TUTTOSCIENZE 18 maggio 94

CON CENTINAIA DI SATELLITI Dovunque, la tua voce Corsa al telefono cellulare mondiale
Autore: RIOLFO GIANCARLO

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, TECNOLOGIA
NOMI: MCCAW CRAIG, GATES WILLIAM
ORGANIZZAZIONI: MICROSOFT, TELEDISC
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069

UNA costellazione di 840 piccoli satelliti attorno alla Terra per avvolgere il pianeta in una rete che permetterà a oltre 20 milioni di persone di comunicare per telefono, inviare immagini e trasmettere dati. Questo è il progetto Teledisc, che, con un investimento di 9 miliardi di dollari (quasi 15 mila miliardi di lire), propone di mettere le più moderne tecnologie delle telecomunicazioni a disposizione dell'intero pianeta, comprese vaste aree oggi quasi isolate. Un piano che potrebbe essere fantascientifico, se dietro non ci fossero due personaggi del calibro di Craig McCaw, padre della telefonia cellulare, e William Gates, fondatore della Microsoft, leader mondiale dei software per computer. Oggi, sostengono gli ideatori, il costo per portare i moderni sistemi di comunicazione nelle regioni più remote è così elevato che una larga parte degli abitanti del pianeta è tagliata fuori dalla civiltà. Oltre metà della popolazione mondiale vive a più di due ore di viaggio dal telefono più vicino. In Indonesia, per esempio, sono 58 mila i villaggi privi di telefono; oltre mezzo milione in India. In Africa, poi, su 151 mila villaggi, quelli isolati sono 121 mila. Il problema è urgente soprattutto nei Paesi in rapido sviluppo economico. In Cina si prevede nei prossimi cinque anni una domanda di 40-80 milioni di nuove linee telefoniche, circa la metà di quelle esistenti negli Stati Uniti. Ma anche dove il telefono è diffuso, le reti sono spesso superate e inadatte ai nuovi servizi, come la trasmissione dati. Perfino negli Usa, che pure sono all'avanguardia e vantano una diffusione capillare del telefono (un apparecchio nel 94 per cento delle case), esistono zone rurali dov'è difficile trasmettere o ricevere un semplice fax. Teledisc propone di rendere accessibile ovunque tanto la telefonia di base quanto i sistemi più avanzati (videoconferenze, comunicazioni multimediali, trasmissione dati in tempo reale) mediante il collegamento diretto con una rete di satelliti, senza passare attraverso le linee telefoniche a terra. Un'idea che poggia su tecnologie nate dalla ricerca per il progetto di comunicazioni militari Brilliant Pebbles, uno dei cardini delle «guerre stellari» del presidente Reagan. Il sistema prevede il lancio di 840 satelliti in 21 orbite diverse, di altezza compresa tra i 695 e 705 chilometri. La vicinanza alla Terra, indispensabile per consentire le trasmissioni con apparecchi di piccola potenza, elimina il problema del ritardo dei segnali presente con gli attuali satelliti geostazionari, posti a 36 mila chilometri d'altezza. Ma mentre questi ultimi, ruotando insieme con il pianeta, appaiono immobili, i satelliti in orbita «bassa» attraversano il cielo alla velocità di 25 mila chilometri l'ora. Inoltre, le caratteristiche di propagazione delle onde radio che verrebbero impiegate (20-30 Ghz) permettono una elevata qualità di trasmissione solo quando il satellite è alto sull'orizzonte e quindi il collegamento potrebbe durare appena una manciata di secondi. La soluzione è appunto quella di impiegare una moltitudine di veicoli spaziali che si passano la comunicazione l'un l'altro, come il testimone di una staffetta. I segnali saranno di tipo digitale, cioè «treni» di informazioni in codice binario, il linguaggio dei computer. Anche la nostra voce, così come già accade con le più moderne reti telefoniche, verrà trasformata in una serie di zero e uno per poi essere decodificata. Si prevede una qualità delle trasmissioni simile ai migliori sistemi terrestri, fibra ottica compresa, con un errore massimo di un bit ogni miliardo. Gli apparecchi capaci di collegarsi alla rete di satelliti potranno essere fissi oppure portatili e impiegheranno antenne paraboliche del diametro minimo di 16 centimetri. La potenza di trasmissione potrà variare da 0,01 Watt a 4,7 Watt: per fare un confronto, un telefono cellulare tascabile ha una potenza massima di 0,5 Watt, mentre quelli installati sulle auto arrivano a 4 Watt. Naturalmente, sono previste delle stazioni di connessione con le reti terrestri. Il sistema Teledisc potrà gestire contemporaneamente fino a due milioni di collegamenti. Poiché gli abbonati non telefonano tutti nello stesso momento, un rapporto 1 a 10 tra linee disponibili e apparecchi è considerato più che sufficiente e perciò la rete potrà servire oltre 20 milioni di utenti. Per realizzare il progetto, gli ideatori confidano nelle economie di scala legate alla costruzione in serie dei satelliti con una catena di montaggio. Sempre per ridurre costi e tempi, dovrebbero essere lanciati non uno alla volta ma a gruppi, impiegando venti diversi tipi di razzi vettori. La vita media di ciascun satellite è prevista in oltre dieci anni. In caso di avaria, in ogni orbita ci saranno quattro veicoli spaziali di riserva, pronti a intervenire per riparare la rete. Al termine della vita operativa, i satelliti verranno portati al di fuori dell'orbita per poi precipitare, disintegrandosi, nell'atmosfera terrestre. Senza pericolo e senza lasciare traccia. Qualche perplessità, però, rimane. In primo luogo, osserva qualcuno, la neonata Teledisc Corporation (i principali azionisti sono gli stessi McCaw, Gates e la McCaw Cellular) dovrà raccogliere enormi risorse finanziarie e non sarà facile. Ogni anno, poi, dovrebbero essere messi in orbita in media 50 nuovi satelliti solo per sostituire quelli fuori servizio. E questo potrebbe portare i costi di gestione a livelli proibitivi. Soprattutto, esistono progetti meno ambiziosi ma anche molto meno costosi. Oltre ai sistemi basati su satelliti geostazionari, ci sono programmi come Iridium e Globalstar, che prevedono reti di piccoli veicoli orbitanti a bassa quota per il collegamento diretto con telefoni tascabili e che consentiranno comunque anche la tramissione dati e i servizi multimediali. E' probabile che in una prima fase siano questi ad affermarsi, rinviando più in là nel futuro piani come Teledisc. Giancarlo Riolfo


