TUTTOSCIENZE 8 aprile 98


SCIENZE A SCUOLA. COME SI DICE IN INGLESE Cipolla, cavoli, mele e banane Un piccolo vocabolario per frutta e verdura
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D.

GLI ORTAGGI/VEGETABLES. Le radici delle carote (carrots), delle barbabietole (beets) e delle rape (turnips) sono commestibili, come pure i turioni di asparagi (asparagus stems), i tuberi della patata (potato), le foglie carnose dei bulbi del porro (leek) e della cipolla (onion), il cavolo (cabbage), la lattuga (lettuce) e le foglie di spinacio (spinach), il frutto immaturo del cetriolo (cucumber), i piselli (peas) e il melopopone (summer squash), il frutto maturo dei pomodori (tomatoes) e la zucca (winter squash). VEGETABLES/GLI ORTAGGI. The roots of carrots (carote), beets (barbaietole) and turnips (rape) are edible, as are asparagus stems (utioni d'asparagi), potato (patata), tuber leek (porro) anc onion (cipolla), leaf bases, cabbage (cavolo), lettuce (lattuga) and spinach leaves (foglie di spinacio), the immature fuit of cucumber (cocomero), peas (piselli) and summer squash (melopopone), and the mature fruit of tomatoes (pomodori) and winter squash (zucca). LA FRUTTA/FRUITS. Il frutto deriva dall'ovario ingrossato del fiore, una volta avvenuta la fecondazione. Molti frutti sono «ortaggi», come i pomodori e i meloni. I frutti vengono classificati in semplici (simple fruits) e composti (composite fruits). Il frutto semplice può essere suddiviso in secco (dry fruit) e carnoso (succulent fruit). FRUITS/LE FRUTTA. The fruit derives from the enlarged ovary of the flower after the fertilazation. Many fruits are «vegetables» (oraggi), such as tomatoes and melons. Fruits are classed as simple (frutti semplici) and aggregate or composite (frutti composti). The simple fruits are further subdivided into dry /frutto secco) and succulent (frutto carnoso).


SCIENZE FISICHE. IL PROGETTO "IMPACT" Asteroidi a rischio
Autore: DI MARTINO MARIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, PROGETTO, REGIONE
ORGANIZZAZIONI: REGIONE PIEMONTE, REGIONE VENETO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
NOTE: Progetto «Impact»

QUALCHE settimana fa un gruppo di scienziati russi e poco dopo un gruppo americano hanno dato la notizia che due asteroidi, Icarus e 1997 XF11, ambedue di dimensioni di poco superiori al chilometro, sono in rotta di collisione con il nostro pianeta. Nel caso di Icarus si è trattato di una bufala, forse motivata dalla necessità di attirare l'attenzione dei politici russi ed evitare che i continui tagli di finanziamenti portino alla chiusura dei pochi centri in cui ancora si svolgono ricerche di questo tipo. L'annuncio degli americani su 1997 XF11 è apparso invece assai più attendibile e anche se l'asteroide non impatterà sul nostro pianeta, comunque lo sfiorerà, passando ad appena 900.000 km, meno di tre volte la distanza Terra-Luna. La Terra, come tutti gli altri pianeti e satelliti del sistema solare, è stata continuamente bersagliata nei 4,5 miliardi di anni della sua vita, da asteroidi e comete; gli oltre 150 crateri da impatto individuati sulle terre emerse sono le cicatrici lasciate da questi eventi. E' praticamente certo quindi che anche nel futuro si verificheranno fenomeni analoghi. Si stima che siano oltre 1500 gli asteroidi con diametro uguale o superiore al chilometro che incrociano l'orbita della Terra, e quasi 150.000 quelli con dimensioni sino a 100 metri. Rispetto alla Terra questi oggetti hanno velocità di qualche decina di km/sec. L'atmosfera, che ci protegge da oggetti di piccole dimensioni, in questi casi non può fare da scudo. Per dare un'idea delle energie in gioco in caso di collisione, un oggetto di 10 km provocherebbe un'esplosione di energia compresa tra 10 e 100 milioni di Megaton (1 Megaton è l'energia liberata dall'esplosione di un milione di tonnellate di tritolo), provocando un cratere di dimensioni superiori ai 100 km e una catastrofe globale; un asteroide di 1 km svilupperebbe un'energia compresa tra 10.000 e un milione di Megaton, devastando una regione come l'Umbria e formando un cratere di 20-30 km, mentre uno di 100 metri provocherebbe un'esplosione di energia compresa tra 100 e 10.000 Megaton. Per fortuna la frequenza di impatti asteroidali sul nostro pianeta si abbassa notevolmente all'aumentare delle dimensioni. Si stima che l'impatto di un oggetto di 10 km si verifichi una volta ogni 100 milioni di anni circa, mentre quello di un asteroide di 1 km una volta ogni qualche centinaio di migliaia di anni, ma, nonostante si tratti di periodi relativamente lunghi e di conseguenza su tempi storici la probabilità sia molto bassa, la collisione di uno di questi piccoli corpi contro la Terra è una minaccia costante, a cui tuttavia si può in qualche modo reagire. Da qualche anno anche a livello politico è stata manifestata sensibilità verso questo problema tanto che il Congresso americano nel 1990 nominò una commissione con l'incarico di fare il punto della situazione e delineare le linee di azione da seguire per ridurre al minimo il rischio di una collisione con la Terra da parte di qualcuno di questi oggetti. Successivamente il Consiglio d'Europa ha emanato una raccomandazione, peraltro finora disattesa, affinché le ricerche in questo campo vengano adeguatamente finanziate. Nonostante a livello nazionale niente sia stato fatto al riguardo, un forte interesse è stato dimostrato a livello locale: la Regione Piemonte, anche con la partecipazione della Regione Veneto, ha infatti finanziato il programma "Impact", che sotto l'egida dell'Alenia Aerospazio e con la collaborazione scientifica dell'Osservatorio Astronomico di Torino e del centro di ricerche spaziali Dlr di Berlino ha come compito quello di valutare e, se i finanziamenti proseguiranno, quello di progettare lo strumento (molto probabilmente un satellite dedicato) più adatto allo studio della natura fisica degli oggetti già noti e di quelli che vengono continuamente scoperti: informazioni fondamentali nel caso in cui si dovesse intervenire per deviare o distruggere un asteroide in rotta di collisione con la Terra. Un primo rapporto su "Impact" sarà presentato il 27 aprile presso la presidenza della Regione Piemonte. Mario Di Martino Osservatorio di Torino


SCIENZE DELLA VITA Cani e gatti Tra le tante cause allergiche anche gli acari, oltre che gli amici domestici a quattro zampe
Autore: R_PEL

