TUTTOSCIENZE 5 febbraio 92


ULTIME NOTIZIE DALLO SPAZIO In corsa verso il Sole Sabato la sonda Ulisse raggiungerà Giove, poi si dirigerà verso la nostra stella per svelarci l' aspetto dei suoi poli. Intanto ecco la prima foto di un asteroide Il pianetino Gaspra: mai visto un paesaggio così Un «sasso» di 17 chilometri mitragliato di crateri
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, ASTRONOMIA
ORGANIZZAZIONI: LABEN, ALENIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 017

ULTIME notizie dal sistema solare. La navicella «Galileo» ci ha inviato la prima immagine ravvicinata di un asteroide, il pianetino chiamato Gaspra. Una foto che possiamo già considerare «storica». Intanto la sonda dell' agenzia spaziale europea «Ulisse» sta per compiere un giro di boa attorno a Giove, manovra essenziale perché la navicella possa inserirsi in un' orbita che sorvola i poli del Sole. Anche questa è una prima assoluta, che permetterà un forte progresso nella conoscenza della nostra stella. «Ulisse» raggiungerà Giove, il più grande e massiccio dei pianeti, sabato 8 febbraio, ne sorvolerà il polo Nord e verrà deviata dal forte campo gravitazionale gioviano in modo tale da uscire dal piano delle orbite dei pianeti per entrare in un' orbita quasi perpendicolare a questo piano. Con il risultato che tra due anni e mezzo «Ulisse» vedrà dall' alto il polo Sud del Sole, e poi, compiuto un altro mezzo giro orbitale, ne vedrà anche il polo Nord. I poli sono le regioni meno conosciute del Sole perché dalla Terra, per motivi prospettici, possiamo averne soltanto una visione radente. E sono anche tra le regioni più interessanti, perché lì le linee di forza del campo magnetico escono dalla fotosfera per prolungarsi nello spazio. La corona, cioè l' alone di plasma alla temperatura di 5 milioni di gradi che avvolge il Sole come una rarefattissima atmosfera, è imprigionata nelle linee di forza del campo magnetico un po' come avviene per la limatura di ferro messa intorno a una calamita. Guardando a perpendicolo sui poli, come faranno gli strumenti di «Ulisse», potremo comprendere meglio la dinamica della corona e la natura stessa del campo magnetico solare, il cui influsso investe anche la Terra e, per quanto ne sappiamo, si fa sentire fin oltre Nettuno, dove la sonda «Voyager 2» ne ha ancora rilevato la presenza. Un telescopio per raggi X, inoltre, metterà in evidenza i «buchi» della corona, che si aprono sopra le regioni polari. Il punto di osservazione di «Ulisse» è privilegiato anche per altri studi. La sonda misurerà il flusso dei raggi cosmici (particelle atomiche provenienti dallo spazio esterno, galattico e intergalattico) al di fuori delle distorsioni introdotte dal campo magnetico solare, che sul piano delle orbite planetarie convoglia queste particelle. Altre ricerche riguarderanno la polvere interplanetaria (finissimi detriti diffusi dalle comete e dalle collisioni tra asteroidi, o anche residui della nebulosa che diede origine al sistema planetario). Questa polvere quasi certamente è sparsa soprattutto sul piano delle orbite ed è molto meno abbondante, se non proprio assente, fuori di esso. Mancano però, in proposito, dati sperimentali. Infine, un altro strumento potrà eventualmente captare onde gravitazionali provenienti da qualche stella in collasso: è un esperimento progettato da Bruno Bertotti, dell' Università di Pavia, il ricercatore che, tra l' altro, ha proposto di battezzare «Ulisse» questa sonda il cui «cervello», per inciso, è stato realizzato a Milano dalla Laben, azienda del gruppo Alenia. Informazioni di interesse eccezionale sono giunte, intanto dalla sonda della Nasa «Galileo», diretta a Giove, di cui diventerà un satellite artificiale verso la fine del 1995. Questa navicella, partita il 13 ottobre 1989, il 29 ottobre dello scorso anno ha ripreso le prime immagini ravvicinate di un asteroide, il piccolo Gaspra. I fotogrammi scattati sono 150 e in 16 di essi compare il pianetino. La trasmissione delle immagini era prevista per la fine di quest' anno in quanto la «Galileo» è stata colpita da un' avaria all' antenna principale e il collegamento con la Terra può avvenire con sicurezza soltanto a distanza ravvicinata. Ma gli astrofisici della Nasa non hanno resistito alla curiosità e si sono fatti mandare almeno una prima immagine. Impresa non semplice, perché la piccola antenna utilizzata in luogo di quella principale consente un flusso di appena 40 informazioni elementari al secondo anziché le 134 mila che potrebbero passare per l' antenna grande. Il che significa che per ricevere una foto occorrono alcuni giorni invece di un solo minuto. In ogni modo il risultato è stato eccezionale: Gaspra si è mostrato come un asteroide di forma irregolare, oblunga, di 17 per 11 per 9 chilometri, cosparso di piccoli crateri: i più grandi raggiungono il chilometro di diametro. E' bastata questa immagine per imparare molte cose. Gaspra sembra un pianetino relativamente giovane (altrimenti porterebbe i segni di impatti più vistosi), di appena qualche centinaio di milioni di anni. Deriverebbe quindi dalla frammentazione di un oggetto molto più massiccio, avvenuta in tempi abbastanza recenti. Dal numero dei craterini visibili (la foto permette di vedere particolari di 50 100 metri) si può supporre che nella fascia degli asteroidi siano numerosissimi i piccoli corpi vaganti: Paolo Farinella, uno dei maggiori esperti di asteroidi, su «l' Astronomia » stima in centinaia di milioni il numero dei pianetini con dimensioni di circa cento metri. Quanto all' aspetto, come previsto, Gaspra ricorda in modo impressionante i due piccoli satelliti di Marte. Gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena hanno paragonato questo asteroide a un «dente cariato». Un paragone poco lusinghiero ma senza dubbio efficace e realistico. Piero Bianucci


E. T., se ci sei batti un colpo Piano per cercare gli extraterrestri
Autore: BATALLI COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: PROGETTO CICLOPE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 017

