TUTTOSCIENZE 24 luglio 96


NOVITA' Il computer costruito su misura
Autore: A_CON

ARGOMENTI: ELETTRONICA, INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: VOBIS MICROCOMPUTER «BUILT TO CUSTOMER»
LUOGHI: ITALIA

COMPUTER su misura. Il sistema, unico nel business dei pc, offre al cliente la possibilità di spaziare fra centinaia di migliaia di differenti configurazioni. A prezzi che partono da poco più di un milione di lire, sino a cifre diverse volte superiori. In gergo il sistema si chiama Built to Customer, cioè Costruire per il Cliente. Lo propone Vobis Microcomputer e sarà attivo, fra poche settimane, in tutti i 160 punti vendita italiani della catena tedesca. Tutto comincia quando il cliente entra nel negozio: con l'aiuto di un operatore accede ad un terminale ed inserisce le caratteristiche che desidera siano comprese nel personal computer HighScreen che vuole acquistare. Indica il monitor, la tastiera, la Ram, l'hard-disk, il processore, l'eventuale modem e tutto il resto. Compilato il format, con la semplice pressione di un tasto la richiesta viene inoltrata in tempo reale (via satellite o via collegamento Isdn) al quartiere generale della Vobis. Da qui - nel giro di pochi secondi - è restituita al negozio la conferma d'ordine. Le informazioni vengono raccolte dal centro di produzione che si attiva per configurare il sistema, secondo le specifiche trasmesse. L'operazione viene eseguita just- in-time, cioè sul momento, cosa che permette di ridurre anche i costi di magazzino. La macchina pronta viene spedita, dopo superato le procedure di verifica qualità. Il cliente potrà ritirare il suo PC presso il punto dove è avvenuto l'acquisto, entro 48 ore dall'ordine. Lo pagherà soltanto allora.(a. con.)


NAVIGANDO... Anche un dito di Galileo In rete tutto lo scibile sullo scienziato
Autore: PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, STORIA DELLA SCIENZA, MUSEO
NOMI: GALILEO GALILEI
ORGANIZZAZIONI: MUSEO DI STORIA DELLE SCIENZA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, FIRENZE (FI)

NELLA Rete, c'è persino il dito medio della mano destra di Galileo. Si trova nella quarta sala virtuale del Museo di Storia della Scienza di Firenze, la stanza dedicata al grande scienziato: http: //galileo.imss.firenze.it/museo/4/index.html Reliquia di santo laico, venne staccato dal cadavere dello scienziato nel Settecento, in occasione della traslazione della salma dalla stanzetta del Campanile alla Cappella dei Santi Cosma e Damiano. «E' questo il dito, onde la mano illustre/ Del Ciel se gnando gli spazi immensi/ E novi astri additò di vetro in dustre/ Meraviglioso ordigno offrendo ai sensi/...» recita la scritta sulla teca che conserva il dito ora esposto nel mondo di Internet. Ma il museo fiorentino offre ben altre testimonianze galileane. Dalla sala, attraverso una serie di collegamenti ipertestuali, si arriva alla ricca collezione di documenti e strumenti scientifici del Seicento. Ci sono, fra l'altro, due cannocchiali di Galileo, il suo compasso geometrico e militare, le calamite utilizzate nelle sue ricerche sul magnetismo e tutti i modelli legati ai suoi studi sulla meccanica. Per allargare la nostra ricerca su Galileo ci possiamo trasferire alla Domus Galileana di Pisa: http://galileo.difi.unipi.it Un sito dove ritroviamo molte pagine autografe di Galileo, altri strumenti, una ricca biblioteca e una interessante sezione didattica. Ma il luogo più curioso e forse il più aggiornato su Galileo è quello creato dalla Rice University di Houston: http://es.rice. edu/ES/humsoc/Galileo/index.html Il cuore del «Progetto Galileo» curato da questa università americana è il «Gioiello», la villa di Arcetri in cui Galileo passò gli ultimi anni della sua vita, che è stata ricostruita partendo dal modello di una villa fiorentina del sedicesimo secolo. In questo modo è stata creata una mappa di immagini che permette collegamenti con i diversi aspetti della vita di Galileo e della scienza del suo tempo. Dalla mappa si entra nelle diverse stanze, ognuna delle quali offre una ricca possibilità di collegamenti. Ad esempio, nel «Gabinetto scientifico» troviamo gli strumenti usati da Galileo, nel «Salotto» i testi riguardanti la sua carriera e i collegamenti con le università con cui entrò in contatto, nella «Cappella» le informazioni sull'Inquisizione e sui personaggi ecclesiastici dell'epoca, nella «Biblioteca» i suoi testi e quelli degli scienziati che influenzarono il suo lavoro, nella «Galleria dei ritratti», ancora in costruzione, le biografie e i ritratti dei personaggi del mondo galileiano e infine nella «Terrazza» i suoi lavori di astronomia e i collegamenti con le principali risorse in Internet di astronomia e astrofisica. Si può così concludere l'esplorazione galileana con un affascinante viaggio attraverso il sistema solare, organizzato da Calvin J. Hamilton del Los Alamos National Laboratory, che si trova all'indirizzo: http://bang.lanl.gov/solarsys/ Federico Peiretti


INTERNET Quanto e perché usare la rete
Autore: MERCIAI SILVIO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA

HO scritto molte volte che considero Internet uno strumento e che il problema è come integrarlo nella vita quotidiana e professionale: allora ho pensato di raccontarvi - alla buona - come lo uso, a cosa mi serve, quale spazio gli ho assegnato nel mio tempo settimanale. Mi piacerebbe che anche voi mi diceste come la usate e la intendete.. . Devo ovviamente dire prima di tutto qualcosa di me: sono un libero professionista (medico specialista), ho una cinquantina d'anni e il mio hobby preferito, da anni, è l'informatica. Utilizzo un normale Pc, un Pentium, con 16 M di memoria Ram ed un certo numero di dischi rigidi installati (beh, ovviamente l'ho «truccato» un po', altrimenti che gusto c'è?) e un modem a 28.800 collegato con la mia linea telefonica domestica. Sulla macchina è installato Windows 95 (non credete ai diffamatori: funziona benissimo]) ed i principali programmi che uso per Internet sono Netscape (al momento la beta 5 della versione Gold 3.0) e l'Exchange client (nuova versione) per la posta. Utilizzo una connessione con un provider torinese. La macchina resta accesa in permanenza: un recente dibattito su alcune liste postali di Internet avrebbe confermato che l'orientamento prevalente degli specialisti è di evitare per quanto possibile di accendere/spegnere il computer (salvo che non venga utilizzato, ovviamente, per lunghi periodi di tempo) perché questo usura pericolosamente i circuiti. Alla mattina, alle 7,00, un programma che ho installato - Freeloader - si attiva e scarica dalla rete i siti che ho programmato di visionare: in questo modo lo fa quando in America dormono (e quindi si viaggia meglio) e le tariffe Telecom sono ancora basse. Ci sono siti che mi scarica giornalmente ed altri di cui controlla l'eventuale variazione con cadenza settimanale o mensile (e lo fa di domenica, per le medesime ragioni), a seconda delle mie preferenze. Alle 7,30 si attiva il programma e-mail e mi scarica la posta arrivata nella notte... In questo modo, prima di iniziare il lavoro, ho disponibili le notizie del mondo (la LeadStory di AT&T, i fondi di Usa Today - La Stampa la compro e quindi non la faccio scaricare dalla rete...), i siti che mi interessano, la posta dei miei corrispondenti. Durante la giornata, negli intervalli del lavoro, avrò il tempo per leggere tutto questo materiale e per programmare le ricerche dell'indomani. Uso la rete essenzialmente a scopo di aggiornamento professionale e per i miei interessi. I siti che visito e le liste postali cui sono iscritto riguardano appunto questi due argomenti: il mio ramo specialistico medico e l'informatica. Questo mi impegna per un paio di ore circa al giorno (ricevo circa un migliaio di lettere alla settimana...): ma è in gran parte tempo che ho ricavato dall'aggiornamento che in precedenza svolgevo essenzialmente attraverso la lettura della carta stampata (per esempio, molte riviste mediche o di informatica le leggo così, in via elettronica: ho anche un po' meno pile di carta sulla scrivania...). Un'altra piccola parte di tempo, poi, è dedicata a rispondere ai lettori di questa colonna e ad aggiornare le mie pagine di WWW: un lavoro stimolante, anche perché trovo creativo dover imparare dei linguaggi di programmazione e costruirmi da solo le mie piccole applicazioni o servizi. Silvio A. Merciai


