TUTTOSCIENZE 5 maggio 93


ESPERIMENTO PILOTA EUROPEO Anche tu camminerai Dai chip una nuova speranza per i paraplegici
Autore: VERNA MARINA

ARGOMENTI: ELETTRONICA, MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA', TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069. Progetto «More»

HANNO gambe perfettamente funzionanti eppure non le possono muovere dal cervello non arrivano gli ordini ai muscoli. E' l' effetto della paraplegia, una lesione irreversibile del midollo spinale, che blocca i messaggi nervosi tagliando in due la loro principale via di scorrimento, all' interno della colonna vertebrale. Tutto quello che sta al di sotto, è irrimediabilmente paralizzato. In Europa ci sono 300 mila paraplegici, quasi tutti giovani (età media: 30 anni) e rimasti invalidi dopo un incidente stradale. Da secoli, da quando Galvani scoprì, con le sue rane, che le cellule si parlano con brevi impulsi elettrici, i medici sognano di farli arrivare ugualmente alle gambe paralizzate, questi ordini elettrici. Per una via completamente diversa, ovviamente, e con un linguaggio molto più semplificato, che non riprodurrà certo la complessità del passo, ma permetterà comunque ai paraplegici di spostarsi. Ora il sogno sembra meno lontano. I bioingegneri parlano di «locomozione chip guidata». Fa parte della sofisticata e al momento ridottissima pattuglia di dispositivi intelligenti capaci di interagire con il sistema nervoso: controllandolo, condizionandolo e addirittura sostituendone eventuali parti irrimediabilmente perse. Di queste protesi esistono già alcune versioni relativamente semplici: il pace maker, ad esempio, che regolarizza il battito cardiaco attraverso un impulso elettrico periodico. O gli stimolatori elettrici che controllano la respirazione e la vescica dei paraplegici. O ancora i recentissimi stimolatori della coclea, che dovrebbero ridare l' udito ai sordi profondi. Per far camminare i paraplegici, si sta pensando a una sorta di centralina miniaturizzata, da portarsi addosso, collegata a una serie di stimolatori inseriti nelle gambe. Se l' idea è relativamente semplice, gli ostacoli sono invece tantissimi. Innanzitutto, il meccanismo del camminare è chiaro solo in parte e quello che si conosce lascia intendere che è molto complesso. Ogni pur minimo movimento è controllato infatti da decine di muscoli. Intervenire su ciascuno non è pensabile. Occorre quindi immaginare un modo di camminare semplificato rispetto a quello naturale, che possa essere riprodotto artificialmente e «pilotato» da un numero contenuto di aghi nelle gambe, che non trasformino il paraplegico in un San Sebastiano. Un primo passo è già stato fatto con il progetto pilota More (Mobility Restoration for Paralysed Persons, ripristino della mobilità nelle persone paralizzate), che ha coinvolto dall' 88 al ' 91 trecento paraplegici e un certo numero di Istituti di ricerca europei e americani, sotto la direzione del professor Antonio Pedotti, responsabile del Centro di Bioingegneria della Fondazione Don Gnocchi. Grazie a un sistema ibrido un «tutore» abbinato a un sistema di stimolazione elettrica con elettrodi di superficie i trecento hanno riacquistato la possibilità di stare in piedi e camminare. Naturalmente si tratta di un compenso parziale della disabilità, non certo di un recupero totale. Però è qualcosa di completamente nuovo. Già oggi il paraplegico può essere tenuto in piedi da una sorta di impalcatura metallica l' esoscheletro, appunto, o tutore che gli permette di camminare facendo forza sulle stampelle. Ginocchia e caviglie sono tenute strette da una morsa e il movimento si trasmette da un' anca all' altra: quando una si flette, l' altra si estende. Una fatica enorme che solo pochi riescono a sopportare. La novità di More è lo stimolatore elettrico a quattro canali, alimentato a pile e fissato alla cintura, che interviene sui muscoli paralizzati per favorire questo movimento alternato. Gli elettrodi vengono applicati alle cosce: davanti sui muscoli quadricipiti, dietro su quelli ischiocrurali. Il paziente controlla la stimolazione premendo i due interruttori posti sulle stampelle: il pulsante di destra attiva contemporaneamente i quadricipiti della gamba destra e gli ischiocrurali della sinistra, quello di sinistra l' altra coppia. Un sistema comunque molto faticoso e stressante, che non si adatta a tutti. Per questo i trecento del progetto pilota sono stati accuratamente selezionati e addestrati in tre fasi: una prima stimolazione elettrica dei muscoli, infiaccati dall' inattività; un lungo addestramento con il solo tutore; infine, il recupero del cammino vero e proprio, applicando contemporaneamente tutore e stimolazione. Il risultato è apprezzabile: stare in piedi, camminare in piano, salire le rampe, sedersi. Il prossimo passo sarà la stimolazione elettrica con dispositivi impiantati: elettrodi non più esterni agli arti, ma direttamente ancorati ai nervi e ai muscoli, che dovrebbero coordinare meglio i movimenti, riducendo anche la fatica. Il primo impianto sperimentale è previsto per il ' 94. Gli elettrodi (fino a 24) saranno collegati elettromagneticamente a una piccola centralina esterna portatile (non più grande di un walk man), capace di interpretare i comandi del paziente e inviare le sequenze di attivazione muscolare. Occorreranno comunque sempre il tutore e le stampelle. Un programma di ricerche canadese sta studiando una variante sullo stesso tema: una «centralina esterna» e un certo numero di microstimolatori (fino a 256] ), capsule ermetiche di vetro grandi come mezzo cerino e iniettate con un normale ago ipodermico sul muscolo o lungo il nervo da stimolare. Anche in questo caso, l' antenna trasmette agli elettrodi gli impulsi necessari al movimento. Per meglio capire come il corpo umano si muova nello spazio, il Centro di Bioingegneria ha messo a punto il sistema Elite (Elaboratore di Immagini televisive): quattro telecamere per inquadrare la persona che cammina e un calcolatore per ricostruire la traiettoria del corpo in movimento. Così si studiano le forze e i muscoli che entrano in gioco, per poi elaborare un passo semplificato, più facilmente stimolabile dall' esterno. Come dimostrano le ballerine, il corpo ha più di una risposta al medesimo problema: per alzare la gamba, ad esempio, loro non hanno bisogno, come tutti noi, di piegarsi da un lato. Marina Verna


CELLULE NERVOSE Perse per sempre Solo nei nervi periferici è possibile un recupero della lesione I prolungamenti dei neuroni, gli assoni, possono rigenerare
Autore: STRATA PIERGIORGIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA', RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069