DA una ventina di anni la Nasa da una parte e la Società Planetaria dall' altra hanno avviato programmi di «ascolto» tramite grandi radiotelescopi, come quello da 300 metri di Arecibo, per cercare di captare segnali radio intelligenti provenienti da un qualche pianeta abitato della Galassia. Si pensa infatti che nella sola nostra Via Lattea vi siano almeno un milione di civiltà tecnologicamente evolute. La vita al di fuori del nostro pianeta è invece sicuramente da escludere nel nostro sistema solare. Il programma, scientificamente molto sofisticato, prende il nome da Search for Extra Terrestrial Intelligence (Ricerca della vita intelligente extraterrestre) e il progetto Ciclope, iniziato nel 1971, che prevede l' utilizzazione di un centinaio di radiotelescopi mobili su enormi rotaie e operanti in fase, dovrebbe essere il coronamento di questi sforzi. Nel frattempo però, grazie anche a Paul Horowitz di Harvard, già iniziatore dei progetti Sentinel e Meta, la Società Planetaria ha proposto di usare i nuovi «chip» recentemente sviluppati nelle tecnologie dei calcolatori per accelerare di un fattore 10. 000 la ricerca di vita intelligente. Tale società, promotrice fra l' altro dello stesso programma Seti, opera già ora con i ricevitori più potenti del mondo dedicati a questo programma un radiotelescopio a Harvard, nel Massachusetts, e un telescopio fratello situato in Argentina, vicino alla capitale Buenos Aires. Ora si presenta l' opportunità di espandere Meta (programma Seti con 8, 4 milioni di canali) in Beta, un sistema che incrementerà le capacità di monitoraggio fino all' incredibile valore di 6 miliardi di radio frequenze. Ciò aumenta di 600 volte la probabilità di rilevazione e quindi di successo, rendendo possibile la radio comunicazione con civiltà extraterrestri tecnologicamente evolute. Il progetto Beta avrà come base Harvard, vicino quindi a Meta, e si svilupperà in due fasi: Beta 1, pronto per il 1993, con 100 milioni di canali, che sarà già il più grande analizzatore di spettri del mondo, e Beta 2, il gigantesco sistema con 6 miliardi di canali che coprirà tutto il cielo visibile. Inoltre esso fornirà una copertura completa del cosiddetto «buco d' acqua» (1420 1662 MHz), la regione dello spettro elettromagnetico dove si dovrebbero maggiormente cercare segnali Seti. Ciò avverrà con l' incredibile risoluzione di 0, 05 Hz, ovvero 5/100 di ciclo al secondo. Meta finora ha investigato solo un decimillesimo delle frequenze dove si pensa di poter captare segnali Seti. In verità vi sono letteralmente miliardi di radio frequenze alle quali tali segnali potrebbero pervenire dallo spazio profondo. Quando Meta fu costruito esso era tecnologicamente limitato e quindi ci si è concentrati sia nella ricezione che nell' invio di segnali sulle cosiddette frequenze «magiche», quali la lunghezza d' onda dell' idrogeno neutro (10 centimetri), essendo l' idrogeno l' elemento più abbondante nell' Universo: il suo spettro di conseguenza dovrebbe essere conosciuto a tutte le civiltà tecnologicamente avanzate. I progetti Beta differiscono notevolmente da quelli intrapresi dalla Nasa per Seti in quanto Beta 1 avrà la prima antenna a doppio fascio con uno spettrometro a megacanali in modo da eliminare le interferenze dovute ai segnali di origine terrestre di cui è naturata la nostra ionosfera. La risoluzione di Beta 1 sarà 50 volte e quella di Beta 2640 volte migliore di quella della Nasa. Supponiamo però ora di riuscire, con enorme fortuna, a captare un segnale sicuramente intelligente proveniente da un sistema planetario distante 100 anni luce e a decodificarlo. La nostra risposta impiegherà 100 anni per giungere a destinazione e altri 100 ne occorreranno per sapere di essere stati «ascoltati». L' attesa non sarà certo gratificante per chi ha investito tempo e denaro in questa affascinante ricerca ai limiti estremi delle possibilità tecnologiche del XX secolo. Cristiano Batalli Cosmovici Istituto di Fisica dello spazio Cnr, Frascati


GENETICA La lezione dei gemelli omosessuali STUDIO USA
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: GENETICA, BIOLOGIA
NOMI: LE VAY SIMON
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 017

Aproposito delle differenze tra il cervello dei maschi omosessuali e quello degli eterosessuali, giunge ora una notizia che suggerisce un forte legame tra comportamento sessuale ed ereditarietà. Se questi ultimi risultati verranno confermati, si rafforzerà sempre di più l' ipotesi di una base biologica dell' omosessualità. L' evidenza di una base biologica della sessualità non stupisce i biologi ma giunge forse un po' nuova al pubblico. Un nuovo studio comparso nel numero di dicembre dell' «Archives of general psychiatry» proviene dalla Northwestern University e dalla Boston University ed è opera di Bailey e Pillard. I due (uno psicologo e l' altro psichiatra) hanno studiato un campione di 161 omosessuali maschi suddivisi in gemelli identici, gemelli non identici e fratelli adottivi. I risultati dimostrano che ben il 52% dei gemelli identici è anche omosessuale mentre tra i non identici la frequenza cade al 22%. Tra i fratelli adottivi solo l' 11% è omosessuale. Una correlazione del genere è certamente indicativa del peso dei fattori ereditari. Purtroppo non esistono dati molto precisi sulla frequenza dell' omosessualità maschile in una popolazione generale, per cui è difficile valutare con precisione il fattore di ereditabilità delle caratteristiche omosessuali. Usando una frequenza tra il 4% e il 10 % si ottiene una correlazione tra il 30% e il 70%. Gli autori sono convinti che il fattore genetico giochi almeno per il 50%. Si ignorano attualmente quali possano essere gli altri fattori che contribuiscono al rimanente 50%. I tanti lavori che hanno studiato l' importanza dell' ambiente, l' orientamento sessuale dei genitori l' educazione o l' attività sociale non sono giunti a chiare conclusioni. Decine di anni di lavoro scientifico dimostrano che il cervello è anche un prodotto dell' esperienza precoce, dell' ambiente sociale e di istruzioni genetiche. Gli autori dell' articolo, come altri studiosi intervistati sull' argomento, propendono per l' influenza di fattori ormonali piuttosto che per quelle psicosociali e ambientali. Tenendo conto delle osservazioni fatte da Simon Le Vay e pubblicate l' agosto scorso sulla rivista «Science» e di quelle di altri gruppi di scienziati che indicano una relazione tra lo sviluppo e la grandezza di determinati nuclei di cellule nervose dell' ipotalamo, viene naturale chiedersi in che modo i fattori genetici possano influenzare il comportamento sessuale. Una possibilità è che i geni implicati nell' omosessualità, come suggerito dagli studi sui gemelli, siano gli stessi che influenzano o perfino dirigono lo sviluppo dei centri nervosi implicati nel processo di mascolinizzazione dell' ipotalamo nel periodo precoce della differenziazione sessuale. Tali fattori genetici potrebbero regolare, ad esempio, il numero delle cellule nervose che costituiscono la parte anteriore dell' ipotalamo detta Inah (nucleo interstiziale dell' ipotalamo anteriore) risultata meno sviluppata nei 19 soggetti omosessuali maschili studiati da Le Vay. Pare quindi di assistere a una convergenza di dati e di ipotesi, tutti indicanti che l' orientamento sessuale sia già stabilito prima della nascita e governato da fattori biologici. Alcuni si preoccupano che la scoperta di una diversità biologica ereditaria possa influenzare negativamente la nostra attitudine verso l' omosessualità. Il problema non sta forse nelle cause, biologiche o sociali che esse siano, quanto nel fatto che non esiste una giustificazione per opprimere gli omosessuali. Ezio Giacobini Università del Sud Illinois


E' POSSIBILE IL COLLOQUIO UOMO MACCHINA? Quattro chiacchiere con «Eloisa» E' un computer, ecco come potete chiamarlo
Autore: LENTINI FRANCESCO

