TUTTOSCIENZE 24 febbraio 93


SONDAGGIO SULLE PARASCIENZE Trionfa la magia I Verdi tra i più irrazionali
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, SONDAGGIO, INCHIESTA
ORGANIZZAZIONI: LE MONDE
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. Indagine sull' occulto
NOTE: 029. Magia, esoterismo, soparannaturale, astrologia, pranoterapia, oroscopo

LE parascienze avanzano. E spesso non sono reliquie del medioevo. Sono superstizioni moderne così abilmente travestite da scienza autentica da renderne difficile lo smascheramento. I dati più freschi arrivano da Parigi, dove proprio oggi verrà presentato un sondaggio del quotidiano «Le Monde» e della Cité des Sciences sulle credenze dei francesi. Ma in Italia la situazione è simile, mentre è ancora più grave negli Stati Uniti, e gravissima nell' ex Unione Sovietica. Diamo un' occhiata all' indagine, punto di partenza del convegno «Pensiero scientifico, cittadini e parascienze» in corso da oggi alla Villette. Su 100 francesi, 55 credono alla trasmissione del pensiero, 46 ritengono che i segni astrologici determino il carattere, 35 sono convinti che i sogni rivelino il futuro, 55 pensano di potersi curare con non meglio identificati «apparecchi magnetici» o per mezzo della pranoterapia (imposizione delle mani da parte di persone che si ritengono dotate di speciali poteri). Negli ultimi cinque anni l' onda irrazionale è salita. Nel 1988 dieci francesi su cento credevano ai messaggi dall' aldilà trasmessi da tavolini durante le sedute spiritiche: oggi sono diventati 16. Nell ' 88 si affidavano agli oroscopi 24 francesi su cento, oggi 29; i fiduciosi nella lettura della mano sono saliti da 17 a 23; quelli convinti dell' esistenza dei fantasmi da 5 a 11, e da 47 a 55 quelli che si rivolgono a pranoterapeuti. E contro 20 francesi che accettano la teoria del Big Bang ce ne sono 41 per i quali l' universo è sempre esistito. L' indagine di «Le Monde» su questo nuovo medioevo è sorprendente anche quando si va a vedere chi sono gli adepti dello spiritismo, della parapsicologia, dell' astrologia e delle medicine parallele: i giovani, le donne, gli ecologisti e gli intellettuali sembrano i più sensibili al fascino delle parascienze. Tra i Verdi, i francesi che credono alla trasmissione del pensiero salgono al 66 per cento, al 48 per cento quelli convinti che i sogni rivelino il futuro, al 56 per cento i fedeli dell' oroscopo. Lo studio francese è stato condotto su un campione nazionale di 1500 persone dai 18 anni in su tramite un questionario preparato da Daniel Boy e Guy Michelat, del Centro Studi sulla vita politica, affiliato al Cnrs (l' equivalente del nostro Consiglio nazionale delle Ricerche). Per l' Italia ci sono i dati di due studi Ispes dell' anno scorso: gli operatori della magia censiti (guaritori, cartomanti, occultisti, medium, astrologi) sono più di ventimila, con un reddito medio di 75 milioni annui. Ma molti di più sono i «sommersi». Ovviamente la clientela sarà in proporzione. Su cento clienti, 40 si rivolgono al mago per sapere il futuro, 21 per problemi di cuore, 19 per questioni di lavoro, 12 per salute, 6 per liberarsi dal malocchio. Le tariffe variano da 100 mila lire per un oroscopo a 30 milioni per una controfattura con messa nera. Cosa strana, i maghi sono più numerosi al Nord (47 per cento) e al Centro (32 per cento) che nel Sud e nelle isole (21 per cento). Il fatto nuovo più rilevante è il travestimento razionale delle parascienze. Gli ufologi dissertano sui dischi volanti con un linguaggio mutuato dalla fisica e dall' astronautica. Gli astrologi più evoluti si avvalgono del computer e di software astronomico per cavare i loro oroscopi. I pranoterapeuti fanno appello a segnali elettrici e magnetici che in effetti i moderni strumenti diagnostici possono misurare. Cultori dell' omeopatia, dell' iridologia, della cromoterapia e di svariate altre medicine parallele usano argomenti che sono un inestricabile miscuglio di scienza e mitologia. La sola discriminante per separare la scienza dalla parascienza a questo punto è il metodo. Terminologia, tesi e conclusioni dei parascienziati possono apparire indistinguibili da quelle degli scienziati, ma con la differenza che dietro il loro discorso non si riconosce il metodo scientifico. Peccato che pochi cittadini siano laureati in epistemologia. Così, ai comuni mortali, diventa difficile evitare certi trabocchetti insidiosi per il portafoglio e per la salute. Piero Bianucci


