TUTTOSCIENZE 20 maggio 98


IN BREVE Aggiornamento dentisti
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

Giovedi 4 giugno a Torino (ore 20,45, San Paolo, via S. Teresa 1/G) convegno di aggiornamento odontostomatologico. Mario Martignoni, direttore della Clinica odontoiatrica dell'Università di Roma Tor Vergata, parlerà dell'"Attualità delle restaurazioni protesiche fisse".


IN BREVE Archeologia mediterranea
ARGOMENTI: ARCHEOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Festival "Mediterraneo Passato Futuro" dal 16 al 21 giugno a Su Gologone, in Sardegna. Organizzato dal mensile "Archeologia viva". Tel. 0784-33.717.


IN BREVE Censimento dottori ambientali
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

I laureati in scienze ambientali saranno inseriti gratuitamente in una guida apposita. Gli interessati devono rivolgersi a Rosa Panattoni, tel. 02-876.716.


SCIENZE A SCUOLA MARIE E PIERRE CURIE Cent'anni dalla scoperta della radioattività I coniugi scienziati insigniti del premio Nobel per la chimica nel 1911
AUTORE: GABICI FRANCO
NOMI: CURIE MARIE, CURIE PIERRE, BEQUEREL HENRI
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, FRANCIA, PARIGI

UN secolo fa, nel 1898, Marie Sklodowska Curie scoprì, con il marito Pierre, due nuovi elementi radioattivi, il polonio e il radio. Per questa scoperta i coniugi Curie furono insigniti nel 1911 del premio Nobel per la chimica. Nel 1903 i Curie avevano diviso con Becquerel il Nobel per la fisica per i loro lavori sulla radioattività. A quei tempi Marie stava cercando un argomento da trattare nella tesi per ottenere la libera docenza e passando in rassegna le ultime novità sperimentali decise di dedicarsi alle misteriose emissioni da parte dei sali dell'uranio che aveva scoperto alcuni anni prima Henri Becquerel. Incuriosita dal fenomeno, che lei stessa chiamerà "radioattività", Marie passa in rassegna tutti gli elementi noti, per scoprire se altri avessero la stessa proprietà dell'uranio. E le sue ricerche danno subito un risultato: anche il torio emette misteriose radiazioni come l'uranio. Marie, però, non si ferma al torio, ma avendo a disposizione la collezione di minerali della Scuola di fisica, decide di sottoporla tutta al suo esame. Ed ecco il colpo di scena. Marie scopre che in alcuni composti la radioattività è molto più forte di quella che si poteva prevedere tenendo conto della quantità di uranio e di torio in essi contenuti. Il fatto è molto strano, tant'è che sulle prime pensa che si tratti di un errore di misura. Ma dopo aver ripetuto per decine di volte le misurazioni Marie si arrende all'evidenza. La pechblenda e la calcolite, due composti dell'uranio, sono molto più attivi dello stesso uranio e, come scrive all'Accademia delle scienze, "questo fatto va rilevato e induce a credere che questi minerali possano contenere un elemento molto più attivo dell'uranio". Marie e il marito Pierre, che nel frattempo ha temporaneamente tralasciato i suoi lavori sui cristalli per dedicarsi alla causa della moglie, scoprono che nella pechblenda la radioattività si concentra in due frazioni chimiche. Nel luglio del 1898 i coniugi annunciano la scoperta di una delle due nuove sostanze, che nel sistema periodico degli elementi è assai vicina al bismuto e che viene chiamata polonio dal nome del Paese di origine di Marie. Alla fine di dicembre dello stesso anno i Curie annunciano la scoperta dell'altra sostanza radioattiva, alla quale propongono di dare il nome radio. Non basta, però, l'annuncio. Il mondo scientifico aspetta una conferma e i chimici soprattutto vogliono vedere questa sostanza. Marie e Pierre, allora, si buttano a capofitto nel lavoro per ottenere radio allo stato puro, ma la cosa non è semplice perché questa sostanza si trova in piccolissime tracce dentro la pechblenda e questa è un materiale abbastanza prezioso che viene estratto nelle miniere di Sankt Joachimsthal e utilizzato nell'industria del vetro. Se la pechblenda è preziosa, i residui della sua lavorazione non dovrebbero però esserlo e i due Curie, avvalendosi di una amicizia influente, riescono ad ottenere gratuitamente una tonnellata di residui di pechblenda che li terrà impegnati per quasi quattro anni durante i quali Marie, come scrive la figlia Irene, con la sua " terribile pazienza" è stata "nello stesso tempo un fisico, un chimico, un operaio specializzato, un ingegnere e un facchino". Ma quarantacinque mesi dopo averne annunciato l'esistenza, nel 1902 riesce a isolare un grammo di radio puro e a determinare il peso atomico che risulta 225. Nel 1904 esce il primo numero della rivista "Le Radium", che tratta di radioattività. Poi ai Curie arriva una lettera con la quale i titolari di una ditta americana chiedono informazioni sul radio e invitano i loro scopritori a brevettarlo per diventarne proprietari a tutti gli effetti. Marie, però, pensa che col radio si potranno curare gli ammalati e pertanto non ritiene che se ne debba trarre vantaggio. Sarebbe contrario, dice Marie, allo spirito scientifico. Anche Pierre è d'accordo. Decidono pertanto di passare alla ditta americana tutte le informazioni necessarie senza chiedere nulla in cambio. E, scrive Irene, dopo aver preso questa decisione, "Pietro e Marie varcano, sulle loro biciclette, la porta della barriera di Gentilly, e, pedalando si dirigono verso i boschi di Clamart. Essi hanno scelto, per sempre, tra la povertà e la ricchezza. Alla sera tornano stanchi, con le braccia cariche di foglie e di mazzi di fiori di campo". Franco Gabici


SCIENZE FISICHE LE ULTIME MISURE Cernobil 2, la vendetta La radioattività accumulata sulle Alpi
Autore: VOLPE PAOLO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, INQUINAMENTO, NUCLEARI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

