TUTTOSCIENZE 15 aprile 92

SPEDIZIONE SULL'EVEREST Con una rete di satelliti misurerà gli spostamenti delle montagne himalaiane
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, MONTAGNA
NOMI: DESIO ARDITO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 054

L'UNICO cruccio per il novantaquattrenne professor Ardito Desio sono i finanziamenti che "vengono promessi, ma poi non arrivano in tempo, e le spedizioni devono partire; e allora bisogna rivolgersi alle banche". Per il resto la sua piramide-laboratorio collocata a 5050 metri nella vallata del Khumbu, ai piedi dell'Himalaya, sta andando a gonfie vele. Installata nell'estate del '90, "è diventata il punto di riferimento per gli studiosi di problemi d'alta quota appartenenti ad enti ed istituti scientifici di tutto il mondo, del Cnr alle università italiane, dall'Europa agli Usa all'Asia". Lo ha annunciato lo stesso Desio la settimana scorsa presentando al Museo della scienza di Milano una conferenza scientifica internazionale organizzata per fare il punto sulle ricerche svolte fino a questo momento. Lo scorso anno gran parte del lavoro degli scienziati che si sono avvicendati nella "piramide" o che hanno svolto ricerche in Himalaya-Karakorum in collegamento con essa è stato dedicato alla collocazione di una serie di stazioni per la misurazione degli spostamenti orizzontali e verticali della crosta terrestre in questa zona di forte attività orogenitica. Sotto la spinta dell'India, che avanza verso l'Asia alla velocità di 6 centimetri l'anno, tutto il vasto territorio dell'Himalaya, del Karakorum, dell'altopiano del Pamir si solleva. Sia l'Everest (la cima più alta del mondo, 8862 metri) sia il K2 (la seconda 8612 metri) sia le altre della regione continuano a crescere. E' stato accertato che il K2 cresce più dell'Everest. Le misure "ufficiali", quindi, vanno prese con beneficio di inventario perché mutano in continuazione. Nell'87 uno scienziato americano della università di Seattle aveva annunciato che, da misurazioni da lui fatte, risultava che la montagna più alta del mondo non era l'Everest ma il K2, 11 metri più del "rivale" . Proprio dal desiderio di controllare questa affermazione Desio, che nel '54 aveva guidato la spedizione italiana che aveva conquistato il K2, organizzò nello stesso anno una prima spedizione (che si concluse con la conferma del primato dell'Everest), seguita da altre due nell'88 e nell'89. Fu da queste esperienze che nacque l'idea del laboratorio permanente di alta quota, appunto la piramide. (la struttura è stata costruita da due aziende dell'Efim, la Alumix e la Siv). Da questo osservatorio il lavoro di misurazione dei movimenti del suolo riprende ora su basi assai più accurate che in passato grazie all'uso del Gps, il Global positioning system (24 satelliti collocati in orbita geostazionaria in grado di dare la posizione dei vari punti della crosta terrestre con grande precisione). E' stata costituita una catena di punti di misurazione che va dalla pianura del Gange all'altopiano del Tibet; i ricevitori Gps consentiranno una stima di 2-3 centimetri sia sul piano orizzontale sia su quello verticale. Le misurazioni dovranno essere ripetute ogni tre anni, o dopo eventi sismici rilevanti. A parte la questione se il K2 un giorno supererà l'Everest, questi rilevamenti consentiranno di tenere sotto osservazione costante un territorio che è tra i più "vivi" della crosta terrestre e nel quale è possibile verificare i vari aspetti della tettonica a placche. Vittorio Ravizza


LE DATE DELLA SCIENZA Inventò la «bottiglia di Leida» primo condensatore di elettricità
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
NOMI: VAN MUSSCHENBROEK PETER
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 056

TRE secoli fa, e precisamente il 14 marzo 1692, nasceva Peter Van Musschenbroek, uno degli inventori della «bottiglia di Leida». Dopo la laurea in medicina, ottenuta nel 1715, Musschenbroek abbracciò definitivamente la fisica, influenzato soprattutto da Gravesande (vedi Tuttoscienze del 26 febbraio 1992). Musschenbroek è ricordato come un grande fisico sperimentale e la sua «Introductio ad philosophiam naturalem», il più vasto trattato di fisica sperimentale del suo tempo, fu adottato anche da Alessandro Volta. Grande sostenitore della fisica di Newton, morì a Leida, sua città natale, nel 1761. La «bottiglia di Leida» permise di accumulare l' elettricità. Alla realizzazione di questo primo condensatore giunsero, indipendentemente, l' abate Von Kleist e Musschenbroek. Von Kleist, venuto a conoscenza delle conclusioni di Cisternay Dufay secondo le quali l' elettricità poteva essere trasferita da un corpo a un altro (purché isolato), realizzò una bottiglia «isolata» : l' acqua in essa contenuta avrebbe trattenuto l' elettricità. Musschenbroek, invece, realizzò a Leida una bottiglia senza isolarla e quindi chi la teneva in mano avvertiva intense scariche. L' acqua venne poi sostituita con armature metalliche e la «bottiglie di Leida» divenne un cilindro di vetro ricoperto all' interno e all' esterno da pareti di stagnola. La parete interna comunica con l' esterno grazie a un conduttore, mentre la parete esterna va «messa a terra». La «bottiglia di Leida» si carica ponendo il conduttore a contatto col polo di una macchina elettrostatica. Curiosità: negli Anni Quaranta qualcuno suggerì che la biblica Arca dell' allenza avrebbe potuto essere una «bottiglia di Leida». Era, infatti, di legno di acacia (isolante) e rivestita sia internamente che esternamente da lamine d' oro (armature). Chi vi si avvicinava provava forti «scosse», mentre i sacerdoti erano immuni da questi effetti. Le loro vesti, infatti, tessute con fili d' oro e catene, giungevano a terra e vi scaricavano l' elettricità. Franco Gabici


PARASSITISMO Non voglio tuo figlio a balia] La corsa alle armi tra cuculi e ospiti
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
NOMI: BROOKS MICHAEL
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 055. Cuculo, parassiti