MEGACONTRATTO Nasceranno in Italia i satelliti Globalstar
ORGANIZZAZIONI: GLOBALSTAR, ALENIA SPAZIO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069

SE qualche anno fa veniva ostentato come simbolo di benessere e di status sociale, oggi il telefono cellulare non desta più curiosità: è solo uno strumento che la tecnica ci ha regalato per vivere e per lavorare meglio. Gli abbonati alla rete di telefonia mobile Sip hanno superato il milione e 300 mila e intanto decolla il nuovo sistema europeo Gsm. Ma il futuro ci riserva una novità ancora più rivoluzionaria: la comunicazione globale via satellite, senza i vincoli delle reti di stazioni radio dislocate sul territorio. In pratica sarà possibile chiamare ed essere chiamati da ogni punto del pianeta con telefonini tascabili. Esistono diversi progetti in concorrenza per spartirsi un mercato mondiale stimato in 20-25 milioni di utenti. I favoriti sembrano essere Iridium, dell'americana Motorola, che prevede il lancio di 66 piccoli satelliti in orbita bassa, e Globalstar. Quest'ultimo è proposto da un gruppo di aziende guidate dalla Loral (Usa): l'italiana Alenia Spazio parteciperà alla costruzione di 56 satelliti per un contratto da 278 miliardid i lire, pari al 21 per cento del valore complessivo della fornitura di tutti i satelliti Globalstar. Gli altri partner sono la francese Alcatel, la britannica Vodafone, la Deutsche Aerospace, le coreane Hunday Electronics Industries e Dacom, le americane Pactel e Qualcomm. Quando diventerà operativo, nel 1998, Globalstar permetterà di telefonare, trasmettere fax e scambiare dati in ogni parte del mondo grazie a 48 piccoli satelliti. Gli abbonati, che secondo le previsioni saranno quasi tre milioni nel 2002, si avvarranno del servizio a un costo di poco superiore alle tariffe del cellulare. I satelliti, con un peso di 450 chilogrammi, verranno collocati a gruppi di sei su otto orbite differenti, con un'altezza di 1400 chilometri e un periodo di circa due ore. La loro vita operativa sarà di almeno sette anni e mezzo. Ogni satellite (per assicurare la copertura ne sono sufficienti 40: gli altri otto saranno di riserva) servirà una «cella» del diametro di 5800 chilometri, mettendo in comunicazione i terminali mobili (i telefonini) con le stazioni di controllo e quindi con le normali reti telefoniche. A differenza di Iridium, i veicoli spaziali saranno essenzialmente dei ripetitori e la gestione del flusso delle comunicazioni sarà svolta a terra. La caratteristica di Globalstar sarà un metodo di trasmissione digitale chiamato Code Division Multiple Access (Cdma), che permette a più persone di utilizzare contemporaneamente la stessa banda di frequenza sia per comunicare a voce sia per la trasmissione dati, senza interferenze. Un altro vantaggio del sistema Globalstar è legato ai telefonini: progettati da uno dei partner, l'americana Qualcomm, avranno un costo (circa 750 dollari, cioè un milione e 200 mila lire), inferiore a quello dei concorrenti; e in più potranno funzionare anche con le reti cellulari. In pratica, la chiamata verrà inoltrata attraverso il sistema «terrestre» quando possibile, altrimenti via satellite. Il costo totale del progetto è di 1,8 miliardi di dollari, circa tremila miliardi di lire. Una cifra ragionevole, soprattutto se confrontata a quella di sistemi analoghi (quella prevista per Iridium è di 3,4 miliardi di dollari). E comunque ci si attende un successo tale da ripagare in abbondanza la spesa.(g. r.)


VERTICE IN GIAPPONE Quel disastro è innaturale... Che fare contro alluvioni, terremoti, vulcani, tifoni
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, RICERCA SCIENTIFICA, VERTICE
NOMI: ELIASSON JAN
LUOGHI: ESTERO, GIAPPONE
NOTE: 069

QUARANTA miliardi di dollari negli Anni Sessanta, 70 nel decennio successivo, 120 negli Anni 80, almeno 280 miliardi di dollari negli Anni 90: è la crescita dei danni provocati nel mondo dai disastri naturali; senza contare le vite umane perdute, i milioni di senzatetto, i profughi, gli enormi costi sociali e psicologici, i pesanti contraccolpi sulla crescita dei Paesi meno sviluppati. Perché questo drammatico trend? Gli esperti precisano che in parte potrebbe essere dovuto a una maggiore conoscenza di eventi che prima restavano nell'ombra (per esempio quelli avvenuti fino a qualche anno fa in Urss); ma, a parte questo, sottolineano che è il pianeta che, obiettivamente, diventa via via più vulnerabile a causa dell'aumento della popolazione e della sua concentrazione nelle zone urbane; proviamo solo a immaginare che cosa potrebbe accadere se il Vesuvio si ripetesse nella rovinosa eruzione del '79 oggi che sulle sue pendici vivono centinaia di migliaia di persone. Anche la crescente complessità tecnologica delle nostre città e della vita organizzata è assai più vulnerabile da terremoti, maremoti, tifoni, incendi, siccità di quanto non lo fosse un mondo agreste. Ma con l'aumentare della vulnerabilità un altro cambiamento importante, e di segno positivo, è avvenuto: l'uomo si è reso conto che gli sconvolgimenti della natura non sono una fatalità ineluttabile, che si possono prevenire, limitare, in qualche caso evitare. E un'altra constatazione è stata fatta: che vi è una strettissima connessione tra calamità naturali, mutazioni ambientali e sviluppo nel senso che le misure per contenere gli effetti dei disastri naturali sono un mezzo fondamentale, e non solo un costo addizionale, per non buttare al vento gli investimenti per uno sviluppo sostenibile. Ecco, in sintesi, le ragioni che nel 1989 hanno indotto l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a proclamare gli Anni Novanta il Decennio internazionale per la riduzione dei disastri naturali, ragioni analoghe a quelle che hanno portato, per esempio, alla Conferenza di Rio sull'ambiente e lo sviluppo e quella sui cambiamenti climatici. Ora a metà del decennio è stata organizzata una Conferenza mondiale sulla riduzione dei disastri naturali che si svolgerà a Yokohama, in Giappone, dal 23 al 27 maggio. Lo scopo è quello di fare un bilancio delle iniziative prese in questi primi cinque anni e di dare una spinta a quelle in cantiere. Che cosa si è fatto? Per esempio, dice Jan Eliasson, sottosegretario delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, si è cominciato a stendere tutto intorno al pianeta una rete di allarme che si va man mano infittendo ed è stato attivato un flusso di informazioni necessario per organizzare i soccorsi; molti Paesi hanno messo a punto le rispettive mappe dei rischi ed hanno intrapreso dei programmi di educazione; sono stati formulati programmi specifici per 18 Paesi particolarmente colpiti e per altri più vulnerabili che hanno interessato complessivamente settanta Paesi in Africa, nella regione andina, in Asia e intorno al Mediterraneo; le stesse Nazioni Unite si stanno attrezzando con un programma di intervento nelle situazioni di emergenza. Durante l'emergenza siccità nell'Africa meridionale nel '92, sostiene Eliasson, l'allarme tempestivo e l'azione coordinata ha prevenuto una catastrofe di enormi proporzioni salvando decine di migliaia di vite. «Oggi sappiamo che i costi di un'azione preventiva, sia in termini di sofferenze sia di denaro, sono inferiori di quelli che si avrebbero lasciando che i disastri avvengano e intervenendo dopo» conclude Eliasson. Infine sono stati mobilitati migliaia di scienziati che fanno capo a 128 comitati nazionali. In questo quadro va segnalata l'iniziativa dei ricercatori dell'Osservatorio Vesuviano di Napoli che pubblicano «Stop Disasters», una newseletter in quattro lingue diventata il mezzo di comunicazione mondiale in materia di riduzione dei disastri naturali. La conferenza di Yokohama, dice ancora Eliasson, «deve integrare la limitazione dei disastri naturali nelle strategie generali di sviluppo e deve individuare le risorse proporzionate all'obiettivo». Deve anche favorire una sintesi delle esperienze dei vari Paesi. La scelta di Yokohama non è senza significato: il Giappone, costretto a misurarsi con terremoti, maremoti e tifoni è oggi all'avanguardia della prevenzione dei disastri naturali e può insegnare molto a tutto il mondo. Vittorio Ravizza


