TUTTOSCIENZE 28 ottobre 98


BIOETICA E' giusto brevettare la vita?
Autore: JONA ROBERTO

ARGOMENTI: BIOETICA, GENETICA, BIOLOGIA, AGRICOLTURA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

AI vertici del mondo medico e biologico (industrie farmaceutiche, enti di ricerca, istituzioni ospedaliere) infuria un dibattito importante e gravido di conseguenze anche per coloro che di scienza e biotecnologia non sanno nulla nè se ne curano. Il nocciolo della questione ruota intorno alla proprietà intellettuale delle sequenze geniche e alla conoscenza del loro funzionamento. E' forse prematuro affermare che gli scienziati sono sulla soglia di scoprire la chiave della vita, ma con il progetto Genoma e una serie di altri studi le scoperte si susseguono a ritmo accelerato. Già oggi chi scopre una sequenza del Dna vegetale e le relative funzioni che codifica può depositarla a suo nome in un registro tenuto dalla rivista Plant Physiology. Le piante trasformate mediante ingegneria genetica sono già oggetto di brevetto e di lucroso commercio. Ma per il genoma umano il discorso è più critico e il dibattito più aspro. La conoscenza dei geni può trasformare la medicina: potremo conoscere alla nascita le malattie di cui potremo soffrire e forgiare la nostra vita di conseguenza. La terapia più che farmacologica potrà divenire genetica e la medicina più che semeiotica e terapeutica diverrà di previsione e prevenzione. Una svolta che aumenterà sensibilmente l'aspettativa di vita della popolazione mondiale e muoverà interessi giganteschi. Non c'è quindi da stupirsi se uomini d'affari, scienziati e politici dibattono, ognuno da prospettive diverse e spesso contrastanti, se sia ammissibile che una o poche grandi società possano avere il diritto alla proprietà intellettuale delle loro scoperte (e quindi brevettarle), oppure se le sequenze geniche, una volta scoperte, siano patrimonio comune dell'intera umanità. La decisione è urgente: un numero sempre maggiore di malattie (Alzheimer, cancro) sembra sia di origine genetica, quindi la richiesta di cure diviene sempre più estesa e pressante creando un mercato allettante. Ma è giusto e ammissibile concedere il monopolio della salute a pochi o ad uno solo nel mondo, anche se ha il merito della scoperta? Le polemiche che oggi infuriano a proposito dello strapotere che Bill Gates è riuscito ad accaparrarsi in un settore sì importante, ma non così vitale come le sequenze del Dna della salute, impallidiscono di fronte a questo dilemma. In attesa della definizione delle regole, è già in corso un'accesa competizione tra multinazionali e organismi di ricerca pubblici per il primato nella scoperta di elementi nella struttura di sequenze chiave del Dna. Questa competizione induce a pensare (e sperare) che nessuno riesca a conseguire il monopolio della salute del mondo e che un sano equilibrio tra pubblico e privato possa essere mantenuto. Le previsioni in questo campo sono difficili e aleatorie: le ricerche richiedono risorse così grandi che solo poche società o nazioni ricche sono in grado di disporne. Le recenti tempeste finanziarie (Giappone, Sud-Est Asiatico, Russia) e politiche (Clinton) non permettono previsioni sulla costanza del flusso di denaro pubblico dedicato effettivamente a questa materia, mentre quello privato, in qualunque frangente finanziario, va là dove si possa realizzare un adeguato profitto. Ma senza un equilibrio naturale o una regolamentazione artificiale ci troveremo di fronte a situazioni paradossali. Il mondo delle assicurazioni (polizze vita e malattie), ad esempio, verrebbe sconvolto: l'assicuratore, prima di accettare una polizza potrebbe pretendere un'analisi del Dna? Sarebbe un inconcepibile violazione della privacy. In caso contrario, però, un sottoscrittore con predisposizione genetica a gravi malattie potrebbe fare, coscientemente, la fortuna dei suoi eredi, causando un danno ingiusto all'assicuratore. Mille altri problemi, oggi neppure immaginabili, potrebbero sorgere. D'altra parte la prospettiva di concedere in proprietà universale questi risultati disincentiverebbe le ricerche, specie a livello privato (dove si concentrano le maggiori capacità imprenditoriali e di tradurre in processi produttivi le scoperte scientifiche). Entro fine ottobre il governo italiano dovrà dare l'assenso alla direttiva europea in proposito. Occorre rifuggire sia da un facile populismo sia da una concezione di mercato selvaggiamente libero. Un equilibrio che non sarà facile conseguire, ma indispensabile per evitare, come sosteneva scherzosamente un mio amico, che i giovanotti del futuro, prima di uscire con una ragazza, siano costretti a pagare le royalties sulla cessione di sequenze brevettate di Dna! Roberto Jona Università di Torino


SCIENZE A SCUOLA. LA LEZIONE/PITAGORA Un teorema paleobabilonese Il celebre enunciato geometrico era già noto 4000 anni fa
Autore: PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: MATEMATICA
NOMI: RUSSELL BERTRAND, PITAGORA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D.

