TUTTOSCIENZE 3 giugno 92


IL «GUINZAGLIO» NELLO SPAZIO Una centrale in orbita In luglio un satellite italiano legato allo shuttle con 20 chilometri di cavo produrrà elettricità in modo inedito, controllato dal nostro primo astronauta
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
NOMI: MALERBA FRANCO
ORGANIZZAZIONI: ATLANTIS, ALENIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 081

TUTTE le imprese spaziali sono spettacolari, ma quella che a luglio vedrà in azione sullo shuttle Atlantis il primo astronauta italiano, Franco Malerba, è unica nella storia dell' astronautica. La navetta della Nasa, raggiunta un' orbita a 297 chilometri dal suolo, aprirà la stiva e lancerà il primo satellite recuperabile, il «tethered satellite», satellite a filo, familiarmente «satellite al guinzaglio», interamente realizzato da Alenia Spazio. L' operazione è delicata. Il satellite verrà posto a una decina di metri sopra la navetta da un apposito braccio gru. Due piccoli razzi gli imprimeranno una spinta verso l' alto, mentre da un argano a bordo dello shuttle incomincerà a srotolarsi un cavo collegato al satellite. Dopo una trentina di metri, la differenza tra le forze in gioco centrifuga e gravitazionale metterà in tensione il cavo. Per 5 ore il tamburo dell' argano srotolerà il «guinzaglio» e il satellite si allontanerà dallo shuttle di 20 chilometri. Avremo così in orbita il più grande sistema spaziale finora costruito. Shuttle, cavo e satellite si comporteranno come un oggetto rigido, concentrato nel suo baricentro (che cadrà ancora all' interno della navetta, in quanto questa è molto più massiccia del satellite, il cui peso è di 520 chilogrammi). Bizzarrie di scienziati? Tutt' altro. Il cavo contiene una calza di rame; questo metallo conduttore, tagliando le linee di forza del campo magnetico terrestre, raccoglierà cariche elettriche; una sorgente di elettroni a bordo dello shuttle sparerà cariche negative che chiuderanno il circuito percorrendo centinaia di chilometri attraverso il campo magnetico. Tra shuttle e satellite si genererà così una differenza di potenziale di 5. 000 Volt con una potenza di circa 3 kilowatt, quella normalmente assorbita da un' abitazione. Quando il tethered transiterà nell' ombra della Terra si dovrebbe osservare anche il chiarore dei fenomeni elettrici prodotti nel plasma che avvolge il nostro pianeta: una specie di aurora boreale artificiale. Altri esperimenti sul plasma dell' alta atmosfera e sul campo magnetico sono a bordo del satellite, una sfera di 1, 6 metri di diametro da cui sporgono un misuratore di campo magnetico e una sonda per valutare l' energia e la densità degli elettroni. In questi giorni una quarantina di tecnici e ricercatori dell' Alenia e dell' Agenzia spaziale italiana sono al lavoro con i colleghi della Nasa per mettere a punto gli ultimi particolari. Il problema del momento è la vernice del satellite, che potrebbe non essere abbastanza conduttrice di elettricità. Dalla Nasa, dipende la fornitura del filo e del congegno di svolgimento/ riavvolgimento (costruito dalla americana Martin Marietta). Alenia, che ha costruito il satellite negli stabilimenti di Torino, ha coordinato il lavoro di 11 aziende, tra cui le sue consociate Laben (trattamento dati), Proel (cannone elettronico), Fiar (distribuzione di potenza elettrica). La Snia Bpd (Fiat) ha fornito il sistema di propulsione (basato su 60 chili di azoto gassoso), le Officine Galileo i sensori ottici per l' orientamento del satellite la francese Matra i giroscopi per il controllo di assetto. Uno sguardo al cavo. E' leggerissimo: un chilometro di questo «guinzaglio» pesa appena 8, 2 chili. Ma è molto resistente: può sostenere una trazione di 180 chili. In orbita, comunque, lo sforzo sarà piccolo: non più di cinque o sei chili. Esteriormente il «guinzaglio» è bianco per riflettere la luce solare ed evitare surriscaldamenti, ma è progettato per resistere a temperature tra più 100 e 100C e ha un diametro di 2, 54 millimetri. L' anima più interna di Nomex. La ricopre un fascio di 10 fili di rame da 15 centesimi di millimetro avvolti a elica, a loro volta protetti da un isolante in teflon; ci sono poi ancora uno strato di Kevlar e una fodera di Nomex. Il Kevlar è in fibre sottilissime: spesse 13 millesimi di millimetro. L' esperimento principale, la generazione di potenza elettrica con questa particolarissima centrale in orbita occuperà una trentina di ore. Il riavvolgimento del cavo ne richiederà sette. Gli ultimi metri riservano incognite: si teme che instabilità dinamiche e gravitazionali causino un «effetto spaghetti» che potrebbe risolversi in un groviglio difficile da districare. Franco Malerba e il suo vice Umberto Guidoni stanno già incrociando le dita. Piero Bianucci


L' ASTRONAUTA Il primo italiano nello spazio
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
PERSONE: MALERBA FRANCO
NOMI: MALERBA FRANCO
ORGANIZZAZIONI: ATLANTIS, ALENIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 081

CON il «satellite al guinzaglio» volerà il primo astronauta italiano. E' Franco Malerba, 45 anni, nato a Busalla, vicino a Genova, ingegnere presso una azienda di computer, sposato, un figlio di 5 anni. La sua storia spaziale incomincia nel 1977, quando risponde a un annuncio del «Financial Times». E' una inserzione pagata dall' Agenzia spaziale europea: in vista di collaborazioni con la Nasa si cercavano aspiranti astronauti. Nelle selezioni italiane Malerba si piazza tra i cinque finalisti. Ma tra i 55 candidati europei vince il tedesco Ulf Merbold, che nel 1983 partecipa sullo shuttle alla prima missione Spacelab. Per qualche anno Malerba sembra accantonare il suo sogno. Lavora nei computer, tra Milano e Ginevra. Ma continua ad allenarsi coltivando i suoi hobby: scalate, pesca subacquea, corse in motocicletta. Nel 1988 si presenta una nuova opportunità: occorre un astronauta per il «satellite al guinzaglio». C' è un nuovo bando europeo, si rifanno le selezioni italiane, emergono candidati più giovani, non mancano proteste e azioni legali degli esclusi. Ma alla fine Malerba riesce a imporsi. Da un anno vive a Houston. Il figlioletto Michele Angelo è molto fiero del papà. La moglie Marie Aude, francese, ultimamente in un' intervista televisiva si è lamentata: «Non è mai a casa», dice di colui che sarà il primo italiano dello spazio.


L' IDEATORE Quell' intuizione di Colombo
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
PERSONE: COLOMBO GIUSEPPE
NOMI: MALERBA FRANCO, COLOMBO GIUSEPPE
ORGANIZZAZIONI: ATLANTIS, ALENIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 081

IL «satellite al guinzaglio» è davvero tutto italiano. Non solo è stato costruito sotto la responsabilità di Alenia Spazio, ma lo ha concepito Giuseppe Colombo, un matematico padovano morto di cancro a 64 anni il 21 febbraio 1984. I sistemi spaziali a filo, il cui prototipo salvo imprevisti verrà sperimentato il 19 luglio, permetteranno anche di realizzare laboratori a gravità variabile, astronavi con gravità artificiale, centrali elettriche in orbita, sonde per studiare la fascia meno conosciuta dell' atmosfera, stazioni e «ascensori» orbitali. Unico scienziato del nostro Paese ad aver ricevuto la medaglia della Nasa per eccezionali contributi alla ricerca spaziale, Colombo ha legato il suo nome all' esplorazione del pianeta più vicino al Sole, Mercurio. Fu lui, infatti, a proporre alla Nasa una modifica della rotta della sonda «Mariner 10» in modo da farle sorvolare tre volte il pianeta anziché una sola. Senza quella modifica, oggi conosceremmo solo una piccola parte della superficie di Mercurio. E invece le mappe ne descrivono nei minimi particolari circa la metà. Il sorvolo previsto dalla Nasa avvenne il 29 marzo ' 74; la proposta di Colombo permise altri due sorvoli, il 21 settembre dello stesso anno e il 16 marzo del ' 75. Colombo ha anche avuto l' intuizione del vero periodo di rotazione di Mercurio, da lui precisato in 58, 65 giorni cioè due terzi esatti del periodo di rivoluzione intorno al Sole (p. b. )