ALLEVARE i figli costa una gran fatica. Trovar loro un riparo, proteggerli dai predatori e dall' inclemenza del clima, nutrirli: presso alcuni animali tutto ciò esige un tale dispendio di energie da richiedere il lavoro di entrambi i genitori (come negli uccelli) o la virginale dedizione delle sorelle (come nelle api e nelle formiche), che rinunciano a riprodursi per aiutare la madre ad allevare la prole. Logico quindi che qualcuno cerchi di sottrarsi a questo oneroso compito affidando i figli alle cure altrui. Il più famoso è il Cuculo (Cuculus canorus), ma non è l' unico: ben 80 specie di uccelli (50 solo di Cuculidi) depongono le uova nel nido di un' altra coppia. Seppure con modalità diverse, anche alcune vespe e formiche ricorrono alla forza lavoro delle operaie di altre specie per la cura delle larve. Se il genitore naturale evita in questo modo un costo, quello adottivo è fortemente penalizzato, perché perde tutta o parte della sua prole. Si tratta quindi di una vera e propria forma di parassitismo, dove, nel corso dell' evoluzione, l' ospite ha messo a punto misure di difesa, mentre il parassita cercava di aggirarle. Strategie e controstrategie che non hanno nulla di intenzionale, ma sono il risultato della selezione naturale che premia l' individuo il cui comportamento è più idoneo alla sopravvivenza. Come risultato di questo stato di belligeranza, che caratterizza la loro storia da lunghissimo tempo, il modo di agire del cuculo è modellato su quello del suo ospite, e viceversa In Italia riceve la sgradita visita di mamma cuculo circa una quarantina di specie di passeracei, tutti con le carte in regola per essere dei buoni genitori adottivi. Sono insettivori, perché dovranno provvedere il neonato della giusta dieta di vermi e insetti. E costruiscono un nido all' aperto e di facile accesso, perché mamma cuculo possa deporvi velocemente un uovo. Ogni femmina di cuculo si è specializzata su un certo ospite, al punto che la popolazione dei cuculi si divide in gentes: c' è la gens che affida i propri figli alla cannaiola (Acrocephalus scirpaceus), quella che predilige i canareccioni (Acrocephalus arundinaceus), quella che si fida solo dei codirosso (Phoenicurus phoenicurus), e così via. Ogni gens ha evoluto uova fortemente mimetiche con quelle dell' ospite: verdastre la femmina di cuculo cannaiola, beige a chiazze scure quella di cuculo canareccione, blu smagliante quella di cuculo codirosso. E gli ospiti, resi diffidenti da secoli di brutte esperienze, buttano fuori dal nido ogni uovo che ha l' aria di essere clandestino, diversamente dagli uccelli che non hanno mai subito il parassitismo del cuculo, come i granivori o quelli che nidificano negli anfratti. L' ospite ha raggiunto una tale abilità nel discriminare le uova estranee, che il cuculo non si è fermato a imitare il colore per camuffare le sue, ma le ha ridotte notevolmente di dimensioni (dovrebbero essere tre volte più grandi ), essendo la taglia delle vittime molto più piccola della sua. Nessun particolare deve essere trascurato, perché anche le femmine di cuculo sanno riconoscere un un uovo mal imitato, e non esitano a buttarlo fuori dal nido per far posto al proprio. E' probabile che la corsa alle armi fra il cuculo e i suoi ospiti abbia conosciuto alterne vicende di sconfitte e vittorie: secondo N. B. Davies e Michael Brooks, che all' argomento hanno dedicato anni di studi, alcuni uccelli come il fringuello, che pur essendo adatti come genitori adottivi non sono parassitati dal cuculo, probabilmente hanno avuto questa esperienza nel loro passato evolutivo. Infatti il forte rifiuto che manifestano nei confronti delle uova estranee potrebbe essere il residuo di una guerra antica dalla quale sono usciti vittoriosi. Invece la passera scopaiola, che accetta senza reagire l' uovo chiaro maculato così smaccatamente diverso dalle sue che sono verdi, probabilmente è stata scelta come balia dei piccoli cuculi solo di recente (da qualche secolo) e non ha ancora sviluppato una strategia di difesa. La deposizione delle uova nei cuculi è adattata alle abitudini dei suoi ospiti. Da maggio a giugno essa ne depone da 8 a 12, scegliendo a chi affibbiarle fra le coppie della specie ospite che stanno nidificando nel suo territorio. La femmina che parassita la cannaiola si pone in attesa su un posatoio vicino al nido di una coppia in fase di deposizione. Ci va di primo pomeriggio, perché mamma cannaiola di solito di mattino è impegnata a deporre le uova e rimane in casa. Non appena i proprietari si assentano, la femmina di cuculo vola rapidamente sul nido, afferra un uovo con il becco, depone velocissima il suo e se ne va. Il tutto in dieci secondi. L' uovo rubato le consente di celebrare, con un pasto altamente energetico, l' avvenimento, eliminando in più una bocca a favore della sua discendenza. Lei, però, non si spinge a togliere tutte le uova, perché la coppia dei genitori adottivi se ne accorgerebbe e abbandonerebbe il nido. Sarà suo figlio a sbarazzarsi dei fratellastri quando, 12 giorni e mezzo dopo, esce dall' uovo (quelle dell' ospite schiudono più tardi e anche l' incubazione accelerata è frutto di selezione). Nei primi tre giorni, istintivamente, spinge fuori dal nido con il dorso tutto ciò con cui viene in contatto, uova o nidiacei che siano. Rimasto l' unico pargolo, è nutrito dai genitori adottivi che non sanno resistere di fronte a un piccolo affamato. Maria Luisa Bozzi


ASTUZIE & VIOLENZE Anche le vespe fanno le furbe e usurpano nido e operaie delle cugine meglio attrezzate
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 055

RICORRONO alla manovalanza altrui per tirare su i figli anche alcune vespe cartonaie: quegli insetti antesignani della fabbricazione della carta, ottenuta masticando il legno, con cui costruiscono i nidi sotto i nostri tetti o nei comignoli. A causa del prolungato parassitismo, queste specie non posseggono più la casta operaia, per cui sono obbligate a ricorrere a quella di un' altra specie, usurpandone la colonia. Sulcopolistes sulcifer, che non sa costruirsi una casa, depone le uova nelle cellette dei nidi di Polistes dominulus, dopo essersene appriopriata con una incursione violenta. Tutte e due queste specie si trovano da noi negli ambienti di pianura e di collina. Secondo gli studi di Rita Cervo, Cristina Lorenzi e Stefano Turillazzi dell' Università di Firenze e di Torino, una femmina fecondata di S. Sulcifer si porta con fare deciso su un nido della specie ospite quando sono già sfarfallate alcune operaie. Tutte le femmine della colonia, organizzate in una gerarchia con dominanti e sottomesse, attaccano l' intrusa, che le affronta però una alla volta. Le prime schermaglie fra due lottatrici avvengono a suon di antenne, poi una vespa ospite si alza sulle zampe posteriori e si para davanti all' intrusa con mandibole e zampe anteriori aperte, quindi le due si afferrano e rotolano a terra avvinghiate, la parassita sopra e l' ospite sotto: la prima cerca di mutilare l' avversaria staccandole di netto una zampa, e l ' altra di pungerle l' addome con il pungiglione. E poiché la vittoria arride agli audaci, l' intrusa elimina le dominanti, mentre mantiene in vita le operaie di basso rango, sottomettendole probabilmente con un potente feromone. Conquistato in questo modo il nido, non si muoverà più, accudita dalle operaie ospiti che alleveranno la sua prole. Prole che è costituita solo di riproduttori, maschi e femmine: i primi, assolto il compito di «mariti», non sopravviveranno oltre l' estate; le seconde, ormai fecondate, superano l' inverno al riparo di un anfratto e alla primavera successiva usurpano a loro volta una colonia della specie ospite. Simile è il ciclo vitale di Sulcopolistes atrimandibularis, che vive invece in ambienti di alta montagna ed è parassita obbligato di Polistes biglumis bimaculatus. A causa del clima, la stagione riproduttiva è molto breve e probabilmente per questo la vespa di montagna è meno aggressiva della sua collega di pianura. All' inizio di giugno una femmina fecondata di S. atrimandibularis va in cerca di un nido di P. b. bimaculatus, dove la proprietaria ha deposto le uova e accudisce le prime larve. Approfittando di un momento di assenza della padrona, la parassita lo ispeziona a fondo e poi, se fa al caso suo, si nasconde sul retro, lasciando solo sporgere il capo. Quando l' altra ritorna a casa attacca aggressivamente l' intrusa, battendola con le antenne e spalancando le mandibole, secondo le modalità di lotta in uso nelle vespe. L' intrusa dapprima fa la sottomessa, poi però i ruoli si ribaltano e diventa dominante, probabilmente emettendo un forte feromone. Insediatasi come padrona del campo, la parassita elimina le uova e uccide le larve più giovani, mentre lascia in vita quelle più vecchie, che saranno la manodopera necessaria all' allevamento della sua figliolanza. Poiché qui le condizioni ambientali sono difficili, la femmina di S. atrimandibularis collabora con le operaie ospiti a reperire il cibo per le larve, che nelle vespe sono carnivore. Senza ammazzarsi però di fatica, poiché sa benissimo dove ce n' è di già pronto: conquista un secondo nido di P. b. bimaculatus, che terrà soltanto come dispensa, aprendo le cellette per estrarne le pupe al momento del pasto. (m. l. b. )