ASTRONOMIA Rischio in cielo Bombe anti-asteroidi?
Autore: BATALLI COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, FISICA, ENERGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T.G. PROBABILITA' DI MORTE IN SEGUITO A DIFFERENTI CAUSE IN UN PAESE CON LA DENSITA' DI POPOLAZIONE DEGLI USA (da Nature) ========================================== INCIDENTE STRADALE 1/100 --- OMICIDIO 1/300 --- INCENDIO 1/800 --- ARMI DA FUOCO 1/2.500 --- INCIDENTE AEREO 1/20.000 --- IMPATTO CATASTROFICO 1/250.000 --- AVVELENAMENTO ALIMENTARE 1/3.000.000 ==========================================
NOTE: 070

IL 25 aprile un boato assordante ha scosso mezza Toscana facendo temere attentati o un terremoto. Finora nessuno ha potuto fornire una spiegazione plausibile, ma forse vecchi siberiani potrebbero rammentare qualcosa di simile che avvenne a Tunguska, anche se con conseguenze ben diverse, nel 1908. Ora si sa che a distruggere una foresta di 2000 km quadrati fu un asteroide roccioso di circa 100 metri di diametro che esplose a 8 km di altezza provocando un'onda d'urto della potenza di 10 Mt di Tnt (milioni di tonnellate di trinitrotoluolo). Il bolide di Tunguska è l'unico evento cosmico devastante a memoria d'uomo, ma la caduta di meteoriti di dimensioni più ridotte viene osservata sempre più frequentemente sia dallo spazio che da Terra. Tra il 1975 ed il 1992 i satelliti spia americani hanno fotografato 136 esplosioni di meteoriti nella troposfera e nella stratosfera terrestre con una potenza fino a 15 chilotoni di Tnt (Hiroshima). Nel 1947 si formarono circa 100 crateri maggiori di 1 metro di diametro per la caduta di meteoriti ferrosi a Sikhote-Alin (Siberia). Nel 1972 fu fotografato un meteorite di qualche decina di metriche ha attraversò il cielo nordamericano lasciando una scia luminosissima per vari minuti. Due anni fa l'evento più significativo in Italia, sopra l'Adriatico, fra Friuli e Romagna: un forte boato udito per centinaia di chilometri e una scia vistosa. A parte questi meteoriti di piccole dimensioni, i cui danni possono essere casuali e limitati, ciò che più preoccupa è la presenza, rivelata da appositi telescopi, di asteroidi in rotta di quasi-collisione con la Terra. Si è molto parlato delle estinzioni di massa sulla Terra, fra cui quella dei dinosauri 65 milioni di anni fa dovute a comete o grandi asteroidi. Ma mentre tali catastrofi cosmiche sembrano avere una periodicità di 26 milioni di anni (la prossima dovrebbe avvenire fra 11 milioni di anni!) e mentre questi oggetti, data la loro luminosità, sono identificabili con anni o mesi di anticipo, per gli asteroidi vaganti il rischio di collisione inaspettata è molto più grande e il fenomeno deve essere preso sul serio dai governi di tutti i Paesi sviluppati. Proviamo a valutare i rischi reali di collisione con meteoriti e asteroidi e i metodi a disposizione per prevenire o annullare tali rischi. I parametri principali da tenere in considerazione sono: l'energia di impatto, che è proporzionale alla massa dell'oggetto e al quadrato della velocità, e la probabilità dell'evento. La maggioranza dei meteoriti con energie sotto il megaton vengono distrutti dall'attrito con l'atmosfera. Meteoriti con energie maggiori, come quello di Tunguska, hanno frequenza secolare. E' importante la composizione chimica dell'oggetto in quanto soltanto meteoriti ferrosi possono raggiungere intatti il terreno se hanno energie minori di 10 Mt. Questi oggetti arrivano con velocità di circa 20 km/sec, mentre le comete possono colpire la Terra anche a 60 km/sec. La seconda categoria comprende gli asteroidi che possono produrre un effetto devastante regionale. In questo caso un asteroide di 250 metri di diametro con un'energia equivalente di 1000 Mt produrrebbe un cratere di 5 km devastando un'area di 10.000 km quadrati. Cadendo su una superficie popolata potrebbe causare milioni di morti, ma senza conseguenze per l'intero pianeta. La terza categoria è la più pericolosa, ma la meno probabile: un oggetto di 10 km di diametro, come quello di 65 milioni di anni fa, libererebbe 100 milioni di Mt, provocando devastazioni globali con il cambiamento dell'ecosistema in quanto diecimila miliardi di tonnellate di polvere finirebbero nell'atmosfera causando quello che viene chiamato «inverno nucleare». Il limite inferiore per una catastrofe globale è costituito da un oggetto di 1,5 km di diametro con energia equivalente di 200 mila Mt. Dei circa 1000 asteroidi che incrociano l'orbita terrestre con tale diametro, solo 50 sono stati identificati e la probabilità che uno di questi colpisca la Terra nei prossimi 100 anni è, con 1/500, tutt'altro che rassicurante. Il programma americano di «Spaceguard Survey» che consiste in una rete mondiale di telescopi «Spacewatch» e di radar potrebbe in 25 anni trovare il 95 per cento di questi potenziali killer riducendo il rischio di 100 volte. Ma una volta individuati che cosa si può fare per neutralizzarli? La Nasa ha condotto, su richiesta del governo americano, una serie di studi per valutare la possibilità di deviare asteroidi in rotta di collisione con la Terra. I risultati hanno mostrato che per deviare oggetti di circa 100 metri di diametro basterebbe un razzo convenzionale di massa 200 kg a una velocità relativa di 12 km/sec. per mutare la velocità dell'asteroide di circa 0,6 cm/sec. Per oggetti più massicci, l'unico espediente a disposizione è l'appropriato uso di