TUTTOSCIENZE 6 maggio 98


SCIENZE DELLA VITA CHIRURGIA Come vedere l'interno del cuore
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA
NOMI: CAPPATO RICCARDO, PAPPONE CARLO
ORGANIZZAZIONI: OSPEDALE SAN RAFFAELE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MILANO (MI)

GRAZIE a una nuova tecnica messa a punto in Israele è possibile mappare il cuore nelle sue camere interne e visualizzarlo in modo tridimensionale su di un video collegato a un computer. Questa visualizzazione particolareggiata delle quattro camere cardiache permette ai cardiologi di guidare con estrema facilità il catetere che viene introdotto nel cuore per effettuare l'ablazione del focolaio che è all'origine delle aritmie o delle fibrillazioni di cui soffre il paziente. Il nuovo sistema, denominato "Carto/Noga", rivoluziona la chirurgia interventistica dell'ablazione transcatetere, già nota dal 1987, permettendo una precisione e sicurezza tali da rendere questa tecnica vantaggiosa nella cura di diverse patologie cardiache nelle quali i farmaci agiscono in modo limitato. L'ablazione transcatetere consiste nel "bruciare" con un termocoagulatore, con intensità di frequenza variabile dai 50 ai 700 hertz, il focolaio dell'aritmia. E' di fondamentale importanza per il cardiochirurgo poter avvalersi della capacità dell'elettrofisiologo per individuare il punto esatto di scatenamento dell'aritmia. "Il sistema messo a punto dagli israeliani - dice Riccardo Cappato, ricercatore e direttore del Centro di elettrofisiologia dell'ospedale St. George di Amburgo - è utile soprattutto per individuare i focolai complessi, come per esempio la fibrillazione atriale e la tachicardia ventricolare, perché dà una visione tridimensionale delle cavità del cuore, una vera conquista per la cardiochirurgia". La mappatura del cuore è possibile grazie a un sensore magnetico miniaturizzato posto fra due elettrodi ad anello in cima a un catetere di plastica speciale d'ultima generazione, dalla punta particolarmente flessibile, che viene introdotto nella camera cardiaca da indagare. Mentre il paziente è disteso sul lettino con il catetere nel cuore, il sensore colloquia con il campo magnetico e rileva in modo tridimensionale la sua localizzazione e l'orientamento. I segnali ricevuti dal sensore sono trasmessi lungo l'asta del catetere all'unità centrale del computer. Un cuscinetto di localizzazione viene collocato sotto il paziente e genera campi magnetici ultralievi (0,05-0,5 Gauss: meno del campo magnetico terrestre nel quale viviamo immersi) che codificano lo spazio corporeo. Questi campi contengono tutte le informazioni temporali e spaziali necessarie per risolvere la localizzazione e l'orientamento del sensore nei suoi sei gradi di libertà d'azione. Il metodo si basa sull'abilità dell'operatore nel collegare il nuovo catetere localizzatore con il sistema di mappaggio e navigazione endocardiaca. Inoltre il sistema registra, con visualizzazione a colori dal rosso al violetto, i segnali elettrici endocardiaci correlati ai siti anatomici dell'attivazione cardiaca. E' possibile inviare impulsi di attivazione elettrica e questo è particolarmente utile quando avviene sotto aritmia. Completato il mappaggio, il catetere può essere di nuovo collocato nel punto che interessa per poter erogare l'energia necessaria a rimuovere il focolaio aritmogeno. Nel cuore rimarrà soltanto una piccola cicatrice. "Il nostro cuore è come una casa costruita su due piani - spiega Carlo Pappone, ricercatore presso l'Ospedale San Raffaele di Milano -, e in questa casa ogni piano è composto da due camere. La fibrillazione atriale interessa le due camere alte, quando si propaga nelle camere basse, i ventricoli, l'aritmia diventa gravemente invalidante. Una volta si interrompeva la comunicazione tra le camere alte e le camere basse. Mediante le tecniche tridimensionali è ora possibile ricostruire completamente il loro sistema elettrico, obbligandolo a percorrere le vie segnate dall'operatore. Questa tecnica può portare il paziente alla guarigione o almeno ad un deciso miglioramento della sua qualità di vita". Pia Bassi


PSICOLOGIA Dall'amore alla pillola della virilità
Autore: CAROTENUTO ALDO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA
NOMI: FOCHI GIANCARLO
ORGANIZZAZIONI: VIAGRA
LUOGHI: ITALIA

I primi dati giunti dagli Stati Uniti ci parlano di 40.000 ricette al giorno per il "Viagra", il farmaco per combattere l'impotenza sessuale il cui principio attivo è la molecola di sildenafil (vedi su "Tuttoscienze" di mercoledì scorso l'articolo del chimico Gianni Fochi della Scuola Normale di Pisa). Le azioni della multinazionale che produce il farmaco sono alle stelle. Siamo dunque di fronte a una vera e propria corsa alla "pillola della virilità". Perché tanto successo? Ci viene il sospetto che l'impotenza o " l'inefficacia" dell'atto sessuale fossero più diffuse di quanto dichiarato nelle consuete statistiche, ma sappiamo che anche i più dotati del sesso non resistono alla tentazione di provare. La consueta medicalizzazione del sintomo torna a prendere il sopravvento. Ma quando il blocco è di natura psicologica, quando a incrinarsi è proprio l'equilibrio relazionale, quale beneficio si può trarre da un organo pienamente funzionante ma che rischia di accentuare il solipsismo? L'illusione è quella di avventurarsi in una competizione ad armi pari, ma si dimentica che al di là dell'aspetto funzionale persiste un aspetto sostanziale, ossia che l'amore presuppone la coppia e che la coppia non è standardizzabile secondo i parametri dell'anatomia, bensì attinge ad una fonte di imprescindibile valore che è l'oscura "ragione" del desiderio. Il nostro corpo è anche la nostra identità: le due cose si conformano e si sostanziano vicendevolmente, e un intervento sull'uno non può prescindere da una metamorfosi dell'altro. Torniamo dunque all'antico binomio psiche-soma: al di là di qualciasi maschera o etichetta che possiamo "indossare" per legittimare la nostra posizione, rimane sempre una sfera sostanziale, intima e segreta, in cui si gioca la vera partita della nostra vita. Dopo aver usato il denaro, il potere, il prestigio sociale, il vestito o la divisa, il sorriso o l'intelligenza, come specchietti per le allodole, per catturare gli sguardi, siamo poi capaci - su un piano "sostanziale" - di soddisfare la nostra ambita "preda"? Sembra orribile parlarne in questi termini, ma è proprio in questa direzione che si sta spostando il "sacro talamo" dell'amore: ora il sesso è di fatto entrato nell'Olimpo di Wall Street e a tutti è offerta la possibilità di diventarne azionisti (denaro permettendo, visto che il prezzo della magica pillola non consente ancora di dedicarcisi a tempo pieno). Forse presto questa scoperta farà parlare di "svolta epocale": sociologi, psicologi e persino economisti dovranno strappare tutti i loro grafici e statistiche per entrare, con l'occhio della Doxa, nelle case e nei letti di miliardi di uomini, per capire quali cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Proprio come per i migliori prodotti del mercato, la concorrenza si farà sfrenata: gli uomini conquisteranno le donne a suon di numeri (quante pillole, quante prestazioni, quale durata), mentre le donne - ma non tutte - vedranno drasticamente retrocedere le quotazioni della loro faticata parità. Il mercato del "Viagra" promette di essere generoso, ma più per quel prototipo di uomini e di donne che assomigliano a Barbie e Big Jim. Quelle unioni familiari, forse già precarie, che ancora si reggevano e si sostanziavano di quello strano equilibrio chiamato "consuetudine", saranno le prime a fallire nel momento in cui "lui" potrà contare su nuove "cartucce" da sparare. Giovani e anziani - se di sesso maschile - potranno contare sulla "par condicio", mentre più evidente si farà il divario nel caso delle donne. Quali dunque i nuovi parametri di scelta? Quali le nuove categorie emarginate? Finiremo tutti in vetrina con le nostre nudità - e non solo fisiche - esposte agli andamenti della Borsa? Mi piace pensare che forse, da qualche parte, qualcuno farà ancora l'amore alla vecchia maniera, confidando sul fatto che accanto a sè non c'è soltanto il "prodotto" dell'ennesima massificazione della felicità, ma una persona in carne ed ossa, le cui parole sanno ancora far emozionare e le cui carezze sono ancora desiderabili. Oppure che, passata la febbre del nuovo investimento, si tornerà a cercare qualcosa di più " sostanziale". Aldo Carotenuto Università "La Sapienza", Roma