SCAFFALE Ambiente analisi tante fatti pochi Brown Lester «State of the World 1992» Isedi
AUTORE: VERNA MARINA
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 055

SONO passati vent' anni dalla Conferenza delle Nazioni Unite di Stoccolma, l' evento che segnò l' inizio dell' interesse internazionale per l' ambiente. L' anniversario verrà celebrato il prossimo giugno a Rio de Janeiro, con l' attesissima Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo. L' attenzione politica sarà concentrata su due temi: la necessità di mantenere il clima stabile (riducendo l' impiego dei combustibili fossili) e la salvaguardia della diversità biologica del pianeta. Sfumata, invece, la possibilità di portare ai tavoli il problema delle foreste. Questi temi sono centrali anche nella IX edizione dell' annuale rapporto «State of the World» del Worldwatch Institute, l' agenzia americana di Lester Brown che ogni anno fa il punto sulle principali emergenze ambientali. Il volume undici capitoli con dati e argomentazioni serrate per uno sviluppo sostenibile esce ora nell' edizione italiana. Il motivo di fondo è quello di sempre: mobilitarsi per cambiare. L' analisi delle ragioni per cui dobbiamo farlo è assolutamente convincente, così come l' elogio sottinteso di una certa frugalità. Prendiamo il problema della diversità biologica: come qualunque altra specie, anche la nostra dipende strettamente dalle altre per il proprio benessere. C' è un certo accordo degli esperti nel ritenere che la maggiore minaccia a questo nostro benessere sta proprio nella perdita delle diversità genetiche all' interno delle specie. I danni della monocultura oggi sono ben visibili, nei Paesi occidentali come nelle ex colonie ed è ormai riconosciuta l' ottima conoscenza che delle piante hanno molte comunità locali. Infatti scienza e industria fanno già uso di queste risorse e in certe località come la foresta amazzonica lavorano freneticamente per cercare di arrivare prima dei caterpillar. La sopravvivenza di queste aree straordinarie è affare di tutti: ma noi occidentali possiamo ben poco senza l' appoggio delle popolazioni locali. Un solo esempio, lo Zambia: qui la gestione della fauna imperniata sui villaggi si è rivelata assai più efficace e da 10 a 50 volte meno costosa delle imposizioni per legge. Le soluzioni ambientali non possono però essere piccole pezze piazzate qua e là. I governi se la caverebbero molto meglio definendo obbiettivi globali anziché continuando con questa microgestione dei dettagli. Sono problemi mondiali, che richiedono risposte globali. Per questo anche il Movimento Federalista Europeo ha preparato una proposta per Rio, che ha presentato nel suo convegno internazionale di sabato scorso a Torino. Tre i punti salienti: un' Agenzia delle Nazioni Unite per l' Ambiente, dotata di reali poteri e di autonomia finanziaria, per avviare i primi interventi concreti. Una «carbon tax», tassa progressiva sulle immissioni di anidride carbonica nell' atmosfera, che servirebbe a finanziare l' Agenzia e, penalizzando la combustione di carburanti fossili, incentivare il risparmio energetico e le energie alternative. La proposta politica di un controllo democratico sulle scelte delle Nazioni Unite attraverso una seconda Camera eletta da tutti gli abitanti del pianeta. Infine, una campagna popolare per chiedere ai Capi di Stato e di governo di discutere queste proposte La Terra, infatti, sta diventando un villaggio globale senza norme, dove tutto è subordinato all' efficienza e al reddito. Ma i meccanismi economici basati sul massimo profitto stanno distruggendo le basi stesse della vita. Parole al vento: sono state ripetute migliaia di volte, negli articoli, nei libri, nei congressi, nelle associazioni ambientaliste. Le conosciamo così bene che sono diventate soltanto un suono senza più significato. La catastrofe troppo annunciata finisce per diventare irreale. Neppure a Rio succederà qualcosa: Bush, impegnato nelle elezioni di novembre, non firmerà nessuna misura impopolare. E le due convenzioni il clima e la biodiversità magari passeranno, ma in termini vaghissimi. Lester Brown e altri, «State of the World 1992», Isedi, 398 pagine 42 mila lire Marina Verna


TUMORI La dieta corretta protegge Lo studio «Epic» spiegherà come e perché
Autore: VINEIS PAOLO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, ALIMENTAZIONE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 055

IN Europa circa il 30 per cento delle morti è dovuto ai tumori, che rappresentano la seconda causa di decesso dopo le malattie del sistema cardiocircolatorio. Di queste morti, un buon numero potrebbe essere evitato attraverso misure preventive. In particolare, pare plausibile che una parte dei tumori sia prevenibile modificando la composizione della dieta, anche se persistono molte incertezze sul ruolo realmente svolto dall' alimentazione. Una riduzione dei rischi di cancro per le persone che hanno un forte consumo di verdure e frutta fresca è stata notata, oltreché per i tumori del tubo digerente, anche per quelli del polmone e di altri organi. Quali siano i costituenti di tali alimenti che contribuiscono all' effetto protettivo non è noto, anche se è verosimile che si tratti di alcune vitamine, in particolare la A e la C. Quanto al ruolo svolto dai grassi, una delle indagini più accurate e di maggiori dimensioni degli ultimi anni, svolta su 89 mila infermiere americane, ha chiaramente evidenziato un aumento dei rischi di cancro del colon nelle forti consumatrici di grassi saturi di origine animale: le donne che consumavano ogni giorno carne di maiale, agnello o vitello avevano una probabilità 2, 5 volte più alta di contrarre un cancro del colon paragonate con le donne che facevano consumo degli stessi alimenti meno di una volta al mese. Certamente, una dieta varia, ricca di verdure e frutta fresca e povera di grassi saturi e di colesterolo appare del tutto ragionevole e consigliabile, non solo per la prevenzione dei tumori ma anche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per dare risposta alle domande ancora aperte (in particolare sul ruolo svolto da vitamine e grassi) e arrivare ad una stima più precisa della quota di tumori dovuti all' alimentazione, verrà avviata quest' anno una vastissima indagine europea. Lo studio, denominato «Epic» (European Prospective Investigation on Cancer), è coordinato dal Centro Internazionale per le Ricerche sul Cancro di Lione ed è finanziato dalla Comunità Economica Europea (Programma Europa contro il Cancro) e, in Italia, dall' Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro. Esso coinvolgerà circa 500 mila volontari in tutta Europa, dai quali verranno accolte informazioni molto dettagliate sulle abitudini alimentari e verrà prelevato un campione di sangue. I campioni di sangue verranno analizzati al fine di determinare la concentrazione di diversi nutrienti. Queste persone verranno inoltre seguite nel corso del tempo e verrà registrata l' incidenza di tumori e di malattie cardiovascolari. Si tratta dell' indagine di maggiori dimensioni finora condotta con tale livello di accuratezza e ha il pregio, rispetto ad altre simili, di coprire aree geografiche con abitudini alimentari estremamente diverse, dai Paesi nordici in cui si fa largo consumo di carne, burro e latticini, fino all' estremo Sud, con consumi elevati di olio, cereali e verdure. In Italia l' indagine verrà condotta a Torino e Ragusa (in collaborazione con l' Avis), Firenze e Varese. Paolo Vineis Università di Torino


SPORT Per il triptofano l' atleta in tilt Dietro il crollo improvviso, il ciclo del glucosio
Autore: TRIPODINA ANTONIO

ARGOMENTI: SPORT, BIOLOGIA, SANITA', MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 055. Fatica mentale e affaticamento fisico

