TUTTOSCIENZE 10 dicembre 97


SCAFFALE Bianucci Piero: "Nati dalle stelle", Simonelli Editore
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

In 27 capitoli la storia affascinante e sempre incredibile del sistema solare, delle stelle, delle galassie, dei buchi neri e delle comete, materia bruta da cui ha avuto origine la vita e l'uomo. Per questo il titolo "Nati dalle stelle". Poiché un uomo di media corporatura - scrive Bianucci - è fatto di 15 chili di carbonio, 4 di azoto, uno di calcio, mezzo di zolfo, e mezzo di fosforo, 200 grammi di sodio, 150 di potassio e altrettanti di cloro, una quindicina di altri elementi in dosi minime e quattro secchi d'acqua" . Un volumetto da leggere e rileggere, adatto a chi sa di astronomia, e a chi non distingue Venere da un lampione e non immagina nemmeno lontanamente, per esempio, che Giove sia una immane palla di elio e idrogeno metallico duro come l'acciaio.


SCAFFALE Calabrese Giorgio e Caterina, Alberto Revelli: "La dieta in gravidanza", con le ricette di Suor Germana, Prefazione di Paola Etzi Coller Ceccarelli, Sperling & Kupfer
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

I consigli del ginecologo, le raccomandazioni del dietologo per risolvere possibili dubbi, sia in caso di gravidanze normali, che in presenza di patologie. E tabelle per stabilire cosa come e quanto mangiare, e qual è il peso ideale delle gestanti, che non è vero, come si dice, che debbano "mangiare per due".


SCIENZE A SCUOLA. RICERCHE SU INTERNET Cataloghi e motori
Autore: VALERIO GIOVANNI

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

LA Biblioteca di Babele descritta da Borges, capace di contenere tutte le conoscenze e l'universo stesso, esiste già. E' la caotica raccolta di documenti presenti sul World Wide Web, l'interfaccia grafica che ha cambiato la storia di Internet, rendendo la rete sempre più facile da consultare (e anche più allegra e colorata). Non passa giorno senza che diventino disponibili sempre nuove pagine WWW, contenenti articoli, annunci pubblicitari, informazioni e dati scientifici di ogni tipo. Come muoversi quindi nel mare magnum della rete? Come trovare ciò che serve, senza rimanerne invischiati? Per questo esistono i cataloghi, vere e proprie "pagine gialle" di Internet. I più famosi sono Magellan (www.mckinley.com) e l'onomatopeico Yahoo], come il grido di gioia alla fine della ricerca (www.yahoo.com), che si sono assunti l'improbo compito di classificare i milioni di siti Internet. Tutto lo scibile on-line è stato suddiviso per argomenti, e ordinato con un diagramma ad albero. Per esempio, se cercate informazioni proprio su Borges, dovete prima selezionare Arts: Humanities e Literature, poi Literary Fictions e infine Authors. Oltre ai cataloghi ci sono i motori di ricerca, potenti software che setacciano la rete inseguendo l'informazione desiderata. I più noti sono Lycos (www.lycos.com), sviluppato inizialmente dalla Carnegie Mellon University, il velocissimo Alta Vista della Digital (www.altavista.com), l'italiano Virgilio (da Dante in poi, questo è un nome che è una garanzia: www.virgilio.it) e il sofisticato HotBot (www.hotbot.com), specializzato in nuove tecnologie. La ricerca avviene per parole chiave. I motori avviano programmi (in gergo "robot", "spider" e " wanderer", girovaghi) capaci di avvistare e identificare le pagine Web che contengono le parole chiave, riuscendo a seguire un filo nella enorme e intricata ragnatela della rete. La ricerca è comunque sempre e soltanto testuale: pur sofisticatissimi, i motori riconoscono soltanto le parole. Ma il World Wide Web, a differenza della borgesiana Biblioteca di Babele, contiene anche (e soprattutto) immagini, registrazioni video, animazioni. Anzi, è proprio la multimedialità una delle novità più interessanti della comunicazione in rete. Così stanno nascendo motori di ricerca di immagini, anche in movimento, come WebSEEk (http://www.ctr.columbia. edu/webseek), ideato dalla Columbia University, o QBIC (wwwqbic. almaden.ibm.com) della Ibm. WebSEEk (da seek, cercare, con accento su "see", vedere) è un vero e proprio catalogo di immagini, con suddivisioni per temi che vanno dai fiori ai gatti, dalle pizze a Marilyn Monroe. Per trovarle WebSEEk esplora i documenti della rete individuando acronimi come GIF, JPEG o MPEG, che indicano file dal contenuto grafico o video. QBIC (Query by Image Content) è invece un primo prototipo di un motore di ricerca grafico. Di un'immagine, i software intelligenti di QBIC permettono di identificare i colori, di analizzarne la posizione, di valutare parametri come il contrasto o la grana. Per adesso non distinguono ancora un nudo di "Playboy" da una donna del Modigliani. Ma c'è chi giura che tra qualche anno saranno più bravi anche di Sgarbi e di Zeri. Giovanni Valerio


Colpevoli o innocenti? In sintesi l'accusa e la difesa
Autore: M_FR

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, ELETTRONICA, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA

I campi elettromagnetici sono colpevoli o innocenti? Ecco, in estrema sintesi, l'accusa e la difesa. Colpevoli perché: 1 - i dati epidemiologici che dimostrano una associazione fra esposizione ai campi elettromagnetici e insorgenza di tumori sono numerosi. 2 - la ripetitività degli esperimenti di laboratorio è un falso problema, perché gli esperimenti discordanti sono stati condotti in condizioni diverse, ma mostrano comunque un pericolo. 3 - non è necessario avere la prova definitiva per correre ai ripari. Si deve intervenire subito per far diminuire l'esposizione della popolazione all'elettromagnetismo. Innocenti perché: 1 - i dati epidemiologici sui campi elettromagnetici sono molto contrastanti, e molti studi non hanno trovato nessuna relazione fra esposizione e insorgenza di tumori o altre malattie. 2 - l'epidemiologia è una scienza statistica, pertanto non può fornire prove definitive. Bisogna provare in modo convincente che l'effetto sia plausibile biologicamente. 3 - sulle opere pubbliche: gli interventi necessari per diminuire l'esposizione ai campi elettromagnetici sono estremamente costosi (soprattutto quelli per linee elettriche). Con quei soldi si possono effettuare altri interventi, anche in campo sanitario. Prima di spendere tanto denaro bisogna essere certi che sia utile. (m. fr.)


SCAFFALE Di Sciara Notarbartolo e Massimo Demma: "Guida dei mammiferi marini del Mediterraneo", Franco Muzzio Editore
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Un volumetto, nelle intenzioni dell'autore, biologo marino, "per conoscere, amare e rispettare foche, balene e delfini che fortunosamente sopravvivono nel Mediterraneo", con dati sulle generalità delle specie, nozioni per l'identificazione, e una breve cronistoria della cetologia in Italia. Un modo per conoscerne l'aspetto, le particolarità, le abitudini, le esigenze e soprattuto i problemi. "Con l'augurio - scrive Notarbartolo - che questa generale consapevolezza ci aiuti tutti a conseguire un difficile ma necessario obiettivo: conciliare un onesto e illuminato uso delle risorse del mare, con la sopravvivenza e la prosperità di tutti gli animali che lo abitano".


