TUTTOSCIENZE 28 ottobre 92


ALTA DEFINIZIONE Nasce in Usa la nuova Tv In primavera, scelta da 100 miliardi di dollari
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI, TECNOLOGIA, TELEVISIONE, PRESENTAZIONE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069

L' ALTA definizione televisiva si prepara alla sua diffusione commerciale. La gara d' appalto lanciata dagli Stati Uniti per la realizzazione di un sistema completo di tivù in alta definizione sta per scadere e nella primavera 1993 le autorità governative annunceranno chi, tra i colossi internazionali dell' elettronica ora in competizione, sarà il vincitore. L' appalto prevede la radicale ristrutturazione del sistema televisivo statunitense. Nel 1998 ogni famiglia americana dovrà trovare nei negozi a un prezzo accessibile i nuovi televisori per l' alta definizione. Un affare da 100 miliardi di dollari. Il primo passo di una rivoluzione tecnica del modo di trasmettere e ricevere i programmi tivù che coinvolgerà in tutto il pianeta tre miliardi di telespettatori e oltre 800 milioni di televisori domestici. Cosa vuol dire «alta definizione» ? Quale differenza corre con la tivù di oggi? Tutto dipende dal tipo di segnale su cui viaggiano le immagini. Durante una trasmissione televisiva le immagini vengono smontate in un altissimo numero di punti luminosi (si chiamano pixel). Ciascun pixel riporta un dettaglio minimo. Il televisore riceve l' insieme dei pixel che formano un' immagine e lo ripropone sullo schermo con il giusto ordine. E' come rimontare un puzzle. Per comodità i pixel sono ordinati secondo un numero di linee di scansione. L' insieme delle linee trasmesse nel medesimo istante forma un quadro. La definizione dell' immagine (una sola parola che indica nitidezza, luminosità, fedeltà dei colori, perfezione dei particolari) è data dunque dal numero delle linee di scansione e dalla frequenza dei quadri per minuto secondo. La definizione degli attuali sistemi di televisione a colori (l' americano Ntsc, il Secam francese e il Pal tedesco, in uso anche in Italia) è data da una trama di circa 600 linee (120 mila pixel). La perfettibilità di questi sistemi è giunta al limite; per avere immagini migliori occorre modificare radicalmente il tipo di trasmissione aumentando le linee di scansione. Ciò che si propone appunto l' alta definizione (in sigla Hdtv). L' Hdtv utilizza uno standard di trasmissione decisamente maggiore, a 1200 linee (oltre 700. 000 pixel), che fornisce una qualità di immagine pari, se non superiore, a quella delle pellicole cinematografiche 35 millimetri. La Sony fu la prima a realizzare l ' Hdtv: nel 1986, in collaborazione con l' Nhk (la tivù di Stato nipponica), presentò il sistema Muse con scansione a 1125 linee / 60 quadri al secondo. Nello stesso anno l' Europa avviò alcuni progetti comunitari di ricerca (nell' ambito del progetto Eureka 95 ) per uno standard europeo di televisione ad alta definizione da contrapporre a quello giapponese. Dopo tre anni di laboriose ricerche (in cui l' Italia, grazie al Centro ricerche Rai di Torino ha svolto un ruolo preminente) fu presentato il sistema Hd Mac, ufficialmente sperimentato durante le partite di calcio di Italia ' 90 (successo tecnico bissato durante le ultime Olimpiadi). Il sistema europeo opera con una scansione di 1250 linee per 50 quadri al secondo. Si distingue dal sistema Muse giapponese, oltre che per i maggiori parametri di scansione, per la compatibilità con i sistemi della famiglia Mac. La compatibilità è la nota dolente di tutti i sistemi Hdtv. Il segnale video Hdtv è molto più «voluminoso» di un segnale Pal o Secam e non può essere ricevuto e ritrasmesso da un normale televisore a colori Pal o Secam. L' incompatibilità dei due sistemi è d' ostacolo alla commercializzazione: per vedere le immagini in alta definizione dovremmo buttar via il vecchio televisore e acquistarne uno nuovo. Lo stesso dovrebbero fare la Rai e la Fininvest con le proprie telecamere per produrre trasmissioni in Hdtv. Il segnale Muse può essere ricevuto esclusivamente dal televisore Hdtv della Sony (già disponibile sul mercato, ma tra antenna e impianto costa circa 35 milioni di lire). Lo standard europeo, invece, trasmette un segnale che può essere ricevuto e decodificato anche da un televisore Pal, purché dotato, con una semplice modifica, di uno speciale ricevitore chiamato Mac. Gli spettatori rinuncerebbero all' alta definizione ma non sarebbero costretti ad acquistare subito il nuovo televisore. Come accadde con il passaggio dal bianco nero alla tv a colori: il segnale Pal a colori era compatibile con il segnale Pal monocromo. Mentre l' Europa sviluppa l' Hd Mac e il Giappone mette in vendita i suoi televisori e produce per una manciata di telespettatori 6 ore quotidiane di Hdtv, gli Stati Uniti vengono alla ribalta con questa considerazione: tecnologicamente non esistono difficoltà a trasmettere immagini con segnale digitale, piuttosto che analogico (Hd Mac e Muse sono analogici). Il segnale digitale offre, dal canto suo, una quantità di vantaggi notevole, primo fra tutti la compatibilità con i personal computer e l' accesso alle reti telematiche. Perché dunque si sono chiesti gli americani perdere tempo con l' alta definizione analogica quando sappiamo tutti che il futuro delle trasmissioni sta nei sistemi digitali? La musica si sta spostando su compact disc e la rapida diffusione del videodisco dimostra che anche le immagini possono imboccare questa via. Ecco spiegata la gara d' appalto lanciata dagli Stati Uniti per un sistema di Hdtv digitale «chiavi in mano» che in cinque anni dovrà rivoluzionare il sistema televisivo Usa. I giapponesi stanno studiando, ma senza troppa convinzione, una versione digitale del Muse (nato come standard analogico e quindi difficile da adattare). Ufficialmente la Comunità europea persiste sulla via analogica con il suo sistema Hd Mac, il quale per questo nel 1997 ' 98 rischia di nascere già sorpassato. Di fatto Philips e Thomson (le industrie elettroniche europee che partecipano alle ricerche finanziate dalla Cee) continuano a lavorare sul sistema Hd Mac, ma non dimenticano di possedere una bella fetta del mercato Usa e sono presenti in consorzio nella corsa per l' alta definizione americana. L' alta definizione è a un bivio. Gli Stati Uniti sono decisi ad imboccare una via (quella più rapida per la tivù del futuro anche se è la più «traumatica» ). Il Giappone li seguirà (ha bisogno di far lavorare le proprie industrie). L' Europa per il momento cincischia. Se non decide rapidamente corre il pericolo di rimanere indietro dal punto di vista tecnologico e di essere tagliata fuori dalla circolazione internazionale delle produzioni tivù: produrrà televisori che nessuno vorrà comprare e trasmissioni che nessuno vorrà vedere. Andrea Vico


