TUTTOSCIENZE 6 dicembre 95


IL NOBEL FA MALE?
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, PREMIO, VINCITORE
NOMI: CRUTZEN PAUL, MOLINA MARIO, ROWLAND SHERWOOD (CHIMICA), LEWIS EDWARD, WIESCHAUS ERIC, NUSSLEIN-VOLHARD (MEDICINA), REINSE FREDERICK (FISICA), ROTBLAT JOSEPH (PACE)
ORGANIZZAZIONI: PREMIO NOBEL
LUOGHI: ITALIA

IL rito solenne del Premio Nobel si ripeterà domenica a Stoccolma dopo che un turbine di polemiche senza fondamento sollevato da un giornale svedese è stato sul punto di travolgerlo. Sintetizzando al massimo, il Nobel 1995 è ecologista in chimica, conservatore in medicina, strabico in fisica, e sempre più ricco. Uno sguardo agli scienziati che sfileranno sul palco della Concert Hall, e ve ne convincerete. I chimici Paul Crutzen, Mario Molina e Sherwood Rowland sono gli unici ad avere un debito di gratitudine nei confronti del buco nell'ozono che ci minaccia dalla stratosfera: le loro ricerche sulle reazioni degli ossidi di azoto e dei gas delle bombolette spray che distruggono lo schermo naturale contro i raggi ultravioletti riceveranno un miliardo e 600 milioni. Più che per la chimica, quindi, un Nobel per l'ecologia. Questa è davvero una svolta: per la prima volta il più alto riconoscimento scientifico va a studi sull'ambiente, segnale di apertura verso una scienza giovane e talvolta controversa. Se il Nobel per la chimica guarda avanti, quello per la medicina si volta indietro: consacra ricerche genetiche sul moscerino della frutta, la Drosophila Melanogaster, svolte negli Anni 40. Edward Lewis, oggi quasi ottantenne, individuò allora i geni-bussola che «dicono» all'embrione dove devono svilupparsi la testa e le altre parti dell'organismo. Condivideranno il premio Eric Wieschaus e Nusslein-Volhard, che in tempi più recenti hanno scoperto altri geni con funzioni simili. Paradossale è il caso della fisica: si premia nel 1995 la scoperta del neutrino dell'elettrone, compiuta nel 1956 ma - cosa strana - era già stato premiato nel 1988 il neutrino del muone, scoperto vent'anni dopo quello dell'elettrone. Il festeggiato è Frederick Reines, dell'Università di California; spiace per Clyde Cowan, l'altro scopritore del neutrino, morto nel 1974. Il Nobel per lui arriva troppo tardi. Al suo posto ci sarà Martin Perl, che negli Anni 70 ha stanato la particella Tau. Un altro fisico ritirerà il Nobel per la pace: quel Joseph Rotblat che abbandonò il progetto americano per la bomba atomica quando fu sicuro che Hitler non sarebbe riuscito a costruirsi un ordigno simile. Un Nobel che coincide con i 50 anni da Hiroshima, il rinnovo del Trattato antinucleare e i test atomici della Francia di Chirac. Ci si può domandare, a questo punto, che significato ha oggi il Premio Nobel, quale ruolo svolge nella ricerca. La risposta è variegata. La scienza ha subito una profonda trasformazione da quando l'inventore della dinamite, esprimendo le sue ultime volontà, decise di istituire un premio in denaro per incoraggiare scoperte utili all'umanità. Intanto il concetto di «utile», già allora vago, ha perso sempre più significato: ciò che oggi è ricerca pura, apparentemente inutile, domani permetterà sorprendenti applicazioni. Nel secolo scorso Maxwell con le sue equazioni previde le onde elettromagnetiche. Hertz le scoprì, Marconi con esse ci ha dato la radio e, alla lunga, televisione e telefoni cellulari. Lo stesso giudizio su ciò che è utile, è relativo: la scienza diventa utile o dannosa, buona o cattiva a seconda dell'uso che se ne fa. L'energia nucleare può servire per fare bombe o per curare malattie, l'ingegneria genetica può produrre mostri o impedirne la nascita. A 94 anni dalla sua istituzione, si può discutere anche il meccanismo del Nobel. Il regolamento permette di suddividere il premio al massimo fra tre ricercatori. Ma oggi il lavoro degli scienziati è sempre meno individuale: per esempio la scoperta del quark Top ha coinvolto centinaia di fisici. Non solo: molte scoperte sono principalmente frutto degli enormi mezzi economici e tecnologici impiegati; per rimanere al quark Top - una scoperta che ha buone probabilità di essere premiata nel '96 - soltanto l'acceleratore del Fermilab ha la potenza necessaria per stanarlo. Ma allora è più brava la macchina o l'equipe che la usa? Qualche dubbio suscita persino il continuo crescere del denaro in gioco, frutto del brevetto della dinamite: un miliardo e 600 milioni - la cifra assegnata quest'anno - è una somma che rischia di attrarre più dello stesso prestigio del premio. Secondo alcuni scienziati, però, è proprio la fama che deriva dal Nobel ad essere pericolosa, prima e dopo l'assegnazione. Prima, perché diventa un elemento di distorsione nella competizione per la ricerca, un po' come il troppo denaro non fa bene allo sport. Dopo, perché nella società della comunicazione di massa chi è laureato con il Nobel rischia di diventare un oracolo anche fuori del suo ristretto campo di competenza. Questa mutazione in oracolo ha due effetti opposti, entrambi pericolosi. Da un lato, come abbiamo appena detto, il laureato con il Nobel viene trascinato dai mezzi di comunicazione di massa a pontificare sugli argomenti più vari, dalla politica all'etica, al costume, temi per i quali neppure un genio scientifico è più qualificato di tanti altri comuni cittadini. D'altro lato, un oracolo non può permettersi di sbagliare, per cui molti laureati con il Nobel non osano più esporsi a rischi neppure nel loro specifico campo di lavoro, e ciò benché la la ricerca sia proprio legata al rischio, a progressi fatti per tentativo ed errore. Si spiega così, forse, che pochi scienziati, dopo aver avuto il Nobel, abbiano ancora prodotto risultati e scoperte importanti. Piero Bianucci


Le scoperte fatte grazie alla «serendipità» Genio per caso, o quasi
Autore: REGGE TULLIO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, RICERCA SCIENTIFICA, PREMIO, VINCITORE
NOMI: WALPOLE HORACE, ROBERTS ROYSTON, DICKE BOB
ORGANIZZAZIONI: PREMIO NOBEL
LUOGHI: ITALIA

