TUTTOSCIENZE 25 maggio 94

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GUADAGNATO UN CENTIMETRO Speranze a Pisa La Torre sta raddrizzandosi
Autore: NERI GIOVANNI

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, EDILIZIA, ARTE
NOMI: JAMIOLKOWSKI MICHELE
LUOGHI: ITALIA, PISA (PI)
TABELLE: D.
NOTE: 073

POVERA Torre di Pisa. Guarisce di qualche millimetro l'anno ma perde i pezzi, rosa dall'inquinamento e minacciata dalle erbacce. L'ultimo a cadere, in aprile, è stato il frammento di un capitello della colonna numero 11 della prima loggia: un blocco di marmo della grandezza di un mattone, subito raccolto da una guardia notturna. In piena cura di raddrizzamento (mancano due metri prima che l'asse verticale vada fuori dalla base rendendo inevitabile il crollo, ma il movimento è lentissimo, un millimetro l'anno, e i contrappesi hanno permesso di recuperare un centimetro), la Torre aspetta il giorno lontano in cui si riaprirà ai turisti e tornerà a valere l'anatema secolare per il quale gli studenti, se vogliono laurearsi, non devono toccarne mai la cima. La caduta dei frammenti preoccupa ma c'è ottimismo sul raddrizzamento. L'inclinazione è infatti la stessa di 15 anni fa grazie all'applicazione dei contrappesi e il risultato viene definito senza tanti giri di parole «insperato» dallo stesso presidente del Comitato internazionale di esperti che ha preso in cura il monumento, Michele Jamiolkowski, del Politecnico di Torino. Il quadro è così positivo che a Pasqua è stato possibile a far suonare di nuovo le campane, che erano mute da due anni: da quando cioè fu scoperto che anche le loro vibrazioni potevano pregiudicare la stabilità del monumento. «Dall'inizio dell'anno - spiega Jamiolkowski - la Torre si è raddrizzata di due millimetri e la pendenza si è ridotta complessivamente di un centimetro e mezzo rispetto al giugno del 1993 quando vennero messi i contrappesi. Entro la fine dell'anno si dovrebbe guadagnare ancora qualche millimetro, poi l'opera di raddrizzamento dovrà essere interrotta». Difficile dire che cosa succederà a questo punto. Quasi certamente il risultato raggiunto potrebbe spingere il comitato a prendere in maggior considerazione l'ipotesi dell'applicazione dei 10 ancoraggi, ma potrebbe anche essere adottata la via della sottoescavazione - cioè togliere terreno dalla parte opposta alla pendenza - o della subsidenza, agendo sulla falda freatica sottostante. Ancor meno è stato deciso per i visitatori. La Torre, chiusa quattro anni fa durante una diretta tv condotta da Raffaella Carrà, continua ad attirare migliaia di turisti che devono accontentarsi di guardarla con il naso in su: il comitato che dirige i lavori non si è ancora espresso sulla possibile data di riapertura. La caduta dei pezzi del capitello ha creato molto allarme. Se è vero che non è stato nulla di grave, è vero anche che quel pezzo di marmo ha confermato un timore: cioè che da quando la Torre è stata chiusa la manutenzione non sia più quella di prima. I controlli continuano ad essere eseguiti con rigore, ma il fatto che i guardiani non accompagnino più i visitatori, ne ha ridotto il numero e la frequenza. C'è poi anche un altro aspetto che preoccupa: la manutenzione delle parti restaurate. A ben vedere, il monumento è tutto ritoccato e ovunque, da anni, sono state installate cerchiature e perni per evitare che i pezzi di marmo si stacchino. Colpa dell'inquinamento che sfalda il marmo, ma colpa, dicono in molti, anche delle piante che si insinuano tra le fessure, anche se il presidente dell'Opera della Primaziale, il professor Ranieri Favilli, lo esclude seccamente. «Non credo che la caduta dell'ultimo frammento sia da imputare all'azione delle erbacce. Il pezzetto di capitello era molto esterno, per cui poteva sfuggire al controllo dei sorveglianti. Fra l'altro la parte dove è avvenuto il distacco non subisce nemmeno l'azione di lavaggio naturale a cui viene sottoposto l'altro lato: risulta così aggredita dallo smog e dai licheni che da tempo sono annidati sui monumenti della piazza e questo peggiora senz'altro la situazione». Ci sono poi anche altri problemi. Come quello dell'originalità dei pezzi. «Nella parte esterna della Torre, soprattutto per quel che riguarda i colonnati, alcuni pezzi non sono originali e due capitelli per esempio - racconta ancora Favilli - sono custoditi in altrettanti musei: uno in quello dell'Opera, l'altro in un museo privato. Come mai? Chissà cosa accaddeva duecento-trecento anni fa. Fatto sta che addirittura alcune colonne sono finite chissà dove e ho sentito dire che tantissimo tempo fa si provò a ricomprare un originale: la cifra richiesta però fu così esosa che fu impossibile arrivare ad un accordo». Il problema principale resta però quello della stabilità. «La situazione statica della torre - spiega il professor Luca Sanperolesi ordinario di Tecnica delle costruzioni all'Università di Pisa - non lascia del tutto tranquilli. E' vero, non esiste alcun elemento concreto che ci faccia considerare imminente il pericolo del crollo, ma il guaio è che può anche non accadere nulla di particolare che lo faccia prevedere». Dai primi del Novecento e soprattutto negli ultimi cinquant'anni, i rapporti sulla condizione della Torre hanno riempito intere biblioteche. Formule, equazioni e grafici che hanno preso in esame milioni, anzi miliardi di variabili che neppure i computer del Cnr riescono a sintetizzare in una previsione che indichi con certezza l'istante del collasso. Per questo, mentre vanno avanti i lavori di raddrizzamento, al primo piano del campanile continua a funzionare una centrale di allarme alla quale fanno capo le centinaia di sensori distribuiti nei punti critici. I dati vengono confrontati ventiquattro ore su ventiquattro con una seconda centrale dove un ingegnere capo, quattro funzionari e tre tecnici sono a loro volta in contatto con un gruppo di studio dell'Istituto di geodesia e fotogrammetria dell'Università di Pisa. Quest'ultimo staff ha il compito di gestire altri sensori che rilevano ogni dato relativo all'umidità del terreno e al livello della falda. Una maggiore o minore percentuale d'acqua incide infatti notevolmente sulle condizioni statiche della Torre e - dice uno di questi esperti - «C'è un punto di viscosità del terreno oltre il quale si aggrava il pericolo di slittamento. Ma anche una eccessiva secchezza è pericolosa, perché con la siccità il terreno diventa più fragile e più sottile e aumentano i pericoli di sprofondamento». Solo questi i guai della Torre? No; a complicare le cose oltre allo sprofondamento c'è anche una tendenza alla rotazione. Come dire che per di più il campanile cerca di avvitarsi lentissimamente su se stesso. Giovanni Neri


LA STORIA Otto secoli nel timore di un crollo
AUTORE: G_N
ARGOMENTI: TECNOLOGIA, EDILIZIA, ARTE
LUOGHI: ITALIA, PISA (PI)
NOTE: 073. Torre

PENDE da otto secoli, esattamente dal 9 agosto del 1173. Cinquantasei metri e 70 centimetri di altezza, 14.486 tonnellate di peso, diametro massimo alla base di 19 metri e 58 centimetri, sei loggiati ciascuno su 30 colonne per altrettanti archi, la Torre di Pisa nel 1988 aveva visto 749 mila visitatori salire i 293 gradini che portano alla cella campanaria. Un flusso (anche di denaro) interrotto bruscamente dalla chiusura. L'idea di raddrizzarla è vecchia. Se nella prima metà dell'800 molti autorevoli studiosi sostenevano la singolare teoria secondo la quale l'inclinazione sarebbe stata deliberatamente voluta e non provocata dal cedimento del terreno, il crollo del 1902 del campanile di San Marco, a Venezia, fece capire che anche la Torre di Pisa poteva rischiare grosso. I progetti si sono sprecati. Da quello del 1292, quando l'Opera del Duomo ordinò a due architetti, Giovanni di Nicola e Guido di Giovanni di Simone, di misurarne la pendenza, si è arrivati in tempi recenti alla torre speculare di Andrzey Wantuch, un polacco di Cracovia secondo il quale si sarebbe dovuto costruire una seconda torre, diritta, in modo da farvi appoggiare la prima «come un ubriaco si appoggia alla spalla dell'amico sobrio». Canadese invece l'idea di una specie di albero della cuccagna, con tre piattaforme circolari a sostegno della torre dal lato di massima pendenza, mentre altri piani prevedevano rispettivamente lo smontaggio pietra per pietra e il rimontaggio su un terreno solido o l'installazione di tiranti d'acciaio: proprio come volevano fare Tognazzi e soci in un film della serie «Amici miei». (g. n.)


