TUTTOSCIENZE 28 aprile 99


Bologna, prove di risparmio L'Enea sta realizzando il progetto di ricerca ««Life-Aquasave»»: una palazzina con 8 appartamenti sperimenterà nuove tecniche per dimezzare i consumi
AUTORE: D_SCA
ARGOMENTI: ECOLOGIA
NOMI: BORTONE GIUSEPPE
ORGANIZZAZIONI: ENEA
LUOGHI: ITALIA, CO, COMO, ITALIA
NOTE: «SICUREZZA DELL'ACQUA NEL TERZO MILLENNIO: PAESI MEDITERRANEI VERSO UNA GESTIONE COMUNE»

DAL convegno di Como un'altra notizia: Giuseppe Bortone, ricercatore dell'Enea di Bologna, insieme a numerosi soggetti pubblici e privati regionali, ha messo a punto un progetto battezzato ««Life-Aquasave»», per ottimizzare il consumo idrico negli impianti domestici, risparmiando il 50 per cento dell'acqua potabile. La prima palazzina con otto appartamenti con i nuovi impianti sperimentali, è in costruzione a Bologna e sarà finita entro il Duemila. ««Si tratta di un sistema - spiega Bortone - per scegliere tra acqua potabile usata per bere, cucinare, lavare i cibi, e per l'igiene personale; acqua piovana - da raccogliere e stoccare - adattissima per le sue caratteristiche chimico-fisiche, a lavastoviglie e lavatrici, e infine le cosiddette acque grigie, cioè gli scarichi di lavandini, vasche da bagno, docce, che opportunatamente, trattate, vanno benissimo per gli sciacquoni dei gabinetti. Si otterranno così due risultati: ridurre il consumo della preziosa acqua potabile, e risparmiare sulla bolletta»». Tra l'altro usando acque piovane, di bassa durezza, per le lavatrici, si inquina di meno, poiché si consumano meno detersivi, ammorbidenti, sali decalcificanti e così via. La palazzina bolognese servirà da test per mettere a punto standard operativi per la commercializzazione degli impianti. Tralasciando il fatto che gli acquedotti della penisola sono per la maggior parte centenari e malridotti, con una forte dispersione di acqua - lo studio è partito da alcuni semplici dati: in Italia il consumo medio giornaliero pro capite è di 250 litri al giorno, con punte di 500; una parte è sprecata in impieghi che non richiedono acqua di qualità, (lavare i pavimenti, il cortile, bagnare il giardino), un'altra parte si spreca per l'uso di apparecchi sanitari e rubinetteria vecchi o non progettati allo scopo di risparmiare, infine un ulteriore spreco viene per incuria e sdataggine dei consumatori. Uno dei provvedimenti consiste in rubinetteria detta ««clic-clac»», che eroga poca acqua; per aumentare il flusso bisogna fare un piccolo sforzo in più. I getti poi vanno miscelati con aria, aumentando l'effetto lavante, e ovviamente diminuendo la quantà d'acqua erogata. Poi occorre separare le reti di scarico per un breve riciclo, infine ogni appartamento sarà dotato di contatori per segnalare giornalmente il trend dei consumi. Progetti simili sono già stati sviluppati in Usa e Giappone, sono rari in Europa, completamente assenti finora nel nostro Paese. A proposito di costi, il rapporto spiega che ««devono essere valutati in una prospettiva di medio, lungo periodo, in quanto la recente legislazione sull'acqua prevede che le tariffe debbano coprire totalmente i costi di produzione, distribuzione, fognatura e trattamento»». Informazioni: Enea, 051/60.98.698. E-mail: bortone@bologna.enea.it. \


Chi ha troppo, chi niente Forti disparità tra i Paesi affacciati al Mediterraneo
AUTORE: D_SCA
ARGOMENTI: ECOLOGIA
NOMI: BATISSE MICHEL
LUOGHI: ITALIA, CO, COMO, ITALIA
NOTE: «SICUREZZA DELL'ACQUA NEL TERZO MILLENNIO: PAESI MEDITERRANEI VERSO UNA GESTIONE COMUNE»

MICHEL Batisse, Presidente del Plan Bleu, l'associazione di ricerca scientifica internazionale con base in Francia, che studia da anni il territorio e l'ambiente mediterraneo, chiarisce la situazione dei Paesi affacciati sul Mare Nostrum. ««Gli Stati europei hanno risorse interne d'acqua (naturali e rinnovabili) che sono valutabili mediamente in 985 chilometri cubi per anno per ogni nazione. L'acqua è però distribuita in maniera decisamente disuguale tra il Nord (74%), l'Est (21%) e il Sud (5%). Su un totale di 25 Paesi mediterranei, 8 di questi, con una popolazione di 115 milioni di abitanti, si trovano al di sotto della soglia considerata di criticità (1000 metri cubi/abitanti/anno) e altri 6, Israele, Giordania, Libia, Malta, Territori Palestinesi e Tunisia, per un totale di 28 milioni di persone, hanno risorse inferiori alla soglia di assoluta povertà idrica (500/metri cubi/abitante/anno). ««Per avere un'idea della disparità dei consumi basti pensare che l'utilizzo annuale pro capite varia dai mille metri cubi dell'Albania e della Federazione Jugoslava, ai soli cento metri cubi dei territori di Gaza e Malta. ««Inoltre, Paesi quali l'Arabia Saudita e la Libia si trovano già al di sotto della disponibilità delle loro acque rinnovabili e attingono da tempo alle falde acquifere fossili che, al ritmo d'estrazione odierno, potrebbero esaurirsi nei prossimi 15/60 anni. ««Nell'arco di una generazione quindi, in assenza di interventi precisi o di variazioni climatiche considerevoli, il quantitativo d'acqua a disposizione di un abitante del Medio Oriente o del Nord Africa per esempio, sarà diminuito di circa l'ottanta per cento. I Paesi dell'area mediterranea si possono dunque dividere in quattro gruppi a seconda delle rispettive disponibilità idriche. Meno di 500 metri cubi (soglia di povertà): Israele, Giordania, Libia, Malta, Tunisia e Territori Palestinesi. Da 500 a 1000 metri cubi (soglia di tensione): Algeria ed Egitto. Da 1000 a 3000 metri cubi (risorse odierne sufficienti): Cipro, Spagna, Libano, Marocco e Siria. Oltre i 3000 metri cubi (risorse abbondanti): Albania, Bosnia, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Slovenia e Turchia. Il Plan Bleu ha ipotizzato inoltre diversi scenari da qui al 2025 evidenziando, grazie alla capillare raccolta dati, una grave tendenza alla crisi idrica in Mediterraneo dovuta soprattutto all'aumento della popolazione e al costante fabbisogno di acqua per l'agricoltura. Negli ultimi 50 anni le superfici irrigate sono aumentate di più del doppio in Algeria, Spagna e Israele e di ben 5 volte in Francia e Grecia. Le possibili strategie di difesa vengono indicate soprattutto nella diversificazione della domanda, viste le insormontabili difficoltà geofisiche odierne di aumento dell'offerta. ««Non è consigliabile infatti costruire nuove dighe nè continuare ad attingere copiosamente alle falde acquifere fossili già ampiamente sfruttate. La soluzione sta nella riutilizzazione delle acque industriali, nel riciclo delle acque reflue, nell'aumento degli impianti di desalinizzazione, nella distribuzione dell'acqua dal Nord verso il Sud e nell'introduzione di nuove tecnologie agricole. ««Ancor oggi purtroppo più della metà dell'acqua impiegata per l'irrigazione va sprecata a causa di infiltrazioni nei canali, evaporazione dei bacini di raccolta, cattivo impiego e basso costo del prodotto. L'introduzione di metodi alternativi, come l'aspersione goccia a goccia controllata con il computer, potrebbe restituire fino a tre quarti del futuro fabbisogno. ««L'acqua dovrebbe essere considerata come il denaro - spiega ancora il professor Batisse - non si può sperare di aumentare l'offerta all'infinito, bisogna poter ridurre e controllare la domanda. Già oggi la mancanza d'acqua causa sofferenze sociali, instabilità politica e rivolte di massa. E sarà sempre peggio. Più di 300 fiumi e bacini di raccolta naturali sono infatti condivisi da due o più Stati confinanti. La competizione in caso di necessità potrà portare (è già successo) a violenti scontri di gestione. Il Mediterraneo è un ottimo esempio di luogo dove una seria e immediata politica internazionale di controllo delle risorse idriche dovrebbe essere attuata. Risparmio idrico consapevole e regolato, nuove tecniche di desalinizzazione dovranno essere imposte per legge da una sorta di Diritto dell'Acqua, da introdurre al più presto. Le ricerche le abbiamo già fatte, i dati sono pronti. Bisogna solo imporre nuove regole»». \ \]