esplosioni nucleari. La testata nucleare in questo caso dovrebbe esplodere a una distanza dall'asteroide tale che i raggi gamma e i neutroni ad alta energia provocherebbero un'espansione del materiale di superficie per un terzo dell'area dell'asteroide inducendo un'onda d'urto di vari chilobar che espellerebbe il materiale irradiato. Si avrebbe così una perturbazione di velocità di 1 cm/sec in direzione opposta a quella della deflagrazione. Questo metodo eviterebbe di frammentare l'asteroide in pezzi che potrebbero a loro volta diventare dei proiettili. Per asteroidi del diametro tra 1 e 10 km sarebbero necessarie cariche di 100 e 10.000 Kt rispettivamente. E' chiaro che servirebbe una grande precisione di traiettoria, precisione tuttavia raggiungibile con i mezzi a disposizione. Ma vi è un altro pericolo da non sottovalutare con l'uso di tali tecnologie: qualcuno, terrestre o extraterrestre, potrebbe con una testata ben piazzata distruggere in parte o tutta la razza umana. Per esempio l'asteroide 1991 Oa potrebbe essere deviato su un'orbita di impatto con la Terra usando soltanto 60 MT di energia nucleare (nel 2070). Personalmente, ho presentato nel dicembre 1992 al Cnr la proposta di un progetto strategico di bioastronomia a cui avevano aderito 26 gruppi di ricerca italiani comprendenti 170 specialisti di astrofisica, biologia, chimica e geologia. Uno di questi sottoprogetti riguardava proprio la prevenzione delle catastrofi cosmiche e si proponeva, con la modesta cifra di 300 milioni, di attrezzare l'Osservatorio di Catania sull'Etna per partecipare al programma di difesa mondiale «Spacewatch». Ebbene, i 18 miliardi messi a disposizione dal Cnr per i progetti strategici sono stati ripartiti a aprile di quest'anno senza assegnare alcun finanziamento alla bioastronomia. Un progetto per la crescita dei tartufi ha ottenuto 500 milioni. C'è solo da augurarci che un giorno, invece dei tartufi, sull'Italia non piovano «funghi» di ben altra natura. Cristiano B. Cosmovici Coordinatore del programma italiano di bioastronomia


AERONAUTICA Le ali del dollaro Turisti sui caccia ex sovietici
Autore: BOFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, AEREI, MILITARI, TURISMO
ORGANIZZAZIONI: TURBOUNION
LUOGHI: ESTERO, CSI, RUSSIA, MOSCA
NOTE: 070

QUANDO ero presidente della TurboUnion di Monaco di Baviera, la ditta che ha sviluppato e prodotto il motore del velivolo «Tornado», dovevo rispondere alle domande più o meno tecniche che ci inviavano i giornalisti. Domande e risposte dovevano essere approvate da uno speciale ufficio della Nato, trattandosi di un aereo militare avanzato. Una domanda era: «E' previsto un impiego commerciale del Tornado?». Alcuni amici inglesi della Panavia, costruttrice del velivolo, mi avevano suggerito di rispondere che, trattandosi di un biposto, si poteva ipotizzare il trasporto di un passeggero per volta, da Londra a New York con qualche rifornimento in volo sull'Atlantico... Molte cose sono cambiate da allora e il problema della riconversione delle industrie belliche è comune sia nel vecchio schieramento occidentale che nell'ex Urss. E proprio qui, probabilmente perché la necessità aguzza l'ingegno, si cerca di utilizzare al meglio almeno i prodotti militari. A Kiev, ad esempio, la Antonov vende un efficiente velivolo antincendio, trasformato da un trasporto militare, a un prezzo molto basso tanto che dovrebbe essere preso in considerazione dal nostro ministero della Protezione Civile (è già impiegato in Canada, patria dei famosi Canadair). A Mosca è ora possibile volare sui più avanzati intercettori del mondo, il Mig 29 e il Su 27 nella versione biposto, naturalmente, con un pilota militare a chiunque «goda di buona salute» e sia disposto a pagare alla ditta Gigetc, con sede in Florida e ufficio a Parigi, 12.150 dollari più il biglietto aereo per Mosca e ritorno, per 3 giorni di voli di allenamento su reattori meno avanzati, fino al volo di un'ora sul Mig 29 o sul Sukhoi 27. Quest'ultimo è un mostruoso bireattore da intercettazione: sopporta accelerazioni di 9 G (che, se applicate, ucciderebbero probabilmente buona parte dei clienti), vola a 2650 km/h, decolla, malgrado le 30 tonnellate di peso, in 500 metri e sale in un minuto a 20 mila metri! Pagando 15 mila dollari ci si può fermare a Mosca 5 giorni e nei prezzi citati sono inclusi albergo, vitto e vettura con autista per l'aeroporto militare. Un'altra ditta si è specializzata nella trasformazione di carri armati in veicoli speciali di soccorso. Tolta la torretta e le armi queste grandi ambulanze cingolate possono guadare fiumi, attraversare boschi e campi per giungere dove un terremoto o una alluvione ha distrutto ponti e strade. A Mosca si può anche guidare un carro armato T 80 dell'ex Armata Rossa e, con un supplemento di prezzo, sparare un colpo del cannone. Sul numero di marzo di «Motociclismo» è comparsa la foto di un bellissimo sidecar argenteo, che è veramente una «bomba». Infatti è ricavato da una bomba al Napalm, così come ne sono ricavati mobili bar, poltrone e altri oggetti utili dalla ditta del Signor Harmut Bubenger. Chi è interessato a sdraiarsi su una ex bomba al Napalm o a viaggiarci dentro può trovare indirizzo e numero di telefono appunto su «Motociclismo». In attesa di altre notizie su applicazioni civili, non resta che rivedere il nostro giudizio circa la stupidità della domanda del giornalista, tanti anni fa. Gian Carlo Boffetta