CINQUE MILIARDI Il fatturato dell' oroscopo telefonico
Autore: PRESTINENZA LUIGI

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BILANCIO
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. Indagine sull' occulto
NOTE: 029. Magia, esoterismo, soparannaturale, astrologia, pranoterapia, oroscopo

L' ASTROLOGIA, con le sue «previsioni» basate sul nulla, continua a tenere banco in molte trasmissioni radiotelevisive di emittenti pubbliche e private. In particolare, la Rai ci propina giornali radio, telegiornali e rubriche quotidiane che aprono e chiudono la giornata con l' oroscopo, lasciando in chi ascolta l' impressione non solo che si tratti di notizie così importanti da meritare di essere trasmesse in coda a un giornale radio ma addirittura che tali notizie siano attendibili quanto il bollettino meteorologico o le informazioni sullo stato delle strade e del traffico automobilistico. Lo stesso, più o meno, va detto per il famigerato «Servizio oroscopi» della Sip, altro ente che per il pubblico gode di vernice ufficiale e di infallibilità presunta, e che offre l' oroscopo ai numeri 1951 e 1952, per il giorno della chiamata o per l' intera settimana, dietro addebito di tre scatti. Un servizio che sfiora lo scandalo, perché propaga come se fossero utili delle «informazioni» di cui nessuno può dimostrare l' attendibilità, e per giunta facendosi pagare. La spiegazione, in tono di rammarico, che ho ricevuto in proposito da un dirigente Sip è che tale «servizio» frutta (non so se i dati siano aggiornati) cinque miliardi all' anno e che questa somma viene devoluta in beneficenza a un fondo per piccoli minorati, il che significherebbe un impegno socialmente proficuo per denaro male guadagnato. Mi son permesso di suggerire un' eventuale altra destinazione: quella di costruire un planetario in una delle molte città che non ce l' hanno, perché vi fosse insegnata l' astronomia, quella vera, col sussidio di quell' eccellente mezzo didattico. Tenuto conto della spesa occorrente, se ne potrebbero costruire due o tre l' anno della taglia media di quello che opera con tanto successo a Ravenna. Tornando alla Rai ma praticamente, come si diceva, nessuna tv privata o quotidiano fa eccezione, per non parlare dei settimanali uno spettacolo deprimente è quello offerto, in chiusura del Tg2 della notte, dall ' apparizione di un personaggio in tunica, dalla lunga barba, che snocciola l' oroscopo per i vari «segni» come se si trattasse di cose accertate; e senza una parola di ironia, chiarimento, spiegazione. Si dice sia parente di un influente parlamentare dc e che solo a questo debba la distinzione di comparire ogni sera sui teleschermi. Questo regalo ai telespettatori l' avrebbe voluto a suo tempo un molto impegnato direttore di testata nonostante la sensata opposizione di Jader Jacobelli. Occorrono altri esempi? Non sembra L' importante è convenire che così si diseduca, sapendo di farlo. Non è sostenibile che, tanto, son cose innocue e a cui nessuno dà importanza: non è così sicuramente quando vengono presentate con quell' apparato. La gente, per lo più, non sa nulla delle «influenze» celesti, nè saprebbe trovare in cielo (sfiderei anche nove astrologi su dieci a farlo) le stelle da cui il suo «destino» sarebbe governato. Non sa, tra l' altro, che il Sole non entra più, come ai tempi di Tolomeo, in marzo nella costellazione d' Ariete, ma si trova ancora in quella dei Pesci per via della precessione degli equinozi. Non si è mai curata di confrontare le previsioni degli astrologi con i fatti realmente accaduti. Nel nostro Paese ma non è il solo la voga dell' astrologia, così incoraggiata e in qualche modo imposta, è giunta a tanto che ci sono stati parlamentari capaci di proporre che venisse insegnata nelle Università; e ci volle il fermo intervento della Società Astronomica Italiana perché della cosa più non si parlasse. Quanto alla Rai che scarseggia di seri programmi scientifici non si è mai preoccupata, per esempio, di lanciare tramite il Dse una giornata per l' astronomia nelle scuole, dove di solito questa scienza è insegnata assai distrattamente. Va, invece a rimorchio, come un quotidiano fra i più diffusi che non scrive mai un rigo contro i truffaldini praticanti dell' astrologia e spedisce regolarmente un inviato al congresso dei maghi. Dello stesso gruppo editoriale fa parte una ahimè nota rivista che fa tutto meno che guidarci «ad Astra». Luigi Prestinenza


