TUTTOSCIENZE 2 dicembre 98


IN BREVE A Renato Dulbecco il "Grinzane Piemonte"
NOMI: DELBECCO RENATO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

A Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina, e a Vittorio Foa è stato assegnato il premio "Grinzane Piemonte 1998". La cerimonia di consegna avverrà a Torino, Palazzo Barolo, sabato 12 dicembre, ore 17,30.


SCAFFALE Aresi Paolo: "Il giorno della sfida", Editrice Nord
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Questa rubrica non segnala libri di fantascienza. Facciamo un'eccezione per questo intrigante e originale romanzo di Aresi, che racconta la conquista di Marte con riferimenti molto concreti alla tecnica e alla cronaca dei nostri anni, fondendo abilmente realtà e finzione. (p. bia.)


SCIENZE DELLA VITA. ESPERTI A LONDRA Batterio causa il mal di testa? Novità da ricercatori di Roma e Torino
Autore: PINESSI LORENZO

ORGANIZZAZIONI: MIGRAINE TRUST INTERNATIONAL SYMPOSIUM, UNIVERSITA' CATTOLICA DI ROMA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

IN settembre, a Londra, i maggiori esperti mondiali di emicrania si sono dati appuntamento per il XII Migraine Trust International Symposium. Alcune novità hanno destato molto interesse. Due gruppi di ricerca italiani, il primo dell'Università Cattolica di Roma ed il secondo di Torino, hanno messo in evidenza nei pazienti emicranici un'alta percentuale di positività per l'infezione da Helicobacter Pylori (HP). Questo parassita che colonizza lo stomaco è responsabile di numerosi casi di ulcera gastrica e sembra avere un ruolo predisponente la comparsa del carcinoma gastrico. Negli ultimi anni diversi studi hanno dimostrato un ruolo favorente dell'infezione da HP nella comparsa di patologia cardiovascolare come l'infarto e l'ictus cerebrale. L'elevata positività per l'infezione da Helicobacter Pylori nei pazienti emicranici, riscontrata da ambedue i gruppi di ricerca, suggerisce che la produzione di sostanze vasoattive da parte del sistema immunitario in seguito all'infezione possa avere un ruolo nello scatenamento degli attacchi di cefalea. I pazienti emicranici sono stati sottoposti a terapia antibiotica a base di amoxocillina e claritromicina, associate a un inibitore della pompa protonica. Dopo l'eradicazione del batterio, il 25 per cento dei pazienti ha segnalato la scomparsa delle crisi emicraniche mentre il restante 75 per cento ha registrato una riduzione della frequenza e dell'intensità delle crisi. Questi studi, se pur in fase preliminare e meritevoli di conferma, aprono una nuova prospettiva nella profilassi dell'emicrania. Una seconda ricerca del tutto innovativa, ancora ai primi passi, è quella che ha valutato gli effetti della terapia luce (light therapy) nella profilassi dell'emicrania. Da anni è stato dimostrato, negli Usa, che l'esposizione prolungata a luce intensa può essere efficace nelle sindromi depressive, in particolare nei pazienti affetti da depressione stagionale (seasonal affec tive disorders). Tali pazienti nei mesi invernali, con la riduzione del numero di ore di luce solare, manifestano astenia, depressione dell'umore, aumento delle ore di sonno, iperbulimia con necessità di assumere dolci. Il meccanismo d'azione della terapia luce nelle depressioni stagionali è ancora ignoto; si ritiene, tuttavia, che questa possa modulare la secrezione di melatonina e di serotonina nel cervello. Vista la comorbilità per depressione nei pazienti emicranici e la presenza di deficit dei sistemi serotoninergici cerebrali nell'emicrania, abbiamo sottoposto a terapia luce un gruppo ristretto di emicranici. A due mesi dal trattamento con light therapy, è stata riferita dai pazienti emicranici una significativa riduzione della frequenza e della severità delle crisi, in assenza di effetti collaterali significativi. I pazienti sono sottoposti ad un ciclo di terapia con esposizione ad una luce bianca e brillante di 2500 lux (unità di misura dell'intensità luminosa). La durata dell'esposizione è di circa 30 minuti. Il meccanismo con cui la luce agisce sulla cefalea non è del tutto chiaro sebbene sia ipotizzabile, in analogia alla patologia depressiva, un effetto modulatorio sui sistemi serotoninergici cerebrali. Ovviamente la light therapy non si effettua durante gli attacchi emicranici quando vi è notoriamente ipersensibilità agli stimoli luminosi (fotofobia). Il trattamento profilattico dell'emicrania è ancora un problema aperto. Numerosi farmaci vengono correntemente utilizzati per ridurre la frequenza e l'intensità delle crisi. Questi farmaci hanno, ovviamente, effetti collaterali che possono anche essere importanti e non sempre permettono di raggiungere un adeguato controllo della sintomatologia. I risultati del Migraine Trust indicano da un lato la complessità dei meccanismi che possono scatenare l'attacco emicranico e, dall'altro, la necessità di sperimentare trattamento alternativi a quelli in uso. Lorenzo Pinessi Centro Cefalee Università di Torino


SCIENZE FISICHE. DOPO LA CONFERENZA DI BUENOS AIRES Business effetto serra Scontro sulle intese firmate a Kyoto
Autore: PAVAN DAVIDE

ARGOMENTI: ECOLOGIA, INQUINAMENTO
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, ARGENTINA, BUENOS AIRES
TABELLE: T. Emissioni di anidride carbonica
NOTE: CONFERENZA MONDIALE SUL CLIMA

