TUTTOSCIENZE 14 gennaio 98


ANNIVERSARIO Kurt Godel sulle tracce della verità
AUTORE: ODIFREDDI PIERGIORGIO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, MATEMATICA
PERSONE: GODEL KURT
NOMI: GODEL KURT
LUOGHI: ITALIA

IL 14 gennaio 1978 moriva Kurt Godel, il più grande logico del secolo, e forse della storia. La sua notorietà è dovuta a un famoso teorema, da lui dimostrato nel 1931, all'età di 25 anni: asserisce che, se si vuole che la ragione sia consistente, non si può anche pretendere che sia completa; in altre parole, se non si vuole finire prima o poi in contraddizione con se stessi, non si può pretendere di dire la propria su tutto. Una lezione che sarebbe bene imparare e ricordare. Naturalmente Godel non sarebbe diventato così famoso se si fosse limitato a enunciare massime e aforismi, e non avesse anche dimostrato i suoi teoremi. Per la fama letteraria è infatti sufficiente scovare frasi ad effetto, vere o false che siano: ad esempio, bastò a Ludwig Wittgenstein dire (non tacendo) " su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere", per guadagnarsi una presenza di rilievo sui cattivi manuali. Per la fama scientifica, invece, è necessario giustificare le proprie affermazioni, dimostrando che in effetti esse sono vere: un compito non solo arduo, ma anche fastidioso, che in genere assicura un'assenza di rilievo sugli stessi manuali. Godel concepì consistentemente la matematica come un mezzo e la filosofia come un fine, e il suo lavoro fu una continua ricerca di soluzioni matematiche di problemi filosofici. Ad esempio, l'idea fondamentale del suo stesso teorema più famoso non è che una riformulazione del contenuto della Criti ca della ragion pura di Kant. E la sua dimostrazione è una versione riveduta e corretta dell'argomento di Kant: il fatto che la completezza della ragione conduca a idee trascendentali, come Dio o l'anima, che una serie di antinomie rivela però essere pure illusioni. Godel trasferì l'intuizione di Kant alla matematica: in questo caso l'idea trascendentale che si rivela illusoria è la verità, e la dimostrazione che essa lo sia si trova già nel famoso paradosso del mentitore. La forma precisa del ragionamento di Godel mostra che in qualunque sistema matematico consistente ci devono essere verità non dimostrabili, che rendono il sistema incompleto. Questo risultato segnò la fine di Russell e Hilbert, che si illudevano di poter trovare una soluzione globale ai problemi di fondazione della matematica (la teoria degli insiemi), e l'inizio della moderna concezione matematica di Bourbaki, che si accontentò di soluzioni limitate (le strutture algebriche e topologiche). La difficoltà tecnica del teorema di Godel lo confinò dapprima negli ambienti matematici, ma esso divenne col tempo un classico: una di quelle cose, cioè, che si finiscono col conoscere anche senza averle mai viste. Al punto che, dopo cinquant'anni (meglio tardi che mai]), le idee di Godel conquistarono addirittura la filosofia sabauda. Persa per strada la parte più interessante e profonda, cioè la dimostrazione, del teorema di Godel rimasero almeno (meglio che niente]) gli slogan del pensiero debole vattimista, che si caratterizza per la consapevolezza delle proprie limitazioni, e il rifiuto di metafisiche globali. Un altro dei problemi kantiani che Gobel affrontò fu l'illusorietà del tempo. Era amico di Einstein, suo collega all'Istituto di Studi Avanzati di Princeton, e si dedicò per un certo periodo allo studio della relatività generale. Nel 1949 Godel scoprì che le equazioni cosmologiche permettono una soluzione in cui esistono linee spazio-temporali chiuse: in altre parole, come sulla Terra si può partire da un punto e ritornarci senza mai invertire la rotta, girando intorno al globo, così negli universi di Godel si può ritornare nel passato andando sempre verso il futuro. Dal che Godel dedusse che Kant aveva (o poteva aver) avuto ragione un'altra volta, sostenendo che il tempo non è una realtà fisica, bensì soltanto una forma della nostra percezione. Godel ha dunque mostrato, col suo lavoro, che con una buona motivazione filosofica si può fare della buona scienza, e che per fare buona filosofia ci vuole un buon metodo scientifico. Quanto alla cattiva scienza e alla cattiva filosofia, che perseverino pure per le loro strade: non potranno che finire entrambe dove si meritano. Piergiorgio Odifreddi Università di Torino


SCIENZE A SCUOLA. COME FUNZIONA IL FOTOFINISH Al centesimo di secondo La videocamera che riprende il traguardo
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Come funziona il fotofinish

Le prestazioni degli atleti dei nostri giorni esigono che la registrazione dei piazzamenti e dei tempi sia attendibile, rapida e in grado di cogliere differenze anche minime, difficilmente valutabili con le sole capacità umane. In una gara sui cento metri in cui siano in corsa atleti di alto livello tra il primo e l'ultimo può essere un distacco di appena 2 decimi di secondo. Occorre misurare alla perfezione anche scarti di un centesimo di secondo. E' evidente, quindi, la difficoltà di stabilire con i metodi tradizionali tempi e ordine di arrivo; è per questo che nelle riunioni internazionali di atletica viene ormai usato comunemente il cosiddetto «fotofinish», apparecchio che consiste in una videocamera che riesce a registrare sia la sequenza secondo cui gli atleti tagliano il traguardo sia i tempi.


SCIENZE DELLA VITA. LA TROTA IRIDEA Il naso contiene una bussola Scoperto il sistema che guida le migrazioni
Autore: FRONTE MARGHERITA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: WALKER MICHAEL
ORGANIZZAZIONI: NATURE
LUOGHI: ITALIA

