TUTTOSCIENZE 22 gennaio 92


LA FORMA DEL PIANETA Le colline del mare Il livello degli oceani varia a causa delle anomalie della gravità terrestre Più 60 70 metri presso l' Islanda e la Nuova Guinea, meno 100 a Sud dell' India
Autore: DRAGONI MICHELE

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D Le zone in rilievo e in depressione della Terra
NOTE: 009

IL 72 per cento della superficie della Terra è coperto dagli oceani. Questa grande quantità d' acqua è raccolta nelle depressioni della crosta, dove è tenuta dalla forza di gravità esercitata dalla massa del pianeta. La forma della Terra, quale la si può osservare nelle fotografie scattate dallo spazio, è dunque in gran parte la forma di questo guscio liquido, interrotto qua e là dai continenti. Tutti sappiamo che la Terra non è una sfera perfetta, perché il suo moto di rotazione le procura un piccolo schiacciamento ai poli: se la Terra fosse omogenea, la sua forma sarebbe quella di un ellissoide, con uno schiacciamento di una parte su 298. Ma la Terra non è omogenea. Oltre a essere fatta da vari strati concentrici di composizione diversa, ha significative disomogeneità laterali che alterano il campo di gravità, per cui la superficie degli oceani non si dispone secondo un ellissoide, ma secondo una superficie irregolare, chiamata geoide. La forma della superficie oceanica è dunque dettata dalla forza di gravità e il geoide non è altro che una particolare superficie equipotenziale, cioè una superficie di equilibrio per la massa liquida degli oceani. E' poi ovvio che il geoide coincide solo in media con la superficie degli oceani, che è continuamente variabile. Il livello del mare può avere variazioni quotidiane di oltre 20 metri (si pensi alle maree), ma se si fa una media annuale il livello è stabile entro una decina di centimetri. Il geoide si scosta al massimo di cento metri dall' ellissoide di riferimento. Le aree alte e quelle basse formano due zone incrociate, come quelle su una palla da tennis. Il livello medio del mare si trova al di sopra dell' ellissoide attorno all' Europa e in gran parte dell' Oceano Atlantico, con un massimo di oltre 60 metri sull' Islanda; su gran parte dell' Africa, con un massimo di quasi 50 metri a Sud del Madagascar; lungo la «cintura di fuoco» che circonda l' Oceano Pacifico, con un massimo di oltre 70 metri nella Nuova Guinea. Sull ' Europa l' altezza del geoide è decrescente da Ovest verso Est: da Gibilterra al Mediterraneo orientale c' è un dislivello di una trentina di metri. Il livello medio del mare è invece al di sotto dell' ellissoide in gran parte dell' Oceano Indiano, con un minimo di circa 100 metri appena a Sud dell' India, il più profondo in assoluto. Più bassi sono anche l' Oceano Antartico, con un minimo di oltre 60 metri, l' America del Nord, i Caraibi e il Brasile, con depressioni attorno ai 50 metri nella Baia di Hudson e nel Mar dei Sargassi. Non dobbiamo però raffigurarci la superficie degli oceani come un susseguirsi di «valli» e «colline»: il geoide è convesso in ogni suo punto] Queste variazioni del livello del mare indicano l' esistenza di anomalie della gravità che si estendono lateralmente per migliaia di chilometri. Esse vengono studiate nel modo più semplice osservando le perturbazioni delle orbite dei satelliti. Se si tiene presente la tettonica terrestre, la distribuzione delle anomalie di gravità non appare casuale. La parte esterna della Terra, sulla quale si trovano continenti e oceani, è un mosaico formato da una dozzina di grandi placche in lento ma continuo movimento. Tale moto è conseguenza del lento rimescolamento di materiale che avviene nel mantello, un guscio interno spesso quasi tremila chilometri, caldo e deformabile. Questo rimescolamento prende il nome di convezione. Poiché sono parte integrante di questo sistema, le placche hanno la caratteristica di non essere formate sempre dallo stesso materiale: esse vengono «generate» lungo una parte del loro margine e riassorbite dal mantello lungo un' altra parte. La generazione delle placche è la conseguenza della continua risalita di materiale caldo dal mantello lungo grandi spaccature della crosta terrestre, chiamate dorsali. Le dorsali si trovano sui fondali oceanici e formano una rete che si estende per decine di migliaia di chilometri. Ad esempio, la Placca Pacifica nasce dalla Dorsale pacifica orientale, una grande frattura sottomarina che si prolunga attraverso l' oceano dalle coste del Messico verso Sud fino oltre l' Isola di Pasqua, e dalla Dorsale pacifico antartica, che è la prosecuzione della prima verso Ovest, fino a Sud della Nuova Zelanda. Dalla Dorsale orientale hanno origine, verso Est, la placca delle Cocos e la placca di Nazca, che si immergono sotto l' America centro meridionale. Quando una placca oceanica si scontra con una placca continentale avviene il fenomeno della subduzione. Tra le due placche c' è una differenza di densità: quella oceanica è più densa, a causa della diversa composizione, e si immerge sotto quella continentale, che tende a «galleggiare» sul mantello. Una conseguenza di questo processo è la risalita di magma e la formazione di vulcani. Meno appariscenti, le grandi fosse oceaniche sono anch' esse un' espressione dello sprofondamento di una placca. Quando due continenti entrano in collisione, come nella regione dell' Himalaya, vi è invece poca subduzione, perché entrambi hanno bassa densità. Le differenze di densità all' interno della Terra sono all' origine delle anomalie di gravità e della forma irregolare del geoide. Le maggiori depressioni del geoide si trovano sopra le zone di espansione rapida, come la Dorsale Pacifica orientale e l' Oceano Indiano. Invece c' è un' elevazione sul Nord Atlantico che si espande a una velocità che è solo un terzo di quella della Dorsale pacifica. Ci sono anche elevazioni del geoide sopra le zone di subduzione del Pacifico orientale e occidentale. In questi casi, la permanenza delle anomalie è dovuta a processi dinamici che si oppongono in continuazione alla compensazione isostatica, cioè al meccanismo tramite il quale la Terra tende sempre a uno stato di equilibrio, grazie alla possibilità di deformarsi plasticamente. Un' altra causa di anomalie è la formazione o lo scioglimento di calotte glaciali, fenomeno avvenuto periodicamente nelle ultime centinaia di migliaia di anni. Ad esempio, l' anomalia negativa sul Canada si deve al fatto che quest' area non ha ancora raggiunto un recupero isostatico completo dopo l' ultima fusione del suo carico di ghiaccio. Michele Dragoni Università di Bologna


PROGRAMMA «ARISTOTELES» Un satellite geometra misurerà la Terra centimetro per centimetro
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, GEOGRAFIA E GEOFISICA
ORGANIZZAZIONI: ALENIA, AEROSPACE, ESA, MATRA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 009

