TUTTOSCIENZE 26 novembre 97


SCAFFALE Autori vari: "Disordini del comportamento alimentare", Pythagora Press
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Anoressia e bulimia sono disturbi sempre più diffusi e spesso con conseguenze molto gravi per chi ne è vittima. Questo volume, curato da Eugenio Muller e Francesca Brambilla nella collana della Società di neuroscienze affronta queste patologie con il contributo di una ventina di autori.


SCAFFALE Autori vari: "Oltre le due culture", Rubettino
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA

Frutto di un convegno internazionale svoltosi nel 1995 all'Accademia delle Scienze di Torino, il volume "Oltre le due culture" ha un titolo molto esplicito, e anche programmatico. La curatrice, Magda Talamo, vi ha raccolto interventi di scienziati e pensatori che vanno da Edgar Morin a Tullio Regge, da Giulio Giorello a Luciano Gallino, da Levy Leblond a Peter Singer. Un appello al superamento delle divisioni disciplinari, valido non solo tra ambito umanistico e scientifico, ma anche in ciascuno di questi ambiti, al fine di ritrovare il senso globale del sapere, al di là delle sempre più numerose e pur necessarie specializzazioni.


IN BREVE Dal transistor a Internet
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA

Il dipartimento di fisica dell'Università di Trento ha realizzato un interessante Cd-rom didattico dal titolo "1947-1997: dal transistor a Internet. Per informazioni, fax: 0461-881.605.


SCIENZE DELLA VITA. ANTIBIOTICI IN CRISI Microbi sempre più resistenti In tutto il mondo frenetiche ricerche di nuove molecole efficaci
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

C'E' il rischio, nella lotta contro le malattie infettive, di ritornare all'epoca pre-antibiotica, ossia di retrocedere di una settantina di anni, come se gli antibiotici non fossero mai esistiti. L'attuale mercato mondiale degli antibiotici, rappresentante 20 miliardi di dollari, comprende 50 penicilline, 70 cefalosporine, 12 tetracicline, 9 macrolidi, 8 aminoglicosidi e via enumerando. Ma a dispetto di questa fioritura, fino dagli Anni 80 cominciò a incrinarsi la convinzione che ormai tutti i problemi della patologia infettiva (da batteri, non da virus) fossero risolti dalla disponibilità di antibiotici potenti e molteplici. Ci si avvide infatti del manifestarsi d'una preoccupante resistenza da parte dei batteri, resistenza progressivamente aumentata fino a far temere oggi, come dicevamo, nientemeno che un ritorno all'era pre- antibiotica. Sono tre, biochimiche e genetiche, le linee della difesa con la quale i batteri resistono agli antibiotici. Primo, il rivestimento del batterio diventa meno permeabile al farmaco; secondo, i processi biochimici vitali del batterio, bersagli dell'antibiotico, si modificano; terzo, il più importante, i batteri producono enzimi, per esempio la beta-lattamasi, capaci di rendere inattivo l'antibiotico. A ciò si aggiungono due fattori riguardanti l'uso scorretto degli antibiotici: somministrazione insufficiente oppure troppo prolungata. In ogni specie batterica vi è sempre, preesistente, una minoranza refrattaria all'antibiotico, che minoranza rimane fino a che l'antibiotico non stermina la maggioranza: allora la minoranza, proprio grazie all'antibiotico, trova via libera per moltiplicarsi senza freni, il che illustra perfettamente il concetto darwiniano della sopravvivenza del più adatto. E' come se l'antibiotico non fosse mai esistito. Particolarmente inquietante è oggi la resistenza a Staphylococcus aureus (setticemie, infezioni cutanee, osteoarticolari, pleuropolmonari), Streptococcus pneumoniae (infezioni respiratorie), Neisseria gonorrhoeae (blenorragia), Salmonellae (tifo, paratifi), Shigellae (dissenteria). Dagli Stati Uniti giungono notizie allarmanti anche per il Mycobacte rium tuberculosis. Sono all'ordine del giorno ricerche sulle possibilità di far fronte a questa situazione. In tutto il mondo si lavora per trovare nuovi agenti anti-infettivi. La principale strategia è identificare nei batteri nuovi bersagli sui quali agire fabbricando apposite molecole, i nuovi antibiotici. I geni implicati nella sintesi delle proteine della cellula batterica vengono clonati e servono come base per la ricerca di nuove molecole. Un altro indirizzo consiste nell'identificare geni essenziali alla sopravvivenza dei batteri, un altro ancora nell'investigare sui peptidi (lattoferrine, peptide della pelle dei batraci, bacte rial permeability-inducing peptide) selettivi per la parete batterica. Le principali molecole già arrivate, o prossime, ad una applicazione clinica (vedi Scienze 1955, "Antibiotici resistenti alla resistenza"), sono Oxazolidinoni, Glicicline, Streptogramine, Ketolidi, Fluorochinoloni, ecc. Ma se si vuole evitare il ritorno all'era pre-antibiotica la sola ricerca di nuove molecole non è sufficiente, occorrono anche altre misure quali la riduzione del consumo di antibiotici e una razionale strategia terapeutica. Tecniche rapide di identificazione delle specie batteriche e delle resistenze dovrebbero contribuire a migliorare gli schemi terapeutici. Ulrico di Aichelburg


IN BREVE Premio Galeno per un farmaco
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, MEDICINA
LUOGHI: ITALIA

Un farmaco per la fertilità prodotto con la tecnica del Dna ricombinante ha vinto il Premio Galeno 1997. La consegna è avvenuta a Milano. Nel mondo, l'8 per cento delle coppie ha problemi di fertilità.


IN BREVE Il pericolo radon discusso a Venezia
ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA
LUOGHI: ITALIA

Il radon è un gas radioattivo che traspira dal suolo, specie in particolari situazioni geologiche. Dei rischi connessi si è parlato in un convegno a Venezia. Informazioni: 041-53.45.16.