NEL 2000 UNA CRISI MONDIALE Sarà il millennio della sete L'acqua è sempre di più una risorsa strategica
AUTORE: SCAGLIOLA DAVIDE
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, CO, COMO, ITALIA
TABELLE: T. I DATI DEL PIANETA
NOTE: «SICUREZZA DELL'ACQUA NEL TERZO MILLENNIO: PAESI MEDITERRANEI VERSO UNA GESTIONE COMUNE»

QUASI tutti sanno che l'acqua ricopre il 70 per cento della superficie della Terra. Spesso però ci si dimentica che il 97 per cento del suo volume ha un contenuto salino troppo elevato per un corretto uso industriale, alimentare ed agricolo. L'acqua dolce rappresenta infatti meno del 3 per cento del totale; per di più è raccolta, praticamente inutilizzata e inutilizzabile, per un buon settanta per cento nelle calotte ghiacciate dei Poli, nelle falde sotterranee e nei ghiacciai. Le acque superficiali realmente utilizzabili, - fiumi, bacini idrici e laghi - rappresentano meno dell'uno per cento del totale. Un'inezia. Benché questi dati si imparino fin dalle scuole elementari, ben pochi, specialmente in Europa, dove l'acqua è tutto sommato una risorsa relativamente abbondante, riflettono sull'importanza della disponibilità idrica. L'acqua di falda, infatti, non è una risorsa rigenerabile all'infinito. La maggior parte dell'acqua piovana infatti evapora formando le nuvole, mentre solo il 25 per cento penetra nel suolo rifornendo falde e acque di superficie. Già nel 1995 la Banca Mondiale lanciò l'allarme affermando che la Terra si trova da tempo sull'orlo di una crisi idrica gravissima. Oggi ben ottanta Paesi, equivalenti al 40 per cento della popolazione mondiale, sono in condizioni di penuria d'acqua, ovvero con una disponibilità inferiore ai 1000 metri cubi per abitante all'anno. Inoltre almeno tre miliardi di persone non dispongono di adeguati sistemi di depurazione idrica. Per il futuro le proiezioni delineano scenari anche più preoccupanti: nei prossimi dieci anni le risorse pro capite si ridurranno del 30 per cento in Egitto, del 40 in Nigeria e del 50 per cento in Kenya. I livelli delle falde acquifere in India e in Cina si abbassano a un ritmo di 1,5/3 metri all'anno, mentre gli indici di salinità delle acque sotterranee aumentano di 15-20 mg/l (milligrammi per litro) ogni 12 mesi. Si calcola che più del 70 per cento dell'acqua contenuta nelle falde raggiungerà presto concentrazioni superiori ai 500 mg/l contro un massimo previsto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità di 250 mg/l. Oggigiorno già l'otto per cento della popolazione della Terra soffre di scarsità d'acqua e quasi un terzo degli abitanti vive in condizioni di insufficienza idrica. Due miliardi di persone non hanno accesso diretto ad acque potabili. Ogni anno circa 5-10 milioni di individui muoiono per cause idrosanitarie dirette e 30 milioni per effetti direttamente riconducibili alla scarsità idrica. Questo è il quadro preoccupante delineato da più di 80 esperti, professori e ricercatori, riunitisi il 12 e il 15 aprile scorsi a Villa Olmo a Como, durante il convegno ««Sicurezza dell'acqua nel Terzo Millennio: Paesi Mediterranei verso una gestione comune»» organizzato dal Landau Network - Centro Volta di Como. ««I consumi mondiali d'acqua sono aumentati di più negli ultimi 40 anni che nel corso dei tre secoli precedenti - afferma nella sua relazione il professor Martellini, segretario generale del Landau Network -. L'uso di acqua è triplicato a partire dalla metà di questo secolo. Il prosciugamento di numerosi bacini e fiumi, nonché l'abbassamento delle falde, testimoniano l'impossibilità delle risorse idriche di tenere il passo con l'aumento della domanda: le popolazioni crescono a dismisura e le città esplodono. E' la legge di Malthus - Falkenmark che predice un raddoppio della popolazione ogni 20 anni e un conseguente omologo aumento del fabbisogno idrico. ««Non solo. Lo sviluppo dell'industria e dell'agricoltura contribuisce ad aumentare enormemente il consumo d'acqua. Più tentiamo di accrescere il benessere economico, maggiori quantità d'acqua consumiamo e peggio staremo tra vent'anni»». E' un circolo vizioso da cui è possibile uscire soltanto con migliori tecnologie e specifica educazione al consumo. Di questi tempi l'agricoltura preleva ben il 70 per cento delle risorse idriche; il settore energetico il 22 per cento mentre l'alimentazione e l'igiene umana solo l'8 per cento. In agricoltura però la dispersione raggiunge picchi del 50/60 per cento, a causa del cattivo stato delle reti di distribuzione, dell'evaporazione, delle inefficienti tecniche d'irrigazione, del mancato riutilizzo delle acque reflue e di abitudini storiche sbagliate. La Fao ribadisce anche che il fabbisogno d'acqua, una delle risorse primarie distribuite nel mondo con maggior disomogeneità, sarà sempre più causa di divisione sociale e possibili conflitti. I 15 mila metri cubi che servono oggi ad irrigare un ettaro di riso, basterebbero a 100 nomadi e a 450 capi di bestiame per tre anni; o a 100 famiglie rurali per 36 mesi; o a 100 nuclei familiari urbani per due anni. O a rifornire 100 clienti di un albergo di lusso per soli 55 giorni! ««L'accentramento spesso eccessivo dei sistemi di gestione idrica e il fatto di considerare l'acqua un bene gratuito o a basso costo - spiega ancora Martellini - aumenta lo spreco e il cattivo utilizzo delle risorse. Bisognerebbe trattare l'acqua come un bene economico, definendo criteri di produttività idrica, priorità e ridistribuzione.»» Meno di dieci Paesi al mondo si dividono oggi il 60 per cento delle risorse idriche: Brasile, Russia, Cina, Canada, Indonesia e Stati Uniti in testa. L'acqua potrebbe ridiventare presto un obiettivo geostrategico, come nella guerra dei sei giorni del 1967 per l'accesso alle sorgenti che alimentano il Lago di Tiberiade (che fornisce un terzo dell'acqua dolce a Israele) o il conflitto tra Iran e Iraq del 1980 per il controllo del delta dello Shat-al-Arab. La gestione delle risorse dipende anche dal modello di sviluppo sociale. Se è vero che i Paesi sottosviluppati, a causa di tecniche sbagliate o attrezzature inadeguate, usano il doppio dell'acqua necessaria ad irrigare un ettaro coltivabile pur ricavando solo un terzo del raccolto in confronto all'Occidente, è altrettanto vero che alcune popolazioni sahariane per esempio hanno creato nicchie fertili di sostenibilità idrica, le oasi, che funzionano come ecosistemi autopoietici, cioè capaci di rinnovarsi naturalmente, potenzialmente riproducibili anche su vasta scala. Davide Scagliola