IL satellite «Aristoteles» è il moderno discendente della mitica lampada oscillante che suggerì la legge del pendolo a Galileo e della non meno mitica mela che avrebbe ispirato Newton: servirà, infatti, a perfezionare le conoscenze sul campo gravitazionale terrestre. Alcune finalità sono puramente scientifiche: capire meglio come è fatto l' interno del nostro pianeta e come funziona la dinamo naturale che ne genera il campo magnetico. Ma ci sono anche obiettivi pratici: «Aristoteles» terrà sotto controllo la deformazione superficiale delle regioni sismiche, contribuendo alla previsione dei terremoti; consentirà un monitoraggio continuo dei vulcani; servirà a definire un sistema di riferimento per lo studio delle variazioni del livello dei mari dovute all' effetto serra; fornirà carte magnetiche utili alla navigazione e alla ricerca di miniere e giacimenti petroliferi. L' idea di «Aristoteles» fu fatta propria dall' Agenzia spaziale europea nel 1985 ma segnò il passo fino alla conferenza ministeriale del novembre ' 87. Ora lo sviluppo del programma se ne è parlato a Capri qualche tempo fa in un congresso tra i rappresentanti delle industrie e i ricercatori interessati sta accelerando e la Nasa ha definito il suo impegno nella missione, che si annuncia tra le più interessanti dei prossimi anni. Tanto più per noi, in quanto «Aristoteles» sarà una creatura essenzialmente italiana: Alenia Spazio è la capocommessa per il progetto e la costruzione del satellite, e guida un consorzio di cui fanno parte le maggiori aziende spaziali europee, dalla francese Matra all' inglese British Aerospace alla tedesca Dornier. La Nasa fornirà il sistema di lancio (un razzo Delta II), i misuratori di campo magnetico, un ricevitore per i satelliti bussola Gps (che metterà a disposizione per accuratissime misure di distanza: pochi millimetri di errore su 20 mila chilometri] ), il supporto per l' elaborazione dei dati. L' Esa procurerà il satellite, il misuratore di campo gravitazionale, la stazione al suolo, pretrattamento, distribuzione e archiviazione dei dati. Un pendolo come quello studiato da Galileo è già uno strumento che permette di misurare l' intensità del campo gravitazionale: accelera quando il campo è più intenso, rallenta quando il campo è meno forte. Con questa tecnica, per esempio, si è misurato lo schiacciamento ai poli della Terra e si sono individuate numerose anomalie gravitazionali, tra cui quelle dovute alle catene montuose e alle fratture tra le placche in cui è suddivisa la crosta terrestre (vedi l' articolo qui accanto). «Aristoteles», grazie a un «gradiometro» costituito da quattro sensibilissimi accelerometri porterà la precisione delle misure a un limite fantascientifico, permettendo di individuare anche minime anomalie gravitazionali. Analoga precisione si avrà nella misura del campo magnetico. La connessione tra questi due aspetti permetterà di chiarire molti enigmi che ancora tormentano i geofisici sulla struttura profonda del pianeta. La missione sarà lunga e movimentata. Dopo il lancio dalla base californiana di Vandenberg, «Aristoteles» 2, 2 tonnellate di peso (per metà propellente), un parallelepipedo di 4, 5 metri di lunghezza per 1, 5 per 1, 5 più i pannelli solari verrà collocato su un' orbita polare circolare a 400 chilometri di quota, dove per un mese si tareranno tutti gli strumenti di bordo. Poi il satellite scenderà a 220 chilometri e, per graduali aggiustamenti, a 200 chilometri. Qui lavorerà per sei mesi, dopodiché risalirà a 480 chilometri e per tre anni raccoglierà altri dati gravimetrici e magnetici da confrontare con quelli raccolti a bassa quota. Con «Aristoteles» va avanti il progetto europeo di studiare la Terra dallo spazio. «Ers 1», il primo satellite ambientale, in orbita da pochi mesi, sta dando risultati eccezionalmente interessanti. «Aristoteles» in parte li integrerà ma soprattutto fornirà informazioni inedite. Benché porti il nome di un filosofo scienziato per il quale la Terra era ancora piatta, la distanza che lo separa dalla lampada di Galileo e dalla mela di Newton è tecnologicamente abissale (ma attenzione: non concettualmente). Piero Bianucci


LABORATORIO Caro Alberoni, ti sbagli la razionalità scientifica non è nè arida nè amorale
Autore: REGGE TULLIO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
PERSONE: ALBERONI FRANCESCO
NOMI: ALBERONI FRANCESCO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 009

UNA organizzazione latino americana, Clacso, ha recentemente organizzato a Santiago del Cile una conferenza dedicata ai complessi rapporti tra scienza e società, dedicando particolare attenzione ai problemi dell' America del Sud, un continente dove si combatte l ' ultima disperata battaglia per salvare il pianeta da una distruzione ambientale senza precedenti. Al ritorno leggo sul Corriere della Sera un articolo di Alberoni in cui vengono esposti per sommi capi alcuni punti di vista già sentiti in Cile. L' articolo si apre con una sentenza di condanna: «La razionalità scientifica moderna ha espulso dall' universo che essa descrive qualsiasi valore umano, qualsiasi moralità ». Seguono esempi emblematici della supposta violenza culturale e morale di cui sarebbe responsabile la scienza. La tesi non è nuova e si potrebbero citare esempi a iosa di scrittori e filosofi di stampo idealista che da secoli l' hanno sostenuta. Ma si potrebbero anche trovare esempi sommi di artisti e poeti che possedevano una profonda cultura scientifica e che da questa hanno tratto ispirazione e spinta creativa. Potremmo citare Piero della Francesca, Leonardo da Vinci e lo stesso Leopardi. E tra i contemporanei perché non ricordare Calvino, Levi e Tobino, tutti scrittori che avevano forti interessi scientifici? L' ostilità verso la scienza ha radici profonde e antiche e di questo sono in parte responsabili gli scienziati ma anche filosofi estremisti come Auguste Comte che hanno distorto il ruolo che essa svolge nella società. Scienza non significa monopolio della verità e più correttamente potremmo dire che essa è un' attività umana che ha al suo attivo molti e documentati successi nell' ampliare la nostra conoscenza ed ha mutato profondamente la nostra concezione dell' universo. Nessuno scienziato che si rispetti oserebbe tuttavia asserire che il fenomeno Mozart segua da semplici reazioni chimiche, tanto varrebbe asserire che la Cappella Sistina non esiste in quanto guardandola da vicino si scopre poi che è composta da pigmenti ben noti o che Dante delude in quanto usa lo stesso alfabeto del barista dell' angolo. Al contrario, lo studio delle strutture complesse, quali quelle degli organismi viventi, e del modo con cui queste si autoorganizzano partendo da semplici molecole rimane un nodo irrisolto e affascinante che appassiona il mondo scientifico. Ma se anche la biologia facesse progressi fondamentali nel determinare quali fattori controllano il genio musicale rimarrebbe pur sempre in tutti la convinzione che l' unicità di Mozart non si riduce al solo bagaglio genetico ma poggia anche sulla sua esperienza di vita. In breve, mi pare che Alberoni abbia della scienza una immagine manichea, distorta, basata su pregiudizi ormai logori ma purtroppo ancora popolari. Richard Feynman, brillante fisico teorico recentemente scomparso, amava dire che la portata di una scoperta scientifica non risiede tanto nei problemi che essa risolve quanto in quelli che essa solleva. Non esistono capitoli chiusi nella ricerca scientifica e più andiamo avanti più ci accorgiamo che conosciamo solo una frazione infinitesima del tutto. La superficie della Luna è arida e così pure quella di Mercurio ma in compenso abbiamo scoperto che l' Universo è così vasto da contenere trilioni di mondi che l' umanità non riuscirà quasi certamente ad esplorare, sono mondi che riempiono l' immaginazione mia e di tanti altri e che mi consolano abbondantemente per la perdita di qualche pianeta casalingo e mitologico. La cosmologia di Aristotele in confronto poteva solo offrirci poche sfere celesti perfette e immutabili, e appunto per questo la trovo francamente noiosa. Oppenheimer teneva nella sua casa di Princeton uno splendido Van Gogh e il sapere che era composto da banali molecole non ha mai turbato i numerosi scienziati e non scienziati che venivano ad ammirarlo. Nè io mi ritengo un lobotomizzato in fatto di morale solo perché mi occupo di scienza. Vengo a un ultimo punto che ritengo importante. Viviamo in una società culturalmente pluralistica in cui convivono le tendenze più disparate, in cui è impossibile sapere tutto e che è terreno fertile per polemiche ed incomprensioni. Non mi disturba affatto sapere che la maggioranza delle persone con cui entro in contatto ignori la scienza e si occupi di altre cose in quanto proprio per questa ragione hanno sovente qualcosa di interessante da dirmi. Vorrei tuttavia che i vari critici che periodicamente partono all' assalto della scienza fossero più modesti e meno lapidari nell' esprimere il loro punto di vista e non si atteggiassero a profeti tentando di contrabbandare vecchi problemi esistenziali e personali come verità assolute ed indiscutibili valide per tutti. Non tutti percepiscono nello stesso modo il rapporto tra scienza e società. Tullio Regge Università di Torino


ANTICHI STRUMENTI Gli archeologi della musica Gran confusione intorno al restauro degli organi storici Approssimazione e interessi economici possono fare guasti
Autore: GIRARDI ENRICO