IL dogma è ancora valido: le cellule nervose del nostro cervello non sono in grado di duplicarsi dopo la nascita. Un neurone distrutto non può essere sostituito attraverso una proliferazione dei neuroni sopravvissuti, come accade invece per la maggior parte delle altre cellule del nostro organismo. Più complesso è il problema di che cosa succede quando viene reciso quel sottile e talvolta lungo prolungamento della cellula nervosa, l' assone, che ha il compito di portare i messaggi nervosi da una parte all' altra del sistema nervoso. Nei nervi periferici è possibile ottenere un recupero completo della lesione, in quanto gli assoni rigenerano. Al contrario, nel sistema nervoso centrale (incluso il nervo ottico) la rigenerazione di fatto non avviene. Pertanto, dopo una lesione, gli assoni sezionati non sono in grado di ristabilire le connessioni interrotte. Oggi sappiamo che in realtà questi assoni hanno la capacità intrinseca di rigenerare, che però viene loro impedita per due ragioni. Da una parte esistono nel sistema nervoso centrale delle molecole proteiche presenti in alcune cellule della glia (oligodendroglia) che inibiscono la rigenerazione. Dall' altra, sono meno attive le molecole trofiche importanti per facilitare la rigenerazione, molecole che abbondano nei nervi periferici lesionati. In esperimenti eseguiti prevalentemente su ratti, si è potuto dimostrare che, se si pone un tratto di nervo periferico a contatto con cellule nervose lesionate del sistema nervoso centrale queste cellule possono fare rigenerare i loro assoni lungo il tratto di nervo periferico. Alcune di queste nuove fibre centrali possono uscire dall' estremità opposta del nervo periferico e invadere un piccolo tratto, dell' ordine del millimetro, del sistema nervoso centrale, dove manca la oligodendroglia. In qualche caso si è potuto dimostrare il ristabilirsi della via interrotta. Questi risultati sono quantitativamente limitati e non consentono per ora di procedere con questa tecnica a riparare i danni nell' uomo. Pertanto, sulla base delle attuali conoscenze, ogni tentativo di ristabilire le connessioni interrotte nel sistema nervoso dell' uomo non è praticabile. Quali sono allora le possibilità di recupero funzionale a seguito di lesioni del sistema nervoso centrale nell' uomo? Una strada è quella dei trapianti. Il trapianto di cellule embrionali poste direttamente nel tessuto cerebrale ha fornito risultati chiaramente positivi in esperimenti su animali e qualche risultato incoraggiante in pazienti affetti da morbo di Parkinson, nei quali degenerano cellule che producono dopamina. Questa tecnica è attualmente in pieno sviluppo e promette di portare benefici più concreti di quelli ottenuti finora. A questo proposito ricordiamo due novità interessanti apparsi nel mese di aprile sulla rivista Nature. In modelli di Parkinson animale, sono state trapiantate con successo cellule muscolari trattate con tecniche di ingegneria genetica in modo tale da far loro produrre dopamina. Quando questa tecnica sarà applicata all' uomo, si potrà evitare il prelievo di cellule embrionali che attualmente vengono ottenute da aborti spontanei. Inoltre, sono anche descritti risultati positivi, sempre sull' animale, ottenuti con il trapianto di cellule di oligodendroglia, per ricostituire la guaina di mielina attorno ad assoni demielinizzati. Attualmente, nell' uomo, il recupero delle lesioni nervose centrali è legato allo sfruttamento delle capacità funzionali dei neuroni superstiti. Ad esempio, nel caso di un' interruzione parziale del midollo spinale (paraplegia e tetraplegia ) diventa molto importante utilizzare al meglio l' uso dei circuiti superstiti. Questo si può ottenere con due meccanismi principali che negli ultimi anni hanno dimostrato di essere molto più efficaci di quanto si era finora immaginato. 1. Le cellule nervose sopravvissute sono in grado di rimodellare le loro arborizzazioni terminali che sono a contatto con altre cellule. In questo modo cellule che erano rimaste orfane delle loro vie afferenti possono ora ricevere segnali da vie afferenti a loro vicine (reinnervazione collaterale). 2. E' possibile utilizzare le vie nervose superstiti per prestazioni supplementari a quelle che si avevano prima della lesione. In ambedue i casi sono di fondamentale importanza adeguate terapie riabilitative. Vi sono prove che la reinnervazione collaterale può essere potenziata con l' attivazione delle cellule superstiti. Inoltre, attraverso adeguate terapie, si può insegnare al cervello a usare strategie alternative a quelle normalmente usate. Piergiorgio Strata Università di Torino


ANATOMIA STAGIONALE E' primavera, si allarga il cervello Non solo, come già si sapeva, negli uccelli ma anche nei mammiferi
Autore: MUHM MYRIAM

ARGOMENTI: BIOLOGIA, ZOOLOGIA
NOMI: WEILER ELKE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 069

E' difficile immaginare che il cervello dei mammiferi possa essere soggetto a variazioni di peso e a modificazioni neuroanatomiche secondo le stagioni. Eppure proprio a questi risultati è arrivato uno studio condotto da Elke Weiler dell' Istituto di Zoologia dell' Università di Tubingen. Da tempo si sa che le variazioni ormonali durante il cambio di stagione influiscono sulla massa cerebrale di alcuni uccelli. Gli scienziati erano però molto scettici sul fatto che questo potesse valere anche per i mammiferi. Invece Elke Weiler ha dimostrato che è vero. Dai dati raccolti in 10 anni di lavoro su 170 martore risulta che, contrariamente alle variazioni di peso corporeo (aumento in autunno/inverno e calo in primavera/estate), nella fase invernale tra i maschi si registra una drastica riduzione del peso dei testicoli pesano circa mezzo grammo mentre in primavera si osserva un aumento esplosivo con punte medie di 3 grammi in aprile. Contemporaneamente si rilevano variazioni simili seppure meno rilevante, per quanto concerne il cervello, il quale a dicembre pesa in media 6, 5 grammi, mentre in aprile raggiunge in media i 7, 5 grammi. Secondo gli scienziati di Tubingen, queste oscillazioni non sono da imputare a un aumento dei liquidi cerebrali ma esclusivamente a un incremento della massa dei tessuti neuronali Inoltre, come affermano i ricercatori, le variazioni di peso sono accompagnate da modifiche delle strutture neuroanatomiche. Evidentemente, visto che determinati fenomeni avvengono più o meno contemporaneamente, è molto probabile che vi sia una correlazione tra aumento di peso dei testicoli, maggiore produzione di testosterone e aumento della massa cerebrale. Le femmine sembrano escluse da queste variazioni di peso del cervello. Almeno, quelle delle martore. Myriam Muhm


LO SPACELAB IN OPERA Ecco la telescienza Da Napoli allo shuttle
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: MONTI RODOLFO, NAPOLITANO LUIGI
ORGANIZZAZIONI: MARS, ALENIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070