DIETRO il crollo improvviso di un campione dello sport potrebbe esserci un composto chimico finora poco considerato: il triptofano. Questa spiegazione biologica viene ora proposta da Newsholme (Oxford) e Blomstrand (Stoccolma), autori di uno studio sull' origine della fatica mentale che insorge durante attività fisica intensa e continuata. Si sa che la più preziosa sorgente di energia per il muscolo è il glucosio. Questa sostanza circola nel sangue, pronta per l' uso. Ma può anche essere immagazzinata nei muscoli sotto forma di un suo polimero, il glicogeno. Un «pieno» di glicogeno equivale, per i muscoli, a un pieno di energia: è ben dimostrata la diretta correlazione tra carico di glucosio e resistenza fisica. Durante la prestazione sportiva, a mano a mano che il glucosio libero viene utilizzato, altro glucosio viene reso disponibile e immesso nella circolazione sanguigna attraverso la glicolisi del glicogeno, fino al completo esaurimento delle scorte. Da quel momento in poi il glucosio nel sangue, non più reintegrato tende inevitabilmente a ridursi (ipoglicemia), con conseguente progressiva stanchezza fisica e psichica. Il glucosio è infatti la sostanza energetica per eccellenza anche per la cellula nervosa. La rapidità di questo processo è influenzata dalle condizioni climatiche (viene accelerato dal caldo umido, rallentato dal freddo secco). Tuttavia, secondo Newsholme e Blomstrand, non tutte le responsabilità dello sfinimento psicofisico sarebbero da attribuire alla carenza di glucosio. Una causa insospettata potrebbe essere l' alterazione di un delicato equilibrio tra alcuni degli aminoacidi (i «mattoni» costitutivi delle proteine) che circolano nel sangue. In particolare, verrebbe alterato l' equilibrio che esiste tra il triptofano e i cosiddetti aminoacidi ramificati (valina, leucina, isoleucina). Quando i muscoli, dopo aver dato fondo alle riserve di glicogeno, si trovano in carenza di glucosio (e ciò capita più facilmente quando si succedono impegni agonistici ravvicinati, che non consentono la ricostituzione di una buona riserva), utilizzano quali sostanze energetiche alternative i nobili aminoacidi ramificati, alterando in questo modo il delicato rapporto fra questi ultimi e il triptofano. Quest' ultimo aumenta così la sua concentrazione relativa, e con essa il suo potere di penetrazione nel cervello. Una volta nel cervello, il triptofano viene trasformato in serotonina, un neurotrasmettitore che ha un effetto deprimente sulle funzioni cerebrali, essendo una sostanza induttrice del sonno. Si può comprendere come un suo eccesso possa far perdere agli atleti attenzione e coordinamento nei movimenti. I due ricercatori suggeriscono di intervenire prima che ciò accada, somministrando durante la gara bevande con aminoacidi ramificati, in modo da mantenere costante il rapporto fra le due categorie di aminoacidi e tenere a freno il subdolo triptofano. Antonio Tripodina


GRAVIDANZE MULTIPLE Tutti stretti, siamo tanti Gemelli o fratelli coetanei, secondo l' uovo
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 056

POSSONO essere due, ma anche arrivare a sei. Derivare dalla fecondazione di due uova distinte da parte di due distinti spermatozoi e avere quindi ciascuno il suo sacco coriale e la sua placenta (in questo caso di chiamano gemelli biovulari, dicoriali, di o eterozigoti). Oppure derivare da un unico uovo che si sviluppa con gli annessi fetali comuni (gemelli monovulari, monocoriali o monozigoti). Secondo le statistiche, circa una gravidanza su cento è gemellare e quattro paia di gemelli su cinque sono biovulari. Nascendo da due uova diverse, non si tratta di gemelli veri e propri, ma di fratelli coetanei, non identici e spesso anche di sesso diverso. Invece i gemelli identici, nascendo dalla fecondazione di un unico uovo da parte di un unico spermatozoo, hanno lo stesso corredo cromosomico. Sono perciò dello stesso sesso e hanno aspetto e caratteristiche assolutamente identiche. Anche intellettualmente sono uguali e solo differenze di educazione e di ambiente possono creare differenze fra di loro. Essi possono scambiarsi tessuti per trapianti senza che il loro sistema immunitario li rigetti come estranei. La diagnosi di gravidanza multipla può essere fatta entro il quarto mese, con l' ecografia. In questi casi, il volume uterino aumenta rispetto alla norma e la donna può risentirne. Gli inconvenienti, rispetto a una gravidanza normale, sono soprattutto un anticipo del parto, che può arrivare anche tre settimane anzitempo, e una maggiore predisposizione all' ipertensione arteriosa, agli edemi e alla proteinuria. Le ragioni delle gravidanze multiple specialmente di quelle monovulari sono tuttora sconosciute. Esiste una famigliarità (cioè una ricorrenza all' interno dei gruppi familiari) ma non si può parlare di una vera e propria ereditarietà. Con il diffondersi degli anticoncezionali orali e delle cure contro la sterilità, il numero di gravidanze multiple è aumentato: si somministrano infatti ormoni femminili per stimolare la maturazione di più uova contemporaneamente.


LA CHIMICA DEL GREGGIO Petrolio in casa E' la materia prima con cui sono costruiti decine di oggetti: proviamo a farne l' inventario
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T D
NOTE: 056

Q UANDO parliamo di petrolio, in genere pensiamo subito ai suoi derivati benzina, gasolio, olio combustibile. In realtà dal petrolio si ricava una quantità tale di prodotti che diventa quasi impossibile farne l' elenco. Il petrolio, infatti, ha cambiato la chimica dando addirittura origine ad una branca specifica di questa la petrolchimica. Il petrolio greggio contiene centinaia di idrocarburi che si possono dividere in tre gruppi fondamentali: paraffinici, naftenici e aromatici. Esistono vari tipi di petrolio, che si caratterizano per la diversa percentuale di questi tre gruppi di idrocarburi e di altri composti ossigenati, solforati, azotati. Il greggio non è utilizzabile così come sgorga dal sottosuolo ma va lavorato per separarne i vari componenti, che possono essere gassosi, liquidi o solidi. La separazione avviene per distillazioni successive a temperature crescenti; la distillazione primaria, detta topping, dà sei prodotti principali (tagli): gas e eteri di petrolio, benzina leggera, benzina pesante, cherosene e nafta, gasolio, residui. Questi tagli si prestano ad un' utilizzazione omogenea; attraverso successivi processi di raffinazione, come il craking e il reforming e a trattamenti diversi come la polimerizzazione, l' alchilazione, la solfonazione si ottiene una vastissima gamma di prodotti di base. Tra questi, per l' enorme quantità di manufatti che se ne ottengono (e altri se ne stanno ottenendo in continuazione) hanno un' importanza preminente il propilene (da cui deriva il polipropilene) e l' etilene (da cui deriva il polietilene). Per dimostrare la estrema versatilità del petrolio al difuori del settore dei carburanti e dei combustibili non c' è niente di meglio che dare un' occhiata in una normale abitazione, con la sua appendice di garagepiù auto.


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 056

& Perché nello spazio, nonostante i miliardi di stelle la temperatura è di 270? & Come si fa a cucire dall' interno, fino all' ultimo spicchio, i palloni di cuoio? (Leo Manfredi) & Che cos' è il singhiozzo? (Miriam Ricci) & Perché le luci «fisse», ad esempio quelle dei lampioni, sembrano tremolare, se si guardano da lontano? (Stefano Chiadò ) _______ Inviare le risposte a: «La Stampa Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011 65 68 504, indicando chiaramente «Tuttoscienze» sulla prima pagina.