E' di pochi giorni fa l'allarme per certe misure della radioattività residua di Cernobil che hanno rivelato, ad alta quota sulle Alpi, valori ancora consistenti a 12 anni di distanza dall'evento. La segnalazione si riferiva in particolare alle zone di Cortina. Non sono a conoscenza di quella situazione; ho però partecipato indirettamente (un mio laureando lo ha fatto come tesista) alle analoghe misure che un'equipe dell'Università di Nizza ha svolto sulle Alpi occidentali, sconfinando spesso in territorio italiano (Argentera). La loro campagna di misure contemplava prelievi di terreno in superficie, carotaggi a varie profondità e prelievi di vegetali quali muschio, foglie e radici di felci ed altre piante tipiche delle alte quote. Questo studio, oltre ad essere di tipo radioprotezionistico - è inserito in un più vasto programma di monitoraggio in corso in Francia - è anche indirizzato alla conoscenza del comportamento dei radionuclidi nei diversi tipi di terreno e nelle varie matrici ambientali. In queste ricerche uno dei parametri significativi da valutare è la variazione nel tempo della radioattività accumulata nelle varie matrici, e quindi il confronto con i dati iniziali: in questo caso con i dati del maggio 1986. I valori di riferimento, raccolti ed elaborati dalla Commissione della Comunità Europea e pubblicati nel maggio del 1987, forniscono per il Sud della Francia e per il Nord Italia una dose di contaminazione media al suolo di circa 5000 (valori estremi circa 10.000) Bq/metro quadro di cesio 137 e di 2500 (valore estremo circa 5000) Bq/metro quadro di cesio 134, i radioisotipi più significativi, se si eccettua lo iodio 131 che diventa inattivo dopo qualche settimana. Queste attività al suolo fornivano dosi orarie stimate in 4-5 (massimo 9-10) microSievert quando le dosi limite raccomandate, estremamente prudenziali, sono di 0,7- 0,8 microSievert/ora. A distanza di 12 anni questi valori sono sostanzialmente diminuiti - fino a toccare la normalità - nelle zone di maggiore interesse, le zone abitate di pianura e di media montagna. Infatti, oltre alla scomparsa di più del 90% del cesio 134 (semiperiodo 2,15 anni) e del 20% del cesio 137, il trasporto dovuto agli agenti atmosferici unito a quello delle attività umane ha relegato i radionuclidi residui in strati profondi nel terreno o li ha dispersi in zone più vaste dove si sono diluiti. Con tutto ciò si deve considerare che le misure fatte durante e subito dopo l'evento Cernobil erano state eseguite in zone di interesse abitativo. Valori di attività sicuramente maggiori sarebbero stati trovati anche allora in alta montagna, molto più direttamente lambita dalla nube radioattiva. Ancora nel 1988 l'equipe di Nizza trovava, sui monti attorno alle valli del Boreon, del Vesubie e del Salè-ze, significative distribuzioni della radioattività nelle varie matrici con punte massime a quote medio-alte: 7000 Bq/metro quadro a 1420 metri di quota, 26.000 a 1520 metri, 40.000 a 1760 metri, 18.000 a 1900 e 10.000 a 2000 metri di quota. Probabilmente nel maggio 1986 l'attività sarebbe stata trovata alle quote più alte; ma la naturale tendenza degli strati superficiali del terreno ad esser trascinati a valle con lo scender dell'acqua derivante dalle precipitazioni sposta parte dei radionuclidi a quote via via inferiori accumulandoli con effetto per così dire "a valanga" in zone pianeggianti. Bisogna ancora aggiungere che i punti specifici di misura vengono di norma scelti in maniera che siano significativi. Non ha significato la misura su una superficie rocciosa e scoscesa ma quella in una piana di raccolta delle acque; ha significato il confronto tra i valori trovati su una superficie erbosa con quelli ottenuti nel sottobosco. E' infatti proprio nelle conche che si ottengono valori molto superiori alla media, come si trovano, rispetto a quelli ottenuti nelle radure, valori molto alti nel terreno dei boschi, dove gli alberi han fatto da "volume" di raccolta, scaricando alla propria base i radionuclidi catturati dal fogliame. Misure eseguite a metà degli Anni 90 hanno confermato la tendenza allo spostamento verso quote più basse dei valori massimi di radioattivià, che sono comunque in media dimezzati rispetto al 1988, grazie alla quasi scomparsa del cesio 134 e, per quanto riguarda il cesio 137, grazie alla dispersione nel terreno ed all'assorbimento da parte dei vegetali durante il trasporto. A proposito dei vegetali, la progressiva diluizione dei radionuclidi nel suolo ne determina la diminuzione dell'assorbimento da parte dei vegetali più giovani: felci appena spuntate mostrano una radioattività notevolmente inferiore rispetto alle felci vecchie di diversi anni, e queste mostrano più radioattivià nelle foglie che non nelle radici. Perfino nei rami degli abeti si nota una significativa differenza di attività fra i rami vecchi e quelli spuntati di recente, molto meno radioattivi. Ci si può chiedere se questa situazione, che si può sicuramente estendere a gran parte dell'arco alpino, possa determinare situazioni di rischio per chi si trovasse per turismo a percorrere zone dove il residuo di radionuclidi si è particolarmente concentrato nel tempo. Questa eventualità non deve assolutamente preoccupare, in quanto a questi livelli di radioattività, anche ai massimi citati, per assorbire una dose di radiazioni non trascurabile si dovrebbe sostare in zona per tempi abbastanza lunghi, dell'ordine di alcuni giorni. Paolo Volpe Università di Torino


SCIENZE FISICHE FOTO DELLA NASA Così Marte ha perso la "faccia" Una illusione ottica creata da ombre e colline
Autore: DI MARTINO MARIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ITALIA

LA Nasa ha mantenuto la parola. I responsabili della missione "Mars Global Surveyor" avevano promesso, poco dopo il lancio nel novembre 1996, che una delle prime regioni di Marte che la sonda avrebbe osservato sarebbe stata quella denominata Cydonia, nell'emisfero Nord del pianeta. Nel luglio 1976 infatti la sonda "Viking 1" inviò a terra delle immagini di questa regione in cui appariva una formazione, di dimensioni inferiori ai 2 chilometri, somigliante ad una faccia umana e altre nelle vicinanze assimilabili a delle piramidi. Naturalmente furono in molti a sostenere che si trattava di strutture costruite da esseri intelligenti vissuti sul pianeta rosso. Al riguardo sono stati scritti libri e non pochi seguaci di questa teoria hanno accusato il governo americano di tenere nascosta la verità all'opinione pubblica. La quasi totalità degli scienziati però sostiene che la "faccia" e le "piramidi" erano delle naturalissime formazioni montuose le quali, a causa della bassa risoluzione delle immagini e complici dei giochi d'ombra, apparivano come strutture artificiali. A sciogliere l'enigma è stata appunto "Mars Global Surveyor". Delle immagini ad altissima risoluzione (4,3 metri) riprese dalla telecamera a bordo della sonda, mostrano infatti che la "faccia" e le "piramidi", come già affermato dagli addetti ai lavori, altro non sono che delle normalissime formazioni geologiche naturali. La "faccia", e molte delle colline, vallate e canaloni presenti nella regione di Cydonia, sono ciò che resta di un antico terreno montagnoso che nel corso di miliardi di anni è stato gradualmente eroso dai venti, dalle acque e dai ghiacci marziani. Con ogni probabilità sino a circa due miliardi di anni fa l'acqua fu l'elemento che maggiormente contribuì a modellare la superficie del pianeta, ma con la sua graduale scomparsa la forza erosiva dominante è stata quella del vento. Periodicamente, specie nei cambi di stagione, si scatenano su Marte delle potentissime tempeste di vento che sollevano enormi nubi di polvere che possono interessare regioni ampie migliaia di chilometri. Che sul pianeta rosso sia esistita in passato dell'acqua allo stato liquido è praticamente certo e sono molti i segni lasciati, i più evidenti dei quali sono rappresentati da antichi letti di fiumi in cui talvolta sono presenti le tipiche isole a goccia modellate dallo scorrere dell'acqua. Dopo circa un ventennio, durante il quale l'esplorazione marziana con sonde automatiche è stata praticamente interrotta, l'interesse verso il pianeta rosso è di nuovo aumentato in vista del molto probabile invio entro il terzo decennio del prossimo secolo di un equipaggio umano. Per preparare un'avventura così impegnativa e rischiosa, oltre alla "Mars Pathfinder" e "Mars Global Surveyor", sono in programma nei prossimi anni numerose missioni il cui compito sarà quello di studiare in ogni minimo dettaglio la natura e la struttura di questo piccolo pianeta, che tra tutti è quello che per le condizioni ambientali è il più simile alla Terra. Questa serie di missioni culminerà intorno al 2005 con il prelievo di campioni del suolo marziano che verranno riportati a terra. Dopo la Luna quindi la prossima sfida dell'uomo sarà la conquista di Marte. Mario Di Martino Osservatorio astronomico di Torino


IN BREVE Cosmologia secondo Arp
ARGOMENTI: FISICA, ASTRONOMIA
NOMI: ARP HALTON
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Halton Arp ha tenuto lunedì una conferenza sul tema "Nuovi sviluppi in cosmologia" ad Abbiate, su invito del Gruppo astrofili tradatesi animato da Cesare Guaita. Arp, che ha lavorato per trent'anni all'Osservatorio di Monte Palomar, è noto per aver individuato centinaia di galassie irregolari e numerosi casi di galassie apparentemente vicine tra loro ma con diverse velocità di allontanamento. Di qui la sua dura critica al modello del Big Bang. Per un approfondimento, si veda il sito Internet http://gwtradate. tread.it/tradate/gat/