PER non perdersi in mare aperto, navigando mesi e mesi senza avvistare neppure uno scoglio, i marinai sono passati dall'osservazione delle stelle, all'uso dell'ago magnetico, al più moderno sistema satellitare Gps. Senza disporre di questi mezzi, gli animali migratori sono altrettanto abili a non smarrire la rotta, sorvolando le distese oceaniche o nuotando sotto il pelo dell'acqua per centinaia di chilometri, diretti verso le zone più temperate dove trascorrere l'inverno, o verso i luoghi di riproduzione. A lungo i biologi hanno cercato una spiegazione a questo straordinario senso dell'orientamento, ma senza successo: le "cellule bussola" dei migratori infatti si erano mimetizzate così bene fra le strutture circostanti che soltanto l'utilizzo di tecniche di microscopia molto sofisticate ha permesso di scovarle. La scoperta è recente: l'ago magnetico che dirige il nuoto durante i lunghi spostamenti, almeno nelle trote, si trova nel naso. La ricerca di Michael Walker e dei suoi colleghi dell'Università di Auckland, in Nuova Zelanda, pubblicata su Nature alla fine dello scorso anno, ha analizzato alcuni esemplari di trota iridea (Oncorhynchus mykiss), un pesce sensibile alle variazioni di intensità del campo magnetico. Registrando l'attività elettrica dei neuroni dell'animale, operazione che permette di stabilire quali zone del cervello si attivano in relazione a uno stimolo, i biologi hanno localizzato i recettori del campo magnetico, che si trovano nella mucosa olfattiva, fianco a fianco con le cellule responsabili della percezione degli odori. Al microscopio si è visto che i recettori contengono dei granuli di magnetite del tutto simili a quelli utilizzati da alcuni batteri per orientarsi nel campo magnetico terrestre. Inoltre, queste cellule sono in stretto contatto con una delle tre ramificazioni del nervo trigemino, che termina proprio sotto la mucosa olfattiva. Secondo la ricostruzione di Walker, grazie ai granuli di magnetite, le cellule recettoriali percepiscono la variazione dell'intensità del campo magnetico e trasmettono l'informazione al nervo trigemino, che a sua volta la trasporta in una zona specifica del cervello, dove un gruppetto di poche cellule la elabora e informa il pesce sulla direzione del nuoto. E' la prima volta che nei vertebrati si riesce a individuare e a caratterizzare con precisione un organo di senso capace di rilevare il campo magnetico. Molti tentativi erano stati fatti in passato, soprattutto su piccioni viaggiatori, tartarughe marine e salmoni, ma ogni sforzo sembrava vano. La scoperta dei neozelandesi rappresenta quindi una bella rivincita per quei biologi che non hanno smesso di dedicarsi alle ricerche sul magnetismo animale nonostante lo scetticismo, cresciuto negli anni, di gran parte della comunità scientifica. La difficoltà maggiore consisteva nel fatto che tutti gli organi di senso conosciuti hanno un'architettura ben precisa, con alcune cellule che fanno da recettori collegate a neuroni i cui prolungamenti trasportano gli stimoli ad altre strutture nel cervello, in grado di elaborare le informazioni. Tutto questo mancava per il "senso del magnetismo": nessuna struttura sembrava adatta a ricevere gli stimoli, sebbene da alcuni esperimenti apparisse chiaro che la capacità di orientarsi nel campo magnetico terrestre è una prerogativa irrinunciabile per alcuni animali migratori. Tuttavia "un campo magnetico è uno stimolo piuttosto semplice rispetto a quelli percepiti dagli altri sensi", osserva su Nature Michael Walker; per questo, se si considera la complessità di organi come l'occhio o l'orecchio, "era possibile che le strutture deputate alla percezione delle variazioni magnetiche fossero piuttosto semplici, composte da un numero di cellule relativamente basso e facilmente confondibile con altri gruppi di cellule". In effetti, la bussola nasale della trota iridea è formata da pochi semplici elementi, che non sono però sfuggiti all'esame dei biologi. Margherita Fronte


SCIENZE DELLA VITA. GLI INDIOS XAVANTE IN BRASILE Un popolo a rischio In una riserva di 320 mila ettari
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
NOMI: LEEUWENBERG FRANS, PRADA MANRIQUE
LUOGHI: ESTERO, AMERICA, BRASILE
TABELLE: T. Fotografie del villaggio di Pimentel Barbosa

PUO' un esiguo popolo di cacciatori raccoglitori, che segue ancora le tradizioni dei primi nuclei umani, conservare la propria identità in un mondo dominato dai bianchi? Sono impegnati in questa impresa 600 indios Xavante che vivono nel Mato Grosso, in Brasile, in una riserva di 320.000 ettari di foresta e cerrado (un tipo di savana di erbe e arbusti presente solo nell'America meridionale) fra la Serra di Roncador e il Rio das Mortes. Il " fiume dei morti" fino a 50 anni fa era davvero il confine fra la vita e la morte per un bianco in procinto di attraversarlo. Diversamente dagli altri indios, gli Xavante rifiutavano ogni contatto con i bianchi. E non senza ragione, perché la fiducia delle altre tribù era stata ripagata con bombardamenti sui villaggi, cibo avvelenato (come sacchi di zucchero alla stricnina), e doni infetti da batteri letali: la strategia dell'uomo bianco per aprire allo sfruttamento enormi inesplorati territori. A memoria della intransigenza Xavante il più grande villaggio della riserva porta il nome di Pimentel Barbosa, l'ufficiale brasiliano convinto di potervi entrare con i suoi soldati perché aveva deposto le armi fuori dell'abitato. Furono uccisi tutti. Era il 1942: quattro anni dopo, gli Xavante accettarono di venire a patti con il Servizio di Protezione degli Indios. Ma sia chiaro: l'accordo non è mai stato considerato una sottomissione. Entrare nella riserva di Rio das Mortes oggi non significa più rischiare la vita, però noi che riaccompagniamo a Pimentel Barbosa uno di loro, Lagachixa, possiamo mettere piede a terra soltanto dopo un'esauriente spiegazione fra il capo del villaggio e il nostro uomo. In qualità di cercatore di tracce, Lagachixa collabora a un progetto del WWF per verificare se certe prede di caccia degli Xavante sono in via di estinzione, e perché. Sono stati gli stessi indios a chiedere l'intervento del WWF. Costretti a fare i conti con l'uomo bianco, hanno capito che devono impossessarsi dei suoi stessi strumenti culturali se non vogliono soccombere. La conoscenza, come la saggezza degli anziani, è un valore fondamentale nella società Xavante, dove l'esperienza di una generazione passa alla successiva attraverso le parole, dai vecchi ai giovani. Decisi a superare la distanza culturale, una quindicina di anni fa gli Xavante inviarono cinque ragazzi, fra i dieci e i quindici anni, a imparare le regole dei bianchi. Affidati ad altrettante famiglie brasiliane della città di Ribeiro Preto, Stato di San Paolo, i giovani Xavante in otto anni conseguirono un livello di istruzione sufficiente per aiutare la loro gente a far fronte al mondo esterno, continuando a vivere nella riserva di Rio das Mortes secondo le proprie tradizioni. Uno di loro è diventato il capo del villaggio di Pimentel Barbosa. Fu lui a suggerire l'intervento del WWF, quando alcuni anni fa nelle quotidiane riunioni serali del consiglio degli anziani, il Warà, emerse che certe prede di caccia sembravano in diminuzione. Un giovane zoologo del Costa Rica, Manrique Prada, oggi professore di Zoologia al Campus di Nova Xavantina dell'Università del Mato Grosso, è stata la risposta del WWF. Gli Xavante non lo presero a scatola chiusa, ma senza dichiararlo in modo esplicito lo sottoposero a un severissimo esame. Lo portarono a caccia correndo veloci nel cerrado (una tattica quasi impossibile per chi non è abituato) per vedere come resisteva alla fatica e alla sete. Lo "persero" per più giorni, tenendo d'occhio a distanza come se la cavava. Manrique confessa di aver pianto, tanto la prova fu dura. Ma alla fine lo accettarono senza riserve. Lo chiamarono Palma Solitaria, e gli affiancarono tre esperti cercatori di tracce. E' il metodo migliore per fare un censimento accurato dei grandi mammiferi, troppo elusivi per un avvistamento. Seguire Manrique e Lagachixa nelle loro ricognizioni significa scoprire un'incredibile biodiversità che si credeva scomparsa, tante sono le tracce di tapiro, pecari dal collare, giaguaro, armadillo gigante, armadillo giallo, formichiere gigante, cervo rosso (Masama americana) e cervo delle pampas (Odocoileus bezoarticus). Dopo tre anni di lavoro Manrique è arrivato alla conclusione che il formichiere gigante e il cervo delle Pampas sono effettivamente in via di estinzione nella riserva. Ma sarà il consiglio degli anziani, non il WWF nè Manrique, a decidere che provvedimenti prendere. La tecnica di caccia più utilizzata dagli Xavante è antichissima, simile a quella dei cacciatori del Paleolitico, e consiste nel circondare una zona, incendiarla e uccidere tutti gli animali in fuga. Gli Xavante usano lance, arco e frecce, ma anche fucili e pistole. Il bottino di caccia viene consumato da tutto il villaggio per molti giorni consecutivi. Se la caccia è una attività maschile, la raccolta di tuberi e frutti, insieme alla coltivazione di un po' di manioca, è femminile. La società Xavante è rigidamente divisa secondo il sesso e le fasce di età. A 10 anni i maschi lasciano la famiglia per vivere con i coetanei in una capanna di scapoli, dove per cinque anni vengono educati a vincere la fatica, il dolore e la paura e ad agire come un gruppo compatto. Nel rito finale di iniziazione tutti insieme passano venti giorni e venti notti, con brevi riposi e scarni pasti di riso, immersi fino alle ascelle nel fiume battendo ritmicamente l'acqua con le mani. A suggello della prova, un bastoncino viene infilato nel lobo forato di un orecchio: il ragazzo è diventato uomo. Oggi gli Xavante non vogliono più mandare i figli a scuola lontano, con il rischio che perdano la propria identità: si diventa Xavante giorno per giorno, nel proprio villaggio. Così hanno chiesto aiuto all'Unicef e, come risultato, un linguista dell'Università del Mato Grosso con la collaborazione del Warà degli anziani sta dando alla lingua Xavante una forma scritta con l'alfabeto fonetico e la traduzione in portoghese, e uno storico sta preparando schede di storia. La scuola è già stata costruita, appena fuori del villaggio. Come i più antichi cacciatori raccoglitori, gli Xavante hanno un profondo senso della collettività. Secondo il loro modo di pensare, un individuo isolato è finito. Quando uno di loro si ammala, tutti i parenti si riuniscono e rimangono con lui a sostenerlo. Malattie quali tubercolosi, influenza e certe forme di diarrea, verso le quali in 50 anni di contatto questi indios non hanno ancora evoluto una resistenza, hanno un esito letale. Quando i sintomi del malato non rientrano nella cultura Xavante, tutto il gruppo si sposta in città, a Nova Xavantina, per cercare aiuto dalla medicina dell'uomo bianco. Altri occidentali, come il biologo Frans Leeuwenberg dell'Unicef, lavorano con gli Xavante per la difesa del loro diritto alla sopravvivenza. Grazie agli sforzi di questa gente, alle vaccinazioni dei bambini e alle cure, la mortalità infantile è molto diminuita e la tubercolosi è sotto controllo. Risultato: in 5 anni la popolazione della riserva di Rio das Mortes è aumentata del 10%. Guardando al numero di bambini che girano nel villaggio vien da pensare che la soprappopolazione potrà essere un problema, a lungo termine. Ma i bianchi che simpatizzano con la causa Xavante scommettono sul loro futuro. Maria Luisa Bozzi