LA PAROLA AI LETTORI Parole eterne e immutabili, se scritte in latino
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 056

UNA precisazione, a proposito della luce al neon: «I tubi al neon (quelli delle insegne luminose) non vanno confusi con quelli fluorescenti (usati comunemente nelle case): semmai sono questi ultimi, che potrebbero danneggiare la vista per eventuali radiazioni non filtrate completamente dal vetro o dalle polveri (ossido di stronzio, berillio, zinco) messe sulle pareti interne del tubo». (Aldo Gallina, Torino) Perché le gocce d' acqua che cadono a volte fanno un buco, altre invece stalattiti e stalagmiti? L' erosione prodotta dall' acqua si basa soprattutto sull' azione meccanica (ad esempio, l' erosione delle scogliere per impatto continuo delle onde) ma anche sulla capacità dell' acqua di sciogliere i sali. La formazione di stalattiti e stalagmiti, invece, non è prodotta direttamente dall' acqua, bensì dalla deposizione di calcare, una tipica roccia sedimentaria costituita per metà da carbonato di calcio e per il resto da altri sali. In questo caso l' acqua rappresenta soltanto il mezzo liquido in cui tutti questi sali sono disciolti: essi sedimentano dove la goccia d' acqua si ferma ed avapora, esattamente come succede quando si forma il calcare all' interno di un ferro da stiro a vapore. (Paola Corrado, Torino) Perché Mendel, per i suoi esperimenti, scelse proprio i piselli? Perché alcuni esemplari di questa pianta possiedono caratteri costanti e, nell' incrocio, davano discendenti fecondi, senza eccezioni. Inoltre non si possono verificare fecondazioni occasionali ad opera di pollini estranei perché nel fiore del pisello gli organi della fecondazione sono strettamente avvolti dalla carena e le autere scoppiano già nella gemma, per cui lo stimma viene ricoperto di polline prima ancora che il fiore si schiuda. (Emilia Mattani, Novara) Perché le piante di pisello presentano caratteri molto diversi tra i vari individui della specie (caratteri unitari contrapponibili o allelomorfi). Questi rendono più semplice l' interpretazione statistica del risultato, in quanto è sufficiente contare nella discendenza gli individui con un determinato carattere (semi lisci o rugosi, gialli o verdi; fiori viola o bianchi; infiorescenze laterali o terminali; piante a stelo alto o basso). (Francesca Ferrero S. Defendente, Cn) Perché il pisello è una pianta facile da coltivare, ha un ciclo biologico annuale e produce una grande quantità di semi. (Monica Bersano, Beinasco, To) Perché il latino è stato considerato la lingua ideale per la classificazione degli organismi? Perché un sistema di classificazione deve essere compreso a livello internazionale e rimanere al di fuori delle inevitabili modificazioni che subiscono le lingue parlate. (Martina Dalla Zentil Conegliano, Tv) Quando, nel 1753, Carlo Linneo pubblicò i suoi volumi delle «Species plantarum » , scelse il latino perché, come lingua morta, gli dava la certezza che il significato delle parole non sarebbe cambiato. Anche al giorno d' oggi i nomi scientifici, pur avendo radici di tutte le lingue, hanno terminazioni latine. (Claudio Martini, Arese, Mi) La nomenclatura binomia di Linneo classifica i viventi in base ad analogie e differenze. Il primo termine indica il genere; il secondo, detto «descrittivo», la specie. (II E, Itc Ferrini Verbania Pallanza) Il «verde bottiglia» e il «rosso mattone» sono dovuti entrambi alla presenza del ferro. Come si spiega questo diverso effetto dello stesso elemento? La differenza di colore si giustifica con il diverso numero di ossidazione che assume il ferro nei due materiali. Può infatti esistere come dicatione (Fepiù più ), che dà composti verdi, o come tricatione (Fepiù più più, rossi). Nel vetro è presente ossido ferroso (di Fepiù più ), che dà la colorazione verde. I mattoni, invece, si preparano con argilla contente ossido ferrico (di Fepiù più più ), che dà la colorazione rossa. (Monica De Facis, Volpiano, To)


STRIZZACERVELLO Solo se sei bravo
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 056

All' ingresso in aula gli studenti hanno trovato già scritte sulla lavagna quattro misteriose operazioni: 6XX X6X XXX XXX XXX XXX XXX XXX XXXX XXXX X6XX XX6X a b c d In ciascuna di queste quattro addizioni, al posto delle X vanno messe le altre nove cifre (da 0 a 9, escluso il 6) senza ripetizioni ed omissioni. L' operazione deve naturalmente risultare esatta. Sapreste aiutare quei poveri ragazzi ? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


RE DEI DIVULGATORI Addio papà Asimov per te ha pianto un robot positronico
AUTORE: LENTINI FRANCESCO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, MORTE
PERSONE: ASIMOV ISAAC
NOMI: ASIMOV ISAAC
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 054

NEL pomeriggio di oggi è morto lo scrittore Isaac Asimov, autore di 500 libri e migliaia di racconti... ». Appresi la notizia alle 01 e 25, ora di bordo, ascoltando le Cronache della Galassia. L' astronave su cui mi trovavo stava per entrare nell' iperspazio. Tra poco il comandante avrebbe dato il via alle complesse manovre che ci avrebbero portato nei pressi del Sole, una gigante rossa situata a circa trentamila anni luce dal Nucleo. Poi avremmo proseguito, a propulsione normale, verso il terzo pianeta del sistema. Come dice la storia della Fondazione, Isaac Asimov era nato proprio su quel pianeta, la Terra, che ora riceveva gli ultimi raggi di luce dalla sua stella. Tra meno di venti secoli anche la Terra sarebbe morta, fagocitata dal Sole, ma non sarebbe morto il ricordo degli uomini che vi avevano avuto origine. Essi popolavano ormai tutto il centro della Spirale, che avevano conquistato con l' aiuto di un buon numero di robot. Improvvisamente mi resi conto che anche i robot positronici erano un' invenzione del signor Isaac Asimov, come tutto ciò che mi circondava. Senza di lui le Tre leggi della Robotica non sarebbero mai esistite. Forse il pianeta Solaris non sarebbe mai stato scoperto e io non sarei qui a raccontare questa storia. Un liquido azzurro sgorgò dai miei occhi meccanici e si cristallizzò rapidamente, nell' atmosfera rarefatta dell' astronave. Francesco Lentini


LA RICERCA ALL' EST Scienziati orfani dell' Urss L' Accademia ha cambiato nome ed è tornata alla Russia ma ora sono in pericolo i finanziamenti per i laboratori
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, POLITICA INTERNA
ORGANIZZAZIONI: ACCADEMIA RUSSA DELLE SCIENZE
LUOGHI: ESTERO, CSI, RUSSIA, MOSCA
NOTE: 053

