TUTTOSCIENZE 16 dicembre 92


«THE DECADE OF THE BRAIN» Il cervello sconosciuto Lanciato un progetto mondiale di ricerca Decifrarne il funzionamento consentirà la cura di molte malattie
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: LEVI MONTALCINI RITA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

IL 25 luglio 1989 il presidente Bush firmava alla Casa Bianca il decreto che dichiarava gli Anni 90 «The decade of the brain», il decennio del cervello. Si indicava così la massima priorità della ricerca scientifica americana, al di sopra di quella nucleare e di quella spaziale. Vent' anni fa con una dichiarazione simile Nixon aveva «dichiarato «guerra» ai tumori inaugurando il nuovo Istituto di ricerche sul cancro finanziato oggi con 1, 5 miliardi di dollari l' anno. Con un po' di ritardo alcune nazioni europee come l' Italia, l' Olanda, la Svizzera hanno varato nel 1990 il loro programma nazionale nelle neuroscienze. Finalmente il 25 settembre scorso anche la Comunità Europea ha deciso di far partire «il decennio europeo del cervello». Ma non si sa ancora se alla solenne cerimonia tenuta al Palais des Academies di Bruxelles seguirà uno stanziamento di fondi speciali, richiesto a un livello di 130 milioni di dollari per anno, peraltro assai modesto se si pensa al numero di laboratori europei. Rita Levi Montalcini ha sottolineato che in Italia, malgrado l' impegno del 1990, ben poco è stato fatto. In Svezia, dove il 30 per cento dei fondi del Consiglio nazionale per la ricerca sono già stanziati a favore delle neuroscienze, è difficile prevedere un ulteriore aumento. Secondo alcuni sarebbe necessario rendere la proposta più attraente legandola allo sviluppo di nuovi farmaci e nuove terapie, cioè a livello applicativo; secondo altri, come l' inglese Steven Rose, «la psichiatria e le industrie farmaceutiche stanno tirando in una direzione non troppo favorevole alla ricerca di base». L' Associazione Europea delle Neuroscienze (duemila soci) si è messa al lavoro per risolvere il dilemma. Come spesso accade non è stata la grande passione per il progresso della scienza a far muovere i due presidenti americani ma interessi politici ed economici. La più recente analisi economica sul «costo delle malattie del cervello in Usa» compiuta dalla ditta Lewin ICF ha indicato una cifra di almeno 410 miliardi di dollari l' anno, così ripartita: 104 miliardi di dollari per disturbi neurologici, 136 per malattie psichiatriche, 90 per l' alcoolismo e 71 per la droga. Queste cifre tengono conto delle spese dirette di assistenza sanitaria e di quelle indirette come perdita di giornate lavorative, incidenti, calo della produttività. Si tratta quasi del 10 per cento del prodotto nazionale lordo degli Stati Uniti. La proposta al Senato americano di aumentare l' attuale finanziamento federale da 1, 8 miliardi di dollari a 3 miliardi pare, quindi, giustificata e ragionevole. La sola scoperta di una migliore terapia per la schizofrenia (300 mila pazienti) o nuova per la malattia di Alzheimer (4 milioni di pazienti) basterebbe a ripagare l' intero costo della neuroricerca. Basti pensare al vantaggio economico realizzato negli ultimi venti anni mediante nuove terapie che applicano scoperte della ricerca di base nel campo della miastenia grave, del morbo di Parkinson, dell' emicrania, dell' epilessia, della depressione, degli stati ansiosi. Solo due decenni fa o forse meno, la demenza senile d' Alzheimer, la dipendenza da droga, alcol e fumo non erano neppure riconosciute come vere malattie non solo da parte del pubblico ma addirittura da gran parte di medici e specialisti. Da circa 2500 anni scienziati e filosofi hanno cercato per vie separate di rendersi conto di come funzioni il cervello. Come possiamo vedere le immagini, sentire i suoni e percepire gli odori ed il gusto? E' uno sbaglio credere che siano gli occhi, l' orecchio o il naso i responsabili. Senza il cervello questi organi sarebbero ciechi, sordi e insensibili. E' pure il cervello che ci fa leggere, scrivere, calcolare e ragionare. Esso ci fa ricordare le parole, nomi, cifre e fatti. Più misteriosamente ci fa ridere, piangere ed amare. Il cervello, quest' organo che pesa solo 1400 grammi ma che consuma il 20 per cento dell' ossigeno totale, è costituito da circa 100 miliardi di cellule nervose, chiamate neuroni. Le dimensioni di un neurone sono un centesimo di quelle del punto posto alla fine di questa frase. Migliaia di tentacoli uniscono i neuroni tra di loro, alcuni lunghi fino a molti centimetri, e sono chiamati assoni. Nella parte terminale dei tentacoli (dendriti o assoni che siano) esiste uno spazio che delimita il territorio tra due cellule nervose. Lo spazio è chiamato sinapsi. I neuroni parlano tra di loro attraverso la sinapsi, mandandosi dei segnali elettrici e chimici. I segnali chimici sono costituiti dai neurotrasmettitori (meno di un centinaio). La dopamina è uno di questi, e scarseggia nel cervello dei parkinsoniani. L' acetilcolina è un trasmettitore molto ridotto nel cervello dei pazienti affetti da Alzheimer. Negli Anni 60 80 la scoperta di tali trasmettitori ha portato a sviluppare le prime terapie per il trattamento della depressione e della schizofrenia, per gli attacchi di panico, l' ansietà, i disturbi ossessivi, il Parkinson e la miastenia. Sta di fatto che tutti i farmaci che sono stati sviluppati per questi disturbi agiscono attraverso questi mediatori (trasmettitori) chimici cerebrali. In questo campo la ricerca di base ha dato la mano alla ricerca clinica e applicativa. Quali sono le raccomandazioni e le mete per il decennio del cervello? Anzitutto scoprire e definire in termini biologici il meccanismo attraverso il quale determinati individui si rendono dipendenti da alcol, droga e fumo. E' forse un problema genetico? La sindrome alcolica fetale affligge migliaia di neonati di donne alcolizzate, migliaia di bambini nascono ritardati mentali a causa della droga. Una persona su duecento è affetta da malattie ereditarie del sistema nervoso. Molte di queste si possono già diagnosticare nell' utero. Su altre malattie mentali grava il sospetto di componenti ereditarie (depressioni, alcolismo e schizofrenia). Nuove tecniche di genetica molecolare potranno chiarire questi dubbi. L' aumento dell' età media ha portato milioni di persone (quattro milioni in Usa, uno in Italia) nella zona a rischio per la malattia di Alzheimer. Dall' uno al 5 per cento di questi individui portano modificazioni genetiche nel cromosoma 21. La sindrome di Down presenta interessanti relazioni genetiche e patologiche con Alzheimer. Il trapianto di tessuti fetali umani ha prodotto risultati molto incoraggianti nella terapia del Parkinson, nei casi più gravi. Interventi analoghi sono previsti per i traumatizzati al midollo spinale. L' uso di fattori di accrescimento come l' NGF è appena iniziato in terapia umana. Molti fattori simili sono stati scoperti recentemente. Essi attendono applicazioni pratiche. L' inserimento di geni «sani» in cellule «malate» usando virus come veicoli, riuscirà forse a correggere errori ereditari. Un nuovo tipo di chirurgia detta molecolare si basa appunto su questa nuova tecnologia. L' affinamento di nuove tecniche permetterà di raggiungere zone sempre più minute del cervello del paziente vivente. La tomografia ad emissioni di positroni unita a sostanze marcanti permetterà forse di diagnosticare Parkinson ed Alzheimer prima dell' insorgenza di sintomi clinici, permettendo così di instaurare una terapia precoce. Lo sviluppo di modelli di intelligenza artificiale ci permetterà non solo di capire meglio come funziona il cervello (memoria ed apprendimento) ma anche di sviluppare veri organi artificiali da sostituire a quelli malati, come stimolatori neuromuscolari per i paralizzati, per protesi visive. Non esistono attualmente terapie efficaci per i tumori cerebrali, è difficile trattare il 30 per cento circa degli epilettici, i danni delle emorragie cerebrali non sono frenabili (la terza causa di decessi ed invalidità ) e si sa molto poco sull' origine del dolore di tipo cronico e dei meccanismi nervosi del dolore in genere. Per ognuno di questi problemi sono al lavoro decine di laboratori in Europa, Giappone e Usa. L' esercito mondiale dei 50 mila neuroscienziati è ben agguerrito e ha sviluppato nuove armi a livello cellulare e molecolare: possibilità neppure sognate dalla generazione precedente di ricercatori sono ora in tutti i laboratori. Ezio Giacobini Università del Sud Illinois