UNO dei pochi teoremi di matematica che sicuramente tutti conoscono è il teorema di Pitagora: "In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui due cateti". Ma forse non resta che una vuota definizione di un teorema così importante da far dire a Bertrand Russell: "La matematica, intendendo come tale le dimostrazioni e i ragionamenti deduttivi, comincia con Pitagora. Non conosco altro uomo che abbia avuto altrettanta influenza nella sfera del pensiero" . Ed Einstein così ricorda il suo incontro con il celebre teorema: "Avevo 12 anni quando un mio vecchio zio mi enunciò il teorema di Pitagora e dopo molti sforzi riuscii a dimostrarlo. E' stata un'esperienza meravigliosa scoprire come l'uomo sia in grado di raggiungere un tale livello di certezza e di chiarezza nel puro pensiero. E sono stati i Greci per primi ad indicarcene la possibilità, con la geometria". Ma per capire il valore di questo teorema dobbiamo risalire alle sue origini, alle tracce più antiche: alcune tavolette babilonesi databili tra il 1800 e il 1600 a. C. Su una di queste tavolette è tracciato un quadrato con le due diagonali. Il lato del quadrato misura 30 e la sua diagonale viene calcolata moltiplicando la misura del lato per la radice di 2. Questo e altri documenti dello stesso periodo paleobabilonese e dell'Antico Egitto dimostrano che il teorema di Pitagora era noto più di mille anni prima di Pitagora. Nello stesso periodo, erano note anche alcune terne di numeri, chiamate oggi terne pitagoriche, per le quali il quadrato del numero più grande è uguale alla somma dei quadrati degli altri due numeri. Ad esempio, per la più semplice fra queste terne, 3, 4 e 5, si ha: 5 alla 2 = 3 alla 2 più 4 alla 2, 25=9più16. Non è difficile vedere il collegamento fra triangoli rettangoli e questi numeri, abbiamo però bisogno di una scatola di fiammiferi. Se costruiamo un triangolo che abbia come lunghezza dei lati 3, 4 e 5 fiammiferi, cioè i numeri della terna pitagorica, il triangolo risulta rettangolo. Lo stesso accade con qualsiasi altra terna pitagorica, e queste sono infinite. Si provi ad esempio a costruire triangoli di lati 5, 12 e 13 fiammiferi oppure 8, 15 e 17: i triangoli sono sempre rettangoli. A questo punto sembrerebbe facile dedurre il collegamento fra terne pitagoriche e triangoli rettangoli, cioè fra il problema aritmetico e il corrispondente problema geometrico. Ma la geometria egizia e babilonese erano di tipo pratico, non esisteva un pensiero geometrico indipendente dalle più semplici e immediate applicazioni. "Soltanto in base alla nostra educazione, modellata sull'idea che i Greci avevano della Matematica - scrive Neugebauer nel suo prezioso saggio, Le scienze esatte nell'Antichità - siamo portati a pensare immediatamente alla possibilità di una rappresentazione geometrica di rapporti aritmetici o algebrici". Merito di Pitagora è stato quello di aver trovato una dimostrazione generale del teorema, servendosi di un ragionamento deduttivo che ha avuto una profonda influenza sulla filosofia e sul metodo scientifico. Non sappiamo quale sia stata la sua dimostrazione, esistono infatti centinaia di dimostrazioni diverse, 365 delle quali sono state raccolte in un libro del National Council of Teachers of Mathematics. Una ventina di queste si trovano su Internet alle pagine di Alexander Bogomolny: http://www. cut-the-knot. com/pythagoras/ La dimostrazione più famosa è sicuramente quella di Euclide, riportata nel primo libro degli Elementi, proposizione 47. E' basata su una figura che è stata battezzata, per la sua forma, mulino a vento, coda di pavone o sedia della sposa. Il lettore interessato troverà questa dimostrazione, di cui riportiamo soltanto la figura, alle pagine web di D.E. Joyce, pagine straordinarie con gli Elementi di Euclide in edizione on line interattiva e animata: http://aleph0.clarku. edu/djoyce/java/elements/book1 /propI47.html La dimostrazione di Euclide, oltre ad aver fatto disperare tanti studenti, ha fatto arrabbiare anche Arthur Schopenahuer, il quale accusò il grande matematico greco di aver costruito una figura che porta a una interminabile catena di passaggi e che si chiude su di noi come una "trappola per topi". Schopenahuer presentò anche una sua dimostrazione, magnificandone la chiarezza e la semplicità. In realtà si tratta di una dimostrazione senza alcun valore, riguardante soltanto il caso particolare del triangolo rettangolo isoscele. Sicuramente a Schopenahuer sarebbero piaciute molto di più alcune dimostrazioni elementari che si trovano sui libri di scuola o quella trovata nell'Ottocento da Henry Perigal, un agente di cambio inglese, che divide il quadrato costruito su un cateto in quattro parti, con due segmenti perpendicolari passanti per il centro del quadrato, e ricompone poi i quattro pezzi, insieme al quadrato costruito sull'altro cateto, nel quadrato dell'ipotenusa. E' molto bella anche la dimostrazione di Liu Hui, un matematico del terzo secolo d. C., riportata da D. B. Wagner, studioso danese dell'Antica Cina, al seguente indirizzo Internet: http://coco.ihi. ku.dk/~dbwagner/Pythagoras/Pythagoras.html Segnaliamo infine la dimostrazione trovata nel 1876 da James A. Garfield, ventesimo presidente degli Stati Uniti. Antischiavista, eroe della guerra civile, Garfield venne eletto presidente nel 1880 e avviò subito una campagna contro la corruzione politica. Ma venne assassinato pochi mesi dopo la sua elezione. Ne 1876 trovò una dimostrazione inedita del teorema insieme ad alcuni suoi colleghi del Congresso, in un "momento di passatempo matematico". "Pensiamo che su questa dimostrazione - disse - si possano trovare d'accordo tutti i deputati, indipendentemente dalle loro idee politiche". E' una dimostrazione fondata sul calcolo dell'area del trapezio di figura che si può trovare alle pagine di Nick Derkatch: http://www. cruxmultimedi a.com.au/geometry/ Per approfondire il pensiero di Pitagora e dei pitagorici, oltre il teorema, segnaliamo ancora alcuni siti che possono essere un buon punto di partenza per una " navigazione pitagorica" in rete: http://www.st-and.ac.uk presenta una biografia matematica di Pitagora; http://marlowe.wimsey.com /~rshand/streams/gnosis /pythagoras.html tratta Pitagora filosofo; http://www.perseus.tufts.e du/GreekScience/Students /Tim/Contents. html tratta la matematica nell'Antica Grecia; http://calligrafix.co. uk/holi daynet/harmony/prop.html su Pitagora e la musica. Federico Peiretti


IN BREVE Alfieri del Lavoro premiati da Scalfaro
ARGOMENTI: DIDATTICA, PREMIO, STUDENTI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

Ogni anno i 25 migliori studenti d'Italia vengono nominati "Alfieri del Lavoro" in parallelo ai Cavalieri del Lavoro. La cerimonia si è svolta al Quirinale il 23 ottobre. Per regolamento può esserci un solo studente per provincia. Nel gruppo ricevuto da Scalfaro quest'anno, la provincia di Torino era rappresentata da Giacomo Ponzetto.


SCIENZE DELLA VITA LA CHIOCCIOLA Animale da bambini Con la sua buffa casetta portatile
Autore: GROMIS DI TRANA CATERINA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. I gasteropodi (schema del sistema nervoso di una lumaca, anatomia generale, struttura della conchiglia)