ARGOMENTI: INFORMATICA, TECNOLOGIA
NOMI: CHOMSKY NOAM
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 018

SARA' mai possibile costruire un computer capace di comunicare con l' uomo usando il suo stesso linguaggio? Negli Stati Uniti qualcuno ci crede fermamente, al punto da mettere in palio un premio per il miglior programma di conversazione in linguaggio «naturale». La prima edizione del Premio Loebner (dal nome dell' ideatore), svoltasi al Computer Museum di Boston, ha visto vincitore un programma che è riuscito a simulare in modo abbastanza convincente alcuni aspetti del comportamento umano. Dicono le cronache che cinque persone su dieci, dopo alcune ore di fitto dialogo via terminale, hanno avuto l' impressione di aver conversato con un' altra persona. Secondo le idee del logico inglese Alan M. Turing (1912 1954), e di molti altri, quando in un esperimento del genere nessuno sarà più in grado di dire «chi» c' è all' altro capo del filo (se uomo o macchina) si potrà legittimamente affermare che è stata creata l' intelligenza artificiale. Ma non è tutto oro quello che luce. Secondo alcuni, tra cui l' illustre linguista Noam Chomsky, gli esperimenti di questo tipo avrebbero una validità scientifica molto limitata. Viene giustamente fatto rilevare che la mitica macchina capace di superare il test di Turing, quand' anche fosse alla portata della nostra tecnologia, non potrebbe affatto essere definita «intelligente» (perlomeno non nel senso umano del termine). In effetti esistono tecniche di programmazione che consentono di simulare piuttosto bene la comprensione del linguaggio da parte del computer, non però al punto da ingannare un esperto di informatica. Ma, domandiamoci, è poi così importante convincere gli esperti di informatica? Ed è assolutamente necessario superare il test di Turing? Facciamo un passo indietro. Il primo programma di conversazione con il computer è stato «Eliza», di Joseph Weizenbaum (Mit, 1966). Si tratta di un software di pubblico dominio da oltre vent' anni, ma di nessuna utilità pratica (per il fatto di non essere espandibile e di essere stato pensato per la lingua inglese). Verso la fine del 1988 tentai di scrivere un programma tipo Eliza, ma che potesse servire come interfaccia utente verso un sistema operativo o una base di dati. Il primo nome che mi venne in mente fu «Eloisa», da Easy LOgig Intelligent Software Automa. Anche se il compito si dimostrò molto più difficile del previsto, ebbi l' idea di sfruttare il mezzo telematico per rendere il programma sempre più «intelligente», concetto piuttosto diverso da quello che sta alla base del test di Turing (e di conseguenza del premio Loebner). Infatti lo scopo di una conversazione con Eloisa non era quello di ingannare l' interlocutore, facendogli credere di parlare con un essere umano, bensì quello di accrescere la base di conoscenza del programma (una specie di «memoria a lungo termine», per usare un termine classico). I fatti di Boston offrono lo spunto per un ritorno di Eloisa tra gli umani, in un piccolo esperimento che mira a coinvolgere esperti di informatica, ricercatori di tutte le discipline e semplici curiosi. La conversazione con Eloisa può svolgersi in tre lingue, a scelta dell' utente: italiano, inglese o francese. L' argomento generale della conversazione è Eloisa stessa, intesa come «personaggio» da intervistare. Lo scambio di domande e risposte si svolge in una certa lingua, ma battendo un particolare comando si può ottenere la risposta in un' altra lingua. Naturalmente non tutte le domande possono avere una risposta, poiché vi sono limiti alla base di conoscenza. Ma Eloisa «impara» da ogni conversazione sostenuta. Forse Eloisa non ha un comportamento molto «umano», ma bisogna dire che sostiene piuttosto bene il proprio ruolo. La sua «personalità » è divisa in aree specifiche: Essere, Avere, Sapere, Piacere, Fare, Amore, Amicizia, Sogni, Soldi, Sesso, Lavoro e così via (vedere a fianco la mappa dettagliata di tali aree). E' una macchina che parla come una persona che vuole far credere di essere una macchina. Infatti alla domanda: «Sei una persona o una macchina ? », risponde invariabilmente con la frase: «Ebbene sì, sono solo una stupida macchina». Che senso hanno le ricerche sull' elaborazione del linguaggio e, soprattutto, a che scopo profondervi tante energie? Contrariamente alle apparenze, e nonostante le difficoltà, queste ricerche sono potenzialmente molto utili purché si rinunci all' utopia di Turing (cui peraltro va attribuito il merito di aver introdotto il concetto di «computazione» ). Per esempio per i portatori di handicap. Abbinando un programma di conversazione a una scheda per il riconoscimento del parlato (in ingresso) e a un sintetizzatore vocale (in uscita), si ottiene una «macchina per conversare», ovvero un computer controllato per mezzo della voce. La possibilità di usare migliaia di frasi complete, al posto di poche centinaia di comandi (si veda a questo proposito il progetto «Apriti Sesamo» realizzato a Torino, descritto su Tuttoscienze il 26 giugno ' 90), consentirebbe un' interazione uomo macchina molto sofisticata. I primi a beneficiarne sarebbero i non vedenti, mentre in mancanza della voce (sordomuti) resterebbe in uso la tradizionale tastiera. Eloisa introduce in questo campo un concetto preso in prestito dalla tecnologia dei sistemi esperti (quello di «base di conoscenza», che implica l' esistenza di un «motore inferenziale» ) e presenta alcune caratteristiche tipiche delle reti neurali (apprendimento guidato da esempi, indipendenza dalla struttura linguistica, immunità al rumore). Tutto questo potrà portare a una evoluzione del sistema. Con l' ausilio di esperti si potrà forse creare un «addestratore linguistico» per gli idiomi più difficili (per esempio latino, greco, tedesco e russo, ma tale possibilità è ancora tutta da verificare). Programmi più complessi di Eloisa, ma basati sullo stesso principio (auto apprendimento), potranno servire da interfaccia intelligenti, oppure per fare compagnia agli astronauti nelle missioni spaziali di lunga durata. Il tutto all' insegna della concretezza. A differenza dei programmi recentemente presentati al Computer Museum di Boston, programmi il cui scopo ultimo è quello di superare il test di Turing (e vincere così i 100. 000 dollari del premio Loebner), Eloisa non fa nulla per nascondere la sua vera natura. Inoltre Eloisa funziona come un vero e proprio, ancorché estemporaneo, servizio telematico: attraverso i cavi telefonici, che avvolgono il nostro pianeta in una fitta rete, è in grado di scambiare «quattro chiacchiere» proprio con tutti. Questa, in termini molto semplici, è Eloisa. Ma funziona veramente? E in che modo? Per saperne di più basta predisporre il terminale (attenzione ai parametri) e comporre il numero. Buona conversazione. Francesco Lentini


LA NUOVA TV Sci ad alta definizione Dalle Olimpiadi prime trasmissioni
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, TELEVISIONE, TECNOLOGIA
NOMI: ZANMARCHI GIULIO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 018