L' ACCADEMIA delle Scienze sovietica è deceduta una mattina della fine di ottobre 1991. Il trapasso è stato tranquillo e senza troppo dolore. Così finiva l' era gloriosa di una delle più potenti istituzioni scientifiche, gloria della ex Unione Sovietica e più recentemente grave preoccupazione della nuova Repubblica russa. Gli abitanti del grandioso edificio del corso Lenin a Mosca, sede centrale dell' Accademia, non hanno quasi notato l' evento. La vecchia targa dell' istituto è stata sostituita con quella più modesta di Accademia Russa delle Scienze. A dire il vero i russi non avevano una loro Accademia, cosa che li ha irritati notevolmente quando sono diventati indipendenti. Stalin, infatti, aveva trasportato a forza la vecchia Accademia Imperiale Russa, fondata da Pietro il Grande all' inizio del secolo diciottesimo, da Pietroburgo a Mosca negli Anni 30 e l' aveva trasformata nell' Accademia delle Scienze sovietica. Dopo il ritorno alla vecchia denominazione il commento di Velikhov, il vicepresidente attuale, fu: «In effetti noi siamo sempre stati l' Accademia Russa», frase che sarebbe suonata blasfema solo due anni addietro. L' attuale Accademia ha 350 membri effettivi e 626 corrispondenti, quasi 300 istituti, la maggior parte situati nel territorio dell' attuale Repubblica russa e la cifra imponente di 66. 000 ricercatori (la più grande concentrazione di scienziati al mondo). L' anno scorso la vecchia Accademia Sovietica ricevette 2, 5 miliardi di rubli, senza contare i finanziamenti giunti dall' industria, particolarmente dal complesso militare industriale, uno degli angeli custodi della stessa Accademia. Cosa ne sarà di questo finanziamento? Pochi giorni dopo l' annuncio del cambiamento di nome, in una intervista televisiva Boris Eltsin prometteva solennemente che il nuovo Stato russo avrebbe assunto tutto il peso economico e la responsabilità di tenere in piedi l' istituzione. Il 21 novembre 1991 la promessa veniva consolidata in un decreto legge dal Parlamento russo. Anche qui pochi commenti e nessuna protesta da parte dei membri dell' Accademia, che già a settembre in un voto interno avevano espresso il loro desiderio di rinnovarsi. Il segretario scientifico dell' Accademia non è però ottimista. Saranno preservati i vecchi privilegi come il diritto a macchina e autista, indennità speciale i viaggi all' estero per gli accademici? Molto probabilmente tutto questo scomparirà o sarà notevolmente ridotto. Il problema maggiore è però quello di mantenere un' armata di scienziati e di laboratori. Per il momento la maggior parte dei ricercatori si rifiuta di credere in una serie di licenziamenti, tuttavia il destino di particolari istituti l' esistenza dei quali era dovuta più all' ideologia che alla scienza è decisamente in pericolo. Poiché la maggior parte dei finanziamenti dell' ex Unione Sovietica era destinata alla ricerca condotta negli istituti dell' Accademia essi vivevano in condizioni molto privilegiate rispetto alle Università. La separazione tra istituti universitari e istituti dell' Accademia era servita a escludere praticamente questi ultimi dalla ricerca dedicandoli principalmente all' insegnamento. Divisione rivelatasi assai dannosa per la stessa ricerca e anche per la qualità dell' insegnamento. Le migliori menti erano destinate alla scienza e quelle di categoria B alle Università e all' insegnamento. Le università russe devono fare ora molta strada per raggiungere il livello delle loro sorelle americane ed europee. Un secondo problema è la creazione di un gigantesco apparato burocratico di tipo monopolistico che in effetti decideva in modo centralizzato sull' assegnazione dei fondi ai vari istituti. Tali decisioni erano spesso prese al di fuori dei meriti scientifici dei vari laboratori. In sostanza il monopolio dell' Accademia sulla scienza di base russa deve essere rotto. Le poche università russe che insegnano e che coltivano la ricerca sono decisamente migliori di quelle che sfornano solo laureati. La qualità della scienza sovietica, particolarmente in settori quali la fisica e la chimica, più che la biologia e la medicina, è di livello internazionale e merita quindi tutto l' aiuto possibile per esser mantenuta e protetta dal caos economico generale. Senza ricerca di base la Russia retrocederebbe in un decennio alla posizione di Paese del Terzo Mondo. La scissione e la necessaria trasformazione dell' Accademia sta però aggravando le condizioni degli istituti scientifici, già appartenenti alla ex Accademia Sovietica, nelle altre Repubbliche economicamente meno floride della Repubblica russa. Secondo lo stesso Velikhov «in tali Repubbliche non esistono praticamente fondi per condurre la ricerca». Una emigrazione massiccia di scienziati verso l' Europa e gli Stati Uniti causerebbe danni irreparabili alla scienza russa. Tale emorragia è purtroppo già iniziata. Ezio Giacobini Università del Sud Illinois


BIOLOGIA SPAZIALE Il primo nido della vita Con le comete potrebbero essere giunte le molecole che hanno dato origine agli organismi primordiali Si cerca di verificare se questi composti sono in grado di resistere all' impatto con la Terra
Autore: BATALLI COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, ASTRONOMIA, ENERGIA
ORGANIZZAZIONI: SATELLITE GIOTTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 053

IL passaggio della cometa di Halley nel 1986 ha reso molto popolari questi corpi celesti, tanto più che essi possono anche fornirci informazioni sull' origine della vita. L' ipotesi classica presuppone la produzione non biologica di materiali organici, dove per materiali organici si intendono quelli contenenti il carbonio in combinazione con ossigeno, idrogeno e azoto. Un numero limitato di molecole entra nell' evoluzione della vita del nostro pianeta e quelle basilari vengono riscontrate soltanto nel sistema solare esterno, mentre l' ambiente che conduce a una chimica basata sull' acqua e all' evoluzione biologica si trova nel sistema solare interno. Si è quindi pensato che l' origine della vita sia legata al trasporto di materiale organico biogenico dal sistema solare esterno a quello interno e che questo trasporto sia stato effettuato proprio dalle comete. I risultati conseguiti sulla cometa di Halley hanno confermato la presenza di materiali organici complessi come il polimero della formaldeide. Durante la formazione della nebulosa presolare che ha dato origine 4, 6 miliardi di anni fa al nostro sistema planetario, le comete possono aver acquisito il materiale organico di origine interstellare. Infatti delle 80 molecole scoperte dai radioastronomi nelle nubi interstellari, ben 60 sono di natura organica. Un' altra possibilità, che dovrebbe essere studiata più attentamente in laboratorio, è la produzione «in situ» di materiale organico cometario dovuta all' azione energetica dei raggi cosmici che possono favorire la sintesi organica. Le basse temperature del nucleo cometario ( 250C) dovrebbero essere un ostacolo alla presenza di acqua liquida, elemento fondamentale per l' evoluzione prebiotica, ma è stato suggerito da vari scienziati che vi potrebbe essere un riscaldamento interno di tipo radioattivo non ancora verificato, risultante dal decadimento dell' alluminio 26. La teoria degli astrofisici inglesi Hoyle e Wickramasinghe è la più audace e la più contestata in quanto priva per ora di qualsiasi evidenza sperimentale. Secondo i due scienziati, il nucleo cometario viene sottoposto a liquefazioni periodiche dovute a varie sorgenti di calore. All' interno delle soluzioni chimiche risultanti, la vita a livello microbico può autoalimentarsi usando il materiale organico prodotto abiologicamente. Questo modello va oltre e suggerisce che la vita sia distribuita in tutta la galassia tramite comete che trasporterebbero batteri e virus. Supponendo ora che il materiale organico prebiotico sia stato importato realmente dalle comete più di 3, 5 miliardi di anni fa giocando così un ruolo determinante nella formazione della vita sulla Terra, un problema non banale da risolvere è quello della «sopravvivenza» di tale materiale in seguito all' impatto della cometa sia con l' atmosfera sia con la superficie terrestre. L' energia per unità di massa dovuta all' energia cinetica corrispondente a una velocità minima di impatto di 20 chilometri al secondo è più che sufficiente per distruggere il materiale organico. Vi sono tuttavia almeno tre possibilità di sopravvivenza almeno parziale del materiale organico cometario: la prima comporta che, essendo tale materiale poroso e quindi soggetto alla frammentazione durante l' entrata nell' atmosfera, le particelle risultanti di piccola e di media grandezza possono essere rallentate dall' attrito atmosferico in modo tale da preservare il loro contenuto organico. Un' altra ipotesi si basa sul fenomeno della sintesi di molecole organiche complesse e di materiale solido polimerico dovuta all' urto ad alta temperatura in un' atmosfera riducente. Infine vi è il meccanismo suggerito da Clark, il quale postula un impatto radente di una cometa che attraversa una sufficiente quantità di atmosfera in modo da essere rallentata alla velocità terminale. Questo impatto «dolce» lascerebbe un «laghetto» di materiale organico sulla superficie. Tale «laghetto», sotto l' effetto della pioggia, fungerebbe in seguito da sito per l' origine della vita. Questo tipo di ipotesi abbassa però notevolmente la probabilità di un' origine della vita importata dalle comete. Come è stato rilevato dalle misure della sonda spaziale «Giotto», l' acqua rappresenta la maggiore componente dei composti volatili nella chioma cometaria (più dell' 80 per cento). Una considerevole quantità di acqua può essere stata accumulata dalla Terra primitiva negli stadi finali di formazione grazie all' intercettazione di comete deviate dal campo gravitazionale di Nettuno e Urano. Poiché il rapporto fra materiale organico e acqua è superiore al 10 per cento, l' importazione di una enorme quantità di acqua sulla Terra ha come conseguenza un enorme afflusso di materiale organico. Basta pensare che la massa di una cometa si aggira sui 100 miliardi di tonnellate di materia. Mentre la Terra nel corso degli ultimi tre miliardi di anni ha praticamente cancellato le tracce dell' origine della vita, Marte può conservare ancora la «registrazione» degli effetti cometari. Pertanto l' invio coordinato di sonde spaziali automatiche su Marte e sulla superficie di una cometa sarà l' unico mezzo per chiarire nei prossimi decenni il fondamentale quesito sull' origine della vita nel nostro sistema solare. Cristiano Batalli Cosmovici Istituto di Fisica dello spazio, Cnr