SCIENZE A SCUOLA. MATEMATICA E' casuale o probabile?
Autore: ALLASIA GIAMPIETRO

ARGOMENTI: MATEMATICA
LUOGHI: ITALIA

LE parole probabilità e caso ricorrono spesso insieme, quasi fossero sinonimi, benché la loro storia sia molto diversa e siano state associate relativamente tardi nello sviluppo del pensiero scientifico. Il vocabolo probabilità compare nel XVI secolo e deriva dal latino probabilitas, con significato di "qualità, condizione di probabile", e l'aggettivo probabile (del XIII secolo, da probabi lis), significa "che si può approvare, che si suppone o si prevede con qualche fondamento; di fatto che, pur non presentandosi come assolutamente certo, è tuttavia presumibile sia avvenuto o debba avvenire". La teoria della probabilità, detta anche matematica del caso, ha avuto origine dallo studio di problemi relativi ai giochi di azzardo, che forniscono modelli particolarmente semplici e chiari. I fondamenti della teoria risalgono alla metà del XVII secolo, ma ancora oggi gli studiosi hanno punti di vista assai differenti sul concetto di probabilità. Le teorie della probabilità, che si rifanno alle varie concezioni della probabilità, si differenziano fortemente per quel che riguarda il significato dei concetti e delle operazioni fondamentali, ma hanno in comune la struttura formale. Ciò ha consentito di enunciare le teorie astratte (assiomatiche) della probabilità che, prescindendo dai contenuti concettuali di base, si fondano esclusivamente sulle proprietà formali. La formulazione che ha incontrato più favore (dovuta al matematico russo Kolmogorov, 1933) fonda la teoria della probabilità sulla teoria della misura degli insiemi di punti. Dato un qualunque insieme U di elementi, si indica questi ultimi con il nome di punti campione, l'insieme U col nome di spazio campione. Un generico sottoinsieme E dello spazio campione U, è chiamato evento; gli unici eventi che interessano sono quelli a cui si può associare una misura (un numero compreso tra zero e uno), detta probabilità dell'evento. Gli eventi di cui si parla sono in genere accompagnati dall'aggettivo casuale; si parla dunque di eventi casuali, sia per ragioni storiche sia per richiamare la natura particolare dei fenomeni che formano oggetto di studio. L'aggettivo è evidentemente associato al sostantivo caso. L'assiomatizzazione della teoria della probabilità evita accuratamente di affrontare il problema della natura profonda del caso. Ma il caso, cacciato dalla porta, torna a far capolino dalla finestra e si riappropria di tutta la sua importanza non appena si voglia dare applicazione pratica ai risultati teorici. Insomma, non possiamo "non farci caso". Che cos'è dunque il caso? Che cosa si intende esattamente quando si parla di caso in relazione alla probabilità? Vediamo cosa dice in proposito il dizionario. Il vocabolo caso compare nel XIII secolo con derivazione dal latino casus (propriamente caduta, da cadere). Il primo significato che viene proposto è quello di "avvenimento fortuito, combinazione imprevedibile di circostanze, accidente"; seguono alcuni esempi: per caso, in maniera fortuita, per combinazione; a caso, senza scelta deliberata, senza intenzione particolare; darsi il caso, avvenire, per lo più casualmente. Purtroppo, cercando ulteriori chiarimenti circa i termini usati nella definizione di caso e delle sue locuzioni, si trova a "fortuito" la spiegazione "casuale, che si verifica per caso, senza una determinabile ragione, impreveduto", mentre ad "accidente" si legge "evento fortuito, imprevedibile", con l'esempio: per accidente, per caso. Considerando che la definizione è tautologica, circolare, verrebbe voglia di sentenziare che "il caso è chiuso". Un secondo significato è "causa imponderabile a cui si attribuisce la facoltà di determinare eventi indipendenti dalla nostra volontà, identificata di volta in volta nella fortuna, nella sorte, nel destino, e simili", con gli esempi: il caso ha deciso per lui; non conviene mai affidarsi al caso. Ancora, caso può significare "possibilità", come in: i casi sono due; un caso su cento, o "evenienza, ipotesi", come in: in caso di assenza, infortunio, morte; nel caso che. Possiamo trascurare altri significati che non fanno al caso nostro. Come si vede, la parola caso ha varie accezioni e ciascuna con sfumature differenti. Solo un paio di esse sono interessanti in rapporto alla teoria della probabilità, ma purtroppo non sono definibili in maniera assolutamente precisa. Allora, come avviene l'introduzione del caso nella matematica, "la matematizzazione del caso", come si connettono le nozioni di caso e di probabilità? Questo è di fatto possibile in più modi, che differiscono profondamente per il concetto di probabilità adottato, ma per fortuna sfociano nello stesso insieme di regole fondamentali, nella stessa struttura formale. Giampietro Allasia Università di Torino