CON le prossime Olimpiadi invernali di Albertville la televisione ad alta definizione farà la sua prova generale consentendo ad un pubblico sia pure ancora limitato di valutare la qualità delle immagini rese possibili dal nuovo sistema. L' Europa, che ha portato avanti gli studi in questo campo nell' ambito del progetto Eureka, ha messo a punto uno standard che appare senz' altro competitivo con quelli di Usa e Giappone. Lo afferma il professor Giulio Zanmarchi, direttore generale tecnico del Centro ricerche applicative della Philips a Monza. «Il nuovo standard Hd Mac sostituirà lo standard attuale del Pal Secam». La conseguenza sarà una rivoluzione nelle strutture di produzione dell' industria televisiva paragonabile al passaggio dal bianconero al colore. Anche l' apparecchio cambierà for ma, sarà più basso, allungato, con lo schermo rettangolare (il rapporto tra base e altezza sarà di 16 a 9) come un cinemascope. Come soluzione ponte è gà in commercio da qualche settimana uno standard intermedio, il D2 Mac, ancora a 625 linee come quello attuale ma con una migliore qualità di immagine e compatibile con il futuro sistema che sarà a 1250 linee. Il miglioramento dipende dal fatto che i 50 quadri al secondo che formano l' attuale immagine televisiva nel D2 Mac diventano 100, come saranno anche nel sistema 1250 linee, eliminando il fastidioso sfarfallio. Il D2 Mac a 625 righe in presenza del nuovo standard Hd potrà funzionare senza gli adattatori che sono invece necessari con l' attuale Pal. Sarà disponibile tra breve l' adattatore unico che potrà essere montato con l' antenna centralizzata del condominio. Il sistema Hd europeo ha tutte le caratteristiche per essere mondiale, mentre americani e giapponesi si sono orientati per altri standard. Gli americani puntano sulla televisione digitale, per la quale non è stato ancora raggiunto un buon livello del prodotto. Da parte loro i televisori ad alta definizione giapponesi hanno costi che vanno dai 30 ai 35 milioni, e sono quindi fuori mercato rispetto a quelli europei, i cui costi nel 1995 scenderanno a 5 milioni per l' Hd e a circa 3 milioni per il D2. Quest' ultimo tv color sarà il più diffuso per almeno vent' anni. Gli studi per l' alta definizione sono stati portati avanti, oltre che dalla Philips, da altre due aziende europee, Thomson e Nokia, che ora presenteranno il prodotto ottenuto appunto in occasione dei Giochi Olimpici invernali di Albertville. In Hd verranno trasmesse 170 ore di sport dalle tre località francesi di Meribel, Courchevel e Albertville che saranno collegate da 60 chilometri di cavo a fibre ottiche. Le gare delle altre località saranno registrate in Hdtv e trasmesse successivamente. In Italia ci saranno quattro postazioni dotate del decodificatore per vedere le immagini in alta definizione: a Milano e a Roma ci sarà la strumentazione Philips, a Torino quella della finlandese Nokia e a Napoli quella della Thomson. In tutta Europa sono state installate 50 postazioni, di cui 25 in Francia. Fra due mesi le tre aziende avranno pronti mille prototipi che serviranno a divulgare in alta definizione altri avvenimenti europei che caratterizzano il 1992: l ' Expo ' 92 di Siviglia (dal 7 maggio), gli europei di calcio in Svezia (10 26 giugno), le Olimpiadi di Barcellona (25 luglio 9 agosto). I segnali potranno essere ricevuti ovunque in Europa purché si abbia un apparecchio televisivo compatibile, un' antenna parabolica ed un sintonizzatore per satelliti. I satelliti europei collegati sono Telecom II, Eutelsat, Tdf 2, Olympus e Tv Sat. I codificatori digitali per la trasmissione da punto a punto sono della Telettra. Pia Bassi


CERCOPITECHI VERDI Quanto fiuto in quella coda bassa] Dietro taluni comportamenti sembra esserci un ragionamento La capacità di formulare concetti astratti e fare previsioni
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 019

GLI psicologi sono una rispettabile categoria di studiosi che, collaborando con gli etologi, contribuiscono non poco a chiarire molti punti oscuri della psiche dei primati non umani. Ma hanno spesso la mania di voler spaccare il capello in quattro. In fatto di «pensiero», le loro sottili disquisizioni tendono sempre a distanziare nettamente l' uomo dai suoi progenitori scimmieschi. E anche di fronte alle scoperte a dir poco clamorose che sono state fatte negli ultimi anni in materia di esperienze mentali delle scimmie, gli psicologi amano cercare, come suol dirsi, il pelo nell ' uovo. Che l' intelligenza dell' uomo sia di gran lunga superiore a quella degli altri primati è fuori discussione. Ma è altrettanto fuori discussione il fatto che, studiando la mente delle scimmie più evolute, possiamo capire meglio quali siano state le origini del linguaggio, della coscienza e della consapevolezza umane. E' chiaro che quantitativamente le scimmie sono a un livello più basso. Ma nell' intelligenza dello scimpanzè, ad esempio, ci sono tutte le premesse che ci consentono di comprendere come abbia potuto evolversi l' intelligenza dell' Homo sapiens. Due psicologi dell' Università di Pennsylvania a Philadelphia, Robert Seyfarth e Dorothy Cheney, stanno conducendo un' interessante ricerca sui cercopitechi verdi (Cercopithecus aethiops) nell' Amboseli National Park del Kenya. I cercopitechi verdi sono scimmie particolarmente evolute dal punto di vista psichico. Già più di venticinque anni fa Struhsaker era riuscito a decifrare quattro parole del loro complesso linguaggio. Come avviene in molti animali che vivono in società c' è, anche tra queste scimmie, una sentinella di turno che vigila sulla sicurezza della comunità e, in caso di pericolo, dà l' allarme. Il grido d' allarme della sentinella però, nei cercopitechi, non è sempre lo stesso. Varia secondo il tipo di predatore avvistato. In questo modo le scimmie sanno come regolarsi per evitare di essere aggredite. Nel corso delle loro ricerche, Seyfarth e Cheney fanno varie osservazioni interessanti. Ad esempio notano che una femmina di babbuino, nell' inseguire il suo piccolo, capita inavvertitamente accanto a un maschio dominante. L' istinto la porta a sollevare la coda in atto di sottomissione, come fa di solito il subordinato per evitare di essere malmenato. Ma la babbuina spinge in giù la coda e la tiene premuta con la zampa fino a che non si allontana dal cospetto del maschio dominante, come se non volesse farsi riconoscere come una scimmia di rango inferiore. Un comportamento che denota una sorta di ragionamento da parte della protagonista. Indubbiamente i cercopitechi verdi hanno una vita sociale molto sofisticata. I due psicologi lo ammettono. Vivono in branchi formati da dieci a trenta individui, tra i quali esiste una rigida scala gerarchica. Femmine e maschi hanno un diverso destino. Mentre le femmine rimangono nel branco nativo vita natural durante, i maschi se ne allontanano non appena diventano sessualmente maturi La struttura sociale dei cercopitechi verdi è matrilineare: conta il rango materno. E quando i maschi si trasferiscono in un nuovo clan, il loro rango dipende dal modo con cui sanno ingraziarsi le femmine adulte, le sole che hanno voce in capitolo. E' molto importante, per un cercopiteco verde, conoscere il grado di parentela che unisce i vari individui del branco. Lui sa benissimo con chi prendersela, nel caso un suo diretto congiunto venga attaccato. Il che significa che la scimmia è capace di classificare gli altri individui in categorie astratte, prevedendo inoltre quali possono essere le loro mosse nel caso che sferrino un attacco contro di lui o contro i suoi congiunti. I cercopitechi verdi sono ambiziosi. La figlia femmina che eredita dalla madre uno stato sociale di rango inferiore non si rassegna alla propria condizione e fa di tutto per migliorarla. In che modo? Facendo comunella con le femmine altolocate, cercando di conquistare la loro amicizia, spulciandole con il «grooming» ad ogni occasione. Le femmine di rango superiore godono di molti privilegi, hanno diritto a scegliersi il cibo prima degli altri, a occupare i posti più comodi dove riposare, risultano vincitrici in tutte le dispute. Far parte del loro «entourage» assicura alla femmina subordinata una vita di gran lunga migliore. Fare l' arrampicatrice sociale rende. Come si può sottovalutare l' intelligenza di queste scimmie così sagaci e ingegnose? E non basta. Le scimmie in generale ricorrono spesso all' inganno. Così un maschio subordinato che desidera accoppiarsi con una femmina adulta recettiva cerca d' ingannare il maschio dominante che vorrebbe avere il monopolio degli accoppiamenti trascinando la femmina dietro una roccia o un cespuglio, per non farsi vedere. Le scimmie antropoidi, poi, le più vicine all' uomo nutrono sentimenti assai simili ai nostri. Jane Goodall, l' etologa inglese che ha trascorso trent' anni in mezzo agli scimpanzè della Tanzania, ha visto con i suoi occhi fino a qual punto queste intelligentissime scimmie soffrono quando perdono un parente stretto. Quando morì Flo, una scimpanzè vecchia di oltre cinquant' anni, il figlio ne fu talmente angosciato che si chiuse nel suo dolore, rifiutando la compagnia dei suoi simili e il cibo, tanto che in capo a pochi giorni morì, possiamo ben dire di crepacuore. Ma i due psicologi americani non si arrendono nemmeno davanti all' evidenza di casi come questo. E continuano a sostenere che le scimmie, anche se sanno formulare concetti astratti, anche se sono sensibili e sanno fare previsioni, non sono capaci di rendersi conto dello stato mentale degli altri. Ma forse che noi ce ne rendiamo conto? Siamo sicuri di saper leggere nella mente degli altri uomini? Quante volte prendiamo colossali cantonate, attribuendo a un altro essere umano sentimenti o intenzioni che non gli passano nemmeno per l' anticamera del cervello] Isabella Lattes Coifmann