LE chiocciole sono animali da bambini: suggeriscono pupazzi accattivanti, cartoni animati, disegni con comignoli fumanti e finestrine che adornano la conchiglia. Il guscio e le antenne accendono la fantasia: è irresistibile quella casetta portatile, per non parlare dei tentacoli, un po' occhi e un po' organi tattili, che solo a sfiorarli si ritirano, risucchiati nelle viscere del mantello, mentre il piede bavoso interrompe il suo lento avanzare, si accorcia e sparisce nella conchiglia, lasciando solo una scia luccicante e umidiccia. E' un animale da filastrocche: Viva la Chiocciola, / viva una bestia / che unisce il merito / al la modestia. / Essa all'astrono mo / e all'architetto / forse nel l'animo / destò il concetto / del cannocchiale / e delle scale. / Vi va la chiocciola / caro animale... Così inizia una lunga poesia del Giusti (omonimo, per caso, dell'attuale noto malacologo italiano), che era rimasto incantato dal guscio a spirale, ricovero portatile. Ai tempi dei tempi la conchiglia non era casa ma scudo e serviva ai molluschi ancestrali, simili alle patelle, per proteggersi aderendo saldamente ad un substrato duro. Passarono i secoli e lo scudo si allungò in altezza e diminuì l'apertura: un semplice cono come quello del gelato però sarebbe stato scomodo da portare e avrebbe reso difficile all'animale frugare in fessure e fori. Allora si avvolse su se stesso in spire simmetriche bilateralmente, ognuna avviluppata sulla precedente e disposta sullo stesso piano, come un idrante arrotolato di piatto sul terreno da un giardiniere ordinato. Così nacque la conchiglia a spirale, e a questo punto un evento drammatico (non è solo un'ipotesi perché compare ancora nell'embriogenesi dei gasteropodi viventi) segnò una svolta definitiva: una torsione di 180o della parte maggiore del corpo dopo il capo, compresi i visceri, la cavità del mantello e il mantello stesso. Non c'è una spiegazione precisa sul significato evolutivo di tutto questo storcersi: comunque sia, assicurò nuovo spazio per la retrazione del capo quando il mollusco rientrava nel guscio. E alla fine, dopo tutte queste prodezze da contorsionista accompagnate da sempre nuovi adattamenti, come l'invenzione di apposite fessure per una buona circolazione dell'acqua, per evitare che l'animale fosse girato in modo da rovesciarsi addosso i suoi stessi rifiuti, si tornò alla conchiglia. La natura, instancabile nella sua inventiva, si concentrò con una ennesima trovata sui gusci simmetrici, che avevano lo svantaggio di non essere molto compatti e di avere diametri relativamente grossi, dato che ogni spira era completamente esterna alla precedente. La soluzione fu un avvolgimento asimmetrico, con una spira sopra l'altra e tutte attorno ad un asse centrale detto columella. Come risolvere il trasporto di questa casa, tutta storta, che avrebbe potuto gravare da un solo lato del corpo? La bestia invidiabile riuscì a dipanare anche questo nodo: spostò la posizione della conchiglia per ottenere una adeguata distribuzione del peso, portando l'asse della spirale verso l'alto e un po' indietro. Ed ecco finalmente apparire dal Carbonifero l'immagine della chiocciola attuale, dove la cavità del mantello si è modificata in un polmone e la conchiglia è portata come un cappello sulle ventitrè, quasi sbarazzina. La casetta sbilenca può essere destrorsa o sinistrorsa, a seconda che la sua bocca si apra a destra o a sinistra della columella. Come per gli esseri umani, i gasteropodi sono per la maggior parte destrorsi, e a differenza di questi che ancora oggi spesso considerano i mancini dei poveretti, tra gli Elicidi i rarissimi esemplari dotati di guscio sinistrorso sono molto ricercati dai collezionisti. La conchiglia, che caratterizza le varie specie di chiocciole e tra le altre quelle del genere Helix note ai gastronomi, è prodotta da secrezioni calcaree del mantello e cresce a ondate nei periodi più caldi dell'anno. Gli intervalli possono essere individuati facilmente, come gli anelli di crescita dei grandi alberi, nelle sculture della superficie. Tra i gasteropodi polmonati superiori esistono specie nude dove c'è stata riduzione o perdita della conchiglia: sono le lumache, o limacce, il cui aspetto è forse una risposta adattativa al basso tenore di calcio nel suolo. Limacce sono presenti oggi in molte parti del mondo come forme introdotte. Tra queste i lumaconi senza guscio di colore rosso vivo, invasivi e veri flagelli dell'agricoltura, da non confondersi con altre specie nostrane ispiratrici, con le chiocciole, di canzoncine in tutte le regioni italiane (è lombarda una delle più carine): Lumachin, lumna chin, / cascia foeura i to cornin, / que doman l'è San Martin, / te darem un bicer de vin. Qualsiasi specie di chiocciola non può sopravvivere per un periodo superiore a 14 mesi senza un lungo riposo. Seguendo il ritmo delle stagioni il sonno può essere breve, e allora si costruisce un velo esterno alla bocca della conchiglia per frenare l'evaporazione. Se l'inverno è lungo o l'estate è torrida si può creare un vero e proprio opercolo calcareo robusto, per difendersi dalle avversità atmosferiche e dai predatori. Tutto il metabolismo rallenta, mentre vengono utilizzate le riserve di glicogeno: il battito cardiaco diventa quasi impercettibile, l'attività respiratoria è ridotta all'essenziale. Sempre Giusti: Per prender aria / Non passa l'uscio: / Nelle abi tudini / Del proprio guscio / Sta persuasa / E non intasa. / Viva la chiocciola / bestia di casa... Quando dopo la pace del sonno la chiocciola si risveglia, come dice Figuier, zoologo ottocentesco un po' poeta, è più felice della Bella Addormentata nel racconto delle Fate: "Quando la giovane principessa si sveglia dal suo sonno secolare, è triste e seriamente preoccupata, per la ragione, ben possente sopra uno spirito femminino, che i suoi vestiti non sono più di moda, e che tutti i suoi ornamenti sono invecchiati". La chiocciola non ha nulla da temere di simile. La nostra dormiente risvegliata potrebbe prolungare per secoli il suo tranquillo letargo. Essa troverebbe, al suo svegliarsi, i suoi abiti, cioè la sua conchiglia, perfettamente portabile. E' la stessa che portavano i suoi antenati e che porteranno le sue nipoti. Caterina Gromis di Trana


IN BREVE "Ariane 5" pieno successo
LUOGHI: ITALIA

Il terzo test di qualificazione del nuovo razzo europeo "Ariane 5" ha avuto pieno successo. Il lancio è avvenuto mercoledì scorso dalla base di Kourou. Ora il vettore, il più potente che abbia mai avuto l'Europa, è validato per i voli commerciali.


SCIENZE FISICHE. CURIOSITA' Arriva la scarpa intelligente Si adatta al piede in ogni istante della giornata
Autore: VALERIO GIOVANNI

NOMI: CASSAR TOM
ORGANIZZAZIONI: BCAM INTERNATIONAL
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, USA

LE nonne consigliavano di acquistare le scarpe nel tardo pomeriggio, quando il piede è più gonfio. Briciole di saggezza antica, confermate da recenti studi medici: il volume del piede varia circa dell'8 per cento durante la giornata. Ora c'è però la scarpa " intelligente", che cambia le sue dimensioni adattandole a quelle del piede, minuto dopo minuto. Dopo tre anni di ricerche, l'ha realizzata Tom Cassar per conto dell'americana Bcam International e per il sollievo di chi soffre, magari solo d'estate, con i piedi gonfi intrappolati dalle calzature che sembrano sempre troppo piccole. Vista da fuori, sembra una normale scarpa da ginnastica. Il suo segreto è ben nascosto: una microvalvola pneumatica, delle dimensioni di un'unghia, regola lo spessore delle pareti della scarpa, aumentando o diminuendo così il volume destinato al piede. I prototipi di "scarpa intelligente" realizzati fino ad oggi contengono anche un microprocessore che governa il funzionamento della valvola e fa variare automaticamente l'aumento di volume durante la giornata, seguendo così il comportamento normale del piede. Ma i progetti avanzati della calzatura intelligente prevedono già un microprocessore che si adegua al padrone della scarpa e impara a riconoscere le sue attività tipiche, come il footing mattutino o la passeggiata serale, adeguandosi di conseguenza. Prima della scarpa capace di adattarsi al piede, un anno fa i progettisti della Bcam avevano già ideato il sedile su misura, in dotazione ora su alcuni modelli di automobili della Cadillac. Il sedile si adatta alla forma del corpo seduto su di esso, quasi avvolgendolo. Per realizzare la scarpa, il gruppo di ricerca di Tom Cassar ha miniaturizzato il sistema progettato per la Cadillac, creando una microvalvola così piccola da essere inserita all'interno di una scarpa. Ma, dicono entusiasti i ricercatori americani, la stessa tecnologia potrebbe essere utilizzata anche per letti, sedie, sdraio e per ogni prodotto con una superficie che deve adattarsi al corpo di una persona. Dato il costo ancora piuttosto elevato (la sola valvola costa cento dollari, più di 170 mila lire) le prime scarpe intelligenti andranno a malati di diabete, con problemi di circolazione agli arti inferiori. Ma Bcam è già in trattative con il gigante delle calzature sportive Reebok per concedere il brevetto della tecnologia utilizzata. Potrebbe essere il primo passo (il modo di dire questa volta è in tema) verso la diffusione di massa delle scarpe che non fanno mai male. Giovanni Valerio


IN BREVE Audio Rai a richiesta
ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: RAI, INTERNET
LUOGHI: ITALIA

La Rai ha varato un servizio di documenti audio (500 brani da Mussolini a Corrado) su richiesta fornito tramite Internet.


