TUTTOSCIENZE 15 novembre 95


MALATTIE POLMONARI Quanti suoni, in quel respiro! Un fonospirometro per aiutare l'orecchio del medico
Autore: T_S

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, TECNOLOGIA
NOMI: DALMASSO FILIPPO, RIGHINI G.
ORGANIZZAZIONI: ASSOCIAZIONE ITALIANA PNEUMOLOGI OSPEDALIERI, UNITA' ACUSTICA DELL'ISTITUTO ELETTROTECNICO NAZIONALE GALILEO FERRARIS, LABORATORIO DI FISIOPATOLOGIA RESPIRATORIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Funzionamento del fonospirometro

DURANTE il congresso nazionale dell'Associazione italiana pneumologi ospedalieri che si è svolto qualche settimana fa a Torino Lingotto, un simposio a partecipazione europea ha discusso le applicazioni dell'acustica alla medicina respiratoria. Il settore della semeiotica pneumologica, che valuta i suoni polmonari e cardiaci rilevabili sulla parete toracica, la tosse, il russamento, è rimasto troppo a lungo legato al soggettivismo interpretativo dell'orecchio del medico, senza criteri di obbiettività, riproducibilità e trasmissione. Per rimediare, negli Anni 80 è nata a Torino una collaborazione fra il Laboratorio di Fisiopatologia Respiratoria (ospedale Mauriziano) e l'Unità di Acustica dell'Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris. L'equipe di medici e fisici, guidata rispettivamente da Filiberto Dalmasso e G. Righini ha studiato, avvalendosi delle moderne tecnologie, i suoni generati con la respirazione, rendendoli visibili, riproducibili, misurabili in termini di cadenza temporale, durata, ampiezza, frequenza e forma d'onda, e «leggibili» come se si trattasse di un elettrocardiogramma. L'equipe è impegnata in un progetto europeo «Computerized Respiratory Sounds Analysis (Corsa)», finanziato dalla Comunità Europea, che si propone di uniformare tecniche e sistemi di rilevamento e interpretazione del segnale sonoro, elaborare uno stetoscopio computerizzato, perfezionare sistemi di diagnosi automatica del suono e validare i metodi per la diagnosi e il monitoraggio delle malattie polmonari. Per rendere più utilizzabili nella pratica di un laboratorio di funzione polmonare questi studi e risultati, rimaneva un problema da risolvere, quello di dotare il medico di uno strumento compatto in grado di misurare e visualizzare i dati funzionali del respiro (spirometria) e simultaneamente i dati acustici (auscultazione), ossia di far vedere il suono nel momento in cui viene generato durante ben definite manovre respiratorie. Nel simposio il gruppo torinese ha presentato in anteprima la soluzione del problema, mettendo a frutto il know-how medico e informatico acquisito nella pluriennale attività di ricerca. Allo strumento è stato dato il nome di Fonospirometro. I segnali del flusso dell'aria alla bocca e del suono sul torace sono rilevati con i trasduttori convenzionali (pneumotacografo e microfono rispettivamente) e inviati a un personal computer che provvede a visualizzare in tempo reale sul monitor, eseguendo nel contempo accurate misure. La fonospirometria consente, con le stesse manovre respiratorie, di migliorare la quantità (come numero di pazienti) e la qualità della diagnosi, che rimane piuttosto bassa e imprecisa, con i soli rilievi funzionali (spirometria) e auscultatori separati. Infatti il nuovo apparecchio consente non solo di definire il tipo di anormalità funzionale (restrittivo, ostruttivo, misto) ma anche di migliorare la diagnosi di malattia polmonare con l'analisi delle modificazioni del suono rilevato. Il fonospirometro servirà anche a trasmettere agli studenti una vecchia arte quasi dimenticata come l'auscultazione del torace. t. s.!


RISCHIO VULCANICO Se esplode il Vesuvio Il piano di emergenza e i suoi contestatori
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, VULCANO, ESPLOSIONI, PROGRAMMA, NAZIONALE, SICUREZZA
NOMI: LUONGO GIUSEPPE, DOBRAN FLAVIO
ORGANIZZAZIONI: DIPARTIMENTO DI PROTEZIONE CIVILE, OSSERVATORIO VESUVIANO, NATURE
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C.T. IL PIANO DI EVACUAZIONE
NOTE: «Piano nazionale di emergenza dell'area vesuviana»