SERENDIB è l'antico nome dell'isola di Ceylon, ora Sri Lanka, e ha ispirato un vecchio libro di fiabe, The Three Princes of Serendip (I tre principi di Serendip), la cui lettura interessò moltissimo Horace Walpole, che ne scrisse nel 1754 al suo amico Sir Horace Mann citando la frase in cui i tre principi «scoprivano continuamente nuovi fatti, per caso e per sagacità, su cose di cui non si erano mai occupati». Walpole inventò la parola serendipity per descrivere le proprie scoperte accidentali. La parola è ora entrata a far parte della lingua inglese e appare sempre più spesso nei lavori scientifici. Suscitando le ire dei puristi, userò la versione italianizzata «serendipità». Traggo queste informazioni da un libro in lingua inglese di Royston M. Roberts (Wiley Science Editions 1989) in cui vengono narrate moltissime scoperte accidentali. Nel libro si distingue tra la serendipità che descrive una scoperta non intenzionale e fatta per caso e la pseudoserendipità che descrive quelle intenzionali ma fatte comunque per caso. La serendipità non ha affatto una connotazione negativa e non sminuisce il valore della scoperta. Quando ero studente a Rochester negli Usa mi colpì una frase di Pasteur incisa a caratteri cubitali sulle pareti della biblioteca dell'Università. Diceva: «Il caso aiuta solamente le menti ben preparate». Dobbiamo alla serendipità la scoperta della penicillina, del velcro, dei raggi X, del teflon, della dinamite e dei rotoli del Mar Morto. Negli Anni 60 due ricercatori dei Laboratori Bell, Penzias e Wilson, stavano studiando la possibilità pratica di comunicare con satelliti mediante grandi antenne paraboliche ed erano molto preoccupati per la presenza di uno strano rumore di fondo che disturbava le trasmissioni. Il rumore persisteva nonostante tutte le precauzioni e alla fine i due si convinsero che proveniva dallo spazio senza avere la minima idea di cosa lo producesse. La spiegazione venne da Bob Dicke, della vicina Università di Princeton, che si accorse immediatamente di avere a che fare con la famosa radiazione fossile affannosamente cercata dai cosmologi. Per questa scoperta Penzias e Wilson ricevettero il premio Nobel. La scoperta della fotografia fatta da Niepce ma resa pratica da Daguerre è un caso emblematico di serendipità. Daguerre tentò invano per molto tempo di fissare l'immagine labile che si formava per effetto della luce su lastre di argento esposte a vapori di iodio. Dopo un tentativo sfortunato chiuse la lastra in un ripostiglio assieme ad alcuni prodotti chimici. Quando rivide la lastra si accorse con somma sorpresa che si era formata una immagine quasi perfetta. Nei giorni seguenti lasciò altre lastre nel ripostiglio rimuovendo sistematicamente tutti i prodotti chimici nel tentativo di scoprire quale fosse la causa del successo. Nessuno di questi pareva funzionare ma alla fine si accorse che il fattore determinante era il vapore emanato da alcune gocce di mercurio a spasso nel ripostiglio. Da questa osservazione, che conferma la diagnosi di Pasteur, ebbe origine l'enorme successo commerciale della fotografia ma anche una tragica sequenza di intossicazioni da vapore di mercurio tra i collaboratori di Daguerre. I casi di serendipità non si contano e se si legge con attenzione la storia delle scoperte, grandi e piccole, ci si rende conto che si tratta di un meccanismo universale, insostituibile e molto produttivo che tocca tutti i ricercatori. Io stesso ne ho approfittato in più occasioni e non me ne vergogno. Per la sua natura la serendipità è arte che si presta mirabilmente ai contatti interdisciplinari, come accadde appunto a Penzias e Wilson, ed è antica come il mondo. Il primo Principe di Serendib di cui si abbia notizia pare sia il grande Archimede, che annunciò la scoperta del suo principio, fatta mentre faceva il bagno, con il famoso eu reka. Meno contento rimase l'orefice, poi condannato a morte, che aveva tentato di ingannare il tiranno di Siracusa mescolando metalli meno nobili all'oro della corona e la cui truffa fu scoperta proprio grazie al principio di Archimede. Solo i grandi ingegni sono andati avanti maestosamente in apparenza senza ricorrere al caso, deviando, se necessario, il corso della storia. Dico in apparenza perché sono convinto che anche loro hanno saputo trarre profitto da circostanze accidentali grazie a una straordinaria capacità percettiva. In breve, vedevano qualcosa là dove per la truppa esisteva solamente il nulla. Lo stesso Einstein traeva ispirazioni da sottili incongruenze esistenti nella fisica a lui contemporanea per costruire ardite architetture formali e sostanziali. Attendo le proteste dei puristi. Tullio Regge


VILIPENDIO DELLA MATEMATICA Non esiste il Teorema Berlusconi Quando il linguaggio scientifico è usato a sproposito
Autore: ODIFREDDI PIERGIORGIO

ARGOMENTI: MATEMATICA, SCIENZA, POLITICA, CULTURA
NOMI: CRICK FRANCIS
LUOGHI: ITALIA

QUANDO si vuole alludere a un dilemma insolubile si usa spesso, nel linguaggio comune, la domanda: «Viene prima l'uovo o la gallina?». Siamo certi che molti, se dicessimo che noi sappiamo la risposta, ci prenderebbero per dei burloni. Il fatto è che non solo noi la sappiamo effettivamente: anche voi, lettori di un inserto come Tuttoscienze, dovreste saperla. Se così non è, dovremmo forse tutti insieme meditare sulla qualità della divulgazione da un lato, e della lettura dall'altro. Ma bando alle ciance, direte voi! Chi viene dunque prima? Un minuto di pazienza: vogliamo infatti darvi non tanto la soluzione, quanto la sua giustificazione (sulla base del principio che non è importante che cosa si fa, visto che tutti facciamo più o meno le stesse cose, ma come e perché la si fa). Partiamo dunque dal 1957, perché è da quell'anno che chi non è disattento conosce la risposta. Francis Crick, da poco (1953) scopritore della struttura del Dna insieme con James Watson, e di lì a poco (1962) premio Nobel per la medicina per questa scoperta, formulò allora quello che chiamò il do gma centrale della biologia. In un paese (almeno ufficialmente) di cattolici, una parola sull'infelice scelta dell'espressione dogma da parte di Crick è doverosa: come spiega nella sua autobiografia, egli non la intese nel senso di «verità di fede», bensì di «assunto fondamentale» che sta alla base della spiegazione molecolare dei meccanismi darwiniani dell'evoluzione. Che cosa dice dunque il dogma centrale della biologia? Semplicemente, che si va dagli aminoacidi alle proteine, ma non viceversa. In particolare, che non si può creare un organismo senza avere prima la sua informazione genetica, e quindi che l'uovo viene prima della gallina. Come si vede, sono passati quarant'anni, ma ancora si continua a parlare come se niente fosse. Questo peccato di omissione non è però tanto grave quanto un altro che va, addirittura, contro una tradizione millenaria. Ci riferiamo a uno strafalcione usato sempre più di frequente dai politici, da Berlusconi a Sgarbi: stracciandosi le vesti nel ricevere avvisi di garanzia essi sostengono infatti, ormai invariabilmente, che i giudici hanno contro di loro un teorema. Come dovrebbero sapere tutti coloro che hanno un sia pur vago ricordo dei banchi di scuola, «teorema» significa «affermazione provata». Certamente, nell'usare la parola i malcapitati non intendevano ammettere che le prove contro di loro hanno la stessa certezza di quelle matematiche. Probabilmente, essi intendevano insinuare invece che le argomentazioni dei giudici sono cervellotiche, pretestuose e contrarie alla verità. Così facendo essi aggravano però la loro situazione, perché lasciano trasparire una concezione della matematica tale da prefigurare un ulteriore reato: il vilipendio alle istituzioni scientifiche. Questo andrebbe perseguito d'ufficio, e dovrebbe comportare giuste condanne: ad esempio, da un lato l'obbligo della sostituzione di «teorema» con «spettacolo televisivo» per riferirsi a sproloqui mascherati da argomenti, e dall'altro lo studio di veri teoremi da ripetersi tre volte al giorno (come i Pater, Ave e Gloria che ci venivano inflitti in confessionale da ragazzi). Quanto a noi, sappiamo bene che non sarà un trafiletto su un giornale a impedire gli abusi linguistici a sfondo scientifico, ma almeno ci abbiamo provato. E, a forza di ripetere, qualcosa potrebbe anche rimanere. Piergiorgio Odifreddi Università di Torino


«PRIMA» ASSOLUTA Giove violato Sonda sul pianeta gigante
Autore: BATALLI COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Struttura interna e magnetosfera di Giove
NOTE: Sonda «Galileo»