LE CELEBRAZIONI
ARGOMENTI: MATEMATICA
PERSONE: CARROLL LEWIS
NOMI: CARROLL LEWIS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LEWIS CARROLL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LEWIS CARROLL

LE manifestazioni organizzate dal Christ Church College, in collaborazione con The Lewis Carroll Society e la University of Oxford, sono l'evento più importante dell'anno del centenario. Per la prossima estate, ad Oxford, è prevista una serie di incontri, convegni, rassegne di film e altri spettacoli ispirati ad Alice. Sarà anche possibile visitare la parte del College normalmente chiusa agli estranei. Di grande rilievo è la mostra dei lavori di Carroll, manoscritti, giochi, fotografie e libri, che si terrà nei locali dell'Oxford Museum: l'inaugurazione è in calendario per l'11 luglio, l'esposizione resterà aperta fino al 5 settembre. Un aggiornamento sulle innumerevoli iniziative proposte da università e altre istituzioni, in tutto il mondo, si trova all'home page di Lewis Carroll: http://www.lewiscarroll.or g/carroll.html A questo indirizzo, di collegamento in collegamento, si scopre quanto siano tuttora popolari i personaggi inventati da Carroll. C'è l'elenco delle associazioni che, dal Giappone all'Australia, sono dedicate ad Alice, si trovano le edizioni rare dei libri di Carroll ancora in vendita, esposizioni virtuali delle sue fotografie, i testi elettronici delle sue opere ed anche poster, magliette, carte da gioco, Cd-Rom, e tutti gli oggetti proposti dai centri commerciali virtuali presenti in rete.


SCIENZE FISICHE. TECNOLOGIA E HANDICAP La filosofia alla portata dei ciechi Con un software, un computer e un testo "su misura"
Autore: BONZO MARIALUISA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, HANDICAP
NOMI: ARDICCIONI LUCIANO, ZAPPITELLO GILBERTO
ORGANIZZAZIONI: UNIONE ITALIANA CIECHI; CASA EDITRICE D'ANNA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, PINEROLO (TO)

STUDIARE filosofia, arrancando fra il manuale, l'antologia, i riferimenti, i collegamenti, il glossario e le note, affogando in un mare di pagine, non è poi così facile per un qualsiasi studente liceale. Raccapezzarsi, diventa ancora più complesso quando lo studente è cieco o ha gravi problemi di vista. Il manuale di filosofia per i licei di Luciano Ardiccioni, corredato dall'antologia di Gilberto Zappitello, casa editrice D'Anna, accanto alla tradizionale edizione cartacea, aggiunge una antologia ipertestuale su dischetti e una versione integrale, sempre su dischetto, concepita appositamerte per non-vedenti. Molti disabili visivi, soprattutto i giovani e gli studenti, sono in realtà abilissimi nell'uso del computer. Usano due periferiche informatiche: la sintesi vocale (dà in voce ciò che si legge a video), o il display braille (permette di leggere in braille la riga su cui è posizionato il cursore). Miki 1.0 è un programma di gestione testi studiato apposta per le esigenze dei ciechi, che trovano grosse difficoltà ad affrontare ambienti informatici grafici. Realizzato da "Omero", una associazione di Pinerolo per la diffusione della cultura fra i non-vedenti, in collaborazione con l'Unione Italiana dei Ciechi, Miki permette di sfogliare il manuale, di trovare rapidamente la pagina o l'autore, di passare alla parte corrispondente sull'antologia, di seguire le connessioni fra le diverse scuole di pensiero, di segnarsi il nucleo di un paragrafo, aggiungendovi magari un proprio commento, per poter ripassare più in fretta. D'Anna ha collaborato fornendo i testi informatici utilizzati per la stampa dei due volumi e commercializza la versione per non-vedenti al costo di quella tradizionale. Con questa iniziativa editoriale parte il progetto "Lettura senza barriere" per fornire agili strumenti che mettano alla pari dei compagni gli studenti ciechi. I molti che stanno studiando, o che già hanno raggiunto il diploma e la laurea, si sono arrangiati. Alle consultazioni rigidamente sequenziali delle registrazioni o dei testi immagazzinati nel computer con lo scanner, hanno alternato i libri in braille, costosi e mastodontici (ad ogni pagina ne corrispondono tre in braille). La "Lettura senza barriere" implica comunque un lungo lavoro sui testi e per crescere ha bisogno dell'aiuto e della sensibilità delle case editrici. Marialuisa Bonzo


100 ANNI FA MORIVA LEWIS CARROLL La logica di Alice Fiabe intrise di spirito matematico
AUTORE: PEIRETTI FEDERICO
ARGOMENTI: MATEMATICA
PERSONE: CARROLL LEWIS
NOMI: LINDELL ALICE, CARROLL LEWIS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LEWIS CARROLL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LEWIS CARROLL