TECNICHE DI ASCOLTO La stravagante accoppiata voce udito Identificate in laboratorio «curve d' ascolto tipo» sulle quali l' udito si modella Interventi elettronici per portare al massimo i potenziali espressivi individuali Emettere un suono significa elaborarlo, autocontrollarlo, poi lanciarlo nello spazio e sentire se corrisponde a quello che volevamo creare
Autore: TOMATIS ALFRED

ARGOMENTI: ACUSTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 019

L' ACCOPPIAMENTO dell' udito e degli organi della voce resta sicuramente uno dei successi più stravaganti dell' avventura evolutiva della specie umana. L' orecchio, inizialmente antenna dell' ascolto capace di localizzare i suoni, viene stimolato ad analizzarli sempre più rapidamente giungendo a discernere le differenti componenti delle strutture acustiche meglio di quanto non saprebbero fare i nostri migliori apparecchi di misura, se si tiene conto del poco tempo di cui dispone per effettuare questa operazione. Progressivamente, l' orecchio abbandona il ruolo di semplice rivelatore per evolversi in perfetto e incomparabile analizzatore, riuscendo a intellettualizzare il suo sistema di ascolto: infatti, non vi è niente di meno fisiologico del parlare. Nonostante si tratti di un fenomeno umano, non esiste, nel catalogo anatomico dei nostri accessori, un organo fisiologicamente preposto a questo effetto. Il carattere veramente informatico del linguaggio umano implica un adattamento più profondo di tutto l' organismo. Emettere un suono significa, innanzitutto, autocontrollarlo, elaborarlo e immaginarlo come lo si vorrebbe, per poi lanciarlo nello spazio e ascoltarlo per giudicare se corrisponde a quello che pensavamo di creare. Colui che parla è il primo ascoltatore del suo linguaggio e beneficia prima di chiunque altro di quanto ha formulato. Questo meccanismo consente di riconoscere e misurare la fluidità verbale, assicurando la continuità del discorso nei diversi parametri della catena parlata. In altre parole, grazie a questo gioco di autoascolto, l' operatore sa di parlare, può riconoscersi e può valutare il volume, il ritmo e l' intonazione che gli è indispensabile dare in ogni momento del suo discorso. Egli, infine, è in condizione di giudicarne il valore semantico, ossia il carattere informativo che ha desiderato imprimere. Questo ascolto diretto su se stesso è sotto la dipendenza dell' udito, quindi dell' orecchio. L' orecchio diventa dunque l' organo principale di controllo di ogni informazione emessa verso l' esterno, del gesto vocale informativo, del linguaggio. Esso è paragonabile quindi al regolatore di un sistema che governa e pilota la formazione esercitando alcune funzioni principali: la rilevazione uditiva entro i limiti di alcune frequenze (tra i 16 e i 20. 000 hertz), la selezione delle bande passanti e la determinazione della qualità di produzione, il controllo uditivo delle intensità acustiche, la memoria dell' atto già concluso che agisce sull' elaborazione dell' atto futuro. Il parallelismo fra l' udito e la fonazione è stato tradotto in una formula che vuole sempli cemente sottolineare un fatto fondamentale: la voce non riproduce altro che quanto l' orecchio ode. In altri termini, un soggetto può emettere solo i suoni che il suo orecchio è in grado di percepire e controllare. A lato di fattori piuttosto facili da concepire, da prevedere e misura re, ne esistono altri più profondi che testimoniano la grande fragilità di questa recente acquisizione dell' auto ascolto. Questi fattori sono per lo più di ordine psicologico. Quello di ascoltare e ascoltarsi è un atto volontario una conquista tardiva dell' evoluzione umana, mentre è automatico l' atto di udire, pronto a subentrare se solo sopraggiunge un ostacolo in grado di minare questa labile strutturazione funzionale Una possibile difesa allo choc è la disattivazione della funzione dell' ascolto: l' orecchio riprende la sua funzione primaria, quella della difesa, quella che avverte del pericolo e precede l' ammonimento. Vengono così identificati i principi primi dell' audio psico fonologia. In laboratorio, tentando di ottenere delle risposte sul linguaggio umano, si è rivelato possibile ritornare alle condizioni di udibilità primordiali, al tempo della costruzione del linguaggio. E' stata identificata una «curva d' ascolto tipo», in un campo di frequenze comprese tra 125 e 800 hertz, che ha rivelato l' optimum dell' intelligibilità del linguaggio quando, con un picco a circa 300 hertz, presenta un' inclinazione di circa 6 decibel per ottava. E' stato curioso vedere quanto sia plastica la curva di risposta dell' udito, che molto rapidamente si modella e si conforma alla curva imposta. Oggi siamo in grado di intervenire elettronicamente sulle curve d' ascolto degli individui portando al massimo il loro potenziale espressivo (nei campi dell' oratoria, dell' apprendimento delle lingue, della manifestazione creativa), pur continuando la ricerca di una risposta definitiva ai quesiti che un simile affascinante meccanismo solleva. Alfred A. Tomatis