COME SARA' Non sarà soltanto un tvcolor ma un terminale intelligente per dialogare con il mondo
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI, TECNOLOGIA, TELEVISIONE, PRESENTAZIONE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069. Alta definizione

I nuovi televisori ad alta definizione saranno notevolmente diversi dai tvcolor di oggi. Esteriormente avranno sempre un formato rettangolare, ma più largo, con un rapporto di 16 a 9 anziché l' attuale 4 a 3, e presumibilmente lo schermo sarà ultrapiatto (alcuni addirittura potranno essere appesi alla parete, come un quadro). Ogni apparecchio sarà munito di tastiera tipo computer: potrà essere inglobata nel telecomando oppure, sostenuta da un braccio flessibile, spuntar fuori dal divano. Una simile attrezzatura ci servirà per utilizzare i servizi telematici offerti a corredo dell' Hdtv. Potremo ordinare una pizza, prenotare il biglietto del concerto o dello stadio, collegarci ad una banca dati e richiedere informazioni per la ricerca scolastica, fare operazioni bancarie a qualunque ora del giorno o della notte. Tutto stando comodamente seduti in poltrona. Se non troveremo allettanti i programmi della sera sarà possibile collegarsi via cavo al magazzino di una videoteca e scegliere un film che verrà proiettato dal negozio direttamente sul nostro televisore (sarà la morte delle sale cinematografiche? ). E' tecnicamente possibile il collegamento con l' università per assistere da casa alle lezioni o con l' ufficio per una riunione di lavoro. Con poche modifiche, il televisore potrebbe funzionare anche da video telefono. La tivù digitale in alta definizione sarà un sistema multimediale estremamente sofisticato e versatile, con mille opportunità per avere il mondo in casa, perfettamente riprodotto. Avremo ancora voglia di uscire per vederlo dal vivo? (a. vi. )


DAL GIAPPONE Attento CD, ora arriva il Minidisc Consente di registrare un' ora di musica
Autore: MEZZACAPPA LUIGI

ARGOMENTI: ELETTRONICA, ACUSTICA, DISCHI
ORGANIZZAZIONI: SONY
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069

DA qualche settimana la Sony ha presentato una nuova linea di prodotti destinata a sostituire tutti i dispositivi di registrazione e di riproduzione audio. Il sistema «Minidisc», questo è il suo nome, si basa su un supporto digitale ad altissima fedeltà che ripeterà, la famosa azienda giapponese ne è sicura, il successo dei «walkman», i popolarissimi riproduttori portatili di audio cassette e compact disc. Il Minidisc assomiglia molto al «floppy disc» dei personal computer, ma è un po' più piccolo (6 centimetri e mezzo di diametro) ed è in grado di contenere fino a 74 minuti di musica di qualità identica a quella dei compact disc. Rispetto a questi, dichiara la Sony, è più affidabile ed è in grado, oltre a riprodurre la musica, di registrarla, entrando in concorrenza con i tradizionali registratori a nastro. A partire dal 1 novembre, ma solo in Giappone, Sony commercializzerà tre diversi modelli del suo sistema a minidischi; un quarto modello sarà messo in vendita a partire dalla fine di dicembre. Negli Stati Uniti e in Europa Sony intende iniziare le vendite di due portatili tipo walkman a partire da dicembre e di un riproduttore da auto a partire dall' inizio dell' anno prossimo. I prezzi non sono ancora stati fissati con precisione, ma si prevede che un modello al top della gamma dei riproduttori portatili con possibilità di registrazione sarà venduto a circa 800 mila lire, mentre un altro modello, in grado solamente di riprodurre dischi già registrati senza possibilità di registrazione, sarà venduto a 600 mila. I dischi, capaci di memorizzare 60 minuti di musica, saranno venduti a 15 mila lire; i dischi preregistrati, invece, avranno un prezzo comparabile a quello dei cd. Sony conta molto sul suo nuovo sistema per rivitalizzare l ' elettronica di largo consumo, ma non è ancora detto che il pubblico sia pronto per un nuovo «formato» e sia quindi disposto a compiere un' altra «riconversione», anche nel caso che il nuovo sistema risulti preferibile agli attuali sistemi digitali a cassetta offerti dalla Philips. Sony sottolinea con molta enfasi la fine degli attuali sistemi di riproduzione dei cd, ma chi lo ha già visto sostiene invece che, per fare davvero concorrenza ai walkman, il Minidisc deve ancora migliorare. Anche se il supporto è piccolo e sottile, il dispositivo di riproduzione è più ingombrante e più pesante di un comune walk man. Il Minidisc è anche più pesante dello stesso riproduttore cd portatile di Sony, ma è già prevista la realizzazione di una versione molto più piccola e maneggevole. I portavoce ufficiali prevedono la vendita di circa 70. 000 unità nei soli Stati Uniti nel primo anno di commercializzazione, il doppio delle vendite di cd nel primo anno dalla loro comparsa. Un fattore chiave della riuscita del nuovo prodotto sarà la disponibilità di titoli. Fino ad oggi la Philips sembra aver garantito un buon supporto alla propria linea di «digital compact cassette», ma Sony dice di essere pronta a competere anche su questo fronte. Luigi Mezzacappa


ENERGIA C' è chi torna a puntare sul Sole Germania e Svizzera, largo al fotovoltaico
Autore: LIBERO LEONARDO

ARGOMENTI: ENERGIA, INVESTIMENTO, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: SOLAR 91
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070. Energia solare