L'ETNA si risveglia e dà spettacolo. Tuttavia, benché la sua attività non sia da sottovalutare, per l'Italia il vero pericolo è rappresentato dal Vesuvio, un vulcano ad alto rischio, come insegna la storia delle sue eruzioni, a cominciare da quella del 79 dopo Cristo che seppellì Pompei, Ercolano e Stabia. Un milione di persone vive sulle sue pendici. Che cosa accadrà alla prossima eruzione, che i vulcanologi ritengono certa anche se il quando resta misterioso? Finalmente, dopo molte discussioni, esiste un «Piano nazionale di emergenza dell'area vesuviana», preparato dal Dipartimento della Protezione Civile e reso noto a fine settembre. Premessa base del piano è che oggi, con le tecnologie più avanzate, sia possibile prevedere l'inizio di una nuova eruzione con un anticipo sufficiente per intervenire. L'attività del Vesuvio può essere inquadrata in tre tipologie fondamentali: attività modesta essenzialmente effusiva; attività media essenzialmente esplosiva (come nell'eruzione del 1631); attività forte, esclusivamente esplosiva (come nell'eruzione del 79 dopo Cristo). Il vulcano sonnecchia dal 1944, il condotto della lava è ostruito, ma questo periodo di riposo prima o poi finirà. E più il risveglio ritarderà più l'eruzione prossima ventura sarà violenta e distruttiva. Se il Vesuvio dovesse riprendere l'attività nei prossimi 10-20 anni, dicono gli autori del piano, «l'eruzione massima che ci si può attendere è simile a quella avvenuta nel 1631» che per questo è stata presa come riferimento per il piano. Che cosa, in concreto, ci si deve attendere? Inizialmente si avranno numerose scosse di terremoto, il suolo si solleverà, si apriranno nuove fumarole mentre una serie di esplosioni riapriranno il condotto centrale. Da questo uscirà una grande colonna di vapore e di gas che si innalzerà per una ventina di chilometri, portando con sè parti di magma incandescente, frammenti di rocce e cenere. Una parte di questo materiale solido comincerà poi a cadere coprendo strade e tetti, molti dei quali cederanno sotto il peso. «Raggiunti i valori limite, la colonna di gas non potrà più sostenere il peso del materiale solido che trasporta, collasserà al suolo intrappolando aria e formando pericolosissimi flussi piroclastici, flussi di gas con magma incandescente e cenere, che avanzeranno a velocità intorno a 80-100 chilometri l'ora, distruggendo tutto sul loro cammino». Questa sequenza terrificante avverrà in appena due-tre giorni. «L'unica difesa da un'eruzione esplosiva di questo tipo è l'evacuazione» si afferma nel piano; il quale parte dal presupposto che, studiando le variazioni di una serie di dati (sismicità, deformazione del suolo, variazione del campo gravimetrico, temperatura, composizione chimica del gas delle fumarole) sia possibile prevedere l'eruzione con alcune settimane di anticipo, diciamo una ventina di giorni. Scatterà allora l'emergenza, che il piano, in rapporto ai segni premonitori, scandisce con grande meticolosità in sei fasi: fase di attenzione, preallarme, allarme, attesa, durante l'evento, dopo l'evento. L'attivazione della prima fase, secondo il piano, avverrà nel momento in cui «la comunità scientifica, attraverso l'Osservatorio Vesuviano, il Gruppo nazionale di vulcanologia e la Commissione grandi rischi registrerà cambiamenti significativi per frequenza, durata e intensità dello stato di attività del vulcano, tali da suggerire una più marcata attenzione». Durante la fase di preallarme sarà nominato un Commissario delegato (che avrà pieni poteri di comando e controllo su tutte le operazioni di protezione civile previste dal piano) e «verranno attivati gli strumenti a carattere straordinario necessari per assicurare la direzione unitaria e il coordinamento delle attività». Nella fase successiva entrerà in attività il sistema nazionale di protezione civile mentre nella fase di attesa la zona rossa sarà sgomberata. Questa fase vedrà impegnati, in particolare, i Centri operativi di area (cinque) e i Centri operativi misti. Il territorio vesuviano è stato suddiviso in una zona rossa ad alto rischio, che comprende 18 Comuni della provincia di Napoli, e in una zona gialla a rischio minore comprendente 59 Comuni delle province di Napoli e Salerno; per la popolazione della zona rossa, circa 100 mila persone, si prevede l'evacuazione totale fuori Campania, mentre per la popolazione della zona gialla lo spostamento dovrà essere deciso in base alla situazione. Per ospitare la popolazione della zona rossa è stato previsto un sistema di gemellaggi con tutte le regioni italiane, in ognuna delle quali saranno trapiantati in blocco gli abitanti di un Comune, in modo da salvaguardare la compattezza delle singole comunità. Questo enorme intervento mobiliterà 16.500 uomini, una novantina di navi, centinaia di treni, aerei ed elicotteri. Nel progetto tutte le mosse sono definite con grande precisione. Ma c'è chi lo contesta duramente. Come Giuseppe Luongo dell'Università Federico II di Napoli, direttore dell'Osservatorio Vesuviano dall'83 al '93, e Flavio Dobran, uno scienziato americano che opera da tempo in Italia, dove ha creato un gruppo indipendente di ricerca, il Global Volcanic and Environmental Systems Simulation. In un documento fatto circolare in questi giorni definiscono il piano «un oggetto di valore ma inutile e ingombrante... più la gestione di un disastro che un piano per la sua prevenzione». I due studiosi contestano che sia possibile prevedere un'eruzione con 20 giorni di anticipo. «Vorrei sapere chi sono questi scienziati che pensano di poter prevedere un'eruzione con 20 giorni di anticipo» ha dichiarato Luongo alla rivista scientifica internazionale Nature. In secondo luogo i due studiosi sostengono che il piano, assumendo come base uno scenario eruttivo simile a quello dell'eruzione del 1631, in realtà fa riferimento a un evento ancora non perfettamente noto. Ma il rilievo fondamentale riguarda la decisione di far scattare l'allarme. I livelli di rischio vulcanico definiti dal piano, secondo i due studiosi, «sono altamente soggettivi». In queste condizioni, si domandano i due studiosi, di fronte all'enorme responsabilità di mettere in moto la macchina dell'emergenza e alla possibilità tutt'altro che remota di lanciare un falso allarme, «chi darà l'ordine, e quando?». Dubbi vengono avanzati anche sulla fattibilità del piano di sgombero. «Nel piano si assume implicitamente che i sistemi di trasporto saranno pienamente efficienti durante l'esodo e che la popolazione non sarà investita dal panico»; ma che cosa accadrà realmente quando i livelli di sismicità e delle deformazioni del suolo saranno molto elevati e se dovesse mancare «il pieno consenso delle popolazioni?». Nell'intervista a Nature Dobran ha ironizzato su questo punto: «E' possibile pensare che treni e autobus viaggino in orario in simili frangenti quando non viaggiano in orario neppure in situazioni di normalità?». Fin qui i rilievi scientifici. Ma Luongo e Dobran ne fanno seguire altri di natura politica; sostengono che non è chiaro perché la popolazione debba essere «deportata» così lontano e dispersa per tutta l'Italia con il rischio di metterla in contrasto con le popolazioni locali, e si domandano se non sia per impedirne il rientro, con la conseguenza di lasciare il territorio vesuviano alla speculazione e all'invasione di «stranieri». Dobran e Luongo, insieme con altri studiosi, da tempo avevano messo a punto un progetto diverso, denominato «Vesuvius 2000», che avevano sottoposto alla Comunità europea chiedendo un finanziamento. Proprio nei giorni scorsi il progetto è stato respinto.Vittorio Ravizza


SANITA' & ECONOMIA In Italia un'influenza costa 700 mila lire Per la tasca e la salute, conviene fare la vaccinazione
Autore: LEONCINI ANTONELLA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA', ECONOMIA, TARIFFE
NOMI: DI PERRI TULLIO
ORGANIZZAZIONI: NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE, MINNESOTA UNIVERSITY, ISTITUTO DI CLINICA MEDICA DEL POLICLINICO DI SIENA
LUOGHI: ITALIA