PARASSITI E ALIMENTAZIONE Le insidie del pesce crudo Numerose specie tra le più consumate in Italia sono infestate dall ' Anisakidae Le larve sono in grado di trasferirsi nel corpo umano provocando gravi disturbi
Autore: SALOMONE MONICA

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, SANITA'
ORGANIZZAZIONI: CEE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 019

L' ANISAKIDOSI, come ci ricordano le cronache di questi giorni, è una malattia che l' uomo può contrarre mangiando pesci crudi o poco cotti contenenti larve di Anisakidae: ne deriva la formazione di granulomi allo stomaco, all' intestino e nei muscoli. L' uomo è ospite di transito, ma circa un centinaio sono gli ospiti intermedi e definitivi: mammiferi, uccelli, teleostei, molluschi, cefalopodi e crostacei. Durante la vita degli organismi acquatici la larva si localizza nella parete gastrica, intestinale o in altri organi, mentre a distanza di più ore dalla sua morte migra nei tessuti muscolari. Questa forma d' infestazione sembra avere una diffusione mondiale. La libera circolazione dei prodotti ittici fra i Paesi Cee, con l' abbattimento doganale a partire dal 1 gennaio ' 93 e la mutata cultura gastronomica del nostro Paese, hanno indotto al monitoraggio dei pesci provenienti da porti del mar Adriatico, del Tirreno (compreso il mar Ligure) e dello Ionio. Sono state analizzate 25 specie di Teleostei marini: nasello, pagello, sanpietro, rana pescatrice, sciabola, tracina, triglia di fango, triglia di scoglio, alaccia, alice, boga, lanzardo, occhiata, palamita, potassolo, sarago, sardina, sgombro, suro, corvina, cefalobosega, ghiozzo, mormora. La ricerca è stata svolta nel periodo tra il settembre 1988 e il giugno 1991 su Teleostei freschi e refrigerati. La metodologia di ricerca è relativamente semplice. Si ispezionano stomaco, fegato, gonadi, mesentere, peritoneo ed intestino e nel caso in cui l' infestione sia dubbia si prelevano frammenti di tessuto muscolare dai filetti, li si pone in idonei contenitori in soluzione peptica e in termostato a 37 50C per un' ora, quindi si osserva. La vitalità larvale si rileva ponendo la larva sul vetrino e osservandone i movimenti a occhio nudo e al microscopio. Si è così potuto accertare un' infestazione media del 23, 5% su 7936 campioni esaminati nell' arco di tre anni. Il grado d' infestazione varia secondo la specie considerata: la frequenza nel pesce sciabola e sanpietro è del 10%, nel suro dal 22 al 46, 5%, nello sgombro dal 14 al 41%, nel nasello dal 12 al 28%, nel potassolo dal 18 al 28, 6%, nella triglia attorno al 10%, al di sotto del 5% invece per boga, busbana e sardina. Alle specie utilizzate per il monitoraggio (Teleostei) bisogna aggiungere i Clupeidi (aringa in particolare e sardina), i Gadidi, gli Engraulidi (alici), gli Scorfani, gli Sgomberidi, i Triglidi, le Aguglie, i Molluschi, Cefalopodi e altre specie a bassa infestione di provenienza atlantica o da altri oceani. Nei campioni esaminati la tipizzazione del tipo di larva ha portato all' identificazione del genere Anisakis simplex nel 98% dei casi, mentre il restante 2% era relativo alla specie Anisakis phisiteris. E' da sottolineare che la malattia parassitaria è dovuta a larve di Anisakidae appartenenti a 4 generi diversi: contracaecum, hysterothilacium, pseudoterranova, anisakis. Nei prodotti ittici importati freschi, congelati, affumicati o salati, la presenza di Anisakis S. si rileva in sgombri refrigerati provenienti dalla Danimarca, in filettoni di merluzzo salinato e sgombri freschi del mare del Nord e importati dalla Francia, in aringhe affumicate e salate dall' Olanda e da altri Paesi europei e anche in salmoni importati. Per i prodotti infestati con parassiti patogeni sono previste norme Cee. Nel 1987 per i prodotti refrigerati, congelati e affumicati, in Italia si procedeva al controllo sistematico di aringhe, merluzzi, salmoni, sgombri e al controllo a sondaggio per quelli con certificato d' accompagnamento, respingendo le partite di pesce in cui si rilevava la presenza del parassita. Oggi, per sollecitazioni francesi, olandesi e una proposta tedesca di regolamento Cee sulle garanzie sanitarie legate alla presenza di Nematodi (famiglia di parassiti cui appartiene quello in questione), i filetti di pesce dovrebbero essere sottoposti ad esame visivo durante la sfilettatura, ad eventuale asportazione di larve ed infine: a) trattamento con calore a 65C; b) salagione con concentrazioni note a tempi noti; c) trattamento col freddo per 24 ore a 20C all' interno del pesce. In Italia la Regione Liguria ha imposto l' obbligo della completa eviscerazione del Lepidopus caudatus (pesce lama), per evitare la migrazione delle larve di Anisakidae nel tessuto muscolare. La situazione attuale dei nostri mari esige una regolamentazione rapida e seria riguardo al caso «Anisakis», ma anche riguardo a tante problematiche che il veterinario ispettore deve affrontare ogni giorno a tutela della salute pubblica, per la cui salvaguardia mancano ancora fondamentali punti cardine. Monica Salomone


MONGOLISMO Una via nuova per la diagnosi prenatale
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: GENETICA, HANDICAP, MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: LANGDON DOWN JOHN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 019