L' immagine sul monitor sarebbe incomprensibile se il professor Francesco Saverio Gaeta non la interpretasse per il profano: è quella di una colonna trasparente lunga circa sei centimetri e larga tre; è formata da olio silicone e contiene impurità costituite da minuscoli frammenti di vetro; questi hanno il compito di visualizzare i movimenti del liquido nella colonna. A un certo punto il moto delle particelle spia, da regolare che era, tende in una direzione precisa. «Ecco, è esattamente quello che ci aspettavamo di vedere da questo esperimento» commenta Gaeta. Siamo a Napoli, nei laboratori del Mars, Microgravity Advanced Research and Support Center. L' immagine sul monitor arriva dalla navetta americana «Columbia» che in questo momento vola sul Pacifico davanti alle coste del Perù. L' esperimento in corso, che ha per oggetto il comportamento di un fluido in assenza di gravità (una nuova branca della scienza chiamata fluodinamica gravitazionale), è stato ideato appunto dal Mars. Ed è importante per l' intrinseco valore scientifico e anche perché per la prima volta gli scienziati che lo hanno ideato lo dirigono, lo vedono svolgersi, ne controllano i risultati in tempo reale. Qui a Napoli ci sono i giovani ricercatori del Mars, al centro di controllo dell' Agenzia spaziale europea di Oberpfaffenhofen c' è il capo del team, Rodolfo Monti. Le voci e le immagini degli astronauti in jeans e maglietta «galleggianti» nello Spacelab, il laboratorio spaziale inserito nella fusoliera della navetta, si incrociano con ordini e suggerimenti in partenza da terra, sia dalla Germania sia da Napoli E' la telescienza. Fin dalla prima missione dello Spacelab, nell ' 85, gli scienziati hanno cercato di parlare direttamente con gli astronauti per tenere sotto stretto controllo gli esperimenti che avevano progettato. In effetti missione dopo missione questo obiettivo è stato via via sempre più avvicinato. «L' obiettivo è far sì che lo scienziato possa lavorare nel proprio laboratorio mettendo le mani nell' esperimento» afferma l' ingegner Federico Cavaliere. Con la missione della navetta decollata il 26 aprile e quasi interamente dedicata alla Germania (sette astronauti di cui due tedeschi, 92 esperimenti di cui 33 gestiti dall' Esa nel campo della scienza dei materiali, scienza della vita, astronomia, osservazione della Terra, robotica) la telescienza ha fatto un altro importante passo avanti. Dai 300 mila metri di quota della Columbia i dati (sotto forma di segnali radio) erano inviati ad un satellite Tdrss della Nasa (dedicato ai collegamenti con oggetti spaziali) e di qui trasmessi alla stazione di White Sands (New Mexico); questa li rilanciava ad un satellite Usa per telecomunicazioni e da questo finivano ai centri Nasa, il Kennedy di Cape Canaveral in Florida e il Goddard nel Mary land. Il balzo successivo, via un satellite Intelsat sopra l' Atlantico, portava i dati a Oberpfaffen hofen, vicino a Monaco. La parte più innovativa è stata quella del tratto «italiano»: una stazione di Telespazio ha rilanciato i dati al satellite italiano Italsat e un' altra stazione Telespazio li ha raccolti a Napoli con un' antenna parabolica di tre metri sul tetto del Mars. Il Mars è un consorzio tra l' università di Napoli e l ' Alenia con una trentina di ricercatori la cui età media si aggira sui trent' anni. Costituito cinque anni fa si occupa di ricerca e sperimentazione microgravitazionale, un campo aperto dal professor Luigi Napolitano, scomparso lo scorso anno. Che cosa ha dimostrato l' esperimento «guidato» da Napoli via Oberpfaffenhofen? E quali potranno essere i suoi effetti pratici? La modificazione dei moti convettivi nel «ponte liquido» rappresentato dalla colonna di olio silicone è stata ottenuta riscaldando in maniera non uniforme la superficie liquida e si è visto che le zone più fredde avevano una tensione superficiale maggiore di quelle più calde; si è vista anche una migrazione delle molecole superficiali di liquido dalle zone calde verso le zone fredde; un fenomeno noto come «effetto Marangoni» dal nome dello scienziato italiano che lo ha intuito per primo. «La convezione dovuta ai gradienti di tensione superficiale indotta dicono i ricercatori del Mars può aiutarci a far migrare nella direzione voluta le impurità dei liquidi». Questo sarà importante per produrre fibre ottiche, cristalli, proteine, superleghe, cioè in tutti i casi in cui è richiesta la purezza assoluta del materiale. Vittorio Ravizza


Spacelab Il laboratorio creato dagli europei per la Nasa ha anticipato il futuro della Stazione spaziale
Autore: GUIDONI UMBERTO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: VALLERANI ERNESTO
ORGANIZZAZIONI: ALENIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070

NATO da una collaborazione fra Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Nasa, lo Spacelab è una attrezzatura dello Shuttle che viene montata nella navetta per ospitare le operazioni in volo delle missioni scientifiche: un vero e proprio laboratorio modulare, che può essere configurato per ospitare esperimenti dalla medicina alla cristallografia, dall' astrofisica alla microgravità. Una delle due configurazioni disponibili utilizza un modulo cilindrico, pressurizzato, collegato con la cabina dello Shuttle tramite un tunnel. Gli astronauti sono in grado di spostarsi dall' abitacolo della navetta al modulo laboratorio senza l' ingombro delle tute per attività extraveicolare e possono manovrare la strumentazione e i computer installati sulle pareti del modulo come se fossero in un normale laboratorio al suolo. In questa configurazione lo Spacelab è, di fatto, una estensione del volume abitabile dello Shuttle e fornisce un ambiente ideale per esperimenti che richiedono la diretta partecipazione dell' uomo. La medicina e la biologia spaziale sono tra le discipline che meglio utilizzano questa opportunità, con gli astronauti al tempo stesso sperimentatori e cavie di ricerche volte ad analizzare le reazioni del corpo umano all' assenza di peso. La seconda configurazione, invece, utilizza dei «pallet» esterni in grado di alloggiare strumenti, spesso ingombranti, che hanno bisogno di essere orientati nello spazio (telescopi, antenne radar), oppure esperimenti che richiedono una diretta esposizione alle impervie condizioni orbitali (pannelli solari o campioni di materiali). Oltre all' interfaccia meccanica, i «pallet» forniscono l' energia e le comunicazioni necessarie per le operazioni in orbita, consentendo agli astronauti, che lavorano nella cabina dello Shuttle, di ricevere i dati scientifici e di intervenire, se necessario, per ri programmare gli esperimenti in tempo reale. La prima missione, lo Spacelab 1 che fu a bordo dello Shuttle nel 1983, rappresentò anche la prima opportunità di volo per un astronauta europeo. Fu infatti Ulf Merlbord, di nazionalità tedesca ma selezionato come astronauta dell' Esa, a prendere parte alla missione di collaudo dello Spacelab che mise in risalto la versatilità della navetta americana trasformata, per l' occasione, in piattaforma orbitante per esperimenti scientifici. L' attuale missione D 2 utilizza entrambe le configurazioni dello Spacelab per condurre ricerche interdisciplinari che vanno dallo studio del corpo umano all' esplorazione della Via Lattea. Un contributo alla medicina viene da Anthrorack (dal greco «anthropos» e dall' inglese «rack» ad evidenziare la tecnologia applicata allo studio dell' uomo), una nuova apparecchiatura computerizzata: all' interno del modulo Spacelab, gli astronauti hanno studiato gli effetti dell' assenza di gravità sui meccanismi di regolazione cardiovascolare e sulle funzioni polmonari. All' altro estremo, la Galactic Ultra wide angle Schmidt Camera System (Gauss), montata sul pallet nella stiva del «Columbia», verrà utilizzata per raccogliere nuovi dati di interesse astronomico. Gauss utilizza un telescopio a corta focale, con una grande apertura angolare, per effettuare una «survey» fotografica della nostra galassia in 6 diverse bande spettrali. I risultati di queste osservazioni dovrebbero migliorare la conoscenza dei meccanismi di formazione delle stelle nella Via Lattea. Queste sono soltanto alcune delle 90 ricerche svolte dagli astronauti tedeschi e americani. A quasi dieci anni dal suo primo volo, Spacelab è diventato un componente essenziale del programma Shuttle. Le missioni che si sono succedute fino ad oggi hanno permesso di delineare il modo di lavorare nello spazio del prossimo secolo, quando le stazioni spaziali saranno realtà. Umberto Guidoni Candidato astronauta dell' Agenzia Spaziale Italiana