E'l'anno di Alice: cento anni fa moriva Charles Lutwige Dodgson, l'autore di Alice nel paese delle me raviglie, meglio noto come Lewis Carroll, pseudonimo ricavato dai suoi due nomi tradotti in latino, "Lodovicus Carolus", e anglicizzati. Ma chi era Charles Lutwige Dodgson, nato a Daresbury, nel Cheshire, il 27 gennaio 1832 e morto il 14 gennaio 1898 per le complicazioni di un banale raffreddore? Il ritratto che ne fanno i biografi non è molto benevolo. "Era uno scapolo meticoloso, compassato, pignolo, ipocondriaco, gentile, mite", dice Martin Gardner, grande esperto in giochi matematici, che ha curato una celebre edizione annotata di Alice (pubblicata in Italia da Longanesi). "Ebbe una vita priva di sesso, priva di avvenimenti, e felice". E aggiunge: "Aveva una spalla più alta dell'altra, un sorriso un pochino fuori squadra, e gli occhi azzurri non esattamente alla stessa altezza. Era sottile, non alto, di portamento eretto, rigido, e camminava in modo singolare, a scossoni. Non ci sentiva da un orecchio e balbettava tanto che gli tremava il labbro superiore. Benché ordinato diacono, predicava di rado per via di quel difetto, e non passò mai ai successivi ordini sacri". Primo di 11 figli di un pastore protestante, Carroll studiò al Christ Church College di Oxford, dove rimase poi come insegnante di matematica. Si dice che le sue lezioni fossero piuttosto noiose, ed evidentemente non amava molto far lezione, anche a causa della balbuzie, se, appena possibile, dopo il successo di Alice, a 49 anni, lasciò l'insegnamento. Ma continuò a vivere nel collegio, dedicandosi alla ricerca di giochi e rompicapi per i suoi libri e per le sue piccole amiche. La sua grande passione erano infatti le bambine, che amava fotografare nude o in posizioni leggermente ambigue. Le avvicinava sfruttando le sue doti di prestigiatore e di narratore, o con i dolci e i giochi che portava sempre con sè. Una bambina in particolare lo colpì, Alice Liddell, figlia del decano di Christ Church. L'atteggiamento di Carroll nei suoi confronti fu quello di un vero innamorato. Le scrisse lettere appassionate. A lei dedicò i suoi capolavori, Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio. Il sospetto che i suoi rapporti con Alice o con le altre bambine non siano stati sempre corretti sembrerebbe infondato. Non esiste in proposito la minima prova. Ma perché, nel 1862, la madre di Alice, quando questa aveva dieci anni, ruppe i rapporti con Carroll, invitandolo a non frequentare più la sua casa? Che cos'era successo? "La signora Liddell - scrive Carroll sul suo diario - dopo la vicenda di Lord Newry, mi ha tolto il suo favore". Restano però un mistero i fatti ai quali faceva riferimento. Carroll presenta Alice come un libro " per lo svago innocente dei bambini". Ma è difficile pensare che oggi un bambino possa capire e apprezzare lo spirito e le allusioni di uno scrittore dell'epoca vittoriana. Pochi bambini hanno letto la versione originale del racconto: Alice è nota e amata soltanto attraverso le innumerevoli semplificazioni alla Walt Disney che ne sono state fatte. Il racconto non ha una trama chiara e lineare, adatta a un bambino, ed è più una favola per adulti, un capolavoro del nonsense, con un fuoco d'artificio di giochi logici e verbali sempre divertenti. Carroll non fu un grande matematico, ma senza una buona conoscenza della matematica forse non avrebbe potuto scrivere i suoi capolavori: "Non credo proprio che possa esistere nell'universo della scienza - scrisse - un campo più affascinante, più ricco di tesori nascosti e di deliziose sorprese, di quello della matematica". Il suo testo scientifico più noto è Eu clide e i suoi rivali, pubblicato nel 1879, un dramma ambientato all'Inferno in cui vengono cacciati i moderni geometri antieuclidei, mentre i loro scritti sacrileghi sono dati alle fiamme. Anche i suoi lavori di logica vennero ignorati dai matematici contemporanei; furono riscoperti soltanto da Bertrand Russell, che segnalò i suoi problemi di logica simbolica e calcolo delle proposizioni nei Principles of Mathematics. Per l'anno del centenario è stata annunciata una nuova biografia, L'ombra del peccato. L'autrice, Karoline Leach, sostiene di aver trovato le prove che Carroll non era assolutamente un pedofilo potenziale, ma che aveva invece una relazione con la madre di Alice e usava le bambine come paravento. Chi era in realtà Charles Lutwige Dodgson? Impossibile scoprirlo: " O creature dello specchio - disse Alice - avvicinatevi] / E' un onore vedermi, un favore udirmi. / E' un alto privilegio cenare e prendere il té / Con la Regina Rossa, la Regina Bianca, e me]". Accettiamo il suo invito e divertiamoci con le sue fantastiche invenzioni e i suoi giochi di parole, senza chiederci altro. Al di là della figura indefinibile di Carroll, rimarrà sempre la sua ironica e geniale descrizione del mondo assurdo di Alice, un mondo che è anche il nostro. Accontentiamoci del suo sorriso, enigmatico come quello del gatto del Cheshire: "Bè] Mi è capitato spesso di vedere un gatto senza sorriso - pensò Alice - ma un sorriso senza gatto] E' la cosa più curiosa che abbia mai visto in vita mia]". Federico Peiretti


SCIENZE FISICHE. LA TEMPEL-TUTTLE Torna una cometa carica di storia E' vicina alla Polare, porta grandi piogge di meteore
Autore: ROMANO FULVIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

UN'altra importante cometa, la Tempel-Tuttle, torna a farci visita. Non sarà spettacolare come la Hale- Bopp. Anzi, sarà impossibile scorgerla a occhio nudo: al massimo sfiorerà l'ottava magnitudine. Eppure la Tempel-Tuttle appartiene a quel ristretto gruppo di comete che possono entrare di diritto nella storia dell'astronomia. Fu scoperta tra il 1865 e il 1866 da due celebri cacciatori di comete: Ernst Wilhelm Tempel, aiutante astronomo a Marsiglia, che andrà nel 1871 a Brera a collaborare con Schiaparelli, e Horace Tuttle, statunitense, già coscopritore di un'altra celebre cometa, la Swift-Tuttle del 1862. Ed è proprio quest'ultimo astro a permetterci di chiarire il ruolo storico della Tempel-Tuttle. La Swift-Tuttle, ricomparsa nel 1992, fu studiata nel passaggio del 1862 da Giovanni Schiaparelli, allora aiutante astronomo a Brera. Dalla specola milanese, lo studioso saviglianese scoprì la relazione tra questo astro e le celebri "lacrime di San Lorenzo", le stelle cadenti "Perseidi" del 10 agosto. In una lettera del 23 novembre 1866 a Padre Secchi, Schiaparelli collegò la "pioggia delle Perseidi" alla cometa del 1862: le orbite dello sciame meteorico e della cometa coincidevano, quando la Terra incontra l'orbita delle polveri lasciate nello spazio dal nucleo cometario, piovono le meteore. Ma la prova cruciale di ciò Schiaparelli la ebbe proprio dalla nuova cometa del 1866, co- avvistata da colui che diventerà il suo aiutante e poi astronomo ad Arcetri, Ernst Wilhelm Tempel, scopritore di ben 16 comete. A pochi mesi dalla comparsa della Tempel-Tuttle si ebbe infatti, nella mattina del 14 novembre del 1866, uno spettacolo straordinario, "un fenomeno così imponente che non si cancellerà mai più dalla mia memoria", come confesserà il direttore dell'Osservatorio di Torino, Alessandro Dorna. Migliaia di meteore luminose solcarono in poche ore il cielo, ripulito da un vento di levante, tra Orione e il Gran Carro: era la "pioggia delle Leonidi", che Schiaparelli, in una nuova lettera a Padre Secchi del 2 febbraio 1867, farà dipendere (visto che orbita e periodo, di 33 anni, coincidevano) dalle polveri lasciate nello spazio dalla Tempel-Tuttle. Fino al 25 gennaio, avremo una comoda occasione di osservare la Tempel-Tuttle: infatti in questi giorni è circumpolare. Ciò significa che non sorge e non tramonta mai, trovandosi assai vicina al polo Nord celeste. Quando fa buio, la si potrà cercare con un binocolo o, meglio, inizialmente con un piccolo telescopio, nella zona di cielo tra il Gran Carro e Cassiopea: a mezzanotte di venerdì 16 la si potrà scorgere come un oggetto di magnitudine 9 poco sopra la stella Polare. Poi, tra il 16 e il 17 novembre, vedremo se si ripeterà l'eccezionale pioggia di meteore del 1866 e del 1833. Fulvio Romano


SCIENZE FISICHE. INDUSTRIA CHIMICA Homo plasticus I biomateriali derivati dal petrolio
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: CHIMICA, TECNOLOGIA
NOMI: DEI GIULIO, SCHENETTI MARINA, CHIODINI ROBERTO
ORGANIZZAZIONI: ASSOPLAST
LUOGHI: ITALIA