DETERMINARE il cariotipo (dal greco Karion, nucleo) d' un soggetto significa esaminare i cromosomi presenti nel nucleo delle cellule, contarli, valutarne l' aspetto. I cromosomi, detentori del patrimonio ereditario, sono filamenti visibili al microscopio dopo un' opportuna preparazione. Negli esseri umani sono 46, ossia 23 coppie, ogni coppia essendo formata da un cromosoma trasmesso dal padre e da un omologo trasmesso dalla madre. Un complesso capitolo della patologia genetica è costituito da anomalie dei cromosomi, a carico della struttura o del numero. La più frequente anomalia è quella all' origine della sindrome di Down (circa un nato su 800), un tempo designata comunemente come mongolismo. John Langdon Down, un medico inglese dedicatosi allo studio e alla cura dei bambini con ritardo mentale, ne diede nel 1886 la prima completa descrizione, ma a quel tempo non poteva conoscerne la genesi. Oggi si sa che i bambini Down hanno 47 cromosomi, dunque uno in sovrannumero, nella coppia indicata convenzionalmente col numero 21. In altri termini vi è una trisomia 21. Il più importante fattore in rapporto con la nascita d' un figlio Down è l' età della madre. Il rischio di concepire un bambino Down è minimo, 0, 5 su 1000, per una donna giovane, ma diventa 2, 7 su 1000 per una donna di 35 anni, 9, 5 su 1000 a 40 anni, 38 su 1000 a 45 anni, 93 su 1000 a 49 anni. Sapere se il nascituro è affetto dalla sindrome di Down è possibile esaminando i cromosomi delle sue cellule. Queste cellule si ottengono con l' amniocentesi, ossia il prelievo, nella 16 17 settimana di gravidanza, del liquido amniotico nel quale è immerso il feto nell' utero, oppure con un prelievo dai villi coriali, estroflessioni del corion da cui, con il tempo, ha origine la placenta. Quest' ultimo metodo ha il vantaggio d' essere fattibile precocemente, nel primo trimestre (9 11 settimana). Il rischio di aborto in seguito all' amniocentesi è dello 0, 5%, per il prelievo dai villi coriali del 2%. La determinazione del cariotipo del nascituro è indicata nelle gravidanze a rischio per la sindrome di Down, ossia nelle donne che al momento del concepimento hanno più di 35 anni. A partire da tale età l' esame prenatale deve essere proposto alla coppia. Nel 1991, ci dice il professor Angelo Carbonara (cattedra di genetica medica dell' Università di Torino) sono state eseguite nel suo istituto circa 1800 determinazioni di cariotipi per la diagnosi prenatale della sindrome di Down, su prelievi effettuati nei centri di diagnosi prenatale degli ospedali Sant' Anna e Mauriziano di Torino e Santa Croce di Moncalieri. Questo numero può apparire elevato ma in realtà si calcola che soltanto la metà delle gestanti in età superiore a 35 anni abbiano fatto ricorso all' esame. Dunque il problema è ancora poco conosciuto e sentito. Il criterio dell' età, 35 anni, come discriminazione, può sembrare troppo rigido. C' è un mezzo per renderlo più flessibile: ricercare nel sangue della madre marcatori biochimici in grado di rivelare la presenza d' un feto Down. Questo esame, tuttora oggetto di studio, messo a punto dall' inglese Wall e introdotto per la prima volta in Italia da ricercatori torinesi, consiste nel dosaggio di tre sostanze, alfa fetoproteina, estriolo non coniugato e gonadotropina corionica. Se il nascituro è Down, il livello delle prime due risulta ridotto rispetto alla norma, quello della terza aumentato. Attualmente a Torino lo si esegue (laboratorio dell' Ospedale Sant' Anna diretto dalla professoressa Mancini) nelle gestanti fra 30 e 35 anni, e in quelle di età superiore che desiderano evitare l' amniocentesi. La valutazione dei singoli risultati in base all' epoca della gravidanza permette di calcolare un indice di rishio personalizzato, che eventualmente suggerisce l' opportunità di determinare il cariotipo del nascituro in una donna teoricamente a basso rischio, o al contrario di evitare l' amniocentesi in una donna a rischio più elevato. Ulrico di Aichelburg


LA PAROLA AI LETTORI La vita? Una malattia cronica trasmessa per via sessuale
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 020

LE risposte sul peso di una persona in ascensore hanno stimolato alcune precisazioni: Un ascensore non può scendere con accelerazione costante: accelera brevemente alla partenza, poi procede con velocità costante, infine altrettanto rapidamente decelera. Se l' ascensore scendesse, per far piacere al lettore, con l' accelerazione di 0, 5 metri al secondo quadrato da un palazzo alto cinquanta metri, picchierebbe sul suolo con una velocità di 15 Km/h e gli occupanti si romperebbero come minimo le gambe. (Roberto Colombo Pino Torinese) Non è corretto trattare il peso di un oggetto e la forza di gravità come se fossero forze differenti. Il peso di un corpo è sempre lo stesso sulla Terra, anche in caduta libera (altrimenti non si cadrebbe] ). Varia invece la reazione che si provoca su una bilancia: non si può premere su una bilancia in caduta libera insieme a noi. (Ludovica Battista Urbino) Perché non si avverte il momento in cui si passa dalla veglia al sonno? Non sempre è impossibile: concentrandosi, in particolare con i sonnellini pomeridiani, ci si accorge che il passaggio dalla veglia al sonno è determinato da una piccola scarica a livello cerebrale. Quasi sempre essa determina lo stato di sonno e dunque si confonde con le prime immagini e sensazioni del sogno, che vengono facilmente dimenticate. (Claudio Brignone Crevoladossola, No) Questo momento è impossibile avvertirlo perché si tratta del passaggio da uno stato di coscienza a uno di incoscienza. Dal punto di vista neurofisiologico, coinvolge i due centri principali della veglia e del sonno, situati entrambi nel tronco dell' encefalo: il primo nella parte superiore, il secondo in quella inferiore. L' aumento di serotonina che essi liberano inibisce l' attività dei neuroni del Ras (sistema reticolare attivante), che a sua volte sopprime il comportamento cosciente e le sue manifestazioni. (Girolamo Gullace Gassino, To) Perché, quando, dove e da chi è stata decisa la suddivisione di un cerchio in 360 gradi? Questa suddivisione risale al tempo dei Babilonesi (intorno al 2000 a. C. ) i quali utilizzavano un sistema numerico sessagesimale, cioè con base sessanta. La vita dei Babilonesi, popolo di agricoltori, era scandita dal moto apparente del sole: poiché credevano che girasse intorno alla Terra, divisero l' anno in 360 giorni. Per analogia con il Sole, che ritenevano percorresse un cerchio perfetto, divisero il cerchio in 360 parti, cioè angoli. Di qui nasce anche il numero 60 come base per il sistema di numerazione: dividendo il cerchio in sessanta parti uguali, si ottengono sei triangoli equilateri, con tutti gli angoli di sessanta gradi. (Fulvia Fassero Rubin Busano, To) E' un' invenzione dei Sumeri (4000 a. C. ): furono loro i primi ad avere delle conoscenze astronomiche, grazie alle quali idearono un calendario e introdussero un sistema sessagesimale, con il quale ancora oggi misuriamo il giorno e calcoliamo gli angoli e il cerchio. (Andrea Macagno Peveragno, Cn) Perché il vetro è trasparente? Perché la sabbia ricavata dall' arenaria è fusa con la soda o con la potassa. Per ridurne la trasparenza, occorre sostituire la soda con composti di fluoro. (Mauro Vai Volpiano, To) Qual è la definizione di «vita» ? E' una malattia cronica, di origine sessuale, a decorso infausto (100 per cento di mortalità ) che però può presentare, per un certo periodo, sintomi piacevoli. (Enea Locatelli Milano) E' la capacità di dare origine ad altri individui. (Iside Paola Salvalaio Novara) E' un soffio vitale (intendendo per «vitale» tutto ciò che è in movimento, sia percepibile sia non percepibile). (Giovanni Reverso Torino) E' la capacità di reagire alle modificazioni dell' ambiente. (Anna Guglielmini Genova) Alcuni fanno continuamente crocchiare le dita. Che cos' è che causa il rumore? Il rumore secondo me potrebbe essere causato dalla fuoruscita, dalle giunture, dell' aria che agisce da «cuscinetto a sfera» tra un osso e l' altro. Se quest' aria viene a mancare, si provoca un forte attrito che a lungo andare può danneggiare le ossa e provocare artrite o artrosi. (Paolo Anglani Torino) Le cartilagini presenti nelle giunture si spostano, provocando quel tipico rumore, non solo nelle mani ma anche nelle ginocchia, quando ci si inginocchia. Se lo spostamento avviene spontaneamente, non si hanno conseguenze negative. (Nadia Birocco Chivasso, To)


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 020

& Qual è la differenza scientifica fondamentale tra la vita vegetale e quella animale? & Perché i destri nel salto in alto e nel salto in lungo staccano con il piede sinistro? (Claudio Brignone) & Perché la sensazione di freddo o un' intensa emozione fanno venire la pelle d' oca? (Gerardo Campanella) & Perché si dice, di una persona, che ha «la coda di paglia» ? (Carlo Migliardi ) _______ Inviare le risposte (brevi) a: Tuttoscienze, La Stampa, via Marenco 32, 10126 Torino o al fax numero 011 65 68 504, indicando Tuttoscienze sulla prima pagina.