SCIENZIATI SI', MA PRUDENTI Meglio non sfidare la catena di Sant' Antonio E il celebre prof. manda una lettera: «Cara collega, fai 4 copie.. »
Autore: VISALBERGHI ELISABETTA

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, PSICOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

IL metodo scientifico e il mondo delle superstizioni sono due realtà radicalmente antitetiche. Ma che cosa accade nella testa dello scienziato? E viene realmente preferito il primo al secondo? Ricevo una lettera da un famoso collega inglese. Leggo: «Questa lettera ha avuto origine nei Paesi Bassi, ed ha girato intorno al mondo almeno 20 volte, portando fortuna a chiunque l' abbia fatta proseguire. Colui che rompe la catena sarà sfortunato. Non trattenere questa lettera. Non mandare soldi, ma fanne fare quattro altre copie e mandale a cinque amici cui vuoi augurare buona fortuna. Vedrai che, se la catena non si rompe, qualcosa di buono ti capiterà nel giro di quattro giorni. Questo non è uno scherzo». Rimango stupefatta. Un catena di Sant' Antonio da usare come un corno rosso? La sorpresa nasce sia dal fatto che in una comunità scientifica si possa essere superstiziosi, sia dal fatto che questa è la più assurda catena di Sant' Antonio che mi sia mai capitata. Da piccola ne ho fatte con le cartoline (ne ho spedite tante e ricevuta una) e con i soldi (spediti e mai arrivati). Giochi per bambini, non ancora in grado di ragionarci sopra, ma non per adulti non per scienziati. Che una catena di Sant' Antonio abbia successo è praticamente impossibile. Le fotocopie di alcune lettere di coloro che avevano già preso parte alla catena testimoniavano la loro partecipazione all' impresa. Antropologi, paleontologi, psicologi, primatologi (studiosi di scimmie) invitavano i loro colleghi a farsi baciare dalla fortuna. Le lettere avevano intestazioni di prestigiose università, di collegi fra i più elitari, come il King' s College di Cambridge. I messaggi erano accompagnati da commenti spiritosi con cui si prendevano le distanze ( «Partecipo non perché ci creda veramente, ma perché... » ). E di buone ragioni per scrivere sembravano averne a bizzeffe: esperimenti in corso o richieste di fondi appese si direbbe al filo della fortuna. E, nel dubbio, meglio scrivere, non attirarsi disgrazie e fortuna agli altri. I nostri scienziati ammettevano di essere scaramantici, ma non superstiziosi. Ma perché ? Come si può essere scienziati e avere tali dubbi? Credere che la fortuna possa venire perché augurata, che la sfortuna possa essere una punizione per comportamenti dettati dalla ragione? Ho risposto gentilmente al mio collega dicendogli che interrompevo la catena perché preferivo condurre un esperimento a mie spese, cioè far parte del gruppo degli scienziati «di controllo», rischiando il malocchio per dimostrare che la scienza è qualcos' altro. In un Paese in cui ancora tanta gente, di tutti gli strati sociali, ci crede, in cui gli aerei non hanno il posto numero 17 e i gatti neri non possono impunemente attraversare la strada, forse è più facile volersi sentire diversi e un po' più scientifici. Elisabetta Visalberghi Istituto di Psicologia, Cnr


I DUBBI DEL MATEMATICO
Autore: MARCHESINI WALTER

ARGOMENTI: MATEMATICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097. Catena di Sant' Antonio, lettere, calcolo delle probabilità

VI sono catene di Sant' Antonio (termine che discende probabilmente dalla diffusione in tutto il mondo delle immagini del santo) basate su cartoline, lettere, somme di denaro. Funzionano così: una persona riceve una lettera, che contiene due elementi: a) una lista di n persone; b) l' oggetto della catena, che costituisce nello stesso tempo il premio o lo stimolo a continuarla. Ogni nuovo partecipante spedisce la lettera (o il premio) al primo, a tutti i componenti della lista ricevuta, e continua il gioco con altre n persone, alle quali spedisce una lettera con una nuova lista, in cui il primo nome è eliminato e, all' ultimo posto, è inserito il proprio nome. In termini matematici, la struttura della catena non è «a catena» (in cui ad ogni anello segue un solo anello), ma «ad albero» (come in un albero genealogico, ad ogni passaggio successivo il numero dei partecipanti va moltiplicato per n) e si sviluppa secondo una legge esponenziale. Se ad esempio l' oggetto del gioco fosse l' invio di una somma di 50. 000 lire al primo della lista e se la lista fosse formata di nominativi, allora, nell' ipotesi che la catena continui, quando il nominativo di chi gioca sarà slittato al primo posto, egli riceverà una somma di 50. 000 per 5 alla quinta, cioè più di 156 milioni. Proprio l' alto numero di persone rapidamente coinvolte (che fa illudere sulla quantità di soldi o di cartoline che si riceveranno) rende quasi nulla la speranza che la catena continui fino a che l' ultimo nome (cioè il proprio) diventi il primo. Infatti il «serbatoio» di persone che possono essere coinvolte si esaurisce rapidamente e diventa subito molto alta la probabilità che la «catena» si interrompa in molti dei suoi «rami» Una catena di Sant' Antonio (come l' emissione di Bot per risolvere i problemi finanziari dello Stato) funzionerebbe solo sotto queste azzardate ipotesi: 1) che la popolazione sia in numero infinito; 2) che vi sia certezza che tutti proseguano il gioco; 3) che il tempo a disposizione sia infinito. Walter Maraschini


SOLSTIZIO D' INVERNO Il giorno più corto Alle ore 15 e 43 del 21 dicembre il Sole toccherà la minima declinazione boreale, che coincide con il percorso più breve sopra il nostro orizzonte
Autore: BARONI SANDRO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D Le stagioni, inclinazione asse terrestre
NOTE: 098