SCIENZE DELLA VITA. ESPERIMENTI A YALE Forse una nuova arma: il plasmide Una proteina artificiale rende di nuovo vulnerabili i batteri
Autore: FRONTE MARGHERITA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: ALTMAN SIDNEY
ORGANIZZAZIONI: YALE UNIVERSITY
LUOGHI: ITALIA

LA guerra ai batteri non conosce tregua. E se la scoperta della penicillina e degli antibiotici sembrava aver determinato la vittoria dell'uomo sui piccoli organismi portatori di infezioni, i batteri hanno risposto costruendo efficaci barriere genetiche, in grado di proteggerli dall'azione di numerosi farmaci. L'ultimo allarme arriva da un ospedale del Michigan: nelle sue corsie si annida un ceppo di Staphy lococcus aureus resistente alla vancomicina, il farmaco considerato dai medici l'ultima spiaggia per combattere le infezioni provocate da microrganismi resistenti all'azione degli antibiotici più comuni. Ma quello statunitense non è un caso isolato; e la questione è tutt'altro che irrilevante se si considera che ormai il 40 per cento della popolazione di Streptococcus pneumo niae, il batterio responsabile di meningiti, otiti, sinusiti e di altre comuni infezioni, è resistente alla penicillina, mentre molte altre malattie, come la tubercolosi o la gonorrea, sono sempre più difficili da curare utilizzando gli antibiotici in commercio. Ad ogni nuova segnalazione cresce fra i medici la preoccupazione per i super-batteri. Come fermarli? Una risposta efficace potrebbe giungere da un recente studio condotto dal gruppo di ricerca del premio Nobel per la medicina Sidney Altman, all'Università di Yale. Alt man e i suoi colleghi hanno infatti deciso di combattere i batteri sul loro stesso terreno, utilizzando cioè il medesimo procedimento che i microrganismi adottano per acquisire la resistenza agli antibiotici, scambiandosi piccole quantità di materiale genetico. Si tratta di un meccanismo che ha per protagonisti due batteri e una molecola di Dna circolare, che i microrganismi chiamano plasmide, e in cui sono contenute le informazioni necessarie a conferire la resistenza a un certo antibiotico. Se uno dei due batteri possiede il plasmide, in certe condizioni non gli sarà difficile regalarne una copia al compagno che ne è sprovvisto, trasmettendogli così l'immunità al farmaco. Il gruppo di Altman ha costruito in laboratorio alcuni plasmidi artificiali che, se incorporati in un batterio resistente, sono in grado di bloccare l'azione del Dna che protegge il microrganismo dagli antibiotici, impedendo di fatto la sintesi della proteina che rende inefficace il farmaco. Proprio come il cavallo di Troia, e seguendo le naturali vie di trasmissione, questi plasmidi artificiali possono passare da un batterio all'altro, ripristinando la vulnerabilità alle cure. Secondo Altman questo stratagemma potrebbe essere utilizzato anche per neutralizzare la produzione di tossine da parte di alcuni microrganismi che, come il botulino, avvelenano cibi e acqua. Al momento tuttavia l'applicazione più interessante sembra riguardare i batteri resistenti agli antibiotici. Il metodo elaborato a Yale è comunque ancora in fase sperimentale, e in attesa di una soluzione al difficile problema le organizzazioni internazionali raccomandano ai medici prudenza nell'uso degli antibiotici, una maggiore attenzione verso l'insorgenza delle infezioni batteriche resistenti, e controlli accurati negli ospedali, mentre le industrie farmaceutiche si affannano in una corsa alla ricerca di nuovi farmaci verso cui i batteri non hanno ancora sviluppato alcuna difesa. Margherita Fronte


I NOSTRI CD Einstein, Tuttoscienze e un libro
ORGANIZZAZIONI: LA STAMPA, TUTTOSCIENZE
LUOGHI: ITALIA

IL successo in edicola dei Cd- rom prodotti da "Tuttoscienze" è stato superiore a ogni aspettativa. Ma in edicola i prodotti rimangono per poco tempo. Così molti lettori sono arrivati troppo tardi. Abbiamo quindi pensato a una ordinazione tramite il tagliando qui pubblicato. Sono disponibili su Cd-rom cinque annate di " Tuttoscienze" (3000 articoli dal '92 al '96) più il libro di Piero Bianucci "Piccolo, grande, vivo: storie di quark, galassie, uomini e altri animali" a 29.900 lire, e il Cd-rom dedicato a Einstein in cui Tullio Regge spiega la relatività, a lire 24.500. Pagamento contrassegno (spese di spedizione incluse). Entrambi i Cd-rom sono per personal computer; quello sulla relatività richiede un pc multimediale.


IN BREVE Sordità malattia sociale
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Un italiano su mille è colpito da sordità totale, i sordomuti in Italia sono 40 mila; ma solo 350 sono finora gli impianti cocleari inseriti, una tecnologia biomedica che può risolvere alcuni casi di sordità. Inoltre poche Regioni rimborsano questo intervento. Sono dati del congresso della Società italiana di audiologia che si è svolto a Roma il 13-15 novembre.


SCAFFALE Fronte Margherita: "Campi elettromagnetici: innocui o dannosi?", Avverbi Ed.
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

I tralicci dell'alta tensione, il forno a microonde, i telefonini, il rasoio elettrico, i ripetitori della televisione, i computer: viviamo immersi in un invisibile smog di campi elettromagnetici. E sono in molti a domandarsi se questo smog che sfugge ai nostri sensi non sia dannoso quanto, e forse più, dello smog che respiriamo. Margherita Fronte, biologa, master in comunicazione scientifica alla Scuola internazionale di studi superiori dell'Università di Trieste, giornalista specializzata nella divulgazione, ha cercato di fare chiarezza su questa che è una delle questioni più controverse. Premesso che non si può fare un discorso generale perché si tratta di campi magnetici molto diversi per intensità e, se oscillanti, per lunghezza d'onda, la conclusione del libro è che mancano tuttora dati scientifici definitivi, ma si può ritenere che in gran parte l'allarme sia ingiustificato. L'Oms sta sviluppando una sua ricerca: vedremo con quale esito.