FISICA Prove tecniche di teletrasporto Esperimenti ai limiti della meccanica dei quanti
Autore: TRUC FABIO

ARGOMENTI: FISICA
NOMI: BENNET CHARLES, KIMBLE JEFF, ZEILINGER ANTON
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Un esperimento

E' che soffro l'auto da quando ero piccolo: vomitavo in triciclo. Odio i veicoli»». Così il protagonista del film ««La Mosca»», inventore della macchina per il teletrasporto: un arnese magrittiano simpaticamente somigliante al cilindro di una vecchia Ducati, capace di disintegrare un essere vivente in un luogo per ricomporlo all'istante in una qualunque altra regione dello spazio. L'argomento è tornato attuale da quando Charles Bennet della Ibm suggerisce la fattibilità del ««teletrasporto quantistico»» e Francesco de Martini a Roma, seguito da Anton Zeilinger a Innsbruck e da Jeff Kimble a Pasadena, lo realizzano sperimentalmente. Il comportamento della luce e della materia alle scale atomiche e subatomiche è descritto dalla meccanica quantistica. Una teoria che, smaltita l'ubriacatura strumentalista, continua a sollevare questioni di enorme rilevanza concettuale e interpretativa. Il tratto che maggiormente la caratterizza e la allontana dai canoni del pensiero classico è il cosiddetto entanglement (tra le improbabili traduzioni scelgo ««ingarbugliamento»»): una misteriosa e controintuitiva correlazione che lega i costituenti di un sistema quantistico entrati in reciproco contatto e cancella le loro proprietà individuali. Ipotizziamo una coppia di particelle in questo stato ««ingarbugliato»»: un'azione (più precisamente un processo di misura, riassumibile nell'interazione tra microsistema quantistico e un apparato macroscopico) compiuta su una delle particelle, istantaneamente influenza lo stato dell'altra anche a grande distanza. Questo fenomeno, che ha l'aria di implicare la propagazione di un effetto a velocità superiore a quello della luce (cosa vietata dalla teoria della relatività), in realtà non può in alcun modo essere adoperato per inviare informazioni utilizzabili da un possibile destinatario. Gli esiti di una misura restano, di fatto, completamente casuali e incontrollabili: nessuna misura eseguita su una particella è in grado di rivelarci se questa è stata disturbata da un'azione a distanza. ««Un coup de dès jamais n'abolira le hasard»». Torniamo al teletrasporto. Immaginiamo di dover spedire da Roma a Innsbruck lo stato sconosciuto di una particella che chiamiamo E. Si tratta, in pratica, di trasmettere tutta l'informazione necessaria a caratterizzare completamente le proprietà di E, in modo da poter ricostruire una sua copia esatta a destinazione. Attiviamo due canali di comunicazione. Uno classico, che dispone di telefono, fax, e così via, l'altro quantistico, che invece utilizza due particelle P e R, preparate in uno stato entangled e assegnate rispettivamente a Roma e Innsbruck. La configurazione del nostro apparato sarà dunque la seguente: a Roma \ , a Innsbruck \ . Iniziamo le operazioni di teletrasporto. A Roma si esegue una misura sullo stato congiunto della coppia (E,P), che distruggerà le caratteristiche individuali delle due particelle. Supponiamo che esistano quattro diversi stati permessi per il sistema (E,P) e allora quattro saranno i possibili risultati di questa misura. L'azione, a Roma, sullo stato (E,P), immediatamente modifica anche quello di R (P e R erano inizialmente entangled) a Innsbruck. La meccanica dei quanti dimostra che lo stato di R, così modificato, è sostanzialmente uguale allo stato iniziale di E (quello da teletrasportare). Intendendo dire che sarà sufficiente una banale operazione (ad esempio una rotazione intorno ad un certo asse) per trasformare R in E. Sorge però un problema di scelta: le operazioni possibili su R sono in realtà quattro e dipendono, è abbastanza intuitivo, da quale dei quattro risultati della misura di (E,P) Roma ha ottenuto. Questo significa che si potrà conoscere la giusta trasformazione che porterà R in E, e quindi completare il teletrasporto, soltanto quando Roma comunicherà a Innsbruck, via telefono, l'esito della sua misura. La necessità di tale informazione, che usa i canali classici di comunicazione, permette di evitare l'imbarazzante problema delle velocità superluminali. Non vi è stata la temutissima clonazione dello stato iniziale E, perché quest'ultimo è andato distrutto durante il teletrasporto. Le più recenti notizie sul fronte sperimentale arrivano ancora dal laboratorio di Zeilinger. E' del 15 febbraio la comunicazione dell'avvenuto entanglement di tre fotoni (granuli di energia). Un risultato che permetterà verifiche più precise della teoria. Rimane, invece, ancora irrisolto il problema concettualmente decisivo: la collocazione del confine tra il mondo quantistico e quello macroscopico. Forse era nel giusto Feynman, leggendario protagonista della fisica contemporanea, quando affermava che sicuramente nessuno aveva mai capito la meccanica quantistica. Se così fosse, tanto varrebbe dare retta a chi suggerisce di tacere su ciò di cui non si può parlare. Per parte nostra preferiamo adottare la celebre replica attribuita ad Einstein (in realtà è di Urbach): ««Ma è proprio questo che ci interessa»». Fabio Truc


GEODESIA La Terra vista al millesimo di millimetro Un satellite scientifico per misurare minuscole differenze di gravità
Autore: SANSO' FERNANDO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA GEOFISICA
ORGANIZZAZIONI: ASI, ESA
LUOGHI: ITALIA