LA navicella spaziale americana «Galileo», lanciata con tre anni di ritardo il 18 ottobre 1989, è finalmente giunta alla sua meta dopo 2244 giorni di viaggio: domani 7 dicembre una sua sonda scenderà nella densa atmosfera gioviana per analizzarne per la prima volta la composizione chimica. Il progetto di un viaggio a Giove diretto, che sarebbe durato solo 3 anni, fu abbandonato a favore di un volo «gravitazionale», che sfruttava l'effetto «fionda» di tre pianeti: Venere, Terra e di nuovo Terra, per risparmiare energia e quindi diminuire le spese di lancio. Durante questo lungo viaggio sono stati acquisiti importanti risultati scientifici: 81 immagini di Venere, osservazioni inedite nel visibile e nell'infrarosso della faccia nascosta della Luna, le prime eccezionali immagini dell'asteroide Gaspra e poi di Ida e del suo piccolo compagno Dactyl e infine le osservazioni «in diretta» da una distanza di 240 milioni di km degli impatti dei 21 frammenti della cometa Shoemaker-Levy con l'atmosfera di Giove. Tutto ciò, malgrado la sfortunata perdita dell'antenna principale di 4,8 metri dovuta a un guasto meccanico che non ha permesso di aprirla. Ci si deve quindi accontentare dell'antenna a basso guadagno, riducendo la mole di dati da trasmettere a Terra da 134 kilobit/sec ad appena 160 bit/sec: una riduzione di ben 3 ordini di grandezza che limiterà notevolmente il numero di immagini che dovrebbero arrivare dallo spazio. Si stima tuttavia che il 70% degli obiettivi scientifici potranno ugualmente essere raggiunti e che verranno trasmesse 1500 immagini del sistema gioviano. Il 13 luglio 1995 la sonda si è staccata dall'Orbiter e si è posta su una traiettoria che le permetterà il 7 dicembre di calarsi nell'atmosfera gioviana con un paracadute. L'Orbiter, dopo la separazione dalla sonda, è stato spostato dalla sua traiettoria originaria per evitare la caduta su Giove. Alla fine di luglio «Galileo» è stato bombardato da una tempesta di polvere interplanetaria mai misurata in precedenza: sono state contate ben 20.000 particelle al giorno rispetto al valore medio di una particella al giorno. Ciò vuol dire che ben 15 milioni di particelle al giorno hanno investito la navicella durante il massimo della tempesta, la cui origine risale forse agli effetti dell'impatto della cometa su Giove. La sonda dovrà attraversare le fasce di radiazione di Giove - molto più intense delle fasce di Van Allen terrestri - e sarà la prima volta che una sonda spaziale si verrrà a trovare in un ambiente così carico di radiazioni elettromagnetiche. Inoltre dovrà essere in grado di sopportare il forte calore generato dall'attrito con l'atmosfera di Giove: passerà infatti da una velocità di entrata di 170.000 km/ora a 430 km/ora in soli 4 minuti, con una conseguente temperatura di attrito di 15.500 oC. A ciò si aggiunge l'enorme pressione di 20 atmosfere a cui saranno sottoposti gli strumenti nelle profondità dell'atmosfera gioviana prima che cessino di trasmettere. La sonda è composta da due segmenti principali: il modulo di decelerazione e il modulo di discesa. Il primo è composto da due scudi termici con le loro strutture e l'hardware di controllo termico. Il secondo scende nell'atmosfera di Giove, sorretto da un paracadute, con a bordo la strumentazione scientifica ed il sistema di trasmissione dati verso l'Orbiter. Gli esperimenti principali sono sette, a cui si aggiungono due esperimenti di «radio science» che non hanno bisogno di particolare strumentazione in quanto usano i dati radio per misurare la velocità dei venti alle varie quote: 1) strumento per la misura della struttura atmosferica (temperatura, densità, pressione e peso molecolare dei gas atmosferici); 2) spettrometro di massa neutro (composizione chimica dei gas); 3) nefelometro (misura degli strati nebulari e delle particelle che li compongono); 4) rivelatore di fulmini e di emissioni radio; 5) rivelatore di elio (misura dell'importante rapporto idrogeno/elio); 6) radiometro (misura la differenza tra il flusso di luce e di calore irradiati verso l'alto e verso il basso ai vari livelli atmosferici); 7) strumento per la misura di particelle energetiche prima dell'entrata nell'atmosfera gioviana (elettroni, protoni, particelle alfa e ioni pesanti). Lo spettrometro di massa sarà per noi di particolare importanza in quanto servirà a verificare se l'acqua di origine cometaria scoperta con il radiotelescopio di Medicina durante l'impatto della cometa con Giove sia ancora presente nell'atmosfera e se a maggiori profondità vi sia anche acqua di origine gioviana allo stato gassoso. Inoltre il buon funzionamento della sonda sarà una prova generale per la missione «Cassini» che nel 2004 dovrebbe far scendere una sonda dell'Esa, chiamata «Huygens», nella misteriosa atmosfera di Titano, satellite di Saturno. Cristiano B. Cosmovici Cnr, Istituto di fisica dello spazio


INTERNET Per piccoli, grandi e scienziati...
Autore: MERCIAI SILVIO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, INFORMATICA, COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: INTERNET
LUOGHI: ITALIA

L'ALTRA volta abbiamo chiacchierato, questa volta cercherò di sfornare telegraficamente indirizzi, un po' per tutti. Partiamo dai bambini. Trovo su una lista postale (Nettrain a: nettrain 7 ubvm.cc. buffalo.e du) questo elenco di siti consigliati, raccolto da Jim Robertson: Volcano World: http://volca no.und.nodak.edu Star Trek: http://www-iwi.u nis.ch/~sambucci/scifi/star trek/st www.html Paramount Uncle Bob's Kids Page http://gagme.wwa.com/~boba /kids. html National Schoolnet Atlas: http://www-nais.ccm.emr.ca /schoolnet Virtual Exhibits: http://sln.fi.ed~u/tfi/jump/html MacGyver Home Page: http://falcon.cc.ukans.edu/~m lkel/macgyver/macfaqin_ tro.html Endless Star Trek Episode: http://trek.resultsdirect.com /trekhtm Info Zone: http://www.mbnet.mb.ca/~mstimson Parents/Teachers' Resources: http://www.mbnet.mb.ca/~m stimson/text/rightrack Kid's Sites: http://www.sju.e du/~milliken/demos/hot- educ.html Internet Public Library: http://ipl.sils.umich.edu ESPENET SportZone: http: //espnet.sportzone.com World Internet Live Music Archive: http: //undergroud.ne t:80/Wilma Kid's Home Page: http://bingen.cs.csbsju. edu/~t nichol/forkids2.html Tenet-Texas Education: http://www.tenet. edu Hangman (game!) Page: http://www.crc.ricoch.com /people/steve/kids.html AskEric Gopher: Gopher://eri cir.syr.edu Mi piacerebbe sapere, da chi ha bambini, se li trovate interessanti e se conoscete indirizzi italiani da aggiungere. Adesso vediamo qualcosa per i miei lettori adulti. Gian Paolo Zara mi segnala sia la possibilità di aderire alla petizione, in corso tra gli utenti italiani della Rete, per l'abolizione della TUT (Tassazione Urbana a Tempo sulle conversazioni telefoniche) che penalizza le nostre lunghe connessioni Internet, a: http://www.citinv.it/notut/in dex. html sia il sito di WellnessWeb-The Patient's Network, a: http://www. wellweb.com /wellness una iniziativa mirata alla messa a disposizione di informazioni connesse ai temi della salute e realizzata con un taglio interattivo e di comunità. Restando in tema scientifico, Loris Crudeli mi ha segnalato il suo «Scienziato in Poltrona» (The Armchair Scientist) http://www.areacom.i t/html/ita/loris/armchair.html una nuova rivista scientifica WWW che si prefigge di offrire un panorama delle ultime novità in campo scientifico e tecnologico con uno stile accattivante, stimolando la ricerca di un nuovo modo di fare scienza via Internet. In realtà, Internet ha già molto cambiato il modo di fare scienza se si considera, per esempio, che, secondo un rapporto dell'Institute for Scientific Information, il numero di lavori scientifici con più di 50 autori è enormemente aumentato negli ultimi anni e che in alcuni casi ci sono più autori che parole nell'articolo (la notizia è tratta dal numero di ottobre di Popular Science). Ho lasciato per ultima, ma è proprio una bella e importante novità, la completa revisione della «home page» del nostro giornale: http://www.lastampa. it/ che ci offre ora l'edizione integrale del giornale, praticamente in tempo reale, con un amichevole sistema di indicizzazione e di ricerca, oltre che un insieme di altri servizi. Anzi, ora scusatemi, vado a vedere le notizie di oggi... Silvio Merciai