SCIENZE DELLA VITA Frecce d'amore L'accoppiamento è sempre violento e aggressivo con lancio di dardi che provocano anche ferite
Autore: FABRIS FRANCA

ARGOMENTI: ETOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

MOLTI conoscono le chiocciole (Helix poma tia) come piatto prelibato, ma pochi conoscono il loro comportamento bizzarro e cruento durante l'accoppiamento. Quest'animale è ermafrodita, possiede cioè organi sia maschili sia femminili. Le ghiandole germinali si trovano nella parte più alta del corpo: vicino ai tentacoli vi è un'apertura sessuale maschile, vicino al pneumostoma (l'apertura esterna della cavità polmonare) quella femminile. Un complicato sistema di canali porta all'apertura genitale e ad alcune ghiandole. Lungo questi canali scendono gli spermatozoi che andranno a fecondare il part ner. Le uova fecondate fuoriescono da un foro posto vicino al capo. La fecondazione può avvenire sia in uno stesso individuo sia più frequentemente fra due individui. Se si osservano i giochi d'amore della chiocciola, difficilmente ci si accorge che essa è bisessuale, anzi sembrerebbe un supermaschio. Ma l'accoppiamento, rispetto a quello di altri animali, è sempre violento e aggressivo e rivela una certa forma di sadismo. Dapprima i due partner sessualmente maturi si scontrano ergendosi sul piede muscolare, quindi si saggiano con i tentacoli, dondolandosi e scambiandosi piccoli morsi. Dopo la danza d'amore, avviene l'accoppiamento: un dardo, costituito da carbonato di calcio, viene allora scagliato nel corpo del partner e, in alcune specie, questa freccia non arriva esattamente nell'apertura genitale, ma può colpire vari punti del corpo, addirittura il polmone o gli organi interni, causando dolorose ferite. Chi viene colpito può, a sua volta, lanciare il dardo, fintanto che dopo diversi contorcimenti, avviene il duplice accoppiamento. Così unite, indugiano infine in questo reciproco atto di fecondazione finché esauste si allontanano. Molti zoologi non credono che gli animali inferiori possano provare dolore e ritengono pertanto che questo lancio del dardo sia un mezzo per stimolare l'accoppiamento. Alcune lumache, molluschi gasteropodi senza guscio, possiedono otto o dieci dardi per l'accoppiamento. Ancora più strane sono le forme degli accoppiamenti a catena di cinque o sei individui, come nell'Acera bullata o nella Crepidula fornicata che abitualmente formano una catena di individui stabile e duratura. In queste specie, nella fase giovanile sono maschi e mobili, nella fase adulta conducono invece vita sedentaria e sono femmine. Quando poi si accoppiano, formano un mucchio a torre di otto o dieci individui, con le femmine più grandi in basso, individui sia maschili sia femminili nel mezzo, mentre l'ultimo è sempre un maschio. Le uova sferoidali vengono affondate nel terreno con l'ovopositore. Si tratta di mucchietti di qualche decina fino a centinaia, da cui si schiuderanno le piccole chiocciole dall'esile conchiglia. Franca Fabris


IN BREVE Glenn e il radicchio domani in orbita
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BOTANICA
NOMI: GLENN JOHN
LUOGHI: ITALIA

Lo Shuttle che partirà domani con a bordo il decano dello spazio John Glenn, 77 anni, porterà in orbita anche una manciata di semi di radicchio rosso tardivo di Treviso e di radicchio variegato di Castelfranco. L'esperimento, uno dei tanti in programma per questa missione della navetta spaziale, prevede lo studio della germinazione in assenza di peso. La ricerca è stata proposta alla Nasa dall'Istituto tecnico statale "Riccati" di Treviso. Per l'occasione l'astronauta e parlamentare europeo Franco Malerba ha tenuto a Treviso una conferenza sulla ricerca nello spazio.


SCIENZE FISICHE. RICERCA DELLA FONDAZIONE AGNELLI I parchi fanno bene a scienza e tecnologia Studiosi e aziende in un ambiente che potenzia le risorse di tutti
Autore: GRASSIA LUIGI

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: FONDAZIONE AGNELLI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

CRESCONO come funghi, l'ultimo è nato a Ivrea alla fine di settembre, in Italia se ne sono visti comparire una quarantina in vent'anni e diversi fra loro hanno avuto tutto il tempo di avvizzire e sparire. Sono i parchi scientifico-tecnologici, sorti inizialmente in America con lo Stanford Research Park in California e il Research Triangle Park (sulla famosa "Route 128") in Massachusetts e poi proliferati in tutto il mondo sull'onda di quei successi. Da noi sono arrivati fra grandi speranze e anche grandi polemiche, in quanto iniziative meno spontanee rispetto al modello anglosassone, più dirette e finanziate dalla mano e dai soldi pubblici, più orientate a creare o ricreare lo sviluppo dove non c'era (nel Mezzogiorno o nelle aree in declino industriale del Nord) anziché a fare da moltiplicatore in zone dove ricerca e imprenditoria erano già fiorenti. Il bilancio? Lo ha fatto un paio di settimane fa a Torino un convegno della Fondazione Agnelli sul rilancio delle politiche di innovazione ed è ampiamente positivo: non che sia nata una Silicon Valley attorno a ogni piccola Stanford nostrana, ma lo schema base si è rivelato valido e anzi sempre più attuale, grazie all'evoluzione della ricerca dal tradizionale laboratorio chiuso al modello "in rete". Proviamo a chiarirci le idee: che cos'è, in concreto, un parco scientifico-tecnologico? Nel rispondere è meglio tenersi sul vago perché le esperienze sono così diverse da sfidare ogni definizione rigida; ma all'ingrosso si tratta di un'area circoscritta in cui, grazie ad agevolazioni pubbliche e infrastrutture, si insediano centri universitari, enti di ricerca privati e imprese innovative, che sfruttando i vantaggi della prossimità, della circolazione delle idee e della facilià di formazione "fertilizzano" il territorio circostante e fanno da volano tanto all'avanzamento della conoscenza pura quanto allo sviluppo economico, fino a promuovere il marketing dei brevetti. Ma per dare un'idea di quanto questa descrizione sia da prendere con le molle, si consideri che il "parco" si sta addirittura delocalizzando e ad esempio l'ultimo di Ivrea non è che un punto di snodo, specializato in biotecnologie, della più vasta Tecnorete Piemonte estesa a tutta la regione. Il fatto che la ricerca di punta si faccia sempre più costosa e inaccessibile, persino per i Paesi più ricchi (tanto che i consorzi a livello europeo o mondiale sono ormai vie obbligate) non ha reso obsoleti i parchi locali. Anzi. Si sta affermando una nuova tendenza che si basa sul concetto di modularità: la tecnologia di un prodotto o un design estremamente sofisticati viene scomposta in moduli, che i centri globali dell'elite creativa non hanno interesse nè convenienza economica ad adattare alle singole esigenze regionali o nazionali. Questa funzione viene volentieri delegata ad attori locali come possono essere i cosiddetti "parchi utilizzatori" (anziché produttori), nodi della grande rete di ricerca mondiale. Fino al limite dei " parchi virtuali" tedeschi - imitati anche in Italia, ad esempio dal Consorzio Roma Ricerche - strutture ultra snelle in cui un pugno di esperti, sfruttando al massimo le tecnologie della comunicazione, segue e seleziona le ricerche di frontiera per presentarle all'attenzione degli imprenditori. Si può fare un parco anche con quattro soldi e molto cervello. Luigi Grassia


CASO EUROPA L'Italia (in ritardo) recupera
Autore: A_VI

ARGOMENTI: BIOLOGIA, GENETICA, AGRICOLTURA
NOMI: PORCEDDU ENRICO, COSTANTINO PAOLO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