NOMI: RONA ROBERT
LUOGHI: ITALIA

NEI Paesi sviluppati le allergie colpiscono il 10 per cento della popolazione, con un elevato costo sociale. Nei Paesi in via di sviluppo, dove sono più frequenti le patologie parassitarie e infettive, le allergie hanno un'incidenza di gran lunga minore. Questo fenomeno indica una predisposizione influenzata dalle modificazioni ambientali e dallo stile di vita. A questo problema la Comunità Europea ha dedicato recentemente un libro bianco (European White Paper on Allergy). In Italia, una ricerca svolta nel 1980 dalla Clinica pediatrica dell'Università di Firenze, coinvolgendo oltre 2000 bambini di Coverciano, aveva dimostrato una prevalenza di allergici nell'età scolare del 20 per cento dei casi studiati. Un analogo studio epidemiologico ripetuto nel 1997 a Pontedera ha dimostrato una prevalenza del 30 per cento: un aumento del 40 per cento, in 17 anni, della sensibilizzazione allergica. I bambini colpiti avevano una concentrazione casalinga di allergeni 3 volte superiore rispetto agli altri. Il maggior "carico allergenico" delle abitazioni va ricercato nella aumentata presenza di acari (che vivono meglio nelle case riscaldate e senza frequente ricambio d'aria) e nella maggior presenza di cani e gatti domestici (in Italia sono stimati 7 milioni di animali). Per quanto riguarda il gatto, che trasmette allergie più frequentemente del cane per mezzo del pelo e della saliva (il pelo contiene la saliva del gatto), si raccomanda il lavaggio con bagno per almeno 3 minuti o pulitura con cencio bagnato. Esperienze effettuate in Germania (Ulrich Wahn - Università di Berlino) hanno evidenziato che il bagno riduce di 8 volte la concentrazione dell'allergene del gatto (denominato Fel d-1) rispetto all'uso del semplice panno. Un altro motivo di aumento delle allergie può essere legato a una sempre minor consistenza del nucleo familiare e al sempre maggior isolamento cui sono sottoposti i bambini prima della scuola elementare, per la mancanza di fratelli: la prevalenza di asma nei bambini è inversamente proporzionale al numero dei figli presenti in famiglia (Robert J. Rona - Scozia). Anche i fattori genetici e nutrizionali sono importanti. L'allattamento materno, soprattutto se prolungato oltre i 6 mesi, ha un effetto protettivo sull'allergizzazione anche a distanza di quasi 20 anni. Le proteine del latte vaccino rappresentano una frequente causa di allergie alimentari. Una possibilità di allergizzazione è legata anche all'introduzione precoce di alimenti solidi nel primo anno di vita: sono facilitate le reazioni incrociate fra pollini e alcuni alimenti. Per quanto riguarda la diagnosi precoce, Fergusson ha misurato la circonferenza cranica alla nascita di 1265 bambini neozelandesi e ha valutato, dopo 16 anni, la comparsa di crisi asmatiche. La circonferenza cranica alla nascita, di 37 centimetri o più, comporta un rischio di asma allergico 2-3 volte maggiore rispetto a bambini con misure inferiori. Si avanza l'ipotesi che fattori nutrizionali fetali possano influenzare tale comportamento (probabili squilibri nell'apporto di acidi grassi essenziali).(r. pel.)


SCIENZE FISICHE. INTELLIGENZA ARTIFICIALE Creativo il computer? Forse la macchina può fare scoperte
Autore: REBAGLIA ALBERTA

ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

UNO dei più significativi traguardi raggiunti dagli studi sull'intelligenza artificiale concerne la programmazione di sistemi di calcolo capaci di consentire al computer di riprodurre quei comportamenti razionali tipici di esperti umani che, all'interno di qualche settore di ricerca, sono posti di fronte a problemi complessi, a situazioni affrontabili solo facendo appello al proprio personale bagaglio di conoscenze, via via acquisite operando in quel campo di indagine. I successi ottenuti con questi cosiddetti " sistemi esperti" sono il risultato di un intenso lavoro compiuto su un duplice fronte: ricostruire quali processi logici siano alla base del ragionamento umano quando a guidarlo è il "buon senso", il " senso comune" dell'esperienza; e tradurre, quindi, tale procedura - mediante un linguaggio simbolico, anche molto complesso - in istruzioni interpretabili in automatico dalla macchina. I "sistemi esperti" sono oggi in grado di elaborare risposte a partire da un dato numero di premesse, traendo conclusioni che possono in seguito venire abbandonate, alla luce di ulteriori informazioni, senza per questo dover smentire o modificare alcuna delle premesse di partenza. E' questa la forma di ragionamento che accompagna le nostre considerazioni nella vita di ogni giorno, è il tipo di logica efficace nel descrivere il comportamento dell'intelligenza umana quando occorre prendere decisioni sulla base di un insieme di conoscenze imprecise e incomplete. Se, per esempio, qualcuno ci dice che P è un uccello e noi già sappiamo che gli uccelli normalmente sono in grado di volare, supporremmo che anche P sappia volare, per poi ricrederci quando qualcun altro aggiunga che P è un pinguino: continueremo a ritenere P un uccello e non modificheremo la nostra convinzione che gli uccelli di solito volano, e tuttavia concluderemo che P non sa volare. Seguendo questa impostazione, negli ultimi due decenni gli studi sull'intelligenza artificiale hanno permesso di costruire macchine sempre più sofisticate, capaci - come Assistant - di effettuare buone diagnosi in campo medico, o - come Deep Blue - di battere a scacchi i migliori campioni. Un nuovo aspetto di forte interesse dei risultati così ottenuti sta oggi appena emergendo, e già si sta rivelando promettente per i nuovi argomenti che può portare al dibattito sui fondamenti dell'indagine scientifica. Finora, infatti, abbiamo considerato questa forma di pensiero - assai distante dal rigore assoluto di quella logica che struttura i principi del metodo scientifico - utile soltanto nel gestire con saggezza le informazioni incerte e limitate che sovente costituiscono la sola guida per orientarsi nella vita di ogni giorno. Tuttavia come chiarisce Donald Gillies, filosofo della scienza e della matematica al King's College di Londra, nel suo ultimo libro Intelligenza artificiale e metodo scientifico (di cui è uscita in questi giorni la traduzione italiana presso l'editore Cortina), alcuni di questi "sistemi esperti" si sono rivelati in grado di scoprire nuove leggi di natura: per esempio, nell'ambito di una ricerca sulla struttura delle proteine il programma di apprendimento meccanico Go lem ha individuato alcune regole sui meccanismi di formazione delle sostanze prese in esame. E sono regole che, per quanto piuttosto ineleganti dal punto di vista formale e assai specifiche, erano sconosciute prima che il programma le formulasse. Creatività e progresso nella scienza, considera quindi Gillies, sembrano sorprendentemente caratterizzati da queste procedure di ragionamento, lontane dai canoni di correttezza assoluta e di rigore ideale. Tentare di comprendere "se" e "come" sia possibile giungere a scoperte scientifiche anche a partire da questo tipo di ragionamento ci pone di fronte alla necessità di analizzare quegli stessi meccanismi profondi che guidano le nostre capacità di " conoscere il mondo". Come avviene una scoperta scientifica? Nel Rinascimento, al sorgere della scienza moderna, i primi "filosofi della natura" avrebbero risposto affermando che ogni nuova conquista lungo la strada del sapere scientifico si può ottenere accumulando esperienze, "provando e riprovando" (secondo il motto dell'Accademia del Cimento). La risposta è tuttavia apparsa, nei secoli, sempre meno persuasiva; sino a giungere, all'inizio del Novecento, alla convinzione che nella scienza si potesse pervenire a nuove scoperte senza seguire una precisa procedura metodologica, ma affidandosi piuttosto al presentarsi improvviso di fortuite intuizioni, di felici lampi di creatività (utilizzando, poi, il metodo scientifico e la logica deduttiva nel controllare sperimentalmente le ipotesi così avanzate). Gli studi che si stanno conducendo nell'ambito dell'intelligenza artificiale, individuando strutture operative di pensiero efficaci seppure basate su regole logiche assai meno rigide di quelle tradizionalmente note, sembrano oggi suggerire che il processo di scoperta scientifica non si esaurisca interamente nell'attesa di sporadici momenti di illuminazione creativa. Guidata dalla stessa impostazione di ragionamento che governa l'agire quotidiano - da un insieme di pensieri che partendo da premesse incerte consentono tuttavia di ricavare conclusioni ragionevoli, adeguate alla soluzione dei problemi e forse anche capaci di indicarne soluzioni "nuove" - la creatività scientifica è, dunque, meno lontana di quanto si supponesse dalla saggezza dei primi sperimentatori rinascimentali? Meno misteriosa e distante di quanto la si intendesse? Alberta Rebaglia


SCIENZE FISICHE Geo-cicatrici Scoperti crateri da impatto nel deserto del Sahara con osservazioni radar compiute dallo Shuttle
Autore: M_DI_M