ESPERIENZA INGLESE Si può misurare la salute Per i controlli di qualità in medicina
Autore: PORTA MASSIMO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA, SANITA'
NOMI: CODMAN ERNEST AMORY, CUSHING HARVEY
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 081

MI trovavo in un Paese africano. Ad una cena di lavoro capitai di fianco alla giovane moglie di un medico locale. Appresi così che si occupava del controllo di qualità presso la centrale del latte. E' curioso come nell' industria non sia più concepibile l' assenza di sistemi che permettano di verificare costantemente le caratteristiche e l' uniformità dei prodotti, mentre nel ramo dei servizi simili meccanismi vengono raramente concepiti, quasi mai attuati. Neppure la medicina, servizio per eccellenza, sfugge a questa regola, con l' eccezione dei laboratori di analisi, e forse non tutti. In realtà, di controllo di qualità in medicina si parla dal 1894, quando a Boston il giovane medico Ernest Amory Codman ideò insieme al collega Harvey Cushing, che sarebbe divenuto un leggendario pioniere della moderna neurochirurgia, le prime schede per il monitoraggio delle sedute di anestesia generale. Il concetto originale di Codman non era tanto la raccolta dei dati clinici, che ormai fa parte della pratica di tutti gli ospedali, quando la ricerca dei risultati a tempi prestabiliti (un anno) dopo la dimissione: era cioè importante sapere se l' intervento del medico avesse prodotto un risultato duraturo e non solo un miglioramento temporaneo all' uscita dall' ospedale. Se ciò non si fosse verificato, era necessario ricercarne le cause. Codman si batté per le proprie idee anche a prezzo di sacrifici personali, rimediando la prevedibile ostilità dei contemporanei. L' inerzia verso l' introduzione del controllo di qualità in medicina è probabilmente legata a vari motivi: difficoltà di misurare il «prodotto salute», la resistenza del personale medico e paramedico che teme la perdita del privilegio di essere giudice ultimo del proprio operato, la mancanza di tradizione e strutture operative. Ma se è vero che le decisioni diagnostiche e terapeutiche non sono codificabili nè giudicabili sulla base di protocolli rigidi, è anche vero che i costi delle tecnologie mediche sono diventati insostenibili per le economie di tutti i Paesi del mondo. E' quindi necessario razionalizzare le procedure al duplice scopo di contenere le spese e migliorare l' assistenza. Qualcosa si sta muovendo. Da qualche anno negli ospedali inglesi i medici si sottopongono a sessioni di «medical audit» durante le quali cartelle cliniche prelevate a campione dall' archivio vengono discusse collegialmente sia in merito alla condotta propriamente medico scientifica del caso, sia per quanto riguarda l' avvenuta attuazione pratica delle decisioni prese (esami, consulenze specialistiche, terapia) in tempi rapidi e modalità corrette. Questa procedura non ha finalità accusatorie nè punitive; serve per vedere se il sistema abbia funzionato e individuare dove e come sia possibile migliorarlo. Il termine stesso di «auditing» è mediato dall' amministrazione aziendale e si ispira al concetto di una verifica dell' uso corretto delle risorse disponibili: umane, tecnologiche e finanziarie. L' auditing non è che il primo passo verso metodi più organici e standardizzati. Lo scorso marzo, a Budapest, l' Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un programma per il monitoraggio e il controllo della qualità dell' assistenza ai diabetici (DiabCare). Questo sistema consente la valutazione dei dati clinici e, più in generale, dei costi sociali della malattia e della qualità di vita dei pazienti. Gli indicatori prescelti sono stati volutamente limitati nella quantità, in omaggio al principio che quanti più dati vengono richiesti tanti meno ne vengono raccolti. L' impegno richiesto è ampiamente compensato dai risultati. Uno studio preliminare cui hanno partecipato 47 centri europei, di cui 3 italiani, ha dimostrato che è possibile fornire in tempi quasi reali (un mese) l' elaborazione statistica dei risultati, così che ogni ambulatorio ha potuto confrontarsi con le medie nazionali ed europee. In questo modo sarà possibile per i responsabili dei centri diabetologici partecipanti individuare le aree più deboli dei propri servizi, cercarne le cause, prendere provvedimenti e nuovamente verificare i risultati. E non solo il personale medico non perde l' autonomia di giudizio sui propri risultati, ma anzi acquisisce gli strumenti per una valutazione veramente obiettiva e una guida per correggere la rotta dove necessario. Non è tutto. L' Organizzazione Mondiale della Sanità sta promuovendo il sistema DiabCare non solo come strumento di verifica del funzionamento nelle strutture esistenti ma come vera e propria ossatura per la ricostruzione dei servizi di diabetologia nei Paesi dell' Europa centro orientale e per crearne dei nuovi nei Paesi emergenti del Terzo Mondo. Lo stimolo a una sana competizione fra centri che producono servizi medici simili non dovrebbe che migliorare la qualità dell' assistenza: è un concetto irrinunciabile del nostro sistema sociale ed economico, che dovrà farsi strada anche negli altri servizi pubblici. Massimo Porta Università di Torino


LA PAROLA AI LETTORI Di notte i fiori respirano come noi
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 084

DUE risposte alla domanda sugli occhi dei bachi arrivate in ritardo le pubblichiamo entrambe, dato che offrono spiegazioni diverse tra loro: «Le due macchie nere che si vedono sul baco da seta non sono occhi ma fori dai quali escono la sericina e la fibroina che, poi, si uniscono e danno origine al filamento di seta». (Giuseppe Oliva Nizza) «In classe abbiamo dieci bachi da seta] Le loro macchie non sono occhi. Infatti si trovano all' inizio del corpo, vicinissime alla bocca, nella parte che si vede in movimento quando mangiano. Secondo noi, servono a impaurire l' avversario». (V B di via Vittorio Bra) Perché non è salutare bere acqua dopo aver mangiato fragole e ciliegie? Questi tipi di frutta contengono acqua in abbondanza, sotto forma di succo e vitamine. Aggiungere ulteriore acqua significa diluire ulteriormente le vitamine. (Agnese Suno Novara) Perché è sconsigliabile tenere piante dove si dorme, se assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno? Perché durante la notte le piante respirano come gli uomini, assorbendo ossigeno e rilasciando anidride carbonica. (Silvia Prigitano Cascine Vica, To) Le piante producono ossigeno e consumano anidride carbonica solo durante il giorno mentre durante la notte avviene la reazione contraria. Di giorno la luce del sole viene trasformata in energia chimica tramite la fotosintesi clorofilliana. Acqua e anidride carbonica vengono trasformate in sostanze glucoliche, liberando in questo processo molecole di ossigeno. Durante la notte, invece, le sostanze zuccherine vengono «bruciate» dalla pianta per ottenere l' energia necessaria a vivere e quindi avviene il processo contrario: lo zucchero si trasforma in acqua e in anidride carbonica. La saturazione di questo gas nell' aria può provocare una sensazione di soffocamento, dato che ai polmoni non arriva più una quantità sufficiente di ossigeno. (Maurizio Marchesani Vercelli) Qual è la definizione di «inquinante» ? Come termine ecologico, deriva dalla parola tardo latina «inquinamentum», che veniva riferita ad acqua, aria, suolo nei quali erano stati introdotti principi nocivi alla salute e all' organismo. (Umberto Rigazzi Brusasco, To) Qualunque sostanza che non sia biodegradabile. (F. N., No) Com' è nata la convenzione di scrivere da sinistra a destra, dall' alto in basso e sfogliando le pagine orizzontalmente, da destra a sinistra? Le prime parole scritte furono i pittogrammi, immagini stilizzate che i Sumeri del IV millennio a. C. incidevano su tavolette di argilla, così piccole da stare sul palmo di una mano. Gli scrivani antichi tendevano a preferire la scrittura in colonne verticali, ma intorno al 2800 a. C. la tecnica di scrittura dovette cambiare, per la necessità di registrare un numero di dati e di notizie superiore. Divenne indispensabile aumentare le dimensioni delle tavolette e gli scribi si accorsero che non era più possibile inciderle tenendole in mano, perché erano troppo pesanti e ingombranti. Bisognava appoggiarle all' avambraccio e a questo punto lo scriba trovò più comodo non scrivere più in colonna, da destra a sinistra, ma in riga, orizzontalmente, sinistra a destra e dall' alto in basso. Le colonne avevano compiuto una rotazione di 90 gradi in senso antiorario e i simboli avevano subito uno spostamento corrispondente. (Riccardo Cannavina Torino)