ARGOMENTI: ACUSTICA, MUSICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

IL coinvolgimento di crescenti interessi tecnici, culturali ed economici che accompagna il progresso degli studi sugli strumenti musicali comporta particolare attenzione alle ricerche per la riscoperta e il recupero delle antiche sonorità, le sole in grado di ricreare per ogni opera musicale gli autentici effetti acustici per i quali essa è stata concepita e realizzata. L' importanza dei risultati raggiunti trova già riscontro nella recente «Carta del restauro degli strumenti ad arco» di ineccepibile rigore scientifico. Nello sterminato campo degli organi da chiesa opera da circa 40 anni lo Stato. La mancanza di funzionari competenti e le pressanti ingerenze di privati, miranti a traguardi speculativi a breve termine, hanno prodotto effetti devastanti. Il fenomeno ha indotto il ministero per i Beni culturali ad intervenire; è del 15 luglio 1991 un decreto che declassa gli organi da «opere d' arte» a «beni culturali», per cui non potrà più farsi differenza tra la viola costruita da Stradivari per i Medici ed un moderno strumento di uno sconosciuto liutaio. Lo scorso novembre si è tenuto a Milano un convegno di burocrati ed «esperti», risoltosi in una sorta di generale reciproco incensamento, senza una parola positiva su una prospettata futura normativa di carattere giuridico nonché tecnico scientifico; solo una «bozza di decalogo delle negazioni» cioè di ciò che non si dovrebbe fare, con la netta impressione che si sia dichiarato di voler regolamentare la complessa materia con un «documento che formuli criteri di corretta filologia e rigorose metodologie» perché tutto resti come prima, già nelle persone stesse degli «esperti». Eppure da tempo la magistratura ha affermato che «senza l' ausilio di rigorose fonti scientifiche non si può stabilire il valore, anche culturale, di un organo»; che «strumenti di pregio sicuro all' origine, ma danneggiati, il più delle volte anonimamente restaurati, arrivati ai nostri giorni nel più completo abbandono e rovina hanno perduto ormai i particolari pregi artistici e fonici che ne distinguevano la nascita» e che è quindi illusorio tentarne il «recupero» o «restauro». Ora si vorrebbe accantonare la legge 1089 declassando l' organo a semplice «bene culturale», nel tentativo di cancellare le problematiche che comunque, rimarranno tali e quali, perché l' oggetto è e rimane sempre lo stesso: uno strumento musicale, unico per ricchezza di timbri creati da una variegata massa sonora di migliaia di canne, diversificate l' una dall' altra per foggia, materiali, sorgente del suono: «un microcosmo di ingegneria tecnica ed acustica». Tuttavia anche per i «beni culturali» non si potrà prescindere da una gerarchia di valori: diversamente, non esistendo inezia o briciola che possa dirsi del tutto irrilevante, tutto assumerà l' aspetto di «bene culturale» in quanto concorrente a costituire la cultura di ogni singola persona. «Ma già si chiedeva Luigi Firpo possiamo noi salvare (cioè registrare, catalogare, classificare e tramandare) tutto? ». E concludeva: «Conservare i beni culturali significa scegliere e privilegiare, cioè assegnare a determinate testimonianze del passato un significato emblematico e riconoscere in esse un messaggio che travalica i secoli e continua a parlare alle nuove generazioni». E quale è il messaggio di uno strumento musicale se non le sue sonorità originali e cioè, in particolare per l' organo, i suoi timbri, il temperamento e il corista che ne costituiscono la sintesi ineluttabile? Non sarà quindi con l' abbandono del fantasioso «recupero» e il ripiegamento sull' «avvicinamento a (ignoti) splendori» che si riesumeranno i «timbri originali»; non sarà con i generici «spunti e riferimenti a strumenti di terzi» che si potrà riscoprire il «temperamento»; non sarà con l' allungamento delle canne accorciate (di quanto? ) con relativi interventi di sorgenti caloriche esterne che, senza alcuna precisa indicazione, si garantirà il «corista»; non sarà con queste improvvisate, immotivate ed irresponsabili illusioni che verranno soddisfatte le esigenze culturali che stanno alla base di ogni intervento su un' opera d' arte o anche soltanto su un «bene culturale». E non varrà la «corretta filologia musicale», nè le «schede scientifiche», come previsto dal decreto ministeriale, nè il contributo del «volontariato» di dilettanti. Sarà ancora e sempre la scienza, saranno le sofisticate apparecchiature di analisi e di sintesi, le avanzate tecnologie che guideranno questa faticosa ricerca, che consentiranno di individuare, di impostare e di tentare di risolvere i molteplici ed ardui problemi, con la premessa umiltà di limitarsi, ciascuno, a fare il proprio mestiere. Tutto il resto è velleitarismo o retorica o semplicemente, ancora una volta «business» a dispetto della magistratura, dell' arte e della scienza. Enrico Girardi


IL NYLON Un nome con una strana storia La falsa leggenda di un presunto sberleffo ai giapponesi
AUTORE: FOCHI GIANNI
ARGOMENTI: CHIMICA
NOMI: LORENZI GIAMPAOLO, CAROTHERS WALLACE HUME
ORGANIZZAZIONI: DU PONT
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

MI ricordo che 14 anni fa, mentre ero ricercatore al Politecnico di Zurigo, ascoltai una lezione di chimica macromolecolare durante la quale venne data una curiosa spiegazione del nome d' un materiale sintetico diffusissimo: il nailon. La grafia americana nylon, secondo Giampaolo Lorenzi, che teneva quella lezione, era un acrostico, una parola composta con le iniziali della frase «now you lousy old nipponese». Il significato di questa espressione può variare un po' a seconda di dove si metta una virgola, che comunque ci vuole: «Ora vediamo un po' che fai, vecchio giapponese pidocchioso] » oppure «Ora sei un pidocchioso, vecchio giapponese] ». In ogni caso l' intento offensivo è evidente, e la scelta d' un tal nome si spiegherebbe col periodo in cui il nailon venne lanciato. La seconda guerra mondiale non avrebbe tardato molto a scoppiare, e negli Stati Uniti il sentimento anti giapponese era forte. Nella primavera del 1937 la Du Pont, colosso chimico americano, brevettò la prima fibra interamente sintetica, per la quale il nome «nylon» sarebbe stato coniato poco più tardi. Essa era nata dalle ricerche di Wallace Hume Carothers, chimico tanto geniale quanto infelice (nel colmo d' una crisi depressiva, egli s' avvelenò proprio tre settimane dopo il deposito di quel brevetto, convinto d' essere una nullità nella sua professione). Il 27 ottobre del ' 38 la Du Pont annunciò che presto l' umanità avrebbe avuto a disposizione una fibra tessile «robusta come l' acciaio, sottile come una ragnatela, più elastica delle fibre naturali, bella e lucente». Finalmente i giapponesi non sarebbero più stati in grado di fare con la loro seta il bello e il cattivo tempo nel mercato dei tessuti pregiati] Ecco quindi nascere, non si sa come, la diceria che il nome nylon avesse il significato becero detto sopra. A prima vista, ciò pareva tanto verosimile che negli Stati Uniti quella leggenda si diffuse molto presto, e la Du Pont sentì il bisogno di pubblicare una smentita, rimasta sconosciuta ai più su un giornale giapponese nel febbraio del ' 41 (gli Stati Uniti non erano ancora entrati in guerra). Lorenzi, un lucchese che ha cominciato molto presto a lavorare all' estero secondo la tradizione migratoria della sua provincia, ha raccolto quella vox populi durante un periodo giovanile trascorso in America. Anche da noi, però, essa è abbastanza conosciuta, tanto che è stata riportata (ma non accreditata) da linguisti come Bruno Migliorini e Alberto Menarini una quarantina d' anni fa. La vera origine del nome «nylon» è molto diversa. Dal momento della sua nascita, la nuova fibra, in attesa d' un nome ad hoc, fra i ricercatori della Du Pont veniva chiamata con un nome provvisorio che finiva con la sigla «6, 6»; essa stava a indicare il numero d' atomi di carbonio nei reagenti impiegati. Verso la fine del 1937 i dirigenti dell' azienda avevano preparato una lista con oltre quattrocento nomi proposti, fra cui «nylon» non figurava. Alcuni, come «novasilk» o «synthesilk », furono subito scartati perché la Du Pont voleva che il nuovo prodotto s' imponesse per i pregi suoi propri anziché presentarsi come surrogato della seta (in inglese silk). Per questo, almeno secondo la storiografia ufficiale della Du Pont, fu poi scelto il nome «norun» (da no e run: il termine run negli Stati Uniti significa anche smagliarsi); per indicare che le calze fatte con quella fibra, a parità di diametro dei fili, sarebbero state più resistenti. Si preferì tuttavia abbandonare questo riferimento a una particolare proprietà, forse perché avrebbe limitato l' immagine del prodotto. «Norun», scritto alla rovescia, divenne «nuron». Sennonché questo nome suonava troppo simile a certi psicofarmaci, essendo indistinguibile da neuron nella pronuncia americana. Venne suggerito allora di trasformare «nuron» in «nulon» che però assomigliava ad altri marchi già registrati. Qualcuno pensò a «nilon», ma la pronuncia sarebbe stata incerta, perché la gente non avrebbe avuto un chiaro modello a cui rifarsi per scegliere fra i tre possibili suoni della i. A differenza di quanto accade ai nostri giorni, quando un maglificio italiano basa la pubblicità su tre pronunce diverse del suo nome, la Du Pont voleva una parola che entrasse facilmente nell' uso comune: la pronuncia doveva dunque essere definita senza ombra di dubbio. Finalmente si arrivò a «nylon»: una ipsilon risolse il problema. Gianni Fochi Scuola Normale di Pisa