RICERCA RAI-CNR Al cinema l'occhio batte dove il regista vuole Per lo spettatore di fiction una libertà di sguardo più limitata
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: OTTICA E FOTOGRAFIA, CINEMA, FILM
NOMI: TOSI VIRGILIO, MECACCI LUCIANO
ORGANIZZAZIONI: CSC, CNR
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070

IL nostro sguardo è meno libero quando segue le vicende narrate da un film. Un documentario gli lascia più autonomia. Ma il massimo della libertà è assicurato da una immagine fissa, come un quadro o una foto. Un regista che conosca a fondo i meccanismi della percezione visiva di immagini in movimento può in pratica «prendere per mano» lo spettatore e guidarlo esattamente dove vuole, lungo il percorso visivo da lui desiderato. In sintesi, e con qualche semplificazione, questi sono i risultati di una ricerca condotta in collaborazione dalla Rai e dal Centro Sperimentale di Cinematografia (Csc), con la consulenza del Dipartimento di psicologia dell'Università di Roma «La Sapienza» e dell'Istituto di psicologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Guardare è una operazione molto più complessa di quanto generalmente siamo propensi a pensare. Di fronte a una immagine fissa i nostri occhi non stanno mai fermi: partono da un punto di maggior attrazione, quasi sempre vicino al centro, e poi esplorano saltando a zig-zag in modo apparentemente casuale da un punto all'altro dell'immagine e sostando per frazioni di secondo su alcune zone, chiamate «punti di fissazione». Oggi, grazie a telecamere e computer, questi minuscoli e rapidissimi movimenti oculari possono essere accuratamente registrati e studiati in condizioni di laboratorio ben controllate. E' quanto ha fatto sotto la guida di Virgilio Tosi l'equipe della Rai e del Csc, della quale facevano parte anche Luciano Mecacci dell'Università di Roma ed Elio Pasquali del Cnr. Di fronte a immagini in movimento, gli occhi rinunciano a esplorare compiutamente la scena e si lasciano pilotare da centri di attrazione creati dal movimento stesso. Di conseguenza, mentre il modo di guardare una immagine ferma varia molto da individuo a individuo, il modo di guardare un film è piuttosto uniforme: tutti gli spettatori tendono a esplorare l'immagine in moto nello stesso modo. Tecniche cinematografiche come l'uso del primo piano, il piano-sequenza, la zoomata, la carrellata e così via, inducono nella maggioranza del pubblico comportamenti ben precisi e costanti, determinabili sperimentalmente. La prevedibilità dei movimenti oculari diminuisce passando dalla fiction al documentario didattico. In questo caso l'osservatore si riprende una parte della sua libertà (peraltro involontaria: i moti oculari avvengono automaticamente, senza che ne siamo consapevoli). Il colore non sembra influenzare in modo significativo il processo di esplorazione dell'immagine filmica. Ricerche classiche su questo tema furono già svolte negli Anni 30 e 40 dal grande regista russo Eizenstein: le sue conclusioni, se ben analizzate, non furono poi molto diverse da quelle ottenute oggi con mezzi tecnici di gran lunga più sofisticati. Nonostante ciò, suggerisce la ricerca Rai-Csc, a un secolo dall'invenzione del cinema, c'è ancora molto da scoprire sulla percezione delle immagini in movimento. Delle nuove conoscenze si avvantaggeranno gli psicologi, ma anche i registi e tutti coloro che usano le immagini come linguaggio. Piero Bianucci


PROTESI DELL'ANCA Ossa metalliche E dopo due mesi, a spasso come prima
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. L'evoluzione della protesi dell'anca
NOTE: 071

QUESTA è la protesi d'anca biodinamica che rispetta nel limite del possibile la biomeccanica della struttura ossea, in quanto trasferisce i carichi per via fisiologica. E' stata progettata al Politecnico di Torino dall'ingegnere meccanico Pasquale Calderale, insieme all'ortopedico dell'Università di Bari Francesco Pipinome ed è stata scelta per curare il Papa, dopo la caduta. Questa protesi sostituisce l'articolazione limitatamente alla parte malata, lasciando integro il collo femorale e quindi tutta la struttura resistente naturale. Richiede quindi una minore resezione ossea. E' costruita in lega metallica e polietilene ad alta densità ed è disponibile in forme e taglie diverse, secondo la corporatura delle persone. La protesi richiede una preparazione minima per il suo alloggiamento: la coppetta in plastica (che sostituisce la cavità acetabolare, cioè la nicchia dove si inserisce la testa del femore) viene inserita nel bacino, mentre lo stelo (che serve a sostenere la testa femorale) viene inserito nel femore. In genere, dopo un paio di mesi di fisioterapia e stampelle, i pazienti possono camminare regolarmente.