SCAFFALE Kappenberger Giovanni, Kerkmann Jochen: "Il tempo in montagna", manuale di meteorologia alpina, Zanichelli
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: METEOROLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Chiaro ed esauriente manuale per capire gli andamenti meteo alpini, dall'osservazione e identificazione delle nuvole, alla valutazione dei venti, ai tanti pericoli connessi con il maltempo alle alte quote. I capitoli riguardano: Composizione dell'aria, Densità e pressione, Temperatura, Umidità, Struttura verticale dell'atmosfera, Radiazione, Vento, Nubi, Precipitazioni, Rilevamenti meteorologici, Depressioni, Anticicloni e fronti, Interpretazione delle carte, Sbarramento e favonio, e così via.


SCAFFALE Lambertini Marco e Palestra Luca: "Nati liberi", Muzzio Editore
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Istruzioni chiare e concise per saper cosa fare in caso di pronto soccorso di animali selvatici. Capita sovente infatti di trovare un uccello o un piccolo mammifero ferito, e non sapere da che parte incominciare. Nel manuale ci sono quasi tutti gli esempi possibili: fratture di ali e arti, ferite e infezioni, imbrattamento da oli e vernici, colpi di fucile, traumi da auto. Gli autori spiegano anche come evitare morsi, graffi e beccate, da parte dei feriti, non sempre consapevoli delle buone intenzioni dei soccorritori. (r. sc.)


SCAFFALE Lentini Francesco: "Personalità virtuale", Jackson Libri
AUTORE: R_SC
ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

UN programma che porta verso una futura generazione di macchine pensanti? Programmi che si sostituiscono a persone, rispondendo assennatamente all'interlocutore in tutte le lingue; intelligenze artificiali che viaggiano su Internet al posto delle persone che le hanno elaborate. E' il panorama virtuale un po' inquietante proposto dall'autore, ricercatore informatico e gionalista free lance. Allegato al volume un cd-rom con Eloisa, il programma più avanzato di conversazione in linguaggio naturale.


SCIENZE FISICHE. DALL'AMBIGUITA' ALLA VIOLENZA Ma cos'è la pedofilia? Un labile confine tra lecito e no
Autore: CAROTENUTO ALDO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, SESSO
LUOGHI: ITALIA

IL problema della pedofilia, emerso così prepotentemente in questi ultimi mesi, richiede alcune precisazioni e chiarificazioni, al fine di inserire correttamente il fenomeno nell'ambito dei comportamenti sessuali, prima ancora che criminali. La sessualità, di per sè, rimane un campo difficile da legittimare attraverso l'uso di divieti e indicazioni, giacché appartiene alla sfera dell'intimità e, in parte, dell'autolegittimazione. Cos'è allora che realmente segna il confine tra un atto sessuale e un comportamento violento e criminale? Generalmente il parametro più obbiettivo è la reciprocità del piacere: come in qualunque atto che coinvolge la relazionalità, ciò che è piacevolmente condiviso dalle parti non costituisce un gesto violento o di sopraffazione. Viceversa, quando una delle due parti in causa vive la relazione come situazione che nega la sua libertà e la sua autonomia di scelta, siamo in presenza di una violenza che va dalle sue forme più sottili - come il plagio psicologico - a quelle più manifeste di aggressione carnale. Ora nel caso della pedofilia, il confine è ancora più difficile da tracciare, giacché non si riconosce al bambino (almeno giuridicamente) la capacità di decidere e di scegliere ciò che è bene e ciò che è male per lui. Ma torniamo per un istante a domandarci cosa effettivamente si intenda per "pedofilia". Il termine allude, in maniera molto generica, a una forma di "amore per il bambino", ma in quale tipo di affettuosità questa forma si palesi resta abbastanza ambiguo. Quando Freud, quasi un secolo fa, teorizzò la presenza di una sessualità infantile, intesa come capacità del bambino di reagire piacevolmente a stimolazioni erogene, fu quasi costretto ad abiurare, se non comunque a ritrattare parte delle sue considerazioni. Semplicemente non era ammissibile che un bambino, immagine e simbolo di purezza e innocenza, fosse anch'esso "corrotto" da una pulsione sessuale. Il pregiudizio era tale che si negava ostinatamente ciò che poi nella pratica quotidiana era più che manifesto: non dimentichiamo infatti che l'epoca vittoriana ci dà molte testimonianze di atti incestuosi. E' un po' come dire che farlo era consentito, ma parlarne no: ossia che nella pratica il bambino può essere considerato oggetto e soggetto di piacere, ma nella teoria no. Tornando a quell'ambiguità circa il genere di affettuosità che è consentito scambiare con un bambino, dobbiamo allora porre con coraggio e determinazione almeno due punti fermi: innanzitutto che il bambino è capace di provare piacere, secondariamente che egli è in grado di comprendere e distinguere ciò che è piacevole da ciò che non lo è. Questa capacità di distinzione gli deriva primariamente dall'interpretazione che egli dà dei comportamenti contrastanti dell'adulto. Ad esempio: se un adulto dice ad un bambino che qualcosa è bene, ma poi il suo comportamento tradisce il contrario, ne deriva nel bambino uno stato di angoscia e di prostrazione, generato dall'evidente percezione che "qualcosa non va", ma al tempo stesso non si hanno gli strumenti interpretativi per comprendere esattamente "come dovrebbe andare". In altre parole, è la coerenza tra ciò che l'adulto fa e ciò che dice che genera la percezione della legittimità dell'atto nel bambino. Ecco allora che una carezza o un gioco erotico diventeranno sinonimo di piacere, anziché di vergogna, proprio perché è l'adulto stesso a non vergognarsene, agendo - in perfetta buona fede - per il proprio piacere, ma soprattutto per quello altrui. Diverso è quando l'adulto, nella sua ricerca di piacere, è consapevole del fatto che il suo gesto non è reciproco e altruistico, ma autocentrato: teso, pertanto, al perseguimento di una propria soddisfazione che non tiene conto di quella del partner (fino ad arrivare agli eccessi in cui il proprio piacere diventa la ferita dell'altro). Il bambino, che, non dimentichiamolo, è più sensibile dell'adulto al linguaggio non verbale (quello dei gesti, delle espressioni e delle contraddizioni), è perfettamente capace di intuire quando l'altro agisce con autentica amorevolezza nei suoi confronti, o quando cela dietro l'apparente amorevolezza intenti egoistici se non aggressivi. Fin qui siamo nell'ambito della pedofilia, che io distinguerei in due tipi: quella attivamente e consapevolmente praticata come espressione di amore verso l'altro, e pertanto benigna e altruistica; e quella passivamente esperita in maniera contraddittoria e maligna, in cui il soggetto praticante è vittima di una sua debolezza inconscia che lo porta a non curarsi affatto delle esigenze e del piacere dell'altro. Un discorso a parte va fatto, invece, per le vere e proprie aberrazioni sessuali che portano alla distruzione (psicologica o fisica) dell'altro. In questo caso, non siamo più nell'ambito della pedofilia, ma della criminalità e della violenza che pone come suo oggetto, e in maniera generalizzata, l'indifeso, il più debole: sia esso un bambino, una donna o un anziano. Aldo Carotenuto Università di Roma "La Sapienza"


SCIENZE DELLA VITA. PERCHE' NESSUNA BESTIA HA LE RUOTE? Mille modi per muoversi Un quesito sciocco in apparenza
Autore: ZULLINI ALDO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