CONTRACCEZIONE MASCHILE Prove col testosterone Iniezioni di un derivato sintetico
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: BENAGIANO GIUSEPPE
ORGANIZZAZIONI: OMS
LUOGHI: ITALIA

QUESTA volta forse ci siamo. Parlo della contraccezione maschile a base di ormoni, equiparabile a quella femminile della «pillola». Da almeno trent'anni si studiano seriamente metodi contraccettivi capaci di ridurre la produzione di spermatozoi in misura tale da determinare infertilità. Per citarne qualcuno ecco verso il 1970 il gossypol, un pigmento fenolico giallo isolato dai semi di cotone, proposto con entusiasmo dai medici cinesi, ma del quale non si è più avuto notizia. Verso il 1980 si parlò di Lh-Rh, un ormone cerebrale; più tardi dell'inibina, fattore proteico testicolare, e via dicendo. Occuperemo un'intera colonna se volessimo ricordare tutti i tentativi della contraccezione maschile. Gli spermatozoi sono prodotti nei testicoli, e successivamente percorrono i condotti deferenti per depositarsi nelle vescichette seminali dalle quali lo sperma viene eiaculato. Questa funzione testicolare è sotto il controllo delle gonadotropine ipofisarie, Lh o Icsh, o Fsh. Sinteticamente la secrezione di Lh è controllata dal testosterone, il più importante ormone testicolare: se aumenta il tasso di testosterone diminuisce il tasso di Lh. Ecco perché si pensa soprattutto al testosterone come possibile contraccettivo maschile, limitato fino ad oggi al profilattico o alla vasectomia (recisione dei condotti deferenti), il controllo della fertilità maschile mediante farmaci avendo sempre presentato difficoltà molto superiori al controllo della fertilità femminile, per varie ragioni. Ora, nel numero 65 di quest'anno della rivista Fertility and Sterility, l'Organizzazione mondiale della sanità (Gruppo speciale dei mezzi di regolazione della fecondità maschile) pubblica uno studio effettuato per due anni in quattro continenti, i cui risultati prospettano la messa a punto d'un metodo adottabile, come ha dichiarato il dottor Giuseppe Benagiano, direttore del Programma speciale Oms di ricerca sulla riproduzione umana. Hanno partecipato allo studio 401 coppie in 15 centri di 9 Paesi (Australia, Cina, Stati Uniti, Francia, Ungheria, Regno Unito, Singapore, Svezia, Thailandia). Gli uomini, di età da 21 a 45 anni vivevano in relazione stabile con le compagne e si sono offerti volontariamente in quanto, e anche le compagne stesse, non soddisfatti di altri metodi contraccettivi. Il trattamento, consistente in iniezioni settimanali d'un derivato sintetico del testosterone, ha avuto come risultato azoospermia ovvero assenza di spermatozoi dimostrabile, oppure oligozoospermia ovvero numero di spermatozoi inferiore a 3 milioni per ml (normalmente 250-300 milioni). Nessuna gravidanza nel caso di azoospermia, 4 gravidanze nel caso di oligozoospermia. A partire dalla prima iniezione sono occorsi in media 70-100 giorni per avere i suddetti risultati. Il trattamento è privo di pericoli e reversibile: sospendendolo passano in media 110-200 giorni per riottenere la fertilità. I 33 nati successivamente dalle coppie partecipanti allo studio erano in buone salute e di peso normale. Che si può dire in proposito? Certo le iniezioni settimanali rappresentano un inconveniente, e pertanto l'Oms sta studiando derivati del testosterone ad azione prolungata, che abbiano il duplice vantaggio d'un intervallo di 3-4 mesi fra le iniezioni, e d'una dose ormonica ridotta. Secondo Benagiano il fatto che degli uomini si siano offerti volontariamente per lo studio ed abbiano avuto la motivazione e la volontà necessarie per rispettare il programma di iniezioni settimanali dimostra che un metodo di contraccezione maschile di questo tipo suscita interesse e viene richiesto. Ulrico di Aichelburg


MELATONINA I pregi di una molecola tuttofare Promettente come regolatore immunologico
Autore: MAESTRONI GEORGES

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

FONTE della giovinezza, rimedio anti-cancro, anti- Aids, utile contro l'insonnia, il colesterolo alto, le malattie cardiovascolari, l'impotenza sessuale, le infezioni virali: insomma, una vera e propria panacea. Mai tante virtù furono attribuite a una sola molecola. Avrete indovinato, si tratta della melatonina. Libri, giornali, tv, tutti ne hanno parlato a proposito e, molto spesso, a sproposito. Ma cosa ci sarà di vero? Per fare il punto della situazione si è recentemente tenuto a Locarno il «Meeting on Neuroendocrinoimmunology. Therapeutic Potential of the Pineal Hormone Melatonin». Al convegno (3 giorni) hanno partecipato un centinaio di ricercatori provenienti da 19 Paesi. Il consenso raggiunto ha permesso di stabilire con certezza che la melatonina può essere efficace in tre situazioni: a) contro alcune forme di insonnia, b) come regolatore immunologico e c) in associazione a terapie antitumorali. Nel caso dell'insonnia sembra che la melatonina agisca come sincronizzatore dell'orologio biologico dell'organismo. Non si può quindi parlare di sonnifero e la sua efficacia dipende da fattori ancora poco conosciuti. Per quanto riguarda il sistema immunitario, si è stabilito che le cellule che presentano recettori specifici per la melatonina sono i linfociti T- helper. La presenza di proteine (recettori) in grado di recepire il segnale veicolato dall'ormone melatonina si traduce in una azione regolatrice delle funzioni linfocitarie. Questo è importante perché i linfociti T-helper giocano un ruolo cardine nella risposta immunitaria contro gli agenti infettivi. La relazione melatonina-immunità, scoperta negli anni scorsi all'Istituto Cantonale di Patologia di Locarno, sembra essere molto promettente anche se sono necessari ancora numerosi studi clinici. Infine il grave problema della malattia tumorale: la melatonina da sola non può essere considerata un farmaco anti-cancro. Nell'uomo non esistono evidenze che la melatonina possa esercitare alcun effetto inibitore della crescita tumorale. Grazie al suo effetto immunoregolatore, può invece essere di giovamento se associata ad altre terapie quali l'immunoterapia con interleuchina-2 o più semplicemente alla chemioterapia. Anche qui, comunque, sono necessari ulteriori studi clinici, soprattutto studi multicentrici in grado di verificare la riproducibilità dei risultati. Allo scopo di facilitare questi studi, i ricercatore presenti al convegno hanno firmato un documento che verrà inviato all'Organizzazione Mondiale della Sanità e ai ministeri della Sanità dei Paesi europei. Dall'insieme dei dati presentati emerge come fatto importante la necessità di ulteriori studi clinici e contemporaneamente l'assoluta irresponsabilità di chiunque, per interesse o ignoranza, voglia considerare la melatonina alla stregua di un integratore alimentare o di una vitamina. La melatonina è un neuro-ormone secreto dalla ghiandola pineale e la sua assunzione in alcune situazioni patologiche o in associazione con particolari farmaci potrebbe risultare molto pericolosa. Un esempio può chiarire questa affermazione. La presenza di una mutazione cancerogenica di cellule del sistema ematopoietico, e cioè del tessuto che forma le cellule sanguigne, è condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo di forme leucemiche. Come per tutti i tumori, lo sviluppo della neoplasia maligna richiede un fattore che promuova la crescita delle cellule mutate. Esistono evidenze che, in alcune situazioni, la melatonina potrebbe agire come fattore di promozione della leucemia. Più generalmente poi, mancano informazioni di base molto importanti. La melatonina viene secreta durante le ore notturne con un ritmo circadiano (ogni 24 ore). Con la variazione stagionale della durata della notte, la produzione di melatonina segue anche un ritmo stagionale. Tuttavia, l'influenza della stagione sull'efficacia dell'ormone non è conosciuta. Esistono studi che indicano negli animali una forte influenza stagionale. Anzi, per alcuni effetti la stagione è tanto fondamentale che cambiando questa l'effetto sparisce o diventa di segno contrario. Sembra evidente quindi che stiamo osservando solo la punta dell'iceberg: la parte sommersa può nascondere belle ma anche brutte sorprese. Solo l'approccio scientifico, lontano dagli interessi di speculatori senza scrupoli, potrà consentire l'uso appropriato di questa promettente sostanza. Georges Maestroni Istituto di Patologia, Locarno