OTTURAZIONI Il computer si trasforma in dentista
ORGANIZZAZIONI: CEREC
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

PER sostituire l' amalgama nelle otturazioni dentarie è stato messo a punto uno strumento, chiamato Cerec (Cad cam computer reconstruction), con il quale è possibile, in una sola seduta, progettare, costruire e installare un' otturazione in ceramica perfettamente adattata alla cavità da otturare. L' apparecchiatura è costituita da una microtelecamera che ricava l' immagine del dente da ricostruire; l' immagine viene immagazzinata da un computer che, dopo averne ricavate le misure nelle tre dimensioni, controlla una fresatrice che da un blocco di ceramica ricava in pochi minuti una otturazione che si adatta perfettamente ai contorni della cavità da colmare. La nuova tecnologia è già applicata in un centinaio di studi in tutta Italia oltre che all' università di Brescia.


TECNOLOGIA Suoni silenziosi Di ultrasuoni parlò per primo lo Spallanzani nel ' 700. Già usati in medicina e nella guerra sottomarina, ora se ne prova l' impiego nelle telecomunicazioni
Autore: FURESI MARIO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, STORIA DELLA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

I «suoni silenziosi» hanno aggiunto ultimamente l' ecotomografia al lungo elenco dei servizi che vanno rendendo all' uomo. Il nuovo termine coniato dai medici indica la tecnica con cui sezioni trasversali di un organo vengono esplorate dagli ultrasuoni che, riflessi dalla superficie investita, ritornano all' apparato emittente, dove vengono trasformati in impulsi elettrici i quali, a loro volta, colpiscono uno schermo luminoso per disegnarvi l' immagine dello strato d' organo esplorato. Tra l' altro, alla ecotomografia si ricorre per controllare, all' interno del cuore, lo stato della valvola mitralica; controllo che altrimenti verrebbe eseguito con l' introduzione di un catetere. Anche la medicina prenatale si serve della ecotomografia per verificare lo stato di salute del nascituro; si è così scoperto che ad appena tre mesi il feto sente, dorme e sogna. Quando si parla di ultrasuoni ci si riferisce alle vibrazioni acustiche non percettibili dall' orecchio umano, la cui capacità uditiva ha normalmente come limite alto i 15 mila Hz (cicli al secondo). Persone molto giovani ed eccezionalmente dotate giungono a percepire i 20 mila Hz che indicano perciò il limite di frequenza con cui, per convenzione, ha inizio la serie degli ultrasuoni. Molti animali hanno capacità uditive di molto superiori a quelle umane. I cani, ad esempio, sentono sino a 25 mila Hz e ancora più alto è il limite per i delfini e in particolare per una loro specie completamente cieca, la Platonista gangetica. Un radar da caccia per il pipistrello Questo animale evita gli ostacoli e cattura la preda servendosi del proprio sistema biologico di ultrasuoni. Lo stesso avviene nei pipistrelli, la cui capacità uditiva supera i 70 mila Hz. Proprio studiando i pipistrelli, un grande scienziato del Settecento, Lazzaro Spallanzani, per primo parlò di ultrasuoni dopo aver osservato che le nottole anche ad occhi bendati evitavano gli ostacoli e catturavano la preda. I suoi scritti al riguardo suscitarono l' incredulità e il sarcasmo della scienza ufficiale. Fu solo verso la fine del secolo scorso che le intuizioni del biologo emiliano vennero confermate sperimentalmente con la produzione artificiale degli ultrasuoni attraverso il ricorso alla tecnica piezoelettrica (compressione di cristalli come quarzo e tormalina). Il primo strumento a produrre ultrasuoni fu il famoso «fischietto» inventato da una naturalista inglese, Francis Galton, e il primo largo uso degli ultrasuoni si ebbe nella guerra sottomarina, con il sonar per la localizzazione dei sommergibili. Oggi gli ultrasuoni vengono impiegati nei campi più diversi a iniziare, come già accennato, dalla medicina che, oltre che nella diagnostica, li utilizza in chirurgia dove, ad esempio, pilota il bisturi nei delicati interventi al cervello e provvede alla frantumazione di calcoli. Il ricorso medico va estendendosi anche alla terapia di alcune malattie, come artriti, artrosi e ulcere. Gli ultrasuoni vanno infine sostituendo i raggi X e molte altre tecniche invasive di analisi. Con l' invenzione del microscopio acustico è iniziata la diffusione degli ultrasuoni in campo industriale, dove vengono tra l' altro utilizzati per scoprire difetti nascosti nella struttura di materiali solidi nonché per lavorare materiali di particolare durezza e per la saldatura dell' alluminio. E' da citare anche l' impiego degli ultrasuoni nelle analisi dello stato di «affaticamento» dei metalli e nella scoperta di falle nascoste nelle fusoliere dei velivoli. Recentemente gli ultrasuoni hanno trovato largo impiego in campo artistico per i controlli sullo stato di conservazione delle opere d' arte. Ricerche in corso per nuovi impieghi Vanno infine citate le ricerche in corso per nuovi sofisticati utilizzi quali, ad esempio, l' impiego di ultrasuoni ad altissima frequenza, sul miliardo di cicli al secondo, quali portatori di segnali e nelle telecomunicazioni quali modulatori nelle trasmissioni a luce laser. In entrambi i campi l' Italia ha raggiunto posizioni di avanguardia con le ricerche in corso all' «Istituto di Acustica Corbino», del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Mario Furesi


SCAFFALE Gasparini Paolo, Musella Silvana: «Un viaggio al Vesuvio», Liguori Editore
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

IL Vesuvio dorme dal 1944 ma è ben lontano dal perdere il posto di mattatore nella storia della vulcanologia. Un posto che si è conquistato non soltanto con l' eruzione del 79 dopo Cristo che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia e fornì l' occasione a Plinio il Giovane di darci la prima descrizione «scientifica» di un fenomeno fino ad allora considerato quasi sovrannaturale; ma anche per l' intensa attività di ricerca che negli ultimi due secoli si è sviluppata intorno ad esso. Tra le mura dell' Osservatorio Vesuviano, inaugurato nel 1848, sono passati studiosi come Luigi Palmieri, che vi lavorò per quasi quarant' anni e che per studiare la «sua» montagna costruì il primo sismografo; o Giuseppe Mercalli l' ideatore della famosa scala di valutazione dell' intensità dei terremoti. Ma il vulcano è anche una parte del fascino di Napoli e per questo in ogni tempo ha attirato gli uomini di cultura, da Goethe a Mozart, Stendhal, Chateaubriand, Dumas, Cecov. «Un viaggio al Vesuvio, il vulcano visto attraverso diari, lettere e resoconti di viaggiatori» di Paolo Gasparini e Silvana Musella, affianca notazioni scientifiche e suggestioni artistiche, cronache delle più importanti fasi di attività del vulcano e testimonianze letterarie e pittoriche (stupefacente per modernità un acquarello di Goethe, che sembra conoscere la lezione dei «fauves» ).


SCAFFALE Kurten Bjorn: «L' età dei dinosauri», Franco Muzzio Editore
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

Il fascino esercitato dai dinosauri non tramonta; anzi, a mano a mano che questi animali escono dal mistero e si moltiplicano le loro tracce, cresce l' interesse intorno alla loro origine ed esistenza e al loro tramonto. Bjorn Kurten li descrive «nel loro mondo, non avulsi ed esaltati come solitari dominatori in un contesto fumoso» come osserva Giuseppe Minelli. E soprattutto insinua salutari dubbi su molte questioni che altri autori, più sensibili alle descrizioni ad effetto che sembrano indissolubilmente connesse a questa materia, danno per scontate.