GEOMETRIA FRATTALE Occhi nuovi su coste e montagne La rappresentazione degli elementi naturali diventa più precisa e aderente alla realtà Una tecnica efficace per descrivere le fratture della crosta terrestre e la sismicità
Autore: DRAGONI MICHELE

ARGOMENTI: MATEMATICA, GEOGRAFIA E GEOFISICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

I frattali sono forme geometriche complesse in grado di rappresentare molte configurazioni naturali in modo più soddisfacente della tradizionale geometria euclidea. Caratteristica comune a molte strutture naturali è quella di possedere una particolare regolarità geometrica, che consiste nell' essere invarianti rispetto a cambiamenti di scala. Lo studio delle strutture geomorfologiche, come la topografia delle montagne, il percorso dei fiumi e il profilo dei litorali, ha avuto una funzione determinante nello sviluppo della geometria frattale. Questa geometria fornisce uno strumento per caratterizzare in modo quantitativo tali strutture e altre forme complesse che si incontrano nella fisica, nella chimica e nella biologia. La geometria frattale è la geometria degli oggetti che presentano qualche genere di «simmetria di scala». Il tipo più semplice di frattali sono i frattali invarianti rispetto a un cambiamento della scala di lunghezza: la conseguenza di tale invarianza è che questi oggetti mantengono lo stesso aspetto anche se osservati con ingrandimenti diversi. Un esempio tipico è il profilo delle coste Fotografie di una costa rocciosa prese ad altezze di 10 metri e 10 chilometri sono indistinguibili, se non introduciamo una scala. Così i geologi, quando scattano una foto di qualche struttura geologica, si preoccupano sempre di far comparire nel campo dell' immagine qualche oggetto dotato di scala, come una moneta, un martello o una persona. Altrimenti sarebbe spesso impossibile dire se la foto riguarda 10 centimetri o 10 chilometri. La dimensione frattale è una misura del viluppo o della scabrosità delle forme geometriche considerate. Immaginiamo di misurare un tratto di costa con un' asta metrica. E' chiaro che la misura sarà approssimata per difetto, perché l' asta non può seguire tutta la complessità del tracciato della costa, che presenta sporgenze e rientranze di ogni tipo e di tutte le dimensioni. A prima vista, si può pensare che la misura si avvicinerà al valore reale se si usa un' asta più corta Infatti il risultato della misura aumenterà al diminuire della lunghezza dell' asta. Ma qual è la lunghezza «reale» della costa? Ci si convince facilmente che, usando aste sempre più corte, la lunghezza aumenta indefinitamente, perché si mettono nel conto insenature e sporgenze sepre più piccole, che nelle misure precedenti erano trascurate. Dal punto di vista topologico, la costa è una linea curva con dimensione 1. Ma, mentre la lunghezza di una qualunque curva della geometria euclidea è finita, la lunghezza della costa aumenta indefinitamente se la misuriamo con aste sempre più corte. La dimensione frattale di un litorale indica di quanto esso si discosta da una semplice curva euclidea: è un numero frazionario maggiore di 1. Un altro aspetto geologico geofisico al quale si applica l' invarianza di scala è la fratturazione della crosta terrestre. L' osservazione mostra che la crosta è permeata da un reticolo di fratture di tutte le lunghezze, da dimensioni microscopiche alle grandi faglie, lunghe centinaia di chilometri, i cui movimenti generano i terremoti. Anche in questo caso, immagini riprese a scale diverse presentano la stessa configurazione: la fratturazione della crosta ha carattere frattale. Ciò ha conseguenze interessanti per quanto riguarda la sismicità. Cinquant' anni fa, Beno Gutenberg e Charles Richter scoprirono che la frequenza di accadimento dei terremoti in una data regione sismica aumenta esponenzialmente al diminuire della magnitudo degli stessi. Ora si è trovato che questa legge altro non è che la conseguenza della natura frattale dei sistemi di faglie che intersecano la crosta terrestre. Poiché la magnitudo di un terremoto è legata all' area della frattura coinvolta, il numero dei piccoli terremoti sarà via via più grande man mano che si considerano elementi di faglia sempre più piccoli, nel modo descritto dalla legge di Gutenberg e Richter. La faglia è una superficie con dimensione topologica uguale a 2, ma la dimensione frattale di un sistema di faglie, che tiene conto della loro complessità, è un numero frazionario compreso tra 2 e 3. Ciò significa che l' intrico delle faglie tende a riempire tutto il volume di roccia disponibile nella crosta terreestre. Michele Dragoni Università di Bologna


PERICOLI D' ESTATE Fulmini, parafulmini e saette Da Franklin ad oggi, gli strumenti di difesa
Autore: BO GIAN CARLO

ARGOMENTI: METEOROLOGIA, FISICA
NOMI: FRANKLIN BENJAMIN, WALL WILLIAM
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C Valori medi del numero di fulmini a terra
NOTE: 082