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

DA quando, nel 1994, Giove fu mitragliato dai frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9 si è fatta più intensa la ricerca di eventuali tracce sulla superficie del nostro pianeta di fenomeni analoghi che nel passato possano averlo coinvolto. Gli sforzi non sono stati vani, infatti, dall'analisi di una serie di immagini del deserto del Sahara ottenute nel 1994 dal radar ad apertura sintetica a bordo dello Space Shuttle "Endeavour", nella regione settentrionale del Ciad sono stati scoperti due crateri che a distanza relativamente breve sono allineati ad un struttura da impatto già conosciuta del diametro di una quindicina di chilometri, il cratere di Aorounga. La tecnica radar è uno strumento utilissimo per studiare regioni desertiche, in quanto le onde elettromagnetiche emesse da questo strumento possono penetrare attraverso gli strati superficiali di sabbia e rilevare dettagli e strutture geologiche che, come in questo caso, sarebbero altrimenti invisibili ad altri sensori. La catena di crateri, se indagini effettuate in situ confermeranno che la loro origine è da impatto, potrebbe essere stata formata dalla caduta, ad una velocità di 20-30 chilometri al secondo, di un piccolo asteroide delle dimensioni di 1- 3 chilometri smembratosi in tre pezzi prima dell'impatto. Osservazioni radar, questa volta però rivolte verso il cielo, hanno mostrato che alcuni degli asteroidi che passano in vicinanza del nostro pianeta e che talvolta ne incrociano l'orbita hanno forme molto allungate e sembrano essere formati da più pezzi tenuti vincolati l'uno all'altro dalla loro reciproca debole forza gravitazionale. Nel caso di un'interazione con la Terra evidentemente questi tenui legami gravitazionali verrebbero rotti provocando, come forse avvenne circa 350 milioni di anni fa, l'impatto di tre corpi distinti. L'epoca della collisione, valutata dallo studio del cratere già noto in precedenza, corrisponde al tardo periodo Devoniano durante il quale si verificarono diverse estinzioni di massa, in particolare circa il 70 per cento di tutte le specie invertebrate presenti negli oceani di allora scomparvero improvvisamente. Il tardo Devoniano fu un periodo alquanto pericoloso: a quest'epoca risalgono almeno altre quattro strutture da impatto che in breve arco di tempo (su scala geologica) sarebberio state causate dalla caduta di asteroidi, con ripercussioni sull'intero pianeta.(m. di m.)


SCIENZE DELLA VITA. PALEONUTRIZIONE Gli ominidi mangiavano pesce? E' indispensabile per lo sviluppo del cervello
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA, ALIMENTAZIONE
ORGANIZZAZIONI: BRITISH JOURNAL OF NUTRITION
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C. pricipali siti in cui si sono trovati resti riferibili a Homo Sapiens

IL ritrovamento di reperti fossili nell'Africa Orientale aveva finora indotto gli studiosi a ritenere che i primi ominidi si nutrissero prevalentemente di animali della savana, spingendoli a rifiutare la teoria nutrizionistica sulle origini dell'Homo sapiens. Da tempo infatti i nutrizionisti sostengono che particolari acidi grassi di cui sono ricchi soprattutto gli animali marini (Omega-3 Lcp) hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo del cervello e quindi hanno un peso determinante nell'evoluzione dell'uomo moderno. Oggi invece ci sono prove decisive a dimostrazione che questi fossili si trovavano in realtà proprio nelle vicinanze di un antico mare formatosi nella Rift Valley dell'Africa Orientale, quando era congiunta con il Mar Rosso. L'oceano presente in questa regione forniva una base alimentare unica che ha consentito l'aumento di dimensioni del cervello umano culminando nella comparsa dell'Ho mo sapiens. I laghi del "proto-oceano", come viene definito, erano ricchi di pesci tropicali e molluschi: entrambi contengono livelli di acidi grassi Omega-3 Lcp simili a quelli presenti nel cervello umano (Epa = acido eicosapentaenoico; Dha = acido docosaesaenoico). Una variazione nelle abitudini alimentari degli ominidi, con l'introduzione di alimenti di qualità più elevata si verificò circa 2 milioni di anni fa e fu accompagnata da un aumento delle dimensioni relative del cervello e da un processo di evoluzione che ha portato allo sviluppo fetale e neonatale odierno. Uno studio pubblicato sul British Journal of Nutrition condotto da tre Università (Beltsville-Toronto-London) rispettivamente da Broadhurst, Cunnane e Crawford, ha accertato che l'introduzione di alimenti di origine marina nella dieta degli ominidi permise infatti di evitare quella carenza di Dha (acido docosaesaenoico) associata alla perdita di volume cerebrale che è stata riscontrata invece fra le grandi scimmie e i grandi mammiferi legati ad una alimentazione terrestre. Ricordo che il termine "ominide" si riferisce alla Famiglia degli Ominidi, primati bipedi che vengono considerati un anello della linea evolutiva che porta all'uomo moderno. Il motivo principale per cui questi acidi grassi Omega-3 Lcp rappresentano una nutrizione specifica per il cervello è dovuto al fatto che il tessuto nervoso dei mammiferi è costituito prevalentemente dai lipidi (60% del peso del cervello a secco). Gli acidi grassi essenziali della serie Omega-6 Lcp e Omega-3 Lcp devono essere introdotti con l'alimentazione, in quanto non possono essere sintetizzati dal sistema nervoso centrale. Mentre nella maggior parte delle cellule il rapporto fra gli acidi grassi essenziali Omega-6 e Omega 3 è di 3-5:1, tale rapporto scende nel cervello a 1-2:1. Il cervello umano si differenzia da quello di altre specie di mammiferi in senso quantitativo, essendo di dimensioni maggiori. Inoltre richiede una quota maggiore di energia metabolica. Durante la fase più attiva dello sviluppo fetale infatti il cervello umano richiede fino al 70% dell'energia totale fornita attraverso la placenta. Questa percentuale scende al 60% dopo la nascita ed è di appena il 20% negli adulti. Gli autori dello studio concludono dicendo che, se gli acidi grassi Omega-3 Lcp rappresentano elementi nutritivi discriminanti per lo sviluppo del cervello umano, ne consegue che un'assunzione cronicamente inadeguata di queste sostanze provocherà uno sviluppo non ottimale del cervello sia nei singoli che nell'intera popolazione. Renzo Pellati


SCAFFALE Guidoni Umberto: "Il giro del mondo in 80 minuti", De Renzo Editore
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

UMBERTO Guidoni, che con Maurizio Cheli nel febbraio 1996 portò in orbita sullo shuttle il "satellite al guinzaglio" diventando il secondo astronauta italiano (il primo fu Franco Malerba), racconta ora questa straordinaria esperienza in una piccola ma interessantissima autobiografia. A mantenere alta l'attenzione del lettore è la grande quantità di informazioni che riguardano l'addestramento degli astronauti e i problemi pratici che si affrontano in orbita, dove l'assenza di peso rende complesse anche cose semplici come bere, lavarsi, dormire. Guidoni, che molti ricorderanno anche come prezioso collaboratore di "Tuttoscienze", sentì nascere la sua vocazione per lo spazio da ragazzino, quando gli regalarono un telescopio-giocattolo. Di qui la laurea in astrofisica, il lavoro da ricercatore, il desiderio di diventare astronauta-scienziato. Il volo è descritto anche attraverso una nutrita serie di fotografie a colori e un diario di bordo: "In questi 16 giorni ho viaggiato più che in tutta la mia vita: ho percorso più di 10 milioni di chilometri girando intorno alla Terra per 250 volte".