PERCHE' non esiste nessun animale con le ruote? Ecco un esempio di domanda apparentemente sciocca, ma che esige risposte intelligenti. Quasi tutti gli animali si muovono adoperando una grande varietà di strutture: zampe, pinne, ali, ciglia, pseudopodi e altri attrezzi più o meno efficienti. Ricci e stelle di mare si spostano mediante tubicini (pedicelli) che sfruttano un complicato sistema a pressione idraulica. Le meduse nuotano contraendo ritmicamente il proprio ombrello. I serpenti, dal canto loro, possono spostarsi in ben quattro modi diversi: ondulando tutto il corpo, procedendo dritti grazie alla spinta dei muscoli cutanei, allungando a fisarmonica il corpo ripiegato ad S, e infine con veloci spostamenti laterali usati dai crotali sui terreni sabbiosi. Le chiocciole scivolano lentamente sul loro muscolo locomotore e i calamari sfrecciano utilizzando una propulsione a reazione. I lombrichi procedono nel terreno con movimenti a fisarmonica allungando e raccorciando varie porzioni del corpo. Altri animali ancora usano svariati modi, talora complessi, di spostamento. Tutti, insomma, si ingegnano in una qualche forma di movimento. E non sono pochi: le specie animali conosciute sono circa un milione e mezzo. Eppure non ce n'è una al mondo che sia dotata di un sistema rotante. Si può proprio dire che l'uomo non ha copiato la ruota dalla natura. Il problema, ripetiamo, non è banale e infatti è stato oggetto di dibattiti tra gli zoologi. Due sono le spiegazioni principali che sono state date e, delle due, l'una non esclude l'altra anche se fanno capo a due logiche completamente diverse. Secondo il primo tipo di spiegazione, l'ostacolo principale (forse insormontabile) alla formazione di ruote viventi risiede nel fatto che tutte le parti di un organismo devono essere collegate senza soluzione di continuità. Un sistema rotante, invece, è fatto da almeno due parti staccate: perno e ruota. La ruota deve poter girare liberamente intorno a un perno, senza l'intralcio di alcun collegamento (per esempio pelle, muscoli, nervi e vasi sanguigni). E' infatti evidente che in un organismo non possono esistere, nè svilupparsi, pezzi indipendenti dal resto del corpo. A pensarci bene, una soluzione ci sarebbe: ruota e perno, dapprima collegati, potrebbero formare strutture destinate a non essere più vive (come succede per le corna dei buoi). Pertanto a un certo punto dello sviluppo finirebbe la necessità del collegamento, tra perno e ruota, di nervi, vasi o altro che si possa attorcigliare. A questo punto va ricordato un fatto molto interessante: nel microscopico mondo dei batteri esistono effettivamente certe strutture filamentose (flagelli) capaci di ruotare su se stessi grazie a una sorta di perno girevole. Le minuscole dimensioni di questo sistema rotante non comportano infatti i problemi funzionali, sopra citati, tipici del mondo macroscopico. Ma va anche detto che il flagello rotante dei microbi non è propriamente una ruota, eppoi i batteri non appartengono al regno animale. Il secondo tipo di risposte al nostro problema fa appello, invece, a considerazioni di carattere ecologico. Osserviamo innanzitutto che noi siamo talmente abituati a spostarci per mezzo di sistemi rotanti (biciclette, automezzi, treni) che non pensiamo nemmeno a quanto sia rara e innaturale una superficie liscia sulla quale poter rotolare. L'ambiente naturale, infatti, è irto di irregolarità dato che è zeppo di alberi, cespugli, massi, ghiaioni, fossati e di altri ostacoli di ogni tipo. Peggio ancora se gli ipotetici animali con le ruote dovessero avere le dimensioni di un insetto: in tal caso ogni filo d'erba diverrebbe un ostacolo al movimento. Insomma, è impossibile viaggiare su ruote se mancano le strade. Ricordiamo, a questo proposito, che non sempre, nella storia umana, l'evoluzione dei trasporti è passata dalle zampe alle ruote: talora è avvenuto anche il cambiamento inverso. Nell'antichità classica, per esempio, l'Impero romano era attraversato da una rete di strade percorribili anche da carri e bighe. Ma quando, con l'inizio del Medioevo, venne a mancare un potere centrale capace di provvedere al mantenimento stradale, il commercio nel Nordafrica e nel Vicino Oriente cambiò sistema di trasporto: invece dei carri si organizzarono carovane con merci portate a dorso di cammello. Sarà anche stata un'involuzione, ma in quelle situazioni il viaggio su zampe risultava più vantaggioso di quello su ruote. Nonostante tutto, però, esistono alcuni organismi che si spostano rotolando: si tratta di piccoli cespugli che vivono nelle zone aride dell'Africa e del Nordamerica. Quando i semi sono maturi, l'intero cespuglio, che ha la forma e le dimensioni di una palla, si stacca dalle radici e rotola per lunghi tratti sulla sabbia sotto la spinta del vento. E' un modo come un altro per diffondere i propri semi. Ma, anche qui, non ci sono ruote e gli organismi in questione sono vegetali: possono rotolare quanto vogliono senza problemi di giramenti di testa. Aldo Zullini Università di Milano


UN DISEGNO DI LEGGE Nuovi parametri per gli elettrodotti
Autore: GRANDE CARLO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, ELETTRONICA, LEGGI
NOMI: CALZOLAIO VALERIO, BEVITORI PAOLO, COMBA PIETRO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

