato e il numero dei casi di malattia segnalati è diminuito in maniera evidente. Tuttavia l' incidente dei Paesi Bassi insegna che fino a che il nostro pianeta non sarà stato interamente liberato dalla polio anche i Paesi meglio vaccinati rischiano di essere colpiti. Occorreranno 11 miliardi di dosi di vaccino nei prossimi dieci anni per coronare gli sforzi della vaccinazione a livello mondiale. Il prezzo di una dose è modico, 8 centesimi di dollaro, ciò nonostante non è facile trovare il denaro per acquistare le dosi necessarie, anche se non vi è dubbio che l' eradicazione della polio è redditizia in termini economici: 500 milioni di dollari all' anno sarebbe il risparmio risultante dall' iniziativa da oggi all' anno Duemila, e 3 miliardi di dollari al 2015. L' eradicazione della polio richiede un impegno enorme. L' Organizzazione mondiale della Sanità tiene costantemente aggiornata la sua banca dati. I ceppi attuali del virus tendono a mutare in ragione del 2 per cento all' anno, e queste piccole modificazioni permettono alle autorità sanitarie di stabilire se il virus è importato o se si tratta di una nuova varietà locale. Un solo volo intercontinentale può facilmente introdurre ovunque un virus e disorganizzare i servizi sanitari più efficienti. Ulrico di Aichelburg


COME FUNZIONA UN PROIETTORE La magia del cinema Un raggio di luce che fa sognare
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 048

UN film è fatto di fotogrammi che, visti in rapida successione, danno l' illusione del movimento. Il proiettore consente di vedere il film su uno schermo facendo attraversare ciascun fotogramma da un fascio di luce e ingrandendo con un sistema di lenti le immagini di oltre 500 mila volte. La cadenza dei proiettori professionali è di 24 fotogrammi il secondo. La pellicola si muove attraverso i vari passaggi del proiettore su una serie di rullini dentati che si inseriscono nella perforazione esistente sui due bordi e da essi viene portata davanti a una finestrella posta in corrispondenza dell' obiettivo; qui la pellicola, regolata da un rullino dentato a intermittenza, si arresta per un tempo brevissimo, 1/32 di secondo; durante questa breve sosta si apre l' otturatore e la luce prodotta da una potente lampada attraversa il fotogramma, la cui immagine, ingrandita dalla lente, compare sullo schermo. La luce della lampada passa anche attraverso la colonna sonora impressa su un lato della pellicola e colpisce una cellula fotoelettrica; questa emette impulsi elettrici più o meno intensi a seconda dell' intensità della luce i quali, tramite un altoparlante, riproducono suoni e parole.


METROLOGIA Radiante e steradiante per misurare angoli piani e angoli solidi
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. ECCO LE UNITA' SUPPLEMENTARI
NOTE: 048

DOPO aver passato in rassegna le unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale (SI), passiamo ora alle «unità supplementari» . Formano questa classe due unità, entrambe relative a grandezze puramente geometriche: il radiante per l' angolo piano e lo steradiante per l' angolo solido (XI Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure, 1960). Il radiante (simbolo rad) è l' angolo piano al centro che su una circonferenza intercetta un arco di lunghezza eguale a quella del raggio. Lo steradiante (simbolo sr) è l' angolo solido al centro che su una sfera intercetta una calotta di area eguale a quella del quadrato il cui lato ha la lunghezza del raggio. Al momento della loro introduzione nel SI la Conferenza dei Pesi e delle Misure creò per esse la classe delle unità supplementari, successivamente intese come unità derivate adimensionali. Tale singolarità è dovuta al fatto che l' angolo, come grandezza intensiva richiede un' unità, mentre come rapporto tra due lunghezze risulta senza dimensioni. Infatti l ' angolo piano si ottiene generalmente come rapporto tra due lunghezze legate tra loro da una relazione trigonometrica e l' angolo solido come rapporto tra un' area ed il quadrato di una lunghezza. Nella tabella è riportato anche qualche esempio di unità SI derivate espresse mediante l' uso delle unità supplementari. Il campione di angolo piano è realizzato presso l' Istituto «Colonnetti» per divisione del cerchio, a partire dall' angolo giro, mediante due tavole a indice. Ognuna di queste tavole è costituita da una coppia di corone dentate coassiali e contrapposte con 1440 dentature, connesse rispettivamente con la base fissa e con la parte rotante superiore della tavola. Si hanno intervalli angolari di 15' (pari a 360/1440) con incertezza relativa di più o 0, 3"(1, 5 mrad).


LE DATE DELLA SCIENZA Così Dewar imprigionò il caldo e il freddo
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, FISICA, CHIMICA
PERSONE: DEWAR JAMES
NOMI: DEWAR JAMES
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 048

IL 27 marzo 1923, settant' anni fa, moriva a Londra il chimico e fisico James Dewar, conosciuto per i «vasi» che costruì per conservare i gas liquefatti. I «vasi Dewar» sono i progenitori dei praticissimi thermos. Nato nel 1842, professore di chimica a Cambridge, Dewar si interessò di spettroscopia, ma soprattutto lavorò alla liquefazione dei gas. Fu lui, nel 1900, a liquefare per primo l' idrogeno sfruttando quell' effetto Joule Thompson che provoca una diminuzione di temperatura quando un gas si espande in un ambiente posto a pressione più bassa. Grazie all' effetto Joule Thompson ottenne idrogeno liquido alla temperatura di 240 C e per conservarlo inventò un particolare recipiente costituito da una doppia parete: nell' intercapedine era stato praticato il vuoto Nel recipiente la temperatura si manteneva praticamente costante, perché il vuoto fra le pareti impediva la dispersione di calore per conduzione e per convezione. Per evitare anche la lenta dispersione per irraggiamento, Dewar rivestì le pareti interne con uno strato d' argento. In questo modo le pareti avrebbero riflesso il calore radiante. Dai «vasi Dewar» sono derivati i thermos, oggi usati in maniera del tutto opposta a quella adottata dall' inventore. I thermos, infatti, di solito servono a conservare liquidi caldi. Franco Gabici