INFORMATICA ASCII E la A diventa 65 VENTICINQUESIMA PUNTATA
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

IL Basic associa ad ogni carattere un valore numerico compreso fra 0 e 255, chiamato codice ASCII (da «American Standard Code for Information Interchange»). Ad esempio, la A maiuscola ha codice 65, B 66, la C 67, e così via, sino a Z che ha codice 90. La a minuscola ha codice 97, la b 98, la cifra 0 ha codice 48, la cifra 1 ha codice 49, e così via. Ovviamente, tutti i caratteri che possiamo stampare hanno codici diversi e ritroviamo questi codici su qualunque manuale del calcolatore o del DOS. Il Basic mette a disposizione del programmatore una coppia di funzioni per trovare il codice di un dato carattere o viceversa per identificare il carattere che corrisponde a un dato codice. La prima di queste due funzioni, ASC(SCA$), genera il codice ASCII del primo carattere della stringa contenuta in SCA$. Così, ad esempio, per conoscere il codice del carattere M sarà sufficiente scrivere: 10 SCA$="M" 20 PRINT ASC(SCA$) oppure 10 PRINT ASC("M") In entrambi i casi il calcolatore visualizzerà il numero 77. Si noti che nel secondo caso il carattere M dovrà essere delimitato da virgolette, perché altrimenti M sarebbe interpretato come il nome di una scatola nera. La seconda funzione CHR$ (N) genera invece quel carattere il cui codice ASCII è il numero contenuto nella scatola nera N. Se scriviamo: 10 N=77 20 PRINT CHR$(N) oppure, più semplicemente 10 PRINT CHR$(77) otteniamo la visualizzazione del carattere M. Chi avesse smarrito la tabellina dei codici ASCII, potrebbe farsela indicare dal calcolatore eseguendo il seguente programma: 10 FOR N=0 TO 255 20 PRINT N; " "; CHR$ (N) 30 FOR I = 1 TO 3000: NEXT I 40 NEXT N50 END L'esecuzione di questo programma è interessante. Infatti non tutti i numeri compresi fra 0 e 255 corrispondono a caratteri stampabili e molti sono i codici usati come informazione di controllo. Ad esempio, l'istruzione PRINT CHR$(7) produce un piccolo fischio o "beep" e l'istruzione PRINT CHR$(12) pulisce lo schermo, cancellando i caratteri scritti in precedenza. Nella scheda della settimana scorsa abbiamo confrontato due stringhe scrivendo un'istruzione del tipo IF A$ = B$ ecc. Oltre alla relazione di uguaglianza, che è vera se, e soltanto se, le due stringhe contenute in A$ e B$ sono ugualmente lunghe e coincidono esattamente, si possono usare le relazioni (maggiore), = (maggiore o uguale), (minore); = (minore o uguale), (diverso). A$ B$ significa che la stringa contenuta in A$ viene dopo la stringa contenuta in B$ in ordine alfabetico. Analogo è il significato delle altre relazioni. Si noti che "LUIGI" "LUIGINO" e che la valutazione dell'ordine alfabetico è fatta dal calcolatore sulla base dei codici ASCII dei singoli caratteri, compresi gli eventuali spazi. Per questo motivo, poiché i caratteri maiuscoli hanno codici inferiori ai corrispondenti caratteri minuscoli, "ZUCCA" precede "alfa". Converrà quindi trasformare tutti i caratteri minuscoli nei corrispondenti maiuscoli, prima di effettuare il confronto di due stringhe. Il seguente sottoprogramma, che utilizzeremo in seguito, trasforma gli eventuali caratteri minuscoli contenuti nella scatola SCA$ nei corrispondenti caratteri maiuscoli. 10000 FOR N=1 TO LEN(SCA$) 10010 CODICE=ASC(MID$ (SCA$,N,1)) 10020 IF CODICE =ASC("a" ) AND CODICE =ASC("z") THEN MID$(SCA$,N,1)=CHR$ (CODICE-32) 10030 NEXT N 10040 RETURN Il sottoprogramma lavora su tutti i caratteri della stringa al variare di N da 1 alla lunghezza della stringa, indicata dalla funzione LEN(SCA$). La 10010 determina il codice ASCII di ogni carattere della stringa. La 10020 verifica se quel codice appartiene a un carattere minuscolo e, in questo caso, sostituisce quel codice con il suo corrispondente maiuscolo, utilizzando la proprietà che la differenza dei codici delle maiuscole e delle minuscole vale 32. Il lettore è invitato a scrivere un analogo sottoprogramma che sopprima in una stringa gli eventuali spazi vuoti collocati in coda. Utilizzeremo anche questo sottoprogramma nelle prossime lezioni. (continua) SUPPONIAMO di volerci fare interrogare dal calcolatore, per vedere se ricordiamo le capitali dei più importanti paesi del mondo. Scriviamo per questo un programma del tipo seguente: 10 REM PRIMA DOMANDA 20 PRINT "Qual è la capitaledella Francia?" 30 INPUT R$ 40 IF R$ = "PARIGI" THEN GOTO 130 50 REM SEGNALAZIONE DI ERRORE 60 PRINT CHR$(7); CHR$(7) 70 PRINT "La risposta è errata!" 80 FOR N = 1 TO 1000 90 NEXT N 100 PRINT "Studia di più!" 110 GOTO 200 120 REM MESSAGGIO DICONGRATULAZIONI 130 PRINT "Bravo, la risposta èesatta!" 140 FOR N = 1 TO 1000 150 NEXT N 200 REM SECONDA DOMANDA 210... ecc. Il programma contiene alcune novità che non sono di grande importanza. La prima è la PRINT CHR$(7), che compare nell'istruzione 60. CHR$(7) è il carattere che ha codice uguale a 7 nella tabellina standard dei cosiddetti "codici ASCII". Questo codice non corrisponde a un carattere alfabetico, ma a un ordine elementare per il calcolatore, ossia all'ordine di emettere un "beep", un breve fischio. L'istruzione 60 serve quindi a produrre due fischi consecutivi, che saranno emessi per dare maggior risalto alla segnalazione di errore. Le istruzioni 80 e 90 costituiscono un ciclo "senza corpo", ossia un ciclo che viene descritto 1000 volte senza fare alcuna attività oltre all'aggiornamento del contatore N. Lo scopo di queste due istruzioni è semplicemente quello di perdere tempo, per intervallare la visualizzazione del messaggio di errore e la formulazione della domanda successiva. Il tempo necessario per l'esecuzione completa del ciclo delle istruzioni 80 e 90 è molto variabile e dipende dalla velocità del calcolatore su cui gira il programma. Un 486 a 66 MHz è almeno cento volte più veloce degli elaboratori personali della prima generazione. Chi ha la fortuna di possedere un gioiello dell'ultima generazione dovrò quindi sostituire il numero 1000 dell'istruzione 80 con un numero più grande, mentre chi è rimasto alle prime macchine lo sostituirà con un numero più piccolo. Il gioco della regolazione dell'istruzione 80 sarà molto utile anche al fine di comprendere meglio quale sia la velocità di lavoro del calcolatore che si sta usando. Il programna di interrogazione che stiamo discutendo sarà probabilmente molto lungo e sarà costituito da tanti blocchi, uno per ciascuna domanda, e ogni blocco sarà composto da sezioni, come abbiamo visto nell'unico blocco che abbiamo trascritto: la sezione di interrogazione (istruzioni da 10 a 40), la sezione di errore (da 50 a 110) e la sezione di congratulazioni (da 120 a 150). Capitale della Francia? I blocco Errore Congratulazioni Capitale della Spagna? II blocco Errore Congratulazioni ecc. Nel programma la sezione di errore comparirà, sempre uguale, in tutti i blocchi. Analogamente, la sezione di congratulazioni comparirà sempre nella stessa identica forma, tante volte quante sono le domande che si intendono porre. Appare così evidente la convenienza di organizzare il programma nel modo indicato nella figura seguente. La sezione di errore e quella di congratulazioni compaiono una volta sola, con notevole riduzione della lunghezza del programma. Interrogazione sulla capitale della Francia. Se errore GOTO 1000. Se non errore GOTO 1200 Interrogazione sulla capitale della Spagna. Se errore GOTO 1000. Se non errore GOTO 1200........ 1000: ERRORE ...... 1200: CONGRATULAZIONI......... Le sezioni "errore" e "congratulazioni" sono due primi esempi di "sottoprogrammi". Provi il lettore a riscrivere il programma nella nuova forma, usando le istruzioni di salto condizionato: IF...GOTO... L'esercizio è difficile perché occorre inventare un meccanismo per ricordare, quando si salta all'istruzione 1000 oppure 1200, dove ritornare dopo aver eseguito il sottoprogramma. L'esercizio sarà comunque molto utile perché ci aiuterà a comprendere il concetto di sottoprogramma, uno dei più importanti dell'informatica. Nella prossima scheda torneremo sull'argomento e vedremo una coppia di istruzioni che il BASIC, come tutti gli altri linguaggi di programmazione, mette a disposizione del programmatore per risolvere in modo facile il problema di saltare a un sottoprogramma e di ritornare, dopo la sua esecuzione, nella posizione corretta. (continua)