LA Leida 1745 fu una bottiglia di annata. Con quella bottiglia lo studioso inglese William Wall, suggerendo la stretta parentela tuono fulmine, scatenò Benjamin Franklin. Prudente e fortunato, il neo americano usando un aquilone caricò di elettricità una bottiglia di Leida e dimostrò che le nubi temporalesche rassomigliano al condensatore in bottiglia: le nuvole sono un polo e la terra l' altro. Inventò così il parafulmine, importante per un pianeta bombardato grosso modo da 2 miliardi di fulmini l' anno, che uccidono 20 persone il giorno e ne feriscono un' ottantina. In uno schema di fumine normale discendente le ostilità si aprono tra la metà inferiore della nuvola, negativa, e la base, positiva: la scarica che si forma indirizza gli elettroni verso la base. E' una scarica a scatti (stepped) di circa 50 metri e interruzioni di 20 50 microsecondi che dà il via a un canale ionizzato: a ogni «colpo» cariche negative vengono trasferite dalla nuvola al fondo del canale. A mano a mano che il canale guida si abbassa, il campo elettrico indotto al suolo aumenta. Il fenomeno continua finché in prossimità di formazioni appuntite, con campo elettrico adeguato, si forma una controscarica volta a intercettare il canale guida in discesa. Quando i due si incontrano chiudono un circuito «nuvola canale guida discendente canale ascendente di controscarica terra» che permette il flusso di elettroni dal canale ionizzato al suolo. In questo circuito viene inserito il sistema di protezione: captatori, calate, dispersori. Anche l' orografia fa la sua parte. La corrente di fulmine risulta più bassa in zone con rilievi che in quelle pianeggianti. A una corta distanza nuvola terra corrisponde un canale di fulmine di lunghezza inferiore, a cui si associa una carica elettrica minore. In pianura è il contrario, i fulmini sono più intensi perché maggiore è la distanza nuvola terra, più lungo è il canale di fulmine e più forte risulta la carica elettrica. Nella stazione di rilevamento di Monte S. Salvatore (Lugano), sono state misurate correnti di fulmini positivi fino a 180 kiloampere e poco oltre 100 kiloampere per i negativi. Il fulmine è innocente. E' la struttura, con la sua presenza, ad adescarlo, non questi a scegliersela come bersaglio. La trappola viene confezionata in modo che l' incauto «rischi con grande probabilità » di farsi intercettare dalla controscarica, neutralizzandosi attraverso il percorso artificiale captatore terra La corrente di fulmine, volubile come piuma al vento, fa variare come un elastico la distanza di adescamento: si riesce tuttavia a determinare il raggio di captazione, anche se malauguratamente non è sufficientemente nota la relazione «à trois» che lo lega all' altezza della struttura e al valore di cresta della corrente di fulmine. L' attuale norma Cei stabilisce che la protezione potrà avvenire con sistemi ad asta, a fune o a maglia in grado di proteggere da dispiaceri di tipo chimico, meccanico e elettrico. Secondo la legge di Faraday una carica di 100 Coulomb trasporta 30 milligrammi di ferro, quindi l' inconveniente chimico è scarso. Gravi i danni per effetto termico. Il 30% dei fulmini perfora una lamiera spessa 2, 4 millimetri ma, magra consolazione, soltanto l' 1% ne trapassa una spessa 3, 5 millimetri. Il calore prodotto per effetto Joule può fondere i conduttori elettrici, con maggior rischio per le sezioni inferiori a 16 millimetri quadrati di rame (che fonde a 1083 gradi C) o a 25 millimetri quadrati se di alluminio o 50 millimetri quadrati se di acciaio. Quando invece la corrente di fulmine infilza materiali non conduttori come legno, muri, ecc., si sviluppa grande quantità di calore per colpa della loro maggiore resistenza elettrica. L' umidità vaporizza violentemente e genera grande pressione: il materiale esplode. Le sollecitazioni elettrodinamiche dovute al passaggio della corrente di fulmine sono direttamente proporzionali al quadrato della corrente massima e inversamente proporzionali alla distanza tra i conduttori. Il 5% dei fulmini supera i centomila Ampere, che sottopongono due conduttori paralleli, lunghi un metro e distanti 50 centimetri, a una forza di 4 kilonewton, che diventa 400 kilonewton se distano soltanto mezzo centimetro. Tale forza basta a spiaccicare un cavo multipolare e a schizzarne fuori l' isolante, mettendo in cortocircuito l' impianto e facendo saltare ancoraggi e corpi metallici della struttura. Dal settembre ' 91 è finalmente disponibile il programma Zeus (di Carrescia Tommasini) per la progettazione completa dei sistemi di protezione contro i fulmini, in perfetto accordo con lo stato attuale delle conoscenze e delle norme che hanno definitivamente liquidato i captatori radioattivi: disperdevano nell' atmosfera particelle alla Cernobil. Non si sa che fine abbiano fatto i parafulmini obsoleti. Recita la Norma Cei 81 1 a scanso di equivoci: «L' impianto di protezione non ha, e in nessun caso gli si può attribuire, la proprietà d' impedire la formazione del fulmine». Può intercettarlo e attirarsi tutte le sciagure, come fece G. W. Rich mann ripetendo in Europa le esperienze del Franklin. Fu bersaglio del suo ultimo fulmine. Gian Carlo Bo


INFORMATICA AL FUTURO Il computer potrà vedere Verso il riconoscimento dell' immagine
Autore: MEZZACAPPA LUIGI

ARGOMENTI: INFORMATICA, VIDEO
NOMI: ADELSON EDWARD
ORGANIZZAZIONI: MEDIA LAB MIT
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

CERCARE un testo o una piccola frase e scoprire riferimenti ai più diversi campi di conoscenza, navigando su enormi quantità di dati che solo le moderne tecnologie informatiche possono concentrare in maniera così efficace, è ormai un gioco vecchio. Divorati in un boccone concetti come «ipertesto» e «multimedia» scaturiti dal matrimonio tra «data base», audio e video, la nuova scommessa è ora lo sviluppo di strumenti che permettano di individuare immagini all' interno degli ormai immensi archivi elettronici. Per realizzare sistemi computerizzati di ricerca di immagini è necessario che il computer impari a vedere, a riconoscere le immagini, a leggerle e interpretarle. Potremo richiamare immagini e sequenze dal video di un computer? Stando ad alcuni scienziati del Mit di Boston, la risposta è «sì ». Al Media Lab del Mit si sono già raggiunti incoraggianti traguardi: il computer sa riconoscere sedie, alcuni visi e altre immagini che gli scienziati chiamano «oggetti». Ben più difficile è, secondo Edward Adelson, uno dei maggiori esperti mondiali di questa nuova branca della ricerca informatica, far riconoscere al computer ciò che gli scienziati chiamano «roba»: un cielo blu, una spiaggia, il mare, immagini che non hanno contorni definiti come hanno invece gli «oggetti». Queste difficoltà rendono ancora lontane applicazioni che potrebbero essere di grandissima utilità come i controlli sull' ambiente: un computer che analizzi immagini riprese da un satellite non è oggi ancora in grado di riconoscere, per esempio, una foresta in fiamme. Occorrerebbe, dice Adelson, spezzettare le immagini in componenti più semplici. Se si vuole individuare una sequenza video con una spiaggia e un mare un poco mosso che tocca un cielo leggermente nuvoloso sullo sfondo, occorre ricercare immagini che presentino le trame caratteristiche della sabbia, del mare, delle nuvole e del cielo che il computer ha memorizzate e quindi ha già imparato a riconoscere. I dispositivi che integrano la potenza del computer con le tecnologie convenzionali audio e video sono limitati dalla difficoltà di trattare le immagini con la stessa «semplicità » con cui oggi si trattano i testi e i numeri. Attualmente la ricerca di immagini su grandi banche dati richiede di descrivere dettagliatamente ogni immagine archiviata; ma per quanto dettagliata, una descrizione finirà fatalmente per essere carente di «quella» informazione necessaria per un successivo recupero. Nonostante tre decenni di ricerche finanziate da grossi nomi dell' industria e addirittura dal Pentagono, le capacità visivo cognitive del computer non sono ancora un dato di fatto. Un problema molto semplice per l' uomo, come quello di capire se quella che prende il sole su una sdraio è la stessa persona seminascosta dall' ombrello in una giornata piovosa, presenta ostacoli insormontabili per il più preciso e veloce computer del mondo. Negli Stati Uniti, la maggior parte dei ricercatori della «computer vision» lavorano nell ' area delle macchine di produzione, dove i computer sono chiamati a svolgere compiti molto più semplici e ripetitivi. Secondo il parere di Nicholas Negroponte, direttore e «padre spirituale» del Media Lab, questo è un altro campo di ricerca destinato a sviluppi incredibili. Nuovi metodi di ricerca delle immagini su film digitali o grandi archivi potrebbero avere un vastissimo spettro di applicazioni. Potremo consultare cataloghi video con possibilità di interrogazioni per colore e per disegno e, grazie alle nuove tecniche di compressione dei dati, si potrebbero inviare velocemente le immagini sulle linee telefoniche; i computer potrebbero fare complicati controlli sull' ambiente grazie all' interpretazione delle immagini via satellite rilevando inquinamenti dell' aria e delle acque. I ricercatori del Media Lab stanno lavorando su sistemi che dovrebbero consentire a un utente di selezionare, per esempio, un ventaglio di immagini relative all' inquinamento delle acque per poi paragonarle a immagini precedenti. Altri usi potrebbero sollevare qualche nuovo timore sull' invadenza del computer nella sfera della privacy: alcune società aiutano il Media Lab nello sviluppo di tecnologie adatte ad applicazioni di sorveglianza. Computer in grado di identificare i visi potrebbero essere usati per l' apertura di porte di sicurezza o per altri scopi che solo uno «007» può immaginare. British Telecommunication pensa di poter aumentare il rendimento delle attuali tecniche di video conferenza. I fili del telefono possono trasportare una limitata quantità di dati e non possono quindi trasmettere immagini in movimento di qualità. Ma secondo gli specialisti, questo è un problema che nemmeno le più sofisticate tecniche di compressione dei dati potranno mai superare. Luigi Mezzacappa