TELEFONINI, elettrodotti, forni a microonde, ripetitori tv: le sorgenti di campi elettromagnetici si moltiplicano ma il dibattito resta in balia del sensazionalismo ("cancro elettrico" alla minima esposizione) o del paternalismo (pochi tecnici e burocrati decidono per tutti, all'insegna del "sono solo storie"). Un passo avanti è il disegno di legge "per la tutela della salute della popolazione dall'inquinamento elettromagnetico", firmato dai ministeri di Ambiente, Sanità e Comunicazioni, tra poco sul tavolo del Consiglio dei ministri. E' una legge-svolta, dice il viceministro dell'Ambiente Valerio Calzolaio, perché il governo ha deciso di occuparsi del problema, superando inerzie e contrasti. Dopo la legge del '92, occorrono sì misure pragmatiche che ottimizzino le risorse (sono in ballo, ad esempio i miliardi degli elettrodotti Enel), ma anche per fare in modo che la popolazione sia meglio informata e partecipi alle decisioni. La nuova legge (che non pone limiti quantitativi ma apre la strada a decreti attuativi e leggi regionali) si fonda su una ricerca condotta dall'Istituto superiore della prevenzione e sicurezza del lavoro e dall'Istituto superiore della Sanità: essa indaga su una gamma amplissima di frequenze, tra 0 hertz e 300 gigahertz. Pietro Comba, epidemiologo dell'Istituto superiore di sanità, è tra i responsabili: conferma che nei campi a bassa frequenza (ad esempio quelli generati dalle linee ad alta tensione) gli studi internazionali più recenti confermerebbero l'ipotesi di rischi di leucemia infantile, se si abita entro alcune decine di metri dalle installazioni; il rischio è apprezzabile quando il livello di esposizione è più alto di 0,2-0,3 microtesla. La fascia più a rischio sembra essere quella che subisce esposizioni a partire da un microtesla e più. Enel e Ferrovie stimano che in Italia 300 mila persone (circa lo 0,5% della popolazione) abitino in case con più di 0,2 microtesla. Ma tra loro alcune decine di migliaia accusano livelli più alti, anche decine di microtesla. Sono quelli su cui bisogna intervenire immediatamente: il problema è che "risanare", per la legge del '92, significa che spendendo migliaia di miliardi si innalzeranno ad esempio i tralicci, magari ulteriormente violentando i paesaggi, e comunque c'è tempo fino al 2004. Il risanamento, fa osservare Paolo Bevitori, ricercatore dell'Arpa (Agenzia regionale prevenzione ambiente) dell'Emilia Romagna, interesserà sia le poche situazioni che supereranno i 100 microtesla, sia quelle (numerose) che presentano distanze inferiori a quelle previste dalla legge del '92: (28 metri per 380 kV, 18 per 220 kV e 10 per 132 kV). Risanare queste ultime situazioni comporterà un abbassamento modesto del livello di campo magnetico (ad esempio nel caso di linee a 380 kV, portare i conduttori a 28 metri significherà continuare ad essere esposti a livelli superiori a 0,2 microtesla). Per inciso, la commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti in un recentissimo documento indica in 100 microtesla il limite entro cui l'organismo è al riparo da effetti acuti, ma ciò non considera gli effetti nel lungo periodo. Il rischio esiste dunque "a qualche decina di metri", oltre gli 0,2 microtesla: cosa deciderà la legge? Per talune Regioni (Veneto e Lazio) il limite invalicabile era costruire a 150 metri dagli elettrodotti: le loro leggi sono state sospese. Quella nuova permetterà di decidere caso per caso: a 150 metri dagli elettrodotti più potenti, dice l'Istituto superiore di sanità, si eviterebbero esposizioni superiori a 0,2 microtesla. Per le alte frequenze (emittenti radio e tv, antenne per telefonini, telefoni cellulari e radar), l'Istituto denuncia una letteratura scientifica molto più povera: ma alcune ricerche suggeriscono relazioni con la leucemia infantile e danni a chi lavora vicino a taluni macchinari. Negli Stati Uniti è normale non collocare stazioni radio-base per telefonia vicino a scuole o palestre. Recentemente il Consiglio di Stato ha confermato il blocco del Tar a un'antenna per i telefonini cellulari nel centro di Roma. L'alta frequenza, ricorda Comba, espone a molti rischi: mentre nessun elettrodotto potrebbe dare 100 microtesla (soglia per non subire effetti acuti) ci sono molti macchinari, ripetitori audiovisivi e antenne urbane responsabili di esposizioni superiori. Circa l'" inquinamento indoor", la nuova legge rimanderà alle singole legislazioni già esistenti sui luoghi di lavoro, mentre per gli ambienti domestici l'etichettatura degli elettrodomestici (che dovrebbe svelare i livelli di emissione) esiste a livello europeo ma non da noi. Anche l'Istituto auspica che gli apparecchi, come è già avvenuto per i videoterminali, vengano progettati con campi elettromagnetici ridotti, inferiori a 0,2 microtesla. Tali prodotti diventerebbero commercialmente più competitivi. Per il momento si denunciano esposizioni notevoli con incubatrici, stufette, frigoriferi, lavatrici, asciugacapelli, rasoi elettrici, aspirapolvere. Una nuova cultura per tutelarsi dalle radiazioni elettromagnetiche va faticosamente diffondendosi, sotto la spinta di pubblicazioni scientifiche: come quelle del ricercatore Paolo Bevitori, una edita dalla Cuen (si intitola "Inquinamento elettromagnetico"), l'altra proposta con lo stesso titolo da Maggioli. E' il caso di non abbandonare la popolazione all'inquietante tam- tam (chissà quanto fondato) dei tubi al neon che si accendono fra le mani di chi sta sotto gli elettrodotti, delle galline che fanno meno uova e degli animali selvatici che non si trovano più nel raggio di un centinaio di metri dai tralicci. Sono sorti molti comitati come il Conacem (Coordinamento nazionale comitati a tutela dei campi magnetici) e anche Legambiente è intervenuta con uno sportello informativo telefonico un'ora la settimana (il mercoledì dalle 11 alle 12, allo 06-8626.8377). Legambiente partecipa a tavoli di lavoro con Tim, e prepara monitoraggi con il treno verde. Inoltre, come prevede la nuova legge, non va sottovalutato l'impatto sulla qualità della vita di molte sorgenti elettromagnetiche: non solo dei telefonini ma anche dei tralicci sul paesaggio. Sulle colline di Dogliani e nell'Alta Langa, ad esempio, l'Enel sta facendo passare un elettrodotto proprio su vigneti pregiati. In questi casi si potrebbero fare linee più compatte o interrare i cavi, cosa che già avviene ad esempio fra Corsica e Sardegna: una linea senza tralicci è più costosa (da 3 a 6, fino a 10 volte le linee aeree), ma se si sviluppa un mercato adeguato i costi scenderanno. Fino a quel momento, bisognerà per forza vedere alberi di acciaio che ronzano zigzagando sulle colline e sulle teste della gente? Carlo Grande


SCIENZE DELLA VITA. RAVENNA Ore babiloniche e oltremontane
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: METROLOGIA
ORGANIZZAZIONI: PLANETARIO DI RAVENNA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, RAVENNA (RA)

A partire da sabato 13 dicembre, il Planetario di Ravenna offrirà l'opportunità di leggere l'ora su un grande complesso gnomonico che occupa tutta la parete Sud-Est della struttura. Il gruppo che con le sue dimensioni (m 3,60X6,60) è sicuramente una delle strutture verticali più grandi d'Italia, è stato progettato e realizzato dall'artista e gnomonista Mario Arnaldi e costituisce il primo passo per la realizzazione di un grande progetto che intende trasformare il giardino pubblico di Ravenna, all'interno del quale si trova il Planetario, in un parco scientifico-astronomico. Nei prossimi mesi, infatti, verrà realizzato nell'area attorno al Planetario un percorso di "orologi solari". L'orologio solare segna l'ora dell'alba e del tramonto, le ore del giorno (ore oltramontane), le ore del sorgere (ore babiloniche), quelle dell'ultimo tramonto (ore italiche), l'entrata del Sole nei "segni" dello Zodiaco e il passaggio del Sole al meridiano per alcune capitali europee. L'autore ha inoltre tenuto presente le caratteristiche di Ravenna come città d'arte e nella sua opera ha inserito richiami ad alcuni importanti monumenti. Lo gnomone, ad esempio, esce da un cielo stellato che richiama la decorazione musiva del famoso Mausoleo di Galla Placidia, mentre le figure dello Zodiaco richiamano i bassorilievi che sono attorno alla base della colonna veneziana di San Vitale, di fronte al Municipio, opera di Pietro Lombardo. Alla sinistra dell'orologio sono stati dipinti l'abaco delle altezze e degli azimut, la tabella dei minuti da aggiungere o sottrarre all'ora indicata dal quadrante per poter ricavare l'ora segnata dai nostri orologi e un ciclo per la determinazione della data della Pasqua dal 1995 al 2071 che richiama una tavola marmorea del VI secolo conservata nel Museo arcivescovile. Tutto il lato destro è invece occupato da una meridiana che indica il mezzogiorno medio dell'Europa centrale e il mezzogiorno vero di Ravenna. Franco Gabici


SCIENZE FISICHE. LA VITAMINA C Per combattere i radicali liberi
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, CHIMICA
NOMI: SZENT GYORGI ALBERT
LUOGHI: ITALIA