QUANDO il nostro orologio segnerà le ore 15 e 43 minuti, nel primo pomeriggio del 21 dicembre, il Sole avrà raggiunto la massima declinazione negativa (23 gradi e 46 primi) e saremo arrivati al giorno più corto del 1992 per l' emisfero terrestre boreale, e di conseguenza al giorno più lungo per l' emisfero australe. Una precisazione è subito opportuna: con «il giorno più corto» intendiamo dire che il Sole rimane il minor tempo sull' orizzonte. Per esempio a Torino il 21 dicembre ' 92 il Sole nasce alle ore 8 e 6 minuti e tramonta alle ore 16 e 48 minuti mentre a Catania nasce e tramonta rispettivamente alle ore 7 e 12 minuti e alle ore 16 e 43 minuti. Quindi a Torino abbiamo quasi nove ore di Sole (522 minuti) e a Catania quasi dieci (574 minuti). I calcoli sono stati fatti considerando le coordinate geografiche di Torino più 45 06' di latitudine Nord e _ 07 41' di longitudine Est e di Catania più 37 30' di latitudine Nord e _ 15 06' di longitudine Est. Il 21 dicembre cade il solstizio d' inverno. Per qualche giorno prima e qualche giorno dopo questa data il Sole sembra sorgere e tramontare nei medesimi punti dell' orizzonte a Est/Sud Est e a Ovest/Sud Ovest: la parola solstizio (dal latino solstitium), indica che il Sole sembra fermarsi. Ovviamente questo modo di dire si rifà al sistema tolemaico, secondo il quale il Sole gira attorno alla Terra, come appare effettivamente all' osservatore «ingenuo». Come tutti sanno il 21 dicembre inizia l' inverno per il nostro emisfero boreale, mentre inizia l' estate per l' emisfero australe. In questo giorno siamo a «mezzanotte» nella lunga notte del Polo Nord. Oppure a «mezzogiorno» nella lunga giornata del Polo Sud, denominato anche Polo Antartico. Anche le parole artico ed antartico hanno origine chiaramente astronomica, dal greco arktos, che vuol dire orso, con riferimento alla costellazione dell' Orsa Minore, dove si trova la stella Polare. Questo periodo dell' anno è interessante anche per le considerazioni che si possono fare nei riguardi delle varie altezze nel cielo assunte durante l' anno dal nostro satellite, la Luna. Osservando la Luna piena nei vari periodi dell' anno, rileveremo che in alcune notti essa brilla molto bassa mentre altre volte la troviamo addirittura quasi sopra al nostro capo. Perché ? La spiegazione è abbastanza semplice. Quando la Luna è piena vuol dire che rispetto alla Terra è opposta al Sole, in pratica sorge più o meno quando tramonta il Sole. Abbiamo visto che nel giorno del solstizio d' inverno il Sole fa un breve arco diurno in cielo a causa della bassa declinazione, in contrapposizione al solstizio d' estate nel quale il Sole fa un grande arco in cielo. Ovviamente il solstizio d' estate trova il Sole in opposizione rispetto al punto che occupa nel solstizio d' inverno. Siccome più o meno la Luna apparentemente fa lo stesso percorso del Sole, è ovvio che quando il Sole è basso, nel contempo, se la Luna è piena, o quasi, occuperà una posizione alta sull' eclittica (percorso annuale del Sole), e cioè circa la posizione del Sole durante il solstizio d' estate. In conclusione la Luna piena durante i giorni a cavallo del solstizio di inverno brillerà alta nel cielo della notte mentre la Luna piena in estate sarà sempre bassa sull' orizzonte rispetto a quella invernale. Sole alto Luna piena bassa e ovviamente Sole basso Luna piena alta. A queste cose l' uomo moderno è spesso indifferente, ma non possiamo dimenticare i fenomeni della natura nel mondo in cui viviamo. Abbiamo asserito che il giorno più corto è quello del solstizio d' inverno; ma c' è un adagio che dice «il giorno di Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia». Come la mettiamo? Se consultiamo un almanacco astronomico rileveremo che attorno il 13 dicembre il Sole tramonta prima di ogni altro periodo dell' anno: dunque il «contadino», tramontando presto il Sole, deduce che il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, è il giorno più corto dell' anno. Ma se consideriamo il tempo dal sorgere al tramontare, apparirà chiaro che il giorno più corto è quello del solstizio d' inverno, e cioè, per il 1992, il 21 dicembre. Sandro Baroni Planetario di Milano


Due locandine per gli show del cielo nel ' 93 Marte è vicino, con Mercurio e Luna appuntamenti a novembre
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
PERSONE: DE MEIS SALVO, MEEUS JEAN
NOMI: DE MEIS SALVO, MEEUS JEAN
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T Tutte le eclissi (sole e luna) fino al 2000
NOTE: 098. «Almanacco astronomico»

LO spettacolo del cielo notturno, nuvole e luci parassite permettendo, è tra i più affascinanti della natura e cambia ogni sera. Che cosa ci riserva il 1993? Due «locandine» fresche di stampa sono un' ottima guida agli scenari celesti: l' «Almanacco astronomico» di Salvo De Meis e Jean Meeus edito da Hoepli (148 pagine, 21 mila lire) e l' «Agenda del cielo» (450 pagine, 29 mila lire; può essere richiesta all' editore Drioli, via Burgo 2A, 22026 Maslianico, Como, telefono 031 340. 797). Incominciamo a sfogliare l' «Almanacco» Hoepli alla ricerca dei fenomeni più interessanti. Pianeti. E' l' anno di Marte. Il pianeta rosso toccherà la distanza minima dalla Terra il 3 gennaio. Sarà superato in brillantezza soltanto dalla stella Sirio. Non è una opposizione eccezionale, ma quelle dei prossimi anni saranno peggiori, quindi è meglio approfittarne. L' altro pianeta che nel 1993 ci riserva qualcosa di speciale è Mercurio, il cui dischetto nero il 6 novembre passerà davanti al disco del Sole. Purtroppo però gli orari ci sono sfavorevoli. Per vedere il transito di Mercurio bisognerà andare quasi agli antipodi. Un buon posto di osservazione potrebbe essere l' isola di Bali, che permetterebbe di conciliare astronomia e turismo. Da segnalare, poi, alcuni curiosi aspetti che assumerà il sistema di Giove e dei suoi quattro principali satelliti Io, Europa, Ganimede e Callisto già scoperti da Galileo e facilmente visibili anche con un piccolo telescopio. Il 20 gennaio, il 14 marzo, il 17 maggio e il 1 luglio questi satelliti si troveranno tutti a Ovest del pianeta, conferendogli uno strano aspetto «sbilanciato». Il 29 novembre, inoltre, Giove occulterà una stella visibile anche al binocolo, di magnitudine 6, 7. Luna. Date le sue maggiori dimensioni apparenti, ben più spesso dei pianeti la Luna occulta delle stelle. Tra le molte centinaia di occultazioni (migliaia se ci si spinge fino a stelle deboli) segnaliamo solo la principale tra quelle osservabili dall' Italia: l' 8 ottobre sparirà dietro la Luna una stella della costellazione dei Gemelli di magnitudine 4, 1. Lo spettacolo più interessante dell' anno si avrà però il 29 novembre con un' eclisse totale di Luna in orario favorevole per l' Italia. Asteroidi. Diversi pianetini tra i più luminosi saranno in opposizione nel 1993, e quindi facilmente osservabili: Cerere, il maggiore, magnitudine 7, 4, il 22 novembre; Vesta il 28 agosto, magnitudine 5, 9, al limite della visibilità a occhio nudo; Flora il 26 maggio, Hebe il 16 febbraio. Per chi poi volesse trovarsi segnalati i fenomeni celesti giorno per giorno, con accanto uno spazio per registrare le osservazioni, l' «Agenda del cielo», con i suoi 20 mila dati astronomici, è ciò di cui ha bisogno. La corredano anche cartine celesti, nozioni di astronomia elementare e una rubrica in cui sono elencate tutte le associazioni italiane di dilettanti di astronomia: ben 150, con più di ottomila iscritti e un centinaio di Osservatori non professionali. Nessun' altra scienza può vantare un tale esercito di appassionati cultori Piero Bianucci


UN DIBATTITO Virtualità ambigua Fra tecnocrati e visionari
Autore: INFANTE CARLO

ARGOMENTI: INFORMATICA, INCONTRO, TECNOLOGIA
NOMI: BELOTTI GABRIELLA, MATTEI MARIA GRAZIA, GRIMSDALE CHARLES, KRUEGER MYRON
LUOGHI: ITALIA, MILANO
NOTE: 098