DOMANI all'Accademia delle Scienze di Torino si terrà un simposio internazionale sulla ««Misura del Campo di Gravità Terrestre dallo Spazio»». Si incontreranno geodeti, geofisici della terra solida, oceanografi da tutta Europa sotto l'egida dell'Esa (Agenzia Spaziale Europea) con la sponsorizzazione del ministero della Ricerca scientifica e tecnologica e dell'Asi (Agenzia Spaziale Italiana) e discuteranno le opportunità scientifiche offerte dalla missione spaziale europea Goce che, se approvata, farà volare un gradiometro elettrostatico della francese Onera, in un satellite progettato da Alenia; obiettivo: misurare con impressionante precisione il campo di gravità terrestre. Cerchiamo di capire perché è così utile una conoscenza ultraprecisa del nostro campo di gravità.Principalmente per tre motivi: a) per la determinazione del geoide sui continenti; b) per la determinazione del geoide marino; c) per vedere dettagliatamente (come in una radiografia) la distribuzione delle masse litosferiche. Il geoide è quello che comunemente chiamiamo il livello medio del mare, è cioè quella superficie che descriverebbe una formica che, partendo da un punto convenzionale sulla riva del mare, si muova in tutte le direzioni rimanendo sempre ««in piano»», a costo di scavare sotto le terre emerse. Questa superficie è molto liscia e ha tuttavia delle leggere ondulazioni (+/- 100 m) rispetto alla figura geometrica più semplice che approssima la superficie della Terra, cioè un ellissoide. I mezzi moderni di posizionamento satellitare (Gps) ci forniscono l'altezza sull'ellissoide, ma solo se conosciamo l'ondulazione del geoide possiamo trasformare questa nella più comune ««altezza sul livello del mare»» che è definita dappertutto, anche in terra, e che ha il senso fisico di indicare in che direzione ««scorre l'acqua»». Inoltre sul mare la conoscenza precisa del geoide è fondamentale perché la superficie media del mare mostra delle increspature, al massimo di qualche metro, che indicano la presenza delle grandi correnti stazionarie, come quella del Golfo o del Labrador, che con il loro trasporto di immense quantità di acqua calda e fredda determinano l'evoluzione di lungo periodo del clima del pianeta. Infine la gravità è capace di dare un'immagine, anche se un po' sfuocata, della distribuzione della massa nella litosfera; si ritiene che la comprensione precisa dei meccanismi di galleggiamento (o di affondamento) della litosfera sugli strati sottostanti possa portare alla definizione di un modello geofisico che spieghi l'accumularsi di tensioni nella crosta la cui liberazione improvvisa produce terremoti, che tanto costano in termini di vite umane e di danni economici. Riusciremo ad avere davvero la missione gradiometrica Goce? Riusciremo con essa ad approfondire la nostra conoscenza della Terra? La comunità scientifica che lavora a questi progetti da venti anni ci crede fermamente. In questo caso ci sarà un notevole sforzo internazionale di cooperazione tra diverse discipline, e nel realizzarlo l'Italia sarà in prima linea. Fernando Sansò Politecnico di Milano vice presidente della Associazione Internazionale di Geodesia


TELECOMUNICAZIONI Quell'ultimo miglio... I costi non dipendono dalla distanza
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: TELECOM ITALIA
LUOGHI: ITALIA

UNA rete di telecomunicazione ha una struttura molto ramificata, come quella dell'edera con i suoi vari rami. Vi è un nodo centrale, che fa capo alla radice, da cui si dipartono i tralci principali. Ad esempio, questo nodo centrale potrebbe essere a Roma e di lì potrebbero dipartirsi i canali di telecomunicazione verso i capoluoghi di regione o le più importanti città italiane. A sua volta ogni capoluogo di regione è collegato ai capoluoghi di provincia o alle più importanti città della regione da altrettanti canali, che sono l'analogo dei molti rami che si dipartono dai tralci principali dell'edera. Questo tipo di ramificazione si ripete più volte sino ad arrivare al livello delle foglie dell'edera, che rappresentano gli utenti della rete o i singoli telefoni, se la rete di cui stiamo parlando è la rete telefonica di Telecom. E' interessante calcolare la lunghezza complessiva delle linee di comunicazione delle varie dorsali della rete. Ad esempio, la dorsale principale, quella che collega Roma alle 20 città italiane più importanti potrebbe avere una lunghezza pari al numero delle linee (20) moltiplicato per la lunghezza media di una linea (500 km), ossia 10.000 km. Lo stesso tipo di calcolo applicato alla dorsale secondaria, quella che collega i capoluoghi di regione alle città più importanti di ogni regione, e poi alla dorsale terziaria, condurrebbe a numeri sempre più grandi. La dorsale secondaria costa di più della dorsale primaria, e quella terziaria più della secondaria, e così via. Il limite della rete di accesso, la sottostruttura terminale delle foglie dell'edera e dei loro rametti, ossia dei singoli telefoni e dei loro collegamenti alle rispettive sottostazioni di accesso, è addirittura clamoroso. Infatti, 20 milioni di linee terminali, moltiplicati per una lunghezza media della linea pari a 500 metri, equivalgono a 10 milioni di chilometri, 250 giri completi intorno alla Terra passando attraverso i Poli. Il lettore, avendo a questo punto compreso che non parliamo di botanica ma di telecomunicazioni, osserverà che i volumi di traffico che interessano le dorsali sono più alti di quelli dei canali periferici. L'osservazione è giusta ma non altera sostanzialmente la conclusione che la rete di accesso è molto più costosa delle varie dorsali. Infatti, il costo di un canale di comunicazione cresce molto lentamente al crescere della sua capacità trasmissiva e con l'avvento delle nuove fibre ottiche che possono trasmettere milioni di telefonate contemporaneamente su un solo sottilissimo filo di vetro, il costo di un canale diverrà praticamente indipendente dal traffico trasportabile. La questione che abbiamo analizzato viene chiamata ««il problema dell'ultimo miglio»», e ha conseguenze di natura economica a prima vista stupefacenti. La più importante è quella che in un articolo precedente abbiamo chiamato la ««sindrome di Gianni e Lucia»», ossia lo strano fenomeno per cui una telefonata di Gianni a un amico americano ha un costo industriale di poco superiore a quella della chiamata della vecchia Lucia al suo medico curante, che abita nello stesso quartiere. Negli Stati Uniti un decreto governativo del 1982 impose la frammentazione della monopolista ATT e determinò la nascita di una pluralità di aziende telefoniche a carattere regionale, le ««Baby Bells»». Nel 1996 la FCC (««Federal Communications Commission»»), l'autorità statunitense per le telecomunicazioni, che giustamente si occupa più di telefoni e trasmissione dati che di televisione, scoprì che ogni Baby Bells era divenuta monopolista nel suo territorio e che i prezzi delle telefonate locali non erano diminuiti. (Evidentemente, gli uomini di FCC non conoscono le tariffe italiane, visto che i miei colleghi americani pagano 20 dollari al mese per due linee, una per il telefono e una per il calcolatore, che rimane collegato a Internet giorno e notte). Così, FCC cercò di aprire il mercato delle comunicazioni locali con una serie di provvedimenti volti a favorire l'ingresso di nuovi competitori, offrendo in cambio alle Baby Bells il diritto di entrare nel ricco mercato della ««lunga distanza»». Ma le nuove regole del gioco non sono riuscite ad aprire il mercato regionale, e anzi hanno innescato una lunga serie di megafusioni. Che FCC e i giudici americani non riescono a contrastare. Siamo arrivati, ad esempio, alla recente mega-mega-fusione di SBC-Ameritech-ATT TCI e Bell Atlantic-GTE, per un patrimonio equivalente di oltre trecentomila miliardi di lire. Dalla questione dell'ultimo miglio e dalle sconfitte della politica di FCC a favore della competizione derivano due altre importanti conseguenze, nettamente contrastanti con le opinioni di oggi dominanti nella cultura economica. Non è vero, nelle telecomunicazioni e in molti altri comparti industriali, che ««piccolo è bello»». E soprattutto non è vero che la competizione paga più della collaborazione. Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino


INTERFERONI Un'arma contro la sclerosi
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
NOMI: LEVI MONTALCINI RITA
LUOGHI: ITALIA