SCIENZE FISICHE. ASTRONOMIA L'Italia dei grandi telescopi
Autore: PRESTINENZA LUIGI

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, TECNOLOGIA, CONGRESSO
NOMI: SERIO SALVATORE, FUSI PECCI FLAVIO, MARANO BRUNO, RENZINI AVIO, GIACCONI RICCARDO, TARENGHI MASSIMO
ORGANIZZAZIONI: SOCIETA' ASTRONOMICA ITALIANA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, PALERMO (PA)

IL congresso della Società Astronomica Italiana a Palermo (26-30 aprile), molto ben organizzato dall'Osservatorio palermitano guidato da Salvatore Serio, ha permesso di fare il punto sui grandi telescopi in via di collaudo o in avanzata costruzione a cui il nostro Paese è direttamente interessato o partecipa con quote significative nel quadro di collaborazioni internazionali. La prima citazione spetta al telescopio "Galileo" già inaugurato nell'isola di La Palma (Canarie) sull'orlo di una caldera vulcanica che si innalza a 2400 metri. Ne ha riferito a Palermo Flavio Fusi Pecci: le parti ottiche sono già tutte montate ma la stessa novità di molte soluzioni tecniche ha creato problemi. Tutta la montatura del riflettore di tre metri e mezzo di diametro di obiettivo ruota su un supporto circolare, "galleggiante" su uno strato d'olio a pressione che vi viene continuamente pompato. Ma nel grande anello, formato assemblando 4 pezzi, le saldature hanno determinato uno scorrimento non uniforme su quello strato che è spesso appena 20 micron: sicché è stato necessario provvedere a una "lisciatura". C'è poi il problema di collaudare sino in fondo prima l'ottica "attiva" con la modifica regolata del "fuoco", poi quella "adattiva", con la continua variazione della forma dello specchio secondario in base alle indicazioni di un sensore. In ogni caso, dal 30 aprile è stata lanciata un'offerta di collaborazione a tutti gli astronomi che ne faranno richiesta, proprio allo scopo di saggiare le varie possibilità dello strumento e l'importante strumentazione ausiliaria, che non è ancora completa; per passare poi da dicembre a una nuova fase di ricerche programmate e inserite in una "scheda" ufficiale, con la prospettiva di impiegare lo strumento dalla primavera '99 in condizioni soddisfacenti se non ancora ottimali. I rivelatori Ccd per il telescopio sono in corso di realizzazione all'Osservatorio di Catania, e promettono livelli di efficienza ottimali. Notizie concrete anche per il "binocolone" del Monte Graham, con un unico supporto per due specchi di 8,4 metri che, una volta collegati, equivarranno a un riflettore di 11,8 metri. Su di esso ha riferito Bruno Marano. Qui la parte dell'Italia è del 25 per cento dell'elevato costo complessivo, non ancora completamente coperto, di 60 milioni di dollari: il resto spetta alle Università dell'Arizona e dell'Ohio, nonché ad altri partner americani e tedeschi. E' già pronta e affiora dal terreno, nella riserva del Monte Graham, la colonna di sostegno dell'intero complesso ed è cominciata la costruzione della prima montatura. Gli specchi in borosilicato e con struttura ultraleggera a nido d'ape sono in allestimento negli Usa. La previsione è che il primo dei due grandi occhi potrà vedere la "prima luce" per l'inizio del 2002. Infine, sta per scendere in campo - ha detto Avio Renzini - il colosso dei colossi, il Vlt (Very large telescope), in costruzione sul Cerro Paranal per l'Osservatorio europeo australe (Eso). Consiste in una " batteria" di telescopi di 8 metri, le cui prestazioni collettive equivarranno ad un unico riflettore gigante di 16 metri. Gli specchi del primo strumento sono già in posizione: vedranno la "prima luce" il 25 maggio, alluminato o no che sia lo specchio principale. Ed è in avanzata costruzione il secondo: montaggio meccanico all'85 per cento, specchio pronto a imbarcarsi per il Cile nel giugno prossimo. Dei responsabili diretti del Vlt tre sono italiani: Riccardo Giacconi, direttore dell'Eso, Renzini responsabile scientifico delle prove che lo strumento presto sarà in grado di effettuare, Massimo Tarenghi, che lavora all'assemblaggio dell'insieme. Fra i progetti più importanti, quelli annunciati da Felli e da Sedmak: nel primo caso si tratta di due interferometri millimetrici mondiali, uno per l'Europa e uno per gli Stati Uniti. Quello europeo, conosciuto come Lsa (Large southern array) avrà una superficie collettrice di 10 mila metri quadrati. E c'è poi il Vlt Survey Telescope, che con il suo grande campo avrà un ruolo di "scout" per lo strumento principale: richiederà un'esecuzione eccezionalmente curata, anche nella meccanica. Luigi Prestinenza


Macchine intelligenti Esploreranno Luna, Marte, comete, asteroidi
Autore: PERINO MARIA

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, ELETTRONICA
NOMI: GENTA GIANCARLO
ORGANIZZAZIONI: LABORATORIO DI MECCATRONICA DEL POLITECNICO DI TORINO, ALENIA AEROSPAZIO, WALKIE-6, ESA, NASA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