TECNOLOGIA Il cemento si ammala Ma ci sono già le cure preventive
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

IL cemento armato è il materiale del nostro secolo, come il ferro lo è stato per l'800; ma se la costruzione simbolo della tecnologia del ferro, la torre Eiffel, è arrivata a 106 anni in perfetta salute e resterà ancora per molto come un punto esclamativo sul profilo di Parigi, forse non saranno altrettanto longevi i capolavori del cemento armato. Ingegneri e architetti, che fin dal suo comparire hanno molto amato questo materiale poco costoso, facile da produrre e da mettere in opera, e soprattutto disposto ad assumere facilmente le forme più ardite, stanno constatando che la sua durata è nettamente inferiore alle attese. Circa 25 anni fa si è cominciato a capire che le opere costruite solo una quindicina di anni prima mostravano grossi inconvenienti, ha ricordato il professor Marro, del Politecnico di Torino, presentando nei giorni scorsi al Lingotto un convegno di tecnici su questo tema, organizzato per iniziativa del maggior produttore italiano, la Calcestruzzi Spa, insieme con il Politecnico di Torino e l'Ordine degli ingegneri. Negli ultimi due anni in Italia, dove si producono ogni anno 120 milioni di metri cubi di calcestruzzo (più di due metri cubi a testa, record mondiale), riparare le opere in cemento armato (in continuo aumento) è costato 50 mila miliardi (senza contare i costi indiretti dovuti, per esempio, alla prolungata chiusura di viadotti e sottopassi). La scoperta degli inconvenienti, per fortuna, è stata subito seguita dalla constatazione che esisteva un vasto spazio di miglioramento. All'inizio ci si era forse lasciati ingannare dalla semplicità del materiale: cemento, ghiaia, acqua, rinforzati con ferro, gettati in un cassone ed ecco un manufatto duro come la pietra e apparentemente indistruttibile. Per questo si era fatta poca attenzione alla qualità. Oggi, invece, si è compreso, per esempio, che una quantità eccessiva di acqua (magari aggiunta in cantiere per rendere il materiale più facilmente lavorabile) abbassa drasticamente l'impermeabilità; ciò significa che nella costruzione entrerà acqua (e eventuali agenti chimici in essa disciolti) che farà arrugginire i ferri dell'armatura i quali, dilatandosi, faranno scoppiare il calcestruzzo. Si è constatato che le costruzioni in cemento armato sono esposte a uno spettro vasto e molto diversificato di aggressori ambientali: l'umidità, il gelo-disgelo, l'acqua del mare, l'uso di sali antighiaccio sulle strade, l'aria inquinata, la natura stessa del suolo in cui affondano le fondazioni, la presenza di specifiche sostanze nocive nei fabbricati industriali o nei depuratori. Si è visto che anche l'accuratezza della lavorazione può avere un'influenza decisiva sulla durata dell'opera. Tutto ciò ha portato a un miglioramento della tecnologia del calcestruzzo e del suo impiego, sicché il grande ponte di Normandia sospeso sulla Senna o il collegamento tra Danimarca e Penisola Scandinava, due opere dei nostri giorni citate dal professor Palumbo al convegno, sono ormai molto diversi dalle opere degli Anni 60. C'è ancora però un ampio margine di miglioramento, sia delle caratteristiche strutturali sia della capacità di durare nel tempo, peraltro imposto da norme di legge nazionali ed europee. La strada proposta dai ricercatori è quella della preparazione di calcestruzzi differenziati per tipo di struttura e per condizioni ambientali, «a resistenza e durabilità caratteristiche», ottenuti con additivi specifici che consentono di ridurre la quantità di acqua, con prodotti antigelo, con l'inserimento di microbolle d'aria per limitare l'effetto gelo-disgelo, con sostanze per contrastare specifici agenti aggressivi. Il costo di tutto questo incide per lo 0,5 e l'1,5 sull'opera ma, dice Mario Collepardi dell'Università di Ancona, permette di raddoppiare o addirittura triplicare la vita del manufatto. In pratica un investimento aggiuntivo di 1000 lire per avere il calcestruzzo «giusto» garantirebbe un risparmio di 5 mila lire nella fase di manutenzione, 25 mila lire nella fase di ripristino e di 125 mila lire in quella di rifacimento. Ad ascoltare queste cifre c'erano molti tecnici di enti pubblici, giustamente assai interessati. Vittorio Ravizza


RICORDO DI LUIGI CROVINI Quel rumore elettrico che misura la temperatura I contributi scientifici del direttore dell'Istituto Colonnetti da poco scomparso
NOMI: CROVINI LUIGI
ORGANIZZAZIONI: ISTITUTO DI METROLOGIA COLONNETTI
LUOGHI: ITALIA

PARLIAMO di misure della temperatura per ricordare uno scienziato italiano, Luigi Crovini, scomparso di recente, direttore dell'Istituto di Metrologia «Colonnetti» (Cnr). Crovini ha contribuito, con la sua attività di ricerca, ad approfondire la conoscenza dei fenomeni termici nei due settori nei quali la temperatura gioca il ruolo di protagonista: la termodinamica e la tecnologia dei processi produttivi. La temperatura si presenta con due facce diverse: la prima è quella di grandezza fisica che entra nelle equazioni di modello che usiamo per descrivere i fenomeni naturali. E' la temperatura termodinamica, quella che determina l'entità e il verso degli scambi di energia tra sistemi fisici, quella che si può misurare misurando le variazioni di pressione di un volume costante di un gas (il ben noto termometro a gas), quella che ha come unità di misura nel Sistema Internazionale il kelvin (simbolo K). Crovini studiò e realizzò un metodo alternativo al termometro a gas per misurare la temperatura termodinamica: il termometro a rumore termico. Il fenomeno del rumore termico fu osservato da Johnson nel 1927 e fu interpretato da Nyquist, il quale stabilì che un resistore, per il fatto stesso di trovarsi a una temperatura diversa dallo zero assoluto, diviene generatore di fluttuazioni spontanee di tensione elettrica, la tensione di rumore, il cui valore quadratico medio è proporzionale alla temperatura termodinamica. Da qui l'idea di misurare la temperatura termodinamica misurando la tensione elettrica di rumore. Crovini prima dimostrò che le ipotesi sulle quali si basa l'equazione di Nyquist sono equivalenti a quelle sulle quali si appoggia la legge dei gas perfetti, punto di partenza per la realizzazione del termometro a gas. Poi lavorò alla realizzazione del termometro a rumore, superando brillantemente la difficoltà di misurare con gran precisione (fino a 0,1 K a 1000 K) quello che nell'elettronica delle telecomunicazioni è considerato un fastidioso disturbo da eliminare. L'altra faccia della temperatura riguarda la descrizione dell'ambiente, sia esso una stanza o un forno o una cella frigorifera, nel quale si producono o si modificano materiali d'ogni genere (alimenti, materie plastiche, acciai...). La temperatura alla quale si svolgono i processi determina le proprietà dei prodotti, condiziona la loro conservazione e il loro comportamento. Questa temperatura, che nella sostanza non è diversa dalla temperatura termodinamica, viene misurata su di una scala convenzionale di riferimento, denominata Scala di temperatura Internazionale (Sti). La scala è costruita rispettando i tre principi stabiliti da Fahreneit nel 1724 sulla base degli esperimenti eseguiti oltre un secolo prima da Galileo. Questi principi impongono di scegliere una sostanza termometrica (mercurio, resistore di platino), di attribuire valori di temperatura a punti di riferimento detti punti fissi (punto di solidificazione o di ebollizione dell'acqua) e di stabilire la legge di interpolazione tra i punti fissi (relazione tra dilatazione o resistenza elettrica e temperature). Per esprimere un valore di temperatura misurato con riferimento alla Sti, si può usare indifferentemente l'unità kelvin o l'unità grado Celsius (simbolo oC). Pur essendo uguale l'ampiezza delle due unità, l'origine della scala in gradi Celsius è posta a 273,15 K (punto di solidificazione dell'acqua), cosicché un valore di temperatura in gradi Celsius sarà più piccolo del corrispondente valore di kelvin della quantità 273,15. Crovini contribuì in modo sostanziale e originale sia alla formulazione della Scala di Temperatura Internazionale del 1990 attualmente in vigore, sia allo sviluppo e alla caratterizzazione di alcuni suoi ingredienti particolari, quali termometri a resistenza di platino e punti fissi. Di notevole originalità sono le tecniche che egli mise a punto per l'analisi dei contenuti di impurezze in sostanze pure attraverso l'analisi termica delle transizioni di fase. Ma forse il contributo più importante di Crovini sta nell'avere portato a un livello di eccellenza in campo internazionale la scuola di termometristi ereditata da Giuseppe Ruffino, fondatore della metrologia delle temperature in Italia. I ricercatori dell'Istituto di Metrologia «Colonnetti», Cnr