SCAFFALE Galston Arthur: "I processi vitali delle piante", Zanichelli
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: BOTANICA
LUOGHI: ITALIA

La piramide dei cinque e più milioni di specie appoggia la sua base sul regno vegetale, e in particolare sul meccanismo della fotosintesi, attraverso il quale la materia inanimata diventa materia vivente. Questo bel saggio di Galston (Yale University) offre un quadro aggiornato della fisiologia vegetale, rivelando molti aspetti nuovi sulle strategie di sopravvivenza delle piante. Piero Bianucci


VERSO LA MONETA VIRTUALE I soldi? Saranno bit Come battere i ladri informatici
Autore: BERGADANO FRANCESCO, CRISPO BRUNO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

DOPO libri contabili, agende, lettere, dizionari, fotografie e ogni altro patrimonio un tempo esclusivo della carta stampata, ora anche la banconota si appresta ad ammettere surrogati digitali, in molti contesti preferibili all'originale cartaceo. Potremo così fare molti acquisti direttamente dal nostro personal computer. Vale la pena di capire come questo sia possibile. La trasformazione in bit e byte del desiderato biglietto avverrà in modo graduale e diversificato. La forma di pagamento più semplice e oggi più diffusa sulla rete Internet è quella tramite carta di credito: il numero della carta viene trasmesso al momento dell'acquisto. In questo l'uso del calcolatore è soltanto strumentale: avremmo potuto informare il venditore del numero della nostra carta anche per telefono, o per fax, o persino con segnali di fumo. Purtroppo le comunicazioni via Internet sono, come i segnali di fumo, di facile intercettazione. Altrettanto facilmente esse possono essere riprodotte: il numero di carta di credito, finito nelle mani sbagliate, potrà essere utilizzato in nuovi pagamenti, all'insaputa del legittimo intestatario. Il problema può essere risolto ricorrendo a comunicazioni cifrate, ma rimane l'impossibilità di risolvere contenziosi: chi ha comprato in un secondo momento può negare di averlo fatto, chi ha venduto potrà modificare il prezzo concordato. Soprattutto per quest'ultimo motivo l'uso della carta di credito per pagamenti elettronici non andrà probabilmente oltre le applicazioni attuali, quali la vendita di libri e Cd. Le forme di pagamento che permettono di superare questi problemi sono l'assegno elettronico e la banconota digitale. Entrambi infatti escludono la possibilità di falsificazione e impediscono che gli acquisti siano ritrattati. La banconota digitale, inoltre, come la sorella in filigrana, permette forme di pagamento anonimo. Questo è possibile mediante firme elettroniche dette "cieche", in cui cioè il testo che viene sottoscritto non è completamente visibile da parte di chi firma. Il procedimento può essere meglio compreso attraverso l'analogia rappresentata in figura, dove viene usata una banconota di carta e un pezzo di nastro adesivo coprente. L'utente sceglie il numero di serie N, e predispone una banconota dove è anche riportato il valore in lire (rappresentata in alto a sinistra nella figura). Ma prima di rivolgersi alla banca per ottenere la firma, il cliente copre con il nastro adesivo il numero di serie N. Questo numero, per ora, alla banca non serve. Ciò che le serve è il valore della banconota, che dovrà essere addebitato sul conto del cliente. Quest'ultimo, rimuovendo il nastro adesivo, otterrà una banconota completa di firma e numero di serie, pronta per essere spesa (rappresentata in basso a sinistra nella figura). Nella realtà dei pagamenti elettronici, carta e nastro adesivo vengono sostituiti da numeri. Più precisamente, l'utente sceglierà un numero casuale R, che combinerà con il numero di serie N. Il risultato, con l'indicazione del valore della banconota richiesta, verrà quindi fornito alla banca, per ottenere la firma elettronica. La banca dedurrà la stessa somma dal conto del cliente, ma non sarà in grado di conoscere e prendere nota del numero di serie N. Il cliente però, conoscendo sia N che R, può estrarre la sola componente relativa ad N, ovvero la banconota firmata e contrassegnata da controvalore e numero di serie. Resta però un grave problema, il più difficile da risolvere. La banconota elettronica, come tutto ciò che è digitale, è perfettamente duplicabile; la copia, immune da ogni difetto di disegno, trasparenza o spessore, non può essere distinta dall'originale. La banca deve pertanto evitare che uno stesso numero di serie venga utilizzato in più di un acquisto. Le soluzioni proposte seguono essenzialmente due schemi: in linea o differito. Con la modalità in linea il venditore deve controllare la validità della banconota contattando la banca prima di dare la merce al cliente. La banca riceve la banconota e verifica che il numero di serie non sia stato utilizzato in precedenza; solo in questo caso l'acquisto viene autorizzato. Poi il numero di serie viene inserito nell'archivio delle banconote già spese, e il controvalore della banconota viene accreditato sul conto del venditore. Questa soluzione è dispendiosa perché richiede una comunicazione con la banca per ogni acquisto. Le soluzioni con modalità differita porterebbero a risparmiare molti di questi costi, ma sono ancora insoddisfacenti perché permettono di dimostrare che una banconota è stata spesa due o più volte, ma non permettono di stabilire da chi. In alternativa, viene richiesto l'uso di dispositivi hard ware: detti "tamper-proof" (a prova di scasso), costruiti in modo da impedire alla stessa banconota di essere spesa più volte. La comunità scientifica è però divisa riguardo la reale robustezza di queste apparecchiature, che inoltre comportano per il cliente costi non trascurabili. Le forme di pagamento consigliabili a medio termine sono quindi due: assegno elettronico, che non richiede controlli in linea ma porta all'identificazione dell'acquirente, e banconota digitale, con controllo immediato per evitare la doppia spesa. Francesco Bergadano Università di Torino Bruno Crispo University of Cambridge


IN BREVE Verso Saturno "Cassini" sta bene
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
LUOGHI: ITALIA

Si è svolto a Perinaldo un incontro che ha fatto il punto sulla missione "Cassini" lanciata verso il pianeta Saturno il 15 ottobre scorso; tutto procede per il meglio. L'iniziativa rientra nelle celebrazioni cassiniane indette dal Comune di Perinaldo, terra di origine del grande astronomo.


IN BREVE Astronomia a Brera
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

Conferenze e visite guidate alla collezione di strumenti astronomici antichi di Palazzo Brera, a Milano. Prenotazioni, tel.: 02- 783.528.