IN inglese le due frasi mostrano una strana somiglianza: global warming e global warning, ovvero riscaldamento globale e avvertimento globale. Sembra un gioco di parole, ma non è così: l'effetto serra, cioè il surriscaldamento dell'atmosfera provocato dagli scarichi inquinanti emessi dall'uomo, è riconosciuto dagli scienziati come il principale responsabile dei gravi sconvolgimenti climatici ai quali stiamo assistendo negli ultimi anni. Migliaia di morti dovuti alle eccessive ondate di calore, maremoti e uragani (come il ciclone Mitch in Centro America), segnalazioni di malattie tropicali ad alte latitudini (malaria a New York e in Canada, dengue in Argentina e Australia), drastici mutamenti degli ecosistemi dei poli (scioglimento dei ghiacciai) e degli oceani (innalzamento del livello dell'acqua e mutamenti nella distribuzione della fauna marina): sono solo alcuni segnali di una possibile "catastrofe annunciata". In caso di un mancato intervento, nel 2010 le emissioni di gas serra (soprattutto anidride carbonica, seguita da clorofluorocarburi, metano e protossido di azoto) potrebbero aumentare del 45 per cento e comportare un aumento di temperatura tra i 3o e i 5oC (dati Iea, International Energy Agency). Se si pensa che le glaciazioni sono state causate da una diminuzione di temperatura di soli 5oC, è facile capire la portata del pericolo. Sulla base di questi dati, è partito da qualche anno un complesso negoziato internazionale sul clima che ha preso avvio alla Conferenza di Rio de Janeiro (1992), è proseguito alla Conferenza di Kyoto (1997) ove si è firmato il primo protocollo che vincola i Paesi industriali a ridurre le emissioni ed avrebbe dovuto ricevere un forte impulso dalla quarta Conferenza sui mutamenti climatici conclusasi nei giorni scorsi a Buenos Aires. Dopo due settimane di riunioni ed una maratona notturna, i delegati di oltre 170 Paesi sono ripartiti con una ventina di pagine di impegni precedute da un " Piano di azione" che dovrebbe, nel giro di due anni, consentire la realizzazione degli obiettivi di Kyoto. In realtà, secondo la maggior parte dei delegati, tra cui il ministro italiano dell'Ambiente Edo Ronchi, l'esito della Conferenza è stato al di sotto delle attese, principalmente per la rigidità degli Stati Uniti, che sono responsabili del 22 per cento delle emissioni di CO2 del pianeta, ma fanno fatica ad accettare impegni che mettano in discussione il loro stile di vita energivoro. Due sono stati i punti-chiave dello scontro: i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto (in particolare l'Emission Trading) e il comportamento dei Paesi in via di sviluppo. Lo scopo dei meccanismi di flessibilità è quello di ridurre il più possibile il costo della riduzione delle emissioni attribuita ad ogni singolo Paese dal Protocollo di Kyoto (per gli Stati Uniti -7 per cento rispetto ai livelli del 1990). Poiché i costi di abbattimento delle emissioni sono maggiori nei Paesi più avanzati e nelle imprese più moderne, dove il grado di efficienza energetica è più elevato e i margini di miglioramento sono ridotti, è economicamente più vantaggioso realizzare l'obiettivo, a proprie spese, dove costa meno, cioè nei Paesi emergenti, in cui il trasferimento di capitali e nuove tecnologie costituirebbe un formidabile trampolino di lancio per un futuro sviluppo economico ed industriale. Il meccanismo più importante, vero business del domani, sarà probabilmente l'Emission Trading, un "commercio delle emissioni" tra Paesi con obblighi di emissione (come Usa e Giappone) e Paesi con crediti di emissione (come la Russia). L'Unione Europea ha proposto un limite massimo concreto ("concrete ceiling") da applicare a questo commercio, ma gli Usa non sono stati d'accordo e i giochi restano aperti. Inoltre, è vero che durante la conferenza di Buenos Aires gli Stati Uniti hanno finalmente firmato (ultima tra le nazioni industrializzate) il Protocollo di Kyoto, ma Clinton ha annunciato che non lo sottoporrà alla ratifica del Congresso finché tutti i Paesi in via di sviluppo, responsabili del 28 per cento delle emissioni totali in CO2, non si impegneranno anch'essi ad un programma di riduzione delle emissioni. Ma, a parte l'Argentina e il Kazakhstan, che si sono volontariamente accollati obiettivi di riduzione, gli altri 130 Paesi in via di sviluppo, capitanati da India e Cina, sono decisi a non muoversi per primi e soprattutto a non accettare ricatti da chi ha la responsabilità primaria dell'inquinamento odierno. "Noi abbiamo emissioni di sopravvivenza - ha detto il capo della delegazione indiana - mentre nel Nord si tratta di emissioni di lusso". Tutto sembra quindi rinviato alla prossima Conferenza delle parti, che dovrebbe svolgersi alla fine del prossimo anno in Giordania o in Marocco. Davide Pavan


SCAFFALE Carotenuto Aldo: "Lettera aperta a un apprendista stregone", Bompiani Aldo Carotenuto: "Vivere la distanza", Bompiani
AUTORE: P_BIA
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

UNA lettera di cento pagine è il viatico di Aldo Carotenuto al giovane psicoterapeuta, l'"apprendista stregone" che - in un mondo tutto concentrato sulla fisicità del corpo e sulla illusione di poterlo guarire con una pillola - decide di dedicare la propria vita e il proprio lavoro a quella cosa immateriale ed elusiva, in parte conscia e in parte inconscia, che, per capirci, possiamo chiamare " anima". Sono, queste, forse le pagine più intense e trascinanti che Carotenuto abbia scritto: vi si avverte tutta la passione del maestro che sente di dover trasmettere la propria esperienza, pur sapendo che ognuno la sua strada deve farsela da sè. Il messaggio di fondo è che l'analista è tale perché cerca in qualche modo di lenirsi una "ferita", che tuttavia è anche "una feritoia, un varco che consente di tenere d'occhio il mondo interiore". Non si tratta di "guarire" nè se stessi nè il paziente, ma di guardare attraverso quel varco, capire, conoscere se stessi e, in definitiva, "crescere", psicoterapeuta e paziente insieme. Gli strumenti di quest'arte di guardare Carotenuto li esamina in una quindicina di brevi capitoli. Tra essi, nessuno tratta l'interpretazione dei sogni, relegata in Post Scriptum, non perché i sogni non contengano messaggi ma perché sarebbe ingenuo volerli decifrare sulla base di simboli meccanici, alla Freud. Professore di teorie della personalità all'Università di Roma, massimo studioso di Jung in Italia e tra i maggiori nel mondo, Carotenuto pubblica contemporaneamente un altro saggio, "Vivere la distanza", che può anch'esso essere visto come un viatico, questa volta non all'analista ma al lettore comune: una guida alla crescita, al " processo di individuazione" attraverso il disagio di vivere, la solitudine, la diversità.


IN BREVE Errata corrige
LUOGHI: ITALIA

In "Tuttoscienze" di mercoledì scorso l'articolo sui forni a microonde è di Paolo Volpe, professore di radiochimica all'Università di Torino. Nella rubrica "Macchine", di Vittorio Marchis, per un'altra svista, erroneamente a Pietro Aretino viene anche attribuito il nome di Francesco. Ce ne scusiamo con i lettori e con i nostri due collaboratori.


IN BREVE Frontiere della vita dibattito a Roma
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

Il primo volume di "Frontiere della vita", opera edita dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, verrà presentato oggi a Roma (Rai, via Asiago 10, ore 17,30) con interventi di Rita Levi Montalcini, David Baltimore, Renato Dulbecco e Francois Jacob. Tel. 06-689.82.451.