SCAFFALE «La Terra patrimonio comune: materiali per la Conferenza dell' Onu Ambiente e Sviluppo», Sperling & Kupfer, 252 pagine, 32. 500 lire «Changing course», the Mit Press, Cambridge, Massachusetts
AUTORE: VERNA MARINA
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

RIO 92: la Conferenza sulla Terra che si è aperta ieri produrrà forse scarsi risultati sul piano pratico, ma avrà almeno fatto arrivare alle orecchie di tutti un dibattito arcinoto soltanto ai soliti impegnati. Come viatico per questo appuntamento importante, due bei libri, assai diversi nel punto di partenza ma non troppo lontani in quello di arrivo. Il primo si intitola «La Terra come patrimonio comune» ed è una serie di saggi sulle diverse emergenze ambientali curati da una giornalista francese, Martine Barrere, e tradotti simultaneamente in diversi Paesi. E' diviso in tre parti: la prima fa il punto su quanto oggi la scienza ci consente di sapere; la seconda esamina quale sviluppo sia possibile tenendo fermi quattro pilastri: giustizia sociale, validità ecologica, efficacia economica, riequilibrio dei rapporti Nord/ Sud. Infine, il pianeta in cifre: tutti i dati scientifici, sociologici, economici e giuridici raccolti in questi anni, insieme con una cronologia di vent' anni di conferenze e convenzioni sui temi ambientali. Il secondo volume per il momento è solo in inglese, ma il gruppo che lo firma è tale da far drizzare le orecchie: si tratta infatti del «Business Council for Sustainable Development» (Bcsd), un organismo che riunisce uomini d' affari e aziende di importanza internazionale (Dow Chemical, Du Pont, Chevron, 3M e così via). Il suo presidente, lo svizzero Stephan Schmidheiny, è l' erede di una colossale fortuna messa insieme con il commercio dell' amianto ma è uno di quelli che hanno messo mano all' agenda della Conferenza di Rio. Al libro, che si intitola «Changing Course» ( «Cambiare il corso» ), hanno collaborato una cinquantina di persone. Ovviamente non discutono se lo sviluppo possa o meno continuare all' infinito: questo è dato per scontato. Però incominciano a pensare che non ci possa essere sviluppo economico senza responsabilità ambientale e dunque il profitto non è più visto come valore assoluto al quale tutto va subordinato. Fanno così capolino idee «verdi»: energie alternative, politiche a lungo termine, attenzione all' intero ciclo di produzione degli oggetti, tecnologie pulite, costo delle risorse naturali nella formazione dei prezzi. Strizzano l' occhio agli ambientalisti perché questo è il vento? Può anche darsi. Realisticamente, però, sono loro che hanno il potere e che, cambiando direzione, possono davvero dare il la.


SCAFFALE Mehler Dupoux, «Appena nato: che cosa vede, sente, capisce una bambino sin dai primi giorni di vita», Mondadori
AUTORE: VERNA MARINA
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Come impara un neonato a vedere e sentire, a distinguere i colori e le voci? Quanta parte è innata e quanta appresa? Su questo tema gli scienziati si dividono da decenni e ancora non hanno trovato spiegazioni incontrovertibili. «Appena nato» è un bel libro che spiega che cosa accade nella mente del bambino fin dai primi giorni di vita.


SCAFFALE Zoppi Sergio: «Per un' amministrazione pubblica rinnovata», Le Monnier
AUTORE: VERNA MARINA
ARGOMENTI: DIDATTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Si può concepire e organizzare l' amministrazione pubblica con criteri scientifici? Si può e si deve: è la risposta che emerge da queste pagine di Sergio Zoppi, fondate su un' ampia indagine approdata a qualcosa come 47. 824 schede sulla normativa e sulle funzioni ministeriali e a 6. 313 pagine di analisi. La ricerca, promossa dal ministro Giannini e realizzata dal Formez, risale ormai a dieci anni fa. Nella sostanza, tuttavia, rimane valida e attuale, come ben sa chiunque abbia che fare con la pubblica amministrazione Ma al di là dell' auspicata razionalizzazione dei criteri amministrativi, dal libro emerge con evidenza la centralità delle risorse umane. Se queste risorse ci siano è il vero problema, che tocca da vicino tutti noi cittadini contribuenti. Del Formez Centro di formazione e studi Sergio Zoppi è stato direttore e presidente.


TACCHINO DI BOSCAGLIA E' l' incubatrice che fa il Casanova Fino a 16 uova di femmine diverse nel tiepido nido fatto dal maschio
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 083

NON è raro che un maschio si prenda cura della prole, liberando la sua metà da questo oneroso compito, specialmente quando la certezza di esserne il padre lo compensa delle energie spese a tirar su i figli. Così perlomeno si pensava finora, finché gli studi più recenti su alcuni uccelli australiani, i megapodiidi, i cui maschi sono un caso esemplare di dedizione paterna, non hanno messo in evidenza che le loro compagne praticano con molta disinvoltura la promiscuità sessuale. Quali garanzie abbia un maschio sulla paternità della prole si può ben immaginare, con buona pace del principio teorico. Secondo le ricerche di questi ultimi dieci anni, i megapodiidi, galliformi dell' Australia e della Nuova Guinea dai piedi straordinariamente grandi (di qui il loro nome), non covano le uova ma le seppelliscono dentro un enorme cumulo di materiale vegetale, una sorta di incubatrice, che il maschio costruisce con notevole dispendio di energia. Lavorando dalle 5 alle 7 ore al giorno, per 36 giorni, un maschio di tacchino di boscaglia (Alectura lathami) accumula foglie, rametti e muschi fino a formare sotto la volta della foresta tropicale un cumulo di un metro di altezza per 5 di lunghezza, del peso di 2500 chili: un' impresa straordinaria per un animale che ne pesa 1, 8 (fatte le debite proporzioni, per noi equivarrebbe ad ammassare una catasta di oltre 60 tonnellate). Rivoltando i frammenti e frantumandoli con le zampe, il maschio forma a poco a poco un materiale di consistenza fine, la cui decomposizione ad opera dei funghi produce calore. Le uova vengono seppellite alla profondità di 60 centimetri, dove si registrano costantemente 30 gradi per i 3 5 mesi della stagione riproduttiva, grazie all' inerzia termica della grande massa e agli interventi dello stesso maschio che, introducendovi il becco come fosse un termometro, verifica la temperatura e, se è alta, toglie materiale se è bassa, ne aggiunge. Il successo sessuale di un maschio dipende dal possesso di un cumulo: tra averne nessuno e possederne due sta la differenza fra uno scapolo e un casanova. Tra le fatiche cui si sottopone un tacchino di boscaglia per diventare padre c' è anche quella non indifferente di difendere il cumulo dall' assalto dei vicini: non sono rari infatti i maschi che in questo modo se ne garantiscono in modo permanente due, raddoppiando in tal modo la probabilità di incontri galanti. Le femmine, esonerate dall' impegno della cova, spendono il tempo libero intensificando l' attività sessuale, sollecitate dai maschi che le invitano con richiami sui loro cumuli. Dopo aver valutato con occhio critico l' affidabilità della costruzione come incubatrice, una femmina incomincia a scavare una buca per deporvi un uovo, interrotta ripetutamente dal padrone di casa che a suon di beccate la invita più volte alla copula: anzi, se non è consenziente le viene negato il permesso di deporre. Non si tratta in questo caso di molestie sessuali cui ancora una volta è sottoposto il sesso femminile. La femmina, infatti, sta deponendo un uovo che aveva già pronto, completo di guscio, e quindi non fecondato dal padrone di casa, dal momento che la formazione del guscio calcareo richiede parecchie ore. Negli uccelli, però, subito dopo la deposizione di un uovo avviene l' ovulazione: accoppiandosi immediatamente prima, il maschio si aggiudica un' alta probabilità di fecondare almeno il prossimo uovo, che la femmina deporrà tre giorni dopo nel cumulo di un altro. L' evoluzione della poligamia e dell' abitudine di incubare le uova ha portato in questi uccelli un incremento della fertilità, sia perché in un cumulo possono trovar posto contemporaneamente 16 uova (una quantità impossibile da covare per un uccello di questa taglia), sia perché la femmina, liberata dalle fatiche del nido, si è messa d' impegno a fabbricare uova: 50 in una stagione riproduttiva, per un totale di nove chili (5 volte il suo peso). Uova grandi (180 grammi contro i 60 di una gallina della sua taglia) e ricchissime di tuorlo (pari al 50% del volume) per dar vita a pulcini superprecoci, dal momento che i genitori non si curano di loro dopo la schiusa. Dopo un' incubazione di 49 giorni (contro i 20 dei polli) nascono completi di penne remiganti e in grado di volare; ma prima devono risalire alla superficie scavandosi da soli la strada nel cumulo paterno. Quale storia evolutiva ha dato origine al comportamento così singolare dei megapodiidi? Prima di queste scoperte, incubare le uova veniva considerato un carattere primitivo, retaggio di abitudini rettiliane. Oggi, anche se rimane ancora molto da studiare, si avanzano invece altre ipotesi. Se per esempio i progenitori dei megapodiidi fossero stati monogami e avessero costruito il nido sul terreno, come la maggior parte dei galliformi, coprire le uova potrebbe essere stata una precauzione necessaria per difenderle dai predatori durante l' assenza dei genitori. Nel clima tropicale il materiale si decomponeva liberando calore e il cumulo, assurto alla funzione di incubatrice, divenne per il maschio il contributo energetico che egli forniva nel rapporto di coppia all' allevamento della prole e solo in un secondo tempo un fattore di successo sessuale, quando i due sessi passarono ad abitudini promiscue. Un menage che funziona, a giudicare dalla prolificità del tacchino di boscaglia. Maria Luisa Bozzi