SCIENZE A SCUOLA. CD-ROM In viaggio dentro i cinque sensi
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: DIDATTICA, EDITORIA, ELETTRONICA
ORGANIZZAZIONI: DE AGOSTINI MULTIMEDIA, TECNICHE NUOVE MULTIMEDIA, MICROSOFT
LUOGHI: ITALIA

Icd-rom diventano sempre più un efficace strumento didattico che si affianca al libro (a volte addirittura accompagnandolo). Ecco le ultime novità in campo scientifico. "Che senso ha?", edito da Editoriale Scienza (Trieste) con Giunti Multimedia (Mila no), 49 mila lire Attraverso una esplorazione dei nostri sensi (vista, gusto, tatto, udito), questo volume e il cd-rom allegato propongono un viaggio divertente e giocoso alla scoperta delle meraviglie che ci sono dentro di noi e nel mondo che ci circonda, anche in quello apparentemente più quotidiano e "banale". Ottimo per gli studenti delle scuole elementari e medie e per i curiosi d'ogni età. "Il cuore" e "La pelle", edi ti da De Agostini Multimedia, 49 mila lire ciascuno "Il cuore" e "La pelle" sono i primi 2 cd-rom di un'opera più ampia, "Il corpo umano" di Albert Barillè, un "classico" della divulgazione scientifica. Le due monografie hanno dunque la stessa matrice e la medesima struttura. Il sommario della videata iniziale offre diverse possibilità di consultazione, dall'identikit dell'organo o dell'apparato in questione, al glossario dei termini medici, dall'indice delle voci alla carrellata di video e animazioni contenuti nel cd-rom. C'è la possibilità di farsi condurre per mano da una guida o di muoversi autonomamente, di spigolare tra le curiosità o di mettere alla prova quanto si è imparato attraverso un quiz. Chi già conosce l'anatomia illustrata di Barillè non si aspetti novità: le immagini e lo "stile narrativo" dell'esplorazione sono sempre gli stessi. "Micro Rangers nel corpo umano", edito da Tecniche nuove Multimedia, 45 mila li re Il povero Luigino è afflitto da diversi malanni: riusciranno i Micro Rangers a salvare il suo organismo? Questo cd-rom è più un videogioco a sfondo scientifico che un testo di scienza a sfondo giocoso. In ogni caso, chiudendo gli occhi su alcuni limiti e superficialità "necessarie" per dare fluidità all'azione, la simpatia dei personaggi, la fantasia dimostrata dagli autori e la bontà della grafica meritano apprezzamento. Anche perché si tratta di una produzione tutta italiana che, per evitare la sudditanza culturale di prodotti comprati all'estero e frettolosamente tradotti in italiano, è bene incoraggiare. L'avventura multimediale nel corpo umano diventa l'occasione per apprendere il funzionamento dei vari apparati e di ciascun organo. "Oceani", edito da Micro soft (Segrate), 130 mila lire Preferite la compagnia dell'intrepida Vittoria, navigatrice solitaria, o di Remo, marinaio del Settecento? Volete essere accompagnati dalla bella Marina, oceanografa, o vi incuriosisce il punto di vista di Zarka, visitatore extraterrestre? Ognuno vi dirà la sua, ma il bello è che in nessun caso rischiate di annoiarvi: con oltre mille splendide foto, altrettanti audio-clip, 600 articoli scientifici e un centinaio di video narrati, il cd-rom "Oceani" si presenta come una vera e propria miniera di informazioni e curiosità sul "pianeta blu". Il mare, culla della vita, è decisamente sottovalutato e trascurato da noi uomini, "terricoli" troppo spesso più attenti al nostro ambiente di pianure e montagne che ai problemi degli oceani. "Animali da scoprire", Mi crosoft (Segrate), 180 mila li re Buona parte degli zoo cittadini sono stati chiusi. E ben venga, nonostante ai bambini di oggi manchi l'emozione di avventurarsi fra tigri ed elefanti, sentendosi un esploratore. Un prodotto multimediale non potrà mai rimpiazzare le emozioni vissute sulla propria pelle, ma bisogna dire che "Animali da scoprire" offre un "surrogato" di qualità ed è forse il miglior cd-rom sugli animali oggi in circolazione. Buona la scansione degli argomenti: gli animali si possono scoprire nel loro habitat (foresta, artico, deserto, oceano, prateria, palude), esplorando una precisa area geografica oppure andandoli a cercare in ordine alfabetico. Se siete pigri e non vi va di navigare per conto vostro, sono a disposizione 12 percorsi guidati. Andrea Vico


CAPELLI Individuato il gene della calvizie
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: GENETICA, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA

TRA le varie forme di calvizie di tipo ereditario vi sono quelle conosciute con il nome di alopecie. Il gene della forma più grave, detta "universale", è stato recentemente isolato sul cromosoma 8 da un gruppo di ricercatori americani. In alcuni casi, quindi, per chi ha pochi capelli e continua a perderne, si aprono, anche se su tempi non brevi, nuove speranze. Se uno dei nostri genitori ha sofferto di una perdta precoce dei capelli ci sono motivi per ritenere probabile una calvizie anche per noi? Esiste una predisposizione ereditaria alla perdita dei capelli (ben nota ai parrucchieri che hanno servito più di una generazione della stessa famiglia) ed alle forme strettamente ereditarie conosciute collettivamente come alopecie. Queste affezioni denunciano una difettosa regolazione del ciclo di crescita e caduta normale dei capelli. Le cause biologiche del disturbo sono rimaste finora sconosciute malgrado intense ricerche da parte dell'industria dei cosmetici e dei dermatologi, e questa ignoranza si riflette in una mancanza di rimedi efficaci per la calvizie. La forma più comune della caduta dei capelli coinvolge circa l'80 per cento della popolazione e viene definita come alopecia androgenetica (calvizie di tipo maschile). Un'altra forma comune, l'alopecia areata, porta alla caduta in zone circolari più o meno regolari per poi progredire fino a interessare tutto il cuoio capelluto trasformandosi così in una alopecia totale. Il tipo areato affligge 2,5 milioni di persone negli Stati Uniti e almeno altrettante in Europa, di cui cinquantamila soltanto in Italia. La forma estrema di alopecia è quella denominata "universale" in quanto, oltre a coinvolgere tutto il cuoio capelluto, rende l'intero corpo privo di peli. La forma universale era creduta fino ad ora di origine autoimmune o forse ereditaria. Fortunatamente questa forma è rara, ma è di speciale interesse per gli studiosi in quanto potrebbe nascondere il segreto di tutte le alopecie. Con la speranza di far luce sul meccanismo ciclico che alterna crescita e caduta dei capelli, un gruppo di 17 ricercatori di origine americana, inglese e pachistana hanno identificato e studiato una famiglia del Pakistan affetta da alopecia universale riscontrata in individui di ambo i sessi in 6 generazioni. Gli individui colpiti nascono con pochi capelli, che cadono completamente dopo la prima rasatura, e presentano la mancanza assoluta di peli in ogni parte del corpo. I follicoli della pelle sono rari, dilatati e privi di peli o capelli. A parte questo disturbo, sono normali e in buona salute. Spesso la ricerca medica non inizia dall'uomo ma dall'animale di laboratorio. In questo caso un precedente studio aveva dimostrato che particolari ceppi di topolini nei quali era stato asportato un gene (operazione detta di knock-out) legato ai fattori di accrescimento presentavano vistosi difetti nella formazione e distribuzione dei peli. Una particolare forma di mutazione spontanea produceva degli animali " calvi" mentre un'altra ancora dava luogo ad animali totalmente privi di peli (chiamati topolini nudi). Questi ultimi rappresentavano un'immagine fedele degli individui umani affetti da alopecia universale. Il risultato più straordinario della ricerca compiuta sui trenta individui della famiglia pachistana non è la scoperta di un gene localizzato nel cromosoma 8p12 che sembra essere legato alla alopecia universale ma il fatto che tale gene sia omologo a quello isolato nella mutazione di topolini "calvi". La relazione dimostra che sia nell'animale sia nell'uomo un gene difettoso può essere legato a un fattore essenziale per la crescita dei capelli. Nel topolino "calvo" si è riscontrato che il difetto genetico si accompagna alla scarsità di una particolare proteina sia nella pelle sia nel cervello. La presenza della proteina legata alla caduta dei capelli nell'uomo e dei peli nell'animale potrebbe costituire la chiave per sviluppare strategie terapeutiche atte a prevenire o a curare l'alopecia. Ezio Giacobini