CAMBIAMENTI CLIMATICI Adelante, sviluppo ma con precauzione
Autore: COLACINO MICHELE

ARGOMENTI: METEOROLOGIA
ORGANIZZAZIONI: IPCC INTERGOVERNAMENTAL PANEL ON CLIMATIC CHANGE, WMO WORLD METEOROLOGICAL ORGANIZATION, UNEP UNITED NATIONS ENVIRONMENTAL
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: G. Produzione industriale di anidride carbonia nel mondo; G. Concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera

SI terrà a Roma dall'11 al 15 dicembre la sessione plenaria dell'«Intergovernamental Panel on Climatic Change» (Ipcc). Il Panel è un organismo creato nel 1988 da due agenzie delle Nazioni Unite - la World Meteorological Organization (Wmo) e la United Nations Environmental Program (Unep) - con l'obiettivo di approfondire i problemi connessi all'eventuale cambiamento del clima planetario. Tre sono le aree di studio sulle quali si concentrano le attività di tre gruppi di lavoro. Il primo analizza la validità scientifica delle ipotesi di cambiamento climatico dovuto al potenziamento dell'effetto serra connesso alle attività umane. Il secondo valuta i possibili impatti del cambiamento stesso sull'ambiente fisico (ciclo idrologico, estensione dei ghiacciai, livello del mare), su quello biologico (distribuzione delle foreste, modifiche agli ecosistemi) e sulle attività produttive in generale (agricoltura, produzione di energia, industria, turismo). Il terzo, attraverso analisi di tipo socio-economico e stime del rapporto costi-benefici, esamina le diverse strategie per ridurre i rischi e mitigare i danni di una variazione del clima. Gli esperti del Panel producono documenti che vengono esaminati ed eventualmente approvati in sessioni plenarie, come quella in programma a Roma, alle quali partecipano i rappresentanti di tutti i Paesi dell'Onu. Anche per l'incontro romano sono stati preparati tre documenti: uno per fare il punto sullo stato delle ricerche, uno per la valutazione degli impatti e uno con le indicazioni di possibili strategie di risposta. Circa gli aspetti scientifici, facendo riferimento al rapporto del 1990, gli aggiornamenti riguardano soprattutto le previsioni di crescita della concentrazione dei gas serra nell'aria, con la predisposizione di scenari di emissione diversi. Si esamina anche il ruolo degli aerosol che, immessi in grande quantità, svolgono un ruolo antagonista in quanto, riflettendo la radiazione solare, inducono un processo di raffreddamento che potrebbe in parte compensare l'aumento di temperatura prodotto dal potenziamento dell'effetto serra. Vengono poi considerati gli scenari associati alle diverse proiezioni di emissione, sottolineando l'incertezza che ai modelli stessi è associata a causa di una non ancora soddisfacente stima di alcuni processi fisici, come le interazioni tra atmosfera e oceano e gli scambi radiativi nei sistemi nuvolosi. Nessuna novità, invece, per l'analisi dei parametri che definiscono il clima. Si confermano i risultati finora trovati sia per l'aumento della temperatura globale, sia per l'innalzamento del livello del mare, mentre rimangono incertezze sull'andamento delle precipitazioni. Nella valutazione degli impatti si sottolinea in primis il rischio derivante a molte aree costiere dalla crescita del livello degli oceani, ma vengono anche esaminati i pericoli per le foreste, la produzione alimentare, la disponibilità di risorse idriche, indicando quali mutamenti si possano ragionevolmente prevedere con conseguenze gravi sul piano sociale e fortemente onerose su quello economico. In questa prospettiva vanno tenute presenti le proposte del terzo gruppo di lavoro che suggerisce, per andare incontro alle esigenze poste dall'entrata in vigore della Convenzione sul Clima, di adottare, sulla base del principio di precauzione, alcune misure, dette di «no regrets», intendendosi con questo il fatto che i vantaggi che ne derivano per la protezione dell'ambiente sono tali da compensare largamente i costi che esse comportano. In particolare si raccomandano il miglioramento dell'efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di gas serra, la gestione più oculata delle foreste e del territorio in genere per ridurre le emissioni ed aumentare la capacità di assorbimento della CO2 atmosferica. Mentre il primo obbiettivo riguarda indistintamente Paesi sviluppati e in via di sviluppo, il secondo deve essere perseguito principalmente dai Paesi industrializzati, che concorrono per circa il 70 per cento al totale delle emissioni. Un primo passo verso il controllo delle emissioni è stato rappresentato dall'adozione del Protocollo di Montreal, che prevede la fine della produzione entro il 2000 di quasi tutti i clorofluorocarburi. Il problema più serio resta, però, quello della CO2. Attualmente la produzione pro capite è di 1,45 tonnellate/anno. Tenendo presente che la popolazione mondiale va verso gli otto miliardi di unità, per mantenere l'attuale livello di emissioni la produzione dovrebbe ridursi a circa 0,35 tonnellate/anno. Considerando l'esigenza dei Paesi poveri di incrementare il loro tenore di vita, questo obiettivo non è facilmente conseguibile. Le misure suggerite dagli esperti coprono un ampio spettro di opzioni, dal risparmio energetico all'uso di sorgenti di energia rinnovabili, all'adozione di tecnologie pulite da utilizzare non solo nei Paesi tecnologicamente avanzati, ma anche in quelli in via di sviluppo. Per questi ultimi, in particolare, si raccomanda l'assistenza nel settore tecnologico per introdurre nuovi metodi di produzione in campo industriale e agricolo e nel settore della formazione, in modo da preparare personale in grado di gestire le innovazioni. La protezione delle foreste, che è ovviamente un obbligo anche dei Paesi sviluppati, riguarda però soprattutto quelli in via di sviluppo, che devono prevedere la salvaguardia del patrimonio boschivo evitando uno sfruttamento eccessivo delle foreste che potrebbe dare luogo al loro esaurimento. Come si vede, grande è la complessità dei problemi: siamo di fronte a una sfida che può essere affrontata con esito positivo se e solo se vi sarà l'apporto convinto da parte di tutti, al fine di rendere operativa la risoluzione 44/228 dell'assemblea generale dell'Onu che raccomanda di «elaborare strategie e misure per fermare e capovolgere il fenomeno di degrado ambientale nel contesto di maggiori sforzi nazionali e internazionali intesi a promuovere uno sviluppo duraturo e sicuro sotto il profilo ambientale in tutti i Paesi». Michele Colacino Cnr, Roma