STUDI SULL' INVECCHIAMENTO E il salmone morì di stress Un gioco ormonale che ci riguarda
Autore: TRIPODINA ANTONIO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, PSICOLOGIA, ANIMALI, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 029

AVRESTE mai immaginato mentre adagiate una fettina di salmone su un crostino di pane sapientemente imburrato che questo animale, oltre che per colpa dei pescatori, rischia di morire di stress? A dircelo sono gli studiosi di psico neuro endocrino immunologia, i quali sostengono che i salmoni, nel risalire i fiumi per la riproduzione durante i mesi invernali, superando vorticose correnti contrarie con salti di uno due metri, mettono in atto meccanismi biologici d' emergenza molto simili a quelli che si verificano negli uomini durante una reazione da stress: ma, esaurita la loro funzione riproduttiva, i salmoni non riescono più a contro regolare tale reazione, per cui muoiono di ansia e batticuore. La psico neuro endocrino immunologia è una disciplina affascinante e in piena evoluzione, che ha come campo di studio le complesse interazioni fra il sistema nervoso, il sistema endocrino e il sistema immunitario, fra loro costituenti un mega sistema integrato, attraverso cui si ha finalmente la visione dell' uomo nella sua globalità. La reazione da stress è proprio la più lampante dimostrazione di questa perfetta interazione: se una nuova situazione ambientale viene avvertita dai centri della corteccia cerebrale, scatta una reazione neuro endocrina che pone l' organismo in uno stato di massima allerta preparandolo alla risposta più adeguata. In termini biologici accade che l' ipotalamo (area di raccordo tra cervello e sistema endocrino) produce un neuro ormone, il Cre (corticotropin releasin factor), che va a stimolare l' ipofisi nella produzione di endorfine e di Acth (adreno cortico tropic hormone); quest' ultima a sua volta va a stimolare la parte corticale del surrene nella produzione di cortisolo; nello stesso tempo, attraverso vie nervose simpatiche, viene stimolata la parte midollare del surrene nella produzione di adrenalina. Tutto questo movimento ormonale ha finalità precise: le endorfine (o droghe interne) aumentano i processi di vigilanza e di apprendimento e svolgono un' azione di stimolo psicologico, in modo da indurre «ottimismo» nella riuscita dell' impresa; l' adrenalina garantisce un adeguato flusso di sangue lì dove serve e fornisce glucosio e acidi grassi liberi (per la sua azione glicolitica e lipolitica) per dare materiale energetico di pronto impiego; il cortisolo serve a sensibilizzare gli organi all' azione dell' adrenalina (azione permissiva) ed è essenziale per il coordinamento di tutto il sistema. Gli ormoni sessuali sono invece bloccati, in modo da inibire desideri che potrebbero «distrarre» in una situazione d' emergenza. Questa situazione ormonale dura fino a quando dura lo stato d' allerta e ha in se stessa la proprietà auto limitante e auto risolvente, poiché l' eccesso di cortisolo esplica una retro azione (feed back negativo) sia sull' ipotalamo che sull' ipofisi, inibendo sia la produzione di Crf che di Acth, interrompendo in questo modo la sorgente dello stress. Fin qui tutto bene. I problemi iniziano quando stress prolungati eccedono la capacità di riaggiustamento, per cui una persistente attivazione può provocare disturbi a carico dei più diversi organi (le cosiddette malattie psicosomatiche) e una quasi completa inibizione del sistema immunitario (il cortisolo è un potente immunosoppressore). Sono le persone più anziane i soggetti più vulnerabili perché più esposti a stress cronici, innescati dalle molteplici «perdite» che subiscono: del ruolo sociale, di familiari e amici, di risorse finanziarie, della salute, dell' affetto, della speranza. Ma soprattutto perché con l' invecchiamento diminuisce proprio come nei vecchi salmoni, la capacità di regolazione, per cui viene a mancare il meccanismo di spegnimento della cascata di eventi innescati dallo stress. E quando il cortisolo rimane cronicamente alto produce effetti «tossici» per le cellule nervose (soprattutto dell' ippocampo), provocando una loro precoce degenerazione, con conseguente riduzione delle capacità di pensiero e di memoria. E' questo uno dei fattori in grado di determinare uno scivolamento dall' invecchiamento fisiologico a quello patologico, fino alla demenza. Queste allarmanti prospettive ci inducono a cercare con urgenza rimedi, comportamentali e farmacologici, capaci di evitarci una fine da salmone. Antonio Tripodina