MANGIARE NEL MONDO Cavallette fritte Buono o cattivo? Secondo i gusti
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
NOMI: HARRIS MARVIN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: «Buono da mangiare»

OGNI tanto tiro fuori dagli scaffali della mia libreria un libro che vi giace da qualche anno e me lo rileggo con gusto, forse con maggior gusto della prima volta. E' un volume dal titolo «Buono da mangiare», l'autore è l'antropologo americano Marvin Harris. In tempi in cui si parla tanto di vacche pazze, di carne sì, carne no, mi sembra sia il momento giusto per una rilettura del genere. Alla domanda: «Ti mangeresti il tuo cane?», chiunque di noi, cinofilo o no, risponderebbe con un gesto di orrore. In Cina invece i cani si mangiano tranquillamente e c'è un ristorante di Pechino che ne cucina una trentina al giorno. Dove li trova? Tra i randagi, naturalmente. E ancora, i cinesi mangiano volentieri le oloturie, lumaconi di mare che importano dai Tropici, e che fanno letteralmente schifo agli occidentali. In Europa nessuno si sogna di mangiare cavallette, bruchi, formiche o ragni. Molti africani invece sgranocchiano come caramelle le formiche mellivore che hanno l'addome ripieno di una sostanza zuccherina. Le cavallette fritte si trovano non solo in Giappone, ma perfino negli Stati Uniti. I laotiani e i vietnamiti sono ghiotti di cimici d'acqua (che nulla hanno a che vedere con le cimici dei letti). Gli abitanti della Nuova Caledonia e del Madagascar mangiano le tarantole e si leccano le dita. Nel Sud Est asiatico si mangia comunemente carne di serpente e il brodo più raffinato, dopo quello di tartaruga, è considerato il consommè di pinne di pescecane. Come al solito, noi facciamo di ogni erba un fascio, accusando gli squali in toto di essere mangiatori di uomini. Ma non ci rendiamo conto che nella partita uomo- squali, sono questi ultimi a pagare lo scotto più elevato. In gran parte proprio per questa preferenza gastronomica degli umani d'Estremo Oriente. Dove si catturano gli squali, si taglia loro la pinna dorsale e poi li si rimette in mare. Naturalmente i disgraziati pesci, mutilati di una parte così importante, muoiono dopo una lunga agonia. Il piatto più prelibato a Samoa e nelle isole Figi è il palolo, la manna che il mare regala ogni anno agli uomini in una data precisa, all'alba del primo giorno dopo l'ultimo quarto di Luna di ottobre e di novembre. In quel determinato giorno, appena il cielo si tinge di rosa, migliaia di indigeni si precipitano sulle spiagge, dove viene a galla una massa enorme di vermiciattoli che sembrano spaghetti semoventi. Li pescano con ogni sorta di recipienti e se li mangiano crudi o cotti in mille modi diversi. Altro non sono che i monconi di un verme marino carichi di organi sessuali maschili o femminili. I vermi, che vivono ancorati alle rocce subacquee, proprio in quel giorno si automutilano spontaneamente della parte terminale. L'esplosione simultanea mira alla riproduzione della specie. Ci scandalizziamo che a Samoa o nelle Figi si mangino gli organi sessuali dei vermi marini. Ma noi non facciamo altrettanto con i ricci di mare? La parte più appetitosa di questi animali è costituita proprio da quegli spicchi arancione che sono le gonadi, vale a dire gli organi genitali. Anche le lumache, guardate con disgusto da tanta gente, hanno folle di amatori nel mondo e in molte regioni italiane. Altrettanto vale per le cosce di rana, dalla carne bianchissima più delicata di quella di pollo. E poi entrano in gioco ovviamente i gusti personali. A uno piace moltissimo il sapore del polpo. Un altro lo detesta. C'è chi va matto per il caviale e chi non lo ama affatto. Le abitudini e soprattutto i divieti alimentari dei popoli si basano spesso su motivazioni di ordine religioso. Così l'induismo e il buddismo considerano intoccabili vacche e tori, che vengono venerati in India come animali sacri. Agli ebrei e ai mussulmani è proibito l'uso alimentare del maiale, ma lo era anche per tre antiche civiltà del Medio Oriente, come la fenicia, l'egiziana e la babilonese. Non tutti i mammiferi domestici hanno trovato ugual favore in campo alimentare. I nostri antenati del paleolitico, oltre a dare un posto d'onore al cavallo nei graffiti rupestri giunti fino a noi, si facevano grandi scorpacciate della sua carne. Molti contemporanei continuano a cibarsene in Europa, ma forse batte ogni record la Francia in cui una persona su tre mangia carne equina. Per contro, negli Stati Uniti c'è sempre stata e c'è tuttora una spiccata avversione per questo tipo di carne. Mentre invece ha decollato con straordinaria fortuna la moda del fast food - ormai dilagata in tutto il mondo - in cui è l'hamburger di carne di manzo che fa da indiscusso protagonista. Allo stesso modo, il latte con i suoi derivati, burro e formaggi, è bandito dalla cucina cinese, che passa per una delle più raffinate. I cinesi hanno una vera e propria idiosincrasia per il latte e non ne berrebbero un bicchiere per tutto l'oro del mondo. I popoli si possono dividere quindi in lattofili e lattofobi. Ma esistono anche individui lattofobi per costituzione, che mancano di lattasi, l'enzima che digerisce il lattosio. E' naturale quindi che l'ingestione di latte provochi in questi soggetti sintomi di una certa gravità. In un excursus sulle abitudini mangerecce dell'uomo non poteva mancare un accenno al cannibalismo. Cannibalismo, s'intende, non come unico mezzo per sopravvivere in casi di emergenza, ma come libera scelta alimentare. E qui entrano in scena le usanze cannibali di alcuni popoli primitivi contemporanei. Quanto agli animali mangiatori di uomini, si ritiene che il sapore della carne umana non piaccia agli squali. Per cui quando uno di loro addenta un subacqueo, lo molla subito dopo, disgustato. Il guaio è che con il suo terribile morso, il predatore ha già inferto al malcapitato una ferita o una mutilazione il più delle volte mortali. Invece se una tigre assaggia una prima volta la carne umana, la ritiene gustosissima e diventa ipso facto mangiatrice di uomini. Sembra che, almeno per le tigri, ma forse anche per i leoni o per i puma, siamo particolarmente buoni da mangiare. Nessuna meraviglia dunque che si faccia gola anche a qualche nostro simile spregiudicato. Morale della favola: meglio non frequentare i superstiti cannibali della Terra. Isabella Lattes Coifmann