IL DECLINO DELLE SPIZE Mangi il mio riso? T'ammazzo Lotta senza tregua in Sudamerica
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ETOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

ALL'IMBRUNIRE vediamo spesso nel cielo delle nostre città gli stormi meravigliosi degli storni (non è un gioco di parole) che, prima di scendere nei loro dormitori sugli alberi dei viali e dei giardini, indugiano nell'aria compiendo straordinarie evoluzioni, cambiando continuamente forma come gigantesche amebe che distendano e ritirino i loro pseudopodi. Ma c'è un uccelletto d'oltre oceano, grande come il passero, che forma assembramenti ancora più spettacolari. In Venezuela lo chiamano pa jaro arrocero o uccello del riso. Il suo nome scientifico è Spiza americana. Quando, alle prime luci dell'alba, milioni di questi piccoli uccelli si levano in volo, i loro ammassi ondeggianti si succedono a ondate formando enormi nuvole che oscurano letteralmente il cielo e si disperdono poi in piccoli gruppi in varie direzioni alla ricerca del cibo. Al tramonto, eccoli di ritorno compatti. Quelle masse di uccellini che cianciano allegramente in coro scendono sulle piantagioni di canna da zucchero, di riso, di sorgo, dove pernottano nei mesi che vanno da ottobre ad aprile. Invece da maggio a settembre migrano verso il Nord e vanno a nidificare in una vasta area del Nordamerica compresa tra il Manitoba, in Canada e il Texas, negli Stati Uniti. A giudicare dalle sue spettacolari aggregazioni, non sembrerebbe proprio che la specie sia in declino. Eppure i censimenti non lasciano dubbi: in meno di trent'anni, dal l966 al l994, la popolazione di Spiza americana è diminuita del 35 per cento. Quale può esserne la causa? La difficoltà di trovare idonei luoghi di nidificazione nel Nordamerica? O la progressiva scomparsa dell'habitat adatto allo svernamento nel Sudamerica? Per dare una risposta a questi interrogativi, due studiosi dell'Università del Wisconsin, Gianfranco Basili e Stanley A. Temple hanno condotto per quattro anni una ricerca seguendo il ciclo completo della specie nei due continenti. Ed ecco cosa hanno scoperto. Nei luoghi di nidificazione arrivano per primi i maschi e annunciano la loro presenza con un grido caratteristico. Poi arrivano le femmine. I maschi non si accontentano di impalmarne una. Ciascuno di loro si accoppia con più di una compagna. Ma lascia a lei i compiti più gravosi: la costruzione del nido, l'incubazione delle uova, l'allevamento dei piccoli. I nidiacei crescono rapidamente e già all'età di dieci giorni sono in grado di lasciare il nido. La maggior parte degli uccelli sono fedeli ai loro luoghi di nidificazione e ci ritornano regolarmente ogni anno. Lo stesso non può dirsi della Spiza americana che, spaziando nel suo vastissimo areale di nidificazione, un anno si ferma in una regione, l'anno dopo in un'altra, con un criterio opportunistico legato alle trasformazioni dell'habitat. Ma si può dire che ovunque l'uccelletto riesce a riprodursi con successo, come testimoniano i ricercatori, che hanno tenuto sotto osservazione 600 nidi. Nella stragrande maggioranza i genitori riescono a condurre sino all'involo più di un pulcino, il che consente di mantenere invariato il numero degli individui presenti nella popolazione. Questo risultato dice chiaramente che il calo numerico della specie non avviene certo nei suoi territori di nidificazione. Scartata la prima ipotesi, i ricercatori si spostano nel Venezuela per vedere che cosa succede nei territori di svernamento. Nei llanos venezuelani (che corrispondono alle pampas argentine) gli uccelletti Spiza america na convergono tutti su un'area molto ristretta, assai più ristretta dell'ampio territorio di nidificazione di cui dispongono nel Nordamerica. Qui non possono permettersi il lusso di possedere territori distinti. Fanno allora di necessità virtù. Diventano gregari. Si riuniscono a formare gli ammassi spettacolari di cui si è parlato all'inizio e la notte si stringono l'uno all'altro in fitti assembramenti occupando un numero limitato di «dormitori». Basili e Temple ne hanno contato una quindicina in tutto, ciascuno dei quali però può contenere fino a tre milioni di uccelli. Durante l'inverno, le spize americane mangiano i semi delle erbe selvatiche, ma sono ghiotte anche di alcuni prodotti dell'agricoltura, come il sorgo e il riso (ecco spiegato il nome di «uccello del riso»). Ora, negli ultimi decenni l'estensione dei terreni incolti è andata via via riducendosi, per far posto alle colture. E le spize americane hanno trovato da mangiare a sazietà. Si sono accorte che riso e sorgo sono molto più appetitosi del loro menu precedente a base di semi di piante selvatiche. Naturalmente gli agricoltori non sono per nulla soddisfatti di questo cambiamento di dieta. Per loro quegli uccelli che fanno man bassa nelle loro coltivazioni, danneggiando sensibilmente i raccolti, rappresentano un vero e proprio flagello. Un flagello da combattere con tutti i mezzi possibili: usano potenti pesticidi, avvelenano gli stagni, spruzzano i campi prima che i migratori arrivino e, una volta individuati i loro dormitori notturni, li irrorano di pesticidi. Risultato: spaventosi eccidi di massa. E' il solito dilemma: come conciliare gli interessi dell'uomo con la sopravvivenza di una specie animale? Lo si può fare soltanto studiando soluzioni alternative al massacro indiscriminato, escogitando mezzi di controllo incruenti che riescano a salvare capra e cavoli. Ma non è facile. Il fatto che ci siano ancora dieci milioni di spize non ci deve tranquillizzare. Anche i piccioni migratori d'America erano tanti da oscurare il sole, nel secolo scorso. Eppure oggi non esistono più. Si sono estinti. Non vorremmo che le spize americane facessero la stessa fine. Isabella Lattes Coifmann


LACERTA SICULA Che cos'è quell'animale con due teste e sei zampe? Scoperto vicino a Lecce un rarissimo caso di malformazione tra i rettili
Autore: CARTELLI FEDERICO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: MUSEO DI STORIA NATURALE DEL SALENTO
LUOGHI: ITALIA

I casi di malformazione nei rettili sono piuttosto rari. Proprio per questo ha destato grande interesse fra gli studiosi di scienze naturali il rinvenimento di una mostruosa lucertola campestre, Lacerta sicula: due teste e due colli, con sei zampe (quattro anteriori e due posteriori). La scoperta è stata fatta casualmente durante la scorsa estate nelle campagne di Melendugno, a 15 chilometri da Lecce. L'esemplare, un soggetto giovane e di proporzioni normali, è vissuto alimentandosi e svolgendo le sue funzioni regolarmente per circa tre mesi. Gli ultimi venti giorni li ha trascorsi in cattività, ospite del Museo di storia naturale del Salento di Calimera dove il rettile è stato portato dopo la sua scoperta e tenuto in osservazione. La morte è avvenuta naturalmente. E' stato possibile accertare il decesso cerebrale della testa sinistra. Da accurate ricerche bibliografiche compiute dagli studiosi del Museo di storia naturale è emerso che i casi viventi di mostruosità nei sauri sono rarissimi, specialmente per quanto concerne gli sdoppiamenti di teste e quindi di organi cerebrali. Gli esperti hanno avviato numerose indagini conoscitive sull'esemplare e fatto eseguire una serie minuziosa di radiografie ed altri esami che appena completati saranno messi a totale disposizione di istituti erpetologici nazionali e stranieri, al fine di divulgare a livello scientifico l'importante scoperta. Non sono da ritenere infrequenti circostanze di sdoppiamento di teste, riferite però a mammiferi. Nel Salento sono stati registrati fenomeni del genere fra gli animali di grossa taglia come bovini e ovini. Rimanendo nel sottordine dei sauri, nella stessa zona salentina, qualche anno fa i naturalisti appurarono la presenza di tre camaleonti della specie «Chamaleo chamaleo». Una scoperta ritenuta allora eccezionale considerato che segnalazioni di tali rettili sono praticamente inesistenti sull'intero territorio nazionale. Federico Cartelli