SCIENZE DELLA VITA PIATTAFORME PETROLIFERE Cozze d'alto mare Prodotte 2000 tonnellate all'anno
Autore: PAVAN DAVIDE

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Struttura di una piattaforma petrolifera

NON hanno il marchio doc, ma le cozze di piattaforma sono tra le migliori in commercio, per qualità e dimensioni. Ogni anno, dalle piattaforme petrolifere italiane (una settantina di strutture) vengono raschiati e raccolti da sommozzatori specializzati più di 20 mila quintali di Mitylus galloprovincialis, la comune cozza appunto. Prima di essere vendute ai grossisti e trascorrere la " quarantena" nelle vasche di stabulazione, le cozze vengono sottoposte ad accurati controlli dalle Aziende Sanitarie locali. Una conferma indiretta che le acque marine attorno alle piattaforme, dalle quali viene estratto ogni anno circa un terzo del metano consumato in Italia, non sono inquinate. Oltre alle enormi quantità di mitili tenacemente attaccati ai tralicci d'acciaio, nella parte sommersa delle piattaforme flora e fauna proliferano, sviluppando uno straordinario ecosistema. Queste strutture artificiali, grazie alla loro estensione altimetrica, diventano un habitat ideale per alghe, madrepore, molluschi e molti altri tipi di organismi sessili (che vivono cioè fissati ad un substrato solido sommerso), normalmente distribuiti in fondali di diversa profondità. La presenza di questi organismi (i primi anelli della catena alimentare) richiama pesci d'ogni genere: sardine, acciughe, spigole, saraghi, scorfani, dentici, ricciole... Tutti attratti sia dalla maggiore disponibilità di nutrimento, sia dall'azione fisica di protezione esercitata dalle strutture immerse. Infatti difficilmente i grossi predatori, come squali e tonni, si addentrano nell'intricata rete di pali metallici, data la loro propensione agli spazi aperti, e lo stesso predatore uomo è impossibilitato ad agire, poiché intorno alle piattaforme la pesca è vietata. Si calcola in quasi 100.000 ettari la superficie dell'Adriatico protetta dalla pesca per motivi di sicurezza legati all'attività petrolifera. Lo sviluppo di organismi sessili sulle strutture sommerse (indicato con il termine inglese "fouling") può provocare tuttavia alterazioni nell'efficienza delle strutture stesse: appesantimento, aumento della resistenza idrodinamica, innesco di fenomeni corrosivi. E' per questo che a scadenze fisse si procede ad una pulizia per raschiamento della parte immersa dei piloni, recuperando i molluschi; inoltre viene spesso utilizzato un sistema di protezione catodico per impedire la corrosione, cercando di evitare, se possibile, l'impiego di vernici antifouling. La presenza umana sotto le piattaforme è quindi limitata alle attività di manutenzione, peraltro svolte sempre più spesso dai Rov (Remotely Operated Vehicles), speciali veicoli sottomarini senza equipaggio pilotati via cavo da una nave appoggio. E' molto forte quindi il contrasto con ciò che avviene sopra le piattaforme: qui lavorano, con turni di 12 ore alternati, dalle 40 alle 60 persone. C'è la squadra di perforazione, con un capo e 6 o 7 addetti. Poi c'è il geologo, i tecnici del parco tubi, i gruisti, i meccanici, gli elettricisti, i motoristi, i cuochi, i camerieri e gli amministrativi. Il turno di lavoro internazionale è di 28 giorni in mare e 28 a casa. I collegamenti sono garantiti da due imbarcazioni: una staziona sempre nelle vicinanze della piattaforma, l'altra porta i rifornimenti. Le piattaforme sono di tre tipi: quelle ancorate al fondo (utilizzate fino a 80-100 metri d'aqua), quelle semisommergibili o galleggianti (tra i 100 e i 600 metri) e le navi-piattaforma (tra i 600 e i 2500 metri d'acqua). Il loro valore economico è elevatissimo. La piattaforma più comune, tra le 60 che sorgono al largo di Ravenna, ha un costo (dal progetto alla realizzazione) dell'ordine dei 100 miliardi. Gli elementi che costituiscono i vari moduli della piattaforma vengono assemblati su un basamento galleggiante o ancorato al fondo marino. Le cabine sono da due o quattro posti, come quelle delle navi. Per il tempo libero sono presenti la sala tv con antenna satellitare, il bar, una piccola palestra, una sala lettura, il biliardino e il ping pong. Tra le persone a bordo si crea in genere un forte sentimento di amicizia e solidarietà, anche se resta forte il senso di distacco dalla terraferma. Un tempo gli uomini chiamavano le famiglie grazie a ponti radio. Oggi, grazie ai telefoni cellulari, anche questo problema è stato risolto. Davide Pavan


IN BREVE Chimica fine biblioteca digitale
ARGOMENTI: CHIMICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Entro il 2001 sarà completata la prima biblioteca digitale dedicata alla chimica fine. E' promossa da Acfis, associazione di 115 aziende nell'ambito di Federchimica.


SCIENZE A SCUOLA. I SITI PROTETTI DALL'UNESCO Dal Quebec al Taj Mahal Monumenti, quartieri e città unici al mondo
Autore: GIULIANO WALTER