MONDO DIGITALE Internet, negozio virtuale I prodotti diventano immateriali
Autore: D'AMATO MARINA

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, ELETTRONICA
LUOGHI: ITALIA

L'IMMAGINE di quei due uomini che avevano imparato a memoria Guer ra e pace, tomo primo e tomo secondo, e che per tramandarlo alla posterità lo ripetevano camminando in un giardino ombroso, non ha solo segnato la storia del cinema con l'ultima scena di "Fahrenheit 451" di Francois Truffaut, ma per più di una generazione ha rappresentato la supremazia della cultura scritta su tutte le altre. Nel film si bruciavano i libri, evocando nella memoria storica gli incendi voluti dal nazismo, ma ponendo in maniera catastrofica una questione allora solo ipotizzabile. Può esistere la cultura senza la sua materializzazione? L'incendio dei libri è stato sempre accompagnato dall'idea di morte della cultura; ma oggi è ancora così? Le infinite possibilità di Internet sono in antagonismo con la cultura del libro? Si è teorizzato che l'invenzione della stampa e la conseguente diffusione dei libri sono all'origine di tre rivoluzioni: quella scientifica, quella politica e quella sociale (Eisenstand, Le rivoluzioni del libro, il Mulino, 1995) e quindi inizio e base della modernità. Ciò che si teorizza a proposito delle innovazioni tecnologiche telematiche oscilla tra l'apoteosi e il catastrofismo ribadendo l'antico dibattito tra gli apocalittici e gli integrati che si è sviluppato contestualmente al diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa. Gli eventi che caratterizzano la cultura digitale sembrano prevaricare persino il dibattito che li circonda per la velocità con cui riescono a far divenire obsolete le questioni. Forse, anche quella più generale di tutte che concerne non tanto la direzione e il senso della cultura del bit, ma quella che la definisce. Stiamo vivendo la trasformazione della cultura scritta dall'analogico al digitale o stiamo annullando gli oggetti che rappresentano questa nuova possibilità di interazione conoscitiva? L'ampliarsi della "rete" presuppone la fine dei cd? E questo implica di fatto la fine della cultura che si rappresenta con un oggetto, libro prima, compact adesso? Il titolo del convegno, " Ignite the web", svoltosi a San Francisco in ottobre, organizzato da Macromedia e dedicato come ogni anno all'utenza, implicava nel suo doppio senso (accendi e/o brucia la rete) il significato profondo del dibattito attuale intorno a Internet. Ciò che è apparso evidente dalle conferenze, dalle tavole rotonde e soprattutto dalla fiera che accompagnava con i prodotti le nuove idee, è stato il nuovo possibile sviluppo della vita sulla rete determinato più ancora che dai suoi contenuti, dalla sua velocità. Se fino alla scorsa stagione - ma in questo mondo è lontana un secolo - l'obiettivo per l'uso di massa di Internet era ancora costituito dalla predisposizione di un'interfaccia più semplice possibile (Negroponte) oggi è evidente che il processo in corso santifica nella velocità di connessione alla rete questa necessità. Ciò si raggiunge con la banda, che allargandosi sempre di più consente una maggiore velocità di tramissione e con software sempre più potenti dal punto di vista della compressione dei dati che consentono interfacce dinamiche fruibili anche da chi non è dotato di banda larga. Lo scenario a breve termine sembra diversificarsi per l'uso " business" che è dotato di connessione diretta con Internet e l'uso " familiare", modem e telefono. La banda larga viene ormai proiettata al 2002 per un'utenza generalista, che passerà dai venti milioni di utenti attuali (i dati sono riferiti agli Stati Uniti) a un numero esponenzialmente più vasto di persone, che in pratica useranno Internet come un broadcast. Nella velocità di connessione sta quindi la nuova garanzia del successo della diffusione i cui inizi si colgono negli investimenti attuali e nelle strategie di mercato che li sostengono: sono questi i reali indicatori sociali del cambiamento. Le novità in atto sono infatti software per creare autonomamente siti dinamici con facilità (Dreamweaver è stato presentato al convegno come l'innovazione più importante in questo ambito e già è stata precostituita anche una possibilità semplificata per i bambini). Difficile dire se questo sarà il prototipo o l'archetipo del cambiamento. Difficile sapere se questa sarà la direzione della nuova cultura: non più sistemi autore per creare software ma programmi per creare siti? Si sta spostando la politica della creazione di cd verso la politica di rete? La pubblicità sceglierà la rete come ha scelto la tv e determinerà così il nuovo corso? Non è un caso che al convegno il presidente della Walt Disney abbia annunciato l'ampiezza degli investimenti in ambiti educational per bambini e entertainment per adulti, affermando di poter già programmare gratuitamente per gli utenti grazie agli introiti pubblicitari. La più grande fabbrica dei sogni del mondo ha trovato il suo nuovo habitat su Internet? I dati di trend parlano chiaro: i bambini americani passano un'ora e più al giorno davanti un computer; il tempo è evidentemente sottratto alla televisione, basta proporre a loro, notoriamente triplice mercato di immediati utenti, futuri utenti e mediatori di utenza, programmi su siti loro dedicati per modificare la filosofia dell'accendi la tv in quella interattiva dell'uso del computer. L'investimento che il mercato pubblicitario ha avviato con Disney è forse solo l'inizio di una cultura diversa da ogni altra. Il consumo culturale non si riferisce più alle cose da acquistare (dischi, cassette prima, cd oggi) ma a quelle da fruire esattamente come accade in tv. Un esempio di questa nuova logica? L'ultimo disco di Prince, fruibile solo su un sito a pagamento. Marina D'Amato Università La Sapienza, Roma


IN BREVE Natura e sacro nell'ecologia
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

"Il sacro e la natura" è il tema di un convegno organizzato ad Agrigento (26-30 novembre) nell'ambito del Premio Empedocle per le Scienze umane. Al centro del dibattito, lo sviluppo sostenibile e l'ecologia nella prospettiva di un ritrovato rapporto, anche spirituale, tra l'uomo e l'ambiente. Tra gli altri, interventi di Danilo Mainardi, Fulco Pratesi, Carlo Da Pozzo. Tel. 0368-62.11.70; 06- 557.49.82; 0922-25.798.


IN BREVE Città dei bambini a Genova
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA

Nell'area del Porto Antico di Genova è nata la "Città dei bambini": 2800 metri quadrati di gioco, scienza e tecnologia. Una dimostrazione che ci si può divertire imparando.