SCIENZE DELLA VITA. I SENSI DELLE API Il tatto nelle antenne Riconoscono i fiori appena toccati
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Struttura di un'ape

INFALLIBILI conoscitrici di fiori, volatrici che non perdono mai il senso dell'orientamento, le api posseggono sensi sviluppatissimi che consentono loro una grande efficacia operativa. Ma qual è il loro senso più sviluppato? La vista per riconoscere immediatamente forme e colori? O l'odorato, per puntare senza esitazione sul profumo più allettante? Nè l'uno, nè l'altro, affermano due ricercatori canadesi. Il senso principe dell'ape sarebbe, secondo loro, il tatto. Con una serie di esperimenti, i biologi Peter Kevan e Meredith Lane dell'Università di Guelph, nell'Ontario, hanno dimostrato che l'ape sa riconoscere al primo tocco su quale fiore si trova, grazie ai sensibilissimi peli tattili che la rivestono tutta e sono particolarmente fitti sulle antenne. La chiave di lettura è la mappa geografica della superficie vegetale. Vista a forte ingrandimento, la struttura superficiale dei petali non è affatto uniforme. E' invece piuttosto accidentata, tutta cosparsa di creste, solchi, scaglie, bollicine. La loro disposizione, diversa da specie a specie, ma anche da una parte all'altra del fiore, rappresenta una vera e propria carta d'identità. Di questo le api hanno immediata percezione. E proprio su questa ipersensibilità tattile alcune piante puntano per indurre le api a fare inconsapevolmente da ruffiane nei loro affari d'amore. Ecco un'ape maschio che vola ronzando su un campo incolto. Si mescolano in lui la fame e l'appetito sessuale. A un certo punto c'è qualcosa che attira la sua attenzione. Su un fiore, un'orchidea selvatica dalle lunghissime brattee rosse e malva, gli sembra sia posata un'ape femmina della sua stessa specie. Il maschio non perde tempo e inizia la manovra di atterraggio. Man mano che si avvcina, una zaffata di odore femminile lo investe e lo inebria. Finalmente atterra sul presunto oggetto del suo desiderio. Come può avere dubbi? I suoi peli tattili gli dicono che la tessitura della superficie corrisponde esattamente a quella dell'epidermide femminile. Travolto dalla passione, il maschio si dimena nei movimenti copulatori. Non si accorge che con i suoi contorcimenti rompe i piccoli contenitori del polline e si ritrova tutto impolverato di giallo. Così, quando passa ad un'altra orchidea selvatica nell'illusione di abbracciare una nuova partner, è proprio lui l'involontario artefice della fecondazione della pianta. In realtà quella dell'orchidea è tutta una mirata messa in scena. Per attirare l'insetto, la pianta emette un feromone, una sostanza volatile che ha lo stesso odore di quello emesso dall'ape femmina. Per giunta, la pellicola che riveste il petalo inferiore dell'orchidea, quello che assomiglia all'ape femmina, è strutturata alla stessa maniera dell'epidermide di quest'ultima. E' logico che il maschio cada nel tranello. Questo comunque riconferma l'eccellenza del senso tattile dell'ape. In fatto di sensi, le api hanno molte corde al loro arco. Intanto vedono i colori, sia pure in modo diverso da noi. I loro grandi occhi composti sono formati da migliaia di unità ottiche elementari (ommatidi). Ce ne sono 4900 in quelli dell'ape regina, 6300 in quelli delle api operaie e addirittura l3.000 negli occhi dell'ape maschio, il cosiddetto "fuco". Con questo formidabile apparato ottico, le api vedono uno strano mondo a mosaico spezzettato in migliaia di tessere. E lo vedono colorato, forse più di noi. E' vero che l'ape è cieca al rosso, ma in compenso vede l'ultravioletto, che noi non vediamo. Ne consegue che il bianco le appare in due tonalità. Una è formata dall'insieme dei vari colori, l'altra, il "bianco d'ape" comprende i colori a cui l'insetto è sensibile, più l'ultravioletto. Questo spiega come le api riescano a vedere certe linee della corolla del fiore, invisibili al nostro occhio, che i botanici chiamano "guide del nettare". Si possono mettere in evidenza solo fotografando i fiori con speciali pellicole all'ultravioletto. Funzionano come i nostri segnali stradali. Indicano cioè all'insetto come si arriva al ricettacolo del nettare, nascosto nel fondo della corolla. Quanto al senso del gusto, ce l'hanno... nei piedi. Proprio così. Basta che immergano la punta delle zampe in un velo d'acqua zuccherata perché sentano immediatamente il sapore del liquido. Ed è talmente fino il loro senso gustativo che non appena toccano coi piedi un nettare, sanno valutarne con precisione la percentuale di zuccheri. Lo prendono in considerazione solo se ha un contenuto zuccherino superiore al l7 per cento. Se poi arriva al 30- 50 per cento, allora l'ape è al settimo cielo. Si mette a danzare freneticamente per informare le compagne della scoperta. E di lì a poco la si vede tornare in numerosa compagnia a raccogliere il bottino. Non meno sviluppato è l'olfatto. Con tutta probabilità l'impeccabile servizio di pompe funebri che speciali addette svolgono in seno alla società, è imperniato su questo senso. Entro un'ora dalla morte di un'ape nell'alveare, entra in scena una necrofora. Afferra saldamente il cadavere fra le mandibole, solleva quel carico equivalente al suo peso corporeo, lo trasporta un centinaio di metri lontano dall'alveare e lì lo scarica. Poi torna indietro, pronta a ripetere l'impresa col prossimo cadavere. C'è inoltre in questi insetti uno spiccato "senso termico". Ricorrono a vari strattagemmi per mantenere la temperatura corporea e quella del nido entro limiti compatibili con il benessere dell'individuo e della società. Per combattere il freddo, le api formano quei grappoli viventi che si vedono spesso nell'epoca della sciamatura. L'ape ha un metabolismo molto attivo e nel suo minuscolo corpo produce una notevole quantità di calore. Sta di fatto che all'interno del favo, nei 10 mesi in cui vengono allevate le larve, la temperatura si aggira sempre intorno ai 33 gradi. Ma in piena estate, quando il caldo diventa soffocante, le api adottano un'altra strategia. Alcuni individui si appostano all'ingresso del nido e, aggrappandosi con le zampe ai suoi bordi, si mettono ad agitare freneticamente le ali. Fanno così da eccellenti ventilatori. Isabella Lattes Coifmann


IN BREVE La "Medaglia Wick" a un fisico cinese
ARGOMENTI: FISICA
NOMI: ZHOU GUANGZAO
LUOGHI: ITALIA

La "Medaglia Wick" è stata consegnata quest'anno al fisico teorico Zhou Guangzao, presidente dell'Accademia delle scienze di Pechino, per i suoi contributi alla comprensione del "legame tra le forze subnucleari". La cerimonia si è svolta il 20 novembre a Losanna, in ricordo di Gian Carlo Wick, illustre fisico teorico uscito dalla scuola di Enrico Fermi.


SCIENZE FISICHE. NEL MONDO UN'ESPLOSIONE OGNI 20 MINUTI Naso artificiale stanerà le mine di plastica A Ispra nascono nuove tecnologie per bonificare i campi minati
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: ARMI
ORGANIZZAZIONI: ISPRA, UE UNIONE EUROPEA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D.