PIANTAGIONI DI GOMMA Una silenziosa foresta di cloni Alberi tutti uguali, anche gli animali fuggono
Autore: GRANDE CARLO

ARGOMENTI: BOTANICA
LUOGHI: ESTERO, BRASILE
NOTE: 083

L' ALBERO che piange» farà resuscitare il Brasile? Nella fazenda di Santa Elena, a Nord dello Stato di San Paolo, quasi 300 mila esemplari di Hevea brasiliensis, la pianta che produce il lattice da cui si ricava il caucciù, preparano la riscossa della gomma brasiliana. Il vivaio (600 ettari a 50 chilometri da San Josè do Rio Preto, nel cuore di una roccaforte del caffè «paulista» ) potrebbe rappresentare una rivincita sulla storia. Tra il 1860 e il 1910, infatti, il Brasile aveva il primato mondiale nell' esportazione della gomma naturale. I «cacciatori di caucciù », o «seringueiros» (contadini poverissimi che ancora oggi vivono della raccolta del lattice), cercavano gli esemplari di Hevea nella foresta, ne incidevano il tronco e raccoglievano il liquido bianco lattiginoso che scaturiva dalle cellule più interne della corteccia. Nel frattempo, però, gli inglesi preparavano una delle «rapine» più celebri nella storia delle materie prime. Nel 1876, Henry Wickham, falso cacciatore di orchidee e botanico a tutti gli effetti, aveva mandato clandestinamente in Inghilterra 70 mila semi di Hevea, raccolti nella giungla brasiliana del Para. Gli agronomi del Royal Botanic Garden di Kew, vicino a Londra, fecero il resto: li inviarono a Ceylon e Singapore, e qualche decennio dopo le prime piantagioni in Malesia cominciavano a produrre a pieno ritmo, anche grazie alla massiccia importazione di manodopera cinese e indiana. Le piantagioni della Compagnia delle Indie orientali fecero crollare il prezzo della gomma. Nel 1945, anche Henry Ford II dovette arrendersi: delle sue due piantagioni in Brasile, quella sperimentale sul Rio Tapajos fu devastata da un fungo; l' altra, a Belterra, resistette ai parassiti ma non alla durissima concorrenza del Sud Est asiatico. La perdita fu di 25 milioni di dollari dell' epoca. Oggi le piantagioni di Hevea occupano enormi estensioni in Malesia, Indonesia e Thailandia, Paesi che forniscono quasi il 90 per cento della produzione mondiale di caucciù. Il resto proviene dallo Sri Lanka, dall' India, dalla Liberia e dalla Nigeria. Ma se ancora negli Anni 50 la produzione mondiale utilizzava quasi per l' 80 per cento caucciù naturale, dagli Anni 80 oltre il 70 per cento della gomma è di origine sintetica: le grandi multinazionali come Dunlop, Firestone, Bridgestone, Michelin e Pirelli utilizzano i prodotti dell' industria chimica degli idrocarburi. In molti casi la gomma naturale e quella sintetica vengono mescolate, per ottenere un materiale più resistente. Nondimeno, la fazenda di San Josè sogna di trasformare questa regione in una California brasiliana. Entro il Duemila 12 milioni di alberi entreranno in produzione, forniranno quasi l' 80 per cento del lattice del Paese: 85 mila alberi sono già pronti per essere sfruttati (l' Hevea fornisce il lattice a partire dai 7 anni di età ), 95 mila lo saranno tra poco e 120 mila sono nel vivaio. Un futuro roseo? Non proprio. Lontana dal suo ambiente naturale, la giungla (dove cresce isolata e svetta anche per 30 metri), l' Hevea è solo una macchina per produrre lattice, un parente vegetale della bistecca agli ormoni. Le piantagioni, inoltre, ricavate a spese della foresta e sfruttate in modo indiscriminato, rappresentano una monocoltura ecologicamente molto rischiosa, perché gli alberi geneticamente uniformi offrono scarsa resistenza ai tifoni e alle piogge torrenziali. Anche quella di San Josè non fa eccezione: è una strana foresta di cloni, con sfumature dantesche: sull' orizzonte di alberi uguali regna un silenzio che non è interrotto nemmeno dalle grida degli animali: solo i serpenti si avventurano tra gli «alberi che piangono». Carlo Grande


DIFFICILE DIAGNOSI Il rebus dell' allergia ai farmaci Sospette anche le reazioni chimiche nell' organismo
Autore: CADARIO GIANNI

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA', CHIMICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 083