SCIENZE FISICHE. EURO-PREMIO Plastica ecologica a scuola
Autore: LOMBARDI GIORGIO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, DIDATTICA, PREMIO, STUDENTI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Progetto «Podium»

RAGAZZI, non vi piace la vostra scuola? E allora riprogettatela. Questa proposta, fatta a un milione e mezzo di studenti di 14 Paesi europei e ai loro 35 mila insegnanti, fa parte di un progetto educativo denominato "Podium" per analizzare la produzione, l'uso, il recupero e l'impatto ambientale delle materie plastiche. Nel caso specifico gli studenti (che frequentano i primi due anni delle superiori) dovevano progettare una scuola ecologicamente sostenibile. Seguendo il metodo delle 3R: Riduzione (dei consumi), Riutilizzo, Riciclaggio. Nei giorni scorsi a Bruxelles sono stati premiati i vincitori nazionali, nella cornice del Parlamento europeo, e tra loro sono stati scelti i vincitori assoluti. Il primo premio è andato a una scuola olandese, per il progetto di uno scooter a batteria solare costruito quasi interamente di plastica. Al secondo posto, l'Istituto professionale per l'industria e l'artigianato di Alghero (Sassari). Gli studenti italiani hanno riprogettato la loro scuola, un edificio piuttosto vecchio, e ne hanno riprogettato gran parte delle strutture: sedie, pavimenti, muri, mensole, finestre, vasi di fiori, impianto idrico. Per ridurre l'uso di materie prime, hanno privilegiato l'utilizzo di plastica riciclata. In particolare, lavorando insieme agli insegnanti di progettazione e a un'azienda di conversione della plastica, hanno disegnato e costruito una speciale sedia estensibile: "Eravamo stanchi di doverci adattare alle sedie della scuola, che a 15 anni sono troppo grandi e a 19 troppo piccole. Così ne abbiamo progettata una che ci facesse stare comodi (a cavalcioni) e che crescesse insieme a noi". I ragazzi di Alghero - Fabrizio Cerri, Antonio Fucito e Salvatore Sechi, guidati dagli insegnanti Antonietta Are e Costantino Bruno - con la loro sedia hanno vinto il secondo premio assoluto, menzione speciale per la fantasia nell'uso della plastica, progetto che non mancava di ironia, come ha sottolineato la giuria. D'altronde, ricevendo il premio gli studenti sardi hanno commentato: "La plastica è il materiale adatto. .. per vincere i concorsi". E a conferma della loro ironica fantasia, con un autentico coup de thèatre, hanno portato alla premiazione la loro creatura per presentarla tra gli applausi al pubblico riunito tra le austere mura del Parlamento europeo. "Un esempio di come la disponibilità dell'industria, la volontà ecologica e la creatività dei giovani possano farci guardare al futuro con speranza", ha commentato C. A. Linse, vicepresidente dell'Apme, l'Associazione europea dei Produttori di Materie plastiche (Assoplast per l'Italia). Gli studenti sardi hanno ottenuto anche un altro ambito premio: l'edificio scolastico, dalle strutture vecchie e dal mobilio disagevole, fa parte del passato. L'istituto - 238 studenti, 5 anni per conseguire la specializzazione in elettrotecnica e automazione - ora abita in un moderno palazzo. Giorgio Lombardi


SCIENZE FISICHE. CELLA FRIGORIFERA STERILE Tomba ipertecnologica Per conservare l'Uomo di Similaun
Autore: ANTONETTO ROBERTO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, PALEONTOLOGIA
NOMI: CAPASSO LUIGI
ORGANIZZAZIONI: MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE, SERVIZIO ANTROPOLOGICO DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI, COMMISSIONE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE, SYREMONT, MONTEDISON
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, BOLZANO (BZ)