MENTRE la Germania già da 15 anni investe sulle biotecnologie a tutto campo (recentemente ha varato un nuovo programma, "Bio Regio", da 150 miliardi di lire, in favore delle imprese) e la Gran Bretagna ha promosso l'"Incubatore di imprese di bioscienze" di Manchester, il resto dell'Europa non si dà molto da fare. Tutto sommato, l'Italia, partita tardi, ha recuperato, piazzandosi dietro la Germania e spalla a spalla con gli inglesi. Le biotecnologie italiane rappresentano, in termini di investimenti nella ricerca, poco meno del 2% del totale mondiale, ma l'Assobiotec è ottimista: le 210 aziende che si occupano di biotecnologie oggi danno lavoro a 4 mila persone per un fatturato complessivo di 1130 miliardi di lire, e nel 2005 si potrebbero superare i 10 mila miliardi. "Sul versante delle biotecnologie in campo agricolo - dice Enrico Porceddu, ordinario di genetica agraria dell'Università La Tuscia di Viterbo e collaboratore del Cnr per il Progetto finalizzato biotecnologie - in Italia numerose multinazionali e industrie sementiere hanno portato avanti negli ultimi anni sperimentazioni sul campo. Le leggi europee prima, e le italiane poi, consentono la coltivazione di piante transgeniche, ma per un motivo puramente burocratico queste sementi ancora non possono essere acquistate dagli agricoltori italiani. E in questo momento, nel nostro Paese, non esistono coltivazioni commerciali di tali piante". Verso questo tipo di sementi gli agricoltori italiani non si sono ancora pronunciati. Qualcuno, più attento degli altri alle novità, comincia appena a interessarsi della questione, ma la maggioranza ancora non è abbastanza informata. "Come tutti, del resto, in Italia - prosegue Porceddu -. Non c'è chiarezza, la gente non sa di cosa si parla. Il mais geneticamente modificato non ha nulla a che vedere con la pecora Dolly. Inoltre mi sembra che molti oppositori alle biotecnologie, in realtà siano oppositori delle multinazionali. Se gli stessi risultati fossero stati ottenuti da un centro di ricerca statale o da una università pubblica (che, per inciso, fanno queste ricerche), probabilmente l'atteggiamento sarebbe diverso". Quali attenzioni occorrono per tutelare i consumatori? " Innanzitutto si deve verificare che la presenza di un prodotto genico (cioè una proteina di riserva o una proteina funzionale) non sia dannoso in alcun modo per l'organismo. L'altro pericolo è che nella pianta ci sia un prodotto differenziale, dovuto a questo materiale genetico, che si esprime direttamente nel seme e serve a contrastare l'attacco di un insetto o di un fungo al seme stesso. Ma non è il caso del mais o della soia, dove si interviene per combattere un nemico che aggredisce la pianta su foglie e stelo e non sui semi. "L'unico pericolo che posso vedere, è quello della diffusione dei geni modificati attraverso il polline delle piante transgeniche - conclude Porceddu -. Ma nel caso del mais, della soia e del sorgo, e anche alcune piante da orto (melanzane, pomodoro, patate...) che in Italia non hanno i corrispondenti tipi selvatici non c'è una pianta recettiva che possa accoglierli". "Sicuramente la differenza tra Europa e Usa (ma ci metterei anche il Giappone) è marcata", aggiunge Paolo Costantino, direttore del Dipartimento di genetica e biologia molecolare dell'Università La Sapienza di Roma. "Negli Usa le multinazionali sono molto aggressive per poter recuperare rapidamente gli investimenti fatti. C'è poi la Cina: già 10 anni fa in Cina mi offrirono una sigaretta fatta con tabacco transgenico. Cosa fanno loro non lo sappiamo con esattezza. Certo non vanno tanto per il sottile perché hanno un miliardo di persone da sfamare". (a. vi.)


SCIENZE FISICHE. ASTRONOMIA La fabbrica di asteroidi-killer La Terra fu colpita da raffiche di pianetini
Autore: ZAPPALA' VINCENZO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C. Impatti di asteroidi sulla Terra

GLI studi sulla distruzione catastrofica di asteroidi che orbitano nei pressi di regioni caotiche del sistema solare hanno dimostrato come la Terra possa essere sporadicamente investita da sciami di numerosi frammenti asteroidali grandi fino a 1-2 chilometri. Da qualche anno sono abbastanza noti i meccanismi in grado di trasferire asteroidi dalla regione tra Marte e Giove fino alle zone più interne del sistema solare, dove le collisioni con la Terra diventano una possibilità non trascurabile. Si hanno così i cosiddetti Nea (Near Earth Aste roids). Per innescare il trasporto è necessario che l'asteroide venga inserito in una risonanza, ossia in una regione relativamente limitata dove le perturbazioni dei pianeti maggiori (soprattutto Giove) siano particolarmente efficaci. Una volta dentro la risonanza, l'asteroide subisce un drastico aumento dell'eccentricità orbitale (su tempi più o meno lunghi), tale da permettergli di attraversare, nel suo moto attorno al Sole, le traiettorie dei pianeti interni: Marte, la Terra o addirittura Venere. E' questo un regime dinamico di tipo caotico, in cui praticamente nulla è predicibile. L'orbita dell'oggetto cambia continuamente forma e posizione a seconda degli incontri ravvicinati subiti dall'asteroide con i pianeti interni fino all'inevitabile fine, che sarà quella di cadere sul Sole, di essere espulso dal sistema solare o di collidere con uno dei pianeti terrestri. Il problema fondamentale è quello di trovare un meccanismo fisico in grado di introdurre a ritmo pressoché costante un certo numero di asteroidi all'interno delle risonanze. La soluzione migliore si ricollega alle collisioni tra asteroidi. Si sa che queste collisioni sono state, e sono tuttora, abbastanza frequenti all'interno della fascia asteroidale. La frequenza con cui avvengono dipende dalle dimensioni dell'asteroide bersa glio e dell'asteroide proiettile. Per un certo bersaglio saranno sicuramente più numerose le collisioni con oggetti di piccola massa (e quindi poco distruttive) che non quelle con oggetti via via più grandi (e quindi molto distruttive). Il regime collisionale, esistente in tutta la fascia principale degli asteroidi, si manifesta anche in prossimità delle varie risonanze. Può allora capitare che in seguito a una collisione, una parte dei frammenti originatisi vengano getta ti all'interno delle risonanze. A questo punto per i frammenti non c'è più scampo: evolveranno secondo un regime caotico e la loro fine sarà quella già descritta. Da stime statistiche sulla popolazione asteroidale conosciuta si può stabilire che il regime collisionale " normale" è in grado di mantenere pressoché costante il numero di oggetti destinati a evolvere verso orbite intersecanti quelle dei pianeti terrestri. In altre parole, il meccanismo fisico delle collisioni più il meccanismo dinamico caotico delle risonanze sembra perfettamente capace di creare una popolazione stabile di Nea almeno fino a diametri non superiori a un paio di chilometri. Di tanto in tanto però (probabilmente con ritmi di decine o centinaia di milioni di anni) avvengono collisioni più catastrofiche. I bersagli che si distruggono possono raggiungere le decine di chilometri o anche (molto più raramente) le centinaia. In tal caso si ha la formazione di una famiglia asteroidale, ossia di un insieme numerosissimo di frammenti che, anche dopo la distruzione, mantengono caratteristiche orbitali molto simili tra loro. Nei casi più vistosi la maggior parte dei membri più grandi delle famiglie sono facilmente osservabili e l'applicazione di metodi statistici permette di distinguere questi agglomerati dai normali asteroidi singoli. Al pari di un iceberg, quello che riusciamo ad osservare di una famiglia è solo la "punta", ossia gli oggetti abbastanza luminosi (e quindi grandi) da essere visibili al telescopio. Ma la stragrande maggioranza dei frammenti ci risulta invisibile, benché sicuramente il loro numero cresca col diminuire delle dimensioni. Parliamo qui di frammenti al di sotto di qualche chilometro di diametro, ossia proprio delle dimensioni della maggior parte dei Nea che si scoprono nel loro viaggio caotico nei presi della Terra. Tra le numerose famiglie osservate, ve ne sono alcune (circa una decina) che confinano in modo evidente con qualche risonanza. Un certo numero di queste risultano addirittura chiaramente "tagliate" dalle zone caotiche. Non è difficile pensare quindi che al momento della collisione catastrofica che ha distrutto il corpo primitivo trasformandolo in una miriade di frammenti, una buona parte di questi siano stati "gettati" all'interno della vicina risonanza e abbiano poi seguito il loro processo evolutivo caotico, lasciando per sempre il luogo di nascita. Una collaborazione tra l'Università di Toronto, l'Osservatorio di Armagh e l'Osservatorio di Torino ha cercato di ricostruire gli eventi distruttivi corrispondenti alle famiglie più interessanti, calcolando la distanza che i frammenti potevano raggiungere a seconda delle loro dimensioni. Questo modello ha permesso di quantificare quanti e quanto grandi sono stati gli oggetti immessi nella risonanza limitrofa al momento della catastrofe. Integrazioni numeriche relative all'evoluzione dinamica caotica dei frammenti così ottenuti hanno poi permesso di stabilire in modo statistico la percentuale di frammenti che possono avere impatti con la Terra e i tempi scala dell'intero processo. In parole più semplici, sapendo quanti oggetti di un certo diametro sono entrati in una risonanza possiamo sapere quanti di questi possono, statisticamente parlando, scontrarsi con la Terra. Il risultato è abbastanza sconvolgente. Alcune famiglie, probabilmente piuttosto vecchie, con età di qualche centinaio di milioni di anni, possono avere riversato sulla Terra vere e proprie "piogge" di asteroidi in pochi milioni di anni. Questi sciami possono arrivare a contenere fino a qualche decina di frammenti grandi un chilometro e parecchie centinaia dell'ordine delle centinaia di metri. Possiamo immaginare epoche poco tranquille per la superficie della Terra e per i suoi eventuali abitatori! Fortunatamente questi eventi sono piuttosto rari; non di meno potrebbero avere causato almeno alcune delle più antiche estinzioni biologiche di massa conosciute. C'è anche la possibilità che il cosiddetto ca taclisma lunare, che si stima essere avvenuto circa 4 miliardi di anni fa e che ha prodotto sul nostro satellite un "picco" anomalo di crateri da impatto, possa essere stato causato dalla creazione di una famiglia, nata dalla distruzione di un asteroide " genitore" dal diametro di qualche centinaio di chilometri. Molte cose si stanno chiarendo riguardo all'origine dei Nea e dei meccanismi in grado di mantenerne una popolazione più o meno costante, a parte i "picchi anomali" causati dalle famiglie. Resta ancora aperto il problema di generare i Nea più grandi di 1-2 chilometri, che invece esistono e sono anche relativamente numerosi. Ma qualche soluzione è in arrivo. Vincenzo Zappalà Osservatorio Astronomico di Torino