SCOPERTA DI SCIENZIATI DANESI La stufa dell' atmosfera Un nesso clima macchie solari?
Autore: COLACINO MICHELE

ARGOMENTI: METEOROLOGIA, ASTRONOMIA, ENERGIA, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 053. Sole

IL clima nasce dall' equilibrio energetico che si stabilisce tra la radiazione solare in arrivo e la radiazione a onda lunga riemessa dal sistema Terra atmosfera verso lo spazio. L' energia solare che arriva al culmine dell' atmosfera per unità di superficie, corrispondente a 1. 370 watt per metro quadrato, è definita come «costante solare»: una definizione piuttosto impropria, perché l' intensità della radiazione emessa dal Sole è, in realtà, continuamente variabile sia pure di poco in funzione del ciclo delle macchie solari. Non sono ancora ben noti, però, nè il processo che associa alle variazioni del numero di macchie solari le variazioni di intensità della costante solare, nè il meccanismo con cui le fluttuazioni della radiazione solare agiscono dando luogo alle modifiche del clima. Stime di vari ricercatori indicano, infatti, che le variazioni nell' energia emessa sono dell' ordine di qualche per mille e, perciò, a prima vista, non dovrebbero essere significative per un eventuale impatto sull clima. Molti studi sono stati eseguiti per individuare un segnale solare nell' interno di serie di dati climatici (temperature, precipitazioni e pressione). Ma i risultati non sono univoci: mentre in alcuni casi l' analisi periodale eseguita su questi dati indicava la presenza di un ciclo di circa 11 anni, in altri casi questo non avveniva. Recentemente due ricercatori dell' Istituto danese di meteorologia hanno pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale «Science» un lavoro in cui esaminano l' andamento dei dati di temperatura dell' aria al suolo nell' emisfero Nord in confronto con quello relativo alla durata del ciclo solare. Quest' ultimo, infatti, come avviene per la costante prima citata, ha una durata media di circa 11 anni ma in realtà presenta variazioni che lo hanno fatto passare dal valore di 12 anni, registrato nella seconda metà del secolo scorso a meno di 10 anni nel decennio precedente. Il risultato di questa indagine è che la temperatura complessiva del nostro emisfero è in opposizione alla durata del ciclo solare: più il ciclo si accorcia più essa aumenta in modo ben correlato, nel senso che le due curve presentano un andamento molto simile. Avendo i colleghi danesi eseguito l' analisi a scala emisferica, si è voluto verificare, data la disponibilità di numerose serie secolari, se l' effetto era presente anche nelle stazioni italiane che sono rappresentative, date la posizione geografica del nostro Paese, del bacino centrale del Mediterraneo. In un lavoro svolto in collaborazione tra l' Istituto di Fisica dell' Atmosfera (Cnr) e Servizio Meteorologico sono stati esaminati i dati di 27 osservatori sparsi lungo tutta la Penisola ed è stato calcolato per il periodo 1866 1991 un indice standardizzato di anomalia adimensionale, che consente di rappresentare l' andamento del campo termico su tutto il territorio nazionale. Il confronto tra indice di anomalia e curva della durata dei cicli solari conferma il risultato dei colleghi danesi con temperature in aumento in corrispondenza alle diminuzioni della durata del ciclo solare. Quindi, almeno su un piano statistico elementare, anche nella più ristretta area corrispondente al bacino centrale del Mediterraneo, sembra confermato il legame tra la durata del ciclo e andamento della temperatura dell' aria. Questo comporta alcune riflessioni. Nel dibattito sul mutamento climatico e sulla evoluzione futura del clima planetario si confrontano sostanzialmente sue diverse linee di pensiero: la prima attribuisce le variazioni del clima, almeno quelle prevedibili per il futuro, alla crescita, legata alle attività antropiche, della concentrazione in aria dei cosiddetti gas serra; la seconda, invece pone l' accento soprattutto sulla variabilità naturale del fenomeno. L' effetto indagato dai ricercatori danesi sembra segnare un punto a favore della seconda ipotesi: tuttavia, essendo ancora poco noti i processi fisici che presiedono alle interazioni tra radiazione solare e sistema climatico, è forse più prudente sospendere il giudizio e cercare di approfondire le conoscenze in materia, mantenendo comunque una vigile attenzione per tutta questa complessa fenomenologia. Michele Colacino Direttore dell' Istituto di fisica dell' atmosfera, Cnr, Roma


SIAMO NELLA STAGIONE A RISCHIO Una valanga nasce così Sovraccarico, vento, rialzo termico o una insidiosa brina sotto la neve
Autore: MINETTI GIORGIO

ARGOMENTI: FISICA, VALANGHE, METEOROLOGIA, MONTAGNA, NEVE
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 054

UN' INTENSA nevicata imprevista può causare valanghe in grado di bloccare una strada a grande traffico, com' è successo il 18 aprilè 91 ai piedi del Sestriere in Valle Chisone; un rialzo della temperatura causato dal foehn può provocare lo scarico di masse nevose su itinerari considerati sicuri; un seracco che si stacca da un ghiacciaio può cadere su accumuli di neve instabile mettendo in moto una valanga di neve polverosa sulle piste di sci. Proprio in questo periodo si registra il maggior numero di valanghe cosiddette «degli sciatori» o per meglio dire di lastroni, poiché le piste delle stazioni sciistiche cominciano a essere impraticabili e il terreno aperto è più suggestivo. Essere informati e affrontare con prudenza un itinerario è la prima regola che debbono adottare i meno esperti della montagna innevata; ma anche il saper rinunciare fa parte della regola del gioco per salvaguardare l' incolumità propria e degli altri. Il problema delle valanghe è vasto e complesso; è quindi utile per gli amanti dello sci alpinismo conoscere alcuni aspetti fisici e dinamici riguardo alla formazione e allo sviluppo di una valanga. La valanga o slavina (il significato è analogo) è lo slittamento o franamento verso valle di una massa nevosa che, dopo essersi depositata su un terreno in pendenza, scivola a valle per la rottura degli equilibri interni che la tenevano ancorata al suolo o alle rocce. Si avrà quindi una zona di rottura, dove la tensione di trazione supera la resistenza della massa nevosa; una superficie neutra di scivolamento; una zona di accumulo dove si ha la massima compressione. Le cause, o le condizioni favorevoli, al distacco di valanghe sono svariate ma si possono ridurre a quattro: A) un sovraccarico, quindi diminuzione delle resistenze interne, conseguente ad una nevicata che dai 30 ai 60 centimetri comincia a costituire un pericolo per lo sciatore e, aumentando il livello, anche per le vie di comunicazione; B) il vento, che accumulando la neve crea lastroni, cornici, accumuli e rigonfiamenti pericolosi qualora sottoposti ad un' azione esterna come il passaggio di uno sciatore, di un animale, la caduta di pietre o cornici o il bang supersonico; C) la temperatura, che elevando il gradiente del manto nevoso determina la fusione della neve con formazione di acqua tra i suoi cristalli; si riduce così la coesione che crea instabilità per indebolimento delle resistenze interne; D) la presenza di uno strato a debole coesione costituito da brina di superficie ricoperta o brina di profondità che rappresenta uno strato scorrevole di scivolamento della massa sovrastante qualora sollecitata da un' azione esterna. Ecco i principali tipi di valanghe: 1) valanghe a debole coesione o polverose; 2) valanghe di superficie o di lastroni; 3) valanghe di fondo o di neve bagnata. A prescindere dalle ulteriori terminologie che le valanghe possono assumere in funzione dei criteri di valutazione, della zona di distacco, della superficie di scorrimento e della morfologia del terreno questi tre tipi sono quelli che più rispondono alle classifiche internazionali. Infatti nel primo gruppo inciderà maggiormente il sovraccarico di neve fresca, nel secondo gruppo il vento e la temperatura e nel terzo gruppo la temperatura. Purtroppo il meccanismo di formazione e distacco è così complesso che è difficile stabilire quando si formerà la valanga; solo entro certi limiti si possono individuare situazioni e condizioni contingenti o potenziali per stabilire un certo grado di pericolosità. Giorgio Minetti