LE prossime missioni verso i pianeti del sistema solare prevedono l'uso di piccoli veicoli autonomi o semiautonomi in grado di esplorare la zona intorno al punto di atterraggio della sonda. Il primo obiettivo è la Luna, su cui si prevede che verranno costruite basi abitate permanenti nella prima metà del 2000: veicoli per l'esplorazione automatica dovranno precedere i prossimi sbarchi umani per migliorare le nostre conoscenze sulla geologia lunare e sulle risorse locali. Un'ipotesi di missione, denominata Euromoon 2000, è stata studiata di recente dall'Agenzia spaziale europea e da un gruppo formato da esperti delle maggiori ditte aerospaziali, tra le quali Alenia Aerospazio. L'obiettivo fondamentale della missione, proposta per celebrare il nuovo millennio, prevede l'atterraggio di una sonda sul Picco della Luce Eterna, in prossimità del Polo Sud lunare, per la ricerca di eventuali depositi di ghiaccio sul fondo di crateri che non sono mai stati illuminati dal Sole. Il micro-rover Walkie-6 sviluppato dal Politecnico di Torino in collaborazione con Alenia Aerospazio, è stato proposto per la missione Euromoon 2000 come mezzo di locomozione autonomo per esplorare i crateri vicini al punto di atterraggio della sonda. Una caratteristica peculiare della missione Euromoon 2000 è lo schema di finanziamento, che punta al coinvolgimento del pubblico e di sponsor commerciali: la partecipazione dell'Agenzia spaziale europea (per ora non concessa) si limiterebbe al 15 per cento del costo totale della missione, quantificato in 400 miliardi di lire. L'importanza strategica dell'esplorazione lunare è ribadita in questi giorni dai dati che la sonda della Nasa Lunar Pro spector sta inviando e che sembrano confermare l'esistenza di notevoli depositi di ghiaccio sul fondo di parecchi crateri lunari, sufficienti a riempire un lago di 10 chilometri quadrati con una profondità di 10 metri: una quantità d'acqua che potrebbe rispondere ai fabbisogni di una popolazione di alcune migliaia di persone per centinaia di anni. Unita alla disponibilità continua di energia solare, la presenza di acqua faciliterebbe enormemente l'installazione di una base permanente che potrebbe svilupparsi in modo sempre più autonomo dalla Terra grazie al possibile sfruttamento delle risorse locali, comprendenti ossigeno, silicio, alluminio, ferro, calcio. Un altro importante obiettivo è Marte, il pianeta del sistema solare che offre un ambiente più simile a quello della Terra. Da alcuni anni esiste un gruppo di lavoro formato dalle agenzie spaziali mondiali per la pianificazione delle prossime missioni che prevedono, anche in questo caso, l'utilizzo di veicoli automatici per l'esplorazione robotica del pianeta rosso necessaria per preparare la strada all'esplorazione diretta da parte dell'uomo e all'installazione di basi permanenti. A livello europeo, l'Esa è impegnata nella definizione della missione Mars Express il cui lancio è previsto per il 2003. Sono in corso tre studi alternativi per l'analisi delle caratteristiche dei requisiti di missione, uno dei quali è di responsabilità della Divisione Spazio di Alenia Aerospazio. Gli asteroidi meritano poi un'attenzione particolare, dato che sono ricchi di materie prime facilmente sfruttabili e soprattutto facilmente trasportabili, a causa della bassa gravità, nello spazio circumterrestre. Missioni automatiche in parte scientifiche e in parte di prospezione mineraria sugli asteroidi saranno indispensabili per lo sfruttamento di risorse in vista dell'espansione umana nel sistema solare. Le comete hanno un'importanza pratica minore ma sono certo un obiettivo scientifico primario. Si ritiene infatti che esse siano costituite dal materiale originario che ha formato il sistema solare e appaiono ricche di composti organici, tanto che sono state più volte associate all'origine della vita sulla Terra. La missione dell'Esa Rosetta, prevista per il 2003, dovrà portare una sonda ad atterrare sulla cometa Wirtanen. Altre missioni sono previste per portare su una cometa un veicolo in grado di raccogliere campioni e di spedirli verso la Terra. Le sonde spaziali che hanno attraversato il sistema solare hanno identificato satelliti dei pianeti maggiori di alto interesse scientifico e, in futuro, di possibile sfruttamento industriale: Europa, satellite di Giove, con il suo oceano d'acqua ricoperto da uno strato di ghiaccio, in cui potrebbero essere presenti tracce di vita, Miranda, satellite di Urano, e Titano, satellite di Saturno, la cui atmosfera ha notevoli analogie con quella della Terra primordiale. Nel 2004 Titano sarà raggiunto dalla sonda Cassini/Hu ygens, frutto di un'estesa cooperazione tra la Nasa, l'Esa e Agenzia Spaziale Italiana. In questa missione è rilevante la partecipazione industriale italiana (Alenia, Laben, Officine Galileo). L'utilità di veicoli automatici per l'esplorazione planetaria non si limita ad obiettivi di natura scientifica. Gli astronauti che realizzeranno le prime basi lunari, che colonizzeranno Marte o che sfrutteranno gli asteroidi avranno bisogno di macchine operatrici semoventi e di mezzi di trasporto che li aiutino nel lavoro. Questi veicoli, con l'aggiunta di bracci, lame e altri accessori, in grado di operare in condizioni ambientali estreme, avranno il compito di sondare il terreno, scavare e interrare i moduli abitativi per proteggerli dalle radiazioni cosmiche e dalle meteoriti, collocare ponti radio e strumenti di misura, prelevare campioni e compiere un'infinità di altre operazioni. Maria A. Perino


SCIENZE A SCUOLA Orci accademico Usa
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BIOLOGIA, PREMIO
PERSONE: ORCI LELIO
NOMI: ORCI LELIO
ORGANIZZAZIONI: ACCADEMIA DELLE SCIENZE DEGLI STATI UNITI
LUOGHI: ITALIA

IL biologo Lelio Orci è stato nominato membro dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti. E' il sesto ricercatore italiano a ottenere questa nomina prestigiosa: il suo nome va ad affiancarsi a quelli di Rita Levi Montalcini, Nicola Cabibbo, Vittorio Erspamer, Ennio De Giorgi e Frank Hahn. Lelio Orci vive e lavora da molti anni in Svizzera, presso la facoltà di Medicina dell'Università di Ginevra, dove dirige il Dipartimento di morfologia. E' però nato in Italia, a San Giovanni Incarico (Frosinone) nel 1937. Con le sue ricerche ha contribuito alla comprensione della struttura e della funzione delle "insule di Langerhans", i microorgani del pancreas che producono l'insulina. Inoltre ha identificato nuove classi di vescicole di trasporto, contenitori simili a sacchetti che convogliano proteine come l'insulina dentro la cellula. In collaborazione con ricercatori americani ha scoperto come si formano le vescicole e come trasportano il loro contenuto fino alla membrana cellulare. Più in generale, integrando tecniche di microscopia, biochimica e genetica, Orci ha trasformato la morfologia da disciplina puramente descrittiva in uno strumento indispensabile della biologia cellulare.


SCIENZE A SCUOLA. I VINCITORI DEL CONCORSO DI "TUTTOSCIENZE" Per una settimana saranno astronomi I 40 studenti che verranno ospitati dall'Osservatorio di Torino
NOMI: FERRARI ATTILIO, CELLINO ALBERTO, MASSAGLIA SILVANO, SCALTRITI FRANCO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