PER ogni individuo che si vaccina contro l'influenza la società risparmia 47 dollari, riducendo gli oneri e i costi della malattia e con un indiscutibile contributo al benessere sociale. Un gruppo di ricercatori statunitensi dell'Università del Minnesota, i cui risultati sono stati pubblicati in ottobre sul New England Jour nal of medicine, ha tradotto in termini monetari i costi sociali ed economici dell'influenza. In autunno e in inverno aumentano le patologie dell'apparato respiratorio: fra queste, l'influenza assume una grande rilevanza sia per la frequenza sia per la gravità delle complicanze. Gli effetti dell'epidemia influenzale devono essere riferiti anche ai costi che provoca, sia in termini di assenza dal lavoro e dalla scuola, sia per le spese sanitarie. Gli studiosi hanno valutato i risultati di una campagna antinfluenzale effettuata su un campione significativo nella regione di Minneapolis. Sono state analizzate centinaia di persone, divise in due gruppi secondo l'estensione del programma di immunizzazione. Le conclusioni non lascerebbero dubbi. Nel periodo dicembre 1994-marzo 1995 nei soggetti sottoposti ad ottobre e novembre a vaccinazione, è stata rilevata una diminuzione delle affezioni dell'apparato respiratorio del 25 per cento con un assenteismo dai luoghi di lavoro inferiore del 43 per cento, minori assenze per influenza del 36 per cento e un calo delle visite richieste del 44 per cento. Valutando i minori costi per la maggiore efficienza nel lavoro e i ridotti oneri per la struttura sanitaria, si può stimare un risparmio a persona di 46 dollari e 85 centesimi, cioè circa 75 mila lire. Questi valori confermerebbero i risultati già ottenuti da studiosi dell'Università del Minnesota che avevano stimato in 5 milioni di dollari, cioè 7 miliardi e mezzo di lire, il risparmio sociale realizzato nel territorio grazie a una campagna di vaccinazione antinfluenzale, tanto da indurre il programma di assistenza Medicare, gestito dall'Istituto di previdenza americano, a inserire la vaccinazione nella lista dei servizi rimborsabili per 31 milioni di anziani del Paese, con un'evidente eccezione rispetto al carattere generalmente privato dell'assistenza sanitaria statunitense. E per i ricercatori del Minnesota è probabile che i loro risultati presentino cifre sottostimate, relative a un periodo in cui i danni dell'influenza sono stati relativamente moderati; cosicché, si può ritenere che i risparmi consentiti dal vaccino possono essere anche maggiori nei periodi di più ampia diffusione dell'epidemia. Per la società statunitense nel suo complesso, si arriva a cifre a dodici zeri: si è valutato che, sommando tutti gli oneri diretti e indiretti per l'intero Paese, il bilancio dell'influenza raggiunga 12 miliardi di dollari. Inoltre, occorre aggiungere altri gravi disagi per la società anche se difficilmente stimabili in termini monetari, come i decessi, che negli Stati Uniti possono oscillare, secondo una recente ricerca del Servizio di pubblico interesse, da 10 mila a 40 mila, per l'80 per cento di anziani. Le cifre italiane confermano le indicazioni che arrivano dagli Stati Uniti. Un'epidemia influenzale comporta per il nostro Paese oneri per 3300 miliardi; circa 700 mila lire per ogni caso di influenza. I decessi provocati da una delle più recenti e acute epidemie sono stati settemila. Per il vaccino antinfluenzale non esistono particolari controindicazioni; solo chi è allergico all'uovo deve evitarlo. Il vaccino, la cui scoperta risale agli Anni 40, è stato notevolmente migliorato, sia come efficacia sia come purezza, anche se non si è ancora giunti a un accordo sull'utilità di un uso generale, soprattutto a causa della natura del virus e delle sue caratteristiche epidemiologiche. La produzione del vaccino richiede un certo periodo di tempo, e in questo intervallo può emergere una variante antigenica, responsabile di una diminuzione nell'efficacia del vaccino. In questi casi, da una protezione del 95 per cento, che è quanto oggi si può pretendere, si scende a un'efficacia del 70 per cento e anche inferiore. Quest'anno sono soprattutto tre i ceppi responsabili dell'influenza: con quelli già conosciuti A/Singapore 6/86 (H1N1) e B/Beijing/184/93/A, a dare una mano il Johannesburg 33/944 (H3N2). Nella terza età la vaccinazione antinfluenzale dovrebbe essere estesa. «Sono gli anziani - dice il Tullio Di Perri, direttore dell'Istituto di Clinica medica del Policlinico di Siena - quelli che rischiano di più: le complicazioni dell'influenza possono anche essere letali. Con i soggetti in età avanzata, sono maggiormente esposti al virus i bambini, i portatori di patologie croniche come cardiopatie, broncopneumopatie, nefropatie e coloro che sono affetti da disordini cronici metabolici come il diabete». Questi pazienti sono anche più soggetti alla polmonite post-influenzale. Il 90 per cento delle morti attribuite alla polmonite post-influenzale si manifesta in persone di oltre 65 anni. E, poiché il numero degli anziani è in aumento, è opportuno adottare adeguate misure di controllo. «La vaccinazione antinfluenzale - conclude Di Perri - non è quindi consigliata soltanto da fattori economici, ma anche da grandi vantaggi in fatto di salute». Antonella Leoncini


SCOPERTA STELLE NEONATE Nel grembo delle nebulose
Autore: DI MARTINO MARIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Telescopio spaziale «Hubble»

SE non esistessero le stelle la natura sarebbe molto meno interessante e complessa di quanto ci appaia. La materia che si formò nel Big Bang, circa 15 miliardi di anni fa, era costituita essenzialmente da idrogeno ed elio, grosso modo nella percentuale del 75 e 25 per cento. Sono i due elementi più leggeri, il primo con un nucleo formato da un protone attorno a cui ruota un elettrone, il secondo da due protoni e due neutroni circondato da due elettroni. Se questi gas non si fossero aggregati si troverebbero adesso dispersi nello spazio senza aver dato luogo alla formazione di strutture. Il fatto invece che parte della materia originaria si sia trasformata in stelle fa sì che l'universo abbia assunto l'aspetto affascinante che ci offre anche solo alzando lo sguardo al cielo in una notte serena. Le stelle sono i grandi «alchimisti» dell'universo: tramite le reazioni termonucleari che si verificano nel loro interno trasformano gli elementi più semplici in atomi più complessi. Quando una stella termina il suo ciclo evolutivo, questi nuovi prodotti vengono dispersi nello spazio e vanno a «inquinare» nebulose dalla cui materia nasceranno col tempo altre stelle, forse circondate da pianeti come la Terra dove, grazie alla chimica del carbonio, uno degli atomi formatisi in stelle in generazioni precedenti, si sono sviluppati degli organismi viventi, uno dei quali è evoluto a un punto tale da potersi porre domande sulla sua origine e sul mondo. Le stelle si formano in seguito alla contrazione gravitazionale di nubi di gas interstellare che, come abbiamo visto, sono composte essenzialmente da idrogeno. Il collasso ha inizio quando la massa della nube protostellare supera un certo valore critico. Durante questo processo è praticamente certo che i campi magnetici giochino un ruolo determinante, contribuendo tra l'altro alla formazione di un disco di materia circumstellare da cui possono originarsi pianeti come quelli che circondano la stella Sole. Negli ultimi anni attorno a numerose stelle si sono osservati dischi di materia formati da gas e polveri, ma la loro grande distanza e gli strumenti di cui disponiamo impediscono per ora di rilevare l'eventuale esistenza di pianeti, anche se delle dimensioni di Giove. Recenti osservazioni del telescopio spaziale «Hubble» hanno confermato la presenza di dischi di materia attorno a stelle giovani e hanno fornito immagini delle ultime fasi del collasso gravitazionale di una nebulosa protostellare. Si tratta di un periodo molto turbolento del processo di formazione stellare, prima che la struttura raggiunga un equilibrio stabile che si manterrà per tutto il tempo durante il quale nel nucleo della stella le reazioni di fusione termonucleare trasformeranno l'idrogeno in elio. Nelle immagini ottenute da «Hubble» sono ben visibili getti di gas molto collimati che vengono espulsi, a valocità superiori ai 250 km/sec., in direzioni opposte lungo l'asse di rotazione della giovane stella. Questi getti hanno una durata effimera su scala astronomica, valutata in circa 100.000 anni, ma questa breve attività può influenzare in maniera determinante l'evoluzione futura della stella, in quanto tramite essi viene espulsa materia, che non parteciperà al processo di collasso gravitazionale. Infatti la vita di una stella dipende fortemente dalla sua massa - più questa è grande maggiore sarà la produzione di energia, e quindi tanto minore la durata del ciclo evolutivo stellare. Le immagini di «Hubble» offrono una visione dei fenomeni che molto probabilmente interessarono il proto-sistema solare circa 4,5 miliardi di anni fa. La teoria comunemente accettata è quella secondo cui la Terra e gli altri otto pianeti del nostro sistema si condensarono dal disco circumstellare prima che il violento vento stellare, causato dall'innesco delle reazioni di fusione termonucleare dell'idrogeno nel nucleo del giovane Sole, spazzasse via la materia rimanente dalla condensazione planetaria. Dall'analisi preliminare delle immagini ottenute dal telescopo orbitante si è visto che i getti partono dalla protostella e dalle zone più interne del disco e rimangono molto collimati per diversi miliardi di chilometri. Non è ancora chiaro quale sia il meccanismo di focalizzazione dei getti, ma l'ipotesi più probabile è che sia effetto del campo magnetico stellare. Un altro aspetto singolare è che il getto proietta nello spazio con un intervallo di 20-30 anni degli «sbuffi» di materia, simili alle nuvolette di gas rilasciate dal tubo di scappamento di una motocicletta, che sono la spia di eventi verificatisi nelle regioni più interne della protostella. I getti, la cui lunghezza totale è dell'ordine del migliaio di miliardi di chilometri, quando vengono meno le forze che li tengono collimati, mostrano un andamento tormentato, forse dovuto all'influenza di uno o più compagni protostellari o di un sistema planetario, che agiscono perturbando gravitazionalmente la stella centrale, causandone uno spostamento periodico che sarebbe responsabile del cambiamento della direzione dei getti. Prima di queste osservazioni gli sbuffi di gas costituivano un mistero. Alcuni erano convinti che fossero il prodotto dell'interazione del getto con il gas che il getto stesso attraversa nel suo moto; altri pensavano che fossero originati dalla periodica espulsione di materia da parte del «motore» centrale della protostella. Quest'ultima ipotesi appare adesso la più realistica: si pensa che quanto osservato dal telescopio spaziale non sia un fenomeno eccezionale ma una normale fase evolutiva della formazione di una stella e di un suo possibile sistema planetario. Mario Di Martino Osservatorio di Torino