NEL trattare di «realtà virtuali» è sempre più importante usare il plurale non solo perché esistono sul mercato diversi sistemi delle tecnologie ma perché sono molteplici gli approcci possibili. Un recente seminario svolto presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano a cura di Gabriella Belotti e Maria Grazia Mattei ha reso evidente questo aspetto della pluralità d' approccio creando un confronto serrato tra due dei maggiori protagonisti di questa ricerca. Quasi un duello, una partita tra due culture diverse che rappresentano emblematicamente due concezioni divergenti del «valore d' uso» nei confronti delle tecnologie avanzate. Una è quella dell' americano Myron Krueger, il pioniere dell' interazione uomo computer da quando nel «lontano» 1973 coniò l' espressione «realtà artificiale». L' altra, in questa occasione, è stata incarnata da Charles Grimsdale, fondatore dell' inglese Division, una delle società più forti nel mercato delle «realtà virtuali» con i suoi sistemi Provision e Supervision. Krueger coniuga in sè lo scienziato e l' artista, una configurazione decisiva per comprendere la condizione mutevole di un avanzamento tecnologico che non può prescindere dalle modificazioni percettive e da una «visione del mondo» in continua trasformazione. In questa direzione si sono sviluppate delle operazioni che hanno preconizzato già nel 1974 le soluzioni di interfaccia tra uomo e computer con il sistema Videoplace, in grado di tradurre attraverso la ripresa di telecamere a bassa risoluzione (ciò permette di decodificare in meno tempo l' immagine) l' azione umana all' interno di uno scenario videografico generato dal computer. Videoplace permette di interagire con un insieme di oggetti o paesaggi «artificiali» intervenendo con i semplici gesti che intercettati (con un particolare algoritmo di filtraggio che «processa» l' immagine del corpo, spesso resa più contrastata da un fondale in controluce) agiscono sui punti specifici dello schermo adeguatamente monitorati. L' evoluzione di questo sistema trova nel «Videodesk» l' applicazione più avanzata attraverso l' uso di due o più telecamere che forniscono informazioni stereoscopiche, in grado cioè di produrre immagini tridimensionali. La ripresa è concentrata sulle mani che di fatto sostituiscono la funzione di interfaccia del mouse o del joystick: accostando il pollice all' indice, ad esempio, si potrà provocare così il «click» che seleziona un comando. L' interfaccia è umana nel vero senso del termine, a tal punto che l' operatore si dovrà allenare a particolari tecniche gestuali che confinano con la coreografia, qualcosa di molto simile ai «mudra», il codice cinesico della danza indiana. Su tutt' altro piano Grimsdale della Division Limited che si misura con i diversi livelli di complessità delle realtà virtuali nella misura dell' hardware a disposizione Dati concreti anche se proiettati nella virtualità. Vengono individuati i limiti dei sistemi a disposizione: il campo limitato d' azione per via della rete di sensori interfacciati via cavo con il computer; la fragilità delle fibre ottiche con cui sono innervati i data glove e attraverso cui passa la quantità di luce che traduce i gesti in informazioni; la bassa definizione dell' immagine stereoscopica e via così in una lucida analisi di chi ha piena coscienza delle «chiavi tecnologiche» a disposizione, partendo dai limiti. Ma sarebbe un errore vedere in questo confronto una partita tra «visionari» e «tecnocrati»: vi sono infatti in gioco delle sfumature fondamentali. Altre considerazioni poi ci devono far valutare l' esperienza di Krueger alla luce del fatto che non raggiunge ancora i livelli d' interazione complessa che le realtà virtuali, equipaggiate di casco e guanto, raggiungono. Per l' altro verso va sottolineato che qualsiasi approccio con la virtualità non andrà lontano fino a quando non si accetta che l' interfaccia risolutrice non può che essere «umana», coniugando sensibilità calda e fredda tecnologia. Carlo Infante


SCAFFALE Ponting Clive: «Storia verde del mondo», Sei
AUTORE: RAVIZZA VITTORIO
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

La lunga strada dalle prime coltivazioni e dai primi allevamenti fino all' agricoltura moderna, super specializzata, super fertilizzata, spesso fonte di inquinamento e di distruzione del suolo attraverso la innumerevoli fasi di transizione in cui il modello imposto dall' Europa colonizzatrice si è diffuso su tutto il globo: è questo il tema di questa ampia «Storia verde del mondo » di Clive Ponting, inglese, ricercatore di storia allo University College di Swansee. Ponting indaga le cause che hanno portato all' attuale stato di crisi dell' ambiente terrestre, alle piogge acide, alla distruzione delle foreste tropicali, alla ricerca spasmodica di nuove terre e, nonostante questo, alla povertà crescente in vaste regioni del mondo e all' aumento degli individui denutriti. Libri «verdi» se ne pubblicano molti, troppi, spesso approssimativi e per forza ripetitivi; questo di Ponting ha il merito di partire dalla radice degli eventi per darci conto, con una quantità eccezionale di dati storici, delle cause della situazione attuale e per presentarci una serie di «lezioni» che l' uomo moderno potrebbe utilmente tener presente mentre procede allegramente alla residua spogliazione del pianeta.


SCAFFALE Fitzgerald Sarah: «La tratta di animali e piante», Franco Muzzio Editore
AUTORE: RAVIZZA VITTORIO
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Cinque miliardi di dollari, circa 7000 miliardi di lire (stima minima, secondo altri va raddoppiata): questo il fatturato annuo del commercio mondiale di animali e piante esotici secondo Sarah Fitzgerald, autrice di «La tratta di animali e piante»; un traffico che comprende 4 milioni di uccelli, 40 mila primati, le pelli di 10 milioni di rettili e quelle di 15 milioni di animali da pelliccia, 350 milioni di pesci tropicali, le zanne di migliaia di elefanti africani, orchidee, gusci di tartaruga, pelli di canguri, corni di rinoceronti... Tutto ciò mette in pericolo decine di specie.


SCAFFALE Accati Garibaldi Elena, Mossello Daria: «Verde facile», Edizioni Paoline
AUTORE: RAVIZZA VITTORIO
ARGOMENTI: BOTANICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Quanti alberi è un grado di riconoscere un abitante «medio» di una qualsiasi della nostre città ? Una decina, il doppio se va bene. Eppure alberi, fiori, erbe ci circondano da ogni parte e sollecitano la nostra attenzione da giardini, orti, viali, balconi, persino dai marciapiedi. «Verde facile», scritto da Elena Accati Garibaldi e disegnato da Daria Mossello, è una guida formata da 166 schede, tutte illustrate con grande precisione, che aiuta a riconoscere, apprezzare, coltivare altrettante piante. Per ognuna di esse il libro riporta un cenno sull' origine, l' area di diffusione, luoghi e condizioni ottimali per l' impianto, consigli per la semina, il trapianto, la cura e l' eventuale uso alimentare o terapeutico.


SCAFFALE Mangili Fulvia, Musso Giorgio: «La sensorialità delle macchine», McGraw Hill
AUTORE: RAVIZZA VITTORIO
ARGOMENTI: INFORMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

LE macchine sono diventate via via sempre più complesse, capaci di un numero crescente di operazioni in passato appannaggio delle mani e della mente dell' uomo; oggi si parla sempre più spesso di intelligenza artificiale e di macchine intelligenti. Ma «la percezione e il controllo motorio sono molto più complessi da riprodurre in computer di molte attività che riteniamo richiedano intelligenza», si dice nell' introduzione a «La sensorialità delle macchine» di Fulvia Mangili e Giorgio Musso. La Mangili, laureata in fisica, lavora al centro ricerche della Elsag Bailey di Genova, società del gruppo Finmeccanica che opera nel campo della computer vision; Musso, anch' egli laureato in fisica, oltre che direttore centrale della stessa società, tiene il corso «Metodi per il trattamento dell' informazione» all' Università di Genova ed è direttore del programma comunitario Esprit per l' area computer vision. Il libro fa il punto sui risultati fin qui raggiunti nel costruire organi di senso artificiali come parte degli studi sull' intelligenza artificiale. Il volume è il primo di una collana dedicata alle tecnologie applicate che la Finmeccanica si propone di realizzare insieme con la McGraw Hill.