SONO stati più di 170 gli studenti delle scuole medie superiori che hanno partecipato al concorso per uno stage di una settimana presso l'Osservatorio di Torino: evidentemente l'idea di "giocare" (seriamente) a fare l'astronomo piace. Hanno avuto quindi parecchio lavoro Alberto Cellino, Silvano Massaglia e Franco Scaltriti, designati dal direttore dell'Osservatorio Attilio Ferrari, a selezionare i 40 vincitori che, in due gruppi, a giugno e a settembre, saranno ospiti del comune di Pino Torinese. Ecco, in ordine alfabetico, i nomi dei vincitori e le scuole di provenienza; per ognuno abbiamo anche indicato il tema libero prescelto. Stage di giugno: Amadei Sandro, Liceo Scientifico A.Issel, Finale Ligure (Il cielo e l'uomo). Angelini An drea, Liceo Scientifico A.Volta, Riccione (Plutone). Bellotti Chiara, Liceo Europeo Vittoria, Ivrea, (Planck e il suo contributo all'astrofisica moderna). Bel tritti Elena Anna, Liceo Scientifico G.Peano, Cuneo, (La formazione di elementi chimici nel cosmo). Bianco Enrico, Liceo Scientifico C. Cattaneo, Torino, (Impulsi di raggi gamma). Bovio Lorenza, Liceo Scientifico A. Antonelli, Novara, (Le comete). D'Orsi Michela, Liceo Scientifico Brocca, Alba (La Luna). Demergasso Fabio, Itis G. Ciampini, Novi Ligure, (Il più piccolo pianeta del sistema solare: Mercurio). Fenici Marco, Liceo Scientifico A. Gramsci, Firenze, (Le stelle, nascita, sviluppo e fine). Gargiuoli Florin da, Liceo Classico E.Duni, Matera, (Ciclo vitale del sistema solare). Lugaro Giovanni, Liceo Scientifico E. Majorana, Torino, (Europa, satellite da scoprire). Manzi Simona, Liceo Classico G.Peano, Tortona, (I buchi neri: mostri cosmici dove il tempo non scorre). Martina Simone, Liceo Scientifico G. Galilei, Ciriè, (I neutrini). Mazzucco Elena, Liceo G. Peano, Tortona, (Stelle comete e stelle cadenti). Montesanti Nicole, Liceo Classico XXVI Febbraio, Aosta, (Keplero e il problema del moto di Marte). Pantano Alessandro, (Liceo Scientifico B. Croce, Roma, (Effetto Serra: è sempre colpa dell'uomo?). Richiardone Emma nuel, Liceo Scientifico M.Curie, Pinerolo, (Le comete). Ser ra Luca, Ist. Tec. Turismo Pyramid, Cascine Vica (To), (Il Sole). Siviero Davide, Itis E.Ferrari, Cascine Vica (To), (Le comete). Vitale Sandro, Liceo Scientifico E. Majorana, Moncalieri (La scoperta di pianeti extrasolari). Stage di settembre: Ameglio Silvia, Liceo Scientifico G.Ferraris, Torino, (Plutone). Barletta Emanuela, Liceo Scientifico A.Monti, Chieri, (I meccanismi di produzione dell'energia stellare). Bruno Gian marco, Liceo Scientifico Palli, Casale Monferrato, (Impulsi e raggi gamma). Castellano Marta, Liceo Scientifico M. Curie, Pinerolo, (Considerazioni personali). Castigliano Federi co, Liceo Scientifico C.Darwin, Rivoli (To), (La teoria dello stato stazionario). Chiavassa An drea, Liceo Scientifico G. Arimondi, Savigliano, (S.E.T. I). Cochis Paolo, Liceo Scientifico N. Copernico, Torino, (L'evoluzione delle stelle). Cracco Da rio, Liceo Scientifico G. Bruno, Torino, (Urano e Nettuno). Fo gliati Massimiliano, Liceo Scientifico N. Copernico, Torino, (Il globo parallelo). Giani Elisa, Itis, A. Sobrero, Casale Monferrato, (Le comete tra scienza e superstizione). Leonardi Enrico, Liceo Scientifico G. Salvemini, Sorrento, (Comete). Nasi Christian, Liceo Scientifico G.Bruno, Volpiano (To), (La fine: l'universo è aperto o chiuso?). Peluso Raf faele, Liceo Classico Chiabrera, Savona, (Gli indomabili neutroni). Pica Manuela, Liceo Scientifico P.Gobetti, Venaria (To), (Asteroidi e comete). Piovera Chiara, Liceo Scientifico N.S. e I.Palli, Casale Monferrato, (La ricerca di nuovi pianeti). Piz zolli Daniele, Liceo Scientifico B. Russel, Cles (Tn), (I buchi neri non hanno peli: l'entropia dei buchi neri). Rocci Daniele Edoardo, Liceo Scientifico N.Rosa, Bussoleno (To), (L'immagine dell'universo secondo le teorie della relatività). Sorrentino Alberto, Liceo Classico Lagrange, Vercelli, (Il problema dell'orizzonte). Val sesia Emanuela, Liceo Scientifico G.Galilei, Borgomanero, (Il paradosso di Olbers), Zambetti Lina Paola, Liceo Classico P.Sarpi, Bergamo, (Considerazioni personali). I vincitori riceveranno una comunicazione ufficiale con raccomandata. Entro il 30 maggio dovranno inviare una lettera di accettazione corredata dalla dichiarazione di iscrizione alla scuola di appartenenza a: Osservatorio astronomico, Strada dell'Osservatorio n 1 - 10125 Pino Torinese. Informazioni: 011-810.19.25.


SCIENZE DELLA VITA. L'EFFICACIA DEI FARMACI Qualità, affidabilità, sicurezza, etica Quattro fasi obbligatorie per valutare le nuove cure
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: ASSOCIAZIONE MEDICA MONDIALE
LUOGHI: ITALIA

I controlli sull'efficacia e sull'innocuità d'un trattamento curativo, in particolare anti-cancro, di cui si parla molto oggi, sono stati interpretati talora come ostacoli frapposti ad una nuova terapia non gradita alla scienza ufficiale. Non è così: la medicina moderna è uscita dall'era dell'osservazione empirica per applicare metodi scientifici basati sulle teorie della ricerca sperimentale. La strategia di queste prove segue una progressione obbligatoria, corrispondente a quattro fasi di valutazione. Gli obiettivi sono assicurare la qualità, l'affidabilità, la sicurezza e l'etica del trattamento. Prima di tutto, tappa iniziale delle operazioni, si approfondisce la conoscenza del composto prescelto come possibile farmaco, mediante analisi chimiche e, con buona pace degli anti-vivisezionisti, prove su animali di laboratorio, premessa indispensabile per la somministrazione all'uomo. Ne derivano valutazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche, e controlli su eventuali aspetti dannosi quali tossicità, mutagenesi (modificazioni del patrimonio genetico), effetti sulla riproduzione e via dicendo. Eccoci così alla prima fase di valutazione: obiettivo principale la tollerabilità del composto in rapporto alla dose, dunque ricerca di un'eventuale tossicità a breve termine, da cui si salirà alla conoscenza della dose massima tollerata, degli effetti indesiderabili, del metabolismo, della eliminazione, della via di somministrazione, del ritmo delle somministrazioni. Tutto ciò richiede uno studio su soggetti sani, offertisi volontariamente, talora ospitati in ospedale. Si passa alla seconda fase: conferma nell'uomo delle proprietà farmacologiche osservate negli animali, e valutazione dell'efficacia su piccoli gruppi di ammalati, omogenei per età, sesso e gravità della malattia, al fine di determinare la percentuale dei pazienti nella quale si riscontrano effetti terapeutici, e di stabilire la posologia ottimale (dosi e modalità di somministrazione). I dati raccolti vengono sottoposti ad una raffinata analisi statistica. Siamo alla terza fase, la fase principe: i risultati clinici. Si confrontano i risultati in due gruppi paragonabili di pazienti, l'uno trattato con il composto in esame, l'altro con un placebo (preparazione assolutamente priva di sostanze attive, insomma acqua fresca). I componenti dei due gruppi vengono estratti a sorte (è la cosiddetta randomizzazione). Di regola si ricorre alle prove in doppio cieco: tanto il medico quanto il paziente ignorano se hanno dato, o ricevuto, il composto in esame oppure il placebo. In tal modo si cerca di evitare qualsiasi influenza, anche inconsapevole, sul giudizio. La durata di questa terza fase viene previamente stabilita in rapporto ai dati concernenti la malattia e la sua evolutività, al probabile grado di efficacia del composto, ai criteri di giudizio. Il quale giudizio sarà espresso dalla collaborazione di farmacologi, clinici e statistici. Al termine delle fasi prima, seconda e terza, si può dare il via all'impiego del farmaco. Ma vi è ancora una quarta fase, conclusiva, avente l'obiettivo di registrare a lungo termine gli effetti indesiderabili che possano manifestarsi nel corso del trattamento: da un lato quelli rari ma gravi, dall'altro quelli a comparsa tardiva durante cure di lunga durata. Questo studio si effettua dopo che il composto è ormai entrato nell'uso. Naturalmente ogni sperimentazione scientifica è in rapporto con principi legali ed etici. Fondamentali a questo proposito sono le 10 regole di Nuremberg scaturite nell'aprile del 1947 nel corso d'un processo concernente i crimini commessi dai nazisti in nome della scienza: fra l'altro fu introdotta per la prima volta la norma del consenso della persona sottoposta allo studio. Un altro testo importante è stato emanato dall'Associazione medica mondiale, 1964, sotto il nome di Dichiarazione di Helsinki, modificato poi in diverse riprese. Ulrico di Aichelburg