TELECOMUNICAZIONI A ogni uomo il suo numero Il telefono mobile satellitare si avvicina
Autore: BIGLIERI EZIO

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, ELETTRONICA, TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070. «Personal communicator»

IL filosofo Pierre Teilhard de Chardin coniò il termine «noosfera» per indicare in astratto la rete di collegamenti culturali creata dalle moderne telecomunicazioni. Oggi la noosfera può concretarsi in un sistema globale di telecomunicazioni ad accesso individuale e illimitato. La nuova idea è quella delle telecomunicazioni personalizzate: queste serviranno un grande numero di utenti muniti di terminali piccoli, leggeri e poco costosi, dotati di completa mobilità e flessibilità nell' accesso al sistema. La mobilità personale implica che l' utente verrà identificato da un numero di codice personale che gli permetterà di fare chiamate o riceverle su qualsiasi terminale. Molti di noi hanno un numero telefonico di casa, uno dell' ufficio, uno della segreteria... I nuovi sistemi sostituiranno tutto questo con un unico numero, associato alla persona invece che all' apparecchio, che ci permetterà di rintracciarla (se lo desidera... ) in ogni luogo e in ogni istante. Negli ultimi anni ci sono stati progressi importanti nei sistemi di telecomunicazione mobili e portatili. Benché sigle come Tacs, Gsm, Ct2, Umts dicano poco o nulla anche al più accanito utente del telefonino cellulare, è attraverso i sistemi che esse indicano che passerà il nuovo ruolo delle telecomunicazioni in un immediato futuro. Si sta attualmente introducendo, in Europa come altrove, la seconda generazione dei sistemi «radio mobili», cioè sistemi di telecomunicazione cellulare che consentiranno di trasmettere e ricevere telefonate da e per ogni destinazione, sia essa fissa o mobile. I cellulari digitali della seconda generazione chiamati Gsm (dal nome del gruppo che l' ha standardizzato: in francese Groupe Special Mobile), sono destinati a sostituire quelli analogici in modulazione di frequenza in uso attuale (il sistema Tacs). Il naturale sviluppo tecnologico si unisce a richieste di servizi sempre maggiori: si prevede che il 50 per cento del traffico telefonico del 2000 sarà associato a sistemi radio mobili. E' essenziale allora che, via via che questi sistemi vengono introdotti, nuovi sistemi siano destinati a sostituirli, occupandone la nicchia tecnologica ed espandendola. Avremo presto terze, quarte quinte generazioni, ognuna con nomi diversi e con caratteristiche nuove. Alla fine le vecchie generazioni verranno scartate, perché nessuno le starà più usando (ricordate i vecchi dischi a 78 giri? ): ma per un po' di tempo dovranno coesistere con le nuove, il che rende più delicata la loro programmazione. E' importante che quando si introducono nuovi sistemi questi non siano destinati a rallentare il naturale processo evolutivo di quelli che verranno: la pianificazione di nuovi servizi per la telefonia mobile deve guardare molto avanti, verso il 2000 e oltre. La Commissione delle Comunità Europee ha lanciato, già nel 1988, un' ambiziosa iniziativa di ricerca per creare un sistema radio mobile di terza generazione per la fine del secolo, detto Umts (Sistema Universale di Telecomunicazioni Mobili). Quali sono le tendenze che si possono anticipare in questo sviluppo? L' offerta di servizi personalizzati è una delle frontiere. Il servizio mobile cellulare attuale fornisce un progresso già significativo, perché consente una relativa libertà di movimento entro l' area coperta dal servizio. Un ruolo speciale potrà essere quello dei sistemi con accesso diretto a satellite: una rete di decine di satelliti, a cui il singolo utente si collegherà direttamente, gli permetteranno di comunicare, mediante un terminale così piccolo e leggero da essere portatile, con ogni altro utente o centrale di servizi posto in qualunque punto della Terra. Tra le applicazioni più rilevanti a cui possiamo pensare, oltre alle comunicazioni telefoniche, ci sono le ricerche su banche di dati, le comunicazioni da e per zone molto isolate, la posta elettronica, la trasmissione unidirezionale di dati (ad esempio per la determinazione della posizione dell' utente ), la trasmissione circolare di dati (ad esempio per indicazioni di traffico automobilistico o meteorologiche), le segnalazioni di allarme, la telemedicina (cioè la trasmissione di dati medici da luoghi isolati a centri ospedalieri attrezzati), e comunicazioni di emergenza da e verso aree isolate e nel caso in cui i sistemi di comunicazione terrestre siano danneggiati da terremoti o alluvioni. Ezio Biglieri Politecnico di Torino


NOVITA' A UMBRIAFICTION Tv dal cielo Con Eutelsat e fibre ottiche anche in Italia decolleranno radio e televisione da satellite
Autore: OTTAVIANI MAURO

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, TECNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: EUTELSAT
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 070