SOLTANTO i Faraoni avranno avuto di più, in fatto di sepoltura. Il mausoleo dell'uomo del Similaun non sarà altrettanto ciclopico. Ma in fatto di tecnologia, sarà sicuramente quanto di meglio sia stato escogitato finora per assicurare a un defunto una teorica incorruttibilità fisica. Al piccolo uomo alpino (era alto un metro e 60) morto 5300 anni fa sarà dato quanto nessun potente della terra può avere mai immaginato in un delirio di perpetuazione del proprio corpo. Per alcuni anni un manipolo di scienziati e di tecnici ha studiato e progettato per questo cadavere eccellente una estrema dimora molto particolare, e si può ben dire che egli se la merita: da quando, nel settembre del '91, il corpo è riaffiorato dal ghiacciaio dell'alta Val Senales, a 3200 metri, ha avuto gli onori scientifici e le risonanze di cronaca che spettano ad un reperto antropologico assolutamente eccezionale. Intanto perché è una mummia, che conserva nelle carni superstiti, per quanto disidratate, una notevole quantità di acqua, il 16 per cento, a differenza delle mummie egizie i cui tessuti ne sono privi. Poi perché si tratta di un europeo, il che ne fa un reperto unico con una antichità così elevata. E ancora - fatto di estrema importanza - perché è stato ritrovato in un contesto non funerario: il che significa che non è stato oggetto dei rituali funebri, ma è stato " fotografato" dalla morte nella realtà di un momento quotidiano, con i suoi ordinari abiti di montanaro (il berretto di pelle d'orso, la mantellina di erbe intrecciate, una giacca fatta di pellicce cucite fra loro, pantaloni e scarpe di pelle); le sue armi (un lungo arco, una faretra con 14 frecce, un'ascia di rame, un pugnale di selce); i suoi strumenti (due recipienti in corteccia di betulla, una specie di zaino, una borsetta di cuoio). Ora Oetzi (il nomignolo gli deriva dalle Oetztal Alp, le alpi del ritrovamento) è ad Innsbruck: giace avvolto in bende sterili e ricoperto di ghiaccio nell'Istituto di Anatomia Umana dell'Università. Per una incertezza sulla linea di confine, parve all'inizio che il ritrovamento fosse avvenuto in territorio austriaco, mentre in un secondo tempo risultò che, per circa 300 metri, la millenaria spoglia si trovava in Italia. E in Italia, a Bolzano, la mummia sta per tornare, entro qualche mese. Sarà collocata nel nuovo Museo Archeologico Provinciale, in un bel palazzo del centro storico che prima dell'Unità era sede della Banca Austro-Ungarica, e si sta ora trasformando in vista del nuovo ruolo. Intanto nei sotterranei dell'ospedale di Merano si lavora alla fase conclusiva, sperimentale, di quello che sarà nello stesso tempo sarcofago e teca museale, capace di conservare il reperto, di non sottrarlo agli studiosi e di renderlo visibile al pubblico. E' una sperimentazione singolare, che coinvolge un altro ignoto essere umano, morto non si sa come, mummificato a sua volta non si sa se naturalmente o artificialmente, assai simile per l'età e l'esile corporatura all'uomo del Similaun ma assai meno importante dal punto di vista antropologico. Da diversi mesi questa controfigura è sottoposta al compito di "testare" la teca in vista dell'arrivo del suo vero e celebre destinatario. Si tratta di una cella frigorifera monitorizzata, nella quale strumentazioni sofisticate creano e mantengono rigorosamente stabile un microclima estremo: umidità relativa vicina al 100 per 100, temperatura meno 6, microrganismi zero. Le condizioni che si ritrovano al centro di un cubetto di ghiaccio. Le stesse che ha fornito al Similaun la montagna italo-austriaca, avvolgendolo per oltre 5000 anni in un sudario di ghiacci. Spiega Luigi Capasso, direttore del Servizio Antropologico del Ministero dei Beni Culturali: "Il problema maggiore è stato proprio il controllo dell'umidità, sia nella cella che, soprattutto, nei tessuti della mummia. Si misura continuamente il peso del corpo e il contenuto reale di acqua, sia quella chimicamente legata alle molecole organiche, sia quella chimicamente libera e quindi disponibile all'evaporazione. Un altro indizio che potrebbe indicare un deterioramento è una eventuale variazione di colore del corpo: un sistema di monitoraggio cromatico computerizzato, capace di cogliere cambiamenti invisibili all'occhio, lo sorveglia periodicamente". E se l'apparato dovesse andare in tilt? Una serie di sensori fanno scattare gli allarmi alla minima deviazione rispetto ai parametri fissati. Non basta: le celle in realtà sono due, in parallelo, una pronta a subentrare all'altra. Costo dell'operazione, due miliardi. La mummia venuta dai ghiacci è così preziosa per gli studiosi, ed è entrata con tanto malinconico fascino nell'immaginario collettivo, che non si può correre il minimo rischio di perderla. Le garanzie sono tali da aver convinto una Commissione Scientifica Internazionale dalla quale dipendeva il benestare circa l'estrema dimora di Oetzi. Il che, fra l'altro, ricompensa una sfida tecnologica tutta italiana, portata avanti dalla Syremont, azienda del gruppo Montedison specializzata nella conservazione e nel restauro di reperti artistici e archeologici (ha al suo attivo, tra gli altri, interventi agli Uffizi, a Ercolano, a Orvieto) e dalla Angelantoni. Una finestrella quadrata, di 40 centimetri di lato, consentirà di affacciarsi all'interno, illuminato da un sistema a fibre ottiche esenti da raggi ultravioletti potenzialmente dannosi per i tessuti. La mummia del Similaun infatti non solo continuerà ad essere oggetto di indagine per gli antropologi (finora è stata studiata da un centinaio di gruppi di ricerca europei) ma diventerà anche spettacolo, macabro e affascinante. Con tutto il suo corredo sarà infatti il clou del museo che le crescerà intorno, con reperti dall'epoca glaciale al Medioevo. Ad una sola domanda, probabilmente, non potrà rispondere l'indagine scientifica che sembra capace di ogni risposta: che cosa cercava quell'uomo nella sua ascesa solitaria in mezzo ai ghiacci delle Alpi, con le sue armi e le sue provviste, cinquemila anni fa? Che cosa lo ha chiamato verso la sommità della montagna, sempre più su, fino a pochi metri dallo spartiacque? E come lo ha raggiunto lassù la morte? Due elementi, ritornati fino a noi dalla profondità del tempo insieme a Oetzi e alle sue povere cose, forse spiegano in parte la sua fine, forse aggiungono mistero a mistero. Sulla mummia sono visibili i segni di numerosi tatuaggi: sembra ormai certo che fossero stati praticati per alleviare i dolori articolari causati dall'artrosi. E poi, che scopo avevano le due piccole masse di aspetto legnoso ritrovate fra gli oggetti di Oetzi? L'analisi chimica ha dimostrato che esse erano state ricavate dalla polpa essiccata di un fungo: un fungo capace di produrre antibiotici. Possibile che cinquemila anni fa se ne intuisse l'uso terapeutico? Il fatto è che Oetzi soffriva di una malattia infettiva ricorrente, asseriscono gli scienziati. E il professor Capasso ha anche ricostruito una commovente ipotesi sugli ultimi istanti di vita dell'uomo della Val Senales: i suoi capelli erano arrotolati e spezzati. Come se, disperato, egli se li fosse strappati sentendo sopraggiungere la morte. Roberto Antonetto


SCIENZE DELLA VITA. IL TORCICOLLO Bruttino e goloso di formiche Un uccelletto migratore della famiglia dei picchi
Autore: GRONIS DI TRANA CATERINA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