ATTUALITA' DI CARNOT Dalle macchine a vapore all'entropia I duecento anni dalla nascita del padre della termodinamica
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, FISICA, MATEMATICA
PERSONE: CARNOT SADI, GALOIS EVARISTE
NOMI: RIFKIN JEREMY, TIEZZI ENZO, CARNOT SADI, GALOIS EVARISTE
LUOGHI: ITALIA

ALL'inizio dell'Ottocento, dopo la caduta di Napoleone, la Francia è attraversata dal vento della Restaurazione. A Parigi si combatte per le strade e molti giovani sono sulle barricate per difendere gli ideali di libertà. Non tutti, però, sembrano coinvolti totalmente dalla passione politica, e lo dimostra il fatto che proprio dalle barricate uscirono fior di scienziati, come il matematico Evariste Galois e il fisico Sadi Carnot. Quest'ultimo, del quale ricorre quest'anno il secondo centenario della nascita, ha legato il suo nome al famoso «ciclo» sul rendimento delle macchine termiche, ma soprattutto si è ritagliato un posto di primo piano nella storia della scienza per aver formulato il «secondo principio della termodinamica», la legge che sta alla base di tutti i processi fisici e con la quale ci si deve confrontare se si vogliono risolvere i problemi dell'ambiente. Se, infatti, il «primo principio della termodinamica» afferma che l'energia si conserva, il «secondo principio», che ha diverse formulazioni, stabilisce le regole dei modi di trasformazione dell'energia. E si tratta di regole universali alle quali bisogna necessariamente sottostare se vogliamo far tornare i conti energetici. La formulazione del «secondo principio», però, non è nata dagli esperimenti di un laboratorio, ma è il punto finale di una serie di considerazioni del giovane Carnot sul divario economico che esisteva fra Francia e Inghilterra. Questo «gap», secondo Carnot, era da imputare principalmente all'uso della macchina a vapore e pertanto chi avrebbe ottenuto il monopolio dell'energia basata su queste macchine, avrebbe guadagnato potenza industriale e militare. Carnot, allora, si mise a studiare il modo di migliorare il rendimento delle macchine a vapore e a soli 28 anni scrisse un importantissimo saggio, «Reflexions sur la puissance motrice ou feu» (1824), col quale gettava le basi della termodinamica moderna. Oltre a essere un libro fondamentale per la termodinamica, le «Reflexions» sono anche un significativo esempio di divulgazione scientifica. «Preoccupato dal desiderio di essere chiaro - scrive il fratello Hyppolite - Sadi mi faceva leggere il testo del suo manoscritto, per assicurarsi di essere compreso anche da persone volte ad altri studi». Convinto che il calore fosse un fluido (a quei tempi, infatti, si parlava del «calorico»), Carnot studiò le macchine termiche applicando ad esse i criteri dello studio dei mulini ad acqua. Se in un mulino è l'acqua che cadendo da diverse altezze fa girare i suoi meccanismi, in una macchina a vapore è il «calorico» a produrre energia «cadendo» da un corpo più caldo a uno più freddo. Non tutto il calore, però, si trasforma in energia, e una parte di essa, l'entropia, viene dispersa e non può più essere utilizzata. Durante i processi, dunque, l'energia passa sempre da forme utilizzabili a forme non più utilizzabili. In seguito Clausius dimostrò che in un sistema isolato l'entropia deve sempre aumentare e pertanto, in un processo, non può mai assumere due volte lo stesso valore. Tutto ciò richiama l'eraclitiano «non ci si bagna due volte nella stessa acqua» : il concetto di entropia traduce assai efficacemente il concetto del tempo che scorre. Dall'uso appropriato di questa legge dipende, dunque, la qualità della nostra vita e il futuro stesso della Terra. «Se continueremo a ignorare la legge dell'entropia e la sua funzione nel definire le grandi linee entro cui si dispiega il nostro mondo fisico - dice l'economista Jeremy Rifkin - lo faremo a rischio della nostra stessa estinzione». Secondo l'astronomo Arthur Eddington, «dal punto di vista della filosofia della scienza, la concezione di entropia deve considerarsi come il più gran contributo del secolo XIX al pensiero scientifico». Purtroppo questo concetto non gode ancora di quella considerazione che meriterebbe. Forse non è cambiato niente dai tempi di Charles Snow, quando negli Anni 50 affermava nel suo saggio «Le due culture» che non sapere il contenuto della seconda legge della termodinamica era l'equivalente letterario del non aver mai letto un'opera di Shakespeare. Una decina di anni fa Enzo Tiezzi, nel suo saggio «Tempi storici, tempi biologici», era ancora più esplicito: «Sono passati più di cento anni da quando Sadi Carnot, a 28 anni di età, aprì la strada al concetto di entropia. Ma le teorie socio-economiche continuano a ignorare che l'entropia esiste». Nato a Parigi nel giugno del 1796, Carnot entra a sedici anni alla Ecole Polytechnique (fu 24o su 179 partecipanti), dove gli studenti erano svegliati alle cinque del mattino e per sei giorni alla settimana studiavano nove ore al giorno. Di indole solitaria, fu anche violinista, ballerino e amante del pugilato. Morì a Parigi nel 1832. Franco Gabici


SATELLITE DI SATURNO Una sonda su Titano Partenza nel '97, arrivo 7 anni dopo
Autore: BOFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, ASTRONOMIA
ORGANIZZAZIONI: AEROSPATIALE, DASA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Il percorso della sonda