INTERNET Se volete scrivere al Papa...
Autore: MERCIAI SILVIO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, INFORMATICA
ORGANIZZAZIONI: INTERNET
LUOGHI: ITALIA

MI piacerebbe, per una volta, farvi sorridere: sarà, spero, una colonna leggera e un po' autoironica. Cominciamo con due citazioni prese al volo sulla rete, di due persone che evidentemente non la pensano come me. La prima è ancora sulla questione dei rapporti interpersonali via e-mail: «Scambiarsi posta elettronica è un tipo di rapporto, ma non è una vera relazione e non è neanche molto intima. Penso preoccupato al giorno in cui tutti comunicheremo in questo modo, scegliendo le parole forse con troppa cura, con la stessa cura con cui sceglieremo le attitudini con cui presentarci, il nome da assumere on-line e il nostro stesso sesso, basandoci più su quello che vorremo far credere che su quello che siamo». (The Emperor's Virtual Clothes: The Naked Truth About Internet Culture, I vestiti virtuali dell'Imperatore: la nuda verità sulla cultura di Internet; la citazione è ripresa da Chronicle of Higher Education del 6 ottobre). La seconda è su Windows 95, che «è un gran bel regalo da fare a vostro figlio per Natale: lo terrà incatenato per mesi a cercare di farlo funzionare e poi a tentare di capire come usarlo». (McNealy, amministratore delegato della Sun Microsystems; citazione dall'Investor's Business Daily del 5 ottobre). Restiamo in tema di computer. Come si fa a sapere se si è davvero diventati dei maghi di Internet? Secondo la Macmillan Information SuperLibrary Top Ten List quando, riempiendo il modulo di una domanda, vi trovate a dare il vostro indirizzo IP; quando, cercando di chiacchierare con qualcuno che non conoscete, vi trovate a dirgli «Salve, qual è la tua URL?»; quando, per chiamarvi a cena, vostra moglie vi manda un'e-mail... E come si fa a sapere se si prende il computer troppo sul serio? Se si riesce a installare Windows 95 al primo colpo; quando il modem, per il troppo uso, comincia a fumare; se nessuno riesce più a telefonarti, perché la linea telefonica è sempre occupata dalla connessione on-line; se sei in grado di ricordare a memoria l'indirizzo dei dieci siti WWW che preferisci; se ti scrivi da solo la tua homepage in linguaggio html; se quando guidi ti confondi perché l'indicazione delle vie e dei numeri civici non si conforma alle regole dei protocolli di Internet; quando il tuo hard drive da 112 Gb è pieno e 133 MHz ti sembrano troppo lenti; quando ti connetti a Internet in macchina usando il cellulare e il computer portatile; quando scrivi il tuo indirizzo e-mail sui biglietti da visita e lo richiedi ai tuoi interlocutori invece del numero di telefono (da Jokemaster, 1995). (Se dovessi dirvi in quanti di questi tratti mi sono riconosciuto...). Ora qualche indirizzo, con riferimento particolare a quelli italiani (a gentile richiesta). La lista dei newsgroups in italiano, compilata da Cesare Feroldi de Rosa, è consultabile a http://www.eureka.it/~cesare /maillist.html La Rabarbaro Zucca offre di esporre il tuo lavoro (pittura, scultura, poesia, musica), gratuitamente sulla rete a http://www.zucca. it/main/ italiano/artisti.html e, sempre in tema di arte, fresco da Artissima, andate a vedere Art On Line a http://rsi.intelnet.vol.it/ it4ac/index.htm Cercate del vino italiano? Paolo Minoggio mi segnala la sua Italian Winery, a http://www.ulysses.it Un magazine aggiornato? Il Portfolio, sulla homepage di Inrete a http://www. inrete.it/ portfolio.html Per concludere: ho trovato su Net (una bella rivista su Internet, sia nella versione originale inglese sia in quella italiana) l'indirizzo e-mail del Papa: eurhopesplit. interbusiness.it. Non l'ho provato, ma se qualcuno vuol farlo... Silvio A. Merciai


MUSEI & DIVULGAZIONE Storie di formiche e grilli innamorati In visita al Palais de la Decouverte di Parigi
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: DIDATTICA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: PERRIN JEAN
ORGANIZZAZIONI: PALAIS DE LA DECOUVERTE
LUOGHI: ESTERO, FRANCIA, PARIGI