SE l'evoluzione della specie fosse un concorso di bellezza dove la riproduzione si gioca su scelte dettate da canoni estetici di forza e armonia, o di un bel piumaggio, o di un aspetto accattivante, il Torcicollo vincerebbe l'ultimo premio, di consolazione. Questo piccolo uccello della famiglia dei picchi fa la parte del brutto anatroccolo in mezzo ai suoi affascinanti cugini: non ha i colori di questo gruppo di belli, e non ha come loro la robustezza del becco (infatti non trivella i tronchi degli alberi) e della coda (dato che non scava buchi nel legno non ha bisogno delle forti timoniere che agli altri picchi servono come sostegno quando sono aggrappati ai rami verticali). Ha colori mimetici, un grigio fondamentale con disegni e macchie nero-bruni e rossicci, e si confonde con le scorze dei rami su cui si adagia rendendosi invisibile. Difficile da vedere, ha però un canto inconfondibile, che emette nei periodi di marcatura del territorio, come un monotono pianto, segnale inequivocabile di pioggia in arrivo per i contadini di un tempo. Anche il nome non lo aiuta: in italiano fa venire in mente una fastidiosissima contrattura muscolare, e in latino Jynx torquilla, quasi impronunciabile, sembra qualcosa che stride. Se però trovare " bella" una cosa significa conferirle un particolare prestigio, isolarla dalle altre, sceglierla e conservarle un posto nella memoria, è questo quello che succede a chi vede per caso o per fortuna un Torcicollo vivo. In una giornata passata a catturare uccelli con le reti, inanellarli, misurarne becchi, penne e zampe, controllando la loro salute e cercando di svelare i misteri della loro abbondanza o rarità, degli spostamenti e delle migrazioni, acchiappare un Torcicollo distoglie anche il più burbero degli ornitologi dalla sua intenta concentrazione e gli strappa un sorriso. Preso in mano, sentendosi in pericolo, gira il collo con un moto circolare e sinuoso, simile al contorcersi di un serpente, quasi ipnotico. Si passerebbero delle ore a guardare questo comportamento strano, stereotipato, che si spiega con l'abitudine che ha questo uccello di usare come nido un buco o una fessura in un tronco, da cui è impossibile la fuga repentina all'arrivo di un predatore. Allora questi contorsionismi da rettile, nel buio del suo rifugio, accompagnati se è il caso da sibili intimidatori, scoraggiano il nemico, o per lo meno lo lasciano interdetto per il tempo sufficiente a scappare. Questo oscillare del collo gli serve anche nel periodo degli amori, quando nelle schermaglie minacciose tra maschi rivali questi si affrontano con la coda allargata, la cresta sul capo eretta e il collo teso che si muove avanti e indietro senza girarsi, come faceva Totò nelle sue comiche famose. L'orrido fascino di questo insettivoro che adora le formiche è aumentato anche dal suo modo di nutrirsi: ha una lingua che pare un lombrico, lunghissima e vischiosa, che saltellando freneticamente infila nei formicai con maestria, tanto da meritarsi il nome che gli danno i francesi di "Torcol fourmilieur". I pulli nel nido aspettano le ghiottonerie che portano loro i genitori stando raccolti vicini a formare una piramide di calore, come è tipico dei picidi, pancia contro pancia e con il collo appoggiato sulle spalle dei fratellini. La lingua della mamma o del papà, attaccaticcia e nera di formiche, è spesso immersa in acqua prima dell'imbeccata, così il terribile acido formico viene più facilmente inghiottito dai piccoli, che mettono ben presto alla prova l'apparato digerente in grado di neutralizzarne il veleno. Personalità curiosa, il Torcicollo è l'unico tra i Picchi ad effettuare migrazioni regolari ad alto raggio: arriva da noi in aprile per ripartire in settembre o al più tardi in ottobre. Non è comune ovunque; l'importanza delle formiche nella sua dieta impone un habitat caldo e secco, scoperto e con erba bassa: il terreno dei pascoli, quello dove sempre più di rado si vede il bestiame brucare al suono dei campanacci. A questo si aggiunge la necessità di trovare cavità adatte per il nido che il Torcicollo non costruisce da solo. Usa cavità naturali o buchi di picchi abbandonati, e la scarsità di boschi antichi in molte zone, tagliati per lasciare posto alle monocolture, toglie ai nostri occhi la meravigliosa poesia dei vecchi tronchi marcescenti e ai torcicolli (ma anche alle upupe, agli allocchi, alle colombelle), i buchi naturali che in queste marcescenze si formano. Poi c'è il solito problema degli insetticidi che uccidono insieme agli insetti, dannosi e non, anche chi di loro si nutre. E come se non bastasse, se l'uccelletto riesce a sopravvivere a queste difficoltà nelle sue estati alle nostre latitudini, ne trova altre nelle zone di svernamento, nell'Africa incontaminata, a Sud del Sahara dove anni di prolungata siccità hanno modificato l'ambiente rendendolo per lui inospitale. Così il Torcicollo, misconosciuto, ma ancora relativamente comune, è in diminuzione, anche se non ancora in pericolo. Ne sarebbe estremamente contento Bacchi della Lega, autore alla fine dello scorso secolo delle "Caccie e costumi degli uccelli silvani", che parla del poveretto, a quell'epoca comunissimo, con vera ripugnanza, oltre che per l'aspetto e le movenze, anche per il sapore poco appetitoso a causa di quel suo continuo cibarsi di formiche. "Nemmeno degno di essere infilato allo spiedo a cuocersi fra gli altri prelibati campioni, ma da dare piuttosto alla civetta.. . così una volta di più si verificherà il proverbio antico, che tutto il male non viene per nuocere". Caterina Gronis di Trana


SCIENZE FISICHE. TECNOLOGIA BIOMEDICA Viti e piccoli chiodi per riparare il menisco Messi a punto nuovi materiali che vengono riassorbiti dall'organismo
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: ZUCCO PAOLO
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, FINLANDIA

VITI in poliglicolato (glucosio) e chiodini in polilattato (acido polilattico) completamente degradabili e quindi assorbibili dal corpo, sono giunti anche nei centri ortopedici italiani dalla Finlandia, dopo 5 anni di sperimentazione. Essi sono l'ultima tecnologia usata nella riparazione delle lesioni al menisco, piccola fibrocartilagine del ginocchio, un danno abbastanza frequente in coloro che praticano sport sia a livello amatoriale che agonistico: calcio, calcetto, basket e sci. Quest'ultimo in particolare rappresenta oggi una delle principali cause di lesioni del legamento crociato anteriore del ginocchio a cui si associano spesso lesioni capsulari e di menischi. E' un tipo di incidente che negli ultimi 25 anni è aumentato del 200 per cento, nelle donne in misura doppia rispetto agli uomini. La riparazione fino a poco tempo fa avveniva con materiali sintetici che in alcuni casi non duravano nel tempo e davano fenomeni infiammatori recidivanti nonché rotture del neocollegamento, spiega Paolo Zucco, ortopedico e specialista in medicina dello sport. Le tecniche più moderne prevedono l'uso di sostituti biologici prelevati dallo stesso soggetto e reimpiantati al posto del legamento crociato danneggiato. Le tecniche usate sono due: l'utilizzo di una striscia di tendine rotuleo, prelevato dal paziente stesso, con una brattea ossea dalla rotula o dalla tibia, oppure il prelievo del tendine del muscolo semitendinoso che viene poi triplicato o quadruplicato prima di essere inserito. Dopo una preparazione opportuna questi sostituti vengono fatti passare attraverso un tunnel obliquo nella tibia e un tunnel nel femore prima di essere fissati in sede. Di grande importanza è l'operazione di fissaggio del nuovo legamento che deve essere perfettamente ancorato nella giusta tensione. Per il fissaggio esistono mezzi e tecniche diverse, viti metalliche a interferenza, a cambre, a bottoni, con rondelle: tutti materiali che restano inseriti nell'articolazione anche quando il neolegamento è integrato nell'osso. L'ultima novità della tecnica di ancoraggio sono appunto le nuove viti in poliglicolato a profilo smusso e i chiodini in polilattato che si degradano nel volgere di un anno, sino a riassorbimento totale in un paio d'anni. Il recupero della funzionalità dell'articolazione avviene in 4-6 mesi dall'intervento chirurgico che nell'80 per cento dei casi viene eseguito in artroscopia. Ed è proprio grazie a telecamere e strumenti monitorizzati utilizzati in artroscopia se viene asportata solo la parte lesa del menisco, lasciando in sede quanto più possibile di questa fibrocartilagine sana, importante per l'amortizzamento dell'articolazione. La sutura meniscale si fa con piccolissimi chiodini o freccette (Biofix meniscus arrows) della lunghezza variabile da 10 a 16 millimetri, formati da microlamelle e testina a T, fa parte delle strategie di chirurgia conservativa dato che stabilizza saldamente la lesione. I chiodini di polilattato vengono assorbiti nell'arco di due mesi, mentre la lesione si cicatrizza, restituendo al paziente un menisco integro.Pia Bassi