A MILANO Parco tecnologico con ampio catalogo di servizi scientifici
Autore: VERNA MARINA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: OSPEDALE SAN RAFFAELE
LUOGHI: ITALIA, MILANO
NOTE: 054

LI chiamano «Parchi tecnologici» anche se di verde ne hanno poco. In compenso, sono fitti di apparecchiature avanzatissime, di ricercatori, di servizi. Il modello è americano e anche l' Italia tenta di copiarlo, ma con una legge vaga e fondi incerti. Ci sta riuscendo, invece, l' Ospedale San Raffaele di Milano, con il suo consueto miscuglio di fede nella Provvidenza e piglio da manager. L ' obiettivo è un centro di eccellenza in grado di reggere i competitori internazionali: sui risultati e, naturalmente, sugli uomini. Con laboratori impeccabili e contratti in proporzione. Ormai non è più un progetto ma un preciso spazio fisico ai margini di Segrate. Ci sono ancora le gru e il fango se piove, ma molti spazi sono già attrezzati e incominciano i primi traslochi. Il progetto strategico è preciso e sta funzionando: il Parco offre prestazioni scientifiche di tutti i generi, chi è interessato prende e paga. Il catalogo è ampio, così come il tariffario. Si va da un' interazione stretta come quella con l' industria farmaceutica Roche, che affitta mille metri quadrati di laboratorio per la sua nuova Unità di ricerca immunologica e propone ricerche comuni, ai rapporti meno impegnativi con le industrie che trovano più conveniente acquistare certi servizi anziché provvedere in casa. Inoltre, stretto rapporto con la clinica: il San Raffaele è di fronte. Il punto di forza di questo Parco Tecnologico è l' interazione tra pubblico e privato. Ci sono fondi dell' Università e del Cnr, i finanziamenti che il San Raffaele riesce a ottenere (anche nell' ambito Cee), gli accordi con l' industria privata. La gestione sarà molto americana: si finanziano «obiettivi» e alla fine dell' anno si fanno i conti. I soldi arrivano soltanto per chi produce: una politica che spesso ha fatto saltare ricerche di base che sembravano non condurre da nessuna parte, ma che indubbiamente funziona. Il padiglione più nuovo è il Dipartimento di Biologia e Tecnologia familiarmente chiamato Dibit. Qui si faranno i corsi del primo triennio della Facoltà di Medicina della Statale e quelli di diploma del Politecnico (che installerà anche il suo Centro di Bioingegneria). I servizi più costosi sono in comune: lo stabulario (rifornitissimo di roditori selezionati per le ricerche in corso, cioè immunodepressi e transgenici) e le grandi macchine come il microscopio elettronico, lo spettrometro di massa, la risonanza magnetica. Molte le industrie interessate ad avere uno spazio nel grande complesso, uno solo il contratto finora firmato, quello con la Roche appunto. Una trentina di ricercatori alcuni richiamati in Italia dall' estero lavoreranno a un progetto di nuove terapie per le malattie autoimmuni. Con loro, su obiettivi comuni, anche universitari e ospedalieri: una politica delle porte aperte che sembra dimenticare la competizione personale. (m. ver. )


BATTE IL RECORD DI CHIRONE E' il pianetino più lontano Scoperto oltre Nettuno, ha un' orbita eccezionale
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: ROBINOWITZ DAVE, KOWAL CHARLES
ORGANIZZAZIONI: 1992 AD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 054. Pianeta

UN piccolo pianeta è stato scoperto oltre l' orbita di Nettuno, che si snoda a 4, 5 miliardi di chilometri dal Sole: solo Plutone si spinge oltre. Il suo diametro è stimato intorno ai 140 chilometri e provvisoriamente è stato battezzato con la sigla 1992 AD. L' annuncio apparso sulla circolare dell' Unione astronomica internazionale del 23 gennaio scorso ha suscitato molta curiosità tra i ricercatori. Si tratta infatti di un asteroide dall' orbita eccezionale, che si spinge fino ai confini estremi del sistema solare, mentre le varie migliaia di asteroidi conosciuti circolano tra l' orbita di Marte e quella di Giove. C' è un solo precedente del genere, ed è quello di Chirone, un pianetino scoperto da Charles Kowal nel 1977 con il telescopio Schmidt di Monte Palomar, in orbita tra Saturno e Urano. A questo punto diventa lecito pensare che al di là di Saturno esista un' altra fascia di asteroidi, simile a quella ben nota tra Marte e Giove. Inoltre, oggetti come i satelliti di Nettuno, come Caronte, satellite di Plutone, e come Plutone stesso, potrebbero appartenere originariamente a una stessa famiglia. La scoperta di 1992 AD è avvenuta su una foto ripresa il 9 gennaio in Arizona da Dave L. Rabinowitz con un telescopio a largo campo da 91 centimetri di apertura. Ritrovato su numerose foto riprese in precedenza, tra le quali alcune dell' Osservatorio australe europeo (Eso) risalenti al 1977 78, è stato possibile calcolarne rapidamente l' orbita. Questa è fortemente ellittica, è inclinata di 25 gradi rispetto a quella della Terra, viene percorsa in 92 anni e mezzo e ha il punto più lontano dal Sole a 32, 4 unità astronomiche (1 unità astronomica = distanza Terra Sole, cioè 149 milioni di chilometri). Al momento della scoperta 1992 AD appariva come una stellina di diciassettesima magnitudine dalla luce fortemente arrossata. Poiché in base a osservazioni fatte al telescopio multiplo di Monte Hopkins e al telescopio da 1, 5 metri di Catalina il suo potere riflettente è risultato molto basso (circa l' 8 per cento), il suo diametro probabilmente si aggira sui 140 chilometri. Come nel caso di Chirone, le ipotesi sulla natura di 1992 AD possono essere quattro: o è un asteroide; o è il nucleo di una cometa esaurita; o è un planetesimo sopravvissuto alla formazione del sistema solare; o è un satellite sfuggito a Urano o Nettuno. Nel primo caso si può supporre anche l ' esistenza di molti altri oggetti simili in quella lontana regione del sistema solare. Rispetto a Chirone, 1992 AD ha caratteristiche ancora più eccezionali. Si allontana molto di più dal Sole (l' afelio di Chirone è a 16 unità astronomiche), ha un' orbita più inclinata (Chirone si scosta solo di 7 gradi dall' eclittica), e più eccentrica. Chirone però dovrebbe essere più grande: circa 300 chilometri di diametro. Piero Bianucci




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