DA oggi c'è un'arma in più per affrontare la sclerosi multipla, una grave malattia invalidante che colpisce i giovani adulti tra i 20 e 40 anni (50.000 soggetti sofferenti in Italia, 450.000 in Europa, soprattutto al Nord). E' disponibile infatti l'interferone beta 1Ya ricombinante, un farmaco che rientra nella categoria degli immunomodulatori, le sostanze che modificano la risposta dell'organismo alle infezioni virali. Secondo lo studio pubblicato su ««The Lancet»» (560 pazienti di 3 continenti) il trattamento è possibile nei soggetti colpiti da forme recidivanti e intermittenti (attacchi acuti seguiti da remissioni) con un punteggio Edss (Expanded Disability Status Scale) fino a 5. La Edss è una scala che valuta le funzioni neurologiche del malato da 0 a 10. In realtà, una causa certa non è ancora stata identificata per la sclerosi multipla. Tuttavia si è visto che in questi soggetti il sistema immunitario attacca erroneamente la mielina, la guaina che avvolge le fibre nervose e che permette la trasmissione degli impulsi elettrici dal cervello alle altre parti del corpo. In altre parole, nel malato di sclerosi multipla, l'apparato difensivo non riconosce più la mielina, questo normale elemento dell'organismo: l'errore determina un'abnorme risposta immunitaria che si traduce in un processo infiammatorio di tipo degenerativo che provoca le caratteristiche lesioni a placche. Quando le fibre nervose perdono la mielina, la trasmissione degli impulsi viene ostacolata e nelle situazioni più avanzate addirittura bloccata. I campanelli di allarme sono: debolezza, affaticamento, disturbi della sfera sensoriale (formicolio), problemi muscolari (movimenti lenti e incerti, tremore, spasticità), perdita dell'equilibrio. Una lesione del nervo ottico può causare disturbi alla vista; una lesione del midollo spinale può creare alterazioni motorie. Oggi la diagnosi è facilitata dalla Risonanza Magnetica e dai dati di laboratorio (esame del liquido cerebro-spinale). Gli interferoni sono un gruppo di glicoproteine endogene (citochine), scoperte alla fine degli Anni 50, in grado di modificare la risposta dell'organismo alle infezioni virali. Grazie all'ingegneria genetica è possibile ottenerli da cellule di mammifero (beta 1Ya) e da cellule batteriche (beta 1Yb) in forma altamente purificata. Solo l'interferone beta 1Ya è equivalente a quello prodotto dall'organismo, il che implica una maggior tollerabilità. I più comuni effetti indesiderati sono paragonabili ai sintomi della sindrome influenzale di lieve entità (dolori muscolari, brividi, febbre, cefalea). Le connessioni esistenti fra il sistema nervoso, il sistema immunitario, il sistema endocrino sono state descritte per la prima volta da Rita Levi Montalcini, premio Nobel 1986. Dalla scoperta del fattore di crescita nervoso NGF è iniziata una cascata di ricerche sempre più interessanti, fra cui i nuovi studi sulla sclerosi multipla. Sino a ieri questa malattia poteva avvalersi solamente di farmaci sintomatici. Il nuovo farmaco riduce il numero delle ricadute e rallenta significativamente la progressione della disabilità, consentendo ai pazienti una migliore qualità di vita. Per i vantaggi a lungo termine e i trattamenti delle forme più gravi, bisognerà attendere le future indagini. Renzo Pellati


UCCELLI MIGRATORI In rotta con le stelle E anche sensori biologici per orientarsi
Autore: MAZZOTTO MONICA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

LE stelle hanno da sempre rivestito ruoli diversi; il loro fascino cambia se si guardano con potenti telescopi per motivi di ricerca, o se a guardarle sono semplici occhi incantati dal loro mistero; ma se a guardarle sono gli occhi di un navigatore, allora la loro presenza è quella di un fedele amico, segnalatore di direzione, bussola sicura che dirige verso la meta. Ma a viaggiare non è solo l'uomo; anzi, potremmo dire che, anche se ci spostiamo spesso, siamo tra gli ««animali viaggianti»» meno dotati del senso di orientamento. Tanti animali, soprattutto appartenenti all'ordine degli uccelli, devono compiere ogni anno lunghissimi viaggi per raggiungere aree dove riprodursi, o tornare in quelle che li ospitano nei periodi invernali. Il problema di quale bussola adoperino i migratori diurni è stato oggetto di svariate ricerche e il principale, ma non solo, indiziato è sicuramente il Sole, che con il suo apparente movimento da Est ad Ovest è sempre stato preso come punto di riferimento totalmente affidabile. Ma certi uccelli preferiscono viaggiare di notte, e per i migratori notturni la situazione si complica. In assenza di un punto così facilmente osservabile come il Sole, su cosa basano la loro percezione della rotta da seguire questi grandi maratoneti? A questa domanda il primo che ha cercato di dare una risposta è stato uno zoologo tedesco, G. Kramer, che negli Anni 50 ha analizzato durante il periodo della immigrazione autunnale, il comportamento di alcuni uccelli che migrano di notte, scoprendo che tali uccelli non mostravano un corretto orientamento se la volta stellare veniva loro celata. Ma la grande innovazione sulla metodologia di studio è stata apportata da un altro ricercatore, F. Sauer, che utilizzò come scenario per i suoi esperimenti un planetario. In questo modo l'uomo poteva fare ciò che in natura non gli è concesso: cambiare l'ordine delle cose, cambiare la sistemazione delle stelle, variare il moto stellare. Grazie a questi studi e a quelli condotti successivamente da Emlen con il ministro (Passerina cyanea), piccolo passeriforme americano, si capì che questi migratori notturni adoperano le stelle come indicazione di rotta, ossia come segnale di direzione dello spazio rispetto ai poli. Può sembrare facile, ma non lo è assolutamente almeno per quanto riguarda l'aspetto della volta stellare che cambia durante la notte, varia con le stagioni, e con la longitudine a cui si trova l'osservatore. Allora gli uccelli cosa ««vedono»» nelle stelle, che cosa prendono come punto di riferimento? I vari esperimenti condotti sul ministro, hanno dimostrato che quel che conta, per il migratore notturno, nella volta celeste è il rapporto spaziale fra certe costellazioni. Nel primo periodo di vita precedente alla migrazione, il ministro impara la posizione e la forma delle costellazioni circumpolari, impara a riconoscere il rapporto spaziale tra la Stella Polare e le costellazioni principali vicine ad essa, quali Cassiopea, l'Orsa Maggiore, Cepheus. Queste costellazioni hanno la caratteristica di possedere una minor velocità lineare rispetto a quelle lontane dal centro di rotazione. Imparano così la rotazione della volta celeste e la configurazione delle costellazioni circumpolari, e quando saranno pronti per il loro primo viaggio migratorio, verso Sud, basterà che intraprendano il viaggio seguendo la direzione opposta a quella del centro di rotazione della volta celeste. A questo punto le difficoltà del viaggiare di notte sembrano risolte, ma non è così; durante un percorso così lungo può capitare che una sera lo spettacolo del cielo stellato sia oscurato da un sipario di nuvole; inoltre, spostandosi sempre più verso Sud, le costellazioni note si avvicinano sempre più all'orizzonte, abbassandosi fino quasi a scomparire sostituite da nuove costellazioni. Per i nostri amici navigatori perdere la rotta o aspettare che le stelle ricompaiano da dietro le nuvole, varrebbe dire un dispendio di energie ed un ritardo sui tempi di arrivo insostenibili e quasi sicuramente fatale. Viene allora in soccorso un altro sistema orientante posseduto da svariati animali e utilizzato spesso come ausilio in situazioni di emergenza: la ««bussola»» magnetica. In questo modo, aiutati grazie a ««sensori»» biologici anche dal campo magnetico terrestre, sia se sono viaggiatori diurni e utilizzato il sole, sia se sono viaggiatori notturni aiutati dalle stelle, riescono a compiere viaggi di migliaia di chilometri e anno dopo anno ci sorprendono con quel meraviglioso fenomeno chiamato migrazione. Monica Mazzotto