ARGOMENTI: ARCHITETTURA, CULTURA
ORGANIZZAZIONI: UNESCO
LUOGHI: ITALIA

IL Taj Mahal di Agra, moschea funeraria innalzata da Shah Jaha in memoria della sposa Arjamand Banu, si dice che fu costruito da 20. 000 operai sotto la direzione di Ustad Ahmad Lahori, tra il 1631 e il 1638. E' un monumento unico al mondo per la sua collocazione in un ambiente straordinario, per la concezione architettonica e il disegno dei suoi giardini, per la perfezione della sua esecuzione. Ait Ben Haddou ben rappresenta invece l'architettura tradizionale della regione presahariana del Sud del Marocco, ove esiste un gran numero di villaggi fortificati minacciati dall'abbandono. Esso rappresenta uno degli insiemi più complessi, autentici e meglio conservati, ma per le caratteristiche costruttive delle architetture è anche un bene estremamente fragile e vulnerabile. Il santuario votivo di Bom Jesus a Congonhas venne costruito "per grazia ricevuta" da un emigrante portoghese miracolosamente guarito da una grave malattia nel 1757. La contaminazione dello stile europeo, completamente rivisto e compenetrato con la cultura locale, ha dato origine a uno straordinario esempio di arte tipica brasiliana. Costruito tra il 1800 e il 1805 ospita l'opera geniale dello scultore Aleijadinho, un autodidatta proveniente da Ouro Preto, che fece convivere le dodici statue dei profeti, di aspetto barocco, con i sette "Passos" realizzati con stile primitivo ispirato ai gruppi policromi del XV secolo. Il quartiere storico di Què bec, capitale della Nuova Francia fondata da Samuel de Champlain nel 1608 sull'altopiano che domina il fiume San Lorenzo, è l'esempio emblematico di una città coloniale fortificata dell'America del Nord, preziosa testimonianza di un'epoca fondamentale nella storia del Nuovo Continente. Dominata dal castello di Frontenac, sede di un porto importante, la città si organizzò in due parti. Quella bassa, la più antica, con case del XVII e XVIII secolo, assunse i connotati del quartiere commerciale, raccolto intorno alla chiesa di Notre Dame des Victoires. Quella alta fu sede della vita amministrativa e religiosa ed è lì che nel XVII secolo furono costruiti i conventi dei gesuiti, dei recolletti e delle orsoline. La sua piazza del mercato è la più grande piazza medievale d'Europa: parliamo di Cracovia, il cui centro storico costituisce un bene culturale eccezionale, segno dell'importante ruolo che questa città giocò in passato come crocevia commerciale tra l'Europa occidentale e l'Asia. Capitale del regno di Polonia dal XIV al XVI secolo, conserva un insieme di preziosi monumenti storici: il castello reale dall'originale impianto gotico poi trasformato in residenza rinascimentale di stile italiano; l'imponente mercato dei tessuti; la cattedrale gotica, con le tombe dei re polacchi; l'Università Jagellona uno dei centri della vita intellettuale dell'Europa orientale tra il XIV e il XVI secolo; la basilica della Madonna che conserva il grande retablo in legno policromo di Veit Stoss, capolavoro di scultura risalente al 1477. Sono solo alcuni esempi, scelti a caso, tratti dalla Lista e riferiti ai beni culturali del pianeta. E sono in buona compagnia, con un elenco che comprende la Cappella Sistina come la Chiesa del Salvatore del Sangue versato di San Pietroburgo; Versailles e la Statua della Libertà e la Grande Muraglia cinese; le città vecchie di Gerusalemme e di Damasco e la kasbah di Algeri; la cittadella di Haiti e la Fortaleza e zona storica di San Juan di Puerto Rico; la città vecchia di Quito e il centro storico di Lima; le missioni gesuite dei Chiquitos ispirate alle città ideali dei filosofi del Cinquecento, ma anche la modernissima Brasilia. E c'è anche, sin dal 1979, Dubrovnik, la "perla dell'Adriatico", un gioiello di cultura che l'odio tra gli uomini non ha risparmiato, sacrificandola sull'altare di una guerra fratricida che dal 1991 si è abbattuta sulle sue mura antiche distruggendo ponti, chiese, palazzi, biblioteche, e purtroppo moltissime vite. Anche sulla base di questi avvenimenti, Dubrovnik è stata iscritta a partire da quell'anno nella speciale Lista del patrimonio mondiale in pericolo prevista dall'articolo 11.4 della Convenzione. Questo elenco segnala i beni soggetti, per avvenimenti particolari dovuti all'uomo o alle catastrofi naturali, a gravi compromissioni e che necessitano di interventi urgenti di recupero. Proprio sulla base di queste constatazioni, tutti gli Stati membri sono chiamati dall'Unesco a uno sforzo speciale per intervenire nell'assistenza internazionale e per progetti di restauro. A oggi la Lista del patrimonio in pericolo è composta da 18 siti tra cui il Palazzo reale di Abomey (Benin), la Riserva naturale di Srebarna (Bulgaria), Angkor (Cambogia), Timbuktu (Mali), il forte di Bania (Oman), la zona archeologica di Machu Picchu (Perù), l'area storico-ambientale della regione di Kotor (Jugoslavia), il parco nazionale di Virunga (Zaire). Per la stratificazione storica e culturale che lo contraddistingue è soprattutto il continente eurasiatico a costituire un vero e proprio scrigno di tesori culturali, almeno nella concezione che ha guidato l'Unesco nella selezione dei soggetti da inserire nella Lista mondiale. Proprio sulla base di questi criteri all'Italia sarebbe assegnato gran parte del patrimonio culturale mondiale. Ma è evidente che è forse necessario rivedere alcuni orientamenti per completare la Lista del patrimonio culturale con le espressioni di culture che troppo a lungo sono state trascurate. E' uno dei temi che l'Unesco sta affrontando. Altri due, di un certo rilievo, riguardano la necessità di veder rappresentato nella Lista il patrimonio architettonico del XX secolo, sinora quasi del tutto escluso, e il patrimonio industriale-tecnologico. Quest'ultimo ha fatto il suo ingresso con l'iscrizione, nel 1978, delle miniere di sale di Wielicza (Polonia), seguite dalle Saline reali d'Arc et Senans (Francia) nel 1982. Ancora in campo minerario occorre sottolineare come l'inserimento nella Lista delle miniere d'argento del Cerro Potosi, 3000 metri di altitudine in Bolivia, abbia segnato il riconoscimento dell'importanza culturale dell'intero sito industriale, preso in considerazione nel suo insieme. E' solo del 1986 invece l'ingresso dell'Ironbridge Gorge (Inghilterra) sito simbolo per la nascita dell'archeologia industriale. Ma sembra farsi strada la convinzione che per gli effetti globali avuti sulla società e sullo sviluppo del pianeta, questo settore non possa più essere trascurato. E il Comitato ha allo studio l'inserimento della nozione di patrimonio tecnologico tra i criteri d'iscrizione per i beni culturali. Walter Giuliano


SCIENZE FISICHE MATEMATICA & PROBABILITA' Diffidate dei calcoli che sembrano facili E' anche il caso del Superenalotto: le regole non sono affatto chiare
Autore: DUPONT PASCAL

ARGOMENTI: MATEMATICA
LUOGHI: ITALIA

LA matematica è la più facile di tutte le scienze, scrisse, forse provocatoriamente, Jean Le Rond d'Alembert (1707-1783). Sono d'accordo, ma spesso la matematica è anche insidiosa. Ci presenta talvolta problemi facilissimi, e che appaiono facilissimi, ma nella risoluzione dei quali è altrettanto facile inciampare. Fai ad un amico questo giochetto. Presentando una mano aperta con le dita molto divaricate, chiedi: "Quante dita vi sono in una mano?". Dopo le risposta esatta, 5, invita l'amico a rispondere a velocità napoleonica alla seguente domanda, dopo aver presentato le due mani aperte con dita divergenti: "Quante dita vi sono in due mani?". La risposta sarà immediata: 10. Ora, dopo un intervallo di tempo piccolo piccolo che più piccolo non si può, chiedi di rispondere immediatamente a quest'altra domanda: "Quante dita vi sono in 10 mani?". La risposta è ovvia, elementare, banale. D'accordo] Ma divertiti a fare questo giochino. Vedrai che, se il tuo amico già non lo conosce, la risposta spesso sarà: 100. E per pavloviani motivi possiamo perdonare questo nostro amico. Ecco un altro scherzetto. Dieci amici francesi hanno fatto bisboccia. Sono le tre del mattino: la festa è finita e gli amici si salutano. Alla moda francese ognuno dei 10 componenti dell'allegra brigata stringe la mano a ognuno dei 9 amici. Quindi il signor Durand dà 9 strette di mano; il signor Lemeunier dà 9 strette di mano; e così via. Gli amici sono 10, ognuno dà 9 strette di mano e perciò il numero complessivo delle strette di mano sarà 45 (dico: quarantacinque). Ancora un altro scherzetto sempre in questo filone? Siamo in Russia, precisamente a Leningrado. Dieci amici russi visitano entusiasti l'Ermitage. Al momento di lasciarsi, ognuno dei dieci russi, alla moda russa, bacia un suo amico russo (almeno fosse una russa]), cioè dà 9 baci. Le strette di mano dei francesi sono state 45; i baci dei russi sono 90 (novanta). Passiamo ora ai nostri gio chini, che potranno configurarsi come propedeutici ai molteplici problemi del Superenalotto che esigono una risoluzione matematica. Considera sette numeri distinti, scelti nell'insieme dei 90 numeri 1, 2, 3... 89, 90. E, per fissare le idee, siano i numeri 41, 19, 17, 48, 1, 90, 2. Con questi sette numeri ti proponi di indovinare "la combinazione vincente composta dal numero primo estratto delle ruote (del gioco del Lotto) di Bari, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Roma". Per indovinare questi sei numeri, tu hai scelto (è un'ipotesi) non già sei, ma sette numeri. Con ciò tutto sta come se tu avessi, invece dei sette numeri sopra precisati, effettuato sette giocate di sei numeri, precisamente le giocate seguenti: (41, 19, 17, 48, 1, 90), (41, 19, 17, 48, 1, 2), (41, 19, 17, 48, 90, 2), (41, 19, 17, 1, 90, 2), (41, 19, 48, 1, 90, 2), (41, 17, 48, 1, 90, 2), (19, 17, 48, 1, 90, 2). Insisto: hai giocato sette numeri? Tutto sta come se avessi effettuato sette giocate di sei numeri. E se giochi otto numeri? Il Matematico ti dimostrerebbe che tutto sta come se effettuassi (8X7)/2=28 giocate di sei numeri. Ma perché ho fatto (8X7)/2=28? Prova a indovinarlo. Ma sì che ci riesci] Se giochi nove numeri, tutto sta come se avessi effettuato (9X8X7)/6=84 giocate di sei numeri. Se giochi dieci numeri, tutto sta come se avessi effettuato 210 giocate di sei numeri. E così via. Ma se giochi venti numeri tutto sta come se avessi effettuato 38.760 (trentottomilasettecentosessanta) giocate di sei numeri. A questo numero si perviene come segue: (20X19X18X17X16X15) / (6X5X4X3X2) = 38.760. Su di un foglio d'istruzioni della Sisal leggo: "Per scegliere i tuoi numeri (da un minimo di 6 a un massimo di 20 su ciascun pannello) marca con un pallino le caselle riportate sulla scheda. La giocata minima si ottiene marcando 6 numeri su entrambi i pannelli (2 combinazioni); la giocata massima è di 38.760 combinazioni". Rivolgo un cortese invito alla Sisal di rendere pubblico il Regolamento del Superenalotto, che non riesco a trovare. Mi sembra che coloro, e sono milioni, che giocano al Superenalotto, debbano giocare con assoluta conoscenza delle regole del gioco, dei rischi che corrono (sui quali hanno ampi poteri decisionali), per porli a confronto con le vincite e poter quindi giocare con piena consapevolezza del pro (splendidissimo, ma che non dipende dal giocatore) e del contro (che può non essere deplorevole e che dipende dal giocatore). Quindi, signor Giocatore, non ti dirò che " giocare è da cretini" ma che è da sprovveduti giocare senza essere penetrati tra le pieghe del pensiero matematico che domina sovrano questo gioco, assai dubbio per qualcuno e benefico per altri (le finanze dello Stato). Pascal Dupont