AIUTATO da un microscopio, per un quarto d'ora sono vissuto in una comunità di formiche, ho seguito le cure minuziose che le operaie prestano alla regina, ho osservato l'effetto dei complicati messaggi chimici che le formiche si scambiano. Poi mi sono immerso nel canto dei grilli. Premendo un pulsante ho «campionato» un trillo e ho messo a confronto il segnale di richiamo sessuale e quello emesso durante l'accoppiamento. Ancora: ho provato personalmente le tecniche di apprendimento per condizionamento positivo (grazie, vecchio Pavlov); ho viaggiato negli organi del corpo umano, nel sistema endocrino e nel sistema immunitario; ho fatto divertenti esperienze di ottica, acustica ed elettromagnetismo; ho visitato uno per uno i pianeti del sistema solare; ho ascoltato una lezione di fisica atomica. Poi purtroppo il tempo è finito, e mi sono ritrovato sul metrò di Parigi, in viaggio verso l'aeroporto. Con il fermo proposito di tornare con più calma. Dove? Al Palais de la Decouverte, avenue Franklin D. Roosevelt (tel. 0033-1-4074.8000 per chi chiama dall'Italia). Oggi le mostre scientifiche interattive - i musei non da guardare ma da toccare - incominciano a diffondersi. C'è l'esempio famoso dell'Exploratorium di San Francisco, creato da Frank Oppenheimer, c'è Epcot in Florida, ci sono vari musei in Europa, la Villette nella stessa Parigi ed «Experimenta» a Torino. Ma il Palais de la Decouverte rimane forse il più suggestivo di questi luoghi perché con il suo ambiente datato fa sentire immediatamente al visitatore che qui ci troviamo tra i pionieri della divulgazione scientifica interattiva. Il Palais de la Decouverte nasce dall'Expo parigina del 1937, una mostra dal titolo vago, che dice tutto e niente: «Arti e tecniche nella vita moderna». Quando nel 1935 si incominciò a discutere su che cosa mettere nell'Expo, il fisico Jean Perrin, premio Nobel nel 1926 per le sue osservazioni che tra il 1907 e il 1913 avevano portato alla prova sperimentale dell'esistenza delle molecole e degli atomi, fece notare che la scienza non poteva mancare in una iniziativa del genere. Per fortuna fu ascoltato. Così, in coerenza con la gran deur francese, quando nel 1937 si inaugurò l'Expo parigina, i visitatori stupefatti trovarono nella hall del Palais de la Decouverte un gigantesco generatore elettrostatico del tipo Van de Graaf, progettato da Lazard e Frederick Joliot: due piloni alti 12 metri sormontati da due sfere di 3 metri di diametro tra le quali una differenza di potenziale di 5 milioni di volt faceva scoccare, più che una scintilla, un vero e proprio fulmine artificiale. Perrin era stato lungimirante. Invece di organizzare una mostra scientifica effimera, aveva messo insieme un vero e proprio laboratorio didattico altamente spettacolare. Conseguenza: l'Expo finì quando doveva finire ma il Palais de la Decouverte rimase, e ancora oggi vive e si rinnova, per nulla disturbato da iniziative più clamorose come la Villette. Un planetario da 200 posti, una biblioteca con 6000 volumi, un cinema, una sezione per le esposizioni temporanee, una rivista mensile, una libreria scientifica, una caffetteria con tavola calda (ciò che non guasta), e poi sale dedicate a tutte le discipline scientifiche: biologia, fisica, matematica, chimica, fisiologia, problema energetico, geologia, meteorologia. Per limitarci alla fisica, su tremila metri quadrati troviamo nove sezioni: elettrostatica, elettromagnetismo, elettricità corpuscolare, luce, calore, suoni e vibrazioni, fisica nucleare e delle particelle, meccanica, fluidodinamica. Inutile dire che gli animatori hanno parecchio lavoro ad accogliere ogni giorno decine di scolaresche. Gli esperimenti che si vedono e si fanno al Palais de la Decouverte non sono nè costosi nè sofisticati: del resto Perrin per «vedere» le molecole si servì di bolle di sapone e di un normale microscopio che permetteva di osservare il moto browniano di granelli di polvere galleggianti su un liquido. Qualsiasi liceo dovrebbe avere nei propri laboratori esperimenti come quelli che diedero il Nobel a Perrin e che si vedono al Palais de la Decouverte. Invece sappiamo come funzionano le nostre aule di fisica e di chimica. Praticamente non esistono. Si potrebbe rimediare realizzando in ogni città un laboratorio didattico - chiamiamolo Didalab - dove le scuole a turno usano attrezzature adeguate. Il corredo di un Didalab richiederebbe poche decine di milioni, la sede potrebbe essere un qualsiasi edificio scolastico oggi abbandonato per il crollo demografico. Molte industrie sarebbero disposte a sostenere iniziative di questo genere. Per rimanere a Torino, in una decina di edizioni «Experimenta» ha accumulato una quantità di installazioni divertenti e didattiche che starebbero benissimo in una sede permanente. C'è anche un piccolo planetario, ma manca la sede dove installarlo. E' vero, la cultura scientifica è bassa, l'irrazionalità di oroscopi, maghi, fattucchiere e paragnosti trionfa e fa buoni affari. Ma che altro possiamo aspettarci? Si raccoglie quel che si è seminato. Piero Bianucci


I FINANZIAMENTI ALL'AGENZIA EUROPEA E A QUELLA ITALIANA La coperta corta della ricerca spaziale
Autore: NOBILI ANNA

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
ORGANIZZAZIONI: ESA
LUOGHI: ITALIA

DOPO la Francia e la Germania, l'Italia è il terzo maggiore finanziatore della Agenzia Spaziale Europea (Esa): 800-900 miliardi di lire all'anno che, insieme ai soldi di altri Paesi membri, hanno messo l'Europa in grado di competere con gli Stati Uniti in campo spaziale. Oggi l'Europa ha il suo lanciatore, le sue missioni scientifiche per l'osservazione dell'universo, ha saputo guidare una sonda all'incontro con la cometa Halley; ha costruito dallo spazio la più precisa mappa del cielo disponibile al mondo, ha ottimi satelliti meteorologici. Ma, a differenza degli altri Paesi, l'Italia versa il suo contributo al quartier generale Esa di Parigi in cambio di un ritorno industriale, scientifico e di presenza nelle strutture dell'Agenzia spaziale europea perennemente in rosso. Qualunque scienziato italiano abbia provato a competere sul serio in Esa sa bene che cosa vuol dire andare allo sbaraglio. La stessa Agenzia spaziale europea stima che i mancati ritorni industriali italiani ammontino, per gli ultimi cinque anni, a quasi 450 miliardi di lire! La ragione di tutto questo è semplice: non ci si inventa una presenza competitiva in un settore di punta semplicemente pagando il proprio contributo a Parigi; ci vuole una attività spaziale nazionale gestita seriamente che affianchi il lavoro in ambito Esa e possa contare (con continuità) sul 30-40 per cento, persino sul 50 per cento delle risorse del Paese per lo spazio. Come facciamo per la fisica nucleare con il Cern. Come fanno la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e persino molti Paesi piccoli. Soltanto così si sviluppa la capacità di competere e si guadagnano i famosi ritorni. Invece, a fronte degli 800- 900 miliardi l'anno versati a Parigi, in Italia siamo scesi a soli 150 miliardi per l'Asi (l'Agenzia Spaziale Italiana) in cui far rientrare programmi nazionali e di collaborazione con altre agenzie spaziali, oltre agli strumenti da far volare sulle sonde dell'Agenzia spaziale europea (se non vogliamo arrivare all'assurdo di pagare queste sonde senza neppure utilizzarle!). I ministri che si sono succeduti alla ricerca scientifica hanno firmato accordi con l'Esa impegnandosi per somme enormi senza preoccuparsi che restasse qualcosa per l'attività spaziale nazionale. Il ministro Salvini ha cercato di cambiare rotta reclamando, alla recente conferenza europea di Tolosa, almeno una parte dei ritorni mancati; ma ha anche preso degli impegni pesanti che possono mettere l'Asi in serie difficoltà. Può il ministro garantire che nei prossimi cinque anni la quota nazionale non verrà ancora una volta dissanguata per far fronte agli impegni da lui presi con l'Esa? E con un'attività nazionale e una Agenzia in perenni difficoltà, chi vigilerà che le assicurazioni date a Tolosa sui ritorni non siano solo parole scritte sulla sabbia? Lo spazio è un settore strategico per lo sviluppo scientifico e tecnologico che assorbe 1000 miliardi l'anno. E' contrario agli interessi nazionali, e del tutto assurdo, prendere questa somma e metterla quasi per intero dentro una busta diretta a Parigi. Perché è questo che succede ogni anno a causa degli impegni presi con l'Esa da ministri di cui i più non ricordano neppure il nome, continuando così a pagare in lire italiane lo sviluppo di Paesi più avanzati e assai meglio governati del nostro. Lamentarsi poi per i mancati ritorni può servire a recuperare qualcosa, non a salvarci dal ridicolo. Anna Nobili Università di Pisa


GALLERIA DEL VENTO Come vola bene! Prove aerodinamiche con modelli
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Come funziona la «galleria del vento»

LE gallerie del vento rappresentano oggi il mezzo più efficace per la sperimentazione aerodinamica. Consentono infatti di determinare le forze che agiscono su un velivolo, fornendo una base per il calcolo delle sue caratteristiche di volo e delle sue doti di stabilità. Secondo l'impiego cui sono destinate, queste gallerie possono presentare marcatissime diversità di architettura e funzionamento. Le gallerie di tipo intermittente, ad esempio, consentono prove di breve durata, dell'ordine di secondi o anche meno. Quelle a funzionamento continuo, invece, consentono prove di lunga durata. C'è anche una classificazione in base alla velocità che si può raggiungere nelle prove. Si avranno così gallerie subsoniche, transoniche, supersoniche e ipersoniche. Le esperienze vengono eseguite nella cosiddetta camera di prova, che è un tronco del condotto di dimensioni limitate, in cui la corrente che percorre la galleria raggiunge le massime velocità.