IL futuro della televisione via satellite in Europa, ma soprattutto nel nostro Paese, sarà caratterizzato da alcuni importanti sviluppi che ne potenzieranno fortemente la diffusione. Sono già oltre 120 le emittenti disponibili attraverso i vari satelliti geostazionari di telecomunicazione: una vera e propria televisione globale è dunque dietro l' angolo. Se ne è discusso a «Umbriafiction», manifestazione svoltasi in questi giorni a Perugia, e in particolare al convegno «Satellite e cavo». Una presenza eminente è stata quella dell' operatore satellitare più importante d' Europa: Eutelsat. Costituito sotto forma di consorzio, Eutelsat incorpora società private e pubbliche di 36 Stati. L' Italia vi partecipa con una quota dell' 8 per cento sottoscritta da Telespazio (Iri Stet). In Italia abbiamo assistito a una smisurata proliferazione delle emittenti radiotelevisive private. Spesso a questa crescita numerica non si è accompagnato un miglioramento della qualità ma, viceversa, un' applicazione di tecnologie obsolete e una programmazione talvolta scadente. Tuttavia l' utente medio, trovandosi in presenza di un' ampia scelta di stazioni, difficilmente si è rivolto al pur grande numero di emittenti televisive e radiofoniche via satellite, nonostante il costo in continuo calo degli impianti di ricezione, oggi prossimo a quello di un videoregistratore. Un dato significativo: in Italia si contano solo 80 mila antenne paraboliche contro i 4 milioni della Germania, i 3 milioni del Regno Unito e persino il milione della Polonia. Il dibattito sull' espansione tecnologica della televisione globale ha prodotto varie proposte: la creazione di programmi in lingua italiana rivolti ai 100 milioni di persone che in Europa la capiscono, il che corrisponde a una vera e propria esportazione di cultura; un canale di informazioni turistiche, essendo il nostro Paese detentore del 60 per cento del patrimonio artistico e storico mondiale; un canale sperimentale, culturale ed educativo permetterebbe all' Italia di recuperare il gap tecnologico. Una tipica applicazione del broadcasting via satellite è l' alta definizione con l' utilizzo di schermi dal rapporto base/altezza 16/9, lo stesso dello schermo cinematografico. Le maggiori case costruttrici hanno da tempo messo a disposizione televisori 16/9 con prezzi sempre più accessibili. Eutelsat, con la società britannica Ntl, ha completato una serie di sperimentazioni di trasmissione digitale a compressione numerica; con questa tecnica si è dimostrato che è possibile ridurre di oltre un quarto lo spazio occupato da un canale televisivo, aumentando proporzionalmente il numero dei canali su ogni satellite. Si apre così la via all' integrazione del satellite con le reti via cavo, già capillarmente presenti in altri servizi di telecomunicazioni, mediante il trasporto del segnale digitale su fibra ottica: utilizzando antenne comunitarie, il segnale del satellite viene portato fino all' utente senza che questi debba possedere un' antenna individuale. Una soluzione intelligente per la ricezione di un maggiore numero di canali via satellite, senza la complicazione e il costo dei sistemi motorizzati, consiste nelle antenne a due o tre «feed». Con queste antenne di tipo fisso, già sul mercato, sono ricevibili i satelliti che interessano di più. Un' antenna a due «feed» puntata su 13 e 19 Est, ad esempio, permette la ricezione contemporanea di Astra ed Eutelsat per un totale di circa 60 programmi. Eutelsat ha in programma il lancio di un satellite nella seconda metà del 1994: la ricezione sarà consentita con antenne di diametro ridotto (30 centimetri) e la copertura andrà dal Nord Africa all' Islanda e dal Portogallo al Medio Oriente. Mauro Ottaviani


IL MANATO E' goffo ma si chiama «Sirenide» Pacifico e, unico mammifero acquatico, erbivoro
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

LUNGO le coste della Florida s' incontrano qua e là cartelli con la scritta «Fate attenzione ai manati» e il ritratto di uno strano animale che pochi europei conoscono, perché vive soltanto in limitate regioni dell' America e dell' Africa. E' il manato comune, noto anche come «vacca marina» (Trichechus manatus), un bestione lungo tre metri, che pesa intorno ai sei quintali. Bello certo non è, col suo corpo tozzo tutto d' un pezzo, il testone massiccio, gli occhi spostati all' indietro, sempre velati da una densa secrezione delle ghiandole lacrimali, il grosso labbro superiore spaccato nel mezzo a formare due lobi cadenti. Fa sorridere pensare che il manato appartiene a un ordine di mammiferi battezzato " Sirenidi", quasi che ci fosse una qualche somiglianza tra le mitologiche sirene in topless e queste goffe, spoetizzanti creature Un paragone ingeneroso per le donne, che le sirene impersonano a metà. C' è un solo punto di contatto con la donna ed è il fatto che i sirenidi a cui appartengono, oltre al manato comune, il manato dell' Amazzonia (Trichechus inunguis), il manato africano (Trichechus senegalensis) e il dugongo (Dugong dugong) dell' Indopacifico posseggono anch' essi mammelle pettorali. Quando allattano il piccolo, le madri lo sorreggono e lo abbracciano con le larghe pinne anteriori, in atteggiamento simile a quello umano. I sirenidi sono gli unici mammiferi acquatici erbivori. I manati in particolare, che vivono indifferentemente nelle acque dolci, salmastre o marine, sono formidabili divoratori della vegetazione che cresce sul fondo dei fiumi e degli estuari. Li aiuta a masticarla una singolare dentatura, formata in ciascuna mezza mascella da 5 8 molari che curiosamente si spostano continuamente in avanti. Man mano che un dente cade, viene sostituito da quello successivo. Inoltre la bocca è corazzata da placche cornee che rivestono mandibola, palato e lingua. Per meglio assimilare i 25 30 chili quotidiani di alghe e di piante acquatiche, i manati hanno un intestino lunghissimo che misura sino a tredici volte la lunghezza del corpo. Sono talmente voraci che li si importa in molti paesi tropicali apposta per distruggere la vegetazione troppo rigogliosa che ostacola la navigazione fluviale. C' è in quei grossi bestioni che la gente conosce poco un misto di corpulenza e di fragilità. A vederli così massicci e robusti, ci si immagina che abbiano una resistenza a tutta prova e invece sono delicatissimi di salute. Basta un abbassamento della temperatura dell' acqua perché si buschino una polmonite e muoiano. E' questa la ragione per cui, nei mesi invernali, quando fa molto freddo, i manati migrano verso acque più calde. Quelli che vivono nel Parco Nazionale delle Everglades, in Florida, e appartengono alla sottospecie Trichechus manatus latirostris (cioè manati dal muso largo), se ne vanno nel Blue Spring, un fiume secondario ricco di sorgenti calde, dove la temperatura non scende mai al di sotto dei ventun gradi. Sono una trentina le zone della Florida, rigorosamente protette, in cui si radunano i manati. Un' altra è la King' s Bay, alla foce del Crystal River, dove la temperatura si mantiene stabilmente intorno ai 23 24 gradi. Ed è in quelle tepide acque limpide che si può osservare da vicino il comportamento dei singolari mammiferi acquatici. La biologa americana Barbara Bernier che ne ha fatto l' oggetto della sua tesi di laurea, è rimasta colpita dall' assoluta assenza di aggressività nei rapporti sociali. Nemmeno nella stagione degli amori, quando nelle altre specie si accendono le rivalità tra i maschi, si assiste a duelli tra manati. Sembra che ignorino la gelosia. Anche nei confronti dell' uomo, il manato si dimostra un animale pacifico. Preferisce fuggire, anziché attaccare. Eppure queste pacifiche creature, che non sono nè prede, nè predatori, rischiano l' estinzione. L' uomo si è accorto che sono quintali di carne commestibile, con una pelle eccellente per farne robuste calzature. E per giunta trasuda dai loro occhi una secrezione usata dagli indigeni come talismano d' amore. Ce n' è quanto basta per rendere la vita difficile ai superstiti manati e ai sirenidi in generale. Rischiano di far la fine di un loro non lontano antenato, che l' uomo è riuscito a far fuori in un tempo record: ventitrè anni. Si tratta della Rhitina stelleri, un sirenide scoperto nel l74l, trasformata immediatamente in olio e bistecche ed estinta nel l764. Un gigantesco mammifero, più grande dei manati e dei dugonghi, lungo otto metri e pesante quattro tonnellate, che viveva nelle isole Commodoro, nel Mare di Bering. Di lei, della grande Rhitina, non restano che uno scheletro esposto nel Museo di Zoologia di Leningrado e un cranio conservato nel Museo di Storia Naturale di New York. I sirenidi attuali non sono affatto stupidi. In cattività imparano ben presto a riconoscere la voce del guardiano che li chiama all' ora del pasto e tendono le pinne come se fossero impazienti di ricevere la loro razione. In natura poi si è osservato che, per liberare le alghe dalla sabbia e dagli animaletti che vi si nascondono, le scrollano ben bene prima di mettersele in bocca. Oppure, dopo averle strappate dal suolo subacqueo, le lasciano decantare per dar modo alla sabbia di posarsi sul fondo e agli animaletti di scapparsene via. Molto cordiali debbono essere anche i rapporti tra i membri del branco, a giudicare dal modo in cui si annusano reciprocamente e vocalizzano, come se conversassero animatamente tra loro. Quando nasce un piccolo evento che si verifica ogni due o tre anni la madre non si separa da lui un solo istante. Se lo trasporta sulla nuca o se lo tiene attaccato al petto, coccolandolo amorosamente. Se un altro manato o magari un subacqueo compare nelle vicinanze, la madre con rapida mossa si interpone tra il figlio e l' intruso e se questi si avvicina troppo, se ne fugge via insieme con il figlioletto. Il pericolo maggiore che oggi minaccia la sopravvivenza dei manati ne rimangono soltanto 1500 in Florida è rappresentato dalle eliche dei motoscafi che circolano sempre più numerosi nelle acque della Florida. E se ne capisce il motivo. Il manato non fa in tempo a scansarsi e il pilota riesce a scorgere l' animale sommerso solo quando è troppo tardi per evitare la collisione. Isabella Lattes Coifmann