RAPACI Afferrati per le penne Gheppi e avvoltoi, condor e poiane erano sull' orlo dell' estinzione Ora sono protetti e allevati in cattività: e i risultati si vedono Per secoli sono stati considerati nemici da abbattere Ora si scopre il loro ruolo prezioso
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI, ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

NEL coro di deplorazioni che si leva da ogni parte per la minaccia che incombe su tante specie animali, fanno spicco alcune voci incoraggianti che segnalano l' insperato recupero di specie ritenute pressoché scomparse. L' uomo, dopo averle portate sull' orlo dell' estinzione, è riuscito miracolosamente a riacciuffarle per i capelli. Si tratta di rapaci, uccelli stoltamente bersagliati dalla caccia come presunti «nocivi»: aquile e avvoltoi, gheppi e falchi pellegrini, poiane e astori, considerati per secoli nemici da uccidere a cuor leggero. Il loro massacro era non solo impunito, ma addirittura premiato come un' autentica benemerenza. A questo si aggiunga l' uso indiscriminato e massiccio dei pesticidi. I rapaci, che si trovano all' apice della catena alimentare, ne hanno risentito pesantemente. Le femmine, come diretta conseguenza, depongono uova dal guscio sottile e fragilissimo che si spacca sotto il peso dell' adulto in cova. Così intere popolazioni sono scomparse. Ma alla fine si è scoperto quale sia il vero ruolo dei rapaci nell' equilibrio della natura: oltre a essere insostituibili controllori dell' eccesso di popolazione delle specie predate, sono sicuri «indicatori ecologici», indicano cioè lo stato di salute dell' ambiente. Dove volano nibbi o poiane, l' ambiente è ancora salubre. Dove sono scomparsi, l' ambiente è inquinato. Naturalmente ora i rapaci sono severamente protetti. Si cerca di riparare al mal fatto. E si stanno raccogliendo i primi frutti di questa campagna di ravvedimento. Sono rinate le speranze di salvare il rarissimo condor di California (Gymnogyps californianus), il più grande uccello vivente, con la sua spettacolare apertura d' ali di tre metri. Un gigante che popolava un tempo il Nord America, dalla Columbia Britannica alla Florida. Ancora un secolo fa il rapace planava maestoso nei cieli degli Stati Uniti. Poi il suo habitat incominciò a restringersi man mano che s' infittiva la popolazione umana. Con la progressiva messa a coltura delle aree interne, si estendeva l' uso dei pesticidi. Così per i condor, abituati a volare negli spazi silenziosi e incontaminati della natura, la vita si faceva sempre più difficile. Ed ebbe inizio il loro inarrestabile declino. Nel 1960 i superstiti erano una sessantina, nel l983 una ventina, nel l986 soltanto tre, gli ultimi in natura. Fu allora che scoppiò una furibonda polemica fra chi voleva lasciarli morire liberi «con dignità » e chi invece, come gli zoo di Los Angeles e San Diego, voleva catturarli per destinarli alla riproduzione degli esemplari che già vivevano in cattività. Prevalse fortunatamente la tesi degli zoo e così grande fu l' esultanza degli studiosi quando nacquero i primi due pulcini. C' era però un pericolo. Se fossero stati allevati direttamente dall' uomo, l' imprinting avrebbe giocato loro un brutto scherzo. Sarebbero stati incapaci di socializzare con i loro simili. Ed ecco trovata la soluzione: li imbecca una madre artificiale, fatta su modello del condor, e i piccoli accettano il cibo che la mamma di cuoio con i piedi in fibra di vetro propina loro. Un menu composto da giovani topolini sminuzzati e da vomito di avvoltoio. Ne fanno le spese gli urubù (avvoltoi neri) ospiti del Parco degli animali selvatici di San Diego dove l' esperimento si svolge. Vengono ingozzati ben bene, poi spaventati per indurli a vomitare parte del cibo ingoiato. In questo modo i condor si sviluppano e possono riprodursi felicemente. In quattro anni la popolazione è raddoppiata e si prevede per la fine dell' anno un incremento numerico che la porterà a 64 individui. Non è detto che in questo modo sia scongiurato ogni pericolo. Quando la popolazione è così piccola, basta un cataclisma naturale o un' epidemia per annientarla. Ma indubbiamente oggi le speranze di salvare il condor di California sono molto più alte di sei anni fa. Comunque l' obiettivo principale degli studiosi è quello di reintrodurre la specie in natura ed è quello che già si sta attuando. Nel gennaio di quest' anno sono stati liberati due esemplari nel Sud della California e altri sei sono pronti per il grande passo. Tutto lascia sperare che l' esperimento avrà successo. Un altro rapace sul viale del tramonto è il gheppio di Mauritius (Falco punctatus), indigeno dell' isola omonima. Il declino di questo tipico abitante della foresta ha inizio nel XVI Secolo, quando i coloni europei incominciano la deforestazione dell' isola per far posto alle colture. E l' opera si compie in questo secolo con l' uso indiscriminato del Ddt. Nel l979 i gheppi di Mauritius sono al limite dell' estinzione. Il loro salvatore si chiama Carl Jones. E' un ornitologo caparbio, che si mette in mente di usare la tecnica della cosiddetta «doppia covata», in uso per le specie in cattività. Si tratta di rimuovere le uova della prima covata non appena deposte. Trasportate in incubatrice, vengono allevate artificialmente. La madre intanto si sente spinta a deporre una seconda covata, che può allevare lei stessa in maniera naturale. Si fa presto a dirlo. Ma per Carl Jones è tutt' altro che facile individuare uno dei due soli nidi di gheppio rimasti nell' isola Mauritius. E' come cercare un ago in un pagliaio. Occorrono mesi di ricerche prima che il nido venga scoperto. E l' esperimento può incominciare, in mezzo a mille difficoltà, tra cui quella di veder nascere tre pulcini maschi dalle prime tre uova sottratte alla madre. Per fortuna negli anni seguenti dalle uova rubate nascono anche femmine. E poco a poco la popolazione si accresce. Tanto che nel l984 uno dei pulcini allevati in incubatrice viene rilasciato in libertà. Da allora sono stati liberati 241 gheppi. Non tutti sono sopravvissuti. Si calcola che volino oggi liberi in natura da l60 a l80 individui. E il bello è che anche se non hanno ritrovato la foresta in cui la specie era abituata a vivere, i neoliberati si sono adattati a nidificare nelle campagne, dimostrando così una straordinaria flessibilità di comportamento. E' come se si fossero detti: cento volte meglio in uno spazio aperto che in cattività. Isabella Lattes Coifmann


COLEOTTERI Quell' attrazione fatale tra famiglie diverse a colpi di cantaridina
Autore: MONZINI VITTORIO