SCIENZE FISICHE. NEGLI STATI UNITI Realtà virtuale contro la paura Curabili alcune fobie e anche l'autismo
Autore: ACCORNERO PAOLO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, INFORMATICA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: WEGHORST SUZANNE, HOFFMAN HUNTER, CARLIN ALBERT, STRICKLAND DOROTHY, RIZZO ALBERT
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, USA

DI realtà virtuale si parla molto, eppure le sue applicazioni in campi quali progettazione, ingegneria e simulazione stanno ottenendo solo un parziale successo. La ragione è che le rappresentazioni dei mondi virtuali sono solo versioni semplicistiche della realtà. Una limitazione che, se ne rende poco interessanti certe applicazioni, in altre diventa un punto a favore. Un esempio? La terapia dei disturbi mentali. In questo campo diverse università americane stanno sviluppando progetti di ricerca che coinvolgono psicologi e neurologi al fianco di esperti in programmazione e progettazione tridimensionale. L'applicazione della realtà virtuale è particolarmente promettente come terapia per le fobie come l'acrofobia (paura dell'altezza), la paura di volare o la paura degli insetti. Per curare questi stati ansiosi si solito si pratica un avvicinamento graduale del paziente alle situazioni di cui ha paura; ad esempio lo si fa camminare su un tetto, lo si fa volare su un aeroplano o gli si presentano vari tipi di insetti. Si tratta però di situazioni costose o complicate da ricostruire e che spesso limitano la terapia alla pratica "visiva" nella speranza che il paziente immagini il tutto in modo sufficientemente "reale" da provocare il risveglio della sua paura. Nella ricerca di soluzioni alternative è all'avanguardia lo Human Interface Technology Laboratory dell'Università di Washigton, dove si sta sperimentando l'utilizzo di mondi virtuali nella cura della aracnofobia (paura dei ragni). I ricercatori Suzanne Weghorst e Hunter Hoffman e lo psicologo Albert Carlin utilizzano un ambiente tridimensionale (una cucina virtuale della Division Inc.) in cui pongono dei ragni 3D che si muovono secondo comportamenti pre-programmati. Al malato che entra in questo sistema virtuale viene richiesto di mettere i ragni in situazioni analoghe a quelle che scatenano le sue paure. Pur essendo l'ambiente poco reale e sebbene il paziente sappia che si tratta di una finzione, egli manifesta ugualmente i sintomi classici della malattia come sudorazione e tremori. La reazione emotiva sembra quindi essere risvegliata più da come l'ambiente viene visualizzato in tempo reale che non dal fatto che esso appaia vero. I risultati ottenuti in alcuni pazienti sono stati molto soddisfacenti ed è già possibile prevedere una serie di "pacchetti terapeutici virtuali" per una serie di patologie analoghe. Altrettanto interessante è un progetto di ricerca sulla riabilitazione di bambini autistici che l'ingegnere informatico Dorothy Strickland sta conducendo presso la Stetson University, in collaborazione con il Dipartimento di Psichiatria della Scuola di Medicina di Chapel Hill. La Strickland ha avuto l'idea di presentare ai bambini ambienti virtuali molto semplici. Lo scopo è di isolarli dalla realtà e di ripresentarla loro in maniera semplificata e graduale; in questo modo i bambini possono imparare a riconoscere ed usare gli oggetti virtuali presenti nella simulazione per poi utilizzarli anche nel mondo reale. Lo studio iniziale prevedeva di insegnare ad attraversare la strada al bambino utilizzando un'ambientazione virtuale molto semplice con una strada, una macchina e un cartello di "stop". Utilizzando questo modello il bambino doveva imparare a riconoscere il cartello e fermarsi per controllare se poteva passare oppure no. La riabilitazione di soggetti affetti da malattie neurologiche quali il Morbo di Alzheimer è invece l'obiettivo del lavoro di Albert Rizzo, ricercatore al Centro di Ricerca sulla Malattia di Alzheimer presso l'Università della California. Utilizzando computer Silicon Graphics Rizzo ha convertito in forma virtuale un test chiamato " della carta e della matita" che serve a misurare nel paziente le capacità di movimentazione degli oggetti. Sistemi di proiezione stereoscopica tridimensionale (tavoli Immersadesk della Pyramid Systems) visualizzano vari oggetti che il paziente deve muovere virtualmente secondo determinate traiettorie. Il computer è poi in grado di analizzare la traiettoria migliore e quella scelta dal paziente e di dare una valutazione oggettiva delle sue capacità. Questi tre esempi dimostrano che la realtà virtuale applicata ad alcune patologie mentali offre possibilità terapeutiche molto interessanti e fino ad ora difficilmente ottenibili con le tecniche disponibili. L'immersione in un mondo virtuale, tuttavia, non è sempre consigliabile dato che in alcuni casi può provocare nausee, fastidio fisico e alterazioni nella percezione della realtà. Questi e altri ostacoli ancora dovranno essere sorpassati prima che la realtà virtuale possa venire accettata ufficialmente come terapia dalla comunità medica e prima che possa consolidare la sua presenza a fianco dei metodi tradizionali. Paolo Accornero


SCIENZE DELLA VITA. CONSAPEVOLEZZA DEI PRIMATI Scimmie al computer Pensano, ragionano, decidono
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ZOOLOGIA
NOMI: SAVAGE RUMBAUGH SUE, BECK BENJAMIN
ORGANIZZAZIONI: SMITHSONIAN INSTITUTION
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, USA, DC, WASHINGTON