RISTRUTTURAZIONE DEI LITORALI Ingegnere, mi aggiusti la laguna di Venezia
Autore: ANTONETTO ROBERTO

ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, VENEZIA (VE)
TABELLE: C. La Laguna di Venezia

MOLTI abitanti di Pellestrina, una delle due lunghe e sottili isole che separano la laguna di Venezia dall'Adriatico, ricordano come un incubo i primi giorni del novembre 1966. Una mareggiata senza precedenti aprì tre brecce nelle difese a mare, travolse l'isola inondando gli abitati e costrinse tremila persone ad abbandonare le case. A Pellestrina si vissero in quei giorni i momenti più drammatici della ormai storica alluvione di 31 anni fa, che fece salire il livello della laguna di quasi due metri. Pellestrina è una lingua di terra che si estende per 11 chilometri. Vi abitano 5000 persone in due pittoresche borgate di pescatori. E' così stretta che in alcuni punti la riva del mare e quella della laguna sono separate da poche decine di metri. Oggi è teatro di imponenti lavori, che rientrano nel "Progetto Litorali" della laguna veneta: la più estesa ristrutturazione di lidi mai avvenuta nel mondo. Bisogna osservare con attenzione la foto dal satellite per cogliere il disegno impresso dalla natura e dall'uomo ai litorali di Venezia: un cordone di terre lungo 46 chilometri che nello stesso tempo separa e collega due diversi mondi di acqua, l'Adriatico da una parte, il bacino lagunare dall'altra. E' costituito, da Nord verso Sud, dalla penisola del Cavallino, dalle isole del Lido e di Pellestrina e dalla penisola di Sottomarina. A colpo d'occhio è evidente che quel cordone è la prima linea di difesa della laguna contro l'Adriatico, che qui raggiunge le sue più alte escursioni di marea. Rinforzare questi lidi perciò rientra nel grande tema della salvaguardia di Venezia e della laguna. L'operazione litorali, che abbraccia un tratto di costa ancor più lungo di quei 46 chilometri, dalla foce del Piave a quella dell'Adige per un totale di 60 chilometri, ha tra l'altro un notevole interesse scientifico. Vi si applicano infatti le ricerche più avanzate di ingegneria costiera, e tecnologie che comportano mezzi paragonabili soltanto, in proporzione ai tempi, a quelli impiegati dalla Repubblica Veneta con la costruzione dei Murazzi nella seconda metà del Settecento: chilometri e chilometri di mirabili barriere in blocchi di pietra d'Istria contro le furie del mare, un'impresa che fu definita "la più superba e maestosa opera della Repubblica Serenissima". Quello che si sta realizzando oggi è uno degli otto progetti elaborati dal Consorzio Venezia Nuova, al quale sono affidati gli interventi dello Stato per la salvaguardia della laguna attraverso il ministero dei Lavori pubblici - Magistrato alle Acque. Per rendersi conto del significato di questi lavori, e, più in generale, di una tra le maggiori cause di malessere della laguna, va ricordato che mentre nei secoli scorsi il bacino minacciava di trasformarsi in terraferma, oggi invece è esposto a fenomeni di erosione. Sui litorali, in molti punti le spiagge sono state impoverite o addirittura ingoiate dal mare. Tra le altre, due cause concorrono a determinare questa situazione: la subsidenza e l'eustatismo, termini con cui gli scienziati indicano rispettivamente l'abbassamento del suolo e l'innalzamento del livello del mare. E' noto che Venezia è "sprofondata" in un secolo di 23 centimetri. Per questo mentre all'inizio del Novecento le acque alte superiori al metro invadevano in media la laguna e la città una volta l'anno, oggi ciò si verifica sette volte. Le zone più basse, come piazza San Marco, vengono allagate anche 50 volte l'anno. Ma torniamo sui litorali. Dove il mare, a Pellestrina, batteva direttamente sulla scogliera, si stanno ricostruendo dal nulla le spiagge, da tempo inesistenti. Gli studi hanno acquisito che una ampia spiaggia è il miglior fattore di smorzamento dell'energia delle onde. Per ristrutturare nove chilometri di arenile, quasi l'intero fronte dell'isola verso il mare, occorrono 4 milioni e mezzo di metri cubi di sabbia, da accumulare negli intervalli fra l'uno e l'altro dei 18 "pennelli" rocciosi che preventivamente si costruiscono. La sabbia viene prelevata in mare, a circa 12 miglia, da una nave speciale. Con la stiva piena di migliaia di tonnellate, la grande draga galleggiante si avvicina fino ad un miglio dalla costa, e, mediante un lungo tubo sul fondale, pompa verso l'arenile l'impasto di sabbia e acqua, che scaturisce come un gigantesco getto e viene subito plasmato dalle ruspe. Nelle 24 ore, senza interruzione, la nave fa la spola 4 o 5 volte. Via via, in cantieri successivi, nascono spiagge larghe diverse decine di metri. Non è tutto: fra le testate dei "pennelli" si gettano sul fondale delle sommerse barriere di massi frangi-flutti (si chiamano " berme" in gergo tecnico) che funzionano da avamposto contro la forza delle onde. Alle spalle della spiaggia viene ristrutturata la scogliera, che costituisce così una terza linea difensiva. Ancora alle spalle di questa si restaurano gli antichi Murazzi, plurisecolari ma degni di entrare nel Duemila. Più a Nord, oltre l'isola del Lido, uno scenario diverso presenta l'immagine di un capitolo già compiuto della imponente operazione costiera. I litorali della lunga penisola del Cavallino, disseminata di campeggi e di case per le vacanze, hanno cambiato volto per una estensione di 11 chilometri. Con l'impiego di 2 milioni di metri cubi di sabbia le spiagge sono state allargate anche fino a 100 metri e sono scandite da 31 nuovi "pennelli" rocciosi, regolarmente distribuiti a 300 metri l'uno dall'altro. La forma e l'orientamento di questi piccoli moli sono stati determinati dal computer, sulla base di particolari modelli matematici e fisici. Hanno lo scopo di trattenere la sabbia e di rubarne altra al mare, che sulla costa veneta dell'Adriatico è mosso in prevalenza da correnti in senso Nord- Sud. Ma non è stata solo la ricerca dei nostri giorni a governare gli interventi: ha avuto ancora qualcosa da dire anche la millenaria esperienza accumulata da Venezia nella lotta contro le acque. Infatti per diversi chilometri il litorale, prima assolutamente piatto, appare ora rialzato da ondulazioni di dune alte fino a cinque metri. E' stata la storia della laguna a suggerirne la costruzione, anzi la ricostruzione: in passato infatti la costa marina era ampiamente modellata da dune naturali ricoperte di vegetazione caratteristica. Per questo sulle dune ricreate dalle ruspe è stata reimpiantata la vegetazione originaria di laguna: tamerici, ontani e milioni di pianticelle di ammofila. Queste ultime, con le loro radici intricate e profonde, impediscono che il vento spazzi via la sabbia, anzi ne favoriscono l'accumulo. C'è stato al Cavallino un matrimonio tra criteri "naturali" e tecnologia avanzata. A quest'ultima si deve la realizzazione, dalla parte verso terra, di una barriera in rocce artificiali di basalton. Sono dei blocchi di forme geometrice capaci di incastrarsi l'uno nell'altro come mattonelle. Disposti su un piano inclinato sul quale si dissiperà l'energia delle onde qualora le mareggiate fossero tali da risalire l'intera larghezza della spiaggia. Sotto la barriera un muro impermeabile penetra in profondità per diversi metri e "taglia" gli eventuali sifonamenti. I cantieri che si susseguono sulle spiagge (il primo intervento risale al '94, ad opera completata saremo al Duemila) investiranno poi il Lido, Sottomarina e il litorale di Jesolo. Un'altra faccia dell'operazione: l'intervento sui litorali è stato concepito dal Magistrato alle Acque-Consorzio Venezia Nuova come progetto organico e globale, che investe l'intero "sistema" interposto fra laguna e mare. Di esso fanno parte i moli foranei, posti a guardia delle vie di comunicazione tra mare e laguna. Il cordone litoraneo infatti è interrotto da tre varchi, le Bocche di Porto (da Nord a Sud, Lido, Malamocco e Chioggia) attraverso i quali Adriatico e bacino lagunare si scambiano ogni giorno 400 milioni di metri cubi d'acqua; il che costituisce il normale respiro della laguna, la sua pulsazione vitale, ma diventa un problema, anche drammatico, quando condizioni astronomiche e condizioni meteorologiche si combinano nel modo più sfavorevole. E' allora che irrompono attraverso queste bocche masse d'acqua che rischiano di allagare gli abitati. I sei moli foranei che fiancheggiano le bocche, simili a bianchi sentieri di pietra protesi nel mare aperto (il molo Sud della Bocca di Lido è lungo 2800 metri) erano ormai vecchi. I più antichi, quelli di Malamocco, risalivano alla metà del secolo scorso. Le prime febbri dell'età moderna premevano allora alle soglie della laguna chiedendo strada per le grandi navi, bisognose di vie d'acqua profonde. La laguna si apriva a quello che sarebbe stato, cent'anni dopo, nel bene e nel male, il suo destino industriale: Porto Marghera alle spalle di Venezia, il Canale dei Petroli scavato fra la Bocca di Malamocco e il polo industriale, profonda ferita inferta ai fondali per permettere il transito delle petroliere in laguna. La profondità delle bocche, originariamente di 5-6 metri, è aumentata nel tempo fino a 20 e anche 30 metri in seguito all'erosione causata dal restringimento dei varchi e dalla costruzione dei moli, che hanno accelerato la velocità delle correnti nelle bocche. I moli ne hanno subito le conseguenze: cedimenti e gravi dissesti. L'intervento ha riguardato tutte le sei dighe foranee, alle quali si è lavorato nella parte fuor d'acqua (soltanto per il molo Sud della Bocca di Lido sono state gettate 600 mila tonnellate di massi) e soprattutto nella parte sommersa: è stato creato con pietrame speciale un profondo zoccolo di transizione, in grado di assecondare i movimenti del fondale. Roberto Antonetto