NEL 1655 l'astronomo olandese Huygens vide per primo nitidamente l'anello di Saturno e il suo satellite più grande, battezzato Titano, e lasciò scritto il suo stupore per il misterioso nuovo mondo appena scoperto. Non poteva immaginare che 342 anni dopo, esattamente il 6 ottobre dell'anno prossimo, una specie di tazza dorata di 2 metri e 70 centimetri di diametro, pesante 350 kg e battezzata con il suo nome avrebbe decollato per raggiungere il «suo» satellite dopo 7 anni di viaggio, nel novembre del 2004. Questa sonda Huygens, in assemblaggio nel laboratorio della Aerospatiale di Cannes, costruita in collaborazione con la Dasa di Ottobrun, è un concentrato incredibile di tecnologia. Atterrata su Titano dopo un viaggio di un miliardo e mezzo di chilometri, e dopo aver affrontato una temperatura di 2000 gradi all'impatto con l'atmosfera di Titano, dovrà trasmettere dati per due ore. Perché è così importante questa missione? Perché Titano è circondato da una densa atmosfera dove abbondano, come ci ha fatto sapere la sonda Voyager 1 nel 1981, l'acido cianidrico ed altre molecole complesse necessarie allo sviluppo della vita. Molti scienziati pensano che Titano sia una specie di laboratorio di chimica dove è in corso un processo di sviluppo della vita. Processo che non può essere progredito molto perché sulla superficie la temperatura è di -180 gradi, ma si può pensare che esista la situazione che sulla Terra miliardi di anni fa ha appunto originato la vita. Poiché però Titano è circondato da questa atmosfera molto più densa della nostra che, fra l'altro, sembra ruotare intorno al satellite a 400 km/h per ragioni ignote, per controllare cosa veramente c'è sulla sua superficie bisogna andare sul posto. Un problema molto difficile, fra gli altri, è quello della discesa, frenata dall'apertura di tre successivi paracadute per ridurre la velocità da 1400 km/h ai 20 dell'atterraggio. E' stata eseguita alcuni mesi fa con successo una prova in Svezia, sganciando il modello della sonda da un pallone a 36.000 metri di quota. Ma il problema principale è quello di garantire il funzionamento di tutti gli strumenti e delle batterie dopo 7 anni di inattività nel viaggio attraverso temperature bassissime ed elevatissime, quando dovranno mettersi a lavorare per due ore a -180 gradi. Huygens verrà inviato al Nasa Jet Propulsion Laboratory per essere integrato nel laboratorio spaziale Cassini e lanciato da un missile americano il 6 ottobre '97, quando la posizione dei pianeti del Sistema Solare permetterà il viaggio più breve possibile (7 anni). Un eventuale ritardo farà rimandare la partenza al giugno 1999, ma allora occorreranno 9 anni per completare il viaggio. Sicuramente Huygens non scoprirà alcuna forma di vita, almeno nel senso che noi diamo a questa parola, ma molti scienziati pensano che troverà qualcosa di molto simile alla superficie della nostra Terra, ritornando però indietro nel tempo di 4 miliardi di anni. Gian Carlo Boffetta


SCAFFALE Marchesini Roberto: «Oltre il muro: la vera storia di mucca pazza», Muzzio
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Si è parlato molto, a proposito e a sproposito, delle «vacche pazze» e del pericolo che la loro carne può rappresentare per l'uomo. In questo libro Roberto Marchesini, esperto di zooantropologia, fa il punto sull'intera vicenda e su molti aspetti affini, come ad esempio l'uso di ormoni in zootecnia. La prefazione è di Giorgio Celli. Piero Bianucci


SCAFFALE Blandino Giorgio: «Le capacità relazionali», Utet Libreria
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

In tutte le professioni che comportano intensi rapporti tra persone - è il caso, ad esempio, degli insegnanti, dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali - è implicita una forte componente psicologica. Inoltre la psicoanalisi ha chiarito come in ogni relazione interpersonale siano importanti i fattori emozionali e affettivi. Eppure psicologia e psicoanalisi rimangono quasi sempre estranee alla formazione dei professionisti appena citati. Proprio pensando a insegnanti e operatori sociali in genere, Giorgio Blandino, ricercatore e docente dell'Università di Torino, con questo volume affronta il problema della gestione dei rapporti interpersonali in una prospettiva psicodinamica e alla luce della lezione di Freud, della Klein, di Bion e Winnicott.


SCAFFALE Penrose Roger: «Ombre della mente: alla ricerca della coscienza», Rizzoli
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: BIOLOGIA, FISICA
LUOGHI: ITALIA

L'ENIGMA della mente umana - intelligenza e coscienza - è al centro delle ricerche non soltanto dei neuroscienziati, che hanno proclamato gli Anni 90 «decennio del cervello», ma anche degli informatici e dei fisici. Proprio un fisico teorico di prima fila, Roger Penrose, specialista in relatività generale e buchi neri, collaboratore di Stephen Hawking, è protagonista dell'ultimo tentativo di capire i meccanismi cerebrali. Scartato il modello che assimila il cervello al computer, Penrose propone un modello di funzionamento del cervello basato sulla fisica della meccanica quantistica, e precisamente su un comportamento quantistico coerente dei neuroni, un po' come il raggio laser nasce dal comportamento coerente dei fotoni.


PROGETTO ATLANTIS Rinviato di un mese il lancio dello Shuttle
Autore: GUIDONI UMBERTO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
NOMI: LUCID SHANNON, ONUFIYENKO YURI, USACHOV YURI, MANAKOV GHENNADIJ, VINOGRADOV PAVEL, ANDRE-DESHAYS CLAUDIE, BLAHA JOHN
ORGANIZZAZIONI: ATLANTIS, SHUTTLE STS-79, NASA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Lo Shuttle in fase di attracco alla stazione spaziale russa Mir

SEMBRA proprio che la navetta «Atlantis» dovrà rimanere a Terra per tutto il mese di agosto. I responsabili della Nasa hanno deciso di sostituire i due razzi a combustibile solido (i Solid Rocket Booster) e questa operazione comporterà uno slittamento di almeno un mese rispetto alla data del 31 luglio prevista per il lancio della missione Shuttle STS-79. I boos ter sono essenziali nelle fasi iniziali del lancio dello Shuttle, in quanto forniscono circa il 70 per cento dell'accelerazione necessaria per raggiungere la velocità orbitale. Dopo 2 minuti, terminato il combustibile, i due razzi laterali si separano e vengono recuperati in mare per essere successivamente riutilizzati. Proprio dopo avere valutato lo stato dei due razzi, appena recuperati dopo il lancio della missione STS-78, è stata presa la decisione di sostituire i booster della navetta «Atlantis». L'analisi di uno dei segmenti - ciascun razzo è composto di tre segmenti montati uno sull'altro - ha rilevato alcune bruciature, provocate dal gas molto caldo che è riuscito a passare attraverso la giunzione che esiste fra i segmenti, senza peraltro danneggiare la guarnizione che rappresenta l'elemento di tenuta verso l'esterno. Una commissione di studio ha concluso che la causa più probabile di questo fenomeno, mai verificatosi prima d'ora, può essere legata al nuovo procedimento di incollaggio, sviluppato in ottemperanza alle nuove regolamentazioni per la protezione ambientale, che utilizza materiali che non danneggiano lo strato di ozono. Proprio un difetto della guarnizione dei booster fu all'origine dell'esplosione che distrusse il «Challenger», causando la morte dei sette astronauti a bordo. Non stupisce, quindi, l'estrema cautela con cui la Nasa sta cercando di risolvere il problema. Va detto subito che, in questo caso, non c'è alcun pericolo per l'equipaggio, ma si ritiene che smontando i razzi già pronti per la missione STS-79, anch'essi messi insieme con la nuova tecnica, si potranno ricavare ulteriori informazioni sulle diverse caratteristiche dei nuovi procedimenti impiegati. Naturalmente, dover assemblare nuovi motori a stato solido comporta, appunto, un ritardo di più di un mese, ma i tecnici della Nasa preferiscono non rischiare ed anzi vogliono cercare di aumentare i margini di sicurezza. Dello stesso parere è Shannon Lucid, l'astronauta americana che si trova attualmente a bordo della stazione spaziale russa «Mir». Shannon sarebbe dovuto tornare a Terra proprio con la navetta «Atlantis», il 10 di agosto. Il ritardo nel lancio comporterà un cambiamento di programma non proprio trascurabile per chi ha passato già più di quattro mesi in orbita, stabilendo il nuovo primato di permanenza per una astronauta statunitense. Shannon è una veterana dello spazio, avendo già effettuato quattro voli a bordo dello Shuttle, prima di questa prestigiosa missione sulla stazione «Mir». Il mese aggiuntivo non sembra averla turbata più di tanto. L'attività a bordo è estremamente interessante per lei che è una biochimica; ci sono diversi esperimenti di biologia a bordo del nuovo segmento - denominato «Priroda» - che si è recentemente aggiunto alla stazione. Il lavoro proprio non manca in quello che Lucid definisce il «suo laboratorio»: una struttura di ricerca di prim'ordine da cui si gode una vista indimenticabile della Terra. La vita a bordo della stazione, con ricerche che si estendono sull'arco di diversi mesi, è alquanto diversa da quella che si conduce a bordo dello Shuttle, dove tutta l'attività è condensata in 10-16 giorni. A bordo della «Mir» dove, insieme con Lucid, si trovano Yuri Onufiyenko e Yuri Usachov, c'è il tempo per leggere e perfino per suonare uno strumento e sono previsti anche giorni di riposo, come per qualsiasi lavoro sulla Terra. Ma non c'è dubbio che ci si sente lontani da casa e si ha la sensazione di trovarsi in un avamposto cosmico. L'arrivo di un razzo «Progress» dalla Terra è salutato con grande gioia dall'equipaggio. E' l'opportunità di mangiare cibo fresco per qualche giorno, ma anche quella di ricevere la posta e qualche nuovo libro. Ma c'è una cosa che Shannon aspetta più di ogni altra. Grazie al fatto che a bordo della «Mir» c'è un frigorifero, un lusso che non esiste a bordo dello Shuttle, almeno la domenica ci si può concedere un po' di «Jello», una gelatina trasparente, dolce, disponibile in vari gusti. Dunque se Shannon dovrà rimanere in orbita per altri trenta giorni, uno dei problemi della Nasa sarà quello di farle avere altro «Jello». Non dovrebbe essere troppo difficile. Tra non molto, sarà lanciata la «Soyuz 24» che porterà sulla «Mir» un nuovo equipaggio composto di due cosmonauti russi - Gennady Manakov e Pavel Vinogradov - e una astronauta francese, Claudie Andre- Deshays. Così, mentre i suoi due colleghi potranno tornare a Terra insieme con l'astronauta francese, Shannon è destinata ad aspettare l'arrivo dello Shuttle «Atlantis», che porterà a bordo della stazione «Mir» l'astronauta americano John Blaha, destinato a sostituirla nella attività di ricerca che la Nasa sta conducendo, in preparazione di esperimenti, più impegnativi, a bordo della futura stazione spaziale «Alfa». Umberto Guidoni Astronauta