QUALCHE anno fa, in Svizzera, alcuni puntigliosi ecologisti decisero non solo di usare veicoli elettrici, ma anche di alimentarli sempre con energia «pulita»; perciò ciascuno di loro installò sul tetto di casa un modulo solare di potenza adeguata ai consumi del proprio mezzo e lo collegò alla rete elettrica in modo che vi versasse l' energia prodotta (ovviamente col placet della società erogatrice) Così, dovunque egli ricaricasse le batterie dalla rete, se l' energia che ne assorbiva non era più di quanta il suo impianto ve ne aveva versata, poteva considerarla di fonte solare. La rete elettrica, in sostanza, fungeva da banca dell' energia «pulita». Il tutto per una pura questione di principio. Ma quei primi impianti, coi materiali di allora, avevano versato in rete una media di 1000 kilowattora l' anno per ogni kilowatt di potenza di picco, cioè per ogni 8 10 metri quadri di superficie. Un risultato che consentiva conclusioni concrete e interessanti. Per esempio una conclusione era che il fabbisogno elettrico delle famiglie svizzere che è quasi un terzo del fabbisogno nazionale, si potrebbe soddisfare coprendo con impianti solari di quel tipo solo un ventesimo della superficie già occupata dagli abitati. E perciò che la fonte solare potrebbe fornire un contributo comunque importante al bilancio elettrico del Paese, senza sottrarre spazio al verde e alle coltivazioni poiché allo scopo basta e avanza la superficie già occupata dalle costruzioni esistenti. La conferma era venuta da una stima tedesca, secondo la quale il fabbisogno elettrico dell' industria della ex Germania Ovest (330 miliardi di kilowattora l' anno) si potrebbe soddisfare da fonte solare utilizzando poco più di un terzo della superficie che già vi occupano gli stabilimenti e i loro piazzali. Ne sono seguite, in Svizzera e in Germania, due iniziative, insieme promozionali e sperimentali. La prima, «Solar ' 91», è stata della Società svizzera per l' energia solare, che ha voluto celebrare il 700 anniversario della Confederazione (fondata nel 1291) promuovendo l' installazione di 700 nuovi impianti da almeno 1 kW, basati su qualsiasi tecnologia solare. Essa era rivolta ai Comuni e alle aziende, più che alle famiglie, perché non prevedeva contributi in conto capitale. Per produrre i 4800 kWh annui che la famiglia media svizzera consuma occorre infatti un impianto da 5 kWp che costa sui 100. 000 franchi svizzeri. Troppo, anche per un capofamiglia svizzero. Grazie a «Solar ' 91», comunque, i piccoli generatori solari connessi alla rete operativi in Svizzera sono arrivati a oltre 400 (circa un terzo dei quali attinenti all' uso di veicoli elettrici), per complessivi 3400 kW di picco. Per dare un termine di paragone, è come se in Italia, in proporzione, avessimo 4000 di quegli impianti, per 34 Megawatt di picco. Una sperimentazione, quindi, davvero su larga scala. L' altra iniziativa, «I mille tetti al fotovoltaico», è del ministero tedesco per la Ricerca e la Tecnologia, che alla fine del 1990 ha varato un programma di quattro anni per l' installazione di 1500 generatori solari collegati alla rete, aventi potenze da 1 a 5 kWp. Esso si rivolge invece alle famiglie, prevede contributi fino al 70% del capitale e il pagamento dell' energia versata in rete, a 0, 166 marchi per kWh. I beneficiari, però, dovranno comunicare ogni mese e per cinque anni al ministero i dati sul funzionamento dei rispettivi impianti, dati che serviranno a programmare le successive iniziative. Sul fotovoltaico lo Stato tedesco investe ogni anno 100 milioni di marchi, coi quali incentiva sia la ricerca sia l' impiego pratico. Quanto sopra avviene in due Paesi a noi vicini, che hanno meno sole di noi e che molto meno di noi rischiano un black out elettrico perché hanno fonti più differenziate delle nostre. Infatti essi attingono una parte importante del loro fabbisogno da centrali nucleari. Purtroppo le nostre leggi sull' energia sono concepite invece solo in funzione dei grandi autoproduttori di elettricità e in pratica ignorano i piccoli, che potrebbero essere moltissimi. E quanto ciò sia assurdo, specie in relazione all' energia solare, lo dimostra questo prospetto, stilato a cura di «Solar ' 91», dove è riportata la radiazione solare media annua, in kilowattora, per metro quadrato di superficie orizzontale in vari Paesi: Davos (CH) 1317; Locarno (CH) 1172; Stoccolma 1138; Parigi 1000; Atene 1590; Vienna 1089; Roma 1662. Una speranza la offre il nuovo regolamento internazionale di gara per veicoli elettrici, in cui è prescritto che ogni concorrente possieda appunto un generatore solare o comunque «pulito» collegato alla rete. Potrebbe essere quindi ancora il veicolo elettrico la chiave per aprire le porte, anche dell' Italia, a questo sistema molto promettente di utilizzo della luce del Sole, unica fonte di energia che davvero non ci manca. Leonardo Libero


CIBERSPAZIO Il mondo creato dal computer dove la materia è inesistente sostituita dalla sua immagine
Autore: LENTINI FRANCESCO

ARGOMENTI: INFORMATICA, ELETTRONICA
NOMI: LANIER JARON, WIENER NORBERT
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070. Realtà virtuale, cibernetica

ESISTE una dimensione, confinante con la nostra, in cui la materia è sostituita dai dati sulla sua composizione e ogni cosa coincide con la sua simulazione. E' il ciberspazio. Jaron Lanier ha dimostrato che è possibile gettare uno sguardo all' interno di questa nuova dimensione usando macchine perticolari, ma soprattutto grazie ad un software particolare. In questo ambito l' ultimo ritrovato è la simulazione a fini chirurgici. La tecnica, attualmente in fase di studio alla University of North Carolina, consiste nel tracciare un modello del corpo umano. Tale modello è ricavato dalla Tac (tomografia assiale computerizzata), eleborato in Cad (computer aided design) e successivamente immerso in un ambiente virtuale. A questo punto entra in scena il medico, che può a sua volta immergersi nell' ambiente virtuale e individuare la dose esatta di radiazioni per distruggere un tumore. Ma la realtà virtuale è solo lo strato più superficiale del ciberspazio, quello degli oggetti. Il ciberspazio comprende le interfacce elettroniche, i protocolli incompatibili, le memorie olografiche, i virus informatici. Infine vi sono le personalità virtuali, generate dai programmi di conversazione in linguaggio naturale. Con un software tipo «E. LO. I. S. A. », per esempio, è possibile intervistare una persona reale e creare un simulacro elettronico di essa. (Tuttoscienze dell' 8 luglio ' 92). L' utente conversa con un computer che risponde, in prima approssimazione, come la persona intervistata. In realtà conversa con una creatura del ciberspazio. Quindi oggi abbiamo la possibilità di aprire una finestra sul mondo teorizzato da Lewis Carroll, ovvero di entrarvi a bordo di navicelle appositamente costruite (le macchine tipo «Virtuality» ). L' importante è capire che non si tratta di un' avventura fantastica, come quella narrata in «Alice nel paese delle meraviglie», ma di una possibilità che diventa ogni giorno più concreta. Insomma, il ciberspazio esiste ed è un prodotto della cibernetica, la disciplina fondata da Norbert Wiener nella seconda metà degli Anni Quaranta. Racconta Wiener che coniò questo termine pensando ad un sostantivo che fosse appropriato per descrivere il campo del controllo: gli venne allora in mente la parola «timoniere», che in greco risulta «kubernetes». Passando all' idioma anglosassone risultò il neologismo cybernetics. Per molti anni la cibernetica fu considerata la scienza dei «robot positronici», quelli alla Asimov per intenderci. Oggi si tende a recuperarne il significato originario, pensando ad essa come ad una teoria di sintesi tra logica matematica ed elettronica. Da qui alla scoperta del ciberspazio il passo è breve. Ancora una volta la letteratura fantastica anticipa la scienza, con il filone chiamato cyberpunk (non esiste traduzione italiana per questo termine). La letteratura cyberpunk narra le avventure di moderni cow boy che si muovono entro scenari di devastazione post tecnologica. Uomini dominati dalle macchine o legati ad esse in modo indissoluile. Profeta indiscusso del movimento è William Gibson, autore di romanzi come «Neuromante» e «Monna Lisa Cyberpunk». I giornali americani hanno definito cyberpunk alcuni hackers, quei programmatori frustrati che studiano il modo di penetrare nei sistemi informatici altrui. Gli hackers sono anche i protagonisti di un fenomeno inquietante: la creazione dei «virus informatici», i quali vivono e si riproducono all' interno del ciberspazio. Tutto questo si può vedere sotto un profilo unitario. Tra il misticismo psichedelico degli Anni Settanta e il pensiero di filosofi come Elemire Zolla esiste un sottile filo conduttore, rappresentato dal desiderio di uscire dal mondo reale. Grazie a macchine tipo «Virtuality» e a programmi come «E. LO. I. S. A. », con l' apporto di tecnologie come la Tac e il Cad, ora è possibile farlo. E' possibile creare mondi virtuali popolati da personaggi artificiali. In questa dimensione ogni oggetto o abitante è un' entità elettronica generata da un programma. E tutto si trova sotto il controllo del software di simulazione, che dipende dal sistema operativo, il quale è agganciato allo hardware attraverso le routines memorizzate in Rom (memoria a sola lettura). Ciò porterà ad un ampliamento dei punti di vista e favorirà la nascita di una nuova forma di scetticismo: quanto è reale il cosiddetto «mondo reale» ? Francesco Lentini