KANZI e Panbanisha sono una coppia di bonobi, i cosiddetti " scimpanzè pigmei", allevati dalla ricercatrice americana Sue Savage-Rumbaugh della Georgia State University. Le persone che li avvicinano parlano in inglese e mostrano loro dei simboli su un tabellone. Per quanto nessuno abbia mai insegnato esplicitamente ai bonobi il linguaggio umano, i due allievi imparano ugualmente. Capiscono almeno quanto può capirne un bambino di tre anni. E sono in grado di comprendere anche concetti abbastanza complessi. Un giorno Panbanisha osserva un uomo che di nascosto sostituisce il contenuto di una scatola di dolci con un insetto. Quando un'altra persona cerca di aprire la scatola, la prima chiede al bonobo: "Sai cosa cerca?". E il bonobo: "Cerca i dolci". Per rispondere a una domanda così sofisticata, il bonobo deve capire che il pensiero degli umani è diverso dal suo. Ma, cosa ancora più sbalorditiva, Panbanisha aggiunge che il primo uomo è stato "cattivo" a fare quello scherzo. Lo stesso commento che potrebbe fare un bambino di quattro anni. Sue Savage-Rumbaugh è una delle più accese sostenitrici della consapevolezza animale, almeno per quanto riguarda le grandi scimmie. Per lei la mente di una scimmia antropoide non può essere molto diversa dalla nostra. E proprio per convalidare questa tesi si è aperto un paio d'anni fa nel Parco Zoologico della Smithsonian Institution di Washington uno zoo veramente sui generis. Uno zoo in cui non ci si limita a mostrare gli animali nel proprio habitat, un lembo di foresta, di savana, di deserto, o di palude, come è ormai abitudine negli zoo più moderni. Non si punta insomma sull'habitat, ma sull'intelligenza. Si fanno " coram populo" dimostrazioni ed esperimenti con spiegazioni scritte sulla capacità di apprendimento e di ragionamento degli animali, sul modo con cui affrontano i problemi e su come li risolvono. E' significativo che questo originalissimo zoo che si differenzia da tutti gli altri sia stato chiamato "Think Tank", come a dire "Il contenitore del pensiero". Si vede così come gli scimpanzè sappiano usare un bastone per impossessarsi di un casco di banane o come riescano a mettere varie cassette l'una sull'altra, per raggiungere un frutto appeso a una certa altezza dal suolo. Si vede Indah, un orango femmina di sedici anni, intenta a risolvere problemi davanti a un computer. E tutte le volte che dà la risposta esatta viene ricompensata con una fetta di mela. Indah è ormai abituata a colloquiare con il computer. L'ha fatto migliaia di volte in laboratorio. Ma qui c'è qualcosa di diverso. Lo fa al cospetto del pubblico. Al di là di un vetro c'è una folla di adulti e bambini che segue con occhio attento le sue performance. E applaude quando Indah dà la risposta giusta. Oggi come oggi, una delle questioni più dibattute è proprio la consapevolezza animale. Quando ci sembra che gli animali prendano una decisione, agendo in un modo piuttosto che in un altro, sono coscienti di quello che fanno, come potremmo esserlo noi? Le ricerche hanno dimostrato che alcuni primati, come oranghi e scimpanzè, hanno il concetto di se stessi. Messi di fronte a uno specchio che li mostra con la fronte macchiata di rosso, si strofinano ben bene per cancellare la macchia] Capiscono cioè che quella scimmia riflessa nello specchio è la propria immagine. Se quindi sono consapevoli di se stessi, perché non dovrebbero essere consapevoli delle proprie azioni? A differenza delle scimmie antropoidi, le altre scimmie in verità non danno prova di riconoscersi allo specchio. In compenso però hanno per così dire una consapevolezza sociale in quanto riconoscono i membri del loro branco, riconoscono gli amici e i nemici. Proprio come noi, anche gli altri animali pensano, ragionano, decidono sul da farsi, risolvono problemi. "Scopo del Think Tank - dice il suo direttore Benjamin Beck - è quello di far conoscere alla gente la ricchezza conoscitiva di questi animali che vanno rispettati e protetti". Di fronte alle conoscenze acquisite negli ultimi tempi sulla straordinaria sensibilità degli animali e sul loro comportamento, un numero sempre crescente di etologi si sta convincendo che gli animali sono consapevoli di ciò che fanno, che non sempre agiscono per istinto, ma che hanno un comportamento flessibile. Imparano con l'esperienza e si adeguano alle mutate circostanze. Quando il cane corre verso la porta di casa abbaiando festosamente perché "sa" che il padrone sta salendo le scale o quando il gatto si siede davanti all'armadietto di cucina che contiene la sua pappa, perché "vuole" che gli si dia da mangiare, come si fa a negare che entrambi gli animali siano coscienti di ciò che fanno? E' la tesi sostenuta da milioni di proprietari di animali da appartamento. I negatori del pensiero animale si ancorano al concetto che la principale differenza qualitativa tra l'animale uomo e gli altri animali sia il linguaggio. E secondo l'opinione di filosofi e linguisti il linguaggio umano è strettamente legato al pensiero. Quindi gli animali, dato che non parlano, non pensano. Ma questa concezione vacilla da quando l'uomo è riuscito a dialogare con le scimmie antropoidi. Non importa se dialogano attraverso i gesti o attraverso un alfabeto di simboli. L'importante è che uomo e scimmia riescano a capirsi. Ormai in questo campo si sono fatti grandi progressi. E possiamo dire che siamo riusciti ad aprire una finestra nella mente delle scimmie superiori, quelle che geneticamente ci sono più vicine. Prima di uscire dallo zoo, l'occhio del visitatore cade inevitabilmente sul pannello che porta scritte le bellissime parole dello scrittore Henry Beston: "Noi trattiamo gli animali come esseri inferiori per la loro incompletezza, perché la sorte ha dato loro una forma così lontana dalla nostra. Ma ci sbagliamo. L'animale non può essere giudicato dall'uomo. In un mondo più antico e più completo del nostro, gli animali si trovano perfettamente a loro agio, dotati come sono di una estensione dei sensi che noi abbiamo perduto o che non abbiamo mai raggiunto, e comunicano tra loro con voci che forse noi uomini non udremo mai. Non sono per noi nè fratelli, nè subordinati. Sono semplicemente altri universi, captati come noi nella rete del tempo e della vita]". Isabella Lattes Coifmann


SCIENZE FISICHE. INGEGNERIA DEL SOTTOSUOLO Vivremo in città ipogee Le più grandi e potenti macchine da scavo
Autore: PELIZZA SEBASTIANO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, URBANISTICA, VIABILITA'
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, GERMANIA, AMBURGO

DA qualche mese ad Amburgo è al lavoro la più grande macchina da scavo del mondo, appositamente realizzata in Germania per la costruzione della quarta galleria stradale sotto il fiume Elba, lunga 4 chilometri, di cui 2,5 km sotto l'acqua. Questo tratto di fiume è una via di traffico mercantile molto importante, poiché collega il porto fluviale di Amburgo, uno dei maggiori del mondo, con il Mare del Nord: da ciò l'impossibilità di intralciare il traffico navale con lavori fatti in superficie, e quindi la necessità di andare in sotterraneo. La macchina è uno "scudo meccanizzato integrale" con controllo della stabilità del fronte mediante fango bentonitico. E' adatta per terreni soffici (limi sabbiosi in acqua), quali sono quelli dell'alveo del fiume Elba: la copertura minima è di 7 metri di terreno e solo 15 separeranno la macchina dalla carena delle navi. E' prudenzialmente previsto che dia una produzione di galleria finita di 6 m/giorno, pur potendo arrivare sino a 19 m/giorno. Ricordiamo che per la costruzione della galleria ferroviaria della Manica, di 51 km di cui 37,4 km sotto il mare, che è costituita da 3 tubi (due di corsa, unidirezionali, e uno che fu esplorativo ed ora è di servizio e sicurezza) per un totale di 150 chilometri di galleria, furono usate contemporaneamente nove frese, ciascuna delle quali ha dato più di un chilometro di galleria finita per mese. La quarta galleria dell'Elba è un caso emblematico della ineluttabile necessità per le future generazioni di trasferire in sotterraneo un sempre maggiore numero di funzioni della vita associata. La rapida crescita della popolazione mondiale avrà in futuro un forte impatto sulla vita dell'uomo, anche in considerazione del fatto che la popolazione si urbanizzerà maggiormente e chiederà una sempre più alta qualità della vita: per sostenere tale crescita il mondo dovrà produrre più cibo, più energia e più materie prime minerali, nonché proteggere e meglio distribuire l'acqua potabile e per usi agricoli. L'uso dello spazio sotterraneo offre grandi opportunità per soddisfare tali necessità: la superficie del suolo rimane più libera per le produzioni agricole e per la ricreazione; le aree urbane vengono decongestionate dal traffico e meglio protette contro l'inquinamento; una notevole quantità d'energia viene risparmiata grazie all'isolamento termico offerto dalla massa rocciosa. Nel sottosuolo sono disponibili immensi volumi liberi che possono essere trasformati in grandi spazi utili per insediarvi le reti di servizio per trasporto, transito, comunicazione, distribuzione di acqua ed energia, raccolta ed allontanamento rifiuti, le strutture produttive, commerciali, amministrative, i centri di cultura, ricreazione, sport, sanità, religione. Le gallerie stradali, ferroviarie, metropolitane, idrauliche, fognarie, tecnologiche rappresentano la tipologia d'uso del sottosuolo più nota e diffusa: nel mondo intero, l'industria delle costruzioni si sta rivitalizzando, dopo qualche anno buio, poiché la tendenza dell'uomo allo star bene, allo star meglio, è inesauribile ed inarrestabile. Il lavoro di scavo in sotterraneo, conosciuto come sporco, difficile e pericoloso, si sta trasformando da un'arte in una scienza; in ciò la meccanizzazione giuoca un ruolo essenziale, procedendo secondo due direzioni: da un lato per migliorare i metodi di costruzione delle gallerie cosiddetti convenzionali, nei quali cioè il minatore vede la roccia ed ha ancora un ruolo di primo piano nell'affrontarla; dall'altro lato per migliorare le macchine di scavo integrale (in gergo anche chiamate "talpe", "frese", "scudi meccanizzati" o, all'americana, " Tbm-Tunnel Boring Machine") che costruiscono direttamente la galleria scavando, stabilizzando la roccia, erigendo il rivestimento permanente del cavo: insomma, dando la galleria finita senza che l'uomo veda la roccia e senza necessità di minatori: per governarla servono tecnici meccanici, elettrici ed elettronici. La macchina " universale", capace cioè di passare attraverso qualsiasi condizione geologica e geotecnica, si può considerare una realtà in termini tecnologici, ma non in termini di costo: è una macchina complessa e quindi costosa e difficile da gestire, per cui non sempre ne risulta conveniente l'adozione. Si preferisce quindi una macchina capace di costruire l'80% della galleria, affrontando il restante 20 per cento con l'ausilio ancora di sistemi convenzionali. Un'alternativa è oggi la macchina "trasformabile" della quale si utilizzano sempre le parti vitali per la motorizzazione, il comando ed il controllo, e si cambia, da un lavoro all'altro, solo la struttura esterna che è in carpenteria metallica: a Roma sono state recentemente costruite con la medesima macchina tratte diverse di una galleria ferroviaria, con un diametro rispettivamente di circa dieci metri (per due binari) e di circa sei metri (per un binario), a Tokyo per la costruzione di un tratto di metropolitana si usano due macchine coassiali: la più grande, 14,18 metri di diametro, scava la stazione e da essa esce poi la macchina di 10 m per la costruzione della galleria corrente a doppio binario. La macchina-robot, tanto intelligente e sensibile da fare tutto da sola, è ancora lontana. In un contesto di variabilità geologiche, quali sono quelle usuali, l'automazione trova grandi difficoltà, mentre dall'altro lato non trova grandi interessi sinché si rimane sulla nostra Terra. Diverso è il discorso se si pensa ad insediamenti umani sulla Luna o su Marte, o altrove nello spazio: qui bisognerà andare in sotterraneo e le macchine-robot ne saranno gli agenti di scavo essenziali. Pensando all'abbattimento del terreno con teste rotanti attorno all'asse della galleria si ricava l'immagine della galleria come se fosse un cilindro coricato a direttrice circolare: di tale sezione circolare se ne utilizza solo un parte quando vi si facciano passare autovetture o treni. Ecco allora che possono risultare più utili e convenienti forme diverse e più complesse, ad esempio per costruire gallerie gemelle intersecantisi, o stazioni per metropolitana, o parcheggi, od altro. In questo settore, soprattutto la tecnologia giapponese si è sbizzarrita e sviluppata: si passa dalle già citate frese coassiali, alle doppie macchine associate per gallerie a forma di 8, a triple macchine associate per stazioni, a frese molto articolate e complesse per scavi di sezione quadrata, o rettangolare, semplici o con varie appendici. Sebastiano Pelizza Politecnico di Torino