La terra ferita E' possibile il recupero di aree compromesse da cave abbandonate, scavi e movimenti franosi
Autore: ACCATI ELENA, REZZA GIUSI

ARGOMENTI: ECOLOGIA, BOTANICA
LUOGHI: ITALIA

PERCORRENDO il nostro Paese vediamo le profonde ferite inferte al paesaggio, larghe porzioni di terreno quasi prive di vegetazione che denotano una grave sofferenza della natura. Queste aree spesso sono cave in cui da anni è terminata l'attività estrattiva, zone in cui è stato inserito un metanodotto o ancora aree sottoposte a forte pressione da parte dell'uomo, per esempio piste da sci. Da anni la ricerca si occupa della salvaguardia del paesaggio, in particolare di quello che ha ospitato le cave, sia perché esiste una apposita normativa che obbliga al ripristino di tali siti, sia perché è un tema complesso che richiede competenze differenti, specifiche ed integrate per ottenere risultati soddisfacenti. Il termine recupero paesaggistico, usato e abusato, presuppone di privilegiare il ritorno della vegetazione nell'area di cava, con lo scopo di migliorare l'aspetto del paesaggio, e di ricostruire ambienti vicini a quelli naturali, sapendo che esistono vari modi di operare a seconda del tipo di cava, delle condizioni ambientali, della funzione o funzioni a cui si intende destinare l'area. Per un corretto recupero occorre conoscere l'ambiente intorno alla cava dal punto di vista geologico, geomorfologico, climatico, idrologico, vegetazionale. Quindi si mettono in atto tecniche che vanno sotto il nome di bioingegneria o di ingegneria naturalistica. Esistono interventi definiti a bassa artificialità, comprendenti lavorazioni minime del terreno e impiego di specie spontanee, originarie del luogo in cui si opera (autoctone); e interventi ad elevata artificialità, più costosi, consistenti in intense lavorazioni, apporti di concime, ammendamenti e specie estranee all'ambiente in esame (alloctone). Per la messa a dimora delle specie vegetali, dalla cui scelta dipende la futura evoluzione del sito, è possibile ricorrere alla semina o al trapianto di talee (porzioni di ramo introdotte direttamente nel terreno). La sperimentazione interviene nell'identificare i metodi e l'epoca più idonei di semina, le dosi di seme da usare, la necessità di ricorrere ad appositi collanti per i semi al fine di migliorare la germinabilità, i substrati con azione miglioratrice. A questo riguardo, dove è presente il terreno vegetale anche se di scarsa qualità, utili tra le graminacee risultano il Lolium italicum, il L. perenne, la Da ctylis, la Festuca, l'Alopecurus, la Poa, tra le leguminose la Vio la, la Medicago, il Lotus, il Trifo lium pratense (sono le erbe dei nostri prati). Nel caso degli arbusti, buoni risultati hanno fornito l'Eleagnus angustifolia se si opera su sabbie litoranee, la Rosa canina (rosa di macchia), numerose specie di salice quali il cine rea, il purpurea, il triandra, e la ginestra. Per valutare il grado di copertura vegetale ottenuto si può ricorrere a rilevamenti fotografici all'infrarosso a falsi colori avendo sempre un testimone in cui non si è proceduto ad alcun intervento. Le formazioni vegetali che ne derivano dovrebbero essere il più possibile naturali, integrandosi bene con il paesaggio agrario e forestale circostante. Le zone recuperate oltre ad aver acquisito una buona stabilità fisica, possono avere destinazioni d'uso differenti quali impiego di coltivazioni agricole (soprattutto se ci si trova in zone di pianura), attività turistico-ricreative (la pesca sportiva, aree gioco, parco) o il miglioramento del paesaggio esaltandone i valori di naturalità e gli aspetti scenici, mimetizzando così il degrado del territorio. Elena Accati Giusi Rezza


Cento milioni di turisti Ogni anno all'assalto delle Alpi
Autore: GIULIANO WALTER

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ETOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