RETINA A RISCHIO L' occhio del diabetico un punto debolissimo da tenere sotto controllo
Autore: NUZZI RAFFAELE

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 071

DELLA retina, la macula è l' area più importante da preservare; e il diabete dell' adulto è tra i maggiori fattori di rischio per le alterazioni maculari. Esistono esami di autovalutazione della visione centrale come il test del reticolo di Amsler e il test di Yannuzzi Card che dovrebbero essere fatti da tutti i pazienti diabetici per individuare precocemente sintomi significativi. Il fine di questi controlli oculistici è il trattamento precoce della retinopatia diabetica, e soprattutto la prevenzione del deterioramento della funzione maculare. A tutt' oggi non esiste una terapia ottimale: la sperimentazione conclusa recentemente dall' «Early Treatment Diabetic Retinopathy Study» ha definitivamente dimostrato, ad esempio, che dosaggi giornalieri di 650 milligrammi di acido acetilsalicilico nè prevengono lo sviluppo della retinopatia diabetica proliferante nè incrementano il rischio di emorragie vitreo retiniche (non essendo neanche utili a conservare la funzione visiva del diabetico). In attesa di nuovi farmaci, l' unica possibilità è la fotocoagulazione laser, che può essere di tipo «focale», «diffusa» o «combinata». Il trattamento laser «focale» per l' edema maculare conclamato è risultato fondamentale per ridurre, in modo statisticamente significativo, i rischi di calo visivo; il trattamento laser «diffuso» si è rivelato efficace solo quando la retinopatia progredisce e/o vi sono alti rischi di proliferazione fibro vascolare. Sempre i dati pubblicati recentemente dall' Early Treatment Diabetic Retinopathy Study hanno anche dimostrato come la percentuale di «perdita» visiva è nettamente più bassa in tutti i pazienti laser fotocoagulati: solo il 4% degli occhi con trattamento «diffuso» e solo il 2, 5% degli occhi con trattamento «focale» hanno più o meno gravi riduzioni della visione a distanza di 5 anni; nel complesso si può concludere come il laser trattamento è in grado di ridurre del 50% la perdita della capacità visiva a tre anni dai controlli. Le sperimentazioni cliniche in corso permetteranno poi di confrontare statisticamente l' effetto di varie tecniche fotocoagulative (con vari tipi di laser: argon «green», a diodi, kripton «rosso» ) sulle lesioni maculari: ad esempio trattamento fotocoagulativo minimo o focale combinato con o senza trattamento a griglia. Nella retinopatia diabetica proliferante avanzata invece la vitrectomia (con endolaser) rimane la tecnica chirurgica da preferire in quanto ha permesso di mantenere la capacità visiva di migliaia di pazienti a livelli, seppur minimi, di vita di relazione. Ma la riduzione laser indotta sia della perdita della visione centrale da edema maculare sia della progressione della retinopatia verso gli stadi proliferativi (che abbassa ulteriormente il rischio di cecità ) ha un passaggio obbligato in periodici controlli oculistici, unica possibilità per identificare diabetici che necessitano di adeguata laser fotocoagulazione retinica. Raffaele Nuzzi


SCOPERTA AMERICANA Era un dinosauro, adesso è solo un tacchino Gli uccelli sarebbero i veri discendenti dei rettili scomparsi
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA, ANIMALI
NOMI: TORY PETERSON ROGER, BOZZI MARIA LUISA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. L' evoluzione
NOTE: 071