CASO O NECESSITA'? L'universo è un flipper
Autore: ZULLINI ALDO

ARGOMENTI: FISICA, STORIA DELLA SCIENZA
NOMI: DE LAPLACE PIERRE SIMON
LUOGHI: ITALIA

SONO al bar davanti a un flipper. Inserisco una moneta e tendo il pistone a molla che lancia la pallina. Questa rimbalza più volte contro gli ostacoli elastici rotondi che, scattando, totalizzano punteggi elevati. Un perfetto colpo di leva, battuto al momento giusto, riporta in circolo la pallina e anche questa volta il miracolo si ripete. Il punteggio ottenuto, alla fine, risulta elevatissimo. Imbaldanzito dal successo, ritento il gioco con una seconda pallina: applico un'identica tensione alla molla d'avvio e la sferetta rifà lo stesso percorso della prima. O, per meglio dire, vorrei tanto che facesse così, ma stavolta già il secondo o terzo rimbalzo risulta diverso dal previsto e in pochi secondi la pallina precipita in buca totalizzando un punteggio bassissimo. Che cosa è successo? E' successo, semplicemente, che «l'identica» tensione applicata alla molla d'avvio non era proprio identica a quella di prima. Non occorre sbagliare di molto: basta che il valore della forza applicata differisca per qualche decimale, e il gioco fila in tutt'altro modo. Infatti, quando la pallina colpisce un ostacolo circolare in un punto leggermente diverso dalla volta precedente, rimbalza secondo una nuova traiettoria amplificando il piccolo errore del percorso iniziale. Da questo punto in poi nulla prosegue come prima: l'esito del gioco diventa imprevedibile. Due secoli fa Laplace enunciò un pensiero riportato in tutti i libri di storia della scienza: se fosse possibile conoscere l'esatta posizione e velocità di ogni particella dell'universo, si potrebbe prevedere con precisione lo stato dell'universo in un istante successivo. E prevedere come andranno le cose a distanza di anni. Quest'idea divenne il manifesto del determinismo assoluto: nulla al mondo è dovuto al caso o alla libertà di azione di qualsivoglia creatura. Il «caso» stesso, anzi, non è che il nome che si dà a una catena di eventi ben precisi, ma di cui ignoriamo le modalità. Einstein stesso seguì questo modo di pensare perché rifiutava l'idea di un mondo basato sul caso. Diceva in proposito: «Dio non gioca a dadi». In polemica con Laplace, molti critici osservano che neppure in linea di principio è possibile prevedere esattamente l'andamento di certi fenomeni (per esempio una giocata al flipper). Ne concludono che il mondo non è deterministico, ma funziona anche grazie a processi casuali («Dio gioca a dadi»). Va però chiarito, a questo punto, che una cosa sono le nostre capacità conoscitive, e che altra cosa è il funzionamento del mondo. In altre parole: se si dimostra che, anche in linea di principio, è impossibile prevedere il futuro di un sistema (per esempio lo stato meteorologico di una regione), questo non significa che il sistema in sè sia per ciò stesso casuale (cioè non deterministico). Il punto chiave del problema sollevato da Laplace è la conoscenza esatta del sistema («sistema» che può essere, oltre che una giocata al flipper o una situazione meteorologica, il moto dei pianeti, la caduta di una valanga, le giravolte dei pesci in una vasca, il comportamento di una persona, l'andamento dei mercati o quant'altro). E' dunque importante capire che cosa significa conoscenza «esatta». Tutti sanno che ogni misura di lunghezza, volume, peso, velocità, temperatura o pressione è, per forza di cose, approssimata. Spesso si è precisi al centesimo, al millesimo o anche di più. Nella fisica sperimentale si possono ottenere misure accurate fino alla nona cifra decimale (cioè fino al miliardesimo). Questo è sufficiente per avere una misura esatta? Prima di rispondere ritorniamo al nostro flipper. Supponiamo che ogni rimbalzo della pallina amplifichi di 10 volte l'errore iniziale rispetto a una giocata precedente. Ora supponiamo che, volendo rifare lo stesso gioco, io riesca a ripetere il tiro iniziale allo stesso modo della prima volta, sbagliando di un solo miliardesimo. Anche in questo caso fortunato, però, otterrei una variazione evidente del percorso della pallina dopo soli nove rimbalzi. Si deve allora concludere che in un sistema dinamico non vi è errore, per quanto piccolo e invisibile, che non salti fuori prima o poi. Ecco perché sarà sempre impossibile fare previsioni del tempo a lunga scadenza: gli errori e gli arrotondamenti dei valori di temperatura, umidità, pressione e vento, sono destinati ad amplificarsi via via nelle previsioni relative alle ore e ai giorni successivi fino a raggiungere un livello di incertezza intollerabile. Non parliamo, poi, delle previsioni in campo economico o storico. Laplace per conoscenza «esatta» dello stato di un sistema intendeva una conoscenza «infinitamente esatta». La quale, per definizione, è impossibile. Qualcuno potrebbe affermare che, così inteso, l'enunciato di Laplace diventa privo di senso. In realtà è un modo efficace per dire che i sistemi dinamici (e perciò il mondo stesso) evolvono secondo modalità in gran parte imprevedibili (anche in linea di principio) ma non per questo necessariamente casuali. Pronunciarsi, a questo punto, sulla validità o meno delle concezioni deterministe piuttosto che casualiste, sarebbe fare della metafisica. Molto più interessante è accettare il fatto, sempre più studiato dalla scienza contemporanea, che anche piccoli eventi possono, alla lunga, determinare modifiche enormi (e imprevedibili) nello sviluppo di un sistema. Tutto può cambiare in una partita a scacchi se si sbaglia anche una sola mossa. E chissà come sarebbe ora la nostra vita se se, «casualmente», non avessimo fatto un certo incontro rivelatosi importante negli anni successivi. Aldo Zullini Università di Milano


STRIZZACERVELLO Quattro cavalli sulla scacchiera
ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA

Quattro cavalli si trovano agli angoli di una scacchiera di dimensione tre per tre. In alto i due cavalli neri e in basso i due cavalli bianchi. Scambiare la posizione dei cavalli bianchi con quella dei cavalli neri muovendoli con la mossa classica dei cavalli degli scacchi. Il numero minimo di mosse necessarie è 16. La soluzione domani, nella pagina delle previsioni del tempo


LA PAROLA AI LETTORI Viaggia nello spazio il testamento dell'umanità
LUOGHI: ITALIA