DEMOGRAFIA ITALIANA Ma siamo troppi o troppo pochi?
Autore: DIDIMO

ARGOMENTI: DEMOGRAFIA E STATISTICA
NOMI: EMANUEL GUGLIELMO, PANNUNZIO MARIO, SALVEMINI GAETANO
LUOGHI: ITALIA

ATTUALMENTE in Italia il numero dei nati, anno per anno, uguaglia sup-pergiù quello dei morti: di modo che la popolazione resta all'incirca uguale, forse decresce un po'. In passato l'Italia conobbe, fra il '35 e il '47, alcuni dei più grossi guai della sua storia, con una guerra combattuta su quasi l'intero territorio, morti in battaglia e per bombardamenti, deportati e prigionieri di guerra che non fecero più ritorno, perdite del territorio a Est come a Ovest, allontanamento durevole degli uomini dalle famiglie. Eppure, fra tanti mali, la popolazione si accrebbe, in quel periodo, dai 42 ai 45 milioni. Nel dopoguerra si ebbero incrementi annui (eccedenze dei nati sui morti) cospicui: fin di mezzo milione, con una media di 350 mila. In quegli stessi anni soffrimmo per la penuria di abitazioni: molti vivevano in grotte, baracche, casoni; più di tre milioni furono costretti a fastidiose coabitazioni. Penosa l'insufficienza di alimenti; alto il numero dei disoccupati. Col tempo si è avuta via via una contrazione della crescita demografica. Prima causa di ciò, il miglioramento economico: la povertà favorisce le nascite, la ricchezza o il benessere ha un effetto contrario. Parrebbe assurdo, ma tutti sappiamo delle proliferazioni dissennate dei luoghi più miseri del mondo. Negli anni del dopoguerra, l'idea che molti mali del nostro Paese derivassero dall'essere gl'italiani troppi, rispetto alla terra abitabile e alla molta povertà, indusse alcuni a ritenere fosse utile e giusto promuovere, da noi, il controllo delle nascite; abolendo certe norme di legge che vietavano fin di discorrere di cose come queste (articolo 553 del codice penale Rocco). Fu battaglia: chi scrive questa nota vi prese parte. Ci aiutò Guglielmo Emanuel, allora direttore del Corriere della Sera, che non aveva paura delle idee e accolse volentieri nostri scritti. Il successore di lui alla direzione del quotidiano ebbe fama di maestro di giornalismo; ma questa fu l'esperienza da noi fattane, che proibì subito quell'argomento. Nell'esprimere questi e altri veti, egli guardava a terra, tenendo una mano entro l'altra, quasi pensando a ragioni profonde sue, come sepolte sotto il pavimento. Altro aiuto avemmo da Mario Pannunzio, direttore de Il Mon do. Un lungo articolo comparso su quel foglio prestigioso, «I Figli della Fame», fu occasione che un gruppo di persone si radunassero a Milano in un'associazione, avente per oggetto di promuovere un responsabile e volontario controllo delle nascite. Sorsero poi altri gruppi con intenti analoghi e una vasta costellazione di consultori un po' in tutto il Paese. Amici, illustri e modesti, si raccolsero e incontrarono in quella iniziativa. Tra le persone di alti meriti (ci dispiace di non poterli menzionare tutti), ricordiamo Adriano Olivetti, che fu largo di aiuti; ed era uno di quei rari uomini cui è facile perdonare la ricchezza, tanto generoso candore, tanta signorilità egli usava nel fare il bene; Gaetano Salvemini, che andammo a cercare a Firenze, dove - dopo il lungo esilio - egli insegnava, e lo trovammo in sessione di laurea, insieme con altri accademici, dove un laureando illustrava una sua tesi su Fracastoro. Non osando importunarlo, gli facemmo recapitare da un bidello un foglio col programma della nostra associazione. Lo lesse con lentezza e attenzione, poi prese una penna, scrisse su qualcosa e riconsegnò il foglio al bidello, che lo riportò. C'era scritto «Aderisco, Gaetano Salvemini». Incontrammo tempo dopo quell'uomo esemplare, quando, su sua proposta, si fondò a Milano un'Associazione per la libertà religiosa. Molto è cambiato da allora; ma ancora oggi si soffre da noi, come quasi in tutto il mondo, di disoccupazione, povertà, ignoranza (effetti ritardati di una numerosità eccessiva). Non è un grande male che quella crescita, di decenni addietro, sia cessata. Didimo


STRIZZACERVELLO Numeri sferici
ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA

Fra le specie numeriche più curiose ci sono i numeri sferici. Sono numeri che, al quadrato, terminano con le stesse cifre del numero dato. Ad esempio sono sferici 5, 6, 25 perché: 52=25 62=36 252=625 Saprebbe il lettore trovare altri numeri sferici, aiutandosi nei calcoli con una calcolatrice? La risposta domani, nella pagina delle previsioni del tempo.


LA PAROLA AI LETTORI Un barometro, e l'altezza la calcoli da solo
LUOGHI: ITALIA

Quando e come è stata mi surata l'altezza delle mon tagne più alte del mondo? Fino a qualche anno fa lo strumento universalmente usato per calcolare l'altezza delle montagne sul livello del mare era il barometro. Esso veniva tarato ai piedi della montagna prima di partire, poi si misurava la differenza di pressione una volta arrivati in vetta e con una semplice formula tale differenza veniva trasformata in metri. Questo procedimento era però impreciso in quanto risentiva delle condizioni di pressione atmosferica che inevitabilmente mutavano durante l'ascesa. L'innovazione in questo campo è oggi rappresentata dalla misurazione satellitare, usata per la prima volta nell'86 per il K2. Essa si avvale di una rete di 24 satelliti GPS in orbita permanente, i quali emettono onde elettromagnetiche. Una serie di ricevitori posti in alcuni punti-chiave (la vetta e le valli circostanti) sono in grado di calcolare latitudine, longitudine e quota delle montagne, con una misurazione di «rete» estremamente precisa. Attilio Novelli Pescara Le vette delle montagne più alte della Terra sono state misurate solo quando l'uomo è riuscito a conquistarle. Per farlo, sono stati usati gli altimetri, collocati sulla vetta più alta. L'altimetro più semplice è il barometro metallico aneroide che porta, accanto alla scala delle pressioni in millimetri di mercurio o millibar, una scala delle altezze tarata in metri o in piedi. La pressione atmosferica diminuisce al crescere dell'altezza sul livello del mare, ma le variazioni di pressione non sono esattamente proporzionali alle variazioni di quota, perché intervengono fattori variabili come i valori locali della temperatura o dell'umidità dell'aria e la distribuzione dei valori di pressione in superficie. Su principi diversi funzionano il radioaltimetro e il radaraltimetro. Antonio Pizzigallo Martina Franca (TA) E' vero che si può allunga re la vita delle pile tenen dole nel frigorifero? E' vero: il freddo rallenta il fenomeno negativo della polarizzazione chimica, sempre presente in una pila (a secco o a umido), che a lungo andare causa il suo scadimento, ancorché mai utilizzata. Costantino Pantaloni Colleferro (Roma) Sicuramente la differenza di potenziale che possiamo misurare ai capi di una comunissima pila è dovuta a una reazione di tipo chimico che avviene fra due sostanze diverse, a seconda del tipo di pila presa in considerazione. Poiché ogni reazione chimica è governata da una legge che, esprimendo la cinetica di reazione, ci dice che la velocità di reazione è legata alla temperatura di lavoro (in questo caso, quella dell'ambiente), possiamo dedurre che nel frigorifero la reazione ci mette più tempo a esaurirsi e di conseguenza si allunga la vita della pila. E' ovvio che appena si torna alla temperatura ambiente, la velocità di reazione torna quella iniziale. Alberto Ferraro, Pisa Perché, se un dente ottura to viene a contatto con un pezzetto di argento, provo una sensazione dolorosa? Quando l'otturazione del dente viene fatta con un materiale metallico (ad esempio, amalgama d'argento) e viene portato alla bocca un altro metallo (ad esempio una posata d'argento), nel cavo orale si forma una cella galvanica - una pila - dove i due elettrodi sono i due metalli e l'elettrolito è la saliva. Il flusso di corrente che si viene a creare è proporzionale alla differenza di elettronegatività dei metalli e alla loro massa, ma inversamente proporzionale alla loro distanza. Ponendo l'oggetto metallico a diretto contatto con l'otturazione, il passaggio di corrente da un metallo all'altro, e di conseguenza al dente, determina l'eccitazione delle fibre nervose del tessuto pulpare presente nel dente stesso. Tali fibre nervose non sono in grado di discriminare il tipo di sensazione, quindi stimoli come freddo, caldo, azione meccanica o - come in questo caso - elettrica, vengono avvertiti come dolore. Paolo Lo Giudice Torino