SCAFFALE Hall Sam: «Il Quarto mondo», Editrice Geo
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

Le popolazioni che abitano l' Artico sono rimaste isolate per millenni nel loro Paese di ghiaccio dove hanno elaborato un modo di vita e una cultura molto specifiche, sostanzialmente simili dall' Alaska alla Scandinavia alle coste siberiane. Ma l' uomo bianco, che ha cominciato ad avventurarsi nelle regioni artiche a partire dalla prima metà del XVI secolo per cercare a Nord Ovest e a Nord Est il passaggio verso l' Estremo Oriente, e che ha poi costantemente accresciuto la sua presenza prima come cacciatore di balene e di foche e oggi come cercatore di petrolio, ha di colpo fatto passare gli inuit, i sami, gli yakuti, insomma tutte quelle popolazioni che molto impropriamente vengono chiamate «esquimesi», dall' età della pietra a quella spaziale. Quali saranno le conseguenze? Lo scontro con la «società avanzata», rappresentata dalla tecnologia ma anche dal consumismo, dalla motoslitta e dai condomini che hanno sostituito rispettivamente le mute di cani e gli igloo, ma anche dagli avvilenti sussidi sociali che hanno preso il posto dell' economia tradizionale basata sulle scarse risorse locali, ha già creato traumi profondi. Altri se ne profilano con il possibile, forse inevitabile, sfruttamento sistematico della regione da parte dei Paesi industriali. C' è un avvenire per il popolo dei ghiacci alle soglie dell' anno 2000?


SCAFFALE Bertolo Mapelli Masino: «Avio Data», Aviabooks La Bancarella Aeronautica
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 010

Quanti sono gli aeromobili (aerei, elicotteri, alianti, mongolfiere ) circolanti in Italia, a chi appartengono (compagnie di trasporto, aeroclub, imprese, «vip» dell' economia), quale è la loro storia, come riconoscerli? Professionisti o semplici appassionati possono trovare una risposta a queste e ad altre curiosità in questo libro giunto alla seconda edizione sulla spinta delle richieste del pubblico: cinquecento pagine fitte di dati difficilmente reperibili altrove.


INSETTI L' inquilino dell' acqua di casa Una «zanzarina» colonizza le tubature
Autore: ZULLINI ALDO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: STYLOTANYTARSUS INQUILINUS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

NEL 1941 Kruger, un biologo tedesco, scoprì alcune larve di insetto, lunghe 3 o 4 millimetri, nelle tubature dell' acqua potabile di una città della Germania centrale. Le attribuì a una nuova specie del genere Stylotanytarsus. Avendola trovata nell' acqua di casa, la chiamò S. inquilinus. Successivamente questa specie è stata rinvenuta anche negli acquedotti di altri Paesi, Italia compresa. Non si allarmi il lettore. La presenza di microfauna nell' acqua potabile è tutt' altro che eccezionale e, di regola, non comporta inconvenienti di sorta. Infatti quasi sempre si tratta di organismi innocui, più o meno microscopici, quali protozoi, rotiferi, vermi filamentosi (nematodi), piccoli crostacei (copepodi), acari e, appunto, larve di insetti. Perché questi «inquilini», se l' acquedotto municipale garantisce un' acqua buona da bere e priva di microbi? Il fatto è che il cloro e l' ozono, impiegati per disinfettare l' acqua, uccidono i batteri, ma sono poco efficaci contro i piccoli animali. Anche i batteri, del resto, non vengono distrutti completamente. L' acqua da bere può provenire da falde sotterranee, e in tal caso è praticamente pura essendo già filtrata per via naturale. Ma spesso proviene da laghi o fiumi, e allora deve essere resa potabile mediante trattamento in appositi impianti. I laghi e i fiumi sono popolati, oltre che da batteri, anche da molti piccoli animali e perciò non fa meraviglia che qualcuno finisca per infilarsi nell' impianto di potabilizzazione e, da qui, nelle tubature. Ma ritorniamo al nostro S. inquilinus. E' un insetto appartenente al gruppo delle «zanzare che non pungono» che i biologi chiamano Chironomidi. Al mondo ve ne sono alcune migliaia di specie. Le loro larve, piccole e vermiformi vivono in tutti i tipi di acqua dolce. Al termine dello sviluppo diventano sessualmente mature sfarfallando in forma di esili creature simili a zanzare. I chironomidi adulti badano solo a volare in grandi sciami e a incontrare un partner con cui accoppiarsi. Le femmine fecondate depongono le uova nell' acqua dato che la larva, come s' è detto, è acquatica. Questi insetti, dunque, hanno bisogno di ampi spazi in cui sciamare e in cui realizzare l' incontro sessuale. Come possono, allora, moltiplicarsi nei tubi di un acquedotto? Il mistero è stato chiarito in questi ultimi anni e una volta di più, ha confermato le stupefacenti capacità di adattamento e di evoluzione degli esseri viventi. Recentemente si è scoperto che l' insetto di cui stiamo parlando è, in realtà, una vecchia conoscenza, essendo noto ai naturalisti fin dal 1885: il suo vero nome è Paratanytarsus grimmi. E' distribuito praticamente in tutto il mondo e vive sulle rive dei laghi, in piccoli stagni e nelle vasche dei giardini. Ha una particolarità: tutti gli individui sono di sesso femminile. Le femmine adulte sfarfallano sgusciando dall' involucro pupale ed emergono dall' acqua. Subito dopo emettono decine di uova microscopiche. Cioè depongono le uova senza incontrare i maschi (che non esistono). Se non c' è incontro sessuale, non c' è neppure la necessità di sciamare in grandi voli, e infatti P. grimmi è un cattivo volatore. A questo punto si può capire perché questo insetto sia riuscito a colonizzare le tubature dell' acqua: era, per così dire, preadattato a questo tipo di ambiente. L' adattamento che ha reso possibile la colonizzazione della rete idrica sotterranea è stata la soppressione della forma alata libera dell' adulto. Infatti in questo caso l' adulto muore senza neppure uscire dall' acqua e mentre è ancora racchiuso nell' involucro pupale. A volte muore dopo aver deposto le uova nell' involucro stesso. Oppure il corpo materno si spezza tra il torace e l' addome permettendo così la liberazione delle uova. A questo punto possono intervenire piccoli crostacei comuni nelle condutture dell' acqua potabile. Essi attaccano l' insetto con morsi ripetuti lacerando la cuticola e così contribuiscono a liberare le uova. Da queste nascono, dopo pochi giorni, nuove larve. Immerse nel buio ambiente delle tubature e dei serbatoi, non hanno intorno a sè le alghe e i microrganismi di cui si nutrono le loro cugine nate sulle sponde dei laghi e degli stagni. La loro dieta, molto più sobria, si limita ai ferrobatteri. Si deve infatti sapere che l' assenza di luce impedisce lo svolgimento della fotosintesi e quindi lo sviluppo di alghe e di altri vegetali. L' assenza di sostanze organiche, a sua volta, impedisce lo sviluppo di funghi e di molti batteri. Perciò nelle tubature e nei serbatoi non si dovrebbe sviluppare alcun organismo. Tuttavia ve ne sono alcuni in grado di campare sfruttando materiali inorganici, per esempio il ferro. E' il caso dei ferrobatteri, che vivono grazie alla loro capacità di ossidare questo metallo. Anno dopo anno formano incrostazioni che corrodono le tubature e sono l' unica risorsa alimentare delle piccole larve dei chironomidi. Questa risorsa e i cambiamenti riproduttivi sono bastati, all' insetto in questione, per conquistare un ambiente nuovo e difficile, non certo fatto per essere colonizzato da animali solitamente dediti al volo. La vita, grazie a piccoli e continui cambiamenti, alligna anche nei posti meno favorevoli. L' evoluzione è sempre andata avanti così. Aldo Zullini Università di Milano


UN CASO AMERICANO Una malattia da ergastolo Sembrava infanticidio, era la rarissima acidemia
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, GENETICA, BAMBINI, MORTE
NOMI: STALLINGS PATRICIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