LE DATE DELLA SCIENZA Gilbert, scienziato magnetico
AUTORE: GABICI FRANCO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
PERSONE: GILBERT WILLIAM
NOMI: GILBERT WILLIAM
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

IL 25 maggio 1544, cioè 450 anni fa, nasceva a Colchester (Essex, Gran Bretagna), William Gilbert, fisico e stimato medico della regina Elisabetta. Nel 1600 il Gilbert aveva pubblicato il «De magnete», primo trattato elementare moderno di magnetismo, scampato, tra l'altro, a un incendio che distrusse molti altri suoi scritti e strumenti da lui costruiti. Il «De magnete», che uscì dopo 18 anni di esperienze, ebbe larga diffusione in Europa e probabilmente indusse Galileo a interessarsi di calamite. Fu Gilbert, inoltre, a coniare per primo il termine «elettrico» per designare i fenomeni di elettricità per strofinio. Ragazzo precoce, già a vent'anni Gilbert era insegnante di matematica, mentre a 25 aveva conseguito la laurea in medicina e in fisica. Si interessò prima di chimica per poi dedicarsi agli studi sull'elettricità e il magnetismo, radunando in casa propria amici e curiosi per studiare e allestire esperienze. Secondo alcuni, questi raduni presso la sua abitazione costituirono il primo nucleo della prestigiosa Royal Society. I fenomeni del magnetismo erano allora molto alla moda, anche grazie al diffondersi della «bussola magnetica», che Gilbert chiamava il «dito di Dio» e che studiò a fondo per carpirne i segreti. Convinto del ruolo primario dell'esperienza nello studio dei fenomeni naturali, Gilbert si costruì una sfera di materiale magnetico, che chiamò «la terrella», con la quale effettuò esperienze che, riprendendo una intuizione di Girolamo Fracastoro, lo condussero a interpretare la Terra come un grande magnete responsabile della deviazione dell'ago della bussola (prima si pensava che l'ago fosse deviato da influssi celesti). Il magnetismo terrestre fu una delle grandi intuizioni di Gilbert, unitamente alla distinzione fra fenomeni elettrici e magnetici e all'aver messo in evidenza la persistenza dei «poli» in una calamita spezzata (anche il termine «polo» è dovuto a Gilbert). Scrisse un trattato di cosmologia uscito postumo, «De mundo nostro sublunari philosophia nova» (1651), nel quale, seguendo le idee di Giordano Bruno, sosteneva che le stelle fisse si trovassero a diverse distanze dal nostro sistema solare e che a loro volta fossero il centro di altri sistemi planetari. Morì durante una grande epidemia di peste a Londra nel novembre del 1603. Franco Gabici


STRIZZACERVELLO L'acquisto misterioso
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

Un cliente entra nel negozio che cercava e chiede al commesso se è in vendita un determinato articolo. «Certo!» risponde premuroso l'interpellato. «E quanto costa?» si informa subito dopo l'acquirente. «Per uno dovrebbe pagare 4500 lire» risponde il commesso «mentre per cinque il prezzo è lo stesso. Per quindici invece il costo sale a 9000 lire mentre per centodieci si sale a 13500 lire. Naturalmente questa cifra è valida anche per centosessanta e per duecentoquaranta». «Grazie! Ora che lo so, mi farò i miei conti e poi ripasserò» conclude il cliente andandosene. Di che diavolo di acquisto si tratterà mai? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI Se vuoi abbronzarti apri la finestra
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