LA diagnosi di allergia ai farmaci è un problema alquanto complesso a causa delle scarse conoscenze sui meccanismi che scatenano questa allergia e soprattutto su alcuni composti di trasformazione del farmaco (metaboliti) che sono i veri responsabili della reazione allergica. Molto spesso la colpa non è del farmaco in quanto tale, ma di un altro composto chimico, derivato dal farmaco in conseguenza delle reazioni biochimiche di tipo enzimatico che si svolgono all' interno dell' organismo. Usare per i test diagnostici il composto farmacologico iniziale espone intuitivamente ad ampie possibilità di errore fornendo dei risultati detti «falsi negativi» con la possibilità quindi di assistere a reazioni allergiche anche gravi al momento della somministrazione del medicamento. Poco utile è il «pomfo di prova», che viene eseguito con penicillina e derivati. Infatti la sua negatività non esclude la possibilità di una reazione allergica al momento della somministrazione del farmaco; una errata interpretazione di positività può comportare un grave danno per il paziente a cui sarebbe sicuramente precluso l' utilizzo di tali farmaci anche in situazioni di stretta necessità. Inoltre dato che la prassi in questione non utilizza il prick test come approccio preliminare, i rischi risultano assai elevati nel caso di un paziente veramente allergico alla penicillina. Come sempre accade in medicina quando c' è molto di empirico, è indispensabile basarsi sulle certezze scientifiche già acquisite e tale atteggiamento ha suggerito la recente stesura di un «memorandum» da parte della Società di Allergologia e Immunologia Clinica per razionalizzare l' approccio metodologico alle reazioni avverse ai farmaci. La grande varietà di manifestazioni cliniche condiziona un necessario rigore nel procedimento diagnostico in cui l' anamnesi (cioè la raccolta della storia clinica) rappresenta l' approccio iniziale e indispensabile. L' anamnesi deve essere fondamentalmente rivolta ad accertare innanzitutto un criterio di «plausibilità cronologica» o una correlazione temporale «credibile» tra assunzione del farmaco e comparsa delle manifestazioni cliniche, deve chiarire le caratteristiche della manifestazione allergica (tenendo presente che alcuni medicamenti tendono a determinare più facilmente alcuni tipi di reazione), le modalità di assunzione dei farmaci e la durata del trattamento, le precedenti assunzioni e le eventuali pregresse reazioni, la regressione dei sintomi e dei segni entro alcuni giorni dalla sospensione della terapia e così via. Il passo successivo, se necessario, è rappresentato dai diversi esami allergologici che variano in base al tipo di reazione immunologica che si sospetta possa essere alla base della manifestazione clinica Tutti i test allergologici attualmente disponibili per i farmaci non sono «profetici», non servono cioè a prevedere gli accadimenti futuri nel caso di nuove assunzioni di farmaci, ma servono a confermare, qualora fosse necessario, il dato anamnestico e a chiarire se possibile il meccanismo patogenetico dell' avvenuta reazione allergica. Non vanno infine dimenticati i potenziali pericoli delle prove cutanee, che possono suscitare, in soggetti con altissima sensibilità, reazioni gravi e generalizzate, a volte anche letali. Quando un paziente presenta una storia compatibile con una reazione allergica o pseudoallergica a farmaci, l' anamnesi non è dirimente e i test allergologici sono inattendibili, negativi o indisponibili, la somministrazione del farmaco può rappresentare l' unico modo per accertare una condizione di ipersensibilità (test di provocazio ne/tolleranza o challenge test). La sua indicazione, tenuto conto dei rischi a cui viene sottoposto il paziente, si fonda sulla indisponibilità di valide alternative terapeutiche in presenza di una assoluta necessità di trattamento. E' un metodo comunque da non eseguire quando l' anamnesi è positiva o dubbia. Non ha nessuna giustificazione fare il test solo per soddisfare la curiosità o la ricerca di «sicurezza» da parte del paziente o da parte del medico. Può essere invece utilizzato per somministrare un farmaco alternativo. Si dovrà quindi scegliere per il test un composto con molecola del tutto diversa da quella del medicamento che ha provocato precedenti reazioni e il challenge test dovrà essere effettuato nell' imminenza dell' eventuale somministrazione del farmaco, non già settimane o mesi prima della reale necessità terapeutica e, superfluo dirlo, da parte di personale esperto e in ambiente protetto previo consenso informato del paziente. I possibili provvedimenti profilattici sono la premedicazione e la desensibilizzazione. La prima consiste nel fare assumere al paziente, prima della somministrazione terapeutica, secondo schemi posologici standardizzati e sperimentati a livello internazionale, alcuni medicamenti in grado di attenuare o addirittura di annullare gli effetti di una eventuale reazione allergica che dovesse intervenire nonostante le precauzioni adottate. La desensibilizzazione consiste invece nell' annullamento temporaneo dell' ipersensibilità mediante la somministrazione ravvicinata di dosi incrementali, anche in questo caso secondo schemi codificati, del farmaco a cui il paziente è allergico, in quei rari casi in cui è però assolutamente indispensabile dal punto di vista terapeutico. Gianni Cadario


GENI In eredità tanta insonnia da morirne
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: GENETICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 083

IMMAGINATE di non poter dormire per un anno intero e, anziché sognare di notte, avere allucinazioni durante il giorno. Poiché memoria, intelligenza e attenzione sono praticamente intatte, vi rendete conto che questa veglia porterà inevitabilmente a uno stato di torpore e coma. La causa probabile è una mutazione genetica adesso ben localizzata, descritta in un recente articolo del «New England Journal of Medicine». Questa particolare mutazione genetica colpisce 29 membri di un ceppo famigliare di quasi trecento, già descritto nel 1986 da neurologi dell' Università di Bologna. La mutazione è caratterizzata dalla presenza di un gene legato a una proteina particolare chiamata prione. Si tratta di agenti di tipo infettivo di malattie degenerative del sistema nervoso che portano a forme particolari di demenza. Nel caso dell' insonnia famigliare non si sviluppa però una demenza. Il ceppo famigliare ricostruito pazientemente è un pedigree di ben 288 individui della stessa famiglia per un arco di tempo che parte dal primo novecento e si estende per sei generazioni. I casi sospetti o certi di insonnia a decorso mortale sono 29. Negli otto casi meglio studiati la morte è intervenuta a distanza di poco più di un anno dall' inizio della malattia (decorso medio: 13 mesi; età media: 45 anni). Un esame patologico del cervello ha dimostrato l' atrofia del talamo, un' area del cervello collocata in posizione profonda e centrale, che si connette ad altre pareti del sistema nervoso servendo da stazione di arrivo di vie periferiche che portano le percezioni degli stimoli esterni che vengono smistati ai centri cerebrali superiori, principalmente alla corteccia. L' attività del talamo è essenziale per mantenere lo stato di veglia, il che spiega come una lesione dei centri talamici possa alterare le fasi sonno veglia. Oltre al sonno anche numerose funzioni endocrine e motorie sono legate alla funzione talamica. La caratteristica principale e più drammatica della malattia è però l' incapacità di dormire, con una riduzione notevole o totale dei due tipi principali di sonno, quello a onde lente e quello dai movimenti oculari rapidi, al quale è collegata l' attività onirica. Nel caso dell' insonnia famigliare si sostituisce alla fase dei sogni uno stato di allucinazione complesso che aumenta con il progredire della malattia. L' ultimo stadio è caratterizzato da un torpore continuo che conduce al coma. Recenti interpretazioni psichiatriche spiegherebbero il sorgere di tali allucinazioni come il risultato della disfunzione del talamo, ponendo il quesito di un possibile ruolo di questo anche in fenomeni allucinatori da altra natura. Ezio Giacobini Università del Sud Illinois


RISORSE MINACCIATE La grande sete del pianeta Alti consumi di acqua sono segno di benessere: attenzione però a sprechi e inquinamenti Nei Paesi più aridi i pozzi profondi vanno ormai a intaccare anche le riserve non rinnovabili
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: G Consumi medi annuali d' acqua a persona
NOTE: 084

I consumi di acqua sono un indicatore significativo dello sviluppo socio economico di un Paese. Alti consumi sono segno di benessere diffuso e di situazione buona igienica, bassi consumi indicano la situazione opposta. Tuttavia quello che fino a qualche anno fa era generalmente considerato un bene illimitato comincia ad apparire oggi insufficiente. Non solo soffrono della mancanza di acqua vaste zone delle regioni aride dell' Africa e dell' Asia, ma anche molti Paesi della fascia temperata. Qui la scarsità d' acqua è sovente dovuta ad un uso irrazionale, agli sprechi, alla mancanza di invasi di raccolta, a vecchie condutture che ne lasciano sfuggire una gran quantità prima che arrivi ai consumatori. Infine una quantità di acqua sempre più imponente va perduta a causa dell' inquinamento che la rende inservibile per gli usi civili e, in molti casi, anche industriali. La ricerca di nuove fonti induce a scavare pozzi sempre più profondi. Nelle regioni aride questi raggiungono i cosiddetti giacimenti di «acqua geologica» formatisi in tempi remoti e non rinnovabili; nel Texas e in California essi sono già in via di esaurimento, nel Sahara la Libia sta attuando un progetto gigantesco per portare alle città della costa l' acqua prelevata sotto le oasi dell' interno.