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA

Q - Perché il buco dell'ozono è particolarmente accentuato sopra l'Antartide? Q - Perché il freddo fa screpolare le mani? Q - E' vero che nel frigorifero si raffredda prima l'acqua calda di quella fredda? E se sì, perché? _______ Risposte a «La Stampa-Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011-65.68.688


INVERNO NEL BOSCO Alberi, la chimica del riposo «Programma» regolato sulla durata dei giorni
Autore: GRANDE CARLO

ARGOMENTI: BOTANICA, LIBRI
NOMI: REISIGL HERBERT, KELLER RICHARD (AUTORI)
ORGANIZZAZIONI: ZANICHELLI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: «Guida al bosco di montagna»

I primi freddi innescano negli alberi una serie di processi fisiologici che preparano le piante al riposo invernale: l'albero smantella l'apparato clorofilliano e trasforma l'amido delle foglie in zucchero, che però non viene tutto immagazzinato come riserva di energia. Quello che ristagna nelle foglie si combina con i residui di clorofilla, dando origine ai colori più vari e affascinanti. Il «programma», poi, ordina alle foglie di staccarsi, provocando il blocco degli ormoni della crescita (le auxine) e disattivando le cellule proprio nel punto in cui il picciolo si stacca dal ramo. Il tutto è completato dalla produzione di un idrocarburo, l'etilene, che accelera l'appassimento dei tessuti e fa curvare gli steli. Per mettersi a riposo, però, la pianta non valuta solo le variazioni termiche, l'umidità atmosferica, la qualità del suolo: il vero fattore che controlla la quiescenza invernale è la lunghezza del giorno, ovvero la durata dei periodi di luce e di buio, a sua volta correlata con la temperatura media. Se il clima fosse l'unico fattore, un temporaneo innalzamento della temperatura (una giornata di foehn in alcuni versanti alpini, ad esempio), renderebbe gli alberi troppo sensibili al freddo, causando loro gravi danni. I meccanismi di sopravvivenza vegetale in alta quota sono un problema scientifico particolarmente interessante: nei boschi di montagna, estrema frontiera per le piante di alto fusto, dominano alberi come il larice e il cembro, abituati alle condizioni più difficili. Il cembro, spesso l'ultimo avamposto arboreo prima dei pascoli, d'inverno resiste a temperature di -40o; il mugo e l'abete rosso di -35o. La resistenza al freddo, spiegano Herbert Reisigl e Richard Keller nella Guida al bosco di montagna, appena pubblicata da Zanichelli, varia con le stagioni. D'estate il cembro può subire danni già a -6o: la sua resa fotosintetica ottimale è attorno ai 10-15o, ma l'assimilazione di anidride carbonica si ferma solo a -4o, cioè quando l'acqua nei vasi degli aghi comincia a gelare. Il faggio invece è molto più sensibile al freddo. In pieno inverno i ricercatori hanno osservato esemplari a 1500 metri di quota che sopportano anche -30o; in marzo e aprile, viceversa, la soglia massima non scende sotto i -10o. Il faggio quindi è molto sensibile alle gelate tardive, di primavera, che «bruciano» i germogli. D'inverno i danni più gravi, specialmente alle conifere, non sono recati dal freddo (anche se le gelate possono danneggiare l'attività fotosintetica), quanto dal disseccamento: in quella stagione il suolo gelato impedisce l'assorbimento dell'acqua, mentre sui rami più alti, non riparati dalla neve, gli aghi sono indotti a traspirare per effetto del vento. Questo può compromettere a tal punto il bilancio idrico della pianta da causare la morte degli aghi e di interi rami. Tra gli «stress» che limitano la vita degli alberi in alta montagna (oltre un humus molto più grezzo, biologicamente meno attivo), c'è anche l'inquinamento. In Austria, spiegano gli autori, il 60% degli alberi soffre per questo motivo: chiome diradate, aghi che cadono, rallentamento della crescita. Ma l'ambiente montano è minacciato soprattutto dal «genocidio delle specie», come segnala una recentissima e preziosa ricerca della Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) finanziata dalla Fondazione Bristol di Zurigo. E' un lavoro d'avanguardia, che ha prodotto un'impressionante «lista rossa» con centinaia di specie in pericolo di estinzione in Francia, Svizzera francese, Valle d'Aosta, Slovenia, Alpi bavaresi e Austria. «Sta scomparendo un immenso patrimonio biologico e culturale», spiega Piero Belletti di Pro Natura, responsabile della Cipra in Italia. Tra i vegetali a rischio ci sono gelsi, castagni, vitigni, decine di ortaggi, cereali, piante aromatiche e medicinali. Tra gli animali l'asino provenzale, il cane da pastore savoiardo, il pastore bergamasco, la pecora di Roccaverano, la capra istriana, ad esempio. O il cavallo «samolaco», piccolo equino da lavoro, di cui resistono un centinaio di capi in quel di Chiavenna e la mucca «Tarina» o «Savoiarda», solo più sei capi in Val Pellice. La scomparsa delle vecchie varietà e razze procede a un ritmo inarrestabile, nonostante associazioni come il «Museo di Archeologia arborea» a Città di Castello o la milanese «Pomona», che conserva la frutta antica. E per ogni specie che se ne va diventiamo più poveri, biologicamente e culturalmente. Carlo Grande


HELICOBACTER PYLORI Quell'elusivo legame tra un microbo e l'infarto
Autore: VERME GIORGIO, PONZETTO ANTONIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: BIZZOZZERO GIULIO, RAPPUOLI RINO, MORGANDO ANNA, CANINO VITTORIO
LUOGHI: ITALIA