DALLA Bosnia alla Somalia, dall'Afghanistan al Vietnam, le guerre di ieri e di oggi hanno disseminato in tutto il mondo almeno 120 milioni di ordigni di vario tipo. Queste armi causano in media un'esplosione ogni 20 minuti. Ogni mese in Africa le mine inesplose provocano quasi mille morti e 1500 mutilati. In tutto il mondo sono 26 mila le persone uccise ogni anno dai 500 diversi tipi di mine antiuomo e anticarro, per il 90 per cento civili, quasi la metà bambini. Fortunatamente la diffusione di queste armi vigliacche è stata ora bloccata: nel mese scorso, il Trattato che vieta l'uso, la produzione e il commercio delle mine (varato a Ottawa già nel dicembre 1997 e firmato da 130 Paesi) è stato ratificato nei tempi previsti da almeno 40 Stati e, dunque, nel marzo del 1999 sarà legge internazionale, vincolante per tutti. Resta ora da affrontare il problema del disinnesco dei milioni di ordigni disseminati in tutto il mondo. Se si dovessero bonificare i campi minati con i metodi tradizionali ci vorrebbero almeno quattromila anni. E se produrre una mina costa in media soltanto 10 dollari, per trovarla e neutralizzarla si spende fino a 100 volte tanto. Servono dunque urgentemente nuovi sistemi, nuove tecnologie, più efficaci e in grado di agire su larga scala. Ecco perché, già dal 1992, l'Unione europea si è attivata nel promuovere specifiche ricerche per migliorare le attività di sminamento e di assistenza alle vittime, investendo in questi anni ben 180 milioni di ecu, quasi 340 mila miliardi di lire, di cui circa 30 mila per la sola ricerca tecnologica. In questo settore, uno dei laboratori più attivi e qualificati del mondo si trova all'interno del Centro comune di ricerca di Ispra, in provincia di Varese (è forse una sorta di contrappasso visto che l'Italia è tra i maggiori produttori di mine anti-uomo). A Ispra già nel 1994 era stata messa a punto la prima tecnologia al mondo per la bonifica dei campi minati tramite telerilevamento. Un aereo dotato di un radar a microonde, sorvolando il terreno che si suppone minato, sapeva scovare le mine analizzando il ritorno del fascio d'onda. Ogni oggetto sepolto, infatti, reagisce (si dice in gergo) in modo tutto particolare e caratteristico. Da allora le tecniche e le procedure si sono ulteriormente affinate e, sempre a Ispra, alcune settimane fa si è svolto un seminario internazionale sulle mine, con apparecchiature d'avanguardia in mostra e dimostrazioni dal vero del loro funzionamento. Una trentina gli "espositori" che in due giorni hanno fatto vedere tutto ciò che la scienza e la tecnologia sono in grado di fare contro questo flagello. Ed è veramente molto. Per la localizzazione delle mine, si va dall'uso dei satelliti della rete Gis (Geograpich information system), utili durante il primo approccio in zone di guerra (forniscono una sorta di inventario di massima delle aree infestate), fino ai sensori ottici, all'infrarosso o a microonde, capaci di identificare al millimetro la collocazione di un ordigno. A Ispra stanno anche lavorando su un particolare sensore biologico, una specie di naso artificiale che diviene utile quando le mine da trovare sono di plastica, e dunque invisibili per altri strumenti. Andrea Vico


SCIENZE DELLA VITA. TROPPI VETERINARI Occupazione in crisi e Facoltà superflue
Autore: VALPREDA MARIO

ARGOMENTI: DIDATTICA, STATISTICHE, UNIVERSITA'
NOMI: TAMANINI CARLO
ORGANIZZAZIONI: SIVELP
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
TABELLE: T. La mappa dei 18.800 veterinari italiani

L'UNIVERSITA' di Udine istituisce il corso di laurea in Medicina Veterinaria e subito si scatena la polemica. Contro la decisione dell'ateneo friulano si schiera compatto tutto il mondo veterinario, Federazione nazionale degli ordini, sindacati, associazioni culturali e gli stessi professori universitari. Ma perché tante critiche? Il punto di vista accademico lo spiega Carlo Tamanini, preside della facoltà di Parma, che parla anche a nome dei docenti dei tredici atenei, dove sono già attivati i corsi di laurea veterinaria. "In Italia il numero delle facoltà di Veterinaria è nettamente superiore a quello degli altri Paesi europei. Si tratta di una situazione del tutto irrazionale, creatasi in spregio ai più comuni parametri di riferimento, come il numero degli animali da reddito e da compagnia presenti nel nostro territorio. Così aumentano le difficoltà occupazionali per i neolaureati ma ne risente anche il livello scientifico dell'insegnamento e della ricerca. Infatti la frammentazione condiziona molto negativamente le possibilità di adeguamento delle strutture: attualmente sono pochissime le facoltà che possiedono i requisiti per avere il riconoscimento Cee che, in futuro, sarà indispensabile perché i nostri veterinari possano esercitare in ambito comunitario". Sull'assurdità di questa proliferazione è durissimo anche il sindacato dei Veterinari liberi professionisti (Sivelp) che sottolinea come, in Italia, ogni anno, completino gli studi ben 1000 veterinari, molti di più di quelli che si laureano in Francia, Inghilterra e Germania messe assieme. Tutto questo a fronte di un mercato del lavoro sempre più asfittico. Infatti la crisi agricola ha fatto contrarre paurosamente la domanda nel settore zootecnico, un tempo tradizionale serbatoio di assorbimento degli zooiatri. A questo si deve aggiungere il fatto che negli allevamenti si va sempre più diffondendo il "fai da te", sulla spinta di un mercato del farmaco che, ad onta di un'intricatissima selva di leggi e regolamenti, viaggia all'insegna di un'imperante anarchia. Ma anche sul fronte degli animali da affezione, che pure ha fatto registrare nell'ultimo decennio un incredibile sviluppo, le cose non stanno meglio. Gli ambulatori professionali pullulano in ogni città e la dura concorrenza aumenta la conflittualità tra professionisti. Ridotte al lumicino anche le possibilità di assunzioni nel pubblico, oggi forte di oltre 5000 medici, ma pesantemente limitato nella sua espansione dalle politiche di contenimento della spesa. Per i neolaureati c'è anche l'industria ma, a parte che fare l'informatore farmaceutico o il tecnico mangimista non è da tutti gradito, le richieste più allettanti sono legate al possesso di specializzazioni, come le biotecnologie o la ricerca applicata, che richiedono ulteriori periodi di formazione di post-laurea. Più concreta la prospettiva di lavorare nella cooperazione internazionale, da sempre alla ricerca di tecnici preparati in zootecnia: è un settore in forte espansione che tuttavia richiede particolari attitudini fisiche, disponibilità a viaggiare ed una certa propensione ad affrontare i rischi collegati a difficili situazioni politiche dei Paesi sottosviluppati. In conclusione, sostengono unanimamente i rappresentanti della medicina veterinaria pubblica e privata, creare una facoltà ad Udine è un'operazione assurda, condotta all'insegna di miopi interessi corporativi: un segnale allarmante di come alcune minoritarie componenti accademiche continuino a prendere decisioni dettate da pure logiche interne, senza minimamente preoccuparsi delle loro conseguenze sulla realtà professionale. Mario Valpreda


SCIENZE FISICHE. UNA LEGGE PER IL PIEMONTE Più luce al suolo e più stelle in cielo
Autore: TANGA PAOLO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ASTRONOMIA, INQUINAMENTO
ORGANIZZAZIONI: REGIONE PIEMONTE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
TABELLE: C.