SCIENZE DELLA VITA Lumache a tavola In Italia esistono settemila aziende elicicole che coprono solo il 35 per cento del fabbisogno
LUOGHI: ITALIA

DA cibo povero e saltuario fino alla fine del secolo scorso, la lumaca è diventata pietanza ricercata specialmente in Francia e in Italia, tanto che i consumi continuano a crescere e l'offerta stenta a star dietro alla domanda. Negli ultimi cinque anni ha avuto notevole sviluppo l'allevamento, che a tutt'oggi, con settemila aziende elicicole, copre in Italia ottomila ettari, con un fatturato annuo di circa 200 miliardi. Tuttavia la produzione copre solo il 35 per cento del fabbisogno. Il resto viene (il 95 per cento dalla raccolta), da Paesi come Turchia, Romania, Bulgaria, Serbia, Grecia, Marocco, Tunisia, Algeria, Polonia, Portogallo. La questione è stata dibattuta a Cherasco (Cn) (dove ha sede l'Istituto Internazionale di Elicicoltura), nel corso del 27o raduno nazionale degli elicicoltori nel settembre scorso, organizzato in collaborazione con l'Università di Parma, e a cui hanno partecipato delegati di allevatori provenienti da Giappone, Belgio, Francia, Malta e Grecia. Tra l'altro è stato deciso di proclamare il 1999 " Anno della lumaca".


IN BREVE Microelettronica passato e futuro
ARGOMENTI: ELETTRONICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

Si è tenuto ieri al Politecnico di Torino il Seminario Bollati sul tema "Passato e futuro della microelettronica". Sono intervenuti Mario Rasetti, Frederich Seitz (Rockefeller University), Franco Bassani (Scuola normale di Pisa) e Luciano Gallino.


IN BREVE Odontoiatri a Montecarlo
LUOGHI: ITALIA

Al Centro Incontri Internazionali di Montecarlo si terrà il 13 e 14 novembre il X Congresso odontostomatologico organizzato dal Centro Culturale Odontostomatologico di Torino, presieduto da Aldo Ruspa. Tema, "La riabilitazione orale".


Piante made in Usa Mais e soia dai test alla tavola
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: GENETICA, ALIMENTAZIONE, BIOLOGIA, AGRICOLTURA
NOMI: BARTON KENNETH
ORGANIZZAZIONI: MONSANTO
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, USA, MISSOURI, ST. LOUIS
TABELLE: T. Dalla natura al laboratorio

CLONI a colazione, Dopo mucca-pazza arriva il mais-pazzo... Titoli come questi sono sempre più frequenti sui giornali e segnalano, con toni allarmistici, il prossimo arrivo di cibi geneticamente modificati sulle nostre tavole. Ma è vero? Quali piante sono già state modificate? Con quali tecniche e con quali risultati? "Il nostro lavoro per modificare in favore dell'uomo la struttura genetica di una pianta è iniziato nel 1980 - spiega Kenneth Barton, direttore delle Ricerche di agricoltura biotecnologica della Monsanto, multinazionale americana che già produce semi di mais e di soia geneticamente modificati - e nel 1983 abbiamo ottenuto la prima soia transgenica. Nell'87 sono iniziate le coltivazioni sperimentali, finite con successo 7 anni dopo. Nel '96, dopo le approvazioni di rito, i semi di soia geneticamente modificata erano ufficialmente in vendita. Nel '97 è stata la volta del cotone, quest'anno del mais". Il centro ricerche della Monsanto sorge a pochi chilometri da St. Louis (Missouri). Sorto nel 1984, vi lavorano 1900 persone. Sul tetto spiccano decine di serre, dove le piante vengono sottoposte a coltivazione intensiva per abbreviare i tempi degli esperimenti. "Facciamo un esempio concreto e parliamo del mais - riprende Barton -. Il suo peggior nemico è la piralide, che appartiene al gruppo dei lepidotteri e che, durante una stagione, può attaccare anche 2 o 3 volte, provocando una diminuzione del raccolto del 10-30%. Tramite opportune modifiche a livello di Dna il MaisGard della Monsanto contiene un gene derivante da un batterio che si trova naturalmente nel terreno, il Bacillus thuringiensis (Bt). Producendo una famiglia di proteine che risulta tossica per la piralide, il Bt che la pianta di mais sviluppa spontaneamente si autoprotegge dalla piralide per tutto il suo ciclo di vita e in tutte le sue parti: foglie, guaine, fusti, peduncoli e spighe. Inoltre questa autoprotezione è perfettamente innocua per altri insetti, la flora e la fauna". I vantaggi per gli agricoltori sono innegabili. Seminando la soia Roundup Ready, un'altra pianta geneticamente modificata della Monsanto, i costi di lavorazione scendono di quasi il 40%. Negli Usa le autorità che decidono sulla coltivazione e il commercio di piante transgeniche sono l'Fda (Food and Drug Adminstration), l'Usda (United States Department of Agricolture) e l'Epa (Environmental Protection Agency). Ciascuno per le sue specifiche, i tre enti pubblici devono verificare che le piante transgeniche non siano pericolose per l'ambiente, che la loro coltivazione non abbia controindicazioni per l'agricoltura e che il cibo che ne deriva non sia dannoso per l'uomo. Il criterio di ammissione è quello della "sostanziale equivalenza": se per struttura biologica, valori nutrizionali e caratteristiche organolettiche un chicco di mais transgenico risulta sostanzialmente uguale a un chicco di mais non geneticamente modificato, allora va tutto bene. Timothy Galvin, dirigente dell'Usda, è a capo di uno degli uffici incaricati di regolamentare tutto quello che c'è di nuovo in campo agricolo. "I nostri test durano anche 4-5 anni. Ma le aziende devono ottenere un nostro benestare ancora prima di iniziare le loro ricerche, in modo che ogni sperimentazione avvenga entro precise linee guida". "Prima di arrivare sugli scaffali del supermercato il mais biotech ha ricevuto l'approvazione di 3 ministeri", conferma James Maryanski, uno dei dirigente dell'Fda che si occupa di biotecnologie. "Se attraverso le biotecnologie una pianta viene modificata e nel cibo che deriva da tale pianta compaiono proteine normalmente estranee, ma comunque presenti altrove nella catena alimentare, allora tale alimento viene considerato sicuro. Solo se la proteina frutto della modifica genetica è fortemente diversa da quelle esistenti in natura l'alimento viene rigettato o sospeso per ulteriori indagini, o viene suggerito all'azienda di perfezionare il suo lavoro". Quando abbiamo chiesto a Maryanski di specificare meglio i loro concetto di "abbastanza simile" e di "fortemente diversa", egli non ci ha risposto. D'altra parte l'Fda non ha particolari e preordinati protocolli di indagine: "Oltre ai normali controlli sulla digeribilità, sui valori nutritivi, sulla tossicità, sul potenziale allergenico, sulla stabilità nel tempo del materiale genetico introdotto, di volta in volta scegliamo i test più appropriati. Non sono previsti test epidemiologici o trial di tipo medico". Negli Usa, quindi, non si ritiene necessario segnalare sull'etichetta di un prodotto la presenza o meno di ingredienti provenienti da piante geneticamente modificate. In Europa, invece, dove una larga parte di consumatori sembra più attenta, tale etichetta di garanzia è già decisa, ma ancora si devono stabilire quali sono i test da effettuare e quali sono i valori-soglia per decretare la totale assenza di geni modificati in un alimento. "Se Fda, Usda ed Epa ci dicono che gli interventi a livello genetico non hanno alcun tipo di controindicazione - commenta Peter Scher, il cui ruolo è equivalente a quello del nostro sottosegretario all'Agricoltura - perché segnalarli sull'etichetta? Si rischia solamente di confondere il pubblico. Del resto una gran quantità di farmaci è già ottenuta attraverso le biotecnologie, eppure nulla è segnalato sulla confezione". Negli Stati Uniti molte prestigiose associazioni, quali l'Associazione dei medici della famiglia e l'Associazione dei dietologi, che godono di ottimo credito presso il pubblico, si sono apertamente schierate in favore di soia e mais transgenico. Lo stesso dicasi per gran parte della stampa scientifica americana (in genere credibile e seria), mentre le organizzazioni ambientaliste hanno organizzato proteste decisamente violente (campi occupati, danneggiati o incendiati) che hanno avuto poca presa sul pubblico: se intendevano innescare un civile dibattito sul problema, hanno ottenuto l'effetto contrario. Ma la questione non è da ritenersi chiusa. Andrea Vico