GUARDATE quanti pezzi di ricambio, sembra voler dire il manichino. Plastica, acciaio, materiali ceramici e altro ancora, aiutano la medicina ad allungare la vita. Rispetto a mezzo secolo fa, infatti, la vita media si è allungata di una ventina d'anni (le donne sono in leggero vantaggio), nonostante l'imperversare del cancro, dell'Aids, delle droghe, del fumo e dell'alcol. L'uomo bionico è una realtà e la sua qualità di vita è buona. La tanto vituperata plastica - che come pochi sanno è ricavata dal petrolio, ma solo il 4 per cento del petrolio estratto viene usato allo scopo - una ventina di anni fa ha dato vita a una serie di biomateriali che hanno rivoluzionato molte pratiche chirurgiche. Ma non c'è settore medico che non abbia migliorato le sue prestazioni grazie ai nuovi polimeri che hanno permesso la produzione in serie di organi artificiali extra e endo corporei, igienicamente sicuri in quanto monouso. Basti pensare al polmone artificiale di prima generazione, una grossa macchina in acciaio: il paziente superava la crisi, poi però rischiava di ammalarsi contraendo infezioni altrui perché la macchina non era monouso e il pericolo di una imperfetta sterilizzazione era sempre presente. Questo inconveniente è stato superato con il polmone artificiale in plastica, maneggevole e monouso, come quello della Dideco, una azienda italiana che in Europa è leader del settore. I nuovi polimeri si sono rivelati insostituibili per la costruzione di organi artificiali (fegato, reni), di protesi per l'apparato cardio-circolatorio, di presidi ortopedici, oftalmologici, odontoiatrici, e di tutta una serie di prodotti costruiti secondo specifiche esigenze. "Questi nuovi polimeri sono il frutto della ricerca aerospaziale - dice Giulio Dei, ingegnere del Consorzio di bioingegneria e informatica medica di Pavia -. Le applicazioni prospettano un loro impiego intelligente nell'infinitamente piccolo, come sensori che navigano nelle vene e nelle arterie e che fanno il check up al corpo, oppure danno la caccia a un virus o segnalano la crescita irregolare di una cellula. Si sta sperimentando la costruzione di legamenti nervosi. Con il contributo di polimeri avanzati si pensa di costruire nanocomputers che potranno essere impiantati nel cervello e collegati a fibre ottiche nervose e ridare ai non vedenti la possibilità di ricreare nel cervello le immagini. Questi sono solo pochi esempi di ciò che può fare la ricerca con i polimeri". "L'angioplastica - l'alternativa alla chirurgia interventistica - non esisterebbe senza le materie plastiche - dice Marina C. Schenetti, direttore dell'Emo Centro Cuore Columbus -. Ha sostituito almeno per il 50 per cento l'intervento di by pass, ha il vantaggio di essere poco invasiva e di restituire il paziente alla vita normale in tempi brevi". Vediamo in che cosa consiste questa pratica chirurgica per meglio spiegare l'importanza degli strumenti fatti con i polimeri. L'angioplastica è la tecnica che consiste nell'introdurre una microsonda attraverso una piccola incisione nell'arteria femorale o in quella del braccio. E' così possibile inserire nell'arteria un palloncino, lungo e sottile come un vermicello, portarlo nel punto voluto e di gonfiarlo per allargare l'arteria che così riprende la sua funzionalità. E' anche possibile introdurre, con apposito palloncino, una speciale spirale metallica (stent) che mantiene aperta l'arteria, o rimuovere in vario modo, anche con tecnica laser, la placca che ostruisce l'arteria. Gli strumenti fondamentali sono tre: l'introduzione, il catetere guida, il palloncino. Ogni strumento ha una caratteristica precisa. L'introduttore, il più semplice, è fatto da diversi tipi di materiali plastici: Pebax, Polietilene, Hydro/pel. Deve essere resistente ai piegamenti, elastico, flessibile, robusto. Viene usato una sola volta e lasciato in sito il tempo necessario per introdurre il catetere guida e i vari palloncini, la cui introduzione è facilitata da un lubrificante, il silicone. Il catetere guida è il secondo oggetto fondamentale. Deve essere resistente alle piegature e duttile. Ne esistono di vari tipi, una cinquantina suddivisi in due categorie, destra e sinistra, di diversa angolazione per adattarsi alla morfologia del paziente. Nylon, Duralyn, Trilon, per il corpo del catetere e morbido Pelletano per la punta, sono le sostanze pregiate che lo compongono, ovviamente brevettate. Il palloncino è fatto essenzialmente da polimeri derivati dal polietilene (Pet) robusto, elastico e flessibile come il paraurti di un'auto, mentre il palloncino guida che porta lo stent è fatto da elastomero termoplastico, materiale resistente adattabile all'anatomia e non deformabile alle alte pressioni. Il palloncino arriva al punto di demolizione dell'ostruzione sgonfio, successivamente viene gonfiato con aria compressa e sfilato nuovamente sgonfiato. Lo stent che rimane in sito per mantenere l'arteria aperta è una spirale metallica in titanio iridio. Questo è senza dubbio l'impiego più sofisticato di un materiale comunissimo ormai indispensabile nella vita quotidiana, che diventa un problema solo quando non sappiamo gestirlo come rifiuto: "La plastica che siano abituati a considerare non riciclabile, è in realtà un combustibile più energetico del gasolio - dice Roberto Chiodini direttore di Assoplast - e le moderne tecnologie di combustione ne rendono i processi sicuri, con un recupero energetico prezioso per l'umanità".Pia Bassi


SCIENZE FISICHE. FISICA DELLE ALTE ENERGIE Cern, il futuro è rosa Acceleratore Lep potenziato, poi Lhc
Autore: BRESSAN BEATRICE