APPUNTI PER IL GOVERNO Scienza, cenerentola d'Italia Dalla Francia un buon esempio (per ora ignorato)
Autore: BADARIDA FEDERICO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, APPELLO, GOVERNO
NOMI: ALBERT GUY
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 073

E' difficile dare una definizione di ricerca scientifica. Le idee sono spesso discordanti e lo sono ancora di più quando si parla di organizzare e coordinare la ricerca scientifica nell'università, nell'industria, negli enti preposti. E non parlo dell'Italia. Chi si occupa di queste cose l'avrà capito, parlo della Francia, dove si è da poco tenuta a Parigi la «Consultation nationale sur les grands objectifs de la recherche francaise». E' utile paragonare l'iniziativa dei nostri cugini con ciò che si fa da noi. Credo che il ruolo di un convegno di questo tipo possa essere definito (parafrasando Isaac Asimov) come l'esplorazione del territorio scientifico che si stende davanti a noi, in modo che nel nostro viaggio lungo il tempo possiamo farci un'idea più chiara dei nostri obiettivi e di ciò che invece dobbiamo evitare. Guy Albert, direttore della Scuola normale superiore di Lione, ha presentato al convegno di Parigi un rapporto di sintesi con i risultati dei colloqui regionali tematici e le reazioni e le proposte suscitate negli ambienti scientifici. La sintesi è articolata in cinque punti. 1) La ricerca fondamentale in Francia è organizzata tra organismi pubblici e università (anche da noi); è razionale mantenerla così senza «ridondanze tematiche» ma senza fusioni cercando di favorire la mobilità delle carriere. Se si guarda al mondo anglosassone quest'ultimo è già un fatto acquisito. 2) Non si può pretendere che tutti facciano ricerca di livello elevato in termini di notorietà o di trasferimento verso l'economia. Individuate le «nicchie di eccellenza» dovranno essere sovvenzionate di più rispetto alle altre. Di finanziamenti a pioggia, che sono uno spreco e un male della ricerca italiana, non si parla neanche. 3) Le reazioni tra ricerca e industria non possono essere strutturate in modo univoco ma, pragmaticamente, secondo i casi. 4) Il sistema educativo deve rivalutare lo spirito creativo (rivalutarlo; perché crearlo non si può). Non si devono tagliare la ricerca metodologica e la storia della scienza. Si raccomanda altresì l'insegnamento umanistico anche per gli ingegneri. E sarà bene, malgrado le reticenze, sviluppare la «formazione continua diplomante», che è più di un semplice aggiornamento. 5) Sull'informazione scientifica e tecnica è importante mettere i risultati della ricerca in una forma accessibile a tutti gli ambienti socioeconomici seguendo modalità accuratamente studiate. Questo il programma. Messo così sembra molto chiaro, ma non lo è. Strutturare la ricerca in un vasto piano articolato e onnicomprensivo è difficile. Individuare le linee maestre un compito arduo. Come conseguenza del lavoro che fanno, gli scienziati sono sempre stati fortemente critici e indipendenti. E difatti 1200 ricercatori hanno preparato un manifesto molto duro verso il ministro Fillon. Percy Seymour ha scritto in un suo libro: «L'etica accademica in genere incoraggia il dissenso». Jean Pierre Chevenement, qualche anno fa ministro del governo socialista francese, aveva fatto un'inchiesta simile, ai suoi tempi molto contestata, ma aveva avuto il buon senso di accettare quello che poteva essere considerato da entrambe le parti un miglioramento. L'attuale ministro dell'insegnamento superiore e della ricerca monsieur Fillon (riporto il commento di Le Monde) «non ha l'audacia del suo predecessore e la sua grande consultazione nazionale rischia di brillare più per il suo conservatorismo che per una democrazia vivace». Da uno schema calato dall'alto che ha dimenticato o rifiutato il contributo critico dei veri ricercatori c'è il rischio che nasca una ricerca sclerotica. Lo stesso atteggiamento critico si era avuto in Gran Bretagna alla pubblicazione del libro bianco per la scienza da parte del ministero per la ricerca nel 1993. Lo scontento dei ricercatori inglesi era stato riassunto nel commento feroce: «Finalmente! Tutto questo programma potrà servire a decidere in che senso ordinare le sedie a sdraio sul ponte del Titanic». Da noi in Italia che cosa succede? Non molto, per la verità. Di riunioni per fare il punto sulla situazione e dare un minimo di indirizzo e una parvenza di organizzazione onde (almeno) evitare sprechi, non si parla. Ci sono per fortuna isole esemplari, nella fisica per esempio, ma non sono molte. Vedremo che cosa farà il governo Berlusconi. Ma manca una base da cui partire. In Francia, in Gran Bretagna, in Olanda, fino alla Cina e al Giappone, nella scienza la gente crede, e di conseguenza ci crede la classe politica. Non è così in Italia. Un mio collega, ottimo ricercatore e un poco cinico, ha definito la ricerca nella nostra università come la produzione di stampati che nessuno legge, tranne al momento dei concorsi a cattedra. Ma forse scherzava. Federico Bedarida Università di Genova


FRANCO MALERBA L'orbita è l'Europa Un astronauta in politica
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, CANDIDATI, POLITICA
NOMI: MALERBA FRANCO
ORGANIZZAZIONI: FORZA ITALIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

IL 31 luglio 1992 Franco Malerba diventava il primo astronauta italiano: a bordo dello shuttle Atlantis fu lui a manovrare il Tethered, più noto come il «satellite al guinzaglio». Ora Malerba, 47 anni, si lancia verso l'orbita del parlamento europeo, candidato nelle liste di Forza Italia. Sarà dunque lui a rappresentare la ricerca spaziale italiana a livello europeo, e quella europea nel mondo. Ma quali opportunità ci offre questo settore strategico per la scienza, la tecnologia e l'industria? «Le opportunità sono diverse e riguardano il futuro prossimo e quello più lontano - dice Malerba - a cominciare dal prossimo volo del Tethered previsto per marzo '96. La missione subirà alcune piccole modifiche. Non vi saranno più due squadre ad alternarsi 24 ore su 24, ma un unico gruppo polivalente di sette astronauti, due dei quali dovrebbero essere i ricercatori di bordo, i payload specialist. Queste condizioni sono state espressamente richieste dal direttore del primo volo Chuck Shaw e dall'astronauta americano Jeff Hoffmann, che fu il nostro comandante scientifico di bordo. Entrambi ricopriranno gli stessi ruoli e la loro richiesta di due uomini-tethered anziché uno, favorisce il ruolo dell'Italia». «Abbiamo già visto in precedenti missioni Spacelab» - prosegue Malerba - volare coppie di ricercatori dello stesso Paese. Le missioni Tethered sono considerate ad alto profilo nell'ambito del programma Shuttle, specie dal lato scientifico: l'ideale sarebbe che sul prossimo volo gli italiani fossero due: oltre a Umberto Guidoni, che fu la mia riserva, Shaw e Hoffmann chiedono di avere a bordo anche un astronauta esperto. Se così fosse, io sarei pronto a ripartire...». «Avendo già volato con la prima missione, - aggiunge Malerba - la Nasa potrebbe risparmiare il tempo e il denaro necessari per preparare nuovi astronauti a una missione così complessa. Da parte italiana, c'è da considerare il prestigio che porterebbe la presenza di ben due astronauti sullo shuttle». Nostalgia dello spazio? «Qualunque sia l'evoluzione, anche politica, della mia carriera, spero proprio di tornare nello spazio. E' un'avventura straordinaria. Soltanto chi l'ha vissuta direttamente sa quanto sia bello poterla ripetere. Comunque Umberto Guidoni merita di partire, ha fatto tanta panchina, e io so cosa significa aspettare per tanto tempo... Ma è importante che l'Asi richieda queste competenze e sfrutti questa favorevole opportunità, anche perché la stessa Nasa pare pronta ad accettarla». Oltre al volo con il Tethered, quali altre occasioni potrebbero presentarsi per gli astronauti italiani? «Ne esiste un'altra importante. L'Italia costruisce i moduli logistici che saranno parte integrante della base orbitale. L'Italia è partner diretto con la Nasa e paritetico con gli altri partner internazionali. Ma da quando l'ente spaziale americano ci ha richiesto tre moduli anziché due, e con sei scomparti per gli esperimenti scientifici al posto dei quattro previsti, si presume che debba crescere, insieme alla quantità e alle potenzialità dei moduli, anche l'opportunità di volare per gli italiani. Il vecchio memorandum d'intesa prevede che l'astronauta internazionale debba trascorrere tre mesi in orbita nel giro di sei anni. Con il nostro direttore del progetto ingegneristico dei moduli Giovanni Rum abbiamo valutato le varie possibilità, e pensiamo che l'Italia debba avere in cambio, sul nuovo memorandum, più tempo di permanenza in orbita». Solo per voli lunghi? «Rum chiederà due voli di tre mesi in sei anni, ma solleciterà anche la presenza di uno specialista di missione italiano per la missione di assemblaggio della riprogettata Space Station con il primo modulo logistico, il cui volo è previsto con la quinta missione shuttle-stazione nel 1998». Questo astronauta avrà incarichi e preparazione diversi rispetto agli uomini-tethered? «Dovrà conoscere alla perfezione il modulo, e soprattutto dovrà essere preparato non più come payload specialist ma come mission specialist. E' necessario che questo nostro astronauta, che mi auguro non sia solo, si presenti al corso che la Nasa sta preparando per gli uomini destinati alla stazione, corso che inizierà il 1 luglio 1995. Se mi candiderò? Certo! Sarei ben lieto di presentarmi, considerando che Guidoni nel '95 sarà impegnato a tempo pieno negli allenamenti per il secondo volo Tethered. Inoltre mi auguro che questa grossa occasione per l'Italia spaziale possa essere sfruttata per l'inserimento di nuovi candidati astronauti e per creare nuova occupazione in uno dei pochi settori, lo spazio, che hanno un futuro certo». Antonio Lo Campo