L' iniziativa «Scrivere il giornale» Questa la Hit Parade delle scienze più amate nelle scuole superiori
Autore: P_B

ARGOMENTI: DIDATTICA, SCUOLA, EDITORIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T
NOTE: 084

QUANTO sono interessati alla scienza gli studenti delle scuole superiori? Quali scienze prediligono? Benché i programmi ministeriali li costringano a compilare microsaggi di critica letteraria, saprebbero scrivere anche un buon articolo di divulgazione scientifica? Sia pure sulla base di un piccolo campione, una iniziativa promossa dal Premio Grinzane Cavour ci permette di tentare qualche risposta. Riassumiamo gli antefatti. Nato come alloro letterario, sotto la gestione manageriale di Giuliano Soria oggi il Grinzane Cavour è molto più di un premio: è un motore culturale. Quest' anno, tra le varie iniziative, ne ha lanciata una che si chiama «Scrivere il giornale». Alcuni redattori della «Stampa» in rappresentanza della cronaca, dello sport, della cultura, dello spettacolo e dell' informazione scientifica hanno incontrato parecchie centinaia di studenti di Torino e della provincia. Non conferenze, ma chiacchierate informali, in cui ognuno ha un po' spiegato i trucchi del suo mestiere. Poi è toccato ai ragazzi scrivere un articolo di una sessantina di righe su un argomento di loro interesse. Premio: la pubblicazione sul supplemento della «Stampa» TorinoSette. E qui arrivano i dati interessanti. Complessivamente abbiamo ricevuto 198 articoli. Per argomento sono così ripartiti: 34 di sport, 37 di cultura, 38 di cronaca, 44 di scienza, 45 di spettacolo. Prima riflessione: la scienza si colloca nella zona più alta degli interessi degli studenti, superata soltanto dagli spettacoli, e appena di un punto. Seconda riflessione: queste categorie sono piuttosto infelici. La scienza è evidentemente cultura, e così lo spettacolo. Ma la struttura dei giornali riflette ancora una vecchia organizzazione del sapere di tipo crociano. Gli articoli di divulgazione scientifica si ripartiscono abbastanza equamente tra tutte le principali discipline. Possiamo però fare una graduatoria che fornisce indicazioni sugli interessi giovanili. In testa troviamo gli argomenti di medicina e fisiologia, con 9 articoli. Seguono l' ecologia e la biologia (6 articoli ciascuna), l' astronomia (5), fisica ed etologia (4 ciascuna), energia e informatica (3 ciascuna ), e infine alla pari, ognuna con un articolo, matematica, paleontologia, geofisica e filosofia della scienza. L' analisi qualitativa non è meno interessante. Non solo lo stile giornalistico è quasi sempre buono, ma il livello di approfondimento è sorprendente. Gli studenti delle scuole superiori si muovono con disinvoltura tra frattali, quark, radiazione cosmica di fondo, galassie, Dna, terapia genica, vitamine, colesterolo, principi della termodinamica, tettonica a zolle. Insomma: da questo campione piccolo ma crediamo significativo, la curiosità per la cultura scientifica porta a conoscenze robuste. E, pur tenendo conto del fatto che il lettore medio non è uno studente del liceo, chi fa giornalismo scientifico può trarne la conclusione che si deve andare non verso una divulgazione banalizzante ma verso un rigore e una puntualità informativa ancora maggiori. Questo ci conforta. Ci spaventa anche un po'. Ma raccoglieremo la sfida.


LA SCELTA UNIVERSITARIA Test per chi aspira a una laurea scientifica Un dribbling tra logica, intuizione e strategie di fuga
Autore: BETTINI SERGIO

ARGOMENTI: DIDATTICA, UNIVERSITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 084

GLI studenti della scuola media superiore stanno terminando le loro fatiche in queste ultime settimane: poi per alcuni di loro si porrà il problema della prosecuzione universitaria. In particolare, chi sta esaminando l' ipotesi di un corso di laurea scientifico si chiederà se sia in possesso di buone attitudini per affronatre studi così impegnativi. Alcune facoltà universitarie aiutano gli studenti in questa valutazione sottoponendoli a test di ammissione orientativi (o selettivi) che solitamente vengono proposti a settembre. E' bene che i candidati si rendano conto del tipo di ragionamento richiesto da tali prove. Abbiamo così preso spunto dai test presentati in passato da diverse facoltà (Economia, Informatica, Politecnico) per offrirne un assaggio allo studente interessato. Naturalmente consigliamo di eseguire i test simulando la situazione reale e quindi da soli, senza alcun aiuto non consentito, verificando il tempo impiegato per risolvere ciascun problema e infine controllando l' esattezza delle risposte. Si potrà anche decidere di non rispondere, ma questa strategia «di fuga» all' Università non la si potrà certo usare spesso. I problemi spaziano tra tipi diversi di ragionamento. Di solito si propongono test attitudinali, di ragionamento, di cultura generale, di efficienza verbale, di matematica, di scienze. 1Trovare la parola mancante, in modo da completare la relazione secondo un nesso logico. economia aziendale: economia politica= matematica: ? A) impresa; B) bilancio; C) dirigente; D) ragioniere. 2 Sapendo che un test è superato da 1500 studenti su un numero di 5000, quanti studenti su 10 superano il test? a) 2; b) 3; c) 4; d) 5. 3 Leggere il seguente brano e rispondere alla domanda La produzione annuale mondiale di cibo eccede di poco le esigenze di una dieta minima adeguata per la popolazione mondiale. Predire che la insufficiente produzione di cibo causerà in futuro un incremento della fame nel mondo è privo di senso. La fame è determinata da un problema di distribuzione e non di produzione. La precedente affermazione presuppone che: a) La domanda di cibo nel mondo in futuro crescerà b) Una caduta della produzione di cibo può essere evitata mediante una migliore distribuzione. c) La produzione di cibo continuerà ad essere insufficiente per le esigenze della popolazione mondiale. d) La distribuzione del cibo sarà in futuro migliorata. e) La fame del mondo è destinata a sparire. 4Data la sequenza di numeri, continuare la serie 5 15 14 42 41 ? A) 123; B) 124; C) 45; D)17 5Trovare la lettera mancante PON NOP TUV ? UT A) P B) N C) T D) V 6Inserisci nella seguente serie il colore mancante rosso arancione ? verde i a) violetto i b) giallo i c) azzurro i d) indaco 7Con le 21 lettere dell' alfabeto quante parole di due lettere (contenenti tutte lettere diverse) si possono formare? i a) 500 i b) 520 i c) 400 i d) 420 8Tenendo conto che a simboli uguali corrispondono cifre uguali e che a cifre uguali corrispondono simboli uguali, considerare il seguente calcolo: u f u più f u f = _________ & 8 8 M Dire quale delle seguenti risposte è quella esatta, sapendo che & non è 0: (1) u può essere uguale a 6 (2) f può essere uguale a 9 (3) M può essere uguale a 2 (0) preferisco non rispondere 9Si vuole scrivere la negazione della frase «di notte tutte le vacche sono grigie». Quale delle seguenti è corretta? (1 ) di notte tutte le vacche non sono grigie (2) di notte tutte le vacche sono bianche (3) c' è almeno una vacca che di notte non è grigia (4) di notte non si vedono le vacche (0è ) preferisco non rispondere 10Sono date n biglie numerate da 1 a n e disposte in fila in modo disordinato. Vogliamo ordinarle in modo crescente applicando scambi solo tra biglie contigue; indicare il numero di scambi necessari, nel caso peggiore. (1) (n 1) (n 2) /2 (2) n (n 1) /2 (3 ) n2 (0) preferisco non rispondere SOLUZIONI ESERCIZIO 12345678910 RISPOSTA BBADDBD23 2


STRIZZACERVELLO L' astruso testamento
ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 084

Un facoltoso uomo d' affari americano vuole lasciare i suoi beni in eredità ai figli divisi in parti uguali. Sceglie però una via tortuosa e lascia per iscritto queste istruzioni: «Per dividere equamente l' eredità tra tutti i miei figli, lascio al maggiore un milione di dollari più 1/10 della parte rimanente. Alla secondogenita due milioni più 1/10 del nuovo resto. Al terzo figlio tre milioni più 1/10 del rimanente e così via». Quanti erano in tutto i figli? E a quanto ammontava il patrimonio da dividere? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo.




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