IL turismo è attività compatibile con la tutela dell'ambiente, da cui molte aree protette non possono prescindere. Tuttavia, ci sono limiti da non superare, anche nel caso di attività comunemente considerate «naturali». Ciò dipende in gran parte dal numero sempre maggiore di praticanti. Sono infatti oltre un milione gli «ecoturisti» che in Italia scelgono ogni anno un'area protetta. A livello mondiale si prevede, da qui al 2005, un aumento del 3 per cento annuo del turismo verde. Tra le mete più ambite, le montagne himalayane, le Galapagos, i grandi parchi africani e del Nord canadese, le Montagne Rocciose, l'Artico e la Groenlandia. In Europa una delle aree in maggior sofferenza è la catena alpina, frequentata ogni anno da 100 milioni di turisti. Per far fronte alla domanda le Alpi dispongono di 40 mila piste da sci, servite da 14 mila skilift capaci di inviare in quota 1.200.000 passeggeri ogni ora. Una situazione che pone già oggi le Alpi ai limiti della sostenibilità ambientale, facendone il sistema montagnoso più minacciato del mondo. Sull'arco alpino italiano si stimano frequentazioni annuali di circa 3 milioni di escursionisti, mentre la Società Alpinisti Trentini segnala che i passaggi, nei soli rifugi di sua proprietà, variano ogni anno tra i 600 e gli 800.000. Ciò comporta minacce per vegetazione e fauna, mentre il carico sui rifugi d'alta quota aggrava i problemi di smaltimento dei rifiuti. La realizzazione di nuove infrastrutture (sentieri, rifugi, bivacchi) aumenta la penetrazione antropica in aree isolate, spesso rifugio importante per la fauna che come reazione riduce gli areali; in questo modo si determina una interferenza nei cicli alimentari e riproduttivi dei selvatici con effetti che sono attualmente allo studio di ricercatori delle Università di Berna, Monaco, Innsbruck, nonché delle province di Trento e Bolzano e dei parchi dell'Abruzzo e Gran Paradiso. Non vanno sottovalutati nemmeno gli effetti del calpestio, con il costipamento del suolo e l'accentuazione dell'erosione dei suoli acclivi. Anche pratiche alternative allo sci consumistico, come lo sci alpinismo o lo sci escursionismo, richiedono un'etica, per evitare danneggiamenti al novellame boschivo e il disturbo alla fauna. L'escursionismo a cavallo, in crescita nelle aree protette, comporta il disturbo alla fauna selvatica e una accentuazione dei danni al fondo dei tracciati - smossi dagli zoccoli dei cavalli - con successivo innesco facilitato di fenomeni erosivi. Per questo i parchi stanno prevedendo sentieri destinati ai cavalli, con aree attrezzate per la sosta e regolamenti come nel caso del Parco nazionale d'Abruzzo. L'arrampicata sportiva, disciplina in forte crescita sia in ambito montano che sulle falesie può disturbare i rapaci, in particolare falco pellegrino, poiana e aquila reale. Molti di loro si riproducono esclusivamente sulle pareti rocciose, che frequentano da febbraio a metà luglio durante la delicata fase riproduttiva che inizia con l'accoppiamento e la scelta del sito di nidificazione, per proseguire con la deposizione, la cova e la schiusa delle uova, l'allevamento dei piccoli, lo svezzamento e i primi voli. Nelle aree protette sono state adottate misure di divieto proprio per questi periodi dell'anno; anche l'autoregolamentazione degli arrampicatori ha ridotto i rischi entro limiti accettabili. La mountain bike, agevolando la penetrazione nelle aree protette, accentua i pericoli già sottolineati per l'escursionismo, specie negli ambienti d'alta quota, idrogeologicamente fragili. Il suo utilizzo va quindi escluso da taluni ambienti. Il divieto è già applicato nelle aree protette del Wwf, altri parchi hanno adottato apposite normative e tracciato specifici itinerari. Il volo con i mezzi ultraleggeri, deltaplano, deltaplano a motore, parapendio, paramotore, causano interferenze negative non solo nelle zone di partenza e atterraggio, ma anche in conseguenza del rumore e delle reazioni di stress sulle popolazioni di selvatici durante il periodo riproduttivo o di allevamento della prole o anche più semplicemente riducendo il normale periodo di pastura per cercare rifugi coperti. Alcune ricerche scientifiche in corso alla Stazione Etologica Hasli dell'Università di Berna e alla Società di Biologia della selvaggina di Monaco di Baviera mettono in guardia sull'interferenza negativa con i selvatici: un unico sorvolo giornaliero sarebbe sufficiente a tenere lontani dagli spazi aperti gli animali. Oltre agli ungulati ne sono colpite alcune specie di avifauna alpina tra cui il gallo cedrone, il forcello, il francolino di monte che possono giungere all'abbandono delle covate. L'impatto di discipline come la canoa, il kayak, l'hydrospeed, il rafting, il torrentismo, è ridotto ma necessita della pianificazione di basi di accesso organizzate, da realizzarsi con tipologie e materiali a basso impatto ambientale, come già accade, ad esempio, in Francia. Walter Giuliano


UNA RICERCA DEL WWF La bell'Italia selvaggia E' intatto il 20 per cento del territorio
Autore: GRANDE CARLO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ZOOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: WWF
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Rapporto del Wwf sull'«Ecosistema Italia»

LA sopravvivenza del mondo sta nella natura selvaggia», scrisse il filosofo americano Henry David Thoreau, che in una capanna isolata sulle rive del lago Walden passò quasi due anni di vita. Anche in Italia esistono aree selvagge, dove non si vedono tralicci, case o strade, non si odono rumori di macchine e si respira nient'altro che odori di piante e di animali selvatici. Sono poche, molto a rischio, ma ancora sorprendentemente intatte. Le ha censite il Wwf, che nel recentissimo rapporto sull'«Ecosistema Italia», non solo ha individuato le zone più ricche di specie animali e vegetali, ma anche tracciato una mappa di «corridoi» tra un'area e l'altra, per consentire a un orso, un lupo o una lince di spostarsi e moltiplicarsi, riducendo così i rischi di estinzione. Certo, i territori selvaggi italiani non sono estesi e vergini come quelli americani o del Nord Europa. Rappresentano il 20,8 per cento del territorio, si trovano per lo più in alta montagna (dal parco del Gran Paradiso, il più grande di tutti, al complesso Monte Rosa-Val Grande, all'Adamello-Brenta). Ce ne sono molti in Sardegna (Sulcis-Iglesiente e Supramonte-Barbagia- Gennargentu) e pochissimi sulle coste, soprattutto in Toscana e Basilicata. Le «amate sponde» (qualche anno fa Italia Nostra aveva svolto una ricerca molto interessante) sono selvagge solo nel 5,4 per cento dei casi, per un totale di 412 chilometri. Nel nostro Paese c'è comunque abbastanza territorio per dare finalmente vita a un «Wildlands project», come lo chiamano negli Stati Uniti, un sistema nazionale di aree protette che parta dal presupposto di un rapporto «sostenibile» tra uomo e ambiente. Ciò implica ad esempio il blocco totale di tutte le opere di bonifica: va combattuta, spiega la ricerca, l'opinione che vede nelle zone umide (acquitrini, stagni, canneti) solo ambienti malsani. Un'altra strategia importante è favorire l'agricoltura estensiva e biologica rispetto a quella intensiva: le monoculture hanno bisogno di grandi quantità d'acqua e di energia, e mirano soprattutto a moltiplicare le bestie da allevamento e le bistecche sulle nostre tavole. Tutto ciò (basti pensare alla deforestazione in Amazzonia, per far spazio agli allevamenti) ha impoverito enormemente la ricchezza vegetale e animale. Ce ne accorgiamo al supermercato, dove troviamo sempre gli stessi due o tre tipi di frutta, l'abbiamo scoperto con l'epidemia della vacca pazza: gli animali sono considerati solo come macchine da carne o da latte, e vengono ridotti a poche razze iper-produttive, di gran lunga meno resistenti di quelle nostrane, selezionate in modo più naturale nel corso dei secoli. La «quiete assoluta» dell'area selvaggia può sembrare un lusso romantico, ma proteggendo questi territori si protegge la «biodiversità» italiana, cioè la grande varietà di specie animali e vegetali. In un territorio frammentato, «consumato» in continuazione da strade, cave, dighe e nuovi insediamenti, non basta proteggere alcuni santuari della natura, considerando l'uomo come un elemento estraneo agli ecosistemi. Le nostre attività devono essere considerate elementi dello stesso ingranaggio, che deve muoversi armoniosamente con tutti gli organismi. Cosa che finora non è avvenuta: a parte le specie vegetali scomparse (cui il Wwf aveva dedicato un «libro rosso»), in Italia il gambero di fiume (Austropotamobius palli pes italicus) è praticamente estinto a causa del progressivo inquinamento delle acque correnti e per la scomparsa di molti torrenti, le cui sorgenti vengono subito ingabbiate. Tra i pesci più a rischio la ricerca del Wwf indica lo storione cobice (Acipenser naccarii), endemico nei corsi d'acqua sul versante adriatico e il carpione del Fibreno (Salmo fibreni). Oltre a numerose altre specie di anfibi e rettili, come la tartaruga marina comune (Caretta caretta): ci sono casi in cui i piccoli, appena schiuse le uova sulla spiaggia, invece di guadagnare il mare si dirigono verso le luci di alberghi e condomini dell'entroterra, confondendole con il riflesso delle stelle sull'acqua. La protezione delle specie richiede dunque un impegno capillare, che non vuole improvvisazioni: in alcuni casi una nuova strada, una diga, una condotta idrica o una pista da sci possono rappresentare la goccia che porta al collasso un ecosistema. Il Wwf, in particolare, ha individuato sei grandi aree ormai «sature»: 1) la valle dell'Isarco e dell'Adige dal Brennero a Verona, dove disboscamenti, alta intensità industriale, ferrovia e autostrada dividono Stelvio, Cevedale e Adamello-Brenta dal resto delle Alpi centro-orientali); 2) l'area di Milano-Varese; 3) l'Appennino Tosco-Emiliano tra Bologna e Firenze, ponte con le Alpi Marittime e le Alpi in genere; 4) i territori attraversati dall'autostrada del Sole, tra Firenze e Napoli; 5) l'Irpinia, punto di cesura con il Pollino, Sila, Aspromonte e Cilento; 6) il Tavoliere foggiano, che quasi non ha più punti di contatto con la dorsale appenninica. Per superare tali «fratture», che dividono le popolazioni animali limitando la dispersione indispensabile a mantenerne l'equilibrio, è necessario realizzare corridoi di collegamento. Sono l'unico modo per dare un futuro alla natura italiana, in alcune zone ancora tanto vitale da accogliere addirittura nuove specie: negli ultimi anni, dice il rapporto, nei nostri canali e nei laghetti artificiali dei parchi cittadini si stanno ambientando animali come la nutria (un roditore originario del Sud America) e la testuggine d'acqua, che arriva dalle paludi sudorientali degli Stati Uniti. Nella penisola sono anche recentemente arrivati l'allocco degli Urali e l'orso, dall'Europa dell'Est. Della fauna ittica, addirittura il 32 per cento è composto da specie di origine «straniera». Carlo Grande