Scaffale Piccola biblioteca di base, Sezione «La scienza», ed. Fenice 2000
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

VOLUMI tascabili intorno alle cento pagine, ben illustrati, scritti con chiarezza: così si presenta a prima vista la sezione scientifica della «Piccola biblioteca di base» edita da Fenice 2000. I temi dei primi sei volumi: «L'evoluzione dei viventi» di Michele Sarà, «La macchina corpo» di Scibilia e Gandini, «Dall'alchimia alla chimica» di Fernando Ghisotti, «La nuova storia dell'universo» di Mario Cavedon, «Vulcani e terremoti» di Claudio Franzosi e «Luce e colori» di Enrico Miotto. Guardando dentro, più attentamente, la promessa del primo sguardo è mantenuta. Questi volumetti contenengono davvero tutto l'essenziale sull'argomento trattato; e in un'opera divulgativa di base proprio questo è l'importante: togliere tutto ciò che è troppo alla moda o troppo specialistico per dare un panorama fedele della disciplina che si affronta. L'arte di togliere, insomma, più che l'arte di mettere. Adattissimi ai ragazzi dalla media dell'obbligo in su ma anche a chiunque cerchi una prima alfabetizzazione scientifica.


AMBIENTE Po pulito con i nuovi mangimi
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ACQUA, AMBIENTE, INQUINAMENTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

ALCUNI anni fa si analizzò l'acqua del Po: se alle sue 14 bocche sfocianti nell'Adriatico si fossero poste tramogge per la selezione dei prodotti chimici disciolti si sarebbero estratte 243 tonnellate di arsenico, 65 di mercurio, 89 di nichel, 7 di pesticidi, 75 di fenoli, 64 mila di idrocarburi, 1312 di piombo. I colpevoli? Industrie, città senza depuratori e, non ultima, l'agricoltura, accusata di «concimare» troppo e di gestire male gli allevamenti di bovini e di suini. Questi ultimi sono stati oggetto di uno studio per il miglioramento delle acque da parte della Federazione europea delle industrie produttrici di additivi e premiscele per l'alimentazione animale (Fefana), rappresentata in Italia dall'Associazione nazionale dell'industria della salute animale (Aisa), Federchimica, che ha individuato proprio nelle deiezioni animali l'alta percentuale di azoto e fosforo che inquinano le acque di superficie e il terreno agricolo. L'allevamento su scala industriale degli animali ha pro e contro. All'alta produzione di carne fa riscontro l'alta produzione di escrementi, difficili da eliminare. Un loro impiego è l'utilizzo come fertilizzante, che però, essendo ricco di fosforo e azoto, inquina terreno e acque. Da qui la sensibilizzazione dell'Aisa verso gli allevatori per la riduzione degli inquinanti attraverso l'uso di nuove tecniche alimentari. La misura presa dall'Aisa, più economica e veloce, è stata quella di ridurre del 30 per cento il fosfato e l'azoto nei mangimi a favore di un uso più esteso di aminoacidi, di enzimi e di promotori di crescita. L'effetto è quasi immediato purché vengano rispettate da parte degli allevatori le norme che regolano l'utilizzo dei mangimi e lo smaltimento dei liquami. Purtroppo sono ancora molti gli agricoltori che attuano una trasformazione strisciante del tipo di allevamento: da mucche per il latte ai suini, senza prima attrezzare l'azienda agricola, con le apposite vasche di deiezione imposte dalla legge. La Pianura Padana, che una ventina di anni fa profumava di erba, ora è maleodorante proprio per l'aumento sconsiderato degli allevamenti di maiali: in Italia abbiamo 600 milioni di animali che consumano 13 milioni di tonnellate di mangimi all'anno.Pia Bassi


CONVEGNO A ROMA AI LINCEI Cercò di capire il tempo e finì suicida Boltzmann, nato 150 anni fa, fondò la fisica statistica
AUTORE: CERCIGNANI CARLO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, FISICA
PERSONE: BOLTZMANN LUDWIG
NOMI: BOLTZMANN LUDWIG
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