TECNOLOGIA SPAZIALE Il filo di Ariane Bigot: «Un razzo tuttofare»
AUTORE: RAVIZZA VITTORIO
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
PERSONE: BIGOT CHARLES
NOMI: BIGOT CHARLES
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 030

CHARLES Bigot, presidente direttore generale di Arianespace, la società europea (circa 7 per cento la quota italiana) che gestisce i lanciatori Ariane, è stato in Italia nei giorni scorsi, prima a Torino poi a Roma, per incontrare i partner italiani, in particolare Bpd, Fiat Avio e Alenia, e per siglare il contratto con Telespazio per il lancio di Italsat 2, il nostro secondo satellite telefonico. «L' Europa è riuscita bene nello spazio sottolinea ; abbiamo il 50 per cento del mercato civile e mi auguro che questo successo continui; ma dobbiamo ricordarci che l' accesso allo spazio è strategico e che bisogna stare attenti a proteggerlo. Protezione precisa non vuol dire protezionismo e nemmeno sovvenzioni». Ma Bigot è inquieto per quella che chiama «una specie di follia», quella di alcuni operatori europei (non vuol fare nomi) che affidano i propri satelliti ad altri lanciatori (americani, russi, cinesi) basandosi solo sul prezzo più basso, un prezzo «politico» praticato apposta per mettere fuori corsa gli Ariane. Questo comportamento, secondo il presidente di Arianespace, è assurdo e autolesionista. «Occorre da parte europea una coerenza a lungo termine; Ariane è costato grossi investimenti, è assurdo che oggi lo abbandoniamo; occorre una solidarietà europea. Il contratto con Telespazio per il lancio di Italsat 2 è un esempio di un atteggiamento corretto». Perché questo viaggio in Italia, signor Bigot? «Noi siamo anche italiani; l' Italia, arrivata in Arianespace un po' tardi, è continuamente cresciuta passando da un ruolo marginale in Ariane 1 a una quota di lavoro del 7 per cento in Ariane 4 e del 15 in Ariane 5; ha un ruolo tecnologico molto importante con la pompa del motore Vulcan costruita da Fiat Avio e i booster a combustibile solido costruiti dalla Bpd». Qual è il suo giudizio su Regulus? «La joint venture tra Bpd e la francese Sep è la prima industria insediatasi nel poligono europeo di Kurou, in Guiana, per allestire i booster di Ariane 5 contenenti 237 tonnellate di combustibile solido. La prima prova si è svolta il 16 febbraio: soddisfacente» Ora che l' Agenzia spaziale europea ha congelato la navetta Hermes, il grande Ariane 5 non sarà superdimensionato? «La grande idea nel progettare Ariane 5 era di trovare un concetto ispirato alla massima flessibilità; la taglia di Ariane 5 è stata definita in modo che potesse mettere in orbita la navetta, ma anche continuare l' attività di lancio dei satelliti commerciali. I lanci di prova avverranno nel ' 95, quelli con carico pagante cominceranno nel ' 96 ' 97. Intanto i satelliti commerciali stanno diventando via via più grandi, portandosi sui 2500 chilogrammi e viaggiando ormai verso i 3000. Questi pesi sono esattamente quelli adatti ai lanci doppi che saranno la norma per Ariane 5. Dunque il lanciatore è ben dimensionato. E poi non credo che l' Europa possa rinunciare alla presenza umana nello spazio. Hermes potrebbe essere tirato fuori dal frigorifero dopo il 2000; oppure potrebbe essere adottato un sistema di capsule come fanno benissimo i russi». Arianespace è interessata ai piccoli satelliti? E con quali lanciatori? «Abbiamo fatto uno studio. Se per grandi satelliti occorrono grandi lanciatori, non è detto che per piccoli satelliti occorrano per forza piccoli lanciatori. Il nuovo mercato sarà rappresentato prevalentemente dai sistemi per telefonia mobile, che vanno da tre satelliti (di dimensioni non proprio piccole e in orbita geostazionaria) a 75 satelliti del progetto Iridium passando per Globalsat che ne avrebbe 48. Ma tutto è ancora nebuloso. Iridium sarà quasi certamente realizzato; poi ci sarà posto per altri 2 3 sistemi. I nostri lanciatori sono perfettamente adatti a lanci plurimi, per questo siamo in contatto con Iridium». Crede nella possibilità di costruire piccoli lanciatori? «In giro ce n' è già una gran quantità di piccoli lanciatori, per esempio tutti i missili balistici. Non voglio dire che non se ne possa fare uno nuovo, ma dovrebbe essere agganciato a un programma di piccoli satelliti». Non teme un calo dei lanci? «E' vero che i satelliti diventano più potenti e quindi ne servono meno, e che vivono più a lungo (siamo passati da 7 a 15 anni di vita utile), ma nascono nuovi bisogni, per esempio il telefono mobile, la Tv diretta; penso quindi che la domanda resterà all' incirca stabile». Vittorio Ravizza