ORGANISMI TRANSGENICI Chi dovrà decidere sulle nuove specie? Nel 2050 bisognerà nutrire otto miliardi e mezzo di persone
Autore: MARCHESINI AUGUSTO, VACCANEO GUSTAVO

ARGOMENTI: GENETICA
LUOGHI: ITALIA

LE conquiste della genetica applicata alla biotecnologia, hanno reso l'uomo creatore di nuovi organismi (transgenici o modificati), sia nel regno animale, sia nel regno vegetale. Il miglioramento delle specie, quindi, non dipende più esclusivamente dal ««caso»» o dalla ««necessità»», come Jacques Monod ci aveva insegnato, ma può essere frutto dell'intervento scientifico dell'uomo. Un intervento rivolto a nutrire entro l'anno 2050 otto miliardi e mezzo di uomini e a provvedere alla loro salute. Questa strabiliante possibilità della ricerca pone un grave problema all'intera umanità. Chi dovrà decidere sulla programmazione di nuovi organismi transgenici o parte di essi per il futuro benessere dei viventi? E' noto che alcune multinazionali già producono organismi transgenici utili alle esigenze sociali. Le ricerche svolte da queste aziende, che sono in concorrenza serrata, risultano riservate, di parte, e sottratte alla critica di altri ricercatori. Ciò comporta un grave limite alla scienza, la quale richiede trasparenza e discussioni aperte. Le stesse società possono monopolizzare il mercato anche per tempi lunghi, offrendo prodotti biotecnologici non accessibili a tutti. Per illustrare queste nuove responsabilità è necessario approfondire i vantaggi e gli svantaggi che provengono dall'utilizzo di organismi modificati dopo il trasferimento di un gene; ossia di un segmento di Dna inserito in un vegetale o in un animale per ottenere mutazioni utili all'uomo. Il nostro esame, per ragioni di spazio, si limita ai vegetali modificati; citiamo alcuni esempi vantaggiosi: piante transgeniche che diventano resistenti ai parassiti fitofagi, oppure immuni dall'azione degli erbicidi che combattono le malerbe. Questi parassiti e le piante infestanti riducono generalmente la produzione agricola. Si possono inoltre ottenere frutti che presentano una maturazione controllata, senza subire marcescenze o cali di peso. Alcuni svantaggi relativi alle piante transgeniche: la variabilità della resistenza agli erbicidi in alcune specie transgeniche non garantirebbe pienamente il risultato desiderato; la possibile trasmissione naturale del gene resistente agli erbicidi in piante infestanti, così da provocare una nuova resistenza agli erbicidi, proprio in quelle piante che dobbiamo combattere. Inoltre la scelta di specie sempre più produttive (transgeniche o no) riduce il numero di piante coltivate dall'uomo e ciò può comportare la perdita di specie vegetali che sono utili all'agricoltura futura. Questi problemi e altri ancora devono essere illustrati a tutta la comunità umana perché ne diventi consapevole. Bisogna considerare che la scienza non è infallibile e le scelte dell'uomo non presentano mai un rischio zero. Chi non affronterà il futuro biotecnologico potrà provocare una grave crisi alimentare all'umanità entro l'anno 2050. Oggi è indispensabile diffondere le conoscenze sulle piante transgeniche e riteniamo che siano particolarmente competenti i laureati in scienze agrarie e in scienze forestali. Essi dovranno svolgere un'azione di sperimentazione e soprattutto di divulgazione di questi risultati. Questi professionisti sono in possesso di una cultura interdisciplinare, specializzata nel settore agricolo, che spazia dal terreno alla coltivazione dei vegetali stessi. La loro competenza servirà alla piena consapevolezza dell'uomo nell'impiego delle biotecnologie per i futuri bisogni dell'umanità. Per chiudere, una segnalazione: dal 6 all'11 giugno a Torino, Villa Gualino, si terrà un corso teorico-pratico sul tema ««L'ingegneria genetica nelle piante di interesse agrario»». Augusto Marchesini Gustavo Vaccaneo Associazione Dottori in Agraria e Scienze forestali


L'INCIDENTE DI TRUSSARDI Attenzione all'apnea notturna Un disturbo che può provocare i colpi di sonno
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
NOMI: TRUSSARDI NICOLA
LUOGHI: ITALIA

NON è vero che la causa degli incidenti automobilistici che avvengono alle prime ore del mattino, come quello che ha portato Nicola Trussardi a sbattere contro un guard-rail dell' autostrada sia misteriosa o inspiegabile. Le statistiche parlano chiaro: il 40 per cento degli incidenti notturni mortali (4500 tra la mezzanotte e l'una con 225 morti e 7600 feriti nel 1998) si deve a un abbassamento della concentrazione provocato da un difetto del meccanismo di vigilanza. Gli incidenti possono dipendere da sonnolenza o torpore (provocati da sola stanchezza o in combinazione con uso di bevande alcooliche) o da episodi temporanei di perdita della coscienza a carattere breve e reversibile. Quasi mai questi ultimi episodi avvengono per la prima volta al momento dell'incidente: spesso sono preceduti da sintomi analoghi noti al guidatore e spesso al medico, il quale avrebbe il dovere di mettere il paziente in guardia sul rischio grave della guida. E' un problema costoso in vite umane e in denaro. In Italia il costo totale degli incidenti automobilistici si aggira sul 2 per cento del prodotto nazionale lordo. Dal punto di vista della prevenzione diretta le cinture e l'airbag farebbero da soli risparmiare all'Italia oltre 2000 morti all'anno, 60 mila feriti e 12 miliardi di costi sociali, dovuti nella maggioranza dei casi alla cura di traumi cranici. La media dell'uso della cintura in Italia è del 10% contro l'80% dell'Unione Europea e il 95% nei Paesi scandinavi. Chi nega l'efficenza delle cinture di sicurezza dovrebbe assistere a un gran premio automobilistico. L'attenzione degli specialisti si è concentrata recentemente sul problema delle disfunzioni cerebrali temporanee sia diurne sia notturne che possono portare a fenomeni brevi (pochi secondi) di sonnolenza e a temporanea mancanza di concentrazione alla guida. In un lavoro pubblicato recentemente sul ««New England Journal of Medicine»», un gruppo di specialisti spagnoli ha esaminato tale relazione in individui sofferenti di apnee notturne per determinarne il rischio di incidente automobilistico. L'apnea notturna è dovuta a un collasso delle vie respiratorie superiori che provoca un'ostruzione temporanea, una apnea transitoria seguita da deficenza cerebrale di ossigeno e caratteristici disturbi del sonno. La disfunzione cerebrale che ne risulta può manifestarsi con episodi di attacchi abnormi di sonno durante il giorno (sonnolenza diurna improvvisa) e caduta del potere di concentrazione. Nello studio spagnolo vennero selezionati 254 soggetti tra i 30 e i 70 anni, la metà dei quali era stata vittima di un incidente automobilistico autostradale non grave ma tale da farli oggetto di cure mediche in pronto soccorso. I risultati dello studio dimostrano una altissima correlazione tra episodi di apnea notturna individuati mediante una tecnica di registrazione automatica continua per 24 ore a casa del paziente e rischio d'infortuni. La tecnica poligrafica permetteva di calcolare il numero totale di episodi di apnea per numero di ore di sonno e correlarli alla frequenza di incidenti d'auto nel gruppo di apnoici paragonato ad un gruppo di composizione analoga di individui non affetti da apnea. Onde dimostrare la presenza di apnea notturna si valutavano la variazione della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso, la frequenza del battito cardiaco, il flusso dell' aria a livello del naso e della bocca, i movimenti toracici e addominali, la posizione del corpo durante il sonno e l'intensità del russare. Variazioni di tali parametri fisologici sono regolarmente presenti negli individui affetti da questo disturbo. Si dimostrava così che i pazienti apnoici avessero una maggiore probabilità di essere vittime di incidenti d'auto sia diurni che che notturni degli individui non apnoici. Il consumo di bevande alcoliche nel giorno dell'incidente faceva aumentare ulteriormente tale rischio. Altri due studi precedenti compiuti su guidatori coinvolti in incidenti sia in autostrada che fuori avevano portato a conclusioni analoghe. Si poteva pure dimostrare che la lunghezza della distanza da percorrere e la maggiore monotonia dell'austostrada si combinavano col fattore velocità aumentando notevolmente il rischio di un incidente. Nel commentare lo studio spagnolo dobbiamo sottolineare due aspetti. Il primo è che lo studio abbia escluso a priori i casi di incidenti gravi, il che suggerisce la possibilità che la relazione tra disturbi respiratori e del sonno come l'apnea notturna e infortuni automobilistici sia maggiore nel caso di casi incidenti mortali. In secondo luogo è noto che oltre alla relazione incidenti-disturbi delle vie respiratorie quale l'apnea notturna (che si riscontra nel 5% tra gli uomini e nel 2% tra le donne di mezz'età) esistano altre cause che possono provocare diminuzione temporanea dell'attenzione, della concentrazione e della vigilanza al volante. Tra queste sono le ischemie e le anossie cerebrali transitorie, dovute a svariate cause. Spesso sono avvertite dal paziente come episodi premonitori che dovrebbero mettere in guardia guidatori e medici curanti sull'alto prezzo per chi insiste a guidare in queste condizioni. Ezio Giacobini