LO scorrere del tempo è al centro delle nostre sensazioni di consapevolezza e la sua irreversibilità è un fenomeno di cui siamo acutamente coscienti nella vita di tutti i giorni. Il tempo scorre e non può essere percorso all'indietro. Questo vale non solo per gli esseri viventi, ma anche per gli oggetti di dimensioni macroscopiche. Tutte le volte che si proietta un film a rovescio si suscita ilarità. E non solo perché le persone camminano all'indietro. Pensiamo per esempio a una tazzina di caffè che cade e si rompe spargendo a terra il suo contenuto. In un film proiettato al contrario si vedrebbero i cocci e il liquido ricomporre la tazza col caffè dentro, che salirebbe di nuovo sul tavolo. Lo strano è che tutte le leggi della fisica sono simmetriche rispetto all'inversione dello scorrere del tempo; la tazzina che si ricompone e risale non viola alcuna legge della meccanica. Il primo a spiegare questo paradosso fu il fisico viennese Ludwig Boltzmann, di cui si celebrano i 150 anni dalla nascita con un convegno che si svolgerà da oggi a sabato 28 maggio a Roma presso l'Accademia dei Lincei. La fama di Boltzmann, nato a Vienna nel 1844 e morto suicida a Duino nel 1906, è legata a due contributi alla fisica: l'interpretazione della nozione di entropia come una misura matematica del «disordine» degli atomi, e l'equazione detta, appunto, «di Boltzmann». Questa equazione descrive le proprietà statistiche d'un gas di molecole ed è storicamente la prima equazione che regola l'evoluzione di una probabilità e (con le sue successive estensioni) ha grande importanza per le applicazioni all'aerodinamica delle navette spaziali, ai reattori nucleari a fissione e a fusione, allo studio delle atmosfere stellari, al progetto di chip di semiconduttore per calcolatori. Da questa equazione Boltz mann ricavò appunto una dimostrazione dell'irreversibilità dei fenomeni macroscopici. E' la diversità di scala fra gli oggetti, che osserviamo nella vita di tutti i giorni, e le molecole a spiegare l'irreversibilità attraverso le leggi del calcolo delle probabilità. Infatti un numero enorme di molecole (quelle del caffè e della tazza) ha un numero incredibile di interazioni (urti) in una dinamica che si svolge a distanze piccolissime (un milionesimo di millimetro, diciamo). Esiste un numero eccezionalmente grande di possibili successioni di interazioni (impercettibilmente diverse tra loro) che descrivono la caduta possibile e la rottura della tazzina, mentre ne esiste sostanzialmente una sola che descrive il processo inverso (in cui ogni impercettibile differenza cambierebbe l'intero andamento del fenomeno. E' vero che il pavimento e i pezzi hanno ricevuto nell'urto una quantità d'energia che sarebbe esattamente quella necessaria per ricomporre la tazza, farvi ritornare il caffè e farla risalire sul tavolo. Ma questa energia, data agli atomi in forma irregolare, disordinata, non dà luogo a movimento macroscopico, ma solo a un riscaldamento. Bisognerebbe che ogni singolo atomo desse proprio in un certo modo un colpetto ben mirato alla tazzina per osservare il processo che ci fa ridere nel film proiettato a rovescio. Noi non osserviamo mai certe stane cose non perché sono impossibili, ma solo perché sono estremamente improbabili. Un tempo, il fatto che non si osservassero certi fenomeni era ascritto alla loro impossibilità, sancita dal famoso secondo principio della termodinamica. Al giorno d'oggi, seguendo Boltzmann, riteniamo che questo principio affermi solo l'improbabilità estrema di questi eventi. Per chiarire quanto siano improbabili è stato inventato un bel paragone: potrebbe succedere che l'acqua di una pentola messa sul fuoco non si scaldi, ma questo sarebbe ancora più improbabile di un altro fatto, cioè che una scimmia, battendo a caso sui tasti di un computer, scrivesse esattamente il testo della Divina Commedia da «Nel mezzo del cammin.. .» fino a «...che muove il Sole e l'altre stelle». La misura termodinamica del livello di probabilità di uno stato macroscopico è descritto dalla variabile entropia, legata alla probabilità dello stato microscopico da una relazione trovata da Boltzmann (non la suddetta equazione omonima!), che si trova incisa sulla sua tomba. Anziché di probabilità si può parlare di disordine degli atomi, perché gli stati disordinati equivalenti sono tanti e quindi osservarne uno è altamente probabile. Il secondo principio della termodinamica, e la teoria di Boltzmann, ci dicono che l'entropia, cioè il disordine, dell'universo tende sempre ad aumentare. Naturalmente si può farla diminuire in qualche zona pur di farla aumentare ancor più in un'altra. Queste cose hanno a che fare con la nostra vita più di quanto si possa pensare. Infatti, come dice Boltzmann: «La lotta universale per l'esistenza degli esseri animati non è quindi una lotta per i materiali grezzi... nè per l'energia che esiste in abbondanza in ogni corpo in forma di calore (per l'entropia, che diviene disponibile attraverso il trasferimento dell'energia dal caldo sole alla fredda terra. Per sfruttare al massimo questo trasferimento, le piante aprono la superficie immensa delle loro foglie e forzano l'energia solare, prima che scenda alla temperatura della terra, ad effettuare... sintesi chimiche... I prodotti di questa cucina chimica sono oggetto della lotta del mondo animale.» L'originalità della visione di Boltzmann ha generato obiezione da parte dei suoi contemporanei, dimostratesi tutte infondate e basate su incomprensioni di quel che veniva da lui affermato. Oggi rigorosi teoremi matematici dimostrano la correttezza di tale visione. Studiando questioni come quelle affrontate da Boltz mann, ci rendiamo conto di come capire le leggi che regolano gli aspetti microscopici della fisica non è equivalente a comprendere le cose significative del mondo. Anche se la realtà è fatta di piccoli costituenti, è troppo difficile descrivere quel che avviene nel mondo in questi tempi. Quello che possiamo fare è, come ha mostrato Boltzmann in maniera magistrale, stabilire un ponte tra i vari livelli per formare un quadro coerente. Boltzmann è noto anche per la sua eccezionale abilità espositiva. I suoi Scritti divulgativi presentano la sua concezione della natura della scienza in generale e della fisica teorica in particolare. L'interesse filosofico di questo testo attirò su di lui l'attenzione dei membri del Circolo di Vienna e di pensatori ad esso legati, come Wittgenstein. Boltzmann ci appare, quindi, sotto molti punti di vista, un antesignano della fisica moderna e di una visione moderna del sapere, in cui tutto sembra slegato e indipendente, ma in realtà è sottilmente connesso da fili difficili da cogliere. Sono quei fili che rendono vero e falso nello stesso tempo il riduzionismo, e ribadiscono l'importanza di tutte le forme del sapere, dalla fisica alla letteratura, dalla chimica alla psicanalisi, nel quadro di un'unica cultura che tanti grandi, fra cui Boltzmann, hanno contribuito a creare. Carlo Cercignani Politecnico di Milano


I RINOGRADI Chi li ha visti? Tutti con un palmo di naso
Autore: BENEDETTI GIUSTO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
NOMI: STUMPKE HARALD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 075

CHI cercasse in un moderno atlante geografico l'arcipelago delle Hi-Iay, perderebbe il suo tempo: sconosciuti sino al 1941, questi modesti isolotti del Pacifico meridionale sprofondarono in mare intorno alla metà degli Anni 50 a causa di uno degli esperimenti atomici che, in quegli anni, erano piuttosto frequenti nel Pacifico. In realtà, l'ordigno nucleare venne fatto esplodere a centinaia di chilometri di distanza, ma le tensioni tettoniche derivanti dall'onda d'urto si trasmisero in modo del tutto inaspettato all'instabile assetto geologico dell'arcipelago, decretandone la scomparsa. L'evento non ebbe all'epoca la risonanza che avrebbe meritato: la stampa internazionale fu abilmente tenuta all'oscuro dei fatti, e solo una ristretta cerchia di zoologi ne venne più tardi a conoscenza. Perché proprio gli zoologi? Perché le Hi-Iay erano popolate da una fauna decisamente straordinaria, e la loro scomparsa determinò la cancellazione dalla faccia della Terra di uno dei più sorprendenti gruppi di animali mai scoperti. Accanto alle specie più tipiche e comuni dell'area pacifica, le diciassette isole dell'arcipelago ospitavano difatti un raro endemismo: si trattava di Rinogradi (Rhinograda), un ordine di Mammiferi fino ad allora sconosciuto alla scienza. Le poche notizie che abbiamo su questo gruppo zoologico ci provengono dallo studioso tedesco Harald Stumpke, che scomparve tragicamente nel corso del cataclisma, ed i cui appunti furono riordinati e pubblicati nel 1957 da Gerolf Steiner, professore di zoologia all'Università di Heidelberg. L'origine dei Rinogradi, anche se per forza di cose non bene chiarita (l'eventuale materiale fossile andò perduto con lo sprofondamento delle isole), è sicuramente assai antica. Si pensa difatti che le Hi-Iay avessero raggiunto la completa autonomia dalle altre terre emerse nel tardo Cretaceo: il loro totale isolamento geografico, l'assenza di forme di vita competitrici e la mancanza di predatori agguerriti permisero lo sviluppo di una linea evolutiva che forse, in diverse condizioni, non avrebbe avuto sbocchi significativi. I Rinogradi erano Mammiferi di piccole dimensioni, variabili in linea di massima da quelle di un ratto a quelle di un toporagno; esistevano tuttavia delle forme ancor più minuscole (le più piccole mai riscontrate nei vertebrati) che pochi zoologi avrebbero riconosciuto come appartenenti ai Mammiferi, se non fosse stato per alcune inconfondibili particolarità anatomiche. Quasi tutti i componimenti dell'ordine erano ricoperti da un pelame particolarmente soffice e caratterizzati da colorazioni piuttosto vivaci, decisamente insolite per un mammifero. La caratteristica più singolare dei Rinogradi era comunque l'abnorme sviluppo del nasario, una struttura che può essere grossolanamente assimilata al naso ma che nella realtà aveva un'origine più complessa e ancor più complesse funzioni: in buona parte delle specie, il nasario aveva difatti funzione locomotoria (in questo coadiuvato da una sofisticata muscolatura); in altre, ad esempio nelle forme sessili, era invece un semplice organo di adesione e di sostegno. Liberati da compiti locomotori, gli arti avevano assunto, nel corso dell'evoluzione del gruppo, conformazioni e strutture assai diverse, correlate alla nicchia ecologica di ciascuna specie: nei Rinogradi scavatori (ad esempio nel genere Rhinotalpa) erano molto ridotti anche se provvisti di robusti unghioni, mentre erano particolarmente sviluppati e atti a ghermire nelle specie predatrici. Alcune di queste ultime avevano anche sviluppato apparati veleniferi. La cosa non è del tutto insolita nei mammiferi: il maschio dell'Ornitorinco, come è noto, possiede nel calcagno uno sperone collegato ad una ghiandola del veleno, ed anche alcuni Insettivori, come i comuni toporagni, secernono un debole veleno dalle ghiandole salivari. E tra Insettivori e Rinogradi esistevano, secondo Stumpke, notevoli affinità, che gli avevano fatto ipotizzare una filogenesi comune, almeno sino al tardo Terziario. Singolare, nei Rinogradi, era piuttosto la collocazione dell'apparato velenifero: la più studiata tra le specie predatrici, il Tyrannonasus imperator, sopraffaceva le sue vittime d'elezione (altri Rinogradi del genere Nasobema) grazie a un aculeo velenifero posto all'estremità della coda. Ma fermiamoci qui: inutile dire, a questo punto, che i Rinogradi non sono mai esistiti, che non sono mai esistite le isole Hi- Iay, e che non è mai esistito Harald Stumpke. Esiste invece una divertente monografia su questo improbabile gruppo zoologico, pubblicata nel 1957 da Gerolf Steiner, un autorevole zoologo dell'Università di Heidelberg in vena di facezie (ma sarà reale almeno lui?). La monografia, redatta con stile rigorosamente accademico, corredata da una ricca e del tutto inverosimile bibliografia e arricchita da numerose tavole iconografiche, è stata recentemente pubblicata anche in lingua italiana, per merito della casa editrice Muzzio. Si tratta di un intelligente «divertissement» zoologico, un raffinato «pesce d'aprile». Si mormora, nei corridoi degli atenei, che qualche zoologo lo abbia, di primo acchito, preso sul serio. Giusto Benedetti