STRIZZACERVELLO Altre quattro villette
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 048

Altre quattro villette Lungo il fianco di una collina erano state costruite otto villette, a parecchia distanza l' una dall' altra. Ora c' è un nuovo progetto per costruirne altre quattro inserendole ciascuna tra due già esistenti. Considerando che le nuove costruzioni non possono essere erette alle estremità dell' attuale fila ma solo tra due ville già esistenti, quante sono le disposizioni che andranno discusse e valutate? Se poi si decidesse di costruire le nuove abitazioni in modo che risultino occupati non più di due spazi adiacenti, a quante si ridurrebbero le possibili soluzioni? La risposta domani, accanto alle previsioni del tempo.


LA PAROLA AI LETTORI Ma i geologi hanno beffato i rabdomanti
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 048

Irabdomanti non sono passati indenni: un lettore si è stupito di trovare, su un supplemento scientifico, una risposta tollerante nei loro confronti. La spiegazione è semplice: questo spazio è stato pensato come «arena» dei lettori, dove si scontrano opinioni diverse. Nei casi più controversi, pubblichiamo sempre la risposta «definitiva». «Sono rimasto molto sorpreso leggendo la risposta alla domanda su come i rabdomanti riescano a captare la presenza di acqua sotto terra. Poteva essere una buona occasione per sfatare, ricorrendo ad argomentazioni scientifiche, una delle tante credenze che si riferiscono al cosiddetto "paranormale", che tanta presa ha su persone di ogni ceto e livello culturale. Invece, con mio grande stupore, leggo una risposta nella quale si favoleggia di misteriose relazioni fra l' uomo e forze sotterranee sconosciute. Posso comprendere che una tale risposta sia presente sul "Grande dizionario enciclopedico Utet", ma non riesco proprio a capire come nessun lettore di Tuttoscienze sia riuscito a fornire una risposta che abbia a che fare con la scienza e non con ridicole spiegazioni paranormali. «La risposta alla domanda è questa: " Non esiste alcuna prova che i rabdomanti abbiano le facoltà che vengono loro attribuite: anzi, c' è la prova contraria. Essi hanno dimostrato di non essere capaci di individuare acqua o metalli nel sottosuolo". Questa risposta, che potrebbe apparire presuntuosa, non è mia ma del professor Ray Hayman dell' Università dell' Oregon, che ha studiato a lungo il problema e ha scritto un famoso libro sull' argomento (i cui dati sono stati ripresi da Piero Angela nel suo " Viaggio nel mondo del paranormale" ). Ad esempio, in un esperimento condotto nello Stato del Maine dalla Società americana per la ricerca psichica (e quindi da persone non prevenute o scettiche), 27 rabdomanti sono stati messi a confronto su un terreno con tecnici e geologi. Risultato: i rabdomanti sbagliarono completamente (sia la profondità che la quantità d' acqua) mentre i tecnici riuscirono a indicare con sufficiente approssimazione la profondità ». Massimiliano Musso Civitavecchia (Roma) Perché l' ozono stratosferico tende a rarefarsi di più sopra l' emisfero Sud del pianeta che su quello Nord? Nonostante esistano due circolazioni atmosferiche distinte, una settentrionale e una meridionale, è probabile che i CFC (Clorofluoro Carburi), ritenuti responsabili della formazione del buco dell' ozono, liberati soprattutto nell' emifero settentrionale più industrializzato, a causa di un rimescolamento atmosferico a livello equatoriale finiscano nell' emisfero meridionale. Per le particolari condizioni climatiche dell ' Antartide, circondato dal mare, i CFC che entrano nella sua circolazione atmosferica rimangono intrappolati senza più poterne uscire. Per azione dei raggi ultravioletti, dalle molecole di CFC si liberano degli atomi di cloro che innescano una serie di reazioni a catena che comportano, per ogni atomo di cloro, la distruzione di molte migliaia di molecole di ozono. VC, Liceo s. «Palli» Casale Monferrato, AL Se le orecchie dell' elefante hanno la funzione di disperdere il calore, perché gli elefanti indiani hanno orecchie più piccole di quelli africani, pur vivendo in zone ugualmente calde? In Africa vi sono molti insetti e amano posarsi sugli elefanti. I pachidermi ne sono infastiditi e devono avere orecchie grandi per scacciarli. Gli elefanti asiatici non conoscono invece questi problemi: per questo non hanno evoluto le grandi orecchie scaccia insetti. Marco Turco, Mondovì, CN L' elefante indiano vive in regioni boschive, dove è meno esposto ai raggi solari. Ha quindi meno necessità di raffreddare il corpo e dunque gli bastano orecchie più piccole. Cristina Bloise Imperia


Chi sa rispondere?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 048

Che capacità di memoria ha il computer più grande del mondo? Perché anche persone, che in genere amano gli animali, possono provare una vera e propria forma di fobia nei confronti di un solo genere, ad esempio i ragni? Silvia di Stefano Perché nel gioco del tennis non si è imposto il punteggio più logico 15/0, 30/0, 40/0, 60/0? Umberto Brentegani Qual è l' etimologia della parola ' bucatò intesa come ' lavaggio della biancherià ? E di ' bancò, riferito alla nebbia? Zore Lombardi




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