ARGOMENTI: ETOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

CHE i comportamenti intra e interspecifici negli insetti non siano regolati solo da meccanici stimoli esterni e da elementari necessità biologiche dell' organismo, bensì da meccanismi ben più complessi e misteriosi, è noto ormai da tempo. Recenti studi italiani su alcuni generi di coleotteri, particolarmente enigmatici sotto il profilo chimico e biologico, stanno finalmente fornendo nuove spiegazioni. Gli Anticidi, piccoli coleotteri stranamente simili alle formiche, ampiamente diffusi e molto comuni fra i detriti vegetali, sono caratterizzati da un ben noto e finora inspiegato tropismo con altri insetti molto più grandi, che appartengono alla famiglia dei Meloidi. I piccoli Anticidi, in particolare, sono fortemente attratti dalla cantaridina (sostanza famosa fin dall' antichità per le sue virtù afrodisiache, usata come farmaco anche in tempi più recenti) emessa dai Meloidi. Infatti, quando giungono a contatto con loro, ne succhiano avidamente l' emolinfa e arrivano addirittura a cibarsi dei loro cadaveri. Che significato può avere tutto ciò ? Facciamo un passo indietro. Formicomus pedestris, una specie di Anticide molto diffusa che vive in aggregazioni formate da numerosi individui adulti, emette un odore lieve ma persistente, percettibile anche dall' olfatto umano. Analizzando gli organi interni, sono state isolate per la prima volta delle ghiandole ancora sconosciute, dalle quali proviene il caratteristico odore. Sulla funzione del liquido contenuto sono state formulate più ipotesi, probabilmente tutte ugualmente valide: funzione difensiva (l' odore viene emesso prontamente quando gli individui vengono in qualche maniera molestati) o feromoni di aggregazione. Proprio questa seconda ipotesi ha suscitato negli studiosi il desiderio di allargare le indagini anche alla famiglia dei Meloidi, e i risultati sono stati sorprendenti. Pare infatti che ghiandole analoghe siano presenti anche in specie appartenenti a questa famiglia, per la quale era nota da tempo l' irresistibile attrazione esercitata nei confronti degli Anticidi. Evidentemente feromoni di aggregazione chimicamente simili vengono emessi da specie delle due diverse famiglie causandone il suddetto tropismo. Anche i Meloidi sono insetti dalla biologia molto particolare: le larve passano attraverso cinque stadi anziché tre come accade in genere e si sviluppano a spese delle api, cosa assolutamente inconsueta. Appena sgusciate, si appostano sui fiori in attesa che un' ape si posi, quindi le si aggrappano addosso e si fanno trasportare all' alveare. Qui si introducono di soppiatto in una cella, si fanno rinchiudere insieme all' uovo e subito lo divorano. A questo punto subiscono una prima metamorfosi e si trasformano in larve completamente diverse, atte a nutrirsi di miele. Seguono altre due mute, dopodiché compaiono le larve ninfe cui succedono vere ninfe incapaci di muoversi e di nutrirsi; infine sfarfallano i grossi adulti che, secernendo cantaridina, attraggono in modo irresistibile i piccoli Anticidi. E così il ciclo ricomincia. Vittorio Monzini


MALATTIA DI ALZHEIMER Sotto accusa un gene del cromosoma 14 E' responsabile dell' accumulo nel cervello di proteine anomale
Autore: T_S

ARGOMENTI: GENETICA, MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: BERGAMINI LODOVICO, PINESSI LORENZO, RAINERO INNOCENZO, VAULA GIOVANNA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

UN gene del cromosoma 14 può essere causa della malattia di Alzheimer: emerge da un lavoro pubblicato su Nature Genetics di dicembre. Tra gli autori, quattro nomi dell' Università di Torino: Lodovico Bergamini, Lorenzo Pinessi, Innocenzo Rainero e Giovanna Vaula. La scoperta è frutto di una lunga ricerca internazionale condotta dal Familial Alzheimer' s Disease Collaborative Study Group organizzato da Peter St. George Hyslop dell' Università di Toronto Sono coinvolte, in Italia, le cliniche neurologiche di Torino e di Firenze e il Centro per lo studio della malattia di Alzheimer di Lamezia Terme; all' estero, alcuni tra i più prestigiosi centri di ricerca nordamericani come il Laboratory of Neurogenetics dell' Università di Harvard. Anche un' altra equipe, coordinata da Gerard Schellenberg dell' Università di Seattle, con una diversa e più ridotta casistica, ha ottenuto risultati analoghi che confermano l' importanza del cromosoma 14. I risultati di questo studio sono pubblicati su Science. Si sapeva già che il cromosoma più implicato nella malattia di Alzheimer è il cromosoma 21, specialmente per le forme ad esordio precoce (prima dei 65 anni), mentre alcune forme di malattia di Alzheimer ad esordio tardivo parevano collegate al cromosoma 19. Alcuni indizi però hanno indotto i ricercatori a indagare anche su altri cromosomi. La malattia di Alzheimer è caratterizzata dalla deposizione nel cervello di strutture proteiche anomale che formano le cosiddette placche senili e gli ammassi neurofibrillari, provocando la degenerazione delle cellule nervose. Già nel 1907, il neuropatologo tedesco Alois Alzheimer, osservando al microscopio il cervello di una donna di 51 anni morta con una grave demenza, scriveva: «Sparse nell' intera corteccia, e soprattutto negli strati superiori, si osservano piccole zone indurite, prodotte dalla deposizione di una sostanza particolare nella corteccia cerebrale». Per anni non è stato possibile definire la struttura chimica di questa «sostanza particolare», chiamata amiloide, che è il costituente principale delle placche senili. Solo nel 1984 due gruppi di ricercatori riuscirono a solubilizzare il costituente principale dell' amiloide meningovascolare e delle placche senili. L' analisi chimica dimostrò che questo era un peptide di circa 40 aminoacidi, denominato beta amiloide. E' stato poi clonato il Dna complementare di esso e si è dimostrato che la beta amiloide veniva prodotta a partire da una proteina di circa 700 aminoacidi, denominata precursore della proteina beta amiloide (App). Il gene che codifica per l' App venne presto localizzato sul braccio lungo del cromosoma 21. Numerosi ricercatori hanno studiato, in questi ultimi anni, il metabolismo della beta App per scoprirne le funzioni nel cervello. Oggi sappiamo che la beta App è una proteina codificata da diverse linee cellulari, che è particolarmente concentrata nel sistema nervoso centrale dove pare svolgere un ruolo nei meccanismi di comunicazione cellulare e dove esercita, a basse concentrazioni, un ruolo neurotrofico. Ad alte concentrazioni, invece, il beta peptide ha un effetto neurotossico. Tale peptide è normalmente secreto dai neuroni in vivo. In alcune famiglie con Alzheimer presenile è stata dimostrata una mutazione puntiforme del gene App che dava luogo alla formazione di un beta peptide strutturalmente anomalo. Tuttavia, le cause dell' accumulo di beta peptide nella maggior parte dei pazienti Alzheimer sono rimaste ignote. Il recente interesse dei ricercatori per il cromosoma 14 è dovuto alla presenza su di esso di geni che codificano per delle proteasi, cioè per degli enzimi che potrebbero intervenire nel metabolismo della proteina precursore della beta amiloide e che potrebbe quindi favorire una sua deposizione in eccesso. Già in passato erano stati effettuati studi su questo cromosoma, ma solo recentemente, grazie allo Human Genome Project, sono state generate le sonde genetiche necessarie allo studio in dettaglio del cromosoma. Nella ricerca pubblicata gli autori hanno testato l' associazione tra la malattia di Alzheimer familiare ad esordio presenile e alcuni Dna marker del cromosoma 14, trovando una co segregazione (linkage) altamente significativa tra questi e la malattia. In particolare, i pedigrees studiati dai ricercatori italiani (Torino family e Nicastro family) sono quelli che hanno fornito i valori più significativi di linkage. Questi risultati indicano l' esistenza certa in una regione definita del cromosoma 14 di un gene di particolare importanza per l' Alzheimer presenile. Attualmente, la zona del cromosoma implicata per la genesi dell' Alzheimer è costituita da circa 10 milioni di basi, un segmento di Dna che potrebbe contenere fino a 100 geni. Due geni di questa regione, c Fos e l' Hspa2, sono di particolare interesse. Il primo è un oncogene mentre il secondo codifica per una proteina prodotta dalle cellule nervose in condizioni di stress chimico fisico. L' isolamento del gene per la malattia di Alzheimer familiare presente sul cromosoma 14 permetterà di capire il meccanismo della malattia e favorirà la messa a punto di strategie terapeutiche purtroppo per ora non disponibili. (t. s. )


NUOVO FARMACO Agisce sulla circolazione e in meno di un' ora fa sparire l' emicrania
Autore: LOMAGNO PIERANGELO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099. Mal di testa