I dinosauri sono tra noi. Ma riconoscerli è difficile perché milioni di anni di evoluzione li hanno profondamente trasformati e oggi conservano ben poche caratteristiche dei giganteschi rettili loro progenitori. I dinosauri nostri contemporanei sarebbero gli uccelli. Una conferma viene da tre paleontologi dell' American Museum of Natural History di New York: sotto la guida di Roger Tory Peterson, questi studiosi hanno identificato in un fossile scoperto l' anno scorso nel deserto del Gobi (Mongolia) un anello di congiunzione tra volatili e dinosauri. Il fossile risale a 75 milioni di anni fa, 10 milioni di anni prima dell' estinzione dei dinosauri. La ricostruzione fatta dai paleontologi porta a un animale grande come un tacchino e con caratteristiche scheletriche intermedie tra gli uccelli e un particolare tipo di dinosauri: i celurosauri. La coda e i denti sono caratteristici dei rettili scomparsi. Ma quell' animale aveva lo sterno, un osso del torace che manca ai dinosauri e compare negli uccelli per accogliere i fasci muscolari pettorali, quelli che muovono le ali. Fino a non molto tempo fa l' opinione più diffusa tra gli studiosi era che l' antenato degli uccelli fosse l' Archaeopteryx, una specie estinta di cui si hanno sei documenti fossili. Molti ornitologi sono tuttora di questa idea. Ma intanto per gradi si è fatta strada un' altra ipotesi: che l' Archaeopteryx rappresenti un vicolo cieco dell' evoluzione, e quindi che non abbia lasciato discendenza. Gli uccelli nostri contemporanei sarebbero invece più strettamente imparentati con i celurosauri, un gruppo di dinosauri carnivori dalle dimensioni piuttosto piccole, vissuti nel Mesozoico per 140 milioni di anni ed estintisi appunto 65 milioni di anni fa. L' incertezza e anche i contrasti tra paleontologi e ornitologi sono giustificabili considerando le difficoltà di interpretazione dei fossili. Per esempio, un fossile che al museo di Londra era stato classificato come Compsognathus il più piccolo dei dinosauri, con le dimensioni di un pollo qualche anno fa è stato riconosciuto da uno studioso americano, John Ostrom, come un Archaeopteryx di cui non si era conservata traccia delle piume. «Negli ultimi anni ricorda Maria Luisa Bozzi, che su questo tema ha appena pubblicato un libro edito da Giunti parecchi anelli mancanti tra celurosauri e uccelli sono venuti alla luce». Altri punti di collegamento sono rappresentati dal Sinornis trovato in Cina e dall' Iberomesornis trovato in Spagna. Entrambi presentano caratteristiche ereditate dai rettili ma avevano già una struttura che li rendeva adatti al volo L' Ornithomimus, a sua volta, aveva uno scheletro e un modo di correre che ricordano da vicino lo struzzo. Un altro dinosauro, il Deinonychus, dotato di una micidiale unghia a falcetto lunga 12 centimetri, ha invece alcune somiglianze con l' Archaeopterix. Le idee sull' evoluzione dei dinosauri sono esse stesse in continua e rapida evoluzione. Quasi ogni settimana le riviste scientifiche pubblicano nuove interpretazioni. Ma la popolarità dei dinosauri va ben al di là degli studiosi: in America fa grandi incassi il film «Jurassic Park» e la Rai sta per mandare in onda un programma di Piero Angela tutto dedicato a questo enigma della biologia. Piero Bianucci


LA POLTRONA DEL DENTISTA Ahi, mi fa male] Trapani veloci antidolore
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

Identi si deteriorano per acidità: gli zuccheri sciolgono i sali di calcio di cui sono fatti, scavando caverne e gallerie che vanno otturate. Lo strato esterno, lo smalto, è molto duro da incidere e trapanare. Per questo il trapano del dentista è un apparecchio particolare, fatto in titanio leggero, con la punta in lega di metallo duro o di diamante. Il suo diametro non supera il millimetro, ma può fare più di 250 mila giri al minuto, spinto da una piccolissima turbina ad aria. Uno spruzzo di aria esce ad alta velocità da un ugello situato accanto alle pale di un rotore. Nuova aria affluisce attraverso uno specifico canale. Il trapano deve essere mantenuto a temperature basse perché non produca troppo calore sulla superficie del dente, che è cattiva conduttrice. Per questo, appena viene acceso, compare un sottile filo d' acqua diretto sulla sua punta. La poltrona è progettata per offrire al dentista la massima libertà di movimenti. Un interruttore a pedale gli permette di mettere in funzione i motori che spostano la sedia e accendono la luce. Potendo usare il piede, le mani restano libere e soprattutto, pulite. Quasi tutte le superfici intorno sono tonde e levigate, per evitare l' accumulo di sporcizia e ridurre i rischi di ferirsi. E' previsto anche un impianto incorporato di disinfezione per tenere virus e batteri lontani dalle riserve di acqua e da altre zone, come la canalina che riempie il bicchiere di acqua.


VIOLENZA IN TV Nuove ricerche confermano i bambini teledipendenti diventano adulti aggressivi
Autore: OLIVERIO FERRARIS ANNA

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, TELEVISIONE, BAMBINI, VIOLENZA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

UN numero crescente di genitori, educatori e psicologi incomincia a preoccuparsi per il deteriorarsi dei programmi che i bambini vedono in tv. Tutta la violenza cui assistono per ore, ha effetti negativi sul loro sviluppo e i rapporti con gli altri? Il filosofo inglese Karl Popper ha lanciato tempo fa un appello allarmato per la teledipendenza di molti bambini inglesi: ma questa condizione è comune anche a molti bambini italiani. Il giornale dell' Associazione Medica Americana, «Jama», ha recentemente pubblicato uno studio da cui risulterebbe che alla diffusione della violenza contribuisce in modo sostanziale la televisione. Lo studio ha preso in considerazione due casi: quello del Sud Africa e quello degli Stati Uniti. In Sud Africa la tv è stata introdotta soltanto nel 1975, in quanto i bianchi di origine olandese temevano di essere sopraffatti dalla cultura della minoranza di origine inglese. Fino a quella data il tasso di omicidi tra bianchi era rimasto a un livello di 2, 5 per 100. 000 abitanti bianchi, ma a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta esso è schizzato a 130. Secondo i ricercatori questa impennata di violenza è strettamente legata al fatto che i bambini che avevano assistito alla violenza televisiva per 10 15 anni hanno poi cominciato a mettere in pratica i loro apprendimenti, una volta diventati giovani adulti. Sarebbe questa la spiegazione più logica in quanto dopo 10 15 anni si è verificato ciò che era già avvenuto negli Usa sul finire degli Anni 60, quando aumentarono gli omicidi e i delitti commessi da giovani adulti bianchi, esposti al televisore già a partire dagli anni Quaranta. I risultati di questo studio sono interessanti, anche se esso non chiarisce, in realtà, se sono soltanto le scene di violenza osservate in tv a produrre comportamenti antisociali nei giovani o non piuttosto un insieme di condizioni che vanno al di là di esse, nè che ruolo hanno i fattori individuali nel predisporre i giovani spettatori a lasciarsi influenzare dalla tv. A queste domande hanno cercato di rispondere alcuni studi condotti su bambini emotivamente disturbati e non (in Journal of Child Psychology and Psychiatry) di età fra i 6 e i 9 anni. In questi studi sono stati messi a confronto gli effetti di spettacoli televisivi basati su storie violente con quelli di spettacoli basati su storie non violente: si trattava, in entrambi i casi, di spettacoli per la tv dedicati ai bambini. Un primo risultato è che, dopo aver visto il programma, potevano comparire comportamenti agitati o aggressivi che non erano in stretta relazione con gli spettacoli violenti. Anche gli spettacoli non violenti potevano creare uno stato di irritabilità negli spettatori se avevano le seguenti caratteristiche: a) situazioni che creavano una forte suspense e quindi uno stato di eccitazione prolungata; b) programmi noiosi che producevano una sorta di insoddisfazione che in seguito poteva «scaricarsi» in comportamenti antisociali. Infine, certi programmi dal contenuto violento potevano non innalzare i comportamenti aggressivi dei giovani spettatori, in quanto facevano capo (come certi cartoni animati) a situazioni umoristiche o troppo poco realistiche per essere credibili. Ne deriva che non è soltanto la trama o il tema di un programma ad avere rilievo ma il modo in cui vengono rappresentati, nonché la durata del coinvolgimento infantile in questo tipo di spettacoli e situazioni: l' azione, i movimenti rapidi, il gioco continuo dei chiaroscuri, la frammentarietà della narrazione e la suspense possono creare uno stato di intensa tensione. E' il vedere molti programmi più che la loro qualità a esercitare un effetto sull' emotività degli spettatori: se infatti questa viene troppo sollecitata si può creare uno stato di ansia diffuso che non soltanto produce irritazione ma può avere anche effetti cognitivi. Le troppe informazioni non vengono assimilate in modo differenziato dal bambino e la sua capacità simbolica e razionale viene inibita: il che dà luogo a un circolo vizioso. Il giovane spettatore tende ad abbandonarsi sempre più all' ambito che gli è congeniale, quello emotivo, e a entrare quindi in maggior risonanza con le situazioni che nutrono la sua emotività. Questi effetti riguardavano però soprattutto i bambini «emotivamente disturbati», i quali sono anche quelli che vedono un maggior numero di ore la tv, che imitano di più i loro personaggi preferiti e che sono più propensi a credere che il contenuto dei programmi sia realistico. Sebbene esista una diversa reattività tra i bambini agli spettacoli televisivi e sebbene la televisione non possa essere certamente considerata l' unica responsabile dei comportamenti antisociali dei giovani spettatori (molta violenza si apprende nella vita reale), gli autori di questi studi raccomandano di non alterare troppo i ritmi di vita dei bambini con un consumo eccessivo di televisione. Anna Oliverio Ferraris Università «La Sapienza», Roma