ARGOMENTI: FISICA
NOMI: MAIANI LUCIANO, MYERS STEVE
ORGANIZZAZIONI: CERN
LUOGHI: ITALIA

LUCIANO Maiani sarà il nuovo direttore scientifico del Cern e gli Stati Uniti parteciperanno con mezzo miliardo di dollari alla costruzione del prossimo acceleratore, Lhc. Sono queste le ultime notizie sul grande centro di ricerca nucleare europeo che ha sede a Ginevra. Intanto, al Lep (Large Electron Positron Collider), durante l'ultimo periodo di arresto programmato, 34 cavità a radiofrequenza in rame sono state sostituite da 64 cavità superconduttrici. In questo modo il gioiello del Cern ha potuto toccare i 91,5 Gigaelettron Volt (GeV) per fascio e fornire un'energia complessiva di 2,5 miliardi di elettrovolt per giro. Il Lep fu inaugurato nel 1989. All'inizio le particelle raggiungevano l'energia di 45,6 GeV per fascio, cioè una energia totale in collisione (nel centro di massa) di 91,2 GeV. Nei 7 anni seguenti di pieno successo scientifico l'acceleratore ha lavorato sempre alla stessa energia perché la sezione d'urto (e cioè la probabilità) per la produzione della particella Z zero, la cui scoperta valse il premio Nobel a Carlo Rubbia e Simon Van der Meer nel 1984, ha un picco molto pronunciato a 91,2 GeV (l'energia corrispondente alla massa della particella Z0). Solo successivamente sono iniziati i lavori che hanno permesso la produzione delle particelle Wpiù e W-. Con l'aggiunta delle prime cavità superconduttrici nel 1995, il Lep entrava nella sua fase 2 per lavorare a energie sempre più elevate. Nell'autunno 1996 il Lep2 aveva 120 cavità convenzionali di rame e 176 cavità superconduttrici per una tensione acceleratrice totale di circa 2 miliardi di Volt. Le cavità superconduttrici sono i veri e propri "motori" del Lep2. La struttura dell'acceleratore è costituita da 8 tratti curvi collegati fra loro da 8 sezioni diritte. Le collisioni avvengono al centro di 4 delle 8 sezioni diritte (nei rilevatori L3, Aleph, Opal e Delphi), dove i due fasci si intersecano. Ogni volta che si aumenta l'energia dei fasci bisogna tener conto della "luce di sincrotrone", cioè della perdita di energia (emessa sotto forma di radiazione elettromagnetica) che ogni elettrone e positrone subisce quando viaggia su una traiettoria curva. Già a 45 GeV questa perdita era di 130 Megaelettron Volt (MeV) per giro e a 91,5 GeV è di circa 2,1 GeV per giro. "Le cavità convenzionali in rame - afferma Steve Myers, responsabile del progetto Lep2 - oltre ad essere molto costose dal punto di vista del consumo di potenza elettrica, hanno un gradiente di tensione che non è sufficiente per compensare questa perdita di energia. Per far sì che il Lep2 raggiungesse il suo record mondiale, pr un acceleratore di questo tipo, è stato necessario sviluppare cavità a rediofrequenza superconduttrici". Queste cavità forniscono una tensione acceleratrice circa 4 volte maggiore di quella delle cavità in rame. Ciò significa che il numero necessario per raggungere l'energia voluta si riduce a un quarto. Senza contare che, non dissipando energia per effetto Joule, le cavità superconduttrici sono molto vantaggiose anche dal punto di vista del consumo di potenza elettrica. Tutta la potenza messa nelle cavità a radiofrequenza viene trasferita al fascio, mentre con quelle in rame gran parte si dissipa termicamente, producendo calore che deve essere eliminato da un opportuno circuito di raffreddamento. Un imponente sistema criogenico è stato allestito per pompare elio liquido attraverso le cavità a riofrequenza al fine di mantenere la temperatura a 4,5 gradi Kelvin, temperatura alla quale queste cavità si comportano in maniera superconduttrice. "Quando si vuole potenziare un acceleratore come il Lep - continua Steve Myers - bisogna anche tener conto del fatto che l'energia sotto forma di luce di sincrotone aumenta con la quarta potenza dell'energia del singolo elettrone (o positrone) e che la sua energia critica (il parametro che caratterizza la "durezza" dello spettro di radiazione di sincrotrone) aumenta con la terza potenza dell'energia delle particelle. Questo implica che, se per esempio l'energia del fascio raddoppia, la perdita di energia aumenta di un fattore 16 e l'energia critica della radiazione di sincrotrone di un fattore 8. Tutte le volte che il Lep2 aumenta la sua energia c'è dunque un drastico aumento dell'energia irraggiata dal fascio circolante, nonché del rischio di danneggiamento della strumentazione ad esso vicina. Prima di installare le nuove cavità superconduttrici bisogna verificare accuratamente la capacità di resistenza di tutti questi strumenti. Basti pensare che la radiazione di sincrotrone può raggiungere valori tali da fondere gli elettrodi dei misuratori di posizione del fascio (Beam Position Monitors). Questi elettrodi producono un segnale ogni volta che vengono attraversati da un pacchetto di elettroni (o positroni), permettendo così di " visualizzare" la posizione del fascio all'interno dell'acceleratore. Nel maggio del 1998 si farà l'ultimo passo, con la sostituzione di 34 cavità in rame con 32 cavità superconduttrici, per raggiungere una tensione totale di accelerazione di circa 2,9 miliardi di Volt e un'energia per fascio di 97 GeV. Qualora il Lep2 dovesse funzionare oltre la data finale prevista attualmente, il 1999, si sta studiando la possibilità di raggiungere un'energia di 100 GeV per fascio, ottimizzando il funzionamento delle cavità superconduttrici già installate aumentandone il campo elettrico da 6 a 7 MV per metro. Fino alla fine del 1999 proseguirà lo studio sistematico delle particelle Wpiù e W- ed a verificare il Modello Standard con una precisione mai raggiunta finora. Alle soglie del 2000 il Lep2 si spegnerà per lasciare il posto all'Lhc (Large Hadron Collider), con cui si studierà la nuova fisica: la supersimmetria, la violazione delle leggi di invarianza per riflessione spaziale e inversione del segno della carica e le particelle di Higgs. Beatrice A. Bressan


SCIENZE DELLA VITA. GALVANI Elettricità muscoli e nervi
Autore: ROSSI LAURA

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: GALVANI LUIGI
LUOGHI: ITALIA

LA definizione della più importante caratteristica fisiologica delle cellule nervose, cioè la capacità di condurre gli stimoli, ha avuto un percorso storico complesso. Fin dall'antichità si era ipotizzata l'esistenza di un "pneuma vitale", una sorta di fluido incorporeo che viaggiando lungo il nervo porta il muscolo a contrarsi. Attorno alle metà del XVIII secolo iniziò a farsi strada l'idea che all'origine di questo processo di conduzione potesse esserci un fenomeno elettrico. Nel 1780 Luigi Galvani, lavorando con un preparato costituito dalle zampe posteriori di una rana staccate dal tronco, in cui però non era stata interrotta la continuità tra il nervo crurale e il midollo spinale, si accorse che si poteva ottenere una forte contrazione degli arti non solo collegando il midollo spinale ad una macchina elettrostatica, ma anche toccando contemporaneamente nervo e muscolo con un arco formato da due metalli (ovvero, in base alle conoscenze dell'epoca, in assenza di una sorgente di elettricità esterna all'animale). Allo scopritore del fenomeno questa parve una prova palese dell'esistenza di una "elettricità animale" intrinseca all'organismo e capace di provocare la contrazione muscolare. D'altronde, non era nota da sempre l'esistenza, nelle torpedini, di un organo elettrico in grado di produrre potenti scariche? Il misterioso "pneuma vitale" andava così materializzandosi in un fenomeno fisico: e quale natura più adatta ad esso dell'elettricità, di cui proprio in quegli anni si andavano scoprendo le caratteristiche] Oggi sappiamo, tuttavia, che l'elettricità che nel corso dell'esperimento descritto si propaga dal nervo al muscolo, non origina dall'animale ma dalla differenza di potenziale che si stabilisce fra i due metalli a contatto. Questo fatto non sfuggì ad Alessandro Volta, che negò con forza l'esistenza dell'elettricità animale e intavolò con Galvani una lunga polemica dalla quale, più tardi, scaturì la realizzazione della pila. Ma un'altra evidenza sperimentale raccolta da Galvani era sfuggita alle pur motivate argomentazioni di Volta: lo scienziato bolognese aveva dimostrato che la contrazione degli arti della rana si poteva ottenere anche mettendo semplicemente in contatto diretto midollo spinale e muscolo, circostanza questa che escludeva il ruolo causale di una fonte di elettricità esterna. Insomma, un sasso nello stagno era ormai stato lanciato. Per ottenere nuove conoscenze occorreva innanzitutto uno strumento in grado di misurare le deboli correnti elettriche che si originano a livello nervoso e muscolare: a questo provvide il galvanometro, messo a punto attorno al 1825. Nel 1848 un fisiologo tedesco, Du Bois Reymond, dimostrò l'esistenza di "un'onda negativa" che si propaga dal nervo al muscolo e lo fa contrarre. Si andava definitivamente dimostrando che muscoli e nervi non solo sanno rispondere a stimoli di natura elettrica ma che sono in grado di produrre una sorta di corrente elettrica essi stessi. E' solo l'inizio del lungo cammino dell'elettrofisiologia: la capacità di risoluzione degli strumenti utilizzati aumenta di pari passo con la riduzione degli elettrodi, che divengono tanto piccoli (microelettrodi) da penetrare all'interno della cellula nervosa e consentire la misurazione della differenza di potenziale esistente ai due lati della membrana sia a riposo sia durante la conduzione dello stimolo (potenziale d'azione). Materiale d'eccezione per questa fase sperimentale è fornito dall'assone gigante del calamaro, dal diametro prodigioso di quasi un millimetro. In seguito viene chiarita l'origine della differenza di potenziale, da ricercarsi nella diversa distribuzione degli ioni sodio e potassio ai due lati della membrana e la natura elettrica dell'impulso nervoso si rivela più esattamente come elettrochimica. Dimostrato dunque che le cellule nervose sono entità "discrete", verificate le modalità con cui si propaga l'impulso nervoso, resta ancora da precisare come tale impulso si trasmette da una cellula all'altra; ma questa è un'altra storia. Laura Rossi