SCIENZE DELLA VITA. IL TORCICOLLO Bruttino e goloso di formiche Un uccelletto migratore della famiglia dei picchi
Autore: GROMIS DI TRANA CATERINA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

SE l'evoluzione della specie fosse un concorso di bellezza dove la riproduzione si gioca su scelte dettate da canoni estetici di forza e armonia, o di un bel piumaggio, o di un aspetto accattivante, il Torcicollo vincerebbe l'ultimo premio, di consolazione. Questo piccolo uccello della famiglia dei picchi fa la parte del brutto anatroccolo in mezzo ai suoi affascinanti cugini: non ha i colori di questo gruppo di belli, e non ha come loro la robustezza del becco (infatti non trivella i tronchi degli alberi) e della coda (dato che non scava buchi nel legno non ha bisogno delle forti timoniere che agli altri picchi servono come sostegno quando sono aggrappati ai rami verticali). Ha colori mimetici, un grigio fondamentale con disegni e macchie nero-bruni e rossicci, e si confonde con le scorze dei rami su cui si adagia rendendosi invisibile. Difficile da vedere, ha però un canto inconfondibile, che emette nei periodi di marcatura del territorio, come un monotono pianto, segnale inequivocabile di pioggia in arrivo per i contadini di un tempo. Anche il nome non lo aiuta: in italiano fa venire in mente una fastidiosissima contrattura muscolare, e in latino Jynx torquilla, quasi impronunciabile, sembra qualcosa che stride. Se però trovare " bella" una cosa significa conferirle un particolare prestigio, isolarla dalle altre, sceglierla e conservarle un posto nella memoria, è questo quello che succede a chi vede per caso o per fortuna un Torcicollo vivo. In una giornata passata a catturare uccelli con le reti, inanellarli, misurarne becchi, penne e zampe, controllando la loro salute e cercando di svelare i misteri della loro abbondanza o rarità, degli spostamenti e delle migrazioni, acchiappare un Torcicollo distoglie anche il più burbero degli ornitologi dalla sua intenta concentrazione e gli strappa un sorriso. Preso in mano, sentendosi in pericolo, gira il collo con un moto circolare e sinuoso, simile al contorcersi di un serpente, quasi ipnotico. Si passerebbero delle ore a guardare questo comportamento strano, stereotipato, che si spiega con l'abitudine che ha questo uccello di usare come nido un buco o una fessura in un tronco, da cui è impossibile la fuga repentina all'arrivo di un predatore. Allora questi contorsionismi da rettile, nel buio del suo rifugio, accompagnati se è il caso da sibili intimidatori, scoraggiano il nemico, o per lo meno lo lasciano interdetto per il tempo sufficiente a scappare. Questo oscillare del collo gli serve anche nel periodo degli amori, quando nelle schermaglie minacciose tra maschi rivali questi si affrontano con la coda allargata, la cresta sul capo eretta e il collo teso che si muove avanti e indietro senza girarsi, come faceva Totò nelle sue comiche famose. L'orrido fascino di questo insettivoro che adora le formiche è aumentato anche dal suo modo di nutrirsi: ha una lingua che pare un lombrico, lunghissima e vischiosa, che saltellando freneticamente infila nei formicai con maestria, tanto da meritarsi il nome che gli danno i francesi di "Torcol fourmilieur". I pulli nel nido aspettano le ghiottonerie che portano loro i genitori stando raccolti vicini a formare una piramide di calore, come è tipico dei picidi, pancia contro pancia e con il collo appoggiato sulle spalle dei fratellini. La lingua della mamma o del papà, attaccaticcia e nera di formiche, è spesso immersa in acqua prima dell'imbeccata, così il terribile acido formico viene più facilmente inghiottito dai piccoli, che mettono ben presto alla prova l'apparato digerente in grado di neutralizzarne il veleno. Personalità curiosa, il Torcicollo è l'unico tra i Picchi ad effettuare migrazioni regolari ad alto raggio: arriva da noi in aprile per ripartire in settembre o al più tardi in ottobre. Non è comune ovunque; l'importanza delle formiche nella sua dieta impone un habitat caldo e secco, scoperto e con erba bassa: il terreno dei pascoli, quello dove sempre più di rado si vede il bestiame brucare al suono dei campanacci. A questo si aggiunge la necessità di trovare cavità adatte per il nido che il Torcicollo non costruisce da solo. Usa cavità naturali o buchi di picchi abbandonati, e la scarsità di boschi antichi in molte zone, tagliati per lasciare posto alle monocolture, toglie ai nostri occhi la meravigliosa poesia dei vecchi tronchi marcescenti e ai torcicolli (ma anche alle upupe, agli allocchi, alle colombelle), i buchi naturali che in queste marcescenze si formano. Poi c'è il solito problema degli insetticidi che uccidono insieme agli insetti, dannosi e non, anche chi di loro si nutre. E come se non bastasse, se l'uccelletto riesce a sopravvivere a queste difficoltà nelle sue estati alle nostre latitudini, ne trova altre nelle zone di svernamento, nell'Africa incontaminata, a Sud del Sahara dove anni di prolungata siccità hanno modificato l'ambiente rendendolo per lui inospitale. Così il Torcicollo, misconosciuto, ma ancora relativamente comune, è in diminuzione, anche se non ancora in pericolo. Ne sarebbe estremamente contento Bacchi della Lega, autore alla fine dello scorso secolo delle "Caccie e costumi degli uccelli silvani", che parla del poveretto, a quell'epoca comunissimo, con vera ripugnanza, oltre che per l'aspetto e le movenze, anche per il sapore poco appetitoso a causa di quel suo continuo cibarsi di formiche. "Nemmeno degno di essere infilato allo spiedo a cuocersi fra gli altri prelibati campioni, ma da dare piuttosto alla civetta.. . così una volta di più si verificherà il proverbio antico, che tutto il male non viene per nuocere". Caterina Gronis di Trana




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