OGGI lo scorbuto non fa più paura. Questo "killer" che in passato mieteva vittime dopo atroci sofferenze soprattutto fra i navigatori (costretti a vivere per mesi senza cibi freschi), è stato eliminato grazie agli studi di Albert Szent-Gyorgi il quale, a Cambridge nel 1928, isolò e descrisse l'importanza dell'acido ascorbico: la vitamina C. Fu insignito del Premio Nobel nel 1937. L'avvenimento è stato ricordato recentemente a Montecarlo, dove Bracco e Nfi (Nutrition Foundation of Italy) hanno colto l'occasione per verificare l'esito delle ricerche attuali su questo importantissimo principio nutritivo. Gli studi sulla vitamina C infatti, proseguono (4805 lavori scientifici pubblicati negli ultimi 20 anni), perché si tratta di una molecola così reattiva che partecipa ad un elevato numero di reazioni distribuite in tutti i tessuti biologici. Oggi gli studi sono rivolti a sottolineare l'attività antiossidante della vitamina C (che agisce unitamente ad altri antiossidanti: esempio vitamina E, flavonoidi), un sistema di difesa dell'organismo irrinunciabile per una buona salute. L'ossigeno è indispensabile alla vita, però produce anche dei derivati altamente reattivi (i cosiddetti "radicali liberi") capaci di provocare gravi danni ai costituenti basilari delle cellule. Questa situazione ha portato al suggerimento di intervenire attraverso l'assunzione di antiossidanti naturali (frutta e verdure fresche: sono raccomandate 5 porzioni al giorno) o sintetici, a dosi sufficientemente alte, per contrastare lo stress ossidativo da radicali liberi. Basta pensare alle patologie cardiovascolari. E' opinione comune che le modificazioni ossidative delle lipoproteine a bassa densità (il famigerato colesterolo Ldl) abbiano un ruolo decisivo nell'aterosclerosi e nella coronaropatia. Gli antiossidanti sono utili nella prevenzione di malattie degenerative a lungo termine, dal cancro al diabete, dalla formazione di cataratta al processo di invecchiamento. Negli Anni 70 fu suggerita la vitamina C per la cura del raffreddore. Le indagini epidemiologiche oggi hannno visto che la vitamina C non previene nuovi episodi di raffreddore nella popolazione in genere dei Paesi occidentali. E' tuttavia possibile che svolga un ruolo preventivo nei soggetti con bassi livelli di assunzione dagli alimenti, tenendo conto che è molto fragile (viene distrutta dal calore, dalla luce ed è idrosolubile). Un altro gruppo di persone in cui la vitamina C può esercitare un effetto protettivo è costituito dai soggetti sottoposti ad elevato stress fisico (Harri Emila - Università di Helsinki). In 3 studi effettuati su maratoneti, scolari, militari durante esercitazioni invernali, la vitamina C ha diminuito il numero di episodi di raffreddamento in modo statisticamente significativo. Già in condizioni normali la vitamina C è presente, a concentrazioni più elevate di altre molecole antisossidanti, nello strato fluido che ricopre e protegge le vie respiratorie. Molto spesso si è osservato che i pazienti con patologie asmatiche, enfisematose, risultano avere bassi livelli cellulari di vitamina C. Renzo Pellati


SCIENZE DELLA VITA. ETOLOGIA DEI PICCHI Solitari dalla lingua lunga Che serve ad estrarre dai tronchi insetti e larve
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ETOLOGIA
NOMI: KOENIG WALTER, MUMME RONALD
LUOGHI: ITALIA

CREDETE che sia facile studiare il comportamento degli uccelli, di creature che sfrecciano nelle vie del cielo, dove l'occhio umano non riesce a seguirle? Occorrono una pazienza e una tenacia infinite. Ma occorre anche una buona dose di coraggio quando si tratta di arrampicarsi sugli alberi a dieci- quindici metri di altezza per raggiungere un buon punto di osservazione da cui poter spiare i loro nidi arboricoli ad alta quota. E' questa l'impresa che hanno affrontato Walter D. Koenig e Ronald L. Mumme per scoprire il singolare comportamento riproduttivo del picchio delle ghiande americano, una delle 182 specie di picchi che si conoscono. Sono uccelli davvero particolari, i picchi. Ovviamente il loro nome è dovuto al fatto che picchiano col becco sul tronco degli alberi. Picchiano per costruire il nido o per mettere allo scoperto i nascondigli delle loro prede, larve o insetti adulti, che vivono nel legno. Ma quel becco funziona anche come il martelletto di uno xilofono. Il bello è che ciascuna specie martella con un proprio ritmo. Quel tambureggiare è quindi un vero e proprio linguaggio. Serve a conversare con gli amici, ma anche a cantare serenate d'amore alle future spose. Per poter colpire con tanta forza il duro legno degli alberi e riuscire a scavarlo, bisogna che cranio e cervello siano protetti da un efficace dispositivo. Ed è proprio quello che si verifica nei picchi. In questi uccelli non solo l'osso frontale è rinforzato da speciali trabecole ossee, ma ci sono alcuni muscoli cranici enormemente sviluppati che servono ad ammortizzare il violento impatto del becco contro il legno. Una volta praticato un foro nel tronco, il picchio deve estrarne la piccola preda commestibile che vi è nascosta. E per raggiungere questo scopo usa la lingua, una lingua che in alcune specie sporge dal becco addirittura per una decina di centimetri. E' una lingua sui generis che ha l'estremità corneificata e porta sulla superficie un gran numero di setole che funzionano a mò di uncini e servono a infilzare le prede. I picchi in generale sono uccelli solitari, tranne che nella stagione degli amori. Maschi e femmine hanno territori personali separati e ciascun individuo se ne sta per i fatti suoi. Ma il picchio delle ghiande fa eccezione alla regola. Gli piace far comunella con i compagni. Non è certo l'unico caso di riproduzione cooperativa fra gli uccelli. Di solito però, come avviene ad esempio fra le ghiandaie della Florida, si formano gruppi di uccelli composti da una sola coppia riproduttrice e dai loro figli che aiutano i genitori ad allevare le nuove covate. Niente di tutto questo nei picchi della Riserva Hastings di California dove gli studiosi hanno svolto le loro ricerche. Nella popolazione in esame esistono gruppi familiari che comprendono fino a una quindicina di individui, maschi e femmine di ogni età. Però i maschi e le femmine del gruppo non formano coppie fisse. I maschi riproduttori competono tra loro per accoppiarsi con le femmine. E queste depongono le loro uova nel medesimo nido. I riproduttori dello stesso sesso sono sempre parenti stretti. Così niente di più facile che un maschio si trovi a competere con due dei suoi figli. Invece i riproduttori di sesso diverso non sono quasi mai imparentati tra loro. E ciò riduce al minimo gli accoppiamenti incestuosi. I gruppi focalizzano la loro attività su un albero-magazzino, o granaio, in cui nascondono le ghiande che raccolgono. Poi si spartiscono le ghiande nascoste. Insieme difendono l'albero-magazzino e insieme pensano a nutrire e ad allevare i piccoli che si trovano nel nido comunitario. C'è però una certa forma di competizione tra i maschi nei primi stadi del processo riproduttivo, quando i riproduttori cercano di impedire ai loro colleghi del gruppo di accoppiarsi con le femmine. Ma la competizione più drammatica è quella che si verifica tra le femmine. Niente di più facile che vedere una femmina uscire in volo dal nido con un guscio d'uovo nel becco. Si è portati a pensare che sia appena sgusciato un piccolo e la madre stia facendo pulizia portando via il guscio vuoto. Ma se si va a curiosare, si trova il nido vuoto. Nessuna traccia del neonato. Cosa diavolo è successo? I ricercatori sono riusciti a svelare l'arcano dopo vari anni di appostamenti e di osservazioni. Ecco quello che hanno scoperto. Le femmine spesso afferrano le uova appena deposte dalle rivali e le vanno a nascondere in un albero vicino, come se fossero ghiande commestibili. Da quel momento le uova rubate diventano proprietà comune e vengono consumate da tutti i membri della comunità, compresa la madre. Ma succede anche di peggio. Ad esempio, una femmina depone una covata di quattro uova. Un'altra femmina in men che non si dica se le mangia. Due giorni dopo la seconda femmina, quella assassina, depone una covata di tre uova e si direbbe che la prima si vendichi, perché questa volta è lei che divora le tre uova della rivale. Dopo un break di alcuni giorni finalmente entrambe le femmine depongono simultaneamente. Solo allora le uova vengono covate e possono svilupparsi regolarmente. La distruzione occhio per occhio, dente per dente, avviene anche quando le femmine, diciamo così antagoniste, depongono le uova in nidi separati. Solo quando le due femmine depongono simultaneamente le loro covate nello stesso nido, cessa la sistematica distruzione reciproca delle uova. La cosa più sconcertante è che le femmine rivali sono spesso parenti strettissime. La competizione può contrapporre la madre alle figlie, la sorella alla sorella. Una madre e due figlie, ad esempio, sono state capaci di distruggere in dodici giorni quindici delle rispettive uova, prima di spegnere la loro fame ovicida e di deporre otto uova che finalmente sono state covate in maniera normale. Appare chiaro che la distruzione delle uova è una strategia che porta a sincronizzare l'ovodeposizione delle femmine in uno stesso nido. Ma questo è indubbiamente il sistema di riproduzione più insolito che si riscontra tra gli uccelli. Isabella Lattes Coifmann