UN adulto su otto soffre di emicrania, a volte in forma così grave da essere costretto a prolungati periodi di inattività e isolamento. Le emicranie (ne esistono due forme principali, con e senza aura), presentano caratteristiche particolari che le differenziano da altri più banali «mal di testa». Disturbo tipico del giovane adulto, con un massimo di incidenza tra i 25 e i 35 anni e con netta preferenza per il sesso femminile, l' emicrania di solito ha un andamento particolare, che ne permette la diagnosi con relativa facilità, anche se la sua esatta origine rimane ancora un problema irrisolto. La teoria classica, tutt' ora valida e confermata da recenti ricerche, collega la fase dell' aura (disturbi della vista, come lampi luminosi e visione confusa, messaggeri dell ' imminente attacco) a una vasocostrizione delle arterie craniche, mentre l' attacco di cefalea sarebbe scatenato da un' improvvisa dilatazione di questi vasi. L' incertezza sull' origine si riflette sulla terapia, in genere limitata a farmaci sintomatici come gli analgesici, gli antinfiammatori non steroidei e l' ergotamina. Recentemente però è stata messa a punto una nuova molecola, il Sumatriptan, che può essere considerata un vero specifico per la terapia dell' emicrania. Questo farmaco, infatti, agisce costringendo selettivamente la circolazione carotidea, cioè di quei vasi che irrorano i tessuti extra e intracranici, come le meningi, e la cui dilatazione sta alla base del meccanismo patogenetico. Il Sumatriptan può essere somministrato sia per via orale che sottocutanea. La sua azione è rapida e di norma riesce a risolvere la cefalea in 15 60 minuti. Il suo uso è facile e sicuro, in quanto gli effetti collaterali indesiderati sono molto modesti. Pierangelo Lomagno


CONTRO L' EMOFILIA Ecco il primo Fattore VIII ottenuto con la tecnica dell' ingegneria genetica
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

SI chiama «Recombinate tm», è costato dieci anni di ricerca e 125 miliardi di investimenti. E' il primo fattore della coagulazione prodotto con la tecnica dell' ingegneria genetica: simile al Fattore VIII della coagulazione ottenuto dal plasma umano, è indicato per il trattamento dell' emofilia A, il tipo più frequente, caratterizzato da una carenza relativa o assoluta di questo Fattore nel sangue. L' hanno messo a punto, in collaborazione, Baxter e Genetics Institute. E ora due agenzie di controllo, l' americana Food and Drug Administration e il Canadian Bureau of Biologics, ne hanno autorizzato la commercializzazione. In cinque anni di studi clinici su più di 150 pazienti, questo Fattore Antiemofilico ha dimostrato un' attività coagulante simile a quella dei derivati dal plasma ed è stato tollerato molto bene, senza rilevanti effetti collaterali nè trasmissione di virus. In Italia gli emofilici sono circa tremila, uno ogni diecimila maschi. Il problema principale sono le emorragie spontanee che possono provocare atrofia muscolare danni articolari e, nei casi estremi, anche la morte. Recombinate tm è stato sviluppato isolando, dal cromosoma umano X, il gene che codifica la componente attiva del Fattore VIII e inserendola nel Dna di specifiche cellule animali. Una volta incorporato nel nuovo Dna, il Fattore VIII stimola le cellule a produrre consistente quantità di queste proteine, che poi vengono purificate con la tecnica di immunoaffinità.


SMALTIMENTO DEI RIFIUTI Discarica? si, ma non nel mio cortile] Tutti concordano sulla necessità di un sito per l' immondizia ma nessuno accetta rischi di inquinamento di aria e acqua
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. T. G. Metodi per l' eliminazione dei rifiuti solidi urbani
NOTE: 100

N EGLI Stati Uniti è considerato il problema ambientale più importante degli Anni 90. In Italia accende anche gli animi ambientalmente più tiepidi. Perché tutti produciamo rifiuti, ma nessuno vuole una discarica vicino a casa sua. Questa ostilità collettiva dei privati, ma anche degli amministratori ha due nomi: «Sindrome Nimby» ( «Not in my backyard», cioè «Non nel mio cortile» ) e «Sindrome Nitmo» ( «Not in the terms of my office», cioè «Non durante il mio mandato» ). L' inceneritore sarebbe una buona soluzione è una fiamma «pulita» e non impone limiti al volume delle immondizie ma lascia residui invisibili e tossici, come la diossina. La tecnologia oggi promette temperature così alte da garantire una combustione sicura, ma il ricordo di Seveso è troppo vicino e troppo bruciante perché arrivi un «sì ». Resta un' unica possibilità: gli impianti di interramento controllato, come quello disegnato qui a fianco. La soluzione precedente la discarica pura e semplice aveva sì il vantaggio di sfruttare i microbi aerobici (che hanno bisogno dell' ossigeno per vivere) per trasformare i rifiuti in concime, ma incoraggiava la moltiplicazione di topi e ratti. Senza contare che, nei giorni di vento, carta e plastica volavano via. E l' odore era intollerabile. L' interramento rimedia a questi inconvenienti: gli strati di plastica o di argilla entro i quali vengono racchiusi i rifiuti impediscono la circolazione dell' aria e incoraggiano i microbi anaerobici, che non hanno bisogno di ossigeno per decomporre i rifiuti in un miscuglio di anidride carbonica e metano, poi raccolto per produrre energia. La ricerca studia ora più accuratamente questi microbi, per capire in che modo sviluppino metano. E già si fantastica di «bioreattori» fondati sul lavoro di speciali microorganismi, capaci di estrarre dai rifiuti un altissimo quantitativo di gas, tutto utilizzabile. Sulle discariche l' informazione è poca e spesso controversa. A proposito della plastica, ad esempio, ci sono due versioni contrastanti. L' accusa è quella di saturare rapidamente ogni impianto, perché è tanta e non si degrada. L' industria ribatte invece che il peso medio della plastica è rimasto invariato negli ultimi anni, anche se i prodotti a base di polimeri sono certamente aumentati. Questo perché il materiale è stato «alleggerito»: oggi, ad esempio, si fabbricano molte più bottiglie con la stessa quantità di plastica di vent' anni fa. E così leggere, si rompono e si ammassano più facilmente I microbi anaerobici lavorano insieme o in simbiosi per spezzare le grandi molecole dei rifiuti organici, come i carboidrati e le proteine, trasformandole in zuccheri, poi in acido acetico e infine in metano e anidride carbonica. Il punto nevralgico di un impianto interrato è il cosiddetto percolato, un liquido di scarto prodotto dalla pioggia e dal continuo apporto di rifiuti umidi. La sua composizione varia, ma il problema che pone è sempre lo stesso: inquinamento delle falde acquifere e delle zone agricole intorno alla discarica. Se infatti tra i rifiuti ci sono materiali altamente tossici, il percolato che ne deriva va tenuto sotto controllo. Per questo gli impianti di interramento sono fatti di più strati impermeabili (argilla o grandi fogli di polietilene, spessi fino a tre centimetri) tra i quali si dispongono i rifiuti, costantemente controllati da monitor, in modo che qualsiasi perdita di percolato sia rimediabile prima che si propaghi tutt' intorno. E le tubature che corrono fra uno strato e l' altro hanno appunto la funzione di portarlo fuori. La quantità di percolato e di gas generati da una discarica dipende da diversi fattori: la temperatura, il livello di acidità e umidità, il tipo di rifiuti e addirittura le vibrazioni del traffico. Che cosa fare di questi «sottoprodotti» dei rifiuti è un rompicapo per chiunque progetti una discarica. In tutto il mondo, ci sono circa trecento impianti di interramento controllato che producono metano e lo utilizzano per scaldare le case vicine, i negozi, le serre. Si tratta comunque sempre di un combustibile a prezzi altissimi, non certo competitivo rispetto ad altre fonti energetiche anche se risolve il problema della «fermentazione» dei rifiuti. Nonostante l' accuratezza dei progetti, resta difficilissimo far accettare una discarica alle comunità locali. La strada degli incentivi fiscali ha esiti incerti, perché ben pochi sono disposti a scambiare il rischio di contaminazione dell' aria e dell' acqua con qualche vantaggio economico soprattutto se la discarica è di quelle che trattano i rifiuti industriali. E non si inteneriscono neanche di fronte alla prospettiva di un bel parco naturale, costruito sulla discarica ormai colma.