IN BREVE La Valle dei Re presto in Cd-rom
ARGOMENTI: ELETTRONICA, ARCHEOLOGIA
NOMI: WEEKS KENT
LUOGHI: ITALIA

L'archeologo americano Kent Weeks, che l'anno scorso ha scoperto a Luxor la tomba dei figli del faraone Ramsete II, sta preparando un cd-rom (sarà pronto il prossimo anno), sulla topografia di una cinquantina delle 68 tombe della Valle dei Re, strumento di lavoro per gli studiosi. «Non si tratta di realtà virtuale - ha precisato Weeks - ma di un primo studio, il primo informatizzato, sulla necropoli tebana che si estende su circa 23 kmq, una sorta di banca dati che gli studiosi potranno esaminare a casa loro».


IN BREVE E' Piacenza la città più ecologica
ARGOMENTI: ECOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: LEGAMBIENTE
LUOGHI: ITALIA

E' Piacenza la città più ecologica dell'intero bacino del Po. E' quanto risulta dal rapporto di Legambiente sull'ecosistema cittadino, che ha valutato i 25 capoluoghi di provincia della valle padana sulla base di 11 parametri di qualità. Sono state considerate - informa Legambiente - la qualità dell'aria (la migliore è a Parma, seguita da Cuneo e Cremona); la capacità di depurazione delle acque (meglio Cuneo, Modena, Sondrio); i consumi di acqua potabile (la più «risparmiosa» è Asti, con 227 litri a persona, contro i 648 di Vercelli e i 541 di Milano); per il consumo di energia elettrica la più brava è Rovigo, seguita da Bergamo e Cremona. Ferrara è la città nella quale gli abitanti hanno più spazio (337 abitanti per kmq). A Milano ogni kmq ci sono 7433 abitanti. Per l'intensità energetica la prima è Asti, che consuma 131 kw per unità di prodotto lordo. Cremona, con il 20.8%, è la città nella quale si fa più raccolta differenziata, seguita da Lodi, Sondrio e Brescia; fanalini di coda Vercelli e Torino. Gli abitanti di Lecco sono quelli che producono meno rifiuti (358 kg per abitante anno). Seguono Asti, Piacenza, Cremona. La prima città emiliana in graduatoria è Modena (457 kg). I più spreconi sono a Pavia (515 kg), Lodi, Biella.


IN BREVE Carta prodotta con alghe e barbabietole
ARGOMENTI: ECOLOGIA, PREMIO
ORGANIZZAZIONI: CARTIERA FAVINI
LUOGHI: ITALIA

Il premio «Eco-Design» nell'ambito dei premi europei all'industria per un ambiente migliore, è stato assegnato (la cerimonia a Dublino), alla Cartiera Favini di Rossano Veneto (Vicenza), che produce carta usando al posto della tradizionale pasta di cellulosa prodotti come alghe, miscele di granella di mais o tutta la pianta, polpa esausta di barbabietola da zucchero, residui della spremitura di agrumi. L'azienda veneta ha anche ricevuto un encomio speciale «per lo sviluppo di metodi di produzione di vari tipi di carta di qualità, utilizzando scarti vegetali e della lavorazione di prodotti alimentari».


SCAFFALE Quilici folco: «Tirrenide», «Hesperia», Mondadori
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA
LUOGHI: ITALIA

Coste e mari italiani tra bellezze naturali e testimonianze artistiche e archeologiche, con una guida dalla grande esperienza: Folco Quilici. Due volumi, il primo dedicato alla costa tirrenica, il secondo a quella adriatica, fino allo Ionio e al Mare di Sicilia.


SCAFFALE «Scienze della Terra», Vallardi, collana Sintesi
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, GEOGRAFIA E GEOFISICA
LUOGHI: ITALIA

La Vallardi ha varato una collana di piccoli volumi pensati per gli studenti nei quali sono sintetizzati i contenuti essenziali di una disciplina: l'ideale per chi vuole fare un ripasso in preparazione degli esami. Il volume dedicato alle scienze della Terra è curato da Eduardo Garzanti; lo arricchiscono quasi 200 illustrazioni, schematiche ma molto funzionali.


SCAFFALE Vanin Gabriele: «Atlante fotografico dell'universo», Mondadori
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

La nostra generazione, spesso senza rendersene conto, ha assistito a una rivoluzione epocale nella conoscenza diretta dell'universo: innumerevoli sonde interplanetarie hanno trasformato l'astronomia del Sistema Solare in un capitolo della geografia; telescopi sempre più potenti hanno permesso di affondare lo sguardo in spazi sempre più remoti del cielo profondo; satelliti con strumenti sensibili alle microonde, all'infrarosso, all'ultravioletto, ai raggi X e gamma hanno aperto nuove finestre nello spettro elettromagnetico visualizzando anche ciò che non è alla portata dei nostri occhi. Gabriele Vanin, in questo bel volume essenzialmente fotografico, ci dà una rassegna aggiornatissima e puntualmente commentata di questi nuovi panorami cosmici.




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