Se l'umanità venisse spazzata via da una catastrofe, quali se gni della nostra presenza e della nostra intelligenza po trebbero essere riconosciuti da un'eventuale altra forma di vita intelligente fra qualche migliaio di anni? I segni più duraturi della nostra civiltà sono: il satellite artificiale per studi geodetici «Lageos», che rimarrà in orbita per altri otto milioni di anni; la sonda spaziale «Pioneer 10», che porta una targa dorata, ideata da Carl Sagan, con il disegno in scala dell'uomo e della donna e alcune indicazioni sul nostro pianeta; la navicella spaziale «Voyager 2», che porta un disco audio-visivo con molte immagini del nostro pianeta e della vita dell'uomo. Queste due navicelle raggiungeranno le stelle più vicine tra svariati milioni di anni, quando la Terra e tutto ciò che l'uomo ha costruito su di essa, per cause naturali o «umane», potrebbero non esistere più. Francesco Lupoli, Bari I satelliti artificiali geostazionari resterebbero immuni da qualunque cataclisma e potrebbero così essere vestigia della civiltà umana. La loro orbita, a 36 mila chilometri di altezza, è quella che consente di avere un movimento di rivoluzione sincronizzato con la rotazione terrestre. A quella quota l'atmosfera residua è inesistente, e i materiali non subiscono deterioramento se non per l'impatto dei micrometeoriti. Marco Molina, Viterbo Gli uomini hanno fatto testamento negli Anni 70 di questo secolo, lanciando quattro sonde con dischi di rame placcato in oro zeppi di dati grafici, suoni e immagini con relative istruzioni per la decodificazione, in pratica una sintesi delle forme di vita umane e animali e delle nostre conoscenze (genetica, biologia, musica, matematica, arte). Le sonde viaggiano alla velocità costante di 72 mila chilometri orari e, nell'eventuale intercettazione nei prossimi millenni, potrebbero offrire una conferma del grado di civiltà raggiunto. Gli ipotetici alieni con funzione di archeologi spaziali sarebbero facilitati nella decodificazione dei dischi dalle istruzioni annesse, che sono facilmente comprensibili da una civiltà appena superiore alla nostra attuale. I segni della nostra presenza sulla Terra potrebbero essere ri-datati cronologicamente dall'archeologo spaziale, che altrimenti non potrebbe comprendere la presenza di un fossile di micro-chip accanto a una mummia dell'antico Egitto o di una terracotta all'interno di un acceleratore di particelle atomiche o di un testo sacro accanto a un compact-disc che sintetizza lo stesso testo sacro. Ci rimane la soddisfazione di aver costruito un intricato puzzle che potrebbe dare del filo da torcere ai visitatori alieni. Alfonso Rigato, Torino Come il forno a microonde scalda i cibi molto rapidamen te, così non potrebbe esistere una macchina che li raffredda altrettanto rapidamente? La temperatura dei corpi esprime la quantità di energia termica in essi contenuta, che è responsabile dei moti vibrazionali degli atomi che compongono i corpi stessi. Queste vibrazioni aumentano all'aumentare della temperatura e, nel caso dei fluidi, aumentano anche gli urti tra i loro atomi. E' a questo livello molecolare che agiscono le microonde dei forni quando attraversano i cibi. Sono infatti radiazioni elettromagnetiche che cedono la loro energia alle molecole di acqua contenute negli alimenti, aumentandone i moti vibrazionali. La rapidità dipende dal fatto che il processo interessa in modo uniforme l'intera massa, trattandosi di corpi per meabili alle microonde. Il raffreddamento è più lento, perché occorre attendere che l'energia termica venga ceduta, per irraggiamento, contatto o convezione, all'ambiente, partendo dagli strati superficiali sino alla parte centrale. Tecniche per raffreddare molto rapidamente si basano sull'espansione di gas compressi (ad esempio anidride carbonica) o immersione in azoto liquido, ma valgono solo per piccole porzioni di materiali. Vengono applicate in laboratorio, ma non se ne intravedono, al momento, applicazioni tra le mura domestiche. Diego Caldera Casale Monferrato (AL)


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA

Q E' possibile stabilire in maniera assoluta (cioè indipendentemente dal punto di vista dell'osservatore) se un corpo è fermo o in movimento? Q Nello sport della pallavolo, per aumentare la velocità della palla, è meglio un incremento della massa muscolare o della velocità del braccio che colpisce la palla? Q E' vero che i gatti, quando sono lontani dalla loro casa, si affidano ai baffi per ritornare? Se è vero, che cosa c'è nei baffi per consentire l'orientamento? _______ Inviare le risposte a: «La Stampa- Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax 011- 65.68.688


IN PIEMONTE Bioindustria nel Parco Tecnologico
Autore: A_V

ARGOMENTI: ECOLOGIA, TECNOLOGIA, INQUINAMENTO
ORGANIZZAZIONI: BIOINDUSTRY PARK, REGIONE PIEMONTE, PROVINCIA DI TORINO, COMUNE DI IVREA, COMUNE DI COLLERETTO, OLIVETTI, ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DEL CANAVESE, FEDERPIEMONTE, INDUSTRIA FARMACEUTICA RBM
LUOGHI: ITALIA, COLLERETTO GIACOSA (TO)

UN gasdotto, alcuni pozzi petroliferi e un oleodotto, parecchie industrie di stoccaggio e di lavorazione di sostanze chimiche, una centrale nucleare chiusa: il Nord del Piemonte è una zona critica dal punto di vista dell'inquinamento. Anche recentemente, si è potuto constatare quanto sia poi complicato e faticoso ripulire tutto per restituire i campi e i boschi alla rigogliosità di sempre. Ora c'è un'occasione di riscatto. In provincia di Torino è quasi terminata la costruzione di un nuovo parco tecnologico, il Bioindustry Park, pensato proprio per la ricerca in campo chimico, ambientale, farmaceutico e alimentare. I batteri mangiapetrolio e le piante acchiappa-smog sono già una realtà e in questo centro scientifico specializzato i ricercatori potranno dimostrare la concreta efficacia dell'impiego delle biotecnologie nella lotta all'inquinamento. Il Bioindustry Park sorge a Colleretto Giacosa, a pochi chilometri da Ivrea, ed è stato realizzato da una società mista tra pubblico e privato. Accanto a Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comuni di Ivrea e Colleretto hanno contribuito l'Olivetti, l'Associazione industriali del Canavese, Federpiemonte e l'industria Farmaceutica Rbm. L'investimento, coperto dal 70 per cento dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale e dallo Stato italiano, ammonta a un totale di 50 miliardi di lire, di cui quasi la metà in attrezzature di laboratorio. Il parco ha una superficie complessiva di 250 mila metri quadrati, di cui 12.500 occupati da edifici. Ottomila metri quadri (in lotti da 200) saranno destinati ai laboratori e agli uffici, il resto serviranno per ospitare servizi comuni (uffici amministrativi, centro congressi, foresteria, altri laboratori con macchinari per uso collettivo) e un'intera struttura da circa mille metri quadrati verrà destinata alle facoltà universitarie che promuoveranno delle ricerche in collaborazione con l'industria privata. La consegna dei locali è prevista per la prossima primavera, mentre già nell'autunno 1996 è prevista una seconda «tranche» di lavori che amplierà gli spazi destinati ai laboratori di altri quattromila metri quadrati. (a. v.)


PERCHE' GLI SCI NON AFFONDANO Guarda come scivolo Come agiscono le forze attrito e gravità
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: FISICA, SPORT, SCI
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D.

Un uomo a piedi sull aneve fresca affonda, con gli sci no. Perché? Il concetto di pressione è anche legato alla superficie (oltreché alla massa e alla gravità): se il peso di un uomo è concentrato su circa 500 centimetri quadrati (la suola delle scarpe) è facile sprofondare nella neve fresca che invece riesce a reggere lo stesso peso ditribuito sui 3600 centimetri quadrati offerti mediamente da un paio di sci. Allo stesso modo non è difficile reggere in mano un mattone, mentre il medesimo mattone sulla capocchia di uno spillo ci perforerebbe pelle e muscoli del palmo. Per spiegare perché sulla neve si scivola, dobbiamo introdurre il concetto di attrito. L'attrito è la forza che agisce fra due superfici che siano in contatto e si muovano una rispetto all'altra. L'entità di questa forza dipende innanzitutto dalla scabrosità (ruvidità) delle superfici. Alcuni materiali hanno il potere di influire sulla scabrosità: l'olio e il grasso la rioducono, la colla o la sabbia la aumentano. L'attrito è una forza che comunque si oppone al movimento: in qualunque direzione avvenga il moto, l'attrito «tira» in senso contrario, ed è sempre parallelo alla superficie di scorrimento. Secondo quanto affermano da Coulomb, la quantità d'attrito dipende sia dallo stato delle superfici, ruvide piutttosto che lisce (ogni coppia di materiali ha un suo peculiare coefficiente d'attrito, che si usa indicare con la lettera greca Mu), sia dalla forza che spinge in modo perpendicolare alla superficie di scorrimento.




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