GENETICA Un brevetto sulle cellule sessuali
Autore: PREDAZZI FRANCESCA

ARGOMENTI: GENETICA, SESSO
NOMI: BRINSTER RALPH, ZIMMERMANN JIM, GUGERELL CHRISTIAN
LUOGHI: ESTERO, GERMANIA, MONACO
NOTE: 075

E' scoppiata in Germania una polemica etico- scientifica che senza dubbio sarà al centro di appassionati dibattiti per i prossimi anni. I maggiori giornali si interrogano in prima pagina: è lecito brevettare tecniche che comportano una modifica del patrimonio genetico animale o addirittura umano? A Monaco di Baviera per la prima volta l'Ufficio Europeo per i Brevetti dovrà decidere se consentire la brevettabilità di un metodo terapeutico che tocca sul vivo il patrimonio genetico umano. Due scienziati di Philadelphia vogliono proteggere dalle imitazioni la loro «terapia delle cellule germinali», che prevede una sostituzione parziale o totale delle cellule sessuali maschili. Per questo si è guadagnata il nome di «sperma da designer», che può venire modificato a piacere, quasi ritagliato su misura dagli stilisti della genetica. Intanto il Parlamento europeo a Strasburgo è chiamato a votare una direttiva sulla «tutela delle invenzioni biologiche» che ribalta le posizioni precedenti. Approvandola, gli eurodeputati continuerebbero a essere contrari al brevetto di diagnosi o terapie genetiche effettuate sul corpo del paziente (uomo o animale), mentre diventerebbero brevettabili le procedure ex vivo. In altre parole, se si prevelevano delle cellule, si modificano i geni e si reintroducono nel corpo del paziente in uno stadio successivo, la manipolazione avviene in provetta, fuori dal corpo vivente e la direttiva la considera brevettabile. Ora, poiché molti metodi genetici, compresa la constestata terapia delle cellule germinali, ricadono in questo secondo settore, l'indicazione di Strasburgo equivale di fatto a una approvazione dei brevetti genetici. Giuridicamente tuttavia la terapia è proibita in Germania e in altri Paesi europei e anche l'autorizzazione di un brevetto non cambierebbe la legge. L'invenzione di Ralph Brinster e Jim Zimmermann dell'Università di Philadelphia è nata per prevenire gravi malattie genetiche ereditarie. Le cellule germinali (sperma) del paziente vengono estratte operativamente dai testicoli, mentre con mezzi chimici o radioattivi si provvede a eliminare i restanti spermatozoi. Nel laboratorio si può poi sostituire il gene difettoso e correggere per tutte le generazioni a venire il difetto originario. Ma si può anche reinserire nei testicoli del paziente il seme di un altro individuo. Un chiaro caso di eugenetica, scrive la Frankfurter Allgemei ne Zeitung, riprendendo il termine utilizzato dai medici nazisti per la selezione di una razza migliore. Il fatto stesso che l'Ufficio Brevetti Europeo si trovi a dover decidere una questione di costume e di morale è «infame», prosegue il quotidiano tedesco: «i ricercatori non dovrebbero toccare questo ultimo frutto proibito, se non per convinzione, almeno per decenza». La decisione non sarà certo immediata. Christian Gugerell, direttore del settore responsabile per i brevetti di tecnologia genetica a Monaco, ritiene che ci vorranno alcuni anni. Ma la richiesta di Philadelphia sarà solo la prima di una lunga serie. L'obiezione più probabile, dice Gugerell, è che la terapia delle cellule germinali si scontra con il diritto del paziente ad autorizzare ogni intervento medico: si decide sul «futuro delle generazioni a venire, senza chiedere se sono d'accordo». In Germania la legge per la tutela dell'embrione è una delle più restrittive al mondo. L'applicazione della genetica alla medicina è possibile in certi casi (a Berlino e a Friburgo, ad esempio, è appena iniziata la terapia genetica di alcuni pazienti ammalati di tumore ai reni). Ma un punto è tabù. Per i tedeschi l'embrione, la «sostanza ereditaria», è intoccabile. Ogni intervento che miri direttamente o indirettamente a una «selezione genetica della razza» è proibito. Anche la fertilizzazione dell'ovulo in vitro con un unico spermatozoo è considerata una manipolazione arbitraria che seleziona i futuri esseri umani: chi si è scottato una volta, è portato a essere più attento degli altri. Francesca Predazzi


SPECIE A RISCHIO Se un virus eliminasse l'uomo dal mondo La teoria di un geologo: diffusione massima, momento critico
Autore: ZULLINI ALDO

ARGOMENTI: DEMOGRAFIA E STATISTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 075

POCHI scienziati sarebbero disposti a scommettere sulla sopravvivenza a lungo termine del panda o della tigre: è improbabile che questi animali possano durare ancora per mille, o anche solo per cento anni. Tutti sanno che le specie rare sono in pericolo proprio per il fatto di essere rare. Ma che dire di una specie di grande successo biologico, cioè molto comune e ben presente in molti angoli del mondo? Nessuno, naturalmente, si aspetta la sua scomparsa. Eppure, contrariamente a quanto si pensa di solito, una specie corre il pericolo di estinzione proprio quando riesce a essere molto numerosa, diffusa e ben affermata negli ambienti in cui vive. E' quanto sostiene Cesare Emiliani, scienziato italo-americano esperto di datazione geologica e di microfossili marini. Molti microrganismi marini (alghe unicellulari, foraminiferi, radiolari) lasciano numerose tracce di sè nei sedimenti del fondale. Una «carota» di roccia sedimentaria contiene microfossili la cui sequenza testimonia con precisione gli eventi del passato: nascita di specie nuove, il loro eventuale rifiorire e la loro estinzione. Per questo motivo le vicende evolutive dei microrganismi marini sono spesso meglio note di quelle di molti uccelli e mammiferi. Studi recenti, per esempio, hanno permesso di stabilire che le specie dei microrganismi marini fossilizzabili hanno un arco di vita che solitamente va dai tre agli otto milioni di anni. Dato che la specie umana esiste da soli 0,2 milioni di anni, potremmo tirare un sospiro di sollievo. Ma a torto. Infatti gli stessi microfossili marini raccontano anche qualcosa di piuttosto inquietante: spesso la loro estinzione avviene dopo una fase di grande espansione demografica. Improvvisamente e inspiegabilmente. Le teorie evolutive correnti, sulla scia del pensiero darwiniano, parlano di lotta per l'esistenza e dell'affermazione degli organismi più adatti all'ambiente. E' la competizione tra gli individui e tra le specie a stabilire chi può sopravvivere e chi deve estinguersi. Tutto ciò è provato da innumerevoli osservazioni ed è ormai accettato da tutti gli studiosi. Ma esistono anche altri meccanismi evolutivi. Secondo Emiliani, una specie ben affermata può estinguersi prima che un'altra (più o meno simile) faccia la sua comparsa per andare a occupare lo stesso spazio vitale. Certe serie evolutive, insomma, sarebbero una semplice successione di specie nuove, ma non per questo «migliori» o «più adatte» delle specie precedenti. Rimane il problema del perché molte specie ben affermate si estinguano più o meno all'improvviso. Una possibile risposta viene da scoperte, fatte tra il 1979 e il 1990, sui virus che attaccano le alghe e i batteri marini. Da questi studi è emerso che i virus, contrariamente a quanto ci si aspettava, abbondano nel mare e sono responsabili della morte di molti organismi. Ecco allora l'ipotesi di Emiliani: e se le improvvise estinzioni di tante specie fiorenti, marine e no, fossero dovute a virus? I virus sono parassiti specie- specifici, cioè ognuno si evolve e si sviluppa sfruttando una sola specie. Ci vuole un certo tempo perché un virus evolva e diventi pericoloso per la «sua» specie ospite. Ma prima o poi succede. Il momento critico capita quando l'ospite si fa numeroso e ben rappresentato in vaste aree geografiche: è allora che si offrono al virus maggiori possibilità di evoluzione. E il pericolo aumenta se la popolazione dell'ospite (per esempio i microscopici individui di un'alga marina) può diffondersi e rimescolarsi con facilità nel vasto spazio oceanico. Tutti sanno che le malatie parassitarie si trasmettono soprattutto quando le vittime potenziali sono numerose e a stretto contatto tra di loro. Stando così le cose, le specie che corrono maggiori pericoli di estinzione non sono soltanto quelle rare, ma anche quelle (troppo) numerose. Una delle specie più abbondanti al mondo (benché sconosciuta ai più) è un'alga microscopica, Emilia nia huxleyi, che ha le dimensioni di un globulo rosso. Ogni litro di acqua marina, negli strati illuminati, ne contiene in media mille individui. Ciò significa che questa specie è presente sul nostro pianeta in una quantità esprimibile con una cifra seguita da 22 o 23 zeri. Un'altra specie molto numerosa è l'uomo stesso (Homo sa piens). Dal punto di vista di un virus ciò che importa non è il numero degli individui della specie ospite, ma il numero totale delle cellule che può parassitare. Bene, i quasi sei miliardi di uomini della popolazione mondiale odierna corrispondono a un numero di cellule esprimibile con 22 o 23 zeri. Proprio come l'alga citata. In conclusione: Emiliania huxleyi e Homo sapiens sono due specie che, proprio per il fatto di essere straordinariamente abbondanti, si possono considerare a rischio. E' infatti probabile che qualche virus, prima o poi, finisca per approfittare delle cellule dell'una o dell'altra specie e ne faccia strage. Uno di questi virus potrebbe chiamarsi Hiv. L'alga e l'uomo attuale sono comparsi più o meno contemporaneamente (circa 200-300 mila anni fa) e ormai i tempi potrebbero essere maturi per la comparsa di un virus fatale. Se tutto questo è vero, non resterebbe che chiederci: quale delle due specie si estinguerà per prima? Aldo Zullini Università di Milano