SCIENZE FISICHE. TELECOMUNICAZIONI Internet scende dal cielo Il sistema Isis ci darà la Super-Rete
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, TECNOLOGIA, INFORMATICA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: ALENIA AEROSPAZIO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

SI parla ormai da tempo delle "autostrade informatiche". Cioè di nuove generazioni di sistemi telematici e multimediali. Internet, tra questi snodi, è il più rivoluzionario, accanto ai servizi di tele-lavoro e tele-medicina che consentono di svolgere varie attività o curare un paziente tramite video e audio da satellite, in collegamento con vari siti sparsi nel mondo. Ed è sempre il satellite a introdurci in nuove e rivoluzionarie novità. Una delle più interessanti parla italiano, anche se ha una sigla inglese: Isis (Interactive multimedia Satellite Information System). E' un progetto coordinato dalla Alenia Aerospazio, che guida 12 partner europei nell'ambito del quarto programma quadro della Commissione Europea. Tra i partner c'è la Rai, presso il cui Centro Ricerche di Torino il progetto è stato presentato pochi giorni fa. I nuovi servizi multimediali interattivi, destinati a entrare presto nella nostra vita quotidiana, sono l'obiettivo di questo progetto costato finora 15 miliardi e sviluppato in 30 mesi, che si basa sulle nuove tecnologie digitali Dvb ormai accettate a livello mondiale. Internet, tramite questo progetto che verrà un po' alla volta allargato a livello internazionale, sarà più veloce e indipendente dalle attuali reti telefoniche terrestri. Il trucco tecnologico consiste nello sfruttare le enormi potenzialità dei satelliti in orbita geostazionaria, a 36.000 chilometri sull'equatore terrestre. L'Italia ne ha realizzato uno che è tra i più avanzati, destinato proprio ai nuovi sviluppi del multimediale: targato "Agenzia Spaziale Italiana", l'Italsat 2 da più di un anno ruota a 13 gradi Est, e copre la banda di frequenza Ka, quella tra i 20 e i 30 Gigahertz, alla base della nuova generazione di satelliti dedicati al multimediale. Allo stesso tempo, per coprire una fascia più ampia del continente europeo, si utilizzano gli "Eutelsat", che operano nella banda Ku sui 10-15 Gigahertz, e hanno la stessa posizione orbitale di "Italsat 2". E se finora i segnali dal satellite rimbalzavano come in un ponte radio da una stazione terrestre all'altra, per questi nuovi servizi "comunicheranno" tra loro in tempo reale. "Questa però è solo la fase sperimentale - spiega Francesco Rispoli, responsabile del coordinamento Isis - poiché Alenia ha già realizzato Skyplex, il nuovo sistema di comunicazione che dalla fine di febbraio orbita sul satellite Hot Bird 4, che verrà usato per piccoli ricevitori, tv regionali e fornitori di accesso Internet. Ma ciò che lancerà definitivamente il progetto sarà il nuovo satellite Astra, che verrà lanciata nel 1999, e che comincerà subito ad operare con gli Eutelsat e l'Italsat. E poi sarà la volta del progetto EuroSky Way, operativo dal 2001 in Europa: con questo sistema, verranno potenziati i servizi Isis, e si offrirà una gamma di servizi multimediali basati su Internet a costi molto bassi e competitivi, e a velocità da 20 a 100 volte maggiori rispetto alle reti telefoniche". I primi due satelliti EuroSky Way sono in via di realizzazione e costano 1200 miliardi, ma si prevede il successivo potenziamento della rete con altri tre satelliti. Si calcola che gli investimenti, entro il 2003, saranno di migliaia di miliardi a livello europeo, con possibilità di impiego per circa 6000 persone. E' un altro successo della tecnologia italiana nel settore delle telecomunicazioni: dopo la telefonia cellulare globale, stiamo per entrare nell'era del "Super- Internet". Antonio Lo Campo


SCAFFALE Jannon Giorgio: "In viaggio con la cometa", Editrice Morra (Condove)
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Un anno fa la cometa Hale- Bopp splendeva nei nostri cieli. Fa piacere ritrovarla ora in un bel libro fotografico curato da Giorgio Jannon. Le immagini sono riprese da località delle valli di Susa e del Sangone: spesso le inquadrature, oltre al cielo, riprendono anche il paesaggio, e ciò le rende particolarmente fiabesche. I contributi scritti - documenti e testimonianze - sono di astrofili, storici e appassionati di fotografia, ma anche di artisti come Francesco Tabusso, Tino Aime e Germana Albertone.


SCAFFALE Marion Andrè e Courage Anne-Laure: "La sacra Sindone", Neri Pozza
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, RELIGIONE, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

La Sindone continua a far discutere gli scienziati, e l'attuale esposizione ovviamente ha riacceso il dibattito. Oltre al Cd-Rom " Inchiesta sulla Sindone" prodotto da "La Stampa" e in distribuzione con "Specchio" segnaliamo questo studio svolto da due ingegneri francesi che fanno ricerca presso l'Institut d'optique d'Orsay. Esperti in trattamento digitale delle immagini, gli autori sono riusciti a far emergere tracce di lettere latine e greche intorno al volto impresso nel lenzuolo. Queste scritte-fantasma sembrano porre su nuove basi la questione dell'autenticità e della datazione della Sindone.