STRIZZACERVELLO Figure «antimagiche»
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

Oggi parliamo degli schemi con caratteristiche «antimagiche», nei quali le varie somme debbono essere tutte diverse. Cominciamo con il classico quadrato 3x3; in figura vediamo una delle due disposizioni possibili nelle quali le 8 somme sono tutte differenti e la serie dei numeri da 1 a 9 può essere percorsa nell' ordine passando da una casella a un' altra adiacente: sapreste trovare l' altra? All' interno dello schema triangolare a 6 caselle, i numeri da 1 a 6 vanno disposti in modo che le otto somme (le file da 2 BD, BE e DE, quelle da 3 ABC, ADF e CEF e i gruppi da 3 ACF e BDE) presentino tutte valori diversi (da 6 a 13 compresi). Le soluzioni domani, accanto alle previsioni del tempo.


LA PAROLA AI LETTORI CHI SA RISPONDERE Ma quella voce è proprio mia? Non la riconosco]
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

LA questione del salto nel corridoio di un treno in corsa ha appassionato i lettori, che hanno continuato a mandarci le loro risposte. Abbiamo scelto la più polemica: «Il signor Corvolo basa la sua trattazione sul presupposto che il treno costituisca un sistema inerziale", ma non ne spiega il significato. Inoltre non precisa se tale sistema sia in condizioni teoriche": se così non fosse, la sua risposta non sarebbe più valida. Il signor Cantarella, invece, afferma che il baricentro del corpo cadrà più avanti, nella direzione" di marcia, ma non precisa il senso" di marcia, per cui non si riesce a capire se il corpo cadrà più avanti o più indietro rispetto al punto di distacco. Il signor Gnech assimila il salto del corpo alla caduta di una bomba dall' aereo (così anche fa il signor Cantarella parlando di caduta" di un grave), ma ciò non è preciso poiché viene considerata solo la traccia di discesa e non anche di salita, come invece si verifica nella realtà del nostro caso. Occorre quindi fare molta attenzione a termini come: accelerazione inerziale del corpo; velocità uniforme del treno; senso di avanzamento del treno; assenza di resistenze passive e inerziali dovute alla rotazione del globo terrestre; traiettoria parabolica di un proiettile sparato da terra sistema con osservatore esterno fisso; e così via... ». Ing. Battaglia, Ivrea Perché, quando sentiamo la nostra voce registrata, ci sembra diversa dal solito? La nostra voce registrata è riprodotta tramite un altoparlante (o una cuffia) e quindi noi la percepiamo come una sorgente sonora esterna, esattamente come qualsiasi altro ascoltatore, cioè con lo spettro di frequenze emesso dalla nostra cavità orale. Invece, quando ci ascoltiamo mentre parliamo, si ha la sovrapposizione delle onde acustiche che raggiungono il nostro orecchio per via aerea (cioè dall' esterno) con le onde che vengono trasmesse agli organi sensibili dell' orecchio per via interna o «strutturale», cioè attraverso i tessuti che si trovano tra la cavità orale e gli organi dell' udito, con l' effetto di «cassa acustica» determinato dalla scatola cranica. In tal modo, le nostre emissioni acustiche, che si propagano per via strutturale, subiscono una «filtrazione» che determina una variazione dello spettro di frequenza con cui udiamo la nostra voce. E' questa variazione di spettro che determina la diversità tra la voce udita mentre si parla e quella ascoltata dal registratore. Luigi Omodei Zurlini Vercelli La nostra voce viene percepita dall' orecchio soltanto nella misura del 30 per cento. Il resto viene elaborato dal cervello tramite il nervo acustico, attraverso le strutture ossee del massiccio facciale, quali i seni mascellari al di sopra delle arcate dentarie superiori (che funzionano da casse timpaniche) e altre cavità quali le cellule mastoidee. La voce che percepiamo direttamente, quindi, altro non è che una vibrazione delle nostre strutture ossee. Per questo a volte non la riconosciamo come nostra. Gaetano Barbagallo Serravalle Scrivia (AL) Il timbro della nostra voce, così come lo percepiamo da un registratore, è identico a quello che percepiscono gli altri quando parliamo con loro. Esso è dato dalla trasmissione delle onde sonore attraverso un solo mezzo, l' aria. Diverso è invece ciò che noi percepiamo di noi stessi, perché due sono le vie di trasmissione, che si sommano fra loro: la via aerea e quella ossea. Aronne Romano, Rezzato (BS) Oltre alla spiegazione biofisica, ce n' è anche una tecnologica. Una parte dell' alterazione della nostra voce può dipendere infatti dal materiale utilizzato per la registrazione, che dermina la perdita di alcune frequenze o la creazione di un' equalizzazione (la voce maschile ha una frequenza che varia tra i 100 e i 125 Hz, quella femminile tra i 200 e i 250 Hz, anche se nel canto un basso può arrivare a 65 e un soprano a 1000). Enrico Eynard Pinerolo (TO)


CHI SA RISPONDERE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 072

Chi vuole riprovare con due domande della settimana scorsa? Perché in molte persone barba e capelli diventano bianchi, mentre le sopracciglia restano nere? E' vero che l' energia necessaria per costruire e poi smantellare una centrale nucleare è superiore a quella prodotta? Perché non ci sono campioni di colore nel nuoto? Aldo Bertino n quali composti chimici si degradano gli elementi inquinanti emessi dalle automobili ancora prive di marmitta catalitica? Paolo Oddone




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