LA storia che sembrava portare Patricia Stallings all' ergastolo per infanticidio iniziò nell' estate del 1989 al pronto soccorso della Clinica Pediatrica di S. Louis. Il bambino di tre mesi da lei portato d' urgenza al Children' s Hospital non poteva più respirare; cianotico, vomitava e presentava sintomi di intossicazione gastro intestinale. Per disgrazia della madre, il medico di guardia era esperto in tossicologia e basandosi sui sintomi formulò la diagnosi di intossicazione acuta da glicole etilenico, una sostanza usata come anticongelante. La diagnosi venne confermata da un laboratorio, che trovò tracce di questa sostanza nel sangue del bambino. Alla donna, sospettata di avvelenamento colposo, venne negata la cura del bambino, che venne affidato a genitori adottivi. Per doppia sfortuna, il piccolo David non si riprese dall' avvelenamento e morì proprio durante una visita della madre, in un momento in cui non vi era sorveglianza. Patricia Stallings venne accusata di omicidio premeditato e condannata all' ergastolo. Un accertamento ulteriore eseguito su vari organi del bambino confermava i risultati della prima analisi: quantità notevoli di glicole etilenico. Tracce del medesimo composto venivano trovate anche nella bottiglia di latte usata dalla Stallings per nutrire il bambino durante la visita. Mentre la Stallings si trovava già in carcere, dava alla luce un secondo figlio, nel febbraio 1990. Il neonato venne affidato alle cure di genitori adottivi con proibizione assoluta alla madre di vederlo. Due settimane dopo l' adozione, il piccolo David si ammalò gravemente. Presentava gli stessi sintomi del fratellino: intossicazione, vomiti e difficoltà a respirare. I sintomi erano classici per una intossicazione da glicole etilenico. Ma come accusare la madre che, in prigione, non aveva mai più visto il figlio? Due professori del dipartimento di Biochimica della S. Louis University decisero di decifrare il mistero con nuove analisi Ottennero campioni di sangue sia del primo sia del secondo bambino e li sottoposero a un' analisi più selettiva e sensibile della prima. Non si trovò traccia di glicole etilenico. Ovviamente vennero accusati di aver usato un metodo poco adatto. I due biochimici interpellarono un' autorità nel campo di malattie del metabolismo infantile, il professor Rinaldo della Yale University, il quale sottopose i campioni alla spettrometria di massa. Con questo metodo riuscì a individuare concentrazioni molto alte (e quindi tossiche) di un acido organico, il metilmalonico (MMA). Come se n' era prodotta una concentrazione così alta nel corpo dei due bambini? L' unica possibilità era un difetto nel meccanismo chimico enzimatico che degrada ulteriormente l' MMA a un prodotto non tossico. Oltre all' MMA si reperiva anche un alto tasso di corpi chetonici nell' urina e nel sangue, anch' essi tossici. Rinaldo arrivò alla conclusione che i due piccoli non erano stati avvelenati ma erano stati vittima di una rara malattia metabolica ereditaria che colpisce meno di un neonato ogni cinquantamila: l' acidemia da MMA. I sintomi di tale malattia sono praticamente indistinguibili da quelli da avvelenamento da glicole etilenico. Nel settembre 1991 Patricia Stallings è stata dichiarata innocente e assolta con formula piena dall' accusa di infanticidio. Ezio Giacobini Università del Sud Illinois


OSTEOPOROSI Test per un nuovo farmaco che ridà alle ossa un po' dell' antica massa
Autore: TRIPODINA ANTONIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

SARA' capitato a molti di incontrare persone molto anziane, in prevalenza donne, che, ripiegate su se stesse, camminavano a stento appoggiandosi a un bastone, con il dorso tanto curvo da non poter neanche guardare avanti. Erano persone che portavano le conseguenze di un' osteoporosi in fase avanzata. E sono incontri che nei prossimi anni potrebbero diventare sempre più frequenti, data la tendenza all' aumento di questa patologia. L' osteoporosi è una rarefazione ossea che fisiologicamente si instaura, anno dopo anno, in entrambi i sessi (osteoporosi senile), ma che ha una particolare accentuazione in alcune donne dopo la menopausa, per il venir meno dell' effetto protettivo degli estrogeni sull' osso (osteoporosi postmenopausale). E' una patologia in piena espansione è stata definita «epidemia silenziosa» sia per il prolungarsi della vita media, sia per il diffondersi di abitudini di vita non favorevoli a un buon sviluppo osseo. Un' inversione di tendenza è possibile soltanto con un' incisiva opera di prevenzione da parte delle nuove generazioni: attività fisica costante negli anni, alimentazione corretta con adeguato apporto di calcio e vitamine, vita all' aria aperta, poco fumo e poco alcol. Lo scheletro è sottoposto a un continuo rimodellamento, essendo in ogni momento della vita il risultato dell' azione contrastante delle due linee cellulari ossee quella degli «osteoblasti» che tendono a costruire nuovo osso e quelle degli «osteoclasti», che tendono a riassorbirlo, per immettere calcio in circolo. Nell' età giovanile prevalgono i processi osteoformativi. Il «picco» viene raggiunto intorno ai 35 anni, ma già a 20 anni il più è fatto (circa il 90 per cento). Dopo i 40 anni inizia il lento processo di rarefazione per il prevalere dei processi di riassorbimento. Gli uomini hanno il vantaggio, rispetto alle donne, di avere costituzionalmente un patrimonio osseo maggiore di circa il 30 per cento, di avere dopo il picco una perdita annua percentualmente inferiore (lo 0, 5 0, 7 contro l' 1, 5 2 per cento) e soprattutto di non avere la menopausa Un ruolo positivo sempre più riconosciuto spetta alla precoce terapia sostitutiva con estrogeni nell' immediata postmenopausa, soprattutto per quelle donne denominate «fast loosers», che dimostrano un andamento particolarmente rapido di decalcificazione (circa il 25 per cento). Terapia estrogenica che ha dimostrato, fra l' altro, di esplicare un importante effetto protettivo cardiovascolare. Prevenire, quindi, perché nessuna delle terapie finora praticate ha dimostrato di poter ridare consistenza a un osso mal ridotto. Esistono sostanze che hanno dimostrato di poter fermare il riassorbimento osseo attraverso l' inibizione degli osteoclasti (calcitonina), ma nessuna finora aveva dimostrato anche azione osteoformativa. Prospettive interessanti sembrano aprirsi ora con un nuovo farmaco, l' ipriflavone, un derivato isoflavonico che, dai numerosi studi sperimentali sugli animali e dai primi studi clinici sull' uomo, ha dimostrato di poter invertire la tendenza, sia inibendo l' attività litica degli osteoclasti, sia stimolando l' attività neoformativa degli osteoblasti. Tale duplice azione fa sì che l' osso possa recuperare, dopo alcuni mesi di terapia, massa e consistenza. La cosa è documentata strumentalmente mediante tecniche di misurazione densitometriche ossee (mineralometria) e clinicamente con la riduzione delle fratture. Anche il dolore regredisce entro le prime settimane di terapia. Antonio Tripodina


STRATEGIE DI DIFESA E l' eucalipto si arrese Il veleno non basta contro i koala
Autore: MORETTI MARCO

ARGOMENTI: BOTANICA, ANIMALI
NOMI: SOUTHWELL IAN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

LA natura integralmente arboricola del koala (Phascolarctos cinereus) è sempre stata avvolta in un alone di mistero. L' orsacchiotto con il marsupio vive perennemente appallottolato ai rami di trentacinque delle seicento varietà di eucalipti presenti in Australia. In particolare l' eucalipto grigio (Eucalyptus punctata) e altri alberi dalla corteccia liscia, sui cui tronchi si sposta grazie agli artigli delle sue zampe e delle cui foglie si ciba. Mastica solo quelle un chilo al giorno ottenendone tutto il nutrimento e il liquido di cui ha bisogno. Non beve infatti acqua, perché c' è nelle foglie. Queste contengono però un olio volatile che risulta tossico a tutte le altre specie di mammiferi. Perché al koala no? Una ricerca condotta da Ian Southwell, del Museum of Applied Arts and Sciences di Sydney, ha svelato il mistero: il marsupiale riesce a neutralizzare gli effetti tossici dell' olio per mezzo di microrganismi intestinali. Trasformato chimicamente nell' intestino cieco, l' olio contribuisce a regolare la temperatura corporea dell' animale (un effetto finora attribuito alle funzioni complementari dell' attività metabolica e della morbida ed elegante pelliccia che copre il 77 per cento del suo corpo). Il lungo intestino cieco funge inoltre da camera di fermentazione dove, per opera di microbi, avviene una digestione postgastrica: comune anche ad altre specie erbivore come il coniglio e il cavallo, utile ad assimilare in tempi più lunghi la cellulosa contenuta nelle foglie. I koala s' accoppiano, ogni due anni, in estate: il periodo di gestazione dura trentacinque giorni, ma il piccolo (19 millimetri, 6 grammi) trascorre però fra i cinque e i sette mesi nel marsupio materno. In questo periodo viene svezzato: il passaggio dall' allattamento alla dieta di foglie avviene gradualmente attraverso cibo «predigerito» che la madre rigurgita nel marsupio per nutrire il cucciolo. La separazione dalla madre non è facile: una volta uscito dal marsupio, il piccolo (lungo venti centimetri) s' aggrappa alla sua schiena, restando con lei per altri sei mesi. Diventato adulto (nove chili di peso per sessantadue centimetri di lunghezza), il koala, non avendo bisogno di acqua, non ha alcun motivo di scendere dall' albero dove vive: se tocca terra è solo per «traslocare» da un eucalipto all' altro. Marco Moretti


