Francesco Artico, maestro di fede e cultura

Cinquant’anni fa, il 28 ottobre 1975, a Ceggia si spegneva Francesco Artico, figura di riferimento per la comunità ecclesiale del Basso Livenza. Maestro elementare, organista, autore e uomo di profonda spiritualità, seppe coniugare la fede cristiana, l’impegno nella comunità e la promozione della cultura popolare.

Nato nel 1911 a Sant’Anastasio di Cessalto, Francesco Artico ricevette un’impronta spirituale duratura fin dagli anni giovanili trascorsi nel seminario di Vittorio Veneto. Scelse poi l’insegnamento, che esercitò per decenni con passione educativa e attenzione umana, diventando un punto di riferimento non solo scolastico, ma morale per intere generazioni.

Il suo legame con la vita della Chiesa fu profondo e costante: presidente dell’Azione Cattolica, organista fedele fino agli ultimi giorni, collaboratore del bollettino parrocchiale, partecipò a pieno titolo alla vita delle comunità di San Stino, Torre di Mosto, Ceggia. Non amava i riflettori né i riconoscimenti, ma il suo contributo silenzioso e costante fu ben noto a chi lo conosceva.

Artico visse la fede con una sobria radicalità. Era uomo di preghiera quotidiana, condivisa in famiglia, e di spiritualità concreta. La sua teologia, espressa con semplicità anche nei racconti del libro Tornén un pas indrìo, si nutriva dell’esperienza vissuta, della misericordia, della fiducia nel Dio che “sa di che pasta siamo fatti”. In questo si era rivelato, con sorprendente anticipo, vicino alla sensibilità ecclesiale emersa dopo il Concilio.

Grande fu anche il suo contributo culturale. Nel dialetto delle sue storie Artico seppe raccogliere e valorizzare la memoria collettiva di una comunità. Non fu un nostalgico: piuttosto, ricordava con affetto la fede incarnata nella vita quotidiana, dando voce al Vangelo vissuto nelle case, nelle tradizioni, nei gesti.

Artico fu anche ricercatore linguistico: il suo Vocabolario etimologico del dialetto basso-liventino, pubblicato postumo, testimonia la sua passione per la salvaguardia della lingua e dell’identità locale, e si considera un vero strumento di protezione del patrimonio culturale.

A distanza di mezzo secolo, l’esempio di Francesco Artico continua a parlare: ci ricorda che la santità può abitare la vita ordinaria, che la cultura è via di evangelizzazione, che la fede vera si misura nei gesti quotidiani di bontà.

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