ROLLERBLADE Tecnologia sotto i piedi
Autore: VALERIO GIOVANNI

ARGOMENTI: TECNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: BENETTON
LUOGHI: ITALIA

SONO nati, racconta la leggenda, come ibrido tra i pattini da ghiaccio e quelli a rotelle, per accontentare un giocatore di hockey che voleva allenarsi anche d'estate. A vederli mentre sfrecciano veloci ai piedi dei ragazzini, i Rollerblade sembrano essere sempre a metà tra gli scarponi da sci e le tradizionali scarpe da ginnastica. Con il passare degli anni, i pattini con le ruote in linea (in-line skate) lanciati da Benetton con il nome di Rollerblade (che è infatti un marchio registrato) sono rimasti fedeli alle loro origini ibride e continuano ad appropriarsi di soluzioni tecnologiche già collaudate in altri sport. Da Benetton (che non fa solo maglioni e pubblicità-shock, ma è anche la più importante fabbrica di in-line skate, producendo il 40% dei pattini al mondo) escono sempre nuovi modelli di ««roller»», più raffinati nel look e più sofisticati nei materiali. C'è alta tecnologia sotto i piedi. A cominciare dalla scarpa. Per realizzarla, si usano schiume plastiche con ««memoria»», che si adattano perfettamente alla forma del piede. Per proteggere le caviglie, si usano invece materiali plastici indeformabili. Il nuovo modello U.B. 9.89 ha anche convogliatori d'aria nel sottopiede per fornire un'ottima ventilazione. Il telaio viene costruito con materiali come la fibra di carbonio, il titanio o l'alluminio colato, sia leggeri che resistenti. I blocchi di fissaggio sono in nylon rinforzato con fibra di vetro, particolarmente leggera e resistente alla torsione. Ma sono le ruote il vero capolavoro tecnologico dei Rollerblade. Costituite di poliuretano, di solito sono dotate di una camera d'aria che assorbe colpi e vibrazioni. Di solito sono quattro. Ma i Coyote Extreme ne hanno solo tre, più grandi rispetto ai modelli tradizionali (15 centimetri di diametro), in grado di assicurare la perfetta aderenza anche sul bagnato. Ce ne sono per tutti i gusti, per chi vuole andare in città, per chi ama i terreni accidentati, per chi fa sport. Chi invece si stufa di pattinare e vuol fare una passeggiata senza tornare a casa a posare i roller, ora può separare il telaio dalla scarpa. E' l'ultima novità dei Rollerblade. Si chiama Integrated Binding System: è un sistema di aggancio del telaio già usato da anni per gli scarponi da sci. Quella con gli sport alpini non è che una delle numerose sinergie tecnologiche con i pattini in linea. Non a caso, tra i maggiori produttori ci sono ditte come Rossignol e Salomon, noti marchi del mondo dello sci. Dagli sci Nordica deriva anche il sistema della bi-iniezione dei Rollerblade: per realizzare il telaio si usa un materiale plastico di durezza differenziata, più rigida lungo le linee di trasmissione dell'energia e più morbida in altre zone. Così si fornisce insieme avvolgimento e agilità al piede. Per assorbire le vibrazioni e garantire una migliore tenuta, specie sui terreni scivolosi, è stata invece progettata la ruota Bridgestone, in gomma vulcanizzata, sfruttando l'esperienza della squadra Benetton di Formula 1. Dai Gran Premi ai roller: chi l'avrebbe mai detto? Giovanni Valerio


LA LEZIONE / NEUROPSICOLOGIA Come dare i numeri Studi sul cervello e le funzioni matematiche
Autore: BENZONI STEFANO, SOMAJNI FRANCESCO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