SCIENZE DELLA VITA. DAI TETTI FOTOVOLTAICI Tanti watt gratis e puliti Ma l'Italia è in grande ritardo
Autore: LIBERO LEONARDO

ARGOMENTI: ENERGIA
LUOGHI: ITALIA

SI è tenuta nei giorni scorsi a Roma la Conferenza nazionale sulle strategie per uno sviluppo sostenibile. Ovvio il rilievo che vi è stato dato allo sfruttamento di quella solare attraverso i sistemi eliotermico e fotovoltaico. E ovvia, per chi appena conosca la materia, l'arretratezza, che vi è emersa, del nostro Paese; il quale ha 10-15.000 metri quadrati di collettori eliotermici, contro i 100.000 dell'Austria o il milione e più della Grecia; e ha forse 10 "tetti fotovoltaici" collegati alla rete elettrica, contro i mille della Svizzera, i 10.000 della Germania o gli altrettanti installati nel solo 1997 in Giappone; Paesi meno soleggiati del nostro e autosufficienti per l'elettricità, a differenza dell'Italia. Di "tetti fotovoltaici" si è già trattato su queste pagine (l'ultima volta il 28 maggio, suscitando richieste di maggiori informazioni da tutta Italia). Sono costituiti da pannelli solari o da tegole solari, simili nell'aspetto a quelle usuali, collocati sugli edifici e collegati alla rete elettrica. Sono una fonte di elettricità "pulita", senza rischi nè rumore nè sfregi al paesaggio nè sottrazione di aree al verde (utilizzando aree già occupate); ed è dimostrato che se, al limite, se ne ricoprissero tutti gli edifici esistenti, essi produrrebbero tanta elettricità da soddisfare più volte il fabbisogno di un'intera nazione. L'Italia ha un'autosufficienza elettrica del 20 per cento, produce l'80 per cento dell'elettricità da fonte termica e spende circa 20. 000 miliardi all'anno (una intera "manovra economica") per importare combustibili. Ma non ha che pochissimi "tetti fotovoltaici" collegati alla rete elettrica, per mancanza di norme tecniche relative agli "inverters" di collegamento. Un vuoto normativo almeno decennale e che continua ad onta di precisi obblighi comunitari. L'Unione Europea ha infatti emanato, in agosto 1995, la Norma Cenelec En 61727, relativa a: "Sistemi fotovoltaici - Caratteristiche dell'interfaccia di raccordo alla rete". Essa doveva essere applicata in ogni Paese membro, integrata da norme locali compatibili, entro il 1o aprile 1996, ma in Italia è stata pubblicata solo lo scorso agosto; le norme locali, deliberate nell'aprile scorso, sono entrate in vigore nei giorni scorsi. Dovremmo così sfuggire al rischio di far tagliare fuori per sempre l'Italia, come Paese produttore, dal mercato, promettentissimo, dei materiali solari; si pensi solo che gli Usa hanno in programma un milione di tetti fotovoltaici entro il 2010; con la creazione di 70. 000 nuovi posti di lavoro. E' quindi molto interessante l'intenzione del governo che l'Italia contribuisca a ridurre le emissioni di "gas serra" anche mettendo in esercizio 10.000 tetti fotovoltaici per 50. 000 kWp (circa 800 miliardi di investimento, ai costi attuali) entro il 2002. Leonardo Libero


ELETTROMAGNETISMO Trafitti da onde silenziose Ancora incerti gli effetti sulla salute
Autore: FRONTE MARGHERITA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, ELETTRONICA
ORGANIZZAZIONI: OMS
LUOGHI: ITALIA