LA MORTE DI O' NEILL Il profeta delle colonie spaziali Pianeti artificiali costruiti con materia lunare
AUTORE: FEMINO' FABIO
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, LIBRI, MORTE
PERSONE: O' NEILL GERARD
NOMI: O' NEILL GERARD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070

GERARD K. O' Neill, padre delle «colonie spaziali», si è spento di recente negli Stati Uniti. Nato nel 1927, era stato il primo scienziato a dimostrare, sia pure in via soltanto teorica, che è possibile costruire insediamenti orbitali completamente indipendenti dai pianeti e in grado di ospitare parecchie migliaia o addirittura milioni di abitanti. «Alla fine del 1800 scrisse si diceva che c' erano sei milioni di norvegesi... tre milioni in Norvegia e altri tre milioni nel Wisconsin. Alla fine del ventunesimo secolo potrebbero esserci più americani in colonie spaziali che negli Usa » . Prima di lui, quasi tutti gli studiosi che avevano affrontato il tema della colonizzazione dello spazio avevano immaginato soltanto la costruzione di basi spaziali su altri pianeti, e solo per un ridottissimo numero di persone. «Isaac Asimov ha coniato la frase " sciovinismo planetario" per descrivere questa curiosa miopia, la nostra automatica assunzione che tutti gli esseri umani, anche fra molti secoli, nasceranno e vivranno su pianeti, pur avventurandosi brevemente nello spazio per viaggiare da un pianeta all' altro» aveva scritto O' Neill. «Forse tale miopia è dovuta al fatto che la nostra esperienza di vita è radicata all' esterno di una palla». Lo sciovinismo planetario aveva fatto accogliere all' inizio le teorie di O' Neill con estremo scetticismo. «Le mie ricerche ricordò sembrarono così azzardate all' establishment scientifico che mi ci vollero ben cinque anni per farne pubblicare i risultati. Fortunatamente resistetti alla tentazione, spesso grande in quegli anni, di perdere la pazienza e trasformare il mio lavoro in un romanzo di fantascienza». Il primo importante saggio di O' Neill era apparso nel 1974 sulla rivista «Physics Today». In seguito aveva scritto tre libri: «The High Frontier Human Colonies in Space» (tradotto in italiano da Mondadori col titolo «Colonie umane nello spazio» ), «2081: a Hopeful View of the Human Future» e «The Technological Edge», oltre a svariati articoli per periodici ad alta tiratura. O' Neill aveva ideato diversi modelli di colonie orbitali, da «Isola Uno», relativamente piccola, fino alla mastodontica «Isola Tre». Così aveva descritto la vita in una delle sue creazioni: «La colonia di High Scottsda le è un modello standard " Isola Uno", il che significa che fornisce gravità normale, luce solare naturale, e protezione totale dai raggi cosmici. Una sfera di un miglio di circonferenza, High Scottsdale ruota sul proprio asse due volte al minuto. All' equatore, dove la gravità è quella standard terrestre, si può percorrere a piedi tutta la circonferenza in 15 minuti. La luce solare arriva ad un angolo corrispondente alle dieci di un mattino di primavera o d' autunno». «C' è silenzio a High Scottsdale... non ci sono nè auto nè aeroplani... ed è un posto abbastanza piccolo perché la gente passeggi su stradine tortuose bordate di fiori, o vada in bicicletta su appositi camminamenti. In alto, dove le colline circostanti si fanno ripide, molti sentieri hanno scalini, come quelli dei villaggi di montagna italiani o francesi. I suoni più forti che si odono sono voci e musica e i canti degli uccelli». Nella visione di O' Neill, le colonie dovevano servire da «valvola di sfogo» per una Terra sovrappopolata e inquinata, ed essere costruite con materie prime estratte dalla Luna, sfruttando l' energia solare. «Potrebbero essere scrisse la strada verso la terza alternativa immaginata da Aldous Hux ley, "un mondo di individui liberi", in contrasto con le uniche due che poteva vedere nel 1946, "la perpetuazione del militarismo, o un totalitarismo sovrannazionale, la tirannia del Mondo Nuovo". Qui sulla Terra, nessuna nazione può estendere i propri confini senza entrare in guerra con un' altra, e ogni milione di barili di petrolio bruciato in un Paese viene sottratto dalle riserve cui tutti dovranno attingere in seguito. Una volta che avremo infranto i confini del nostro pianeta, potremo iniziare a costruire nuove terre con le illimitate risorse del nostro sistema solare, e servirci liberamente della luce solare che ora va persa nella gelida oscurità oltre i pianeti». Fabio Feminò