AUTOMEDICAZIONE Curatevi pure da soli, ma con prudenza Le quattro norme-base del Comitato europeo di sanità pubblica
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 075

COME tutti sanno i farmaci oggi possono essere acquistati solo con ricetta medica: è un principio fondamentale, stabilito insieme con la classificazione in tre fasce. Un momento, però: esistono anche prodotti, parecchie centinaia, che il farmacista può vendere senza ricetta, i farmaci «da banco», come sono stati sempre chiamati, o di automedicazione se vogliamo esprimerci in maniera più precisa. E' bene curarsi senza ricorrere al medico? Certamente no, in linea teorica, ma tutti lo abbiamo fatto e lo facciamo, è legittimo, è ammesso dovunque, anche dall'Organizzazione mondiale della sanità. I farmaci da banco hanno tutte le patenti in regola come ogni altro, sono passati attraverso la trafila dei controlli scientifici, dei riconoscimenti delle autorità sanitarie e via dicendo. In sostanza servono ad alleviare rapidamente sintomi lievi e passeggeri, piccole patologie come mal di testa ed altri dolori di vario genere, raffreddori, tosse, alcuni gastrointestinali. L'esperienza, in base all'uso che se ne fa da sempre, ha confermato la loro efficacia e la loro ottima tollerabilità. D'altronde si acquistano dal farmacista, che per legge ne è l'unico fornitore a sua responsabilità. Ovviamente devono essere presi, per bocca o per supposta o per applicazione esterna, con le necessarie cautele comuni a tutti i medicamenti. Ognuno si fa la propria esperienza, conosce questo o quel farmaco da banco che si addice ai suoi piccoli disturbi. E' la medicazione, diciamo così, di tipo famigliare, che esiste da che mondo è mondo. Inchieste recenti dimostrano che in altri Paesi, per esempio Inghilterra, Svizzera, Germania, si fa automedicazione più che da noi. Naturalmente, ripetiamo, l'uso dei farmaci consegnati dal farmacista senza ricetta medica deve seguire precise norme di prudenza. Riportiamo quelle indicate da un gruppo di esperti del Comitato europeo di sanità pubblica: 1) Questi medicamenti sono in genere destinati ad attenuare un sintomo, non a guarire una malattia. Soltanto il medico può prescrivere i rimedi atti a guarire le malattie. 2) Poiché hanno effetto sui sintomi, questi medicamenti devono essere utilizzati solo quando si prevede che la causa dei sintomi guarisca rapidamente da sola. Prendeteli quando riconoscete un sintomo per averne già sofferto in precedenza e il sintomo è scomparso rapidamente, non prendeteli quando il sintomo è differente e più grave. Se un sintomo persiste per più di due giorni consultate il medico. I sintomi gravi o persistenti devono sempre essere trattati dal medico. 3) Leggete attentamente le istruzioni annesse al farmaco e se non risultano chiare chiedete spiegazioni al farmacista. 4) Senza prescrizione medica non date alcun medicamento ai bambini di meno d'un anno d'età, a bambini o ragazzi minori di 15 anni a meno che le istruzioni indichino le dosi corrispondenti ai diversi gruppi d'età, alle donne in gravidanza. L'Assosalute (Associazione nazionale delle imprese dei prodotti di automedicazione) e la Federfarma (Federazione nazionale dei titolari di farmacia) hanno preso l'iniziativa di distribuire nelle farmacie un poster per informare come deve essere fatta un'automedicazione responsabile. Ulrico di Aichelburg


SERPENTI A SONAGLI Il sesto senso Una fitta rete nervosa capta il calore
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 076

La più temibile famiglia di rettili è quella dei crotalidi, velenosi e terribili, che vivono in America e in Asia. Il loro apparato velenifero è sviluppato quanto quello delle vipere, alle quali assomigliano per aspetto, caratteristiche di vita e modalità di riproduzione. I crotalidi possiedono anche un sesto senso che, insieme alla lingua biforcuta che funziona come un chemiosensore, dà loro uno straordinario vantaggio sulle prede. Le due punte della lingua permettono di tastare contemporaneamente due zone diverse, localizzando più facilmente le tracce lasciate dalla preda. Questa lingua non compie però nessun movimento all'interno della bocca nè fornisce indicazioni sui sapori. Oggi i ricercatori sono inclini a pensare che anche l'uomo abbia un sesto senso, con il quale capterebbe i segnali chimici emanati dal corpo umano - i cosiddetti feromoni - per comunicare l'identità personale, l'eccitazione o la disponibilità sessuale.


INFORMATICA Un armadio di scatole rosse e nere Ventiseiesima puntata
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 076