E' possibile illuminare meglio le nostre città restituendo all'uomo e alla scienza la vista del cielo stellato, favorendo così una migliore qualità di vita, e rispettare nello stesso tempo le esigenze della sicurezza, dell'ambiente e del risparmio energetico. E' questa, in sintesi, la conclusione a cui è giunto sabato 21 a Palazzo Lascaris il convegno "Riprendiamoci il cielo stellato" organizzato dal gruppo dei consiglieri regionali del Patto dei socialisti, per discutere della proposta di legge regionale contro l'inquinamento luminoso promossa da Carla Spagnuolo, a cui hanno aderito gruppi di ogni schieramento. Sono intervenuti numerosi esperti e rappresentanti della comunità astronomica (professionale e non), di quella degli ambientalisti e dei progettisti degli impianti. Il disegno di legge sull'illuminazione pubblica della Regione Piemonte è il primo risultato concreto di un dibattito sempre più ampio. La quantità di luce sprecata, poiché non diretta là dove si vuole illuminare, è cresciuta nel tempo in modo esponenziale. Chi vola di notte ammira la catena di luci multicolori di una fascia costiera, lo sconfinato presepe scintillante di un agglomerato urbano. La presenza dell'uomo risplende nella notte, ed è questa una caratteristica delle società evolute e ricche. Al di là del suo fascino, questo scenario è sintomo di un problema, il cui costo in termini economici, ambientali e culturali è stato compreso solo in tempi recenti: se dall'aereo si vede tanta luce, è perché i lampioni e i fari non si limitano a investire le aree da illuminare, ma disperdono molta luce nelle direzioni più disparate, anche verso l'alto. E' questa dispersione che dà origine all'" inquinamento luminoso": tutta la luce dispersa non solo non viene utilizzata, ma viene prodotta con un dispendio di energia elettrica assolutamente inutile. Modificare gli impianti costa, ma significherebbe ammortizzare la spesa entro tempi assai limitati: si stima che ogni anno, in Italia, 400 miliardi di lire vengano sprecati per illuminare le nuvole e gli aerei in volo, e per cancellare il cielo stellato. Le conseguenze nefaste non sono, infatti, solo di natura economica. L'inquinamento luminoso è impossibile da circoscrivere: la luce diretta al di sopra dell'orizzonte, o riflessa verso l'alto da superfici eccessivamente illuminate, procede in linea retta fino a grandi distanze. Non solo il ciclo biologico di molti animali risulta in pericolo, anche entro le aree protette, ma è sempre più difficile godere di quel bene comune rappresentato dal cielo stellato. Anche gli osservatori astronomici sono impegnati nella battaglia: pur svolgendo parte del loro lavoro in siti dal cielo vergine, come le Canarie o la catena andina, gli astronomi potrebbero avvantaggiarsi ancora in modo consistente delle notti nostrane. Cosa che, col passare del tempo, diviene sempre più difficile. Come ben sanno gli astronomi non professionisti, chi vuole vedere in tutto il suo splendore il nastro luminescente della Via Lattea (quanti tra le nuove generazioni non l'hanno neppure mai vista?) deve portarsi in alta montagna, in aree della nostra regione (e della penisola) che costituiscono un vero patrimonio naturalistico anche dal punto di vista astronomico. Altre conseguenze negative riguardano, paradossalmente, quei problemi che l'illuminazione dovrebbe evitare. Ad esempio, la luce mal direzionata può essere causa di abbagliamento per un automobilista. Allo stesso modo, in un'area urbana dove vi sono importanti problemi di sicurezza, essa può illuminare bene certe zone, ma nel contempo creare delle "barriere di luce" dietro le quali, in zone d'ombra totale, può nascondersi qualunque insidia. Come ogni cambiamento, anche una nuova normativa che disciplini gli impianti di illuminazione, pubblica e privata, può incontrare delle resistenze e suscitare qualche timore, ma con la volontà di tutte le parti interessate si cercherà di giungere a un testo di legge di chiara efficacia, con provvedimenti incisivi, analogamente a quanto si è iniziato a fare in altre regioni, a livello nazionale, e all'estero. Il risultato non sarà di illuminare di meno, anzi: sarà di illuminare meglio. Così, usciti dalle luci della città, ritroveremo anche le luci del cielo. Paolo Tanga Osservatorio astronomico di Torino


IN BREVE Premi Nobel e innovazione
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MILANO, (MI)

L'impatto dell'innovazione scientifica e tecologica sulla società sarà discusso il 3-4 dicembre a Milano (Centro congressi Cariplo) da Franco Modigliani, William Sharpe, Kary Mullis, Robert Richardson, Dario Fo e Rita Levi Montalcini, a chiusura della manifestazione " Dieci Nobel per il futuro".


IN BREVE Segnali di tempo a Barbaresco
ARGOMENTI: METROLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, BARBARESCO, (CN)

Fino al 31 dicembre a Barbaresco (Cuneo) rimarrà aperta, presso l'enoteca, la mostra fotografica di meridiane "Segnali di tempo" organizzata da Lucio Maria Morra e Davide Dutto.


SCIENZE A SCUOLA. BIOGRAFIA Un secolo fa Marie Curie stanò il radio
AUTORE: P_BIA
PERSONE: CURIE MARIE
NOMI: CURIE MARIE
LUOGHI: ITALIA