SCIENZE DELLA VITA PESCI TROPICALI I ciclidi, fecondazione e incubazione orale Centinaia di specie in continua e veloce evoluzione nei laghi africani
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: JOHNSON TOM, SEEHAUSEN OLE, TURNER GEORGE
LUOGHI: ESTERO, AFRICA, TANZANIA, MOZAMBICO

UN grazioso pesce d'acqua dolce, un ciclide che si chiama Tilapia mossambica, depone le uova sul fondo di un lago. Subito dopo la femmina spazzola a muso radente tutta la superficie occupata dalle uova e se le prende in bocca. Sembra proprio che se le voglia mangiare. Ma è una falsa impressione. In realtà da quel momento la sua bocca si trasforma in un'originalissima camera d'incubazione. Ancora più originale il modo in cui avviene la fecondazione nell'Haplochromis burtoni, un altro ciclide. Il maschio porta sulla pinna anale tre grosse macchie che sembrano il ritratto delle uova della specie. Gli si avvicina una femmina, tutta intenta a prendersi in bocca le uova che ha appena deposte. Vede le tre macchie della pinna maschile, le scambia per uova vere e apre la bocca per raccoglierle. Il maschio, in un lampo, ne approfitta per farle una buona innaffiata di sperma nella bocca spalancata. In questo modo feconda il carico di uova che la femmina ha nella cavità orale. Solo quando lo sviluppo dei piccoli è terminato, la madre apre la bocca e li lascia liberi nell'acqua. Ma, almeno nei primi giorni, al minimo segno di pericolo, gli avannotti corrono a rifugiarsi nella bocca materna. La notorietà dei ciclidi è dovuta proprio alla loro singolarissima forma di incubazione orale. Ma recentemente questa famiglia di pesci ha acquistato un interesse particolare per gli scienziati, da quando si è scoperto che offrono uno strabiliante esempio di evoluzione che sta avvenendo con una velocità sorprendente, si può dire sotto i nostri occhi. Centinaia di specie di ciclidi vivono nelle regioni tropicali americane, qualcuna nell'Asia meridionale, ma la grande maggioranza delle specie si trova in tre laghi dell'Africa orientale, cioè nei laghi Victoria e Tanga-nyka in Tanzania, nel lago Malawi nel Mozambico. In questi laghi si sono differenziate centinaia di specie nuove con le più disparate caratteristiche anatomiche e comportamentali. Si valuta ce ne siano tra 700 e 1000 nel lago Malawi, 500 nel lago Victoria e 250 nel Tanganyka. Complessivamente la popolazione dei tre laghi equivarrebbe circa al doppio di quella presente nel resto del mondo. Queste specie, che hanno occupato tutte le nicchie disponibili, dalle coste rocciose alle acque profonde circa duecento metri, sono diversissime tra loro. E gli studiosi si arrovellano per capire come e quando si sia formata questa diversità. Mezzo secolo fa i geologi ritenevano che i laghi africani, soprattutto il Malawy e il Tanga-nyka, fossero vecchi di almeno 50 milioni di anni. Naturalmente, questo lunghissimo lasso di tempo avrebbe consentito il formarsi di tante specie diverse, grazie all'isolamento geografico. Perché è noto che i tempi dell'evoluzione di nuove specie sono lunghissimi in natura, si misurano a milioni di anni. Negli Anni Ottanta studiosi francesi e americani, studiando la geologia del Tanganyka valutarono che questo lago vantasse un'antichità di almeno venti milioni di anni, durante i quali avrebbe subito ripetuti cambiamenti di livello. E a un certo punto della sua storia si sarebbe suddiviso in due o tre laghi più piccoli. Ma negli altri due laghi le cose sarebbero andate diversamente. L'analisi del Dna lasciava supporre che i ciclidi del Malawi fossero derivati da un antenato comune entro gli ultimi 700. 000 anni e quelli del lago Victoria anche in epoca più recente. Ma quanto recente? Nessuno poteva prevedere quel che è emerso dalle ricerche del geologo Tom Johnson dell'Università del Minnesota che ha misurato col radiocarbonio l'antichità del lago Victoria. Dalle sue indagini è risultato che questo lago è rimasto a secco da 17. 300 a 12.400 anni fa, come testimonia la presenza di polline e radici di piante terrestri nei sedimenti del fondo. In quei 5000 anni il livello del lago avrebbe subito molte fluttuazioni e l'evoluzione delle nuove specie di ciclidi sarebbe avvenuta in piccoli specchi d'acqua connessi a intermittenza con il lago principale. Anche nel lago Malawi erano state riscontrate differenze genetiche tra i ciclidi di ambiente roccioso che vivono a 500 chilometri di distanza. Il che aveva fatto supporre che il lago si fosse suddiviso in venti o più ambienti rocciosi isolati tra loro. Ma ora George Turner dell'Università di Sout-hampton, usando la tecnica del Dna, ha scoperto che esistono significative divergenze genetiche tra popolazioni di ciclidi del lago Malawi che abitano promontori rocciosi assai più vicini. Per quanto la popolazione di ciascun promontorio sia fittissima - la si calcola in centinaia o addirittura milioni di pesci adulti - Turner ritiene che solo un pugno di migratori per generazione possa aver attraversato zone di baia sabbiose larghe 700 metri. Questo significa che vi sono attualmente centinaia di popolazioni isolate geograficamente, potenzialmente capaci di dare origine a nuove specie. Ma come si spiega allora la rapida evoluzione di nuove specie nei ciclidi che abitano zone sabbiose o acque profonde dove si circola senza barriere? Ecco che allora spunta fuori un'ipotesi interessante. Il biologo evoluzionista Ole Seehausen dell'Università di Leiden, (Paesi Bassi) che ha segnalato la presenza nel Lago Victoria di almeno 130 specie di ciclidi, di cui 122 nuove alla scienza, ipotizza che la formazione di tante specie nuove in tempi brevi possa essere dovuta alla scelta sessuale. Con una simulazione al computer, Turner ha dimostrato che la speciazione può avvenire anche dove non vi siano barriere geografiche. Qui la femmina " modello" incontra i maschi a caso, ma sceglie quello più brillante. Quando viene introdotta una femmina "mutante" che preferisce i maschi meno brillanti, la specie si divide in due, talvolta solo dopo poche generazioni. Il guaio è che mentre gli scienziati si scervellano per capire il mistero della diversità dei ciclidi, questa diversità sta scomparendo. La popolazione umana che circonda i grandi laghi africani si raddoppia ogni 25 anni. In seguito alla pesca intensiva, e all'inquinamento, centinaia di specie di ciclidi si sono già estinte. E' lecito quindi domandarsi: faremo in tempo a svelare il meccanismo di questa straordinaria evoluzione in atto? Isabella Lattes Coifmann