IN BREVE Premio Capire sabato la consegna
ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI, PREMIO
ORGANIZZAZIONI: PREMIO CAPIRE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TROINA (EN)

Il Premio Capire 1998 verrà consegnato venerdì 30 ottobre a conclusione del seminario organizzato da Ego-Crea a Troina (Enna) sul tema "Creatività e sviluppo della comunicazione interattiva: le radici culturali europee nelle reti telematiche internazionali". Informazioni: 055-32.25.49; 0935-65.39.66.


SCIENZE DELLA VITA BIOLOGIA & FARMACI Quando una ricerca può portare a Stoccolma Dal Nobel '98 alla creazione di un'altra molecola che ci aiuterà a combattere le leucemie
Autore: MARCHISIO PIER CARLO

ARGOMENTI: BIOLOGIA
NOMI: MURAD FERID
LUOGHI: ITALIA

QUALE rapporto c'è tra la biologia delle cellule e delle molecole e la scienza dei farmaci? A prima vista sembra che esista solo un tenue legame ma in effetti non è così. Il premio Nobel è andato quast'anno a tre farmacologi per una scoperta partita dal desiderio di capire un meccanismo fisiologico, il controllo del calibro dei vasi sanguigni, ma con l'idea di sviluppare farmaci utili per vari tipi di malattie. Da questa scoperta - cioè quella della funzione fisiologica del monossido di azoto - si è sviluppata una cascata di conoscenze che investe moltissime funzioni cellulari prima sconosciute e che fanno prevedere sviluppi inattesi. Si ricava da questo che le strade della ricerca, ampie o strette che siano, sono imprevedibili. La direzione di queste strade è sempre duplice: da una ricerca di tipo applicativo possono nascere nuove conoscenze di base, come è capitato con il monossido di azoto o da ricerche del tutto teoriche prendere corpo conseguenze applicative assolutamente imprevedibili. Quest'ultimo è il sogno di tutti i ricercatori che vedono nel loro minuscolo campo specialistico la possibilità di applicazioni mediche di grande portata. Qualche volta fa intravedere anche la fama e la ricchezza. In biologia bisogna tenere d'occhio la forma delle molecole che si studiano. Se c'è stato un grande progresso in questi ultimi anni è perché i biologi hanno ampliato enormemente le loro prospettive grazie allo studio delle molecole proteiche non più solo campo di lavoro dei chimici. Con l'ausilio dell'analisi automatica si riesce a capire dalla semplice sequenza degli aminoacidi se esistono possibilità di legame con altre proteine e forme compatibili con strutture diverse. Da questo approccio generale sta nascendo una nuova scienza del farmaco che prende origine dalla biologia molecolare ma con l'aiuto della fisica e dell'informatica giunge a disegnare nuovi farmaci sulla base della loro forma tridimensionale. Su Science è apparso recentemente un articolo che riporta la scoperta e la sintesi di una piccola molecola funzionante in maniera identica a una proteina di grandi dimensioni, che si lega al suo recettore riproducendone completamente le funzioni. La grande proteina è un fattore di crescita che controlla la proliferazione dei leucociti ed è usata nel trattamento delle leucemie e di altri tipi di cancro ogni volta che si presenta la necessità di aumentare il numero dei globuli bianchi gravemente diminuiti, soprattutto dopo i cicli di chemioterapia. Il G-CSF o granulocyte-colony-stimula ting factor è quindi una di quelle molecole figlie della ricerca di base ma con profonde implicazioni mediche. Produrre il G- CSF è costoso nonostante l'impiego delle biotecnologie. Inoltre la molecola è grande e indurla a raggiungere il suo recettore sulla superficie dei precursori granulocitari non è agevole e pone problemi di non facile soluzione. Il gruppo di ricercatori di due industrie farmaceutiche americane è riuscito nello scopo di identificare una piccola molecola non proteica che interagisce con il recettore del G-CSF come se fosse la molecola nativa. Risparmio al lettore la brillante tecnologia con la quale hanno raggiunto lo scopo di trovare quella giusta tra migliaia di candidati ma alla fine questa è risultata essere il corretto attivatore del recettore G-CSF. Abbiamo ora un farmaco in più identificato con metodi nuovi capace di mimare la funzione di un prodotto della natura. La strada è aperta, come ammettono gli autori della scoperta, per identificare altre molecole analoghe capaci di entrare nei recettori come il fattore naturale. Si pensi all'insulina per i milioni di diabetici o all'ormone della crescita e all'eritropoietina, diventati famosi per i casi di doping ma importanti in attività terapeutiche assolutamente lecite. Non è lontano il momento in cui ogni ormone avrà il suo corrispondente farmaco e i recettori cellulari per gli ormoni diventeranno come scarpe pronte ad essere occupate da piccoli e attivissimi piedini. Piccolo problema: il nuovo fattore che mima il G-CSF è per ora attivo solo nei topi e trovare il corrispondente umano richiede ancora molto lavoro. Torniamo all'assunto iniziale. Tra scienza di base e scienza applicata esiste un rapporto inscindibile. Investire nella scienza di base implica ritorni applicativi che non possono essere predefiniti. Al contrario tagliare fondi alla scienza di base previlegiando fin dall'inizio la ricerca applicativa rischia di essere un investimento sterile. Questo semplice concetto è stato capito nei Paesi ad alto sviluppo scientifico ma molto meno nel nostro, pronto a buttare risorse sotto impulsi emotivi e restio a investire nella ricerca seria fondata sui fatti. Pier Carlo Marchisio