DUE MOSTRE Quando l' uomo conquistò le Alpi Una lenta penetrazione, 10 11 mila anni fa
Autore: FEDELE FRANCESCO

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA, MOSTRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 030

L' uomo preistorico non conquistò le Alpi, se per conquista si intende un' azione programmata. Entrò nelle Alpi allo stesso modo in cui cominciò a penetrare definitivamente negli altri ambienti del pianeta, mentre i ghiacciai si ritiravano alla fine della loro ultima grande espansione. Un po' era la spinta demografica, le bocche da sfamare, in un paesaggio europeo in cui le boscaglie delle pianure erano più ostili delle montagne. Un po' era la mente: la solita, perenne curiosità. Tra 11 e 10 mila anni fa. Ma vivere in permanenza fra le montagne comportava novità e problemi: le alte montagne europee bisognava ancora «impararle». La vera conquista delle Alpi venne più tardi, quando i nostri progenitori impararono a viverci riducendo i rischi e acquisendo i vantaggi. Piccoli abitati come Sion e St Leonard nel Vallese, Breno in val Camonica o Chiomonte in Val Susa, dimostrano che verso il 4000 a. C. la lezione era stata imparata con successo, cinquemila anni dopo. Due mostre, una in corso al Museo Archeologico di Milano (10 febbraio 11 aprile orario 9, 30 17, 30, chiuso il lunedì ), l' altra in arrivo alla Promotrice delle Belle Arti di Torino (26 febbraio 2 maggio, orario 10 19, venerdì 10 22) dopo lo straordinario successo riscosso a Grenoble, offrono la rara occasione di guardare in faccia i termini reali di questa avventura. Sono mostre complementari. La prima parla delle origini, a partire da un' appassionante ricerca che si sta svolgendo nelle Alpi Lombarde. L' altra è un grande spettacolo sulle caratteristiche e sulle costanti del vivere umano in montagna focalizzato sulle Alpi Occidentali. L' uomo si affacciò alle Alpi ben prima dell' età dei villaggi e della domesticazione. Cominciò occasionalmente a penetrarvi quando era un cacciatore raccoglitore dell' età paleolitica. Se restringiamo lo sguardo alle Alpi Occidentali, possiamo riconoscervi sei stadi principali di popolamento umano. Ogni stadio corrisponde a un livello di integrazione funzionale della società umana negli ecosistemi alpestri, con conseguenti balzi (o regressi) di ordine demografico e sociale. Lo stadio dei primi contatti risale a circa 100. 000 anni fa e si protrae fino a meno di 30. 000. E' imperfettamente documentato da alcune località periferiche, diciamo prealpine. Spiccano in tale oscurità i siti archeologici da noi lungamente studiati sul Monfenera, allo sbocco della val Sesia. Manufatti di pietra scheggiata e resti animali parlano di visite alle medie quote, compiute da cacciatori dell' antica Età della Pietra, prima che l' ultima «glaciazione» raggiungesse il massimo. Il culmine della glaciazione costituisce un autentico spartiacque cronologico nei dati a disposizione, poiché i ghiacciai resero impraticabili le Alpi e spazzarono via gran parte delle tracce precedenti. Ma con la regressione dei ghiacci alcuni siti rivelano l' immediato affacciarsi dell' uomo nelle valli più ospitali, in sintonia con il ritorno di piante e animali. I paleolitici non hanno una «mappa mentale» delle Alpi, ma cominciano a costruirsene una. E' l' inizio dello stadio esplorativo. In Piemonte come in Francia e sul Lago di Ginevra, tribù di arcieri paleolitici ed «epipaleolitici» debbono avere stabilito accampamenti stagionali e territori di caccia nella fascia dell' alta pianura e dei primi rilievi. La ricchezza di vegetali e di selvaggina sui bassi versanti può avere determinato in certe aree vallive la parziale sedentarizzazione umana. Lo si intuisce da tracce sparse, per esempio dalla valle Orco nel Canavese e da quella della Durance in Francia. E' probabile che cacciatori del 10 7 millennio a. C. abbiano svolto escursioni estive alle alte quote: un comportamento che è oggi ben noto nelle Alpi centrali e orientali, e che deve avere prodotto una qualche esperienza della montagna interna. In Piemonte si è iniziato a scoprirlo per caso in val d' Ossola. Quanto di questa esperienza sia stato trasmesso alle generazioni successive non si sa, in quanto sembra esservi un' interruzione. Ma con il 6 5 millennio, a partire da basi nel fondovalle, gruppi di cacciatori raccoglitori ricominciano a familiarizzarsi con l' ecologia alpina. Le scarse notizie su questo stadio sperimentale provengono da siti della Savoia e del Vallese. Qua e là queste genti adottano pecore domestiche e vasi di terracotta, a imitazione dei vicini della pianura, che gli archeologi chiamano «neolitici». Oppure cercano nelle Alpi risorse particolari di alto valore simbolico, come le preziose giadeiti. Ciò che ho schizzato è solo l' inizio di una lunga storia di attaccamento tra l' uomo e le Alpi, della quale la mostra di Torino e il bel libro che l' accompagna, illuminano le successive realizzazioni e le talvolta dimenticate eredità. Francesco Fedele Università di Napoli