SALONE DEL LIBRO: DA DOMANI A TORINO L'illecito vantaggio dell'altra cultura
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, SALONE, LIBRI, CULTURA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO

DUE fiumi carsici scorrono nel sottosuolo dell'undicesimo Salone del Libro che si apre domani a Torino con 1382 editori presenti al Lingotto: quello della multi medialità e quello della cultu ra scientifica. Gli affioramenti sono numerosi ma anche un po' casuali, come è tipico del carsismo. Cerchiamo di offrirne una guida, cogliendo, se possibile, la trama nascosta che li unisce, visto che non coincidono con nessuno dei quattro "fili" co lorati di cui il Salone '98 è tessuto (azzurro/spiritualità, giallo/enigma, rosso/vita e verde/cultura sudamericana). Il torrente multimediale è molto ricco e vario: in sostanza però si direbbe che libro e Cd- rom, testo e ipertesto, stiano trovando una pacifica convivenza basata sul fatto che in realtà non si tratta di cose intercambiabili e in concorrenza tra loro ma di mondi diversi, ognuno con la sua autonomia e il suo dominio. Là dove arriva il libro non arriverà mai il Cd- rom nè Internet nè la tv interattiva. E viceversa. Tra le manifestazioni che hanno per tema la multimedialità, molte riguardano in modo specifico la didattica e molte puntano ad esplorare la Rete nel tentativo di afferrare l'elusiva evoluzione di Internet. Un incontro si distingue per la sua paradossalità: è la presentazione del libro "La scomparsa delle telecomunicazioni" di Roberto Saracco e Gian Paolo Balboni, ricercatori dello Cselt, il Centro studi della Telecom. Il titolo provocatorio allude al fatto che - bene o male che sia - le telecomunicazioni, tra satelliti e fibre ottiche, cellulari e reti di computer, sono ormai come l'aria che respiriamo: le usiamo senza neppure accorgerci della loro esistenza. Il fiume carsico della cultura scientifica affiora in vari incontri dedicati alla matematica (se ne parla qui accanto) e in due manifestazioni di venerdì. Tre direttori di Osservatori astronomici italiani - Salvatore Serio di Palermo, Massimo Capaccioli di Napoli e Attilio Ferrari di Torino - presenteranno (ore 14) le loro iniziative divulgative in un anno in cui i tre saloni del libro delle tre città hanno avuto come obiettivo la promozione della lettura di libri a tema astronomico. Alle 15, nella Sala Blu, si discuterà poi su "La poesia dell'Universo", con il linguista Gian Luigi Beccaria, il matematico Piergiorgio Odifreddi e il poeta Alessandro Parronchi, esponente storico del post-ermetismo intimista. Viene in mente, qui, una pagina di Primo Levi nella quale il chimico-scrittore parla del "vantaggio illecito" di chi, avendo un bagaglio di cultura scientifica e tecnica, si mette a raccontare o a far poesia: quelle conoscenze, infatti, forniscono un repertorio di spunti e di emozioni che il "litterato" di solito non possiede e anzi neppure sospetta. Così il poeta, nell'astronomia, nella fisica o nella biologia, può trovare un terreno fecondissimo e quasi inesplorato: basti pensare a quanta scienza c'è in Dante, a quanta poesia (non cercata) c'è in Galileo, a quanto l'astronomia sia stata importante per Leopardi. E oggi? Il panorama letterario è forse così grigio anche perché nessuno è culturalmente in grado di fruire del " vantaggio illecito" che fu di Levi. Da segnalare, infine, lunedì, ore 15, "La cultura negata: tra specializzazione e divul gazione. I finanziamenti pub blici alle riviste culturali ita liane", con Carlo Bernardini ed Enrico Bellone, direttore del mensile "Le scienze" (che, per inciso, ha appena pubblicato la bella monografia "Newton"). Al di là dei dibattiti, la vita del salone è comunque la vita dei 1382 editori che vi partecipano e dei libri che vi sono esposti. Senza lasciarsi troppo ingarbugliare dai fili rossi, azzurri, gialli e verdi, chi è attratto dalla scienza programmi le sue soste negli stand giusti, che non sono poi molti: Zanichelli, Bollati Boringhieri, Utet, Longanesi (almeno per una sua collana), Muzzio, Calderini, Cuen (le sue "Tessere" sono ormai una piccola enciclopedia), Renzo Cortina, De Agostini, Editoriale Scienza (per i ragazzi), più i grandi tuttofare (Mondadori, Rizzoli, Giunti, Garzanti). Da parte nostra, qualche rapida segnalazione. Allo stand de "il Mulino" sfogliate "Quan te persone possono vivere sulla Terra" di Joel E. Cohen: ottima sintesi demografica che ci aiuta a immaginare come sarà il mondo nel prossimo secolo. Presso le edizioni Dedalo date una scorsa a "Impariamo a imparare", manuale di Christian Drapeau che aiuta ad apprendere più rapidamente; da Bollati Boringhieri le novità sono "Il topo, la mosca e l'uo mo" di Francois Jacob e "Per sonal media" di Enrico Pedemonte. Una sosta, infine, da Renzo Cortina, dove troverete "Attraverso Bateson", con un inedito dello stesso Bateson. Piero Bianucci


SCIENZE DELLA VITA NUOVA CURA La chirurgia può fermare il Parkinson
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ORGANIZZAZIONI: OMS ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA'
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

DA un recente promemoria dell'Organizzazione mondiale della sanità si apprende che circa 4 milioni di persone nel mondo soffrono del morbo di Parkinson. La terapia di questa malattia cronica e progressiva si basa su farmaci ma, sottolinea lo stesso "promemoria", oggi ci si interessa anche al trattamento chirurgico, ed è considerata con favore la tecnica della chirurgia stereotassica, consistente nell'inserire fini apparecchiature nelle zone cerebrali responsabili della regolazione dei movimenti, che appunto nel Parkinson è compromessa. Sono ben noti i successi della terapia medica con la L-Dopa ed altre classi di farmaci, i quali agiscono sui sintomi del Parkinson (tremore, rigidità dei muscoli, rallentamento e riduzione dei movimenti, presenti in vario grado nei diversi quadri clinici della malattia) e modificano favorevolmente la qualità della vita. Ma in uno stadio avanzato l'efficacia dei farmaci si riduce, inoltre vi sono forme gravi nelle quali la terapia medica è poco influente. Qui può esserci l'indicazione al trattamento neurochirurgico su pazienti rigorosamente selezionati. Del Parkinson si ignora la causa ma si conosce la patogenesi, ossia il meccanismo secondo cui si instaura il processo morboso: è una degenerazione di cellule nervose situate in una zona del cervello denominata substantia nigra, aventi la funzione di produrre una sostanza, la dopamina. La carenza di dopamina agisce sulle strutture cerebrali responsabili del controllo dei movimenti provocando le alterazioni tipiche del Parkinson. Sono implicate varie zone del cervello quali il talamo per il tremore, il nucleo subtalamico o il nucleo pallido per le forme più gravi ed avanzate della malattia, e sono questi appunto i bersagli della chirurgia. Si tratta di inserire in uno di essi, secondo i casi, un elettrodo (una sonda di minimo diametro), connesso con un generatore di stimolazione elettrica ad alta frequenza, collocato sotto la cute del torace. La stimolazione inibisce, in maniera reversibile, la funzione delle cellule, che nel Parkinson sono iperattive. La frequenza, l'intensità, la durata delle stimolazioni sono regolabili caso per caso, il paziente stesso può interromperle. Gli interventi di impianto dell'elettrodo stanno diffondendosi. I risultati sono positivi: nella maggior parte dei pazienti si ha un netto miglioramento, per esempio soppressione del tremore nell'80% dei casi. Torino si sta dotando di un centro di riferimento regionale di questa terapia, per l'iniziativa della I Clinica neurologica universitaria e della Divisione di neurochirurgia del C.T.O. Nella Clinica neurologica è stato istituito un attrezzato laboratorio di ricerca sul Parkinson, anche grazie ai contributi dell'Associazione italiana parkinsoniani. Ulrico di Aichelburg