SCIENZE A SCUOLA. USARE IL MODEM Dalla vostra stanza al ciberspazio Come collegare il computer alla linea telefonica
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

SEMPRE più spesso sentiamo parlare di "telematica", la figlioletta ormai grandicella nata da un matrimonio felice dell'informatica con il sistema di telecomunicazioni. Le grandi reti della pubblica amministrazione, delle imprese, delle banche, degli impianti tecnologici - ferrovie, energia, luce, gas, telefono - e degli interi sistemi- paese sono esempi di applicazione della telematica. In queste reti il personal computer ha un ruolo sempre più importante, e anche il vostro PC, per quanto decrepito e macilento, può divenire uno strumento telematico. Per giustificare il prefisso "tele", un PC "telematico", come qualunque altro calcolatore, deve essere collegato ad altri calcolatori attraverso opportuni canali di comunicazione. Diverse sono le soluzioni possibili. In primo luogo, il vostro PC potrebbe essere collegato ad altri sistemi di elaborazione attraverso circuiti diretti numerici, o Cdn, noleggiati dalla Telecom oppure, nel futuro, da altri " carrier". In alternativa, il vostro personal potrebbe interconnettersi ad altri calcolatori attraverso una rete pubblica per la trasmissione di dati, come Itapac, la rete Fonia Dati, Isdn, Atm, per citare le sigle che corrispondono ad altrettante soluzioni possibili nel nostro Paese. Scartiamo tutte queste soluzioni perché caratterizzate da costi proibitivi. Dal punto di vista del vostro PC la rete telefonica presenta alcuni difetti gravi. In primo luogo, i tempi di "set-up", ossia i tempi necessari per connettere il chiamante al chiamato, sono molto lunghi, dell'ordine dei secondi. I cinque secondi necessari per comporre il numero sul disco combinatore paiono eterni a noi uomini, che abbiamo un cuore che batte una volta al secondo; figuratevi a un calcolatore che ha un cuore da 200 milioni di battiti al secondo] In secondo luogo, la velocità di trasmissione possibile sulla rete telefonica è relativamente limitata, dell'ordine di 28.800 bit al secondo, valore tipico di oggi, o poco più. Sono circa 3500 caratteri al secondo, insufficienti per trasmettere musica con la qualità del "compact disc" o per trasmettere un filmato, ma ampiamente sufficienti per la stragrande maggioranza delle applicazioni dell'ufficio, compresi la trasmissione o ricezione di fax e posta elettronica, il collegamento a banche dati o a calcolatori remoti, la navigazione su Internet. Come terzo difetto, la rete telefonica è stata concepita e progettata per trasmettere la voce, che ha un segnale tipicamente oscillatorio. Se colleghiamo un calcolatore a un altro direttamente sulla linea del telefono, nessun bit arriva a destinazione perché i segnali a livelli costanti o poco variabili nel tempo non attraversano la rete. Occorre allora inserire tra il calcolatore e la linea telefonica un opportuno dispositivo elettronico chiamato " modem" (modulatore-demodulatore), che converte gli "uno" e "zero" uscenti da un PC in fischi di opportuna frequenza, capaci di attraversare la rete. Ad esempio, i modem delle prime generazioni, enormi scatole metalliche delle dimensioni di una radio, usavano 4 note diverse per la trasmissione o ricezione: un "re" e un "sol" (o qualcosa di simile) per distinguere lo 0 e l'1 in una direzione dal chiamante al chiamato, e un "do" e un "fa" dell'ottava sopra per lo 0 e l'1 nella direzione opposta. Avendo divagato anche troppo, vediamo come collegare un modem al vostro PC. La prima difficoltà che incontrerete è rappresentata dal cavo di collegamento tra il PC e il modem. Infatti il modem deve essere collegato a una delle porte seriali del PC, quelle dalle quali i bit escono "in serie", uno dopo l'altro, ma sfortunatamente i connettori adottati nei vari modelli di calcolatore possono essere di tipi diversi. Il tipo di connettore più diffuso è maschio e ha 9 pin (piedini) sporgenti, 5 su una fila e 4 su una seconda fila parallela alla prima. Tuttavia, il connettore può avere anche 25 piedini su due file parallele; inoltre entrambi i connettori potrebbero essere femmine, anche se raramente. Presentatevi quindi al vostro "computer shop" con un'informazione precisa sul numero di piedini del connettore e sul suo sesso, perché, come nel campo biologico, è più usuale che un maschio si accoppi con una femmina. Spiegate anche con esattezza come è fatto il vostro attacco telefonico perché il modem deve essere collegato alla linea telefonica di casa vostra e vi è una variabilità anche nelle spine del telefono. Arrivati a casa collegate il modem al vostro PC da un lato e alla linea telefonica dall'altro; quindi alimentate il modem e premete il suo pulsante di accensione. A questo punto dovete informare il vostro calcolatore sul tipo di modem che avete installato, in modo che il programmino necessario per il suo controllo sia caricato in memoria e utilizzato nel colloquio tra il modem e il calcolatore. Per questo obiettivo, in ambiente Windows 95 dovete selezionare Av vio, Impostazioni e Pannello di controllo, nell'ordine. A questo punto un doppio clic sull'icona del modem produce l'apertura di una finestra nella quale potete selezionare il produttore e il modello del vostro modem. Se per avventura avete acquistato un modem tibetano, il cui "driver" non è contenuto in Windows 95, selezionate la voce Disco nella stessa finestra, dopo aver inserito il floppy disk che avrete trovato nella scatola del modem. Il sistema operativo caricherà dal floppy il programmino, che non faceva parte della libreria di Windows 95. Nella finestra successiva, alla quale arriverete cliccando su Avanti, dovete informare il vostro PC sulla porta a cui avete collegato il nuovo modem. Molto probabilmente dovete selezionare la voce COM1, che corrisponde alla prima porta seriale; ma, se il vostro calcolatore avesse due porte seriali e il modem fosse collegato alla seconda porta seriale, oppure se per caso aveste collegato il modem a una porta parallela, cambiate selezione sino a quando non vi riuscirà di far funzionare il modem. Dopo aver informato il vostro PC sul modem che avete collegato, dovete impostare le caratteristiche di funzionamento dello stesso modem. Per questo scopo, nella finestra a cui arrivate selezionando nell'ordine Avvio, Impostazioni, Pannello di controllo, Modem, cliccate su Proprietà e nella finestra relativa scegliete la velocità di trasmissione. Cliccate poi su Con nessione e selezionate questi tre parametri, anche se il loro significato vi è probabilmente oscuro: Bit di dati=8; Parità=N; Bit di stop=1. Come comprenderemo meglio nella prossima puntata - l'ultima, se Dio vuole di questa interminabile telenovela - con l'acquisto e il collegamento di un modem abbiamo posto le premesse per entrare con il nostro PC nella rete telefonica, e quindi nello sconfinato ciberspazio. Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino




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