RANE & RANOCCHI Giù le mani dai miei figli Astute difese di uova e girini
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

PER molte persone rane e rospi sono animali «poco evoluti», al contrario di mammiferi e uccelli, degni di migliore considerazione a causa della loro maggiore complessità. Tale pregiudizio riflette l' idea lamarchiana secondo cui l' evoluzione realizza animali sempre più perfetti; e non già quella di Darwin che, priva di questo finalismo, li valuta invece in rapporto all' ambiente in cui vivono. Sebbene la struttura degli organi sia più semplice, non per questo una rana è meno adatta all' ambiente in cui vive di un' aquila o un leone. Divisi fra la terra e l' acqua, cui sono ancora profondamente legati a causa delle scarse protezioni contro il disseccamento presenti nel corpo e nelle uova, gli anuri (così sono denominati questi anfibi) si sono adattati a tutti gli ambienti terrestri, ad eccezione delle calotte polari: dalle paludi alle praterie, dalle foreste ai deserti. E hanno superato la mancanza di acqua con strategie diverse, a volte addirittura ingegnose, soprattutto nella riproduzione (Le Scienze, settembre ' 92), poiché lo sviluppo dell' uovo prima e del girino poi è rigorosamente legato all' ambiente acquatico. Nelle foreste pluviali tropicali, il pericolo che pesci e insetti delle acque dolci predino le uova ha spinto alcune rane a deporle sulle foglie degli alberi, scegliendo quelle che sporgono su una pozza d' acqua, così che i girini possano cadervi non appena vengono alla luce. Una pozza temporanea soggetta alla disidratazione è scarsamente abitata dai vertebrati e quindi da potenziali predatori. Proprio per questo è adottata come piscina da numerose specie di anfibi, tanto il girino in poche settimane diventa rana e passa alla vita terrestre. Sulle foglie, tuttavia, le uova non sono del tutto esenti dal rischio della predazione, soprattutto da parte di conspecifici, cosicché in molte specie un genitore rimane nei paraggi a sorvegliare. In Dendrobates pumilio, piccola rana velenosa dai colori smaglianti della Costa Rica, delle uova si occupa il padre, mentre la madre si prende poi cura dei girini. La femmina, caricandosi sulla groppa uno o due girini appena nati, li trasporta nella piccola riserva di acqua di una bromeliacea, la pianta a forma di coppa che vive sui rami degli alberi più grandi. Sistemati i figli in varie piante, nelle sei settimane successive necessarie a completare lo sviluppo la madre li rifornisce di cibo con periodiche visite, deponendo in ogni nursery un uovo non fecondato, fonte di proteine e zuccheri. Altre specie, invece, saltano lo stadio di girino. Dalle uova, in questi casi molto grandi e ricche di tuorlo, escono ranocchietti perfettamente formati. Adotta questa strategia la rana Breviceps, che vive nei deserti africani in rifugi sotterranei, dai quali esce soltanto durante gli acquazzoni. Queste «rane della pioggia» in tali occasioni assorbono l' acqua piovana attraverso la pelle e la incamerano nei tessuti e nella vescica. Imbottite di acqua, si dedicano poi ai riti del sesso. Il maschio, molto più piccolo della compagna, le si incolla sulla schiena e da questa posizione feconda le uova che lei depone in una buca scavata nel terreno. Lo sviluppo dei ranocchietti avviene grazie alla madre che di tanto in tanto innaffia le uova con il contenuto della vescica. Altre rane ricorrono al metodo più sicuro della gestazione. Non essendo mammiferi, adattano allo scopo le parti più diverse del corpo: in Pipa, le uova si sviluppano sulla schiena materna, incastonate nell' epidermide, da cui escono alla fine i ranocchietti; nelle raganelle marsupiali sudamericane, il processo avviene in particolari tasche dorsali della madre; in Rhinoderma darwini, invece, il padre mette a disposizione i sacchi vocali. Le femmine australiane del genere Rheobatrachus eccellono nella gestazione gastrica, in cui la madre inghiotte le uova e le ospita nello stomaco per tutte le fasi del loro sviluppo. Durante la gestazione non si nutre, e lo stomaco perde la funzione digestiva: la produzione di acido cloridrico e di pepsina viene inibita da una sostanza di tipo ormonale, la prostaglandina E2, prodotta dalle uova prima e dai girini poi. Nelle sei settimane del loro sviluppo i girini sfruttano il tuorlo delle uova, molto più grosse della norma, e alla fine, divenuti ranocchietti, escono dalla bocca materna risalendo l' esofago, allargato per consentirne il passaggio. Gli ultimi fortunati a osservare questo fenomeno in natura furono alcuni erpetologi nel 1984. Da allora Rheobatrachus silus e R. vitellinus sono considerate estinte. Altrettanto si può dire della rana dorata (Bufo periglenes) della foresta pluviale del Costa Rica. Gli anfibi, fortunati colonizzatori degli ambienti terrestri da 350 milioni di anni, stanno conoscendo in questo ultimo decennio un intenso processo di estinzione. Più di quattromila specie sono in pericolo in tutto il mondo, vittime delle piogge acide, dei pesticidi, del cambiamento climatico. Perderemo un patrimonio biologico senza neppure averlo interamente conosciuto, se non porremo un freno alla distruzione ambientale. Maria Luisa Bozzi


LE NEVROSI DEGLI ANIMALI DOMESTICI E al gatto lasciato sempre solo venne l' alopecia Anche i cambiamenti di abitudine possono scatenare disturbi psichici
Autore: ANSALDO LUCA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI, PSICOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