NUMERI & TEOREMI Matematica superstar Da Talete a Fermat, quasi giocando
AUTORE: ODIFREDDI PIERGIORGIO
ARGOMENTI: MATEMATICA, SALONE, LIBRI, CULTURA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO

CRESCE l'interesse del mondo della cultura per la matematica. Si fanno sempre più numerosi i libri, i convegni e le conferenze che mostrano come la matematica non sia una disciplina isolata, e abbia invece strette connessioni non solo con la scienza, come è ovvio, ma anche con l'umanesimo, dalla filosofia alla letteratura, dalla musica alla pittura, come forse è meno ovvio. Anche il Salone del Libro di Torino, uno degli eventi culturali eccellenti del nostro Paese, dedica quest'anno un ampio spazio alla matematica. Per la prima volta la Mathesis, l'associazione di insegnanti di matematica che ha come scopo il collegamento fra i mondi universitario e scolastico, vi partecipa in prima persona con un suo autonomo stand, programmaticamente chiamato Leggere di matematica, e articolato in tre serie di iniziative. Anzitutto, come il nome stesso indica, e come la presenza al Salone impone, ci sarà una esibizione di libri di divulgazione matematica. Non, sia chiaro, di libri di testo o manuali, ma di opere che presentano la matematica in maniera da farne risaltare le caratteristiche più piacevoli e culturali. Fra essi spiccano i grandi successi di questi mesi, che mostrano come anche la matematica abbia un suo pubblico e una sua attrattiva, e possa ambire a raggiungere le vette più alte delle classifiche: L'uomo che sapeva con tare di Malba Tahan (Salani), che ha raggiunto nel mondo i due milioni di copie; Il mago dei numeri di Hans Magnum Enzensberger (Einaudi), che ha superato in Italia le centomila copie; e L'ultimo teorema di Fermat di Simon Singh (Rizzoli), da otto settimane in testa alle classifiche di "Tuttolibri". Non mancano, poi, le opere dei divulgatori più noti. Ci sono quelli che si accontentano di curiosità e giochi, sia pure in maniera raffinata e stimolante, come Martin Gardner e Ian Peterson. E quelli che invece applicano il loro tocco leggero ma sapiente agli argomenti più profondi, come Raymond Smullyan, Serge Lang e Keith Devlin: questi ultimi sono autori, rispettivamente, dei classici La bellezza della matematica e Dove va la matematica? C'è infine, sesto fra cotanto senno, anche un autore italiano: Gabriele Lolli, che con il suo ultimo libro, Il riso di Talete (Bollati Boringhieri), ha osato e saputo coniugare la matematica ad un suo apparente antipodo, l'umorismo. Sarà un grande piacere, per gli amanti e i curiosi della matematica, trovare finalmente riuniti in un solo luogo questi e tanti altri libri, dalle opere di divulgazione a quelle storiche. E la rassegna non sarà limitata ai soli testi in italiano, perché grazie alle librerie Cortina e Levrotto ci saranno anche opere straniere in versione originale. Oltre all'esposizione di libri, fondamentale in un evento come il Salone, lo stand della Mathesis presenta due altre serie di iniziative. La prima è legata al computer, e consiste di collegamenti Internet con siti di giochi matematici, dal gioco della vita al tangram, e di esibizioni di programmi matematici, fra i quali il Cabri, un sistema didattico per l'insegnamento della geometria euclidea. La seconda iniziativa è uno spazio giornaliero riservato agli incontri col pubblico: dalle 11 alle 12 per i ragazzi, e dalle 21 alle 22 per gli adulti. Le dieci ore complessive saranno dedicate all'esposizione di esperienze didattiche e giochi, letture da parte di attori di brani letterari di ispirazione o contenuto matematico, e presentazione di nuovi libri, fra i quali quello di Lolli già citato. E sempre dedicati alla matematica, benché non direttamente collegati allo stand della Mathesis, sono poi altri due appuntamenti in programma. Giovedì 21 maggio, alle 21, Federico Peiretti parlerà di Un mondo di numeri, navigando fra matematica e gioco. Piergiorgio Odifreddi Università di Torino


ENRICO STELLA Mia cara farfalla, hai bisognodi un'arca di Noè
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI, SALONE
NOMI: STELLA ENRICO, CELLI GIORGIO, BENEDETTI GIUSTO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO

APPUNTAMENTO con le farfalle sabato al Salone del Libro, complici Enrico Stella, Giorgio Celli e Giusto Benedetti. Dopo "Elogio dell'insetto", Stella torna ai suoi lettori con "Caro papilio", un libro dedicato ai lepidotteri (e non solo), edito, come il precedente, da "La Stampa", 210 pagine, 35 mila lire). Docente di parassitologia all'Università di Roma, già ricercatore dell'Istituto Superiore di Sanità, appassionato entomologo, Stella da sempre si dedica anche alla divulgazione scientifica, sia scrivendo sia con documentari, alcuni dei quali realizzati per la Rai. "Caro papilio" è una lettura affascinante per i contenuti ma anche per l'alta qualità letteraria: Stella incornicia informazioni e curiosità entomologiche in una serie di aneddoti autobiografici che aggiungono alla pagina una forte componente umana. Farfalle, libellule, falene, ma anche ragni e zanzare, diventano così i protagonisti di una micro-arca di Noè e ci ammoniscono - come delicati sensori ambientali - riguardo ai danni ecologici che abbiamo prodotto e continuiamo a produrre: "Oggi è di moda la dinosauromania, con il sogno di far rivivere creature gigantesche scomparse da sessantacinque milioni di anni. Fantasticare non fa male a nessuno, ma forse stiamo dimenticando che tanti meravigliosi rappresentanti della fauna attuale, come oranghi, gorilla di montagna, tigri, rinoceronti, panda, koala, farfalle dalle ali di uccello, potrebbero passare molto presto nel registro degli estinti". "Caro papilio", incontro con Enrico Stel la, Giorgio Celli e Giusto Benedetti, Sa lone del Libro, sabato 23 maggio, ore 18, Padiglione 3, Sala gialla.


IN BREVE "Piemonte Parchi" in omaggio
ARGOMENTI: ECOLOGIA, EDITORIA, REGIONE
ORGANIZZAZIONI: PIEMONTE PARCHI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

La rivista "Piemonte parchi", pubblicata dal servizio omonimo della Regione, compie 15 anni. Il bimestrale, tirato in 30 mila copie, viene inviato gratuitamente alle scuole e a chiunque la richieda; vi collaborano biologi, naturalisti, direttori e guardaparco delle aree protette. Copie omaggio saranno disponibili allo stand della Regione Piemonte al Salone del Libro di Torino, insieme con uno "speciale" dedicato alle attività estive di tutti i parchi piemontesi.