E' vero che i raggi solari filtra ti dal vetro non abbronzano? Una radiazione elettromagnetica (qual è quella solare), incidente su una superficie di separazione di due mezzi, può essere parzialmente riflessa, assorbita dalla superficie stessa oppure trasmessa. I coefficienti di riflessione, assorbimento e trasmissione variano a seconda dei materiali che costituiscono la superficie di separazione e dipendono dalla lunghezza d'onda della radiazione incidente. Il vetro, in particolare, ha un coefficiente di trasmissione circa pari a uno per le radiazioni appartenenti allo spettro del visibile e circa nullo per le radiazioni infrarosse e ultraviolette (quelle che ci fanno abbronzare). Quindi è vero che il vetro impedisce l'abbronzatura. Eleonora Artuso Torino Come si producono i colori? La chimica delle sostanze coloranti parte da una serie di materie prime aromatiche, che vengono convertite in prodotti intermedi, trasformati a loro volta nei coloranti veri e propri. Le materie prime aromatiche fanno parte di una serie di composti organici la cui struttura molecolare contiene carbonio, ossigeno, idrogeno, azoto e a volte zolfo, disposti in modo ordinato nello spazio. Queste materie derivano quasi tutte dalla molecola elementare del benzene, su cui vengono sostituiti gli atomi che produrranno colore. Il colore si può ritenere «fisicamente» costituito dall'insieme delle radiazioni che non vengono assorbite dalle sostanze e, quindi, risulta essere il complementare di quello che si ottiene dall'insieme delle radiazioni assorbite. Esso dipende dalla disposizione degli atomi nella molecola organica e dalla presenza degli atomi «cromofori», che sono appunto i veri responsabili del colore. Una sostanza colorata non è ancora un colorante in quanto non è in grado ancora di fissarsi, ad esempio, su una fibra tessile, non possedendo gruppi di molecole adatti a tale scopo. E' la presenza di gruppi di molecole detti «auxocromi» che permette alla sostanza colorata di fissarsi sulla fibra, diventando quindi un colorante in senso stretto. Oltre ai coloranti sintetici, esiste anche una serie di coloranti naturali che appartengono al regno vegetale o animale e che, a differenza dei primi che vengono utilizzati prevalentemente per uso tessile, sono usati in campo alimentare (in quanto non nocivi al corpo umano). Davide Di Discordia Racconigi (CN) Perché, infilando un cucchiai no nel collo di una bottiglia contenente una sostanza ga sata, questa non si sgasa? Questa affermazione è errata e presumibilmente frutto di una credenza popolare. La superficie di contatto tra il liquido (spumante) e l'atmosfera è permeabile e non è ostacolata da nessun impedimento fisico, pertanto il gas (anidride carbonica) tende a passare da dove è presente in maggiore concentrazione a dove la concentrazione è minore, fino al livellamento delle pressioni parziali (legge di Henry). E lo spumante diventa imbevibile, a dispetto del manico del cucchiaino. Stefano Toria Roma Perché gli uccelli hanno bec chi diversi? Il becco degli uccelli presenta forme diverse secondo il tipo di alimentazione. Uccelli granivori come il fringuello hanno becchi forti per rompere i semi, uccelli insettivori come i rondoni li hanno corti, le anatre li hanno larghi e piatti per pescare i vermi e i piccoli pesci nell'acqua. I rapaci presentano becchi uncinati atti a strappare e lacerare le carni delle loro prede. E' interessante notare la specializzazione di alcuni tipi di becchi come quelli dei fenicotteri, che sono curvati in modo da poter raccogliere alghe e larve strisciando sul fondo del fango, o come quelli dei colibrì che succhiano il nettare dei fiori inserendo il lungo e sottile becco mentre sono in volo. In quest'ultimo caso ciascuna specie succhia il nettare di fiori diversi e pertanto le dimensioni del becco variano secondo i fiori da visitare. Valeria Fossa, Torino


IN BREVE Il gas in Italia archivio storico
ARGOMENTI: ENERGIA
ORGANIZZAZIONI: ARCHIVIO STORICO ITALGAS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070

Più di 5000 volumi, mille metri lineari di documenti, duemila stampe, foto e manifesti, 250 apparecchiature e strumenti: in sintesi, è l'Archivio storico che l'Italgas ha inaugurato lunedì a Torino, un materiale che racconta la storia di una tecnologia decisiva per la rivoluzione industriale. Le radici dell'Italgas risalgono al 1837, e al 1852 quelle della Società per la condotta di acque potabili, anch'essa appartenente al gruppo Italgas e documentata in questo archivio. La società torinese distribuisce attualmente il metano a quasi cinque milioni di utenti in più di 1400 Comuni, attraverso 83 mila chilometri di rete.


IN BREVE Mostra a Roma contro il razzismo
ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, ROMA
NOTE: 070

Si è aperta a Roma al Museo nazionale preistorico Pigorini dell'Eur la mostra «Lo stupore della diversità. Viaggio alle radici della discriminazione razziale». E' la dimostrazione dell'infondatezza scientifica del razzismo, oggi comprovata dalle più avanzate ricerche genetiche, tra le quali quelle di Luca Cavalli Sforza.


IN BREVE Salone del Libro Quanta scienza?
ARGOMENTI: DIDATTICA, SALONE, LIBRI
LUOGHI: ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: 070

Si apre domani a Torino il settimo Salone del Libro. Le novità che verranno presentate sono circa 2500. La scienza non riceve molta attenzione dagli editori: solo il 4 per cento di queste novità tratta discipline scientifiche, contro il 14 per cento della narrativa, il 3 per cento della manualistica e il 79 per cento della saggistica varia.


IN BREVE L'ambiente del Po in 700 fotografie
ARGOMENTI: ECOLOGIA, FOTOGRAFIA
LUOGHI: ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: 070

Rimarrà aperta fino al 29 maggio al Palazzo reale di Torino la mostra «Riflessi di vita sul Po», frutto di un concorso lanciato dall'Azienda Po Sangone. Le foto esposte sono state scelte tra le 700, in colore e in bianco e nero, inviate da tutt'Italia da professionisti e dilettanti dell'obiettivo. Tutte documentano lo stato ambientale e le attività umane intorno al maggior fiume del nostro Paese, dal Monviso al delta. Il 2 e 3 giugno all'Accademia delle Scienze torinese si terrà il convegno «Risorsa Po: un bene da proteggere, un bene da valorizzare». Il Csi- Piemonte presenterà esempi di elaborazioni informatiche di immagini del territorio padano.


IN BREVE Trieste: teoria dei quanti
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, TRIESTE (TS)
NOTE: 070

Il 27 e 28 maggio si terrà a Trieste il settimo incontro nell'ambito del corso in giornalismo scientifico: sarà dedicato alla meccanica quantistica.


IN BREVE In Cile contesa per l'Osservatorio
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ESTERO, CILE
NOTE: 070

L'Eso, Osservatorio australe europeo, si vede contestare da privati la disponibilità della cima del monte Paranal, dove dovrebbe sorgere il più grande telescopio del mondo. Il governo cileno, che ha già concesso il sito, interverrà per risolvere la contesa.


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

QCome agisce un antibiotico? QPerché, dopo uno sforzo fisico, si ha caldo? QChi ha inventato il microscopio? Francesca Sismondi QPerché le barche galleggiano sull'acqua? ______ Risposte a: «La Stampa-Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011-65.68.688




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