CROLLA UN MITO Nemmeno nella Polinesia gli uomini sono vissuti in armonia con la natura
Autore: CARRADA GIOVANNI

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA, ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 011

I L crollo apparentemente inspiegabile di certe culture preistoriche polinesiane, così come quello dell' altrettanto inspiegabile abbandono di molte isole del Pacifico meridionale, ha trovato una risposta nelle ricerche degli ecologi che tentano di ricostruire il passato biologico delle isole oceaniche. Fu probabilmente l' eccessivo sfruttamento delle risorse naturali delle isole, foreste e animali, a non permettere più la sopravvivenza delle popolazioni umane. Viene sfatato così il mito ambientalista di un' età dell' oro, in cui l' uomo polinesiano viveva in felice armonia con la natura. Nell' isola di Pasqua alcuni ricercatori sono andati a rovistare tra le immondizie della natura e della storia, esaminando i sedimenti accumulatisi negli ultimi 37 mila anni in tre laghetti di acqua dolce. La loro attenzione si è concentrata sul polline stratificatosi in ordine cronologico: dall' identificazione delle specie che lo hanno prodotto sono così risaliti alle formazioni vegetali presenti nel passato, datandole con il metodo del radiocarbonio. I risultati hanno mostrato che l' isola di Pasqua non è sempre stata come Roggeven, navigatore olandese, la «scoprì » nel 1772. Senz' alberi, coperta solo da praterie, l' isola è stata ricoperta di foreste di palme e di felci fino al X XI sec., epoca in cui iniziò una deforestazione relativamente rapida. Le date coincidono con quanto si sa sulla colonizzazione polinesiana dell' isola, iniziata nel V secolo. Quella cultura crollò improvvisamente nel XVI sec., lasciando sull' isola più di 800 gigantesche teste di pietra, i famosi moai, ma nessun superstite in grado si spiegarne il significato agli esploratori europei. All' abbattimento delle foreste seguirono l' erosione del suolo e l' esaurimento della principale materia prima, il legname. Le fonti archeologiche mostrano un ultimo periodo contrassegnato da guerre e schiavitù, quando una casta di guerrieri prese il potere. Poi, il crollo. L' isolotto di Henderson è molto meno famoso dell' isola di Pasqua. Appartiene al gruppo delle Pitcairn, a Sudest dell' arcipelago delle Tuamotu. Da queste parti si sono svolte le vicende dell' ammutinamento del Bounty. Veniva considerata tra le poche ancora «vergini», quasi indisturbate da interventi umani. La scoperta degli anni ' 70 di tracce di colonizzazione polinesiana, qui come in altre isole oggi disabitate, aveva fatto sorgere molte domande sulle ragioni del loro abbandono. Mancanza d' acqua, mancanza di donne, malattie, guerre, nostalgia? Più semplicemente secondo queste ultime ricerche, fu abbandonata perché il suo ambiente naturale era stato tanto modificato da renderla inabitabile. L' isola è tutt' altro che «vergine». Identificando con infinita pazienza le specie cui appartengono le ossa di uccelli rinvenute tra i resti dei pasti degli antichi abitatori, hanno scoperto che oggi mancano all' appello ben cinque specie, che dovevano rappresentare la principale fonte di proteine. Queste scoperte, e altre analoghe in diverse isole del Pacifico, hanno tra l' altro dimostrato che molte distribuzioni di uccelli non sono il risultato di naturali processi evolutivi, ma sono al contrario il prodotto delle occupazioni preistoriche polinesiane. Le vicende dell' isola di Pasqua e di Henderson ci mostrano che l' impoverimento degli ambienti naturali non è appannaggio esclusivo delle civiltà avanzate. Anche se la questione è ancora controversa, molti studiosi indicano anzi nell' uomo preistorico l' autore di radicali trasformazioni degli ecosistemi naturali nelle due Americhe, in Europa e in Australia. L' antica armonia tra l' uomo e la Natura è probabilmente soltanto un mito romantico. Le ricerche nel Pacifico, tra le prime accuratamente documentate, confermano che in ogni epoca e sotto ogni cultura le popolazioni umane devono misurarsi con gli stessi problemi nei loro rapporti con il resto della creazione. Giovanni Cartada


LA PAROLA AI LETTORI Alzare il gas aumenta solo la bolletta
NOTE: 012

GLI atleti correrebbero sulla pista in senso antiorario per una questione di stabilità. Ecco perché: «Il corpo umano non è perfettamente simmetrico ed equilibrato: il cuore è spostato a sinistra. Correndo e curvando da questa parte, il corpo si inclina di più verso sinistra e il baricentro si abbassa, per cui questa posizione è più stabile. Se invece si curvasse verso destra, il cuore si troverebbe più in alto e farebbe alzare il baricentro: questa posizione è meno stabile». (Ugo Robilante, Cuneo) Un uovo sta cuocendo in acqua bollente. Per accelerare la cottura, mi conviene alzare la fiamma del fornello? No: l' energia fornita in più non andrà ad aumentare la temperatura dell' acqua, ma verrà spesa in parte per il passaggio dallo stato liquido a quello gassoso e in parte nei più intensi moti convettivi che si generano all' interno della pentola. Quindi, alzando la fiamma, si otterrà soltanto un incremento del consumo di gas. (Francesco Ceccherini Porcari, LU) Il punto di ebollizione dell' acqua al livello del mare e con una pressione di 760 millimetri di mercurio è di 100: quando ha raggiunto tale temperatura inizia il processo di evaporazione, che è tanto più rapido quanto più aumenta il calore fornito. Alzando la fiamma, quindi, l' acqua non solo non aumenta la sua temperatura, ma passa allo stato gassoso più velocemente, diminuendo il suo volume all' interno della pentola. (Carlo Alessandro Nardi, Trento) Di che colore è lo spazio esterno per un astronauta in orbita? E' nero. Infatti sia sulla Luna (che è priva di atmosfera) che nello spazio c' è il vuoto quasi assoluto, cioè non sono presenti miscele di gas o polveri tali da agire da schermi che assorbano una specifica lunghezza d' onda fra le tante che compongono lo spettro della radiazione elettromagnetica emessa in continuazione dalle stelle. Ogni vibrazione elettromagnetica si diffonde in maniera uniforme in tutte le direzioni nello spazio, fino a perdersi in esso. L' occhio umano non è in grado di distinguere la «miscela» costituita da tutte le lunghezze d' onda presenti nella radiazione solare (infrarosso, visibile, ultravioletto) e dunque lo spazio esterno circostante apparirà nero. Sulla Terra invece la radiazione solare incontra un filtro costituito dall' atmosfera che, nei suoi strati più alti, diffonde selettivamente la radiazione luminosa di colore blu. A ciò si deve la colorazione del nostro cielo nei giorni tersi. (Daniele Rossi Carcare, SV) E' possibile che da un giradischi in funzione escano parole, suoni o messaggi diversi da quelli incisi sul disco? Normalmente è impossibile, ma può capitare in caso di guasto nell ' amplificatore o in presenza di un campo elettromagnetico molto intenso (per esempio nelle vicinanze dell' antenna trasmittente di una stazione radio). In questi casi il circuito elettronico destinato ad amplificare il segnale elettrico si comporta anche da ricevitore radio, amplificando e inviando agli altoparlanti la trasmissione radio involontariamente ricevuta. Questi inconvenienti non si verificavano con il grammofono a manovella, perché il segnale inciso sul disco veniva direttamente e meccanicamente amplificato dalla tromba. (Renato Caluzzi Montoggio, GE) Non è raro ascoltare un phon, un radioamatore, un' auto, segnali delle onde medie e tutto ciò che genera un campo magnetico o elettrico che superi le «difese» dell' apparecchio. Sostanzialmente, si tratta di interferenze che si inseriscono nei circuiti di amplificazione attraverso la rete elettrica, i fili di collegamento con le casse o via etere. Il fenomeno è molto più evidente nei giradischi autonomi (cioè quelli in grado di funzionare e riprodurre il suono senza bisogno di amplificatori e casse acustiche) e nei complessi stereofonici a basso costo. (Fabio Courmoz Challand St Victor, AO)