Robot spaziali ZAMPE O RUOTE?
Autore: GENTA GIANCARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, ELETTRONICA
ORGANIZZAZIONI: LABORATORIO DI MECCATRONICA DEL POLITECNICO DI TORINO, ALENIA AEROSPAZIO, WALKIE-6
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

WALKIE-6 è un piccolo robot progettato per l'esplorazione planetaria e realizzato dal Laboratorio di Meccatronica del Politecnico di Torino in collaborazione con Alenia Aerospazio. La sua caratteristica più importante è quella di muoversi grazie a sei zampe. Perché scegliere le zampe anziché le ruote? La ruota, invenzione che non ha alcun modello in natura, pur offrendo all'uomo una grande mobilità, ha tuttavia forti limiti, soprattutto nell'uso su terreno non preparato. Per questo fin dall'antichità si è tentato di realizzare macchine che, imitando la natura, si muovono con zampe di varia forma e dimensione, ma la tecnologia del passato era inadeguata a un compito così difficile, non potendo contare su materiali robusti e leggeri, su attuatori potenti e versatili e soprattutto su un sistema di controllo efficiente e complesso, come quelli sviluppati dagli esseri viventi. Solo di recente i progressi dei sistemi di controllo, l'aumento della potenza di calcolo dei microprocessori e lo sviluppo di nuovi materiali hanno permesso di realizzare veicoli su zampe in grado di muoversi e di offrire prestazioni in alcuni casi comparabili a quelle dei veicoli a ruote. Se i vantaggi dei veicoli su zampe, in particolare la maggiore mobilità, il miglior adattamento alle irregolarità del suolo e la maggior efficienza energetica su terreni accidentati, sono importanti sul nostro pianeta, essi divengono fondamentali per muoversi su corpi celesti a bassa gravità, come Marte, la Luna e soprattutto gli asteroidi o le comete, dove i veicoli su ruote opererebbero in condizioni molto sfavorevoli. L'esplorazione automatica di pianeti, asteroidi e nuclei cometari rappresenta una tappa obbligata per preparare l'espansione dell'uomo nel sistema solare e richiede lo sviluppo di dispositivi in grado di muoversi nella zona circostante il punto di atterraggio per eseguire compiti che possono includere la posa di strumenti scientifici, la ripresa di immagini e la raccolta di campioni di roccia, eventualmente da riportare sulla Terra. Mentre è possibile radiocomandare un veicolo che si muove sulla superficie della Luna, la distanza di Marte è tale da far sì che il collegamento radio nei due sensi richieda anche alcune decine di muniti. In queste condizioni controllare dalla Terra un veicolo di esplorazione è un po' come guidare un'automobile con tempi di reazione lunghissimi. Il veicolo deve essere quindi dotato di un sistema semiautonomo di guida, che faccia ricorso all'intervento dell'operatore umano solo per le decisioni di più alto livello e sia in grado di evitare gli ostacoli e gestire i vari sistemi di bordo in modo autonomo. Naturalmente più il veicolo è autonomo, più esso può muoversi a velocità elevate: i veicoli attualmente realizzati, quali il Sojourner, o quelli in studio si muovono ad alcuni metri all'ora. La configurazione scelta è più semplice possibile per un veicolo a sei zampe: due telai rigidi, ciascuno dei quali porta tre zampe telescopiche. L'importanza di ridurre la complessità di un veicolo autonomo per esplorazione planetaria è ovvia, dato che ciò permette di migliorarne l'affidabilità, riducendo il costo sia del sottosistema meccanico che di quello di controllo. La configurazione permette, tra l'altro, di non consumare energia a veicolo fermo e di mantenere il carico utile in posizione orizzontale durante il moto, anche su terreno accidentato o in pendenza. Nonostante le sue piccole dimensioni (20 centimetri di larghezza, 30 di lunghezza e 20 di altezza), Walkie-6 può superare una pendenza di circa 25 gradi e ostacoli alti 12 centimetri. La massima velocità raggiungibile su strada piana è di circa 18 metri all'ora, con un consumo di 3 Watt sulla Terra: ma il consumo si riduce, a pari velocità, in condizioni di gravità ridotta. Ovviamente il bassissimo consumo è un requisito fondamentale per un veicolo alimentato da celle solari. Le informazioni che il robot riceve dall'ambiente sono essenzialmente tattili. Esso è in grado di sentire il contatto delle zampe sul suolo e del corpo contro gli ostacoli ed inoltre il controllore conosce in ogni istante la posizione delle zampe rispetto ai telai e dei telai uno rispetto all'altro e l'inclinazione del corpo rispetto all'orizzontale. Grazie a queste informazioni il sistema di controllo è in grado di muoversi su terreno accidentato, superando gli ostacoli che rientrano nelle possibilità del veicolo e retrocedendo e cambiando direzione in presenza di ostacoli troppo alti o di crepacci troppo profondi. Le funzioni di navigazione ad alto livello vengono lasciate all'operatore umano, cosa possibile non solo nelle missioni lunari ma anche in quelle su Marte e su asteroidi non troppo lontani dalla Terra. E' comunque previsto di studiare l'uso della telecamera di bordo per dotare il veicolo di capacità di navigazione autonoma, cosa necessaria per missioni verso i satelliti di Giove o di Saturno. Walkie-6 è solo un dimostratore, costruito con componenti non adatti all'uso spaziale, ma ha permesso di acquisire l'esperienza necessaria alla realizzazione di una famiglia di veicoli semiautonomi adatti ai vari ambienti che si incontreranno in una vasta gamma di missioni. I veicoli di cui Walkie-6 costituisce un prototipo funzionale, avranno un importante ruolo nelle missioni che, nei primi anni del nuovo millennio, contribuiranno ad aprire all'uomo le nuove frontiere del sistema solare. E potranno servire anche per interventi in ambienti terrestri inaccessibili a causa di incidenti o di calamità naturali. Giancarlo Genta Politecnico di Torino