I campi elettromagnetici e le radiazioni non ionizzanti sono una componente invisibile del nostro ambiente quotidiano, un fattore silenzioso di cui solitamente neppure ci accorgiamo, che diventa un problema solo quando qualcuno decide di far passare a pochi metri da casa nostra una linea elettrica dell'alta tensione. Eppure le sorgenti elettromagnetiche sono intorno a noi in ogni momento della giornata, perché basta far funzionare un elettrodomestico, oppure parlare al telefono cellulare, per essere esposti alla loro azione. Ci farà male? Sull'argomento i ricercatori sono divisi. E anche se ormai in pochi mettono ancora in dubbio che l'esposizione ai campi elettromagnetici (più intensi di quelli normalmente presenti in casa) provochi disturbi come mal di testa o stanchezza, sugli effetti a lunga scadenza, e in particolare sulla capacità di promuovere il cancro e altre malattie, la scienza non ha ancora fornito risposte convincenti. Gli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che lo scorso anno ha lanciato un imponente programma di ricerca per fare chiarezza sulla questione, si sono riuniti recentemente a Vienna per fare il punto della situazione, ma le evidenze sperimentali non permettono ancora di dare risposte definitive e il convegno ha dovuto necessariamente centrare l'attenzione sulla questione della percezione pubblica di un rischio difficile da valutare. In tutto il mondo le organizzazioni dei cittadini, sotto la spinta emotiva dell'incombenza di un pericolo invisibile, inevitabile e, soprattutto, imposto, promuovono manifestazioni e azioni che sempre più spesso riescono a centrare l'obiettivo di far spostare una linea elettrica dell'alta tensione, o un'antenna per la telefonia cellulare. Ma i dati che si sono accumulati in vent'anni di ricerche sono molto contraddittori e gli stessi scienziati polemizzano fra loro sull'opportunità di continuare a finanziare la ricerca in un ambito che fino a questo momento ha portato pochi risultati, e tanti grattacapi. Persino l'imponente programma avviato nel 1992 dal governo statunitense è stato sospeso nel marzo di quest'anno fra liti e polemiche per mancanza di risultati convincenti. Tuttavia, visto il gran numero di coloro che quotidianamente sono sottoposti all'azione dei campi elettromagnetici, la politica di interrompere gli studi e restare nell'incertezza non sembra certo la migliore. Fra responsi contrastanti, polemiche sui fondi, e pressioni dei gruppi ambientalisti, la matassa è ancora molto lontana dall'essere dipanata. Gli scienziati hanno cominciato a interessarsi di elettromagnetismo e salute in seguito a uno studio del 1979, in cui l'epidemiologa statunitense Nancy Wertheimer e un suo collega fisico, Ed Leeper, dimostravano per la prima volta un'associazione fra l'esposizione ai campi elettromagnetici emessi dalle linee dell'alta tensione e l'insorgenza della leucemia infantile. Duramente contestato fin dal suo apparire, lo studio diede però l'avvio a un filone di ricerca che in venti anni ha prodotto migliaia di documenti con conclusioni opposte. Infatti, gli studi di epidemiologia, la scienza che tenta di correlare su base statistica l'esposizione a un agente sospetto con l'insorgenza di una malattia, hanno ora dimostrato e ora smentito un'associazione fra inquinamento elettromagnetico e le malattie più disparate: dai tumori al morbo di Alzheimer. Vista la contraddittorietà dei dati, in molti oggi sostengono che l'epidemiologia sia un metodo poco sensibile quando l'effetto è minimo; infatti, anche quando le ricerche riscontrano un'associazione fra esposizione ai campi elettromagnetici e l'insorgenza di malattie, da un punto di vista statistico il legame è sempre così debole da non costituire un elemento probante. Inoltre questi studi non rispettano molti dei criteri richiesti alle indagini epidemiologiche. Per citare i principali, è molto difficile, se non impossibile, sia valutare con precisione l'esposizione degli individui ai campi elettromagnetici, sia escludere dall'indagine tutti quei fattori che possono influenzare la comparsa della malattia studiata, e che potrebbero confondere i dati. Ad esempio, nel caso della leucemia infantile, il tumore più diffuso fra i bambini, eliminare i fattori di confusione non è possibile semplicemente perché le cause della malattia sono ancora in gran parte sconosciute. Come escludere da una ricerca l'effetto di un agente ignoto? L'unico dato certo che si ricava dall'epidemiologia è che, se davvero i campi elettromagnetici hanno un effetto sulla salute, questo è certamente minimo, altrimenti sarebbe venuto fuori con maggior forza. Comunque, per inchiodare l'agente sospetto la statistica non basta: servono altre prove. In particolare è necessario eseguire esperimenti in laboratorio che spieghino la biologia dell'interazione fra campi elettromagnetici e i tessuti organici, e che rendano ragione del loro eventuale potere cancerogeno, anche in relazione al tipo di radiazione a cui si è esposti. Gli effetti del telefono cellulare, che emette radioonde e si utilizza vicino alla testa, sono infatti molto diversi da quelli riscontrati per i campi elettromagnetici a frequenza molto più bassa, emessi per esempio dalle linee elettriche dell'alta tensione. In entrambi i casi però si tratta di effetti difficili da dimostrare, e il cui risultato finale sarebbe l'induzione del tumore. La difficoltà risiede nel fatto che le radiazioni elettromagnetiche sotto accusa non provocano, sulla molecola del Dna, le alterazioni necessarie affinché insorga il cancro, anche se potrebbero comunque favorire un processo tumorale già in corso. In che modo resta da chiarire, e attualmente i più importanti progetti di ricerca si stanno concentrando proprio su questo aspetto. Nella primavera di quest'anno i ricercatori dell'Oms hanno dimostrato che, in topi geneticamente predisposti ad ammalarsi di leucemia, l'esposizione a campi elettromagnetici simili a quelli emessi dai telefoni cellulari favorisce l'insorgenza della malattia. Alla ricerca di una prova biologica, gli scienziati hanno analizzato gli effetti dell'elettromagnetismo anche su tessuti e su cellule in coltura. A seconda del tipo di radiazione a cui veniva esposto il campione biologico, questi studi hanno rilevato l'induzione di correnti, effetti di riscaldamento, e alterazioni della chimica cellulare. In alcuni casi si sono osservate anche influenze su alcuni meccanismi coinvolti nei processi tumorali. Tuttavia questo non è sufficiente, perché un esperimento scientifico per essere valido deve poter essere ripetuto da diversi gruppi, e questa condizione, la ripetibilità dei risultati, è oggi il maggior ostacolo per chi cerca la prova biologica che i campi elettromagnetici provocano il cancro. E la difficoltà è talmente concreta che in più di una occasione lo stesso ricercatore è stato costretto a smentire i risultati ottenuti in uno studio precedente perché incapace, lui stesso, di riprodurre il suo esperimento. Margherita Fronte


SCIENZE A SCUOLA. IL PROGRAMMA EXCEL Un foglio elettronico Struttura bidimensionale "a celle"
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