SCAFFALE Pazzuconi Aldo: "Uova e nidi", Calderini
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

E' la stagione della cova: giorni in cui gli appassionati dell'osservazione degli uccelli possono seguire la schiusa e le cure che i genitori prestano ai loro pulcini. Questo libro strutturato a pratiche schede e ricco di fotografie e di tabelle di dati è sicuramente una guida preziosa.


SCAFFALE Pennisi Antonio: "Psicopatologia del linguaggio", Carocci
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Il linguaggio è la più fedele spia della mente. Antonio Pennisi la utilizza per una originale analisi della patologia psichica. Altri titoli dell'editore Carocci (nuova denominazione della Nis, La Nuova Italia Scientifica): "Il mosaico del mondo" del geografo Giacomo Corna Pellegrini e "Mente e linguaggio negli animali" di Felice Cimatti.


SCIENZE DELLA VITA. TEMPO DI ALLERGIE Pollini Tre milioni di pazienti
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

LUOGHI: ITALIA

SIAMO nell'epoca della pollinosi, l'allergia ai pollini. E' una stagione lunga, che va dalla prima fioritura di primavera fino all'inizio dell'autunno, quando tutte le piante hanno completato il loro ciclo di riproduzione. Secondo gli ultimi dati disponibili in Italia soffrono di pollinosi il 5-7 per cento delle persone: diciamo circa tre milioni. Ma sappiamo bene che si può essere allergici anche ad alimenti, a farmaci e via dicendo, che insomma vi è tutta una serie di patologie allergiche, fra l'altro in continuo aumento. In sostanza circa il 15 per cento della nostra popolazione soffre di allergia - percentuali superiori si riscontrano in altre nazioni europee, sino al 30 per cento negli Stati Uniti. Le tecniche di biologia molecolare (clonazione dei geni, espressione delle proteine sotto forma ricombinata) consentono oggi di studiare in profondità i meccanismi della allergia. Si conoscono ormai le sequenze di oltre 60 molecole clonate, le quali vengono utilizzate come marcatori molecolari specifici delle reazioni allergiche in ricerche sperimentali e cliniche. Gli "allergeni" sono molecole di abituale presenza nel nostro ambiente, inoffensive per la maggioranza degli individui, inducenti invece in certi soggetti predisposti una produzione eccessiva di anticorpi (immunoglobuline) indicati con la sigla IgE, con i quali si legano specificamente. Alla eccessiva produzione di anticorpi segue una eccessiva liberazione di mediatori chimici. In altri termini il complesso Allergene - IgE stimola certe strutture chimiche, o recettori, situate in determinate cellule, scatenando una serie, una "cascata" complessa e intricata di reazioni e di interazioni, con la liberazione d'una moltitudine di mediatori. Ne citiamo alcuni: le citochine (comprendenti IL o interleuchine, GH-CSF o Granu locyte-monocyte colony sti mulating factor, IFN o interferone), mediatori lipidici (prostaglandine, leucotrieni, PAF o Platelet activating factor), amine vaso-attive (istamina, serotonina, bradichinina), proteasi. Questi mediatori, agendo su particolari cellule, sono i responsabili delle reazioni infiammatorie tipiche delle allergie. A questo proposito le ultime notizie arrivano, manco a dirlo, dai laboratori di biologia molecolare. Le novità riguardano i linfociti, una categoria dei globuli bianchi del sangue, e precisamente una varietà, i linfociti T, che costituiscono il sette per cento dei linfociti. Bisogna innanzi tutto ricordare che i linfociti T, aventi un ruolo fondamentale nel modulare le risposte immunitarie, sono di due tipi, Th1 e Th2, e i linfociti Th2 sono implicati nelle reazioni allergiche. Essi sono stati trovati nella mucosa bronchiale degli asmatici, nella pelle dei colpiti da dermatite atopica, nella mucosa nasale dei sofferenti di pollinosi. Gli esperimenti sugli animali hanno confermato che la reazione allergica è un caso particolare di reazione infiammatoria governata dai linfociti Th2. Insomma l'allergia è tale in quanto sviluppa una reazione di tipo Th2 piuttosto che Th1, in risposta agli allergeni ambientali. I linfociti Th2 hanno un ruolo importante perché stimolano la produzione di IgE, gli anticorpi al cui eccesso sono legate, come si è detto sopra, le manifestazioni allergiche. Ai meccanismi propri occorre poi aggiungere la componente genetica: fortemente sospetti sono geni presenti nei cromosomi 5 e 11; l'asma e la rinite allergiche sono trasmesse almeno parzialmente dall'eredità, invece le allergie medicamentose non hanno un supporto ereditario. In futuro le questioni da chiarire saranno ancora parecchie. Per esempio: quali fattori orientano il soggetto allergico a scegliere (si fa per dire) Th2 anziché Th1? Che cosa differenzia sul piano molecolare l'allergico dal non allergico? Le risposte a queste domande permetteranno di identificare nuovi bersagli per il trattamento delle allergie. Ulrico di Aichelburg


SCAFFALE "Scienza Nuova", mensile in edicola
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, EDITORIA
LUOGHI: ITALIA

E' in edicola il primo numero di "Scienza Nuova", edizione italiana con periodicità mensile dell'affermato settimanale inglese "New Scientist". Nel fascicolo di aprile, articoli sul "cugino atlantico del Ni~no", sulla marijuana, sull'interazione debole, sulla fisiologia del parto, sul caso Di Bella. Ci sono anche contributi di collaboratori italiani. Il direttore è Emanuele Vinassa de Regny. Piero Bianucci


SCIENZE DELLA VITA. COME FANTASMI ALL'ALBA Storie di granchi tropicali Capaci di sparire all'istante sotto la sabbia
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