IL suo cognome da ragazza, Sklodowska, vi dirà poco. Ma quello che assunse sposandosi, Curie, è tra i più celebri. Un secolo fa, il 26 dicembre 1898, Marie Curie annunciava di avere scoperto, in collaborazione con il marito Pierre, l'elemento chimico radio e coniava la parola radioattività. In trent'anni, la famiglia Curie accumulò tre premi Nobel, tutti legati a ricerche sui fenomeni radioattivi. Il primo, per la fisica, nel 1903, fu spartito tra Henri Becquerel e i coniugi Curie: Becquerel aveva scoperto la radioattività nei sali di uranio, Pierre e Marie avevano scoperto il radio e il polonio, due elementi radioattivi. Nel 1911 fu la sola Marie e ricevere il Nobel per la chimica, grazie al suo lavoro per isolare il radio allo stato puro. Infine, nel 1934, sua figlia Irene divise con il marito Frederic Joliot il Nobel per la chimica, avendo scoperto la radioattività artificiale. Nata in Polonia nel 1867, costretta all'esilio, rifugiata in Francia, prematuramente vedova di Pierre (fu travolto da una carrozza a Parigi nel 1906), bersaglio di impietosi pettegolezzi per la sua storia d'amore con il fisico Paul Langevin, Marie Curie ebbe una vita romanticamente tormentata, piena di successi ma anche di sconfitte e di umiliazioni. Una accuratissima biografia di Marie Curie scritta da Susan Quinn è appena stata tradotta in italiano e pubblicata da Bollati Boringhieri (548 pagine, 130 mila lire). Il lettore vi troverà tutti i particolari che può desiderare, sia scientifici sia umani: scoprirà così le precarie condizioni in cui la Curie svolse le sue ricerche (un laboratorio di fortuna ricavato nella rimessa della Scuola di fisica) e le violente aggressioni giornalistiche di cui fu vittima quando, dopo la morte dell'amatissimo Pierre, cercò l'affetto di un uomo sposato in una Parigi d'inizio secolo che perdonava tutto, purché fosse fatto di nascosto, cioè con quei compromessi che Marie rifiutava. Lo scandalo fu tale che Langevin affrontò persino in duello un giornalista (ma poi nessuno dei due sparò), mentre Marie fu invitata a rifiutare il premio Nobel del 1911, invito che respinse senza incertezze: "Non credo che vi sia alcun collegamento tra il mio lavoro scientifico e la mia vita privata". L'importanza della Curie va ben al di là delle scoperte del radio e del polonio. In realtà i fenomeni che mise in evidenza furono decisivi per capire la struttura degli atomi e rivelarono l'esistenza di una nuova forza fondamentale: l'interazione debole. Cadeva così un dogma della chimica: l'impossibilità di trasmutare un elemento in un altro. In certo senso era il ritorno dell'alchimia, ma su serie basi scientifiche. A Marie Curie è stata recentemente intitolata una associazione che riunisce i giovani ricercatori che abbiano ricevuto una borsa di studio dell'Unione Europea in qualche programma comunitario. La "Marie Curie Fellowship Association" ha già duemila iscritti. Chi volesse saperne di più può rivolgersi al fisico Marco Valentini: e-mail marco.valentinicern.ch (p. bia.)


SCIENZE A SCUOLA. NUOVO MUSEO A GENOVA Viaggio (virtuale) in Antartide Ricostruita la base italiana del Cnr
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: CNR
LUOGHI: ITALIA

LE probabilità di vedere l'Antartide (a meno che non siate uno di quei diecimila ricchi turisti che vi arrivano in crociera ad ogni estate australe) sono piuttosto scarse. E allora perché non approfittare della opportunità offerta dal nuovo Museo Nazionale dell'Antartide aperto da poche settimane a Genova, Porto Antico, a due passi dall'Acquario? Vi potrete vedere stupende immagini del continente di ghiaccio, sentire l'urlo del blizzard, l'impetuoso vento catabatico che dall'interno precipita verso le coste, lo schianto del pack che si spezza in estate, il verso degli uccelli e, in futuro (gli organizzatori stanno pensando a come fare) anche un assaggio delle temperature polari, mai più di 0 gradi sulla costa in piena estate, e fino a -50o in media sull'altopiano, con un record di -89,6 nella base russa Vostok. Il museo, intitolato a Felice Ippolito, è stato istituito dal ministero dell'Università e della ricerca scientifica, e realizzato dall'Enea, il Cnr e le università di Genova, Siena e Trieste, con lo scopo di fornire ai cittadini informazioni semplici, scientificamente corrette dell'ambiente antartico e delle attività che l'Italia vi svolge: 13 spedizioni effettuate (la quattordicesima è in partenza) dal 1985, migliaia di ricercatori impegnati, la base permanente di Baia Terra Nova, e recentemente, in collaborazione con la Francia, la creazione della base Concordia in pieno plateau antartico. Facciamo un rapido giro accompagnati da Giancarlo Albertelli e Giovanni Cattaneo Vietti, ambedue docenti dell'Università genovese, habituè dell'Antartide, il primo direttore del museo, il secondo responsabile del progetto ecologia della nostra base. All'ingresso grandi pannelli, schermi e animazioni con le coordinate del continente: 13 milioni di chilometri quadrati (una volta e mezzo l'Europa), un rilievo accidentato ma ricoperto per il 98% dalla calotta glaciale spessa fino a 4700 metri (e contenente il 91% dei ghiacci e il 68% dell'acqua dolce della Terra), la banchisa che in inverno si estende per 20 milioni di chilometri quadrati, gli enormi iceberg, le correnti, le temperature estreme. E una grande scritta che spiega perché l'Antartide è importante: "Antartide continente di ricerca e di pace, riserva idrica, regolatore climatico, laboratorio incontaminato del pianeta Terra". Un luogo ideale per la ricerca biologica, cosmologica, per la simulazione delle attività spaziali, per la ricerca sul clima e sull'inquinamento ambientale. Poi ecco la ricostruzione della sala operativa della base Baia Terra Nova, il laboratorio di biologia, le tende e gli strumenti di un "campo remoto" sperduto nell'immensità ghiacciata, dove gli scienziati soggiornano brevemente per compiere ricerche, ecco gli speciali veicoli con cui si spostano, le tute stagne che consentono di sopravvivere se si cade in acqua, gli strumenti scientifici. Ci sono gli animali, c'è la ricostruzione di un fondale, così ricco di vita in contrasto con il quasi-deserto del continente; qui gli esseri viventi hanno spesso dimensioni assai maggiori delle corrispondenti specie dei mari meno freddi ma hanno tempi di accrescimento 4-5 volte più lunghi; in alcune zone, dove la pesca è stata intensa, i pesci (260 specie note dalle forme spesso inconsuete) hanno rischiato di scomparire se non si fosse intervenuti con drastiche limitazioni. Ecco Roby, robot ideato dall'istituto di automazione navale del Cnr di Genova, capace di scrutare i fondali fino a 200 metri, oggi sostituito dal più avanzato Romeo, che è anche capace di prelevare compioni di acqua e di plancton. In una bacheca alcune meteoriti (di cui l'Antartide è un ricco deposito) rivelatesi, negli ultimi decenni, autentici messaggi dal cosmo per la quantità di informazioni che contengono intorno alla storia dell'universo e del sistema solare. E poi grandi schermi su cui sono proiettati in continuazione suggestivi filmati che portano il visitatore dentro il continente, insieme con gli esseri viventi che lo popolano, accanto ai ricercatori nel loro duro lavoro in condizioni estreme. E' stato infine realizzato un Cd-Rom in distribuzione alle scuole insieme a una serie di schede, ed è in fase di allestimento un bookshop specializzato in prodotti multimediali e libri di divulgazione scientifica. Vittorio Ravizza


Addio cellulite Una pillola per Miss Universo
AUTORE: DI PIERRO FRANCESCO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BIOLOGIA, GENETICA
ORGANIZZAZIONI: MEDESTEA INTERNAZIONALE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO, (TO)
NOTE: RICERCA SCIENTIFICA CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA RICERCA SCIENTIFICA, CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA

I giornali e le tv di tutto il mondo hanno riportato la notizia dello straordinario successo ottenuto da un'azienda torinese (Medestea Internazionale) grazie a pillole per curare la cellulite. E' scientificamente accettabile l'idea che un prodotto da assumere oralmente possa essere proposto come strumento per combattere questo inestetismo? In linea teorica, sì. Cerchiamo di capire il perché. Il tessuto sottocutaneo, o pannicolo adiposo, è un tessuto fibrograssoso posto tra il derma e la fascia muscolare che ha come compito principale quello di coibentare i tessuti profondi contro la dispersione termica e di proteggere gli epiteli e i connettivi dai traumi. Questo tessuto può essere coinvolto in quelle che vengono generalmente definite come "lipodistrofie". Pur non dando i problemi tipici delle patologie gravi, le lipodistrofie sono spesso fonte di inestetismi che influenzano negativamente la psicologia di chi ne soffre. La più frequente è l'ipertrofia pannicolo-lobulare. Questa, più nota come "cellulite", si manifesta, anche in persone magre, solo in alcune sedi (area mammaria, glutei). La genesi della cellulite è attualmente tema di numerosi studi ma non è stata ancora del tutto chiarita. Secondo alcuni ricercatori tale lipodistrofia sarebbe generata da un difetto circolatorio che, inducendo uno stato edematoso, condurrebbe a una fibrosi connettivale e a un alterato metabolismo degli adipociti. C'è però un'altra teoria: la lipodistrofia deriverebbe da una risposta trofica dell'adipocita a stimoli endocrini e/o neuroendocrini e i danni vascolari, l'edema e la fibrosi sarebbero causati dalla compressione dovuta dall'ipertrofia stessa. Essendo comunque la cellulite espressione di una vera e propria istoangiopatia legata a turbe del trofismo vascolo-connettivale, una terapia che affronti i disordini circolatori, la sclerosi dei setti e l'alterazione dei fenomeni metabolici locali può risultare efficace. La formula qualitativa del farmaco anticellulite consente di rivendicare questo tipo di azione essendo costituita da principi attivi standardizzati di origine vegetale (Vitis vinifera, Ginkgo biloba, Centella asiati ca, Melilotus officinalis e Fucus vesciculosus), già costituenti fondamentali di alcune specialità farmaceutiche vendute in Europa (Endotelon, Tebonin, Centellase, Esberiven) proprio per la terapia dei disordini circolatori e dei disturbi connettivali. Infatti - grazie a processi estrattivi molto complessi messi a punto da una società milanese leader mondiale nella produzione di particolari principi attivi di origine vegetale (tra cui il famoso Taxolo) studiati per i settori farmaceutico, dietetico e cosmetico (Indena) - dai semi della Vitis vinifera è possibile ottenere una particolare frazione procianidolica capace di fronteggiare quei disordini vascolari ed extravascolari tipici dell'insufficienza venosa; dalle foglie della Ginkgo biloba è possibile ottenere una frazione flavonglucosidica che, agendo tanto sulla componente fasica che su quella tonica della contrazione miocitica che sviluppa l'onda sfigmica, permette di incrementare la ridotta perfusione ematica. Dalla Centella asiatica è possibile ottenere la "frazione tripernica" (acido asiatico, acido madecassico e asiaticoside) capace di aumentare la sintesi e il rilascio di tropocollagene e stimolare il ricambio dei mucopolisaccaridi acidi nel tessuto connettivo, mentre dal Melilotus officinalis e dal Fucus vescicu losus è possibile estrarre due sostanze capaci di incrementare la circolazione linfatica e di esercitare una reale azione eccito-metabolica e riequilibratrice delle alterazioni tipiche dell'accumulo adiposo sottocutaneo. Almeno in linea teorica quindi l'uso di questi principi attivi nei disturbi vascolo-connettivali può considerarsi valido o, se non altro, logico quanto basta da stimolare nuovi filoni di ricerca in ambito dermocosmetologico. Francesco Di Pierro


A PADOVA Cartilagine ricostruita in provetta
AUTORE: GIORCELLI ROSALBA
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BIOLOGIA, GENETICA
NOMI: CAPLAN RONALD, MAZZOLENI FRANCESCO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: RICERCA SCIENTIFICA CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA RICERCA SCIENTIFICA, CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA

LA pelle di ricambio è già realtà e ora da Padova viene la notizia che presto avremo a disposizione anche la cartilagine di laboratorio, perfettamente compatibile con i tessuti perché ricostruita a partire da cellule della persona che ha bisogno del trapianto. Sperimentata sui conigli con eccellenti risultati, la tecnica di ricostruzione e di impianto della cartilagine verrà presto applicata sull'uomo, su ginocchio e anca, e l'immaginazione corre a scenari da fantascienza, con la possibilità di ricreare in laboratorio interi organi o ghiandole mancanti o asportati - anche complessi, come il fegato e il seno - partendo dalle proprie cellule, per procedere ad autotrapianti. Non è il futuro prossimo, ma i ricercatori sono ottimisti. Tutto è iniziato alcuni anni fa, dagli studi sul trapianto di pelle: si è riusciti a coltivarla in laboratorio a partire da cellule del paziente, e viene da tempo impiegata con successo nelle ustioni estese e nelle ulcere gravi. Le ricerche per lo sviluppo e l'innesto di cartilagine sono il nuovo passo di una stretta collaborazione tra industria e università italiane, ossia tra la divisione "Fab Advanced Biopo lymers" della società farmaceutica Fidia di Abano Terme e il Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova, che hanno formato il Consorzio Tissuetech, un nome che per gli addetti ai lavori vuol dire, ad esempio, Laserskin autograft, il primo materiale per la bioingegneria dei tessuti approvato dalla Comunità Europea, che in tutta l'Europa può essere recapitato all'ospedale che ne faccia richiesta chiamando il numero verde 167-204161: è un servizio di coltivazione e pronta consegna di derma "fresco". In pratica, il medico può eseguire nel suo ospedale una biopsia cutanea - ad esempio su un grande ustionato - e inviarla tramite corriere ad Abano Terme: qui le cellule vengono coltivate seminando i cheratociti su una membrana trasparente biodegradabile interamente costituita da un derivato dell'acido ialuronico; su questo supporto le cellule riescono a riprodursi, e in capo ad una settimana si può determinare se la coltura primaria ha avuto successo; a questo punto si procede - ed è solo da questa fase che vengono addebitati i costi del servizio - per altri otto giorni, in cui viene preparato il numero di "fogli" di pelle necessari: si possono ottenere fino a 2 metri quadrati di cute autologa, sufficienti per coprire completamente la superficie corporea di un adulto. Infine, tramite corriere, la pelle "nuova" viene consegnata direttamente al reparto ospedaliero, e può essere innestata; i foglietti di pelle preparati con questa tecnica hanno dimostrato una certa facilità di attecchimento. Il supporto è un brevetto della Fidia, e la struttura consente alle cellule di crescere tridimensionalmente. Su un principio analogo si basa la tecnica di coltivazione della cartilagine: in questa ricerca, all'esperienza del Consorzio Tissuetech si è affiancata quella del professor Ronald Caplan dell'Università di Cleveland. La speranza è di riuscire già entro la fine dell'anno a ricostruire un ginocchio umano grazie a questa tecnica, e successivamente l'anca. Basta con le protesi, dunque? Anche la chirurgia estetica aspetta con interesse i nuovi sviluppi. Ma l'aspetto più rivoluzionario e sconvolgente è la prospettiva di poter riprodurre interi organi e ghiandole. Non sarà così facile, avvertono gli studiosi. "E' possibile, ma ci manca una tessera del puzzle: non sappiamo ancora come bloccare questo sviluppo al momento giusto". Sono parole di Francesco Mazzoleni, direttore dell'Istituto di chirurgia plastica dell'Università di Padova. Rosalba Giorcelli