NEGLI ambulatori per piccoli animali sono sempre più frequenti i casi clinici che riguardano problemi comportamentali. Gli animali domestici risentono infatti dell' artificiosa situazione ambientale in cui vivono e del rapporto con padroni che non sempre riescono a comprendere le loro esigenze. Questi fattori sono all' origine di molti disturbi psichici, spesso più preoccupanti delle patologie organiche. Tra le varie nevrosi è di notevole interesse l' alopecia psicogena del gatto, detta anche neurodermatosi felina. Il gatto inizia a puntare l' attenzione su una particolare zona del proprio corpo, in genere l' inguine, il tarso o il carpo, leccandosela o grattandosela. L' azione risulta traumatizzante per la pelle, dato che la lingua del gatto è ruvida. Inizialmente compare solo una perdita localizzata di pelo (alopecia), ma in seguito l' irritazione continua determina eritema, essudazione, formazione di ulcere e croste. Il leccamento ininterrotto per giorni e settimane può condurre alla formazione di una placca granulomatosa lucida, generalmente di forma ovale. La natura di questa patologia è rimasta a lungo un enigma, fino a quando non si notò che i soggetti colpiti venivano lasciati parecchie ore da soli in casa e soffrivano quindi di noia e solitudine. Anche i cani abbandonati a se stessi, soprattutto i soggetti più ansiosi, possono manifestare la stessa nevrosi. Spesso però il fattore scatenante può essere più sfumato e va ricercato in un cambiamento anche lieve delle abitudini dell' animale o dell' ambiente in cui vive. Un periodo trascorso in una clinica o in una pensione, la sostituzione della cuccia o della ciotola prediletta possono essere sufficienti a innescare la psicosi. Anche la perdita di un compagno, così come l' ingresso in casa di un nuovo animale domestico, costituirebbero fattori determinanti. Essendo la malattia di natura comportamentale, la terapia non sempre dà i risultati sperati. E' necessario innanzi tutto identificare la causa e, quando possibile, eliminarla. Le lesioni possono rapidamente regredire se si riesce ad arrestare il lambimento. Un buon bendaggio e l' applicazione di corticosteroidi sulle zone interessate spesso risolve il problema. In alcuni casi è indispensabile ricorrere a tranquillanti o sedativi. La neurodermatite può comunque essere ben controllata ma non curata perché è facilmente soggetta a ricadute indotte da qualsiasi disturbo emotivo. E' curioso come anche altri animali assai differenti dal cane e dal gatto, ma pur sempre domestici, manifestino in modo analogo lo stesso disturbo. Nei volatili la patologia prende il nome di automutilazione delle penne ed è un problema clinico molto comune. Gli uccelli sono animali estremamente sensibili e possono reagire a modificazioni ambientali apparentemente banali, come la ridecorazione della casa o lo spostamento della gabbia da un angolo all' altro della stanza. Molto spesso i proprietari subito dopo l' acquisto di un volatile rivolgono un' attenzione eccessiva all' animale per poi dedicargli una parte sempre più limitata di tempo. Questo cambiamento di abitudine traumatizza l' animale e può scatenare vizi quali lo strillare e lo strapparsi le penne. E' dunque necessario dedicare fin dall' inizio al nuovo arrivato uno spazio di tempo determinato, da mantenere costante nel futuro. Se il disturbo si è già instaurato, oltre alla somministrazione di tranquillanti si potrà impostare una terapia comportamentale. E' un grave errore precipitarsi ad ammonire l' animale quando si strappa le penne perché è proprio in questo modo che il volatile ottiene ciò che vuole, cioè l' attenzione del proprietario. Il programma educativo prevede che i comportamenti negativi siano del tutto ignorati, rinforzando invece le azioni positive con ricompense in cibo. Luca Ansaldo


SISTEMA NERVOSO Mal di caffeina Una nuova sindrome da astinenza
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, ALIMENTAZIONE, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

FINORA i consumatori di caffè pentiti non sono ancora considerati affetti dalla sindrome di astinenza da caffeina. Le cose potrebbero però cambiare dopo un recente articolo del New England Journal of Medicine, che applica anche al caffè tutti i sintomi che insorgono quando un individuo smette di colpo di consumare una droga, bere alcoolici o fumare. La Società Americana di Psichiatria, però, che annota con cura disturbi e nuove sindromi, finora ha ritenuto che l' astinenza da caffeina non produca sintomi così gravi da configurare una vera e propria sindrome da astinenza. Già prima della pubblicazione dell' articolo era noto che smettere improvvisamente di bere caffè o altre bevande contenenti caffeina (come la Coca Cola o la Pepsi) in quantità di 100 mg al giorno (l' equivalente di una o due tazzine, due tazze di té o tre lattine di Coca Cola) porta spesso a un cambiamento di umore, senso di stanchezza, rigidità muscolare, dolori di tipo muscolare e, più spesso, mal di capo. Questi sintomi si spiegano molto bene collegandoli all' effetto della caffeina sul sistema nervoso centrale. Un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora ha cercato una conferma studiando 62 soggetti adulti, maschi e femmine, che non avevano problemi psichiatrici o di altro genere. Al posto della piacevole tazzina vennero usate due capsule di gelatina, due volte al giorno, per un totale di 235 mg di caffeina o di latte in polvere. Tutti i soggetti erano moderati consumatori di caffè (due tazze al giorno). Periodi di due giorni durante i quali non veniva somministrata caffeina vennero alternati a periodi di consumo. Una serie di test psicologici e neurologici, accompagnati da esami giornalieri, rivelavano, nel 52% dei casi, attacchi medi o forti di mal di capo solo durante i periodi intermedi di astinenza dal caffè. Altri sintomi più frequenti furono un senso di ansietà e di depressione, accompagnata da stanchezza e sonnolenza. «Mi sento come se avessi l' influenza, ho mal di testa e mi sento molto stanco» , «Mi sento triste, incerto sul futuro e pessimista», «Non posso concentrarmi come prima», «Ho mal di capo, ho vomitato, mi sento come dopo la chemioterapia (paziente ammalato di tumore) ». Questi alcuni dei commenti raccolti quando soggetti venivano privati della caffeina. «Questo studio clinico suggerisce il fatto che in soggetti normali, adulti, moderati consumatori di caffè, la cessazione improvvisa del consumo di caffeina, sotto qualsiasi forma sia stata somministrata, produce sintomi di importanza clinica che soddisfano pienamente i criteri della sindrome da astinenza: mal di capo (nella metà dei casi) e cambiamenti di umore verso l' ansia e la depressione (10 per cento). Riconoscere tali sintomi è importante sia per l' individuo che per il medico. Tali sintomi possono, infatti, coincidere e sovrapporsi ad altri, di tipo somatico o psicologico. Molto spesso si chiede alla gente di sospendere l' uso di caffè prima di un intervento chirurgico, un test test o particolari terapie. Gli autori dell' articolo consigliano una certa cautela nell' interrompere del tutto e all' improvviso l' uso di bevande contenenti caffeina. Poiché pare trattarsi di una vera sindrome da astinenza, è consigliabile forse una riduzione graduale, come avviene per altri tipi di assuefazione (oppiacei, benzodiazepine ecc). Ezio Giacobini Università del Sud Illinois


NIMESULIDE Contro quel mal di testa che colpisce le donne almeno una volta al mese
Autore: M_VER

LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071. Emicrania mestruale

E' una molecola intrigante, almeno per chi si occupa di processi infiammatori: sul mercato da sette anni, neutralizza febbre e dolori. Viene usata contro l' asma, l' emicrania e l' artrosi, in pediatria e nella medicina sportiva. Una caricatura dell' elisir tuttofare? Sembrerebbe di no. Il suo nome ufficiale è nimesulide, l' hanno messa a punto nei laboratori svizzeri Helsinn e ne hanno discusso a lungo in un affollatissimo congresso a Berlino. Non appartiene alla famiglia degli antinfiammatori classici i cortisonici ma è una lontana cugina dei sulfamidici. Agisce bloccando la produzione di prostaglandine, che sono all' origine del dolore e dell' infiammazione, senza effetti collaterali allo stomaco. Tra le sue applicazioni più interessanti, c' è l' emicrania mestruale, un malessere che le donne sono abituate a considerare scontato e a sopportare in silenzio. E a soffrirne sono tante: quasi l' 80 per cento di chi spesso ha mal di testa, ha qualche attacco nei giorni intorno al ciclo. Si tratta in genere di emicranie comuni senza l' aura, cioè quell' insieme di segni premonitori che avvisano di quello che succederà: martellamento alle tempie, dolori agli occhi, nausea. Diversi studi su questo tipo di emicrania hanno dimostrato che, prima del ciclo, nel sangue aumentano due ormoni, la prostaglandina FG2 e la prolattina, entrambi con un' azione infiammatoria. Per questo da anni si combatte l' emicrania che ne deriva con farmaci anti infiammatori, soprattutto l' endometacina, che però nuoce allo stomaco e al cuore. Un inconveniente che la nimesulide sembra non avere. (m. ver )


EMODIALISI Sangue come nuovo La vita di chi soffre di insufficienza renale irreversibile è legata alla macchina che elimina gli scarti del metabolismo
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T
NOTE: 072

I L rene artificiale, messo a punto da Kolff nel 1945, è una tecnica sostitutiva delle funzioni naturali, quando il danno renale è permanente e irreversibile. La dialisi elimina i prodotti finali del metabolismo i cataboliti filtrandoli attraverso i pori di una membrana che mette il sangue impuro a contatto con una soluzione detta bagno dialitico. In questo bagno sono completamente assenti i cataboliti, che vengono assorbiti, mentre le sostanze utili non si disperdono perché sono già presenti in concentrazione fisiologica Le cellule e le proteine del sangue invece non oltrepassano neppure la membrana. Questa in genere è artificiale (di qui il «rene artificiale» o emodialisi) ma può anche essere costituita dal peritoneo (dialisi peritoneale). Con l' emodialisi il sangue va alla macchina e ritorna al paziente per mezzo di aghi inseriti in una fistola artero venosa, un canale artificiale preparato chirurgicamente per avere un accesso facile ai vasi sanguigni. Una seduta dialitica dura dalle quattro alle sei ore e va ripetuta tre volte alla settimana. Per evitare che il sangue coaguli, si somministra eparina. Normalmente la dialisi viene fatta nei centri di nefrologia, ma un rene artificiale può essere utilizzato anche a casa, purché il paziente o i suoi familiari seguano attentamente le istruzioni. Negli ultimi anni si è molto diffusa la dialisi peritoneale, più facile da praticare in casa. Occorre avere un catetere peritoneale inserito in permanenza nell' addome: quattro volte al giorno viene collegato a un sacchetto di plastica che contiene due litri di liquido dialitico, che per gravità scende nell' addome, dove viene lasciato per qualche ora. Ripulito il sangue, il liquido rifluisce all' esterno abbassando il sacchetto. La doppia operazione richiede complessivamente mezz' ora e nell' intervallo il paziente è perfettamente libero di muoversi e fare una vita normale. Il sacchetto di plastica può finire in tasca o incollata a una gamba con del cerotto. La dialisi sostituisce il rene solo nell' eliminazione dei prodotti finali del metabolismo. L ' organo però svolge anche altre funzioni fondamentali, come la regolazione dell' equilibrio acido base e la produzione di vitamina D. Per ripristinarle, non c' è che il trapianto.


DOPPI VETRI «Sandwich» di aria tra due lastre
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

C OME dice il nome, i doppi vetri sono semplicemente una finestra con due pannelli di vetro anziché uno solo. In questo modo si riduce notevolmente la quantità di calore che sfugge dalle fessure e quella di rumore che entra nelle stanze. I vetri normali disperdono molto rapidamente l' energia (hanno un' alta emissività di superficie), mentre quelli doppi la trattengono più a lungo. Il «sandwich» trasparente di vetro e aria consente all' intensa radiazione del sole di entrare facilmente nelle case. Per ridurre la dispersione radiante in una stanza calda, si può rivestire il pannello interno di un sottile strato di metallo, ad esempio argento, che si raffredda più lentamente del vetro. Il rivestimento è così sottile da non eliminare la trasparenza, ma cambia comunque le proprietà della superficie di vetro. Quando una doppio finestra ha una buona camera d' aria e un rivestimento a bassa emissività, il pannello interno è molto più caldo al tatto.


LE DATE DELLA SCIENZA Quarant' anni fa a Eniwetok la prima bomba termonucleare
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, NUCLEARI, ARMI
NOMI: TELLER EDWARD, FERMI ENRICO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072. Bomba H, bomba atomica

Q UARANT' ANNI fa, il 1 novembre 1952, a Eniwetok (Oceano Pacifico) esplodeva la prima bomba termonucleare (bomba H). Il principio della «H» (detta anche bomba all' idrogeno) è la fusione dei nuclei leggeri (idrogeno e suoi isotopi). Non è facile, però, fondere due nuclei di idrogeno perché, avendo la stessa carica, tendono a respingersi. La repulsione, inoltre, avviene quando le particelle si trovano a una certa distanza (dell' ordine di grandezza delle dimensioni dei nuclei atomici). Se, però, le particelle superano questa distanza critica, la forza diventa attrattiva. Poiché esiste un legame fra velocità media delle particelle di un gas e temperatura, riscaldare un gas significa aumentare la velocità delle sue particelle e dunque anche la sua energia cinetica. Per questo motivo nella bomba H è usata come «miccia» una bomba atomica. Essa, infatti, realizzando temperature di milioni di gradi conferisce alle particelle l' energia necessaria per vincere la notevole barriera repulsiva e far sì che i nuclei dell' idrogeno fondano per dare origine all' elio. La fusione sviluppa notevoli quantità di energia e questa è pulita. Ciò giustifica il grande interesse per la «fusione controllata». Curiosità: la fusione riproduce i meccanismi dell' interno delle stelle. Il Sole, come tutte le stelle, è un' enorme bomba H. L' idea della «H» venne per primo a Enrico Fermi nel 1941. Quando, però, confidò la sua intuizione a Edward Teller, questi, che sarebbe diventato il padre della bomba, gli disse che il progetto non era fattibile e glielo dimostrò. Fermi gli credette e lasciò perdere l' idea. Franco Gabici


STRIZZACERVELLO Un gioco non equo
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