STRIZZACERVELLO Vinca il migliore
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 020

Vinca il migliore Nell' organizzare un torneo, una delle formule più ricorrenti è quella dell' eliminazione diretta. Poniamo il caso di un torneo di questo tipo tra otto giocatori: verranno definite per sorteggio quattro coppie di avversari le quali daranno quattro vincitori. Tra questi verranno disputate le due semifinali e infine, tra gli ulteriori vincitori, si giocherà la finale che stabilirà chi è il migliore. Supponendo che ogni giocatore abbia una sua forza e che in ogni incontro vinca il più forte, questa procedura determina certamente il giocatore più forte. Non è così invece per il secondo classificato, che potrebbe non essere giunto alla finale. La domanda è: qual è la probabilità percentuale che il perdente della finale non meriti effettivamente il secondo premio? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (Alan Petrozzi)


LE DATE DELLA SCIENZA Un Centro studi Edoardo Amaldi per ricordare il ragazzo della fisica
Autore: P_BA

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, FISICA
PERSONE: AMALDI EDOARDO
NOMI: AMALDI EDOARDO
LUOGHI: ITALIA, PIACENZA
NOTE: 020

IL fisico Edoardo Amaldi, allievo di Fermi, uno dei «ragazzi di via Panisperna» insieme con Majorana, Segrè, D' Agostino, Pontecorvo, Rasetti e Wick, è stato ricordato nei giorni scorsi a Piacenza, sua terra natale, a due anni dalla scomparsa, avvenuta il 5 dicembre 1989. Ad Amaldi si devono ricerche fondamentali sui neutroni, sui raggi cosmici, su varie particelle elementari e sulle onde gravitazionali. All' incontro di Piacenza Nicola Cabibbo, presidente dell' Istituto nazionale di fisica nucleare, ha portato la sua testimonianza anche con una serie di aneddoti dai quali, tra l' altro, è emerso come il senso dello humour fosse un tratto costante dello scienziato anche davanti ai problemi più seri. Uomo deciso, Amaldi non si fermò davanti alla contestazione studentesca teneva imperterrito le sue lezioni come da programma ed era sua opinione che «l' assemblearismo impedisce la ricerca scientifica e costringe i migliori ad emigrare». Ai suoi studenti diceva che se volevano diventare veri fisici dovevano dedicare alla materia anche venti ore al giorno e non evitare i sacrifici. La figura di Amaldi scienziato, uomo e docente è stata rievocata anche da Fernando Amman, ordinario di fisica a Pavia, Giorgio Salvini, presidente dell' Accademia dei Lincei, e da Piero Angela. Tutti hanno sottolineato che alla decisione di Amaldi di restare in Italia dopo la seconda guerra mondiale nonostante gli inviti a stabilirsi con Fermi negli Stati Uniti si deve l' alto livello mantenuto dalla fisica nel nostro paese. Così come va ricordato l' impulso che Amaldi diede alla nascita, a Ginevra, del Centro europeo di ricerche nucleari (Cern). A Piacenza è stata presentata la Fondazione Edoardo Amaldi (il comitato promotore è presieduto dal figlio Ugo) un Centro studi a disposizione di tutti i ricercatori. In esso troveranno posto l' archivio di tutte le sue opere edite ed inedite e gli scambi epistolari con scienziati di tutto il mondo. Verranno istituite anche borse di studio, le «Amaldì s Lectures» nell' ambito delle cerimonie di inaugurazione dell' Anno Accademico, conferenze e importanti seminari scientifici internazionali. Il premio Nobel Carlo Rubbia ha reso omaggio allo scienziato scrivendone la biografia, originariamente redatta per la Royal Society di Londra, edita da Leonardo con la collaborazione dell' Enel nel volume «Edoardo Amaldi, scienziato e cittadino d' Europa» In esso si trova anche una lunga intervista di Piero Angela ad Amaldi. (p. ba. )


LE TANTE FACCE DELL' INFLUENZA Metamorfosi di virus Cambia continuamente, lasciando l' organismo in costante pericolo di infezione La vaccinazione è considerata la miglior difesa, soprattutto per i gruppi a rischio
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 020

L A pechinese è tra noi. Ci riferiamo all' influenza di questo inverno, provocata dal virus «Pechino A». Come ci si può difendere? L' impiego di medicinali generici non ha grande effetto, se non quello di dare un momentaneo e superficiale sollievo. Una volta che la malattia è scoppiata non vi sono mezzi per fermarla. La strada maestra quindi è la prevenzione, che può consistere semplicemente nell' assunzione di medicinali in grado rafforzare le normali difese contro l' attacco influenzale o, in modo specifico, nella vaccinazione. L' ostacolo maggiore che incontra questa tecnica sta nel fatto che il virus (anzi i due virus responsabili dell' influenza indicati come A e B) ha una grande capacità di generare varianti sicché il vaccino preparato per un certo anno normalmente non serve per l' anno successivo. La vaccinazione consiste nell' introdurre nell' organismo virus inattivati in modo da stimolarlo a produrre anticorpi. L' immunità creata in questo modo si aggira tra il 60 e il 90 per cento delle persone vaccinate. Già Ippocrate, il grande medico della Grecia antica, descrisse i sintomi dell' influenza più di 2000 anni fa ma il virus che la provoca fu scoperto solo nel 1932. Di solito le epidemie, che spesso percorrono l' intero pianeta, hanno andamento relativamente benigno. Si ricordano tuttavia epidemie particolarmente virulente o particolarmente estese; quella che si diffuse nell' inverno 1918 1919 e nota come «spagnola» provocò 20 milioni di morti in tutto il mondo; quella del ' 57 colpì non meno di 80 milioni di persone. In Gran Bretagna alle complicazioni dell' epidemia dell' 89 furono attribuiti circa 25 mila decessi. Nonostante molti anni di ricerca nessuno è riuscito a spiegare come e perché l' epidemia si diffonda. Per esempio non è stato ancora chiarito perché l' influenza abbia un andamento stagionale, che generalmente coincide con l' inverno e il freddo; o perché essa si diffonda da centinaia di anni sempre con la stessa cadenza; o, ancora, come un certo tipo di influenza sia soppiantato da un altro durante la sua «corsa» attraverso i continenti. L' interesse delle organizzazioni pubbliche per la lotta all' influenza è giustificato, oltre che dalle sofferenze che essa provoca agli individui e dai rischi di morte che ne derivano soprattutto tra le persone anziane o debilitate, anche dalle pesanti ripercussioni sociali: migliaia di giornate di lavoro perdute ed enormi oneri per i sistemi pubblici di assistenza (ospedali, medici di base, medicinali).




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