STRIZZACERVELLO Pesare senza pesi
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 012

Pesare senza pesi L' assistente di laboratorio ha oggi messo in difficoltà gli studenti con un problema di non facile soluzione. «Immaginate di dover pesare una serie di oggetti di peso variabile ha esordito l' insegnante ma che non superano in nessun caso i 40 grammi». «Disponete solo di una bilancia a due piatti e dunque ha aggiunto con sottile piacere priva di indicazioni numeriche». «L' unico ausilio possibile vi deriva da una sbarra di sezione costante che pesa proprio 40 grammi, corredata da una opportuna sega». «Sapreste, con tre soli tagli della sbarra e trascurando il peso della limatura prodotta, dividere la sbarra in quattro parti tali che, combinate tra loro, permettano di pesare qualunque valore tra 1 e 40 grammi? ». La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (Alan Petrozzi)


ANNIVERSARI L' atomismo di Gassendi
AUTORE: GABICI FRANCO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
PERSONE: GASSENDI PIERRE
NOMI: GASSENDI PIERRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 012

VENTIQUATTRO gennaio 1592. Nasce a Digne, in Provenza, Pierre Gassendi. Insegnò astronomia e matematica al College di Francia e si interessò di scienze naturali. Morì a Parigi nel 1655. In fisica il nome di Gassendi è legato all' atomismo, alla sua fiducia nell' esperienza sensibile e alla nuova tendenza di liberare la scienza dai dogmatismi. Gassendi, dunque, recupera l' atomismo di Democrito e di Epicuro, adattandolo però alla dottrina cristiana. Essendo sacerdote, sostiene che gli atomi sono creati da Dio. E' questa una delle eccezioni, con l' esistenza di un' anima razionale incorporea, al principio che tutte le cause devono essere materiali Il suo atomismo, che influenzò profondamente anche Newton, ebbe molto successo (più delle teorie cartesiane) sia perché lo liberò da quell' alone di materialismo che lo aveva sempre accompagnato, sia perché gli atomi ribadivano le scoperte che nel frattempo andava compiendo la scienza (soprattutto la microscopia), i cui strumenti mostravano oggetti sempre più piccoli. Gassendi, tuttavia, distingueva gli atomi (minima naturae) dai punti matematici (minima mensurae) e questa divisione sottendeva una divisione fra la fisica, che opera nel mondo reale, e la matematica che opera invece nell' astratto. Come astronomo osservò per primo il movimento di Mercurio. Galileo, che gli regalò un suo cannocchiale, lo definì «magnum aevi nostri decus». Opere: Animadversiones in decimum librum Diogenis Laertii e Commentarius de vita et moribus et placitis Epicuri (1649). Scrisse anche una vita di Ticho, Copernico e Regiomontano. Curiosità: le sue idee influenzarono moltissimo la scienza del tempo. Ebbe molti seguaci e ammiratori, fra i quali Cyrano di Bergerac e il drammaturgo Moliere che lo ricordò anche in alcune commedie. Franco Gabici


ATTERRAGGI «CIECHI» Aerei sul sentiero elettronico Com' è fatto e come funziona un apparato Ils
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 012

GLI aerei moderni sono in grado di atterrare anche quando la visibilità è pressoché nulla. Ciò è possibile grazie agli Ils, sigla che significa «Instrumental landing system». Gli Ils più avanzati consentono atterraggi completamente automatici: gli aerei vengono affidati al pilota automatico, a sua volta guidato dai segnali dell' Ils che esegue tutte le manovre, comprese quelle sui motori. Ovviamente gli atterraggi automatici, i soli possibili con visibilità scarsa o nulla, vengono praticati anche quando la visibilità è buona perché sono più sicuri e più precisi. L' atterraggio strumentale richiede tre condizioni: che vi siano a terra le apparecchiature adatte; che gli aerei abbiano a bordo i corrispondenti apparecchi di ricezione; che i piloti abbiano un' apposita abilitazione. Gli aeroporti dotati di Ils sono classificati in Categoria 1, 2 o 3 a seconda della crescente precisione degli apparati di guida strumentale. La Categoria 3 si distingue ancora tra Categoria 3A (atterraggi con visibilità orizzontale di 200 metri e verticale zero) e Categoria 3B (visibilità orizzontale di 50 metri e verticale zero). (Una sia pure ridotta visibilità orizzontale è richiesta per il rullaggio successivo all' atterraggio). Un Ils è composto da due elementi di base: un localizzatore, posto alla fine della pista, e un generatore di planata, situato su un lato di essa: il primo emette segnali radio in VHF disegnando nel cielo due fasci paralleli di onde radio in senso verticale che rappresentano il prolungamento elettronico della pista di atterraggio; il secondo, che trasmette in UHF, traccia l' immagine elettronica del piano di discesa, inclinato di 3 gradi. L' intersezione dei due piani elettronici costituisce il sentiero di discesa. I piloti, dopo essere giunti a circa 8 chilometri dall' aeroporto di destinazione seguendo le indicazioni del Vor (radiofaro onnidirezionale) si sintonizzano sui due trasmettitori dell' aeroporto stesso; in cabina un apposito strumento indica loro se sono troppo alti o troppo bassi, spostati a destra o a sinistra affinché eseguano le opportune correzioni. Negli atterraggi di Categoria 3 una volta agganciato il sentiero di discesa entra in funzione il pilota automatico che obbedisce ai segnali dell' Ils e porta l' aereo fino al contatto con la pista con una precisione di appena 3 centimetri. Al disotto del sentiero di discesa sono collocati i marker, strumenti che emettono un fascio verticale di onde radio; essi dicono al pilota che è sul sentiero facendogli arrivare un segnale Morse in cuffia e facendo accendere una spia luminosa sul cruscotto. I marker sono il marker esterno, posto a 4 7 chilometri dalla soglia pista, il marker medio, a circa 800 metri, e il marker interno a poche decine di metri. Nell' ultima fase di discesa entra il funzione il radar altimetro posto a bordo del velivolo, che misura la distanza del velivolo stesso dal terreno e da eventuali costruzioni (case, muri, terrapieni). Gli Ils sono controllati ogni giorno con un' apparecchiatura posta su un' auto che percorre la pista e accerta che il segnale elettronico sia corretto; ogni due mesi viene fatto il controllo dal cielo con un aereo «radiomisure» che compie una serie di atterraggi di prova; infine si autocontrollano ogni pochi secondi. Anche a bordo degli aerei i ricevitori sono almeno due in modo da controllarsi a vicenda. Perché i segnali dell' Ils siano corretti è importante che non vi siano ostacoli sulla loro traiettoria: è stato accertato che un recente incidente avvenuto negli Usa è stato causato dall' irregolarità dei segnali, che erano stati deviati da un autoveicolo situato poco oltre la testata della pista.


CHI SA RISPONDERE?
NOTE: 012

& Perché non si avverte il momento in cui si passa dalla veglia al sonno? (Lidia Daloiso) & Perché una persona in sovrappeso si potrebbe consolare pesandosi in un ascensore che scende con accelerazione costante? (Miriam Ricci) & Come si fa a distinguere un uovo crudo da uno sodo? (Alessandro Maia) & Perché l' emorragia è meno grave se è danneggiata una vena anziché un' arteria? (Federico Pavan) _______ Tuttoscienze, via Marenco 32, 10126 Torino o fax 011 65 68 504, indicando «Tuttoscienze».




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