DALLA prima segnalazione della presenza di un germe nello stomaco umano (dovuta a Giulio Bizzozzero: siamo nel 1883) fino a pochi anni fa, nessuno ha dubitato che un ospite come l'Helicobacter pylori potesse essere correlato a patologia infiammatoria ulcerosa e neoplastica dello stomaco, e persino all'infarto del miocardio. Oltre duemila ricerche eseguite tra il 1983 e il 1995 testimoniano oggi la rilevanza che il mondo scientifico attribuisce a questo batterio in quanto «associato» alle malattie appena ricordate. L'Helicobacter pylori vive nello stomaco di metà della popolazione dei Paesi industrializzati. Poiché solo il 6 per cento della popolazione è malata di ulcera duodenale, e solo in certi mesi, è evidente a chiunque che «associato a» non significa costante rapporto di causa-effetto tra il batterio e la patologia gastrica o del miocardio. Miliardi di batteri vivono con noi sulla cute come nel tubo digerente, e sappiamo per quotidiana esperienza che non fanno nulla di male se non in casi particolari. Anche per l'Helicobacter pylori è così: vive nello stomaco, dove non causa danni; ma in determinate condizioni alcuni ceppi batterici sono in grado di moltiplicarsi attivamente e di indurre malattie. A Torino, dal 18 al 22 novembre, duemila gastroenterologi riuniti al Lingotto discuteranno questo tema in molte sedute del Congresso nazionale di patologia digestiva. Il primo problema affrontato è quello riguardante il ceppo batterico: alcune famiglie di Helicobacter pylori possono produrre una citotossina vacuolizzante che è stata identificata da un gruppo di ricercatori italiani che fanno capo a Rino Rappuoli di Siena. Lo stomaco, quando è colpito da questa tossina, richiama in gran numero globuli bianchi, che sono tra le più importanti difese dell'organismo contro i batteri, specialmente là dove i microbi sono riusciti a causare danni. I globuli bianchi per distruggere i microbi attivano i loro meccanismi, e fra questi i «radicali di ossigeno», gli stessi liberati dall'acqua ossigenata che usiamo per disinfettare. Tutto questo ossigeno nascente è destinato a uccidere gli Helicobacter pylori, ma purtroppo danneggia anche le cellule dello stomaco, in particolare se queste non hanno sufficienti riserve di antiossidanti naturali (per esempio vitamina C e vitamina E). Questo danno, e la morte successiva delle cellule gastriche con presenza di molti globuli bianchi, è la «gastrite». Le cellule morte, come avviene in tutte le forme viventi, sono sostituite con rapidità da nuove cellule. Ma se un fenomeno di questo tipo dura molti anni può portare all'assottigliamento della mucosa gastrica per riduzione del numero totale delle cellule vive: questa situazione è la gastrite atrofica. Minore è il numero delle cellule presenti, maggiore sarà lo stimolo alla produzione di più e più cellule allo scopo di riportare il numero totale alla normalità. La gastrite atrofica è quindi una fase di riproduzione cellulare enormemente aumentata, accompagnata dalla morte continua di cellule danneggiate. Come tutti sanno, quando si lavora in fretta si lavora peggio. Le cellule frettolose commettono degli errori; se c'è tempo, tutti gli errori vengono corretti da un meccanismo automatico presente nel nucleo della cellula; ma dopo 30-40 anni di lavoro, anche i migliori meccanismi possono incepparsi, e qualche errore può trasmettersi per sempre nelle nuove cellule. Se queste cellule si sono svincolate dai meccanismi di controllo, continueranno a dividersi e a moltiplicarsi: siamo di fronte alle atipie cellulari, quella condizione nota a tutti come «cancro» dello stomaco. Perché questo accada occorrono ovviamente più fattori: a) l'infezione cronica da parte di ceppi «cattivi» di Helicobacter pylori; b) 30-34 anni di infiammazione cronica dello stomaco; c) la mancanza di antiossidanti naturali; d) un errore dei sistemi di correzione naturali. Di più difficile e non certa spiegazione è la recente associazione tra infarto del miocardio e Helicobacter pylori dimostrata da un gruppo del St. Georgès Hospital di Londra e confermata da noi stessi di recente (Anna Morgando e altri, in «The Lancet», 27 maggio 1995). L'aumento sia dei globuli bianchi sia del fibrinogeno (una delle proteine necessarie a far coagulare il sangue) è frequente durante l'infezione da Helicobacter Pylori e potrebbe spiegare un certo numero di infarti proprio a causa dell'aumento della coagulabilità del sangue. Anche la ben nota presenza di ostruzioni nei vasi che portano all'ulcera, dimostrata in reperti operatori da Vittorio Canino nel 1976, potrebbe essere correlata alla dimostrazione di una frequenza di malattia coronarica nel maschio con ulcera peptica da quattro a sei volte superiore rispetto alle persone senza ulcera. Giorgio Verme Antonio Ponzetto Dipartimento di gastroenterologia Ospedale San Giovanni Battista, Torino


IN BREVE Medaglia Wick a Yoichiro Nambu
ARGOMENTI: FISICA
NOMI: NAMBU YOICHIRO
ORGANIZZAZIONI: UNIVERSITA' DI CHICAGO
LUOGHI: ITALIA

A Yoichiro Nambu, dell'Università di Chicago, è stata assegnata la «Medaglia Wick» per il 1995, prestigioso riconoscimento istituito in memoria del grande fisico torinese.


IN BREVE Università dello spazio aperte le iscrizioni
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, DIDATTICA
NOMI: PERINO MARIA ANTONIETTA
ORGANIZZAZIONI: INTERNATIONAL SPACE UNIVERSITY, ALENIA SPAZIO
LUOGHI: ITALIA

Sono aperte le iscrizioni alla nona sessione estiva dell'International Space University (a Vienna, dal 1o luglio al 6 settembre '96) e a un master in studi spaziali, della durata di un anno. Gli interessati possono rivolgersi a Maria Antonietta Perino, presso Alenia Spazio, corso Marche 41, Torino. Scadenza, 15 gennaiò 96.


IN BREVE Energie misteriose al congresso Cicap
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, CONGRESSO
ORGANIZZAZIONI: CICAP
LUOGHI: ITALIA

I guaritori, i medium e le loro presunte «energie misteriose» saranno il tema del quarto congresso nazionale del Cicap, Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, che si terrà a Macerata dal 17 al 19 novembre.


IN BREVE Bocca ed estetica a Montecarlo
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, CONGRESSO
NOMI: RUSPA ALDO
ORGANIZZAZIONI: CENTRO CULTURALE ODONTOSTOMATOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

«Prevenzione, osteointegrazione ed occlusione» è il tema del 7o Congresso Internazionale Odontostomatologico di Montecarlo (venerdì 17 e sabato 18 novembre, Centro incontri internazionali) organizzato dal Centro Culturale Odontostomatologico di Torino presieduto da Aldo Ruspa. I relatori - provenienti da Italia, Stati Uniti, Francia, Israele e Ungheria - tratteranno le varie possibilità di ricostruzione della forma del viso tramite chirurgia e protesi, con particolare riguardo all'estetica.


IN BREVE Nuovi premi Philip Morris
ARGOMENTI: ECOLOGIA, TECNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: PREMIO PHILIP MORRIS
LUOGHI: ITALIA

Scade il 30 novembre il termine per la presentazione di progetti e idee creative per uno sviluppo compatibile con l'ambiente alla segreteria del Premio Philip Morris (via Leopardi 26, 20123 Milano, tel. 02.48.00.73.56). Quattro le sezioni: tecnologie ambientali, trasporti e traffico, tecnologie dell'informazione, tecnologie produttive. Una sezione è riservata a tesi di laurea e dottorato.


IN BREVE Marconi e la radio in videocassetta
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, VIDEO
NOMI: MARCONI GUGLIEMO
ORGANIZZAZIONI: SCIENZA & VITA
LUOGHI: ITALIA

Una videocassetta su Guglielmo Marconi nel centenario della telegrafia senza fili è allegata al numero in edicola del mensile «Scienza & Vita».




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