Il gioco aritmetico di cui parliamo oggi è molto vecchio, dato che se ne parla già in una raccolta francese di passatempi matematici del 1612, a cura di Claude Gaspar Bachet. E' per due giocatori, ciascuno dei quali, a turno, contribuisce a una somma comune aggiungendo un numero a piacere compreso tra 1 e 10; vince il primo giocatore che raggiunge quota 100. La strategia che garantisce la vittoria a chi gioca per primo è quella di toccare un «numero vincente», ad esempio il valore 89; da questa posizione, qualunque sia il numero proposto dall' avversario, al colpo successivo si è in grado di toccare il fatidico 100. Sono «numeri vincenti» in genere, tutti quelli che distano da 100 per un multiplo di 11 e quindi 78, 67, 56, 45, 34, 23, 12 e 1; quindi se il primo giocatore dice «1» ha certamente vinto. Quale piccolissima modifica basta apportare alle regole per garantire sempre la vittoria a chi gioca per secondo? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (a cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI Il passo dell' oca smaschera i soldati ubriachi
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

QUALCHE contestazione alle lettere pubblicate nelle settimane scorse: «La risposta fornita dal lettore F. Cavallero di Rivalta a proposito della scossa che dà la macchina non è del tutto esatta, in quanto: a) l' automobile subisce lo strofinio con l' aria esterna ogni volta che è in viaggio; perché allora riceviamo la scossa solo qualche volta? b) noi percepiamo la scarica proprio quando i piedi sono ben isolati da terra; che senso ha dire allora che «la persona scarica a terra l' elettricità » ? La scossa elettrica è in realtà, una «scarica» elettrostatica. Nel caso dell' auto, sulla carrozzeria si accumula una forte carica elettrostatica, soprattutto se la giornata è secca e ventilata: in questi casi le cariche si disperdono pochissimo per mancanza di umidità nell' aria. In tali condizioni, oppure se si indossano scarpe con suole di buona gomma, quindi fortemente isolanti, toccando la maniglia della portiera dell' auto o semplicemente avvicinando la chiave (conduttrice), si riceve la caratteristica e fastidiosa scossa. Romano Tirassa, Ivrea «La parola bucaniere non deriva dal nome di un fucile, bensì dalla parola "bucana", che indicava, nelle isole dei Caraibi, la macellazione e la cottura clandestina della carne di animali selvatici, che veniva poi venduta alle navi dei Paesi nemici della Spagna. Questa dominava infatti le isole dei Caraibi e si opponeva all' ingresso delle forze di altri Paesi. I bucanieri erano quindi dei fuorilegge, che in molti casi diventavano poi pirati veri e propri. Vittorio Marini, Sanremo E ora, le nuove risposte: Sarebbe possibile far decollare lo shuttle come un aereo ? In teoria lo shuttle, così come atterra, potrebbe anche decollare come un comune aereo. In pratica no. Esso è infatti un raffinatissimo aliante con piccoli motori che gli servono solo a orientarsi per il corretto rientro. A differenza dei comuni alianti ha una ridottissima superficie alare e per sostenersi nel volo atmosferico sfrutta l' effetto portante che agisce sulle sue piccole ali grazie all' elevatissima velocità con la quale rientra nell' atmosfera. In questo modo «plana» verso la pista di atterraggio, lunga quanto basta per una decelerazione a terra che non risulti distruttiva. La velocità all' atterraggio è all' incirca pari a quella che dovrebbe raggiungere per decollare con i suoi mezzi. Ma per raggiungere una simile velocità avrebbe bisogno di motori assai più potenti e di moltissimo carburante. A questo punto sarebbe però così pesante da non riuscire più a staccarsi dal suolo. Fabio Borsani, Verbania Chi inventò il «passo dell' oca» ? A che scopo? Il passo dell' oca è il passo di parata che i nazisti introdussero nella Wehrmacht nel 1935, ma che era stato inventato dall' esercito prussiano già nel 1730. Ogni formazione veniva impegnata in interminabili esercizi, scanditi dalle fanfare e dal rullo dei tamburi. Questo passo divenne un anello della catena psicologica che doveva fare dell' esercito nazionalsocialista un esercito d' attacco. Quando, nel settembre 1937, Mussolini andò in Germania, Hitler fece sfilare davanti a lui, al passo dell' oca, 591 ufficiali e 13. 095 fra sottufficiali e soldati. Al suo ritorno a Roma, Mussolini ordinò che questo passo venisse introdotto nelle parate ufficiali dell' esercito italiano e della Milizia, ovviamente adattato al carattere latino. Così nacque il «passo romano». Klaus Scheel, Berlino Il passo dell' oca venne introdotto nella marcia militare dell' esercito britannico per scovare i soldati ubriachi nei ranghi. La rigidità del passo infatti richiede uno stato psicomotorio normale, impensabile per una persona in preda ai fumi dell' alcol. In seguito fu adottato dalle armate del Terzo Reich per propagandarne la compattezza e l' efficienza. Daniele Marangoni, Torino Perché i pesci di mare, che vivono nell' acqua salata, non hanno la carne salata? Occorre innanzitutto fare una distinzione tra pesci ossei e cartilaginei. I pesci ossei marini bevono acqua salata, che viene assorbita a livello intestinale con il suo carico di sali (cloruri). Questi, entrati nella circolazione sanguigna, vengono poi eliminati ed espulsi all' esterno da speciali cellule, localizzate nelle branchie. I pesci ossei hanno pertanto una concentrazione salina assai più bassa rispetto all' acqua in cui vivono. I pesci cartilaginei, invece (come squali o razze) si trovano in equilibrio salino con l' ambiente marino, in quanto il loro sangue contiene, oltre ai cloruri, anche un' elevata quantità di urea. Carla Rossi, Chiomonte, TO Perché, quando si tagliano le cipolle, si avverte un senso di bruciore agli occhi? Tagliando la cipolla, se ne aumenta la superficie di contatto con l' aria. In questo modo si favorisce l' evaporazione di un olio volatile solforato, il solfuro di etile, che irrita gli occhi provocando lacrimazione. Proprio per queste caratteristiche un derivato del solfuro di etile, l' iprite, venne utilizzato come gas bellico dai tedeschi. Paolo Borla, Ciriè, TO & Perché in camera operatoria tutto il personale indossa divise verdi? & E' vero che ascoltare musica con le cuffie è dannoso all' udito? & Perché i pesci abboccano di più quando il mare è mosso? Dario Bricco, San Maurizio Canavese & Tutte le orbite conosciute sono ellittiche. Per quale motivo non potrebbe esisterne almeno una circolare? Andrea Savojardo, Torino _______ Inviare le risposte a: «La Stampa Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011 65. 68. 688, indicando chiaramente «Tuttoscienze» sulla prima pagina.




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