LE scatole nere e rosse, che abbiamo presentato nella quinta scheda e che sono alla base della programmazione in BASIC, possono essere raggruppate e ordinate, come cassetti, in armadi. Per dare un nome all'armadio si devono seguire le stesse regole delle scatole. Ad esempio, A, F, DIAMETRO, ALTEZZA, PESO sono nomi possibili di armadi neri, che possono contenere numeri, e C$, R$, FOTO$, LETTERE$, ARTICOLI$ sono nomi possibili di armadi rossi, che possono quindi contenere stringhe. Il termine matematico che indica l'armadio è vettore o matrice. Per comunicare al calcolatore che vogliamo lavorare con un armadio, dobbiamo usare l'istruzione DIM («dimensione») seguita dal nome dell'armadio e dalla numerazione dei cassetti che intendiamo adottare. Se scriviamo, ad esempio, DIM ORARIO (21), il calcolatore costruisce un armadio con una pila di 22 cassetti, uno sull'altro, lo battezza con il nome di ORARIO, lo dipinge di nero (per ricordare che ogni cassetto conterrà un numero) e numera i cassetti da 0 a 21. Quando l'armadio è pronto passa all'istruzione successiva del programma. Per indicare un determinato cassetto, dobbiamo scrivere il numero del cassetto a fianco del nome dell'armadio, tra parentesi. Ad esempio, ORARIO (5) indica il cassetto numero 5 dell'armadio di nome ORARIO. Se scriviamo ORARIO (8) = PARTENZA ordiniamo al calcolatore di trasferire il contenuto della scatola PAR TENZA nel cassetto numero 8 dell'armadio ORARIO. Possiamo anche costruire armadi più complicati, con più file e più colonne di cassetti. Scriviamo, ad esempio: DIM TRENI (4,3). In questo caso il calcolatore costruisce un armadio con 5 file e 4 colonne di cassetti, numerandole rispettivamente da 0 a 4 e da 0 a 3. Allo stesso modo si creano armadi che possono contenere stringhe. Ad esempio, DIM SFERA$ (14, 20) ordina al calcolatore di costruire un armadio con 15 file e 21 colonne di cassetti, numerati rispettivamete da 0 a 14 e da 0 a 20, di battezzarlo con il nome SFERA$, di dipingerlo di rosso, per ricordare che ogni cassetto conterrà una stringa e di trovargli lo spazio opportuno. In QBASIC è possibile dare una numerazione qualsiasi ai cassetti di un armadio, specificandone il limite inferiore e quello superiore. Ad esempio, se scriviamo DIM POSITION (1 TO 7, 1 TO 10) ordiniano al calcolatore di costruire un armadio nero con 7 file e 10 colonne di cassetti, numerati rispettivamente da 1 a 7 e da 1 a 10. Vediamo un programma che ordina al calcolatore di inserire in un armadio nero, a una dimensione (con una sola pila di cassetti), le prime dieci potenze del 2: 10CLS 20DIM POTENZA (1 TO 10) 30POTENZA (1) = 1 40FOR I = 2 TO 10 50POTENZA (I) = POTENZA (I _ 1)*2 60NEXT I 70FOR N = 1 TO 10 80PRINT POTENZA (N) 90NEXT N 100END Si esamini con cura l'istruzione 50, ricordando che il calcolatore prima valuta i valori degli indici, ossia delle espressioni contenute fra parentesi, al fine di conoscere i numeri dei cassetti su cui lavorare, poi valuta l'espressione a destra del segno = e infine pone il valore calcolato nel cassetto e nell'armadio indicati a sinistra del segno =. Vediamo ancora un programma da inserire in un armadio rosso, a una dimensione, i cognomi dei 21 allievi di una classe in corrispondenza ai numeri del registro di classe: 10CLS 20PRINT "*** GLI ALLIEVI DELLA CLASSE ***" 30PRINT 40DIM ALLIEVI$ (1 TO 21) 50PRINT "INTRODUCI I CO GNOMI DEGLI ALLIEVI" 60FOR I = 1 TO 21 70PRINT "ALLIEVO NUME RO";I;":" 80INPUT ALLIEVI$ (I) 90NEXT I 100PRINT "VUOI L'ELENCO DEGLI ALLIEVI? (S/N)" 110INPUT R$ 120IF R$ = "N" THEN GOTO 170 130PRINT 140FOR I = 1 TO 21 150PRINT I;") ";ALLIEVI$(I) 160NEXT I 170END Scriviamo infine un programma che metta nei cassetti di un armadio nero i prodotti della tavola pitagorica 10 X 10: 10CLS 20PRINT "*** TAVOLA PITA GORICA ***" 30PRINT 40PRINT 50DIM PITAGORA (1 TO 20, 1 TO 20) 60FOR I = 1 TO 20 70FOR J = 1 TO 20 80PITAGORA (I, J) = I * J 90IF I * J 10 THEN PRINT ";ELSE PRINT " "; " "; ELSE PRINT " "; 100PRINT PITAGORA (I, J) 110NEXT J 120PRINT 130NEXT I 140END Errata Corrige: nella scheda precedente (n. 25) i simbolie devono essere sostituiti rispettivamente con e. (continua) SUPPONIAMO di volerci fare interrogare dal calcolatore, per vedere se ricordiamo le capitali dei più importanti paesi del mondo. Scriviamo per questo un programma del tipo seguente: 10 REM PRIMA DOMANDA 20 PRINT "Qual è la capitaledella Francia?" 30 INPUT R$ 40 IF R$ = "PARIGI" THEN GOTO 130 50 REM SEGNALAZIONE DI ERRORE 60 PRINT CHR$(7); CHR$(7) 70 PRINT "La risposta è errata!" 80 FOR N = 1 TO 1000 90 NEXT N 100 PRINT "Studia di più!" 110 GOTO 200 120 REM MESSAGGIO DICONGRATULAZIONI 130 PRINT "Bravo, la risposta èesatta!" 140 FOR N = 1 TO 1000 150 NEXT N 200 REM SECONDA DOMANDA 210... ecc. Il programma contiene alcune novità che non sono di grande importanza. La prima è la PRINT CHR$(7), che compare nell'istruzione 60. CHR$(7) è il carattere che ha codice uguale a 7 nella tabellina standard dei cosiddetti "codici ASCII". Questo codice non corrisponde a un carattere alfabetico, ma a un ordine elementare per il calcolatore, ossia all'ordine di emettere un "beep", un breve fischio. L'istruzione 60 serve quindi a produrre due fischi consecutivi, che saranno emessi per dare maggior risalto alla segnalazione di errore. Le istruzioni 80 e 90 costituiscono un ciclo "senza corpo", ossia un ciclo che viene descritto 1000 volte senza fare alcuna attività oltre all'aggiornamento del contatore N. Lo scopo di queste due istruzioni è semplicemente quello di perdere tempo, per intervallare la visualizzazione del messaggio di errore e la formulazione della domanda successiva. Il tempo necessario per l'esecuzione completa del ciclo delle istruzioni 80 e 90 è molto variabile e dipende dalla velocità del calcolatore su cui gira il programma. Un 486 a 66 MHz è almeno cento volte più veloce degli elaboratori personali della prima generazione. Chi ha la fortuna di possedere un gioiello dell'ultima generazione dovrò quindi sostituire il numero 1000 dell'istruzione 80 con un numero più grande, mentre chi è rimasto alle prime macchine lo sostituirà con un numero più piccolo. Il gioco della regolazione dell'istruzione 80 sarà molto utile anche al fine di comprendere meglio quale sia la velocità di lavoro del calcolatore che si sta usando. Il programna di interrogazione che stiamo discutendo sarà probabilmente molto lungo e sarà costituito da tanti blocchi, uno per ciascuna domanda, e ogni blocco sarà composto da sezioni, come abbiamo visto nell'unico blocco che abbiamo trascritto: la sezione di interrogazione (istruzioni da 10 a 40), la sezione di errore (da 50 a 110) e la sezione di congratulazioni (da 120 a 150). Capitale della Francia? I blocco Errore Congratulazioni Capitale della Spagna? II blocco Errore Congratulazioni ecc. Nel programma la sezione di errore comparirà, sempre uguale, in tutti i blocchi. Analogamente, la sezione di congratulazioni comparirà sempre nella stessa identica forma, tante volte quante sono le domande che si intendono porre. Appare così evidente la convenienza di organizzare il programma nel modo indicato nella figura seguente. La sezione di errore e quella di congratulazioni compaiono una volta sola, con notevole riduzione della lunghezza del programma. Interrogazione sulla capitale della Francia. Se errore GOTO 1000. Se non errore GOTO 1200 Interrogazione sulla capitale della Spagna. Se errore GOTO 1000. Se non errore GOTO 1200........ 1000: ERRORE ...... 1200: CONGRATULAZIONI......... Le sezioni "errore" e "congratulazioni" sono due primi esempi di "sottoprogrammi". Provi il lettore a riscrivere il programma nella nuova forma, usando le istruzioni di salto condizionato: IF...GOTO... L'esercizio è difficile perché occorre inventare un meccanismo per ricordare, quando si salta all'istruzione 1000 oppure 1200, dove ritornare dopo aver eseguito il sottoprogramma. L'esercizio sarà comunque molto utile perché ci aiuterà a comprendere il concetto di sottoprogramma, uno dei più importanti dell'informatica. Nella prossima scheda torneremo sull'argomento e vedremo una coppia di istruzioni che il BASIC, come tutti gli altri linguaggi di programmazione, mette a disposizione del programmatore per risolvere in modo facile il problema di saltare a un sottoprogramma e di ritornare, dopo la sua esecuzione, nella posizione corretta. (continua) di Angelo Raffaele Meo e Federico Peiretti


LE DATE DELLA SCIENZA Nel 1919 una eclisse di Sole segnò il trionfo di Einstein
Autore: GABICI FRANCO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 076

L'eclisse totale di Sole che si verificò 75 anni fa, il 29 maggio 1919, associò allo spettacolo un grande interesse scientifico: servì infatti per verificare l'esattezza delle previsioni della teoria della relatività generale di Einstein secondo la quale i raggi luminosi vengono deviati da corpi di grande massa. Einstein spiega il movimento dei pianeti attorno al Sole non con l'ipotesi newtoniana dell'attrazione gravitazionale, ma ricorrendo a una geniale intuizione geometrica: i pianeti, orbitano attorno al Sole perché questo, con la sua massa, deforma lo spazio-tempo circostante. Per questo sono costretti a «rotolare» verso il Sole. Analogamente un raggio luminoso che attraversi questo spazio deve subire una deviazione dal percorso rettilineo. Si trattava, all'epoca, di una affermazione sconcertante, la cui dimostrazione trasformò il cielo in un grande laboratorio. Se il Sole devia il raggio luminoso proveniente da una stella, la posizione di quest'ultima apparirà un poco spostata rispetto a quella occupata quando si trova lontano dall'astro. L'eclisse avrebbe consentito di osservare in pieno giorno le stelle poste intorno Sole. Per questa verifica vennero organizzate due spedizioni nelle zone dove il fenomeno era visibile, una in Brasile e l'altra all'Isola Principe. All'Isola Principe il tempo fu piovoso e solo verso mezzogiorno, a eclisse iniziata, fu possibile scattare le prime foto. Una di queste fornì la conferma che Einstein aveva visto giusto. Il più entusiasta delle due spedizioni fu Arthur Eddington, che definì quella avventura scientifica il più grande momento della sua vita. Einstein venne informato dei risultati solamente nel settembre e il grande fisico mandò subito una cartolina alla madre. La notizia ufficiale venne annunciata dalla Royal Astronomical Society il 6 novembre dello stesso anno. Franco Gabici