IL turista mattiniero che si trovi all'alba su una spiaggia tropicale può aver la fortuna di assistere ad uno spettacolo straordinario: l'invasione di un esercito di granchi fantasma. Come i fantasmi, anche questi granchi (che appartengono alla famiglia Ocipodidi) sono capaci di scomparire in un batter d'occhio, perché al minimo segno di pericolo scavano a tempo di record una buca nella sabbia e vi si infilano in un baleno. Con i loro occhi a periscopio, issati in cima a lunghi peduncoli, hanno una vista formidabile. Ad esempio, l'Ocypode ceratophtalmus porta su ciascun peduncolo oculare fino a trentamila ommatidi (occhi elementari). E ancora più eccezionale è la loro sensibilità a percepire le vibrazioni del terreno. Ogni specie ha un proprio codice di tambureggiamento, un vero e proprio alfabeto Morse, con cui il maschio può farsi riconoscere dalla femmina e invitarla a nozze. Persino nei territori più fittamente popolati da varie specie di Ocipodidi, è impossibile che avvengano matrimoni misti. La diversità dei segnali fa sì che maschi e femmine di ciascuna specie siano in grado di riconoscersi. Il fatto di poter vivere non solo in acqua, ma anche fuori, comporta per questi animali marini una serie di problemi, il primo dei quali è il pericolo di disseccamento. Come fanno a evitarlo? Se lo sono chiesti Thomas G. e Donna L. Wolcott, due ricercatori americani che hanno studiato a lungo i granchi fantasma nelle isole della Carolina del Nord e in laboratorio. Voraci predatori, questi granchi rappresentano la forza dominante nell'ecosistema costiero. La notte la passano scavando la sabbia umida della battigia alla ricerca di prede e all'alba risalgono la spiaggia, allontanandosi dal mare di un centinaio di metri, per tornare nei loro rifugi diurni. Prima che il sole sia alto scompaiono nel sottosuolo e la spiaggia appare deserta. Le tane sono gallerie a gomito scavate per un tratto in direzione verticale e poi in direzione laterale. Nell'ansa fra i due tratti si trova sempre sabbia bagnata. Appena s'infila nella tana, il granchio fantasma bada a chiudere accuratamente l'ingresso in modo che riesca difficile individuarne l'ubicazione. Come fa? Porta all'entrata del foro un carico di sabbia e quando vi s'infila dentro, lascia sporgere fuori l'ultimo segmento delle zampe, con il quale preme sull'entrata la sabbia rimasta all'esterno. Appena questo tappo è ultimato, anche le zampe vengono ritirate. Nelle paludi a mangrovie della Florida meridionale e dei Caraibi c'è un granchio fantasma di colore variabile dal bianco all'arancio, al blu, che sembra ancor più emancipato dalla vita acquatica. Infatti si spinge addirittura fino a sei o sette chilometri dal mare. E' il Cardisoma guanhumi, un gigante dalla corazza larga una quindicina di centimetri (impiega una ventina d'anni per raggiungere queste dimensioni), molto apprezzato dai buongustai per la sua tenera saporitissima carne. Scava gallerie profonde un paio di metri che contengono al fondo una pozza d'acqua, dove prospera una quantità di larve di zanzara e dove si trova a meraviglia un pesciolino, il Rivulus marmoratus, che vive in simbiosi con il granchio. Ed essendo ermafrodita, non deve andare in cerca di femmine per riprodursi. Si autofeconda. Ancora più indipendente dall'ambiente acquatico un piccolo granchio rosso, il Gecarcinus lateralis, che vive ai Caraibi e alle Bermuda. Lo si trova solo in terraferma ed è capace di trarre l'acqua dal sottosuolo umido. Il bello è che quando il livello del fiume si innalza rapidamente anche di un metro e mezzo dopo uno dei violenti acquazzoni tropicali, questo granchio anomalo si arrampica addirittura sugli alberi. Se non raggiunge in tempo questo rifugio, annega. Ed è davvero il colmo per un granchio. Le femmine degli ocipodidi hanno la coda ripiegata in basso per tenere il pacchetto delle uova fecondate ben incollato sotto l'addome. Ma quando lo sviluppo degli embrioni è terminato, le madri debbono raggiungere al più presto il mare per deporvi le larvette che da quelle uova sgusceranno. Ed è allora che si vedono imponenti migrazioni di femmine dirette al mare. Qui ogni femmina depone dalle 20.000 alle 200.000 minuscole larve (il numero varia secondo le dimensioni della madre), che entrano a far parte del plancton. Di plancton si cibano e diventano loro stesse il pasto di molti animali marini. Pochissime di queste larvette riescono a raggiungere l'età adulta. Forse un paio su decine di migliaia. Fra i granchi che si trovano nelle spiagge tropicali, quelli fantasma sono i più esposti alla disidratazione. Come fanno a cavarsela? Munendoli di minuscole radiotrasmittenti, i ricercatori hanno scoperto che questi granchi non vanno ogni notte verso la battigia, come si è creduto finora, e solo pochissimi (meno dell'un per cento) scavano le tane 400-500 metri lontano dall'acqua. Si avventurano comunque in cerca di prede soltanto la notte, quando il problema della disidratazione non si pone. Ma quando si spingono nel retroterra sotto il sole per scavarsi la tana, posseggono un meccanismo che consente loro di assorbire tutta l'acqua di cui hanno bisogno. Perché già a 7-8 centimetri di profondità trovano la sabbia umida. E ciuffi di peluzzi sottilissimi delle zampe sono in grado di raccogliere acqua dagli interstizi dei granelli di sabbia e di portarla alle branchie. Questa capacità di succhiare l'acqua dalla sabbia umida non ce l'hanno le specie Cardisoma e Gecarcinus, pur essendo entrambe più terrestri dei granchi Ocypode. E allora come fanno? Si arrangiano raccogliendo con le pinze goccioline di pioggia o di rugiada e utilizzando l'umidità contenuta nella loro dieta vegetariana. E se si trovano su un suolo adatto allo scavo, non mancano di fare un deposito d'acqua al fondo della tana. Ma se è prodigiosa la capacità di questi crostacei di procurarsi l'acqua, non meno prodigiosa è la loro capacità di mantenere inalterata la concentrazione salina del sangue e dei tessuti. Gli studiosi hanno scoperto che questi granchi tropicali hanno la rara abilità di riciclare la loro stessa urina, ricavandone i sali minerali necessari per la vita. Isabella Lattes Coifmann


SCIENZE A SCUOLA. ASTRONOMIA PER STUDENTI Una settimana a studiare le stelle Come partecipare ai corsi gratuiti presso l'Osservatorio di Pino Torinese
ORGANIZZAZIONI: OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI PINO TORINESE, ADA ASSOCIAZIONE PER DIVULGAZIONE DELL'ASTROFISICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

STANNO arrivando in redazione i primi "temi" degli studenti che desiderano "giocare all'astronomo" per una settimana presso l'Osservatorio di Pino Torinese. C'è ancora un po' di tempo per partecipare al nostro concorso: ne ripubblichiamo il bando per chi volesse cogliere questa occasione. L'Ada (Associazione per divulgazione dell'astrofisica), in collaborazione con Tuttoscien ze e con il Comune di Pino Torinese, e con il patrocinio della Regione Piemonte, del Provveditorato agli studi della provincia di Torino, dell'Alenia Spazio, della Cassa di Risparmio di Torino e dell'Istituto Bancario San Paolo, organizza due corsi estivi della durata di una settimana ciascuno per avviare studenti delle scuole medie superiori alla conoscenza dell'astronomia e dell'astrofisica, anche come orientamento nella scelta degli studi universitari. I corsi si terranno nelle settimane dal 22 al 27 giugno e dal 31 agosto al 5 settembre. Ogni corso prevede una permanenza di sei giorni (dal lunedì al sabato) presso l'Osservatorio astronomico a Pino Torinese (a 15 chilometri da Torino) e si articolerà in una serie di lezioni diurne seguite da osservazioni durante la notte. Gli studenti, in numero massimo di 20 per ogni corso, verranno alloggiati a Pino Torinese presso famiglie e trasferiti in bus all'Osservatorio per le lezioni. Possono partecipare studenti iscritti alle scuole superiori e con età di almeno 15 anni. L'ammissione verrà decisa da un comitato di selezione costituito da tre docenti di astronomia e astrofisica indicati da Ada, " Tuttoscienze" e Comune di Pino Torinese. I concorrenti dovranno inviare a "La Stampa-Tuttoscienze" (via Marenco 32 - 10126 Torino) due temi di circa 60 righe di 60 caratteri ciascuna su argomenti di astronomia e astrofisica, uno libero e uno scelto tra quelli che qui proponiamo: 1) Che cos'è il big bang? 2) Newton e la mela: la legge di gravitazione universale 3) Le leggi di Keplero e i moti planetari 4) Il Sole: la sua importanza per l'astrofisica moderna 5) La produzione di elementi chimici nel cosmo 6) Telescopi e ricevitori: come migliorano le nostre capacità di indagare il cosmo Nella lettera di accompagnamento ai temi, che dovrà essere controfirmata da un insegnante, i concorrenti dovranno indicare: data e luogo di nascita; classe e scuola frequentata; interessi extrascolastici (sport, letture...); la settimana prescelta per partecipare al corso. I risultati della selezione saranno pubblicati su "Tuttoscienze" del 30 aprile e le ammissioni saranno notificate ai vincitori con lettera raccomandata entro il 15 maggio. Entro il 30 maggio i vincitori dovranno inviare una lettera di accettazione corredata dalla dichiarazione di iscrizione alla scuola di appartenenza. La graduatoria definita dal Comitato è insindacabile. Per informazioni ci si può rivolgere all'Osservatorio, tel. 011-810.19.25.




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