SCIENZE A SCUOLA A MILANO Restaurato il telescopio dei marziani
Autore: BIANUCCI PIERO

NOMI: SCHIAPARELLI GIOVANNI
ORGANIZZAZIONI: OSSERVATORIO DI BRERA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MILANO (MI)

IL telescopio che nel 1877 servì a Giovanni Schiaparelli per le famose osservazioni di Marte che sfociarono nel dibattito sui " canali" e su una ipotetica civiltà marziana, è tornato come nuovo, lustro di ottoni, sotto la sua cupola dell'antico Osservatorio di Brera, nel centro storico di Milano: venerdì scorso è stato inaugurato con due conferenze multimediali e una serata di osservazione a cura di Luca Reduzzi. Il restauro - due anni di lavoro - è stato fatto con rigore filologico: le parti sostituite sono segnalate come tali benché siano perfettamente imitate; il basamento di ghisa, che fu segato in due pezzi, è stato ricomposto; il moto orario azionato a pesi consente nuovamente al telescopio di seguire il moto apparente della volta celeste. L'obiettivo - 22 centimetri di diametro e 3,15 metri di lunghezza focale - fu lavorato da Merz ed è ancora oggi un ottimo pezzo di ottica. Ma ovviamente non si pensa di utilizzare questo telescopio per fare ricerca. Gli scopi, spiega Pasquale Tucci, professore di Storia della fisica all'Università di Milano, sono altri: lo strumento, oltre ad avere un valore antiquario, servirà alla didattica e all'animazione culturale. Inoltre, guardando allo stesso oculare a cui Schiaparelli accostò per lunghe notti il suo occhio sinistro (era un "mancino visivo"), avremo la possibilità di verificare che cosa con quello strumento si potesse effettivamente scorgere su Marte. La vicenda dei "canali" è un caso esemplare nella storia della ricerca. Diceva il filosofo della scienza Pierre Duhem che ogni osservazione è carica di teoria. Schiaparelli credette di vedere dei canali e la loro geminazione, ma nel teorizzarne spiegazioni fu prudente. L'americano Percival Lowell e il francese Camille Flammarion lo furono assai meno. Ci vollero trent'anni per concludere che i "canali" e i loro fenomeni erano illusioni ottiche e non manifestazioni di una civiltà intelligente dedita all'amministrazione del suo scarso patrimonio d'acqua. Tutta la storia è ora nitidamente raccontata da Pasquale Tucci nel saggio introduttivo al volume "La vita sul pianeta Marte" appena edito da Mimesis (Milano, 116 pagine, 24 mila lire) che raccoglie i tre scritti divulgativi dedicati da Schiaparelli al pianeta rosso nel 1893, 1895 e 1909 (alla vigilia della morte). Vale la pena di rileggere queste pagine con il senno di poi, magari pensando a teorie oggi di moda, ma che non hanno ancora passato il vaglio del tempo (e di strumenti d'indagine più potenti). Il restauro del telescopio di Schiaparelli è solo l'episodio più recente della politica di conservazione che si fa a Brera. In una galleria del palazzo è possibile vedere molti altri cannocchiali, cerchi meridiani, strumenti dei passaggi. Ma non ci si limita alla custodia. Tucci fa vivere i cimeli facendovi attorno una animazione culturale che si esprime in conferenze di storia dell'astronomia e ora anche in una serie di rappresentazioni teatrali a tema scientifico. La stagione è iniziata con "Zephirin e il meteorite d'oro", da un romanzo di Jules Verne. Misogino, moralista, di modi ruvidi, azzoppato da una fucilata del nipote malato di nervi, il prolifico scrittore francese morì nel 1905 lasciando questo romanzo inedito. Fu il figlio Michel a rimaneggiarlo e a pubblicarlo nel 1908. La Compagnia "Science 89" lo ha felicemente adattato alla scena. Per informazioni: 02-805.73.09. Piero Bianucci


SCIENZE A SCUOLA PARLA IL RUSSO NOVIKOV "Sforzo comune per salvare la matematica" Il livello dell'insegnamento è in declino dappertutto?
Autore: PAGAN FABIO

ARGOMENTI: DIDATTICA, MATEMATICA
NOMI: NOVIKOV SERGEY
LUOGHI: ITALIA

L'affermazione non lascia spazio ai dubbi: "Credo che sia giunto il momento di impegnarci in un grande sforzo comune per tentare di salvare il futuro della matematica. Dalla Russia all'America, il livello dell'insegnamento della matematica è pericolosamente in declino, sia nelle scuole superiori sia nelle università". A lanciare questo allarme è Sergey Novikov, uno dei maggiori matematici russi. Aveva 32 anni nel 1970, quando i suoi lavori innovativi in topologia (la matematica delle forme geometriche) gli valsero la prestigiosa "Medaglia Fields", il riconoscimento ambito quanto un Premio Nobel che viene assegnato ogni quattro anni alle menti più giovani e geniali della matematica - a patto che non abbiano superato lo spartiacque dei quarant'anni. L'impegno di salvaguardare il livello dell'insegnamento della matematica è per Novikov una sorta di battaglia culturale che ha radici familiari. Suo padre, Petr Sergeevich Novikov, è stato anch'egli un grande matematico, considerato il fondatore della logica sovietica, premio Lenin e membro dell'Accademia delle Scienze dell'Urss. Oggi Sergey Novikov fa il pendolare tra l'Istituto di matematica dell'Università di Mosca e l'Università del Maryland a College Park, non lontano da Washington, dove ormai trascorre due terzi dell'anno. Una formula ambita da tanti matematici e fisici russi, che cercano di mantenere un piede in patria ma che al tempo stesso sono alla caccia disperata di un contratto in Europa o in America che gli consenta di vivere dignitosamente. Ma questa "fuga dei cervelli" non rischia di disperdere irrimediabilmente il patrimonio intellettuale rappresentato dalla grande scuola matematica russa? " Sì, questo rischio esiste", ammette Novikov. "Tanto è vero che in Russia il livello della matematica sta scadendo. Ma non credo che questa crisi sia dovuta solo ai problemi economici. Si tratta di un processo che era già in atto ai tempi dell'Unione Sovietica. La crisi, dunque, ha radici più profonde. E non riguarda solo il mio Paese". Novikov è molto severo nei confronti di chi fa cattivo uso della matematica. "In troppi casi - osserva - si è impiegato il linguaggio della matematica quasi per sostituire i 'miracolì d'un tempo, allo scopo di convincere la gente di palesi assurdità. E' un atteggiamento molto comune, al giorno d'oggi". Ad esempio? "La presunta scoperta d'un codice matematico nella Bibbia, che fa saltar fuori dal testo tutto quel che si vuole. E anche in Russia vi sono casi simili che vorrebbero distorcere la storia. Bisogna stare attenti: il linguaggio della matematica non rimpiazza il buon vecchio senso comune". E aggiunge: "Io non credo che la matematica rappresenti una forma di pensiero autonomo, diverso sia dal pensiero razionale sia dal pensiero emotivo. A chi la conosce profondamente, la matematica consente di raggiungere il livello più elevato di pensiero razionale, almeno in alcuni settori specifici dell'attività umana, come la scienza e le sue applicazioni. Ma non dobbiamo credere di poterla utilizzare in ogni campo". Fabio Pagan




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