STRIZZACERVELLO Le tende dei boy-scout
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 076

Le tende dei boy-scout Una compagnia di boy-scout si accampa in una radura dove pianta le 12 grandi tende a disposizione in modo che 8 risultino disposte nel perimetro esterno e 4 in quello interno. I «graduati» del gruppo sono proprio 12, ciascuno distinto da un numero (da 1 a 12, appunto). Per tutte le notti nel periodo di campeggio, ognuno di essi dormirà in una tenda diversa, ma per evitare gelosie si decide che ogni sera la loro disposizione sarà diversa; il criterio scelto è il seguente: la somma dei numeri di riconoscimento degli 8 «graduati» all'esterno dovrà essere ogni volta il doppio di quella dei 4 all'interno. Sapreste dire quanto durerà il campeggio e cioè in quanti modi è possibile formare i due gruppi (esterno ed interno), indipendentemente dalla disposizione nelle singole tende dei due perimetri? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI Archimede capì subito perché la barca galleggia
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 076

Perché, se si fissa un colore per qualche minuto e poi si trasferisce lo sguardo altrove, appare il suo complementare? Tutti i colori che vediamo vengono recepiti dai coni, cellule fotosensibili della retina dell'occhio, che captano e convertono i raggi luminosi in stimoli per il nervo ottico. Questo, a sua volta, è incaricato di trasmetterli al cervello. Se fissiamo a lungo un determinato colore, è ovvio che gli impulsi emessi saranno sempre del medesimo tipo. Ma a lungo andare ciò comporta un affaticamento del nervo ottico che, non appena distoglieremo lo sguardo, cercherà riposo nel nero. Ora, poiché noi sappiamo che la fusione di due colori complementari dà proprio questo come risultato, ecco spiegato il motivo di tale fenomeno: il nervo ottico compensa il suo sforzo con un colore complementare del precedente che, unito a questo, gli procuri il suo meritato riposo, cioè il nero. Glauco Malatesta Grugliasco (TO) Come agisce un antibiotico? Un antibiotico è una sostanza di origine biologica in grado di distruggere i microrganismi o inibirne la crescita, in quanto danneggia o blocca reazioni- chiave della vita batterica. La sua azione è diversa a seconda della struttura: le penicilline e le cefalosporine inibiscono l'attività di un enzima preposto alla costituzione della parete batterica, con conseguente rottura cellulare. Gli aminoglucosidi, le tetracicline e il cloramfenicolo sono attivi a livello dei ribosomi batterici: legandosi a essi, impediscono la sintesi delle proteine. Le rifamicine inibiscono la sintesi del RNA batterico. Qualunque sia la strategia, l'antibiotico agisce su struttu- re o processi cellulari specifici del batterio, per ottenere un effetto mirato e non danneggiare le cellule umane. Tanto più l'obiettivo di selettività è raggiunto, tanto minori sono gli effetti tossici. Laura Chiatellino, Torino Perché, dopo uno sforzo fisi co, si ha caldo? Durante uno sforzo fisico la maggior richiesta di energia da parte dei muscoli comporta: aumento dell'attività respiratoria, accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione sanguigna, vasocostrizione periferica, conversione del glicogeno in glucosio nel fegato e maggiore ossidazione di glucosio. Al termine dello sforzo si ha per reazione una vasodilatazione periferica con conseguente diffusione di calore sulla superficie epidermica: il contatto termico fra questa e l'aria circostante (più fredda) provoca in noi una sensazione di caldo, alla quale si associa quella derivata dalla combustione di glucosio. Erika Montemurro Federico Pizzetti, Torino Chi ha inventato il microsco pio? L'utilizzo di microscopi sem-plici, formati cioè da lenti che ingrandiscono gli oggetti, è documentato dal XIII secolo, sebbene già greci e romani usassero a tale scopo delle sfere di vetro riempite d'acqua. Una data importante nell'uso di tali microscopi è il 1676, quando il naturalista olandese Leeuwenhoek, utilizzando una lente posta fra piastre metalliche, scoprì per primo i batteri. L'invenzione del microscopio composto, dove esiste un oculare che ingrandisce l'immagine dell'obiettivo, viene attribuita a Z. Janssen, che nel 1590 costruì un tubo munito di due lenti alle estremità. Tale strumento venne in seguito perfe- zionato probabilmente da Galileo. Il microscopio elettronico fece la sua prima comparsa all'inizio del XX secolo. Valeria Fossa, Torino Perché le barche galleggiano sull'acqua? Il fenomeno è spiegato dal principio di Archimede, il quale di- ce che un corpo immerso in un fluido in quiete riceve da questo una spinta diretta dal basso verso l'alto, la cui intensità è pari al peso del fluido spostato. Nel caso di una barca, la spinta ricevuta dall'acqua è maggiore del suo peso, al punto che tale spinta permette alla barca di emergere dal fluido. Davide Giudici, Piossasco (TO)


Scaffale Pichot Andrè: «La nascita del la scienza», Ed. Dedalo
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

Misurare i campi, pesare le merci, orientarsi nei viaggi, curare le malattie. Ma anche scoprire simmetrie nascoste nei numeri, formulare ipotesi sull'origine dell'universo, comprendere il segreto della vita. Per un verso la scienza nasce da esigenze pratiche. Per un altro dalle grandi domande filosofiche che l'uomo porta dentro di sè. E' ozioso domandarsi quale sia stata la prima scienza, se l'astronomia (connessa alla religione, al tentativo di prevedere il futuro, all'orientamento dei naviganti) o la matematica e la geometria (con le loro applicazioni al commercio e all'agricoltura). Rimane il fatto che per noi europei la culla della scienza è in Mesopotamia e in Egitto, e poi nella rielaborazione e negli approfondimenti della Grecia antica. Il fascino di queste origini si avverte nella bella ricostruzione storica dell'epistemologo francese Andrè Pichot, che non si limita alla parte descrittiva ma entra nel merito delle nozioni acquisite dagli antichi e del metodo da essi adottato.


Scaffale Laborit Henri: «Lo spirito del solaio», Mondadori
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

Il filo conduttore è il problema dell'apprendimento, il taglio autobiografico: Laborit, il meno sistematico degli scienziati francesi e il più duro avversario del riduzionismo, arrivato a 80 anni, ci dà un saggio di scienza cognitiva che è anche una piacevole prova narrativa.


Scaffale Heims Steve J: «I cibernetici», Editori Riuniti
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ELETTRONICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

Scienza dei calcolatori e studio dei processi di pensiero si sono incontrati dando luogo alla cibernetica e sviluppandosi nella disciplina dell'Intelligenza Artificiale. Steve Heims traccia un'ampia storia di questa avventura intellettuale, ormai in buona parte storicizzabile.


Scaffale Fournier Jean-Louis: «Aritmetica applicata e impertinente», Muzzio
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

Possibile che una raccolta di problemi matematici diventi un best seller? A questo libro in Francia è successo. E forse capiterà anche in Italia. Perché tutti i problemi sono conditi di delizioso umorismo.


Scaffale Bartolozzi Giorgio: «I vaccini», Nis, Nuova Italia Scientifica
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 074

Da Pasteur ad oggi i vaccini si sono dimostrati una delle più potenti armi della medicina: a livello preventivo sono ciò che gli antibiotici sono a livello terapeutico. Inoltre i vaccini hanno aperto la strada che porta alla comprensione del sistema immunitario. Questo manuale di Bartolozzi, ordinario di clinica pediatrica all'Università di Firenze, ci dà un quadro organico di tutti i tipi di vaccinazione e fornisce anche, delle varie malattie, informazioni su cause, diffusione e cure. Piero Bianucci


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 076

- Perché il sapone lava la pelle ma non i capelli? - Qual è il più grande animale della Terra? - Come fa la gomma a cancellare la matita e a restare sempre pulita? - Perché il sole che tramonta diventa rosso?




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