La fabbrica degli organi di ricambio
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BIOLOGIA, GENETICA
NOMI: THOMSON JAMES
LUOGHI: ITALIA
NOTE: RICERCA SCIENTIFICA CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA RICERCA SCIENTIFICA, CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA

UN uomo è fatto di alcune migliaia di miliardi di cellule di 210 tipi diversi. Tutte però discendono da una cellula sola, sintesi del patrimonio genetico del padre e della madre. Nelle prime generazioni che ne derivano, le cellule embrionali non sono specializzate. Poi incominciano a differenziarsi. Alcune saranno cellule nervose, altre epiteliali; alcune daranno origine al fegato altre al pancreas, alle ossa e così via. E' lì, dentro la fabbrica delle 210 cellule-tipo, che la ricerca si sta addentrando, nel tentativo, per ora fantascientifico, di produrre organi di ricambio. Si può fare - probabilmente - allevando organi da trapianto in un animale dal sistema immunitario umanizzato, in modo da evitare il rigetto. Ma c'è chi pensa di saltare questo gradino intermedio e di passare direttamente all'organo umano d'allevamento specializzando le cellule di un embrione in modo da generare i tessuti dell'organo desiderato. Così, la frontiera della bioingegneria non passa più per le protesi e i "nuovi materiali" - titanio, fibre di carbonio, polimeri esotici - ma per i materiali più vecchi del mondo: i nostri stessi tessuti, ma riprodotti in vitro. E' la strada sulla quale si è incamminato James Thomson, 39 anni, biologo dell'Università del Wisconsin a Madison. Nel nostro futuro ci sarebbero muscoli, cuori e fegati in provetta, mentre già molto vicino potrebbe essere il pancreas, che verrebbe surrogato immettendo nella circolazione sanguigna dei diabetici un adeguato numero di quelle cellule pancreatiche (insule di Langerhans) che producono l'insulina, l'ormone indispensabile all'assimilazione degli zuccheri. Intanto all'Università del Massachusetts si è già ricostruito un pollice in provetta coltivando tessuto osseo, a Boston si fanno valvole cardiache coltivando cellule dei vasi sanguigni, in altri laboratori si sperimentano cornee, arterie e vesciche di allevamento. E fin qui abbiamo parlato di rimedi a patologie gravi. Ma c'è anche chi pensa all'estetica. In questo campo le cose sono più semplici. Gli allevamenti di pelle ci appaiono ormai quasi banali, quelli di cartilagine sono in via di sperimentazione, la pillola contro la cellulite è già in farmacia: basta leggere gli articoli di questa pagina. Si prova a riprodurre persino il tessuto mammario, ciò che relegherebbe nelle tecnologie obsolete il silicone di tante dive celebri per le loro sovrabbondanti sinuosità. All'insegna dello slogan "sani, belli e artificiali". Piero Bianucci


COSMESI Per i test si usa pelle coltivata
AUTORE: PELLATI RENZO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BIOLOGIA, GENETICA
ORGANIZZAZIONI: CNRS, L'OREAL, UE UNIONE EUROPEA
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, FRANCIA, PARIGI
NOTE: RICERCA SCIENTIFICA CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA RICERCA SCIENTIFICA, CLONAZIONE E MANIPOLAZIONE GENETICA

OGGI in Italia si spendono 11.600 miliardi all'anno in prodotti cosmetici. Il fenomeno non è nuovo: empiricamente si truccavano già gli Egizi e gli antichi romani. Ma oggi, per produrre l'enorme quantità di prodotti che ogni giorno applichiamo sul corpo (viso, unghie, labbra, capelli), è indispensabile una sofisticata ricerca scientifica, perché i problemi sono numerosi: misurazione oggettiva dell'efficacia e del potenziale allergenico, anatomia e fisiologia della pelle delle varie razze, reazioni nei confronti dell'ambiente, stabilità nel tempo delle preparazioni, studio di nuove molecole in base alle richieste della vita moderna. Poiché la cosmesi è costituita da una vastissima gamma di molecole con diverse esigenze di utilizzo, c'è una continua osmosi di tecnologie dai settori più disparati. Nello stesso tempo molte scoperte della scienza cosmetologica oggi sono applicate in medicina. Il più grande centro ricerche di cosmetologia dell'Unione Europea si trova a Parigi Clichy (appartiene all'Oreal: 2000 persone impiegate nella ricerca con 1,7 miliardi di franchi a disposizione ogni anno). E' interessante che questo centro abbia abbandonato la sperimentazione sugli animali per testare i prodotti e utilizzi invece i sistemi di pelle ricostruita (impropriamente chiamata "pelle artificiale"), usata anche per i grandi ustionati. Si ottiene partendo da cellule umane di origine epidermica (cheratinociti) che vengono coltivate su di un supporto artificiale (polimeri biocompatibili e biodegradabili derivati dell'acido ialuronico). Il mezzo di coltura nutre tutto il sistema e permette all'epidermide di crescere, con formazione della barriera cutanea: lo strato corneo. La pelle normale è vascolarizzata e influenzata dagli ormoni, dalle terminazioni nervose, dalle cellule specializzate che svolgono un ruolo immunologico. Tuttavia oggi è già possibile introdurre nella pelle ricostruita in vitro altri tipi cellulari come i melanociti e le cellule di Langerhans. Con la pelle ricostruita si studia la fototossicità di certi agenti chimici dopo l'esposizione agli ultravioletti A e si misura l'effetto protettore dei filtri solari utilizzando cellule umane (quindi con una risposta più sicura), senza il sacrificio animale. Recentemente il dipartimento di biofisica del centro suddetto (per incarico del Cnrs - Centro nazionale della ricerca scientifica francese) ha pubblicato uno studio sui capelli del faraone Ramses II per stabilire il colore, le tinture usate, le modifiche della cheratina avvenute nel corso dei millenni. In futuro le etichette dei prodotti cosmetici saranno redatte con meno fantasia, però dovranno essere convalidate con tecniche avanzate di fisica, chimica, dermatologia e imaging (microscopia confocale, ultrasuoni, ecografia) per definire con precisione meccanismi fondamentali come l'idratazione e l'invecchiamento cutaneo, la ristrutturazione del capello, i vettori dei principi attivi. Renzo Pellati




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