I prodotti software per compilare il cosiddetto foglio elettronico costituiscono una importante famiglia di anime nel paradiso delle tecnologie informatiche e nell'inferno del loro mercato. Per spiegare le funzionalità di questi prodotti ancora una volta faremo riferimento a un programma di Microsoft - il ben noto Excel - con l'obiettivo di portare a 15 unità il numero dei miei lettori (a proposito, grazie ai cinque che mi hanno telefonato o scritto, anche se giustamente hanno rivendicato l'invito a cena promesso per la loro fedeltà). Il foglio elettronico è una struttura bidimensionale, composta da unità di informazione - le celle elementari - allineate per righe e per colonne come avviene su un foglio quadrettato (a quadretti che definirei rettangolari, se non ci fosse il rischio che un professore di geometria leggesse questo articolo). Come nella battaglia navale che giocavamo a scuola durante le ore di lezione più noiose, ogni riga è contrassegnata da un numero e ogni colonna da una lettera dell'alfabeto, per cui il nome di una cella è costituito dall'indicazione della riga seguita da quella della colonna, come B5, E7, e così via. Vi è poi una terza dimensione, nel senso che il programma mette a disposizione non solo un foglio, ma una pluralità di fogli sovrapposti, selezionabili con un clic sulla corrispondente linguetta. Riassumiamo schematicamente le più importanti funzionalità di Excel. Apertura e chiusura di un documento. Uno specifico foglio, o meglio uno specifico pacco di fogli sovrapposti, può essere aperto, salvato o stampato, come avviene per un documento prodotto da un programma di videoscrittura, o da qualunque altro applicativo del mondo Windows, con gli opportuni comandi del menù a tendina che si apre selezionando File. Un documento prodotto da Excel avrà un nome del tipo bilan cio.xls o orario.xls, ossia sarà caratterizzato dall'estensione.xls, che consentirà in seguito allo stesso Excel, o ad altri programmi Windows, di comprendere l'origine del documento e di interpretarlo correttamente. Specializzazione celle. In una cella, dopo averla selezionata con un clic, si può scrivere qualunque tipo di dato: numeri, date, valute, parole o frasi. Queste ultime possono essere compilate con qualunque tipo di carattere, di qualunque dimensione, eventualmente in grassetto o corsivo o sottolineato, utilizzando gli stessi pulsanti e gli stessi comandi che si impiegano negli ambienti di videoscrittura. Una cella o un insieme di celle adiacenti possono essere "specializzate" per contenere un particolare tipo di dato. La specializzazione di una cella o di un insieme di celle si ottiene selezionando Formato nella barra orizzontale dei menù in alto, e poi Celle nel menù a tendina sotto Formato e infine Nu mero. Il sistema provvederà allora a indicare tutti i tipi di dati ammessi e i loro formati, e accetterà la scelta dell'operatore. Anche le dimensioni di una cella, o di una riga o colonna, possono essere modificate rispetto alla dimensione standard con cui queste si presentano all'operatore dopo l'attivazione del programma. Una tecnica per modificare le dimensioni di una riga o colonna consiste nel selezionare una riga o una colonna, cliccando sul margine laterale sinistro e superiore del foglio, e quindi scegliere For mato, Riga (o Colonna) e infine Aggiusta. Il programma provvederà a variare automaticamente l'altezza della riga o la larghezza della colonna in modo da contenere sempre dati o messaggi nei contorni di cella. Operazioni aritmetiche. Una delle funzioni più utili di un foglio elettronico è la possibilità di introdurre in una cella il risultato di una o più operazioni aritmetiche eseguite sui valori di altre celle. La più semplice di tali possibilità è forse quella di scrivere in una cella il simbolo = seguito da una formula aritmetica contenente eventualmente i valori di altre celle, indicati con i nomi delle celle stesse. Così, ad esempio, volendo introdurre nella cella C16 il costo del lavoro per una data produzione, si scriverà nella stessa cella C16 la formula = C13 * C14 * 20.000, dove C13 indica la cella contenente il numero di ore di lavoro per unità di prodotto, C14 la cella del numero di unità da produrre, 20.000 il costo orario e * indica l'operazione moltiplicazione. Quando premeremo il tasto En ter, il sistema eseguirà automaticamente il calcolo e sostituirà la formula con il valore numerico corrispondente. La produzione dei grafici. Un moderno foglio elettronico è sempre accompagnato da un insieme di strumenti per la produzione automatica di grafici relativi ai dati contenuti in una tabella. Un esempio. Si selezionano dapprima le celle contenenti i dati da rappresentare graficamente e poi si clicchi su Inserisci e poi Grafico. Il sistema ci guiderà con una chiara successione di finestre nella scelta del tipo di rappresentazione più significativo. Potremo così produrre rapidamente e automaticamente grafici di tutti i tipi, comprese le torte e le loro fette. Per concludere, una precisazione rivolta a un collega che in una simpatica lettera mi ha posto un quesito importante: il verbo cliccare è intransitivo e regge la preposizione "su". Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino


SCIENZE FISICHE. LA CANNABIS Una droga come un'altra Creerebbe danni e crisi d'astinenza
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: DI CHIARA GAETANO
LUOGHI: ITALIA

L'ABUSO di derivati dalla Cannabis (hashish, marijuana) costituisce uno dei problemi maggiori della tossicodipendenza nel mondo. In un dieci per cento di chi ne fa uso sintomi clinici ed effetti corrispondono perfettamente alla definizione di dipendenza da sostanze d'abuso (eroina, cocaina, anfetamine, alcol, nicotina). Una corta esposizione produce risposte emotive caratteristiche che vanno da un piacevole senso di rilassamento a reazioni vere e proprie di panico. Un uso prolungato può portare a una letargia mentale ed a mancanza di volontà e del piacere di vivere (anedonia). Malgrado non si possa descrivere una sindrome di astinenza così drammatica per la marijuana come per l'eroina, un'interruzione brusca scatena un senso di nervosismo e tensione, agitazione motoria, disturbi del sonno e talvolta grave ansia. Tale sindrome può essere riprodotta negli animali di laboratorio, specie nei primati. Negli animali possiamo far scattare una grave sindrome da astinenza somministrando un principio attivo della cannabis (cannabinoidi) e bloccarne contemporaneamente l'effetto con una sostanza antagonista che agisca direttamente sui suoi ricettori cerebrali. Per decine di anni legislatori e uomini politici hanno discusso sul problema della legalizzazione della marijuana ed alcuni come il nostro Pannella (che spero legga quest'articolo) hanno considerato tale sostanza come una droga relativamente benigna. A difesa di questa imprudente ipotesi bisogna dire che finora i dati sulla sua pericolosità non erano ancora troppo chiari ma talvolta contraddittori. Oggi le cose stanno cambiando radicalmente, particolarmente dopo la comparsa contemporanea di due studi nella rivista Science che dimostrano l'esistenza di una straordinaria somiglianza tra gli effetti della marijuana sul cervello e quelli prodotti da sostanze come la cocaina, l'eroina, l'alcol e la nicotina. I due lavori provengono il primo dal famoso Scripps Research Institute (California) e dall'Università di Madrid e il secondo dall'Università di Cagliari. Nel primo studio si dimostra che i sintomi dello stress emotivo prodotti dalla astinenza da marijuana sono legati al medesimo fattore chimico cerebrale, un peptide (parte di una proteina più grande) chiamato fattore di rilasciamento delle corticotropine (abbreviato in inglese Crf, corticotropin releasing factor). Si tratta della medesima sostanza chimica identificata in precedenza nel caso dell'astinenza da oppiacei e cocaina. Nel secondo lavoro, Gaetano Di Chiara e colleghi riferiscono che il composto attivo della marijuana, un cannabinoide chiamato tetraidrocannabinolo (in inglese Thc) produce la medesima sequenza di reazioni chimiche di quelle che rinforzano nel cervello la dipendenza da droghe come la nicotina e l'eroina. Si tratta del rilascio di un neurotrasmettitore, la dopamina, da parte di aree particolari del cervello devolute alla produzione del senso di benessere e di compenso psicologico (reward). Tali risultati posti uno vicino all'altro portano a concludere che la marijuana riesca a manipolare gli stessi meccanismi cerebrali legati sia ad una sensazione piacevole che allo stress da astinenza prodotto da altre droghe ritenute più pericolose. Per Pannella possiamo riassumere il significato dell'esperienza sperimentale e clinica in: "La marijuana agisce attraverso i medesimi meccanismi d'azione, ha i medesimi effetti sul cervello e costituisce un pericolo simile a quello delle altre droghe". Non esistono che differenze quantitative. Si tratta di un messaggio molto forte che dovrebbe far riflettere chiunque dubiti dei danni potenziali del libero uso di tale droga. Si calcola che solo negli Stati Uniti oltre 100.000 giovani si rivolgano agni anno alle cliniche per ottenere aiuto e per cessare l'uso della marijuana. I risultati farmacologici indicano una nuova possibile via di trattamento dei sintomi da tossicodipendenza utilizzando farmaci come gli antagonisti del Crf (strategia simile a quella del naloxone per l'eroina, sostanza che blocca appunto il rilascio della dopamina). L'astinenza non è che uno dei problemi della droga, forse più importante è il meccanismo di compenso e rinforzo psicologico prodotto dall'assunzione e del quale il sistema Crf sembra essere parte integrale. Due parti del cervello sono coinvolte in tale processo, l'amigdala ed il nucleo accumbens. In quest'ultimo avviene il rilascio della dopamina come dimostrato da Di Chiara iniettando direttamente il cannabinoide in tale zona. Un secondo problema è l'effetto della marijuana sul nucleo accumbens che potrebbe servire da introduzione del paziente all'uso di droghe " più forti" come l'eroina. Tale ipotesi deve esser ancora confermata da dati clinici ma sembra molto verosimile poiché confortata da migliaia di casi. Ezio Giacobini




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