LE DATE DELLA SCIENZA Dicembre ' 72, parte «Apollo 17» l' ultima volta dell' uomo sulla Luna
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 100

DICEMBRE 1972, dal 7 al 19: vent' anni fa l' ultima volta dell' uomo sulla Lu na. «Apollo 17», sesta missione dopo quella del 21 luglio 1969 che portò i primi uomini sulla Luna (Neil Armstrong e Edwin Aldrin), chiude il capitolo della conquista umana del nostro satellite. Ormai andare sulla Luna non fa più notizia, eppure anche questa missione resterà nella storia dell' astronautica: si registra, infatti, il record delle ore di esplorazione (22), della quantità di materiale portato a terra (110, 2 chilogrammi), delle orbite lunari (75) e della durata totale della missione: 12 giorni, 13 ore e 52 secondi (la prima missione, «Apollo 11», durò 8 giorni, 3 ore e 19 minuti). L' equipaggio è formato da Ronald Evans, che pilota il modulo di comando, e da Eugene Lernan e Harrison Schmitt che sbarcheranno invece sulla Luna. Schmitt sarà anche il primo astronauta scienziato (è geologo) a partecipare a una missione lunare. Curiosità: «Apollo 17» fa registrare la prima partenza notturna con equipaggio umano, e ciò per poter raggiungere agevolmente il luogo dell' allunaggio, a Nord dei Monti Taurus e del cratere Littrow. Durante l' esplorazione, effettuata parte a piedi e parte con il Lunar Rover, vengono trovate curiose palline di vetro che si riveleranno materiale vulcanico ricco di piombo, zinco e zolfo. Franco Gabici


LA PAROLA AI LETTORI Capelli crespi, una barriera contro il caldo
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 100

Perché gli aerei che volano dall' Europa verso gli Usa impiegano più tempo di quelli che volano dagli Usa verso l' Europa? Gli aeroplani che a quote rilevanti (10 12 mila metri) viaggiano da Ovest (Stati Uniti) verso Est (Europa), sfruttano le correnti a getto (jet stream) che ad alta quota soffiano da poppa (coda) a prua (muso) dell' aereo. Seguendo il senso di rotazione terrestre, appunto da Ovest verso Est, imprimono all' aereo una velocità che si aggiunge a quella propria della spinta dei propulsori dell' aereo. Marco Vicarioli, Bologna Le «correnti a getto» formano una sorta di canale d' aria con velocità prossime ai 200 chilometri l' ora. I piloti, volandoci all' interno, hanno un incremento gratuito della loro velocità e una conseguente riduzione del tempo di volo e viceversa. Le rotte, quindi, vengono scelte in base a queste correnti. Gianni Cornaglia, Rivoli (TO) Perché le popolazioni nere hanno i capelli crespi? Le popolazioni di colore, originarie di Paesi in cui l' insolazione è forte e quindi la temperatura elevata, hanno sempre avuto problemi di disidratazione. I capelli crespi riducono l' evaporazione del sudore contribuendo al mantenimento della temperatura della testa al di sotto del limite di pericolo. Gabriella Saglione, Rivoli (TO) La macchina evolutiva ha dotato i popoli dell' Africa centro meridionale, dove la temperatura è spesso dell' ordine dei 40, di un' arma efficace contro il surriscaldamento del cuoio capelluto e conseguentemente del cervello (le cellule cerebrali, alle temperature superiori ai 41 subiscono processi degenerativi). Il «cuscino» isolante di capelli crespi può essere paragonato al piumino d' oca, da sempre la più efficace barriera contro le basse temperature. Andrea Aliberti, Torino Perché quando un aereo supera la velocità del suono si sente un gran fragore? Quando un aereo supera la velocità del suono, le creste delle onde sonore si sovrappongono: le onde non raggiungono l' ascoltatore una alla volta creando un suono continuo, ma lo investono in un unico fiotto. L' improvvisa espansione dell' aria che si viene a creare è all' incirca uguale all' improvvisa espansione dell' aria in un' esplosione, quindi i due suoni saranno all' incirca uguali. Il boom sonico non è prodotto solo nel momendo in cui l' aereo infrange la barriera del suono, ma segue continuamente l' aereo che viaggia a una velocità a esso superiore Roberto Bruno, Tortona (AL) Appurato che 1) l' orecchio umano è un ottimo trasduttore di pressione (dispositivo che trasforma una grandezza fisica in un' altra, mantenendo inalterata la forma d' onda del segnale); 2) i suoni viaggiano sotto forma di onde di pressione, a una velocità ben definita (340 metri al secondo, al livello del mare); 3) le onde sonore si creano ogni qual volta vi è una differenza di pressione fra la sorgente del suono (in questo caso l' aereo) e il ricevente (l' orecchio umano); quando un velivolo viaggia alla velocità del suono (Mach 1) produce davanti a sè un campo di onde di pressione che viaggiano assieme ad esso, percepite dall' orecchio umano come fragore assordante. A questo bisogna poi aggiungere il rumore provocato dal getto del motore che «frusta» l' aria. Quando poi l' aereo supera la velocità del suono il fragore arriverà dopo un certo intervallo di tempo, proporzionale alla differenza che esiste tra la velocità del velivolo e quella del suono. Alessandro Robino Pozzolo Formigaro, AL Perché, se si espone al sole un foglio di carta scritto con inchiostro blu, dopo un certo periodo il blu diventa nero? Molti coloranti subiscono variazioni reversibili o irreversibili del loro tono cromatico in funzione di fattori esterni quali luce, calore, umidità, acidità dell' ambiente. Questi fenomeni vengono chiamati, in termine scientifico, rispettivamente fotocromismo, termocromismo, solvatocromismo e alocromismo. Ovviamente se il fenomeno è reversibile (e questo dipende soprattutto dalla struttura del colorante), dopo adeguato riposo in condizioni protette (buio, temperatura e umidità costanti) si ripristina il colore originario. Armando Burgo, Genova & Con quale criterio le lettere dell' alfabeto vengono disposte sulle tastiere delle macchine per scrivere? Pierpaolo Balestriero, Torino & Perché di un uomo deciso e senza scrupoli si dice che «ha i peli sullo stomaco» ? & Perché la nostra temperatura corporea raggiunge una punta massima intorno alle 17? & Da che cosa sono costituiti gli oggetti fosforescenti? 3 B ragionieri, Ciriè (TO) & Come si fa a capire quando la digestione è completata? _______ Risposte a: «La Stampa Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax 65. 68. 688, indicando chiaramente TTS sul primo foglio.


STRIZZACERVELLO Uomini e treni
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 100

Uomini e treni Due uomini distanti tra loro camminano lungo i binari di una ferrovia rivolti nella stessa direzione. A un certo punto un treno che viaggia in senso inverso incrocia il primo uomo e impiega 10 secondi per superarlo con tutto l' ultimo vagone. Esattamente 20 minuti dopo lo stesso treno si imbatte nel secondo uomo e vi sfila accanto per intero in 9 secondi. Quanto tempo impiegherà, a partire dal momento dell' incontro con il treno, il secondo uomo per raggiungere il primo? Per la soluzione del problema non serve alcun altro dato, salvo l' informazione che tutte le velocità rimangono costanti. La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi) Pani e pesci Soluzione L' equazione a tre incognite ammette infinite soluzioni.




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