MAURIZIO DAPOR Si può viaggiare nel tempo? Sì, forse, però...
ARGOMENTI: METROLOGIA, FISICA, LIBRI, SALONE
NOMI: DAPOR MAURIZIO, GUERRITORE MONICA, ODIFREDDI PIERGIORGIO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO

QUAL è il rapporto di una donna bella e intelligente con il tempo? Monica Guerritore (ora sugli schermi con "Femmina") proverà a rispondere a questa domanda sabato al Salone del libro, affiancata dal matematico Piergiorgio Odifreddi e dal fisico Maurizio Dapor, autore del saggio "L'orologio di Albert", edito da La Stampa (122 pagine, 20 mila lire). Dapor lavora all'Istituto Trentino di Cultura, dove è responsabile del progetto "Simulazione dei processi di interazione particella-superficie". In questo libro affronta in modo divertente il tema della "freccia del tempo". In natura, come si sa, esistono fenomeni indifferenti alla direzione del tempo e altri fenomeni che, invece, non tollerano l'inversione della " freccia", pena scomodi paradossi di incoerenza o di conoscenza. La tecnica adottata da Dapor è narrativa: il discorso si dipana attraverso racconti più o meno paradossali, talvolta intrisi anche di riferimenti autobiografici. Eccone un assaggio, dall'ultima pagina: "La rivide molti anni dopo. Giulio aveva parecchi capelli grigi sulle tempie. Era un distinto signore di mezza età. Lei, invece, era rimasta la giovane ragazza che aveva conosciuto. Il tempo non aveva avuto alcun effetto sul suo aspetto, sulla sua pelle, sui suoi occhi. Usava lo stesso profumo di allora (...). Lo fece ballare e non parlarono mai. (...) Poi scomparve nel nulla. Discreta e silenziosa, come sempre. Ne rimase solo il profumo. Il profumo del sogno". "Divagazioni sul tempo tra fisica e im maginario", incontro con Maurizio Da por, Monica Guerritore e Piergiorgio Odifreddi, Salone del Libro, sabato 23 maggio, ore 15, Padiglione 3, Sala gialla.


MULTIMEDIA Un anno di "Tuttoscienze" guida a Internet e tv del futuro in Cd-Rom
ARGOMENTI: INFORMATICA, ELETTRONICA, DIDATTICA
ORGANIZZAZIONI: TUTTOSCIENZE, LA STAMPA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO 11o SALONE DEL LIBRO DI TORINO

UN migliaio di articoli e quasi un milione di parole per raccontare le scoperte, le invenzioni e le ricerche di un anno. Il 1997 è passato alla storia per la cometa Hale-Bopp - una delle più luminose del secolo -, per la discesa su Marte del robottino " Sojourner" e per il lancio dei satelliti che ci daranno il telefono cellulare planetario. Inoltre il 15 ottobre '97 è partita la sonda " Cassini-Huygens" con destinazione Saturno. Arriverà nel 2004. L'annata 1997 di "Tuttoscienze" arriva al Salone del Libro in due volumi semestrali, e anche, come ormai è tradizione, in un Cd- Rom. Quest'ultimo andrà in edicola la prossima settimana, a partire da mercoledì 27 maggio. Ma nel dischetto argentato non troverete soltanto un anno di informazione scientifica. C'è anche un'anteprima della tecnologia multimediale in arrivo tra qualche anno: grazie a questo Cd- Rom sarete i primi a scoprire che cosa sono la Tv interattiva e i video-ipertesti. Se poi volete approfondire, troverete nel Cd i 500 indirizzi dei migliori siti scientifici di Internet. Verificati e garantiti.


SCIENZE DELLA VITA LA BURCINA Un parco di azalee e rododendri
Autore: ACCATI ELENA

ARGOMENTI: BOTANICA, ECOLOGIA
NOMI: ROSAZZA FEDERICO, ZEGNA ERMENEGILDO
ORGANIZZAZIONI: PARCO BURCINA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, BIELLA (BI)

IN Piemonte una singolare collezione di azalee, rododendri, altre acidofile e conifere esotiche rare e preziose è visitabile nel Parco Burcina, che si estende su ben 60 ettari nei Comuni di Biella e Pollone. Burcina deriva il suo nome dal termine dialettale brucina, ossia collina della brughiera, in riferimento alla distesa di erica presente sui versanti del colle, colle che era stato acquistato a metà Ottocento da Giovanni Piacenza, un industriale tessile e per sua volontà rimboschito con un intervento talmente valido da essere menzionato nel corso di una seduta in Parlamento. Gli eredi Piacenza fecero interventi successivi rendendo con grande sapienza il parco gradevole in ogni mese dell'anno: a gennaio-febbraio la Primula Vulgaris, a marzo le scille e i crochi regalano i primi colori dopo il riposo invernale seguiti dalla fioritura di Chaenomeles e Spi rea, ad aprile i narcisi insieme al rododendro più precoce il Rho dodendron arboreum, e ai ciliegi giapponesi, ad aprile-maggio sbocciano le azalee dalla mollis la prima a fiorire, quindi le giapponesi e, infine, quelle a grandi fiori che formano imponenti siepi; a giugno è la volta della comparsa delle rosee corolle della kalmia latifolia, e così via. La famiglia Piacenza ha anche saputo migliorare la fruibilità del parco da parte del pubblico, accentuandone l'aspetto romantico. Nel 1935 il Comune di Biella acquistò l'intero parco. Un angolo che colpisce il visitatore è la macchia di ortensie, disposta ad andamento curvilineo in modo da creare a chi la osserva dal basso l'impressione di vedere la famosa "mer de Glace" del Monte Bianco sebbene caratterizzata dal colore azzurro intenso che i fiori di tale specie assumono in presenza di substrati acidi. Le conifere introdotte dal Nord America e dall'Oriente tra cui la Sequoia sempervirens, il Se quoiadendron giganteum, il Ta xodium distichum (cipresso calvo), la Tsuga canadensis del Canada, della Georgia e dell'Alabama, insieme ai cedri del Libano, atlantica e deodara non costituiscono un arboreto, al contrario, forniscono un elemento compositivo in quanto sono dislocati in modo geniale con l'intento di conservare un effetto estetico durante tutto il corso dell'anno. Il massiccio impiego di conifere è giustificato anche dalle idee del tempo circa l'utilità delle specie resinose per migliorare e rendere salubre l'aria: abeti, larici e pini erano al riguardo le specie preferite. Esempi rilevanti di rimboschimenti con conifere effettuati nel Biellese sono la Pineta Frassati visibile dalla Burcina, quelli effettuati da Federico Rosazza nella Valle del Cervo e da Ermenegildo Zegna nella zona di Trivero, degni di essere ammirati. Alla Burcina non mancano però le latifoglie: viali di Liriodendron tulipifera (l'albero dei tulipani cosiddetto per la forma del fiore), faggi i cui tronchi argentei spiccano durante l'inverno, l'albero dei fazzoletti, la Davidia involucrata, di origine cinese dai cui rami pendono non fiori, ma brattee bianche simili ad un fazzoletto, le Acacia julibrissin, aceri e betulle dai bianchi tronchi. A prima vista la Burcina appare come un parco informale, con grande ricchezza di fiori e di colori, solo la lettura più approfondita consente di individuare il disegno, i confini, i percorsi e permette di capire come giustamente i Piacenza abbiano limitato la presenza di manufatti architettonici come chioschi, gazebi, grotte, delegando alla vegetazione il compito di costituire l'ossatura del parco e di destare le sensazioni di meraviglia e di sorpresa dovute anche al fatto che il paesaggio circostante, il paese, la fabbrica, la pianura, la montagna fanno parte del parco. Il parco va salvaguardato e restaurato, gestito e fruito da un pubblico che diviene culturalmente sempre più sensibile e interessato alle bellezze naturali, ai silenzi, ai profumi e ai colori della vegetazione. Questo è quanto sa fare l'Ente Parco che si avvale anche della collaborazione della scuola di specializzazione in "Parchi e giardini" dell'Università di Torino nell'ambito di un progetto finalizzato del Cnr volto a studiare lo stato attuale della vegetazione per stabilire un corretto piano di gestione delle specie arboree e arbustive. Elena Accati Università di Torino




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