SE durante una prova d'esame o un test attitudinale ci fosse richiesto di dire numeri a caso da 1 a 9 in un determinato lasso di tempo, penseremmo ad un colpo di fortuna. E' convinzione comune che ««sparare numeri a caso»» non richieda un'abilità particolare. Da tempo è invece noto ai neuropsicologi che tale esercizio costringe il nostro cervello ad un compito tutt'altro che semplice. Innanzitutto è necessario integrare on-line l'informazione relativa al campo di numeri a cui si può attingere, con il proprio concetto di casualità. Rispetto a tali istruzioni è necessario poi adottare una strategia operativa che sia in grado di produrre risposte appropriate e contemporaneamente sopprimere le risposte che violano le istruzioni stesse (come per esempio il contare per unità). Infine è necessario un sistema di monitoraggio che controlli l'effettiva produzione di numeri, la confronti con il compito fissato e decida se la strategia va modificata oppure no. Numerose aree cerebrali sono coinvolte in questa complessa attività; tra le altre, una è nel lobo frontale di sinistra (l'area dorsolateroprefrontale o Dlpfc), e sembra specificamente dedicata a compiti di questo genere. Per testare le funzioni di quest'area nell'intero processo di generazione casuale di numeri, un'èquipe medica del National Hospital for Neurology and Neurosurgery di Londra, una struttura europea all'avanguardia nella ricerca in Neuropsicologia, ha recentemente condotto uno studio in cui è stata impiegata un tecnica nota come Stimolazione Magnetica Transcranica. Si tratta di una procedura non invasiva che consente di interferire sul funzionamento di specifiche aree cerebrali per un lasso di tempo determinato, attraverso la loro stimolazione con un forte campo magnetico. In tal modo è possibile verificare direttamente gli effetti prodotti su una certa performance eseguita dal soggetto durante la stimolazione e confrontarli poi con la performance in assenza di stimolazione. I risultati emersi dallo studio di undici soggetti sani hanno consentito di gettare luce sull'intero processo di produzione casuale di numeri, una funzione considerata banale e che invece sta insegnando molto sulle modalità di gestione delle competenze matematiche. Nella nostra memoria i numeri sono rappresentati dai nodi di una rete di neuroni. Così come in una rete i nodi sono uniti tra loro da corde, ogni numero è associato agli altri numeri da legami. La forza di questi legami (propriamente nota come peso) dipende dall'apprendimento e dalle esperienze passate. Le associazioni più pesanti sono tra i numeri contigui (l'1 con il 2, il 2 con il 3 ecc. ) poiché contare per uno è la prima funzione matematica ad essere appresa; poi vengono le associazioni tra numeri alternati (l'1 con il 3, il 2 con il 4 ecc.) e via via sino alle associazioni più deboli. A causa di questa organizzazione della rete, l'attivazione di un certo nodo tende ad attivare i numeri vicini con un legame più pesante. Per eseguire il compito ««contare a caso»» è necessario che un sistema di controllo inibisca la nostra tendenza ad attivare questa rete secondo i legami più probabili; tale sistema però ha un'efficienza limitata e non potendo annullare completamente lo squilibrio delle relazioni tra i diversi numeri deve scegliere quali connessioni bloccare. Le prime connessioni ad essere inibite sono proprio le più probabili cioè quelle tra numeri contigui: come risultato di ciò i legami della rete con il peso appena inferiore a quelli ««uno a uno»» diventano dominanti e sono così lasciate libere di esprimersi le connessioni tra numeri alternati (di ««due in due»»). E' esattamente quanto si osserva in soggetti normali cui si chieda di dire numeri a caso. Il loro sistema di controllo è impegnato ad inibire la conta più probabile (di uno in uno) e la tendenza prevalente sarà quella di contare di due in due. Se attraverso la stimolazioneo magnetica transcranica della regione Dlpfc s'inibisce il funzionamento del sistema di controllo, il soggetto aumenta notevolmente la sua tendenza a contare per uno. Ulteriori osservazioni sperimentali suggeriscono che questa stessa area del lobo frontale di sinistra abbia un ruolo inibitorio sulle risposte abituali anche in altri tipi di performance sequenziali in cui esiste un ordine naturale o appreso, come ad esempio la generazione casuale di lettere o di parole. La presenza di un dispositivo specificamente dedicato alla soppressione di risposte abituali è un segnale forte dell'importanza evolutiva delle capacità di cambiare le strategie e soprattutto di attuare risposte imprevedibili. Essere rapidamente in grado di reimpostare il comportamento sulla base di nuove regole anche quando queste sono in contrasto con il nostro bagaglio culturale, con l'organizzazione stessa dei nostri archivi mnestici, deve avere rappresentato, per qualche nostro antenato, una questione di vita o di morte. Francesco Somajni Stefano Benzoni


CENTENARIO FIAT Il Lingotto?Era una cascina Al Museo dell'Automobile aperta la mostra ««Torino all'alba della Fiat»» Alla fine dell'800 la città pullulava di aziende motoristiche poi scomparse
AUTORE: AMADELLI ANTONIO
ARGOMENTI: DIDATTICA
ORGANIZZAZIONI: FIAT
LUOGHI: ITALIA

VISITANDO con attenzione e pazienza la mostra ««Torino all'alba della Fiat»», che il Museo dell'Automobile di Torino, insieme con l'Amma, offre fino al 13 giugno - primo evento tra le manifestazioni programmate nell'ambito del centenario Fiat - si rimane davvero stupefatti. I documenti, le fotografie, i manifesti, le planimetrie della città di Torino nel periodo compreso tra il 1890 e il 1913 meritano di essere non solo ammirati, come di solito avviene nelle rassegne retrospettive, ma di essere analizzati a fondo, perché le sorprese che riservano sono davvero tante. Nelle piante della città disegnate a cavallo tra i due secoli si possono localizzare tutti gli insediamenti industriali: quelli automotoristici in primo luogo, con Fiat, Itala, Lancia, Ceirano, Scat, Krieger, Spa, Faccioli, Alessio, Aquila, e via dicendo. E poi i tanti altri della Torino di quel tempo: industrie chimiche, tessili, manifatturiere in genere, alimentari e dolciarie. Gli stabilimenti Lanza, di quel Lanza che costruì la prima automobile italiana a quattro ruote e da cui derivò in seguito la Mira Lanza, erano sulla riva sinistra del Po, nell'area in cui oggi esiste il più grande ospedale piemontese, le Molinette, che prese il nome dalla cascina che si trovava lì vicina. Poco più in là, verso Sud, e in prossimità della Barriera di Nizza, ecco segnata un'altra cascina, il Lingotto: un nome entrato ormai da oltre 70 anni nella storia dell'industria automobilistica e che tuttora identifica la ««casa madre»» della Fiat. Le mappe di Torino testimoniano anche l'espandersi dell'area urbana, secondo le linee dei piani regolatori che hanno guidato la crescita della città nei decenni successivi. La centrale via Roma non viene concepita sotto il fascismo, che pure se ne fa vanto; la sua ideazione è di circa venti anni prima. Ma se si vuole davvero restare incantati e attoniti, occorre fermarsi ad analizzare le gigantografie e viste ««a volo d'uccello»» di quelle che furono le grandi esposizioni internazionali torinesi, dal 1898 al 1911. Antonio Amadelli Direttore del Museo dell'Automobile, Torino


IN BREVE Alimentazione e malattie
ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

L'Istituto superiore di Sanità ha avviato un progetto pilota di informazione al consumatore sulle malattie trasmesse da alimenti. Sono a disposizione dei cittadini i numeri verdi: 167.216.977; 167. 210.144.


IN BREVE Finzione e realta su «Telema»
ARGOMENTI: INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: TELEMA
LUOGHI: ITALIA

E' in edicola il sedicesmo numero del trimestrale ««Telèma»» edito dalla Fondazione Ugo Bordoni. Il tema monografico affrontato è ««Attualità e futuro della società multimediale»», con particolare attenzione ai rapporti tra realtà e simulazione. Articoli di Roberto Saracco, Vittorio Marchis, Gillo Dorfles, Renato Minore, Carlo Lizzani, Vittorio Mathieu.


IN BREVE Gioco didattico sull'energia
ARGOMENTI: DIDATTICA
ORGANIZZAZIONI: ENEA
LUOGHI: ITALIA

L'Enea e l'editore Giunti hanno realizzato un kit e un gioco didattico sull'energia e sul suo utilizzo nel quadro di uno sviluppo sostenibile. Informazioni: Enea, 06-362.72.379; Giunti: 055-50.62. 391.


IN BREVE Il punto sui campi elettromagnetici
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Un convegno ha fatto il punto sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici a bassa frequenza. Tel.: 02-777.90.206.


IN BREVE La crittografia che non si vede
LUOGHI: ITALIA

Un convegno ha fatto il punto sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici a bassa frequenza. Tel.: 02-777.90.206.




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