SCIENZE A SCUOLA. ULTIMI ESEMPLARI NEL CIAD I coccodrilli del deserto Sopravvissuti nella riserva faunistica delle gole di Archei
Autore: SCAGLIOLA RENATO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ZOOLOGIA
LUOGHI: ESTERO, AFRICA, CIAD
TABELLE: C.

Tutta la zona intorno alle gole di Archei, nel cuore dell'Ennedi, nel Ciad settentrionale, è una riserva faunistica fin dal 1967. Una regione isolatissima da tutto il mondo, a mille chilometri dalla capitale 'Ndjamena, popolata da poche migliaia di allevatori nomadi, i Tebu delle pianure, che conducono una vita completamente priva di tecnologie, in un ambiente arido, torrido, senza vie di comunicazione a parte le piste percorribili sono da fuoristrada. Non sono poveri, nè derelitti, semplicemente hanno ridotto all'osso le esigenze quotidiane. Il suolo intorno ai pozzi, e negli oued, luoghi di sosta delle mandrie e dei loro pastori, è un libro aperto con tutti i segni uomini e animali: ci sono le orme e le fatte degli asino, sciacallo, gazzella, babbuino, cammello; i segni sinuosi della vipera cornuta, i ghirigori dei tenebrioni e degli scarabei, carcasse di capre e cammelli, spolpate e rinsecchite. La riserva non ha controllori, a parte alcune sparute guarnigioni dell'esercito (a Faya Largeau, Fada, Oum Chaloumba), con poche possibilità di monitorare un territorio immenso, dai confini incerti, mentre solo nel '92 hanno cominciato ad arrivare i primi turisti (300 all'anno circa), per visitare un mondo crudo e intenso, rimasto allo stato di natura. Come sempre non è facile avvistare animali, ma la fauna c'è. Le minuscole gazzelle Dorcas, spesso in piccoli branchi, sono le più numerose e visibili, mentre è rara l'antilope Addax che non deve bere mai, perché ricava l'acqua direttamente dalla scarsa pastura. Si vede anche il fennech, piccolo canide dalle grandi orecchie, che ogni tanto spunta curioso dalla tana a spiare l'orizzonte. Una specie endemica di muflone (ammotragus lervia), è invece la più elusiva, stanziale sui tormentati rilievi di arenaria. Tra le scogliere, pinnacoli, gole vivono anche babbuini e carcopitechi, che si producono in spericolate attività di freeclimbers. Con un po' di fortuna si può trovare l'uromastice, specie di pacifico lucertolone lungo fino a 60 centimetri, che ha la sfortuna di avere una grossa coda commestibile ed è quindi cacciato volentieri. I bambini invece si divertono con i piccoli come fossero giocattolini. Procavie e lepri pascolano quasi di notte, come il topo gerbillo e il gatto selvatico, così come al calar del sole si sentono gli ululati di iene e sciacalli, che possono visitare gli accampamenti, sempre di notte, per vedere se c'è qualcosa da sgranocchiare. Ma la presenza più singolare in questo estremo Sud sahariano, sono gli ultimi coccodrilli nilotici, rifiugiati nelle gole (guelte) di Archei a pochi chilometri dall'oasi di Fada, da tempi preistorici: qui sono sopravvissuti e qui si estingueranno. Non sono più lunghi di 2,5 metri e non attaccano l'uomo; ne rimangono non più di sette, otto esemplari. Una popolazione residuale, isolata dall'habitat sudanese, da cui dista 500 chilometri, particolarmente fragile per l'inevitabile consanguineità. Le gole sono un ciclopico monumeto naturale: chiuse da alte, verticali muraglie rossastre, larghe qualche centinaio di metri all'ingresso, che si restringono a venti, trenta metri dopo un paio di chilometri, e sul cui fondo stagnano acque putride, in cui si abbeverano le mandrie di cammelli. E' il più importante punto d'acqua perenne di tutta la regione, alimentato da sorgenti, e che ospita anche quattro specie di pesci: la tilapia di Zil, il barbo del deserto, il labeo del Tibesti, e la tilapia del Borkou. Cibo per coccodrilli, che mangiano però anche carogne. La flora dell'Ennedi è ovviamente rada, fatta di arbusti e cespugli, acacie, euforbie, tamerici e capperi selvatici, e comunque piante con radici profonde (fino a quaranta metri), foglie ridotte, semi resistenti, capaci di superare anni di siccità. Sui suoli sabbiosi abbondano i cespugli di drinn, pascolo per capre e dromedari, e i coloquintidi, che producono bellissime piccole zucche rotonde, mangiate solo dagli asini. I Tebu invece utilizzano i semi, seccati e sminuzzati, che mischiano con i datteri. Negli oued, quindi con umidità nel profondo, crescono palem dum, degli inconfondibili trinchi a ipsilon, che servono come legname da costruzione, mentre le foglie, sfilacciate e intrecciate vengono impiegate per la copertura delle capanne. Diffusissimi gli arbusti di Callotropis Procera, dalle foglie grasse e lucide, che i francesi chiamano Pomme de Sodome, perché genera frutti belli quanto velenosi. Geologicamente sorprendenti i laghi salati di Ounianga Serir e Ounianga Kebir, irreali, improvvise acque con piccole burrasche se c'è vento (e c'è quasi sempre), nell'arsura del deserto, a Nord-Est dell'Ennedi, oltre la grande depressione dunaria del Mourdi. Ampi bacini - formati dall'affiorare di una enorme falda freatica - orlati da palme e saline, dune gialle e arancione, con sulle rive piccoli accampamenti di nomadi Ounias e Teda. Nonostante le grandi dimensioni degli specchi d'acqua, nessuno dei Tebu naviga, neppure con piroghe o barchette, nè pratica la pesca. Nel vicino Tibesti - l'acrocoro montagnoso più grande del Sahara, a Ovest dell'Ennedi - lo Stato quasi non esiste, come in quasi tutto il Nord del Paese. Le leggi che regolano le sparse comunità di nomadi Tebu delle montagne, sono ancora quelle tribali, non scritte. In caso di omicidio, per esempio, l'uccisore deve risarcire la famiglia della vittima con un certo numero di cammelli, cha varia a seconda dei clan. Per i Teda un uomo vale 100 cammelli, una donna 50. Tra i Kamedia: uomo 50 cammelli, donna 25. I forgerons, cioè i fabbri, categoria reietta, valgono ancora meno: 25 gli uomini, 15 le loro donne. Infine i discendenti degli schiavi liberati, che svolgono ancora lavori umili: 15 cammelli gli uomini, 10 le donne. Se l'assassino non ha il bestiame o se non riesce a procurarselo «in qualsiasi modo», viene semplicemente bandito dalla comunità e deve sparire, emigrare il più lontano possibile. In caso contrario, quando consegnerà il risarcimento alla famiglia, questa organizzerà una grande festa e del delitto non si parlerà più. Renato Scagliola




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