CONTRO LA NEBBIA L' autostrada diventa intelligente Sensori avvertono quando c' è un incidente
Autore: RUSSO SALVATORE

ARGOMENTI: TRASPORTI, TECNOLOGIA, AUTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 030

CONTRO la nebbia e il rischio di tamponamenti c' è una soluzione. Tanto ingegnosa quanto costosa, è stata già messa a punto e sperimentata lungo l' autostrada Serenissima, vicino a Venezia, tra Dolo e Mestre. Questo progetto di sicurezza stradale denominato «Easy driver», consente di conoscere in tempo reale la situazione del traffico attraverso pannelli luminosi installati ogni chilometro, per un tratto lungo dieci. In caso di incidente il sistema di controllo avverte l' automobilista. Come? Grazie a un «tappeto» di sensori sistemati sotto l' asfalto che entrano in funzione in caso di brusca frenata o di scontro. Quando la pressione delle auto sul manto stradale aumenta, i sensori segnalano la variazione a un sofisticato software, che a sua volta trasmette i nuovi dati sui pannelli. Se la situazione è tranquilla, il via libera è confermato da tre frecce verdi, una per corsia. In caso di bruschi rallentamenti, le frecce cambiano colore e sugli schermi viene indicata subito la corsia rimasta libera e la velocità consigliata. Se c' è un incidente, infine, sui monitor appare una «X» rossa. Il progetto «Guida facile» è stato provato nel corso dell' inverno. La valutazione dei risultati è ancora in corso. I responsabili dell' iniziativa non sono ancora in grado di stimare il numero di incidenti evitati, ma sicuramente i tamponamenti si sono ridotti rispetto a quelli registrati l' anno scorso. La Serenissima è una delle autostrade più affollate d' Italia: 60 mila auto il giorno e nebbia molto frequente. Salvatore Russo


LA MISTERIOSA OKAPIA Asino o giraffa? Scoperta solo in questo secolo
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
NOMI: JOHNSTON HARRY
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 031

SEMBRA impossibile che un bestione di due quintali e mezzo, lungo più di due metri, sia rimasto sconosciuto per millenni alla scienza e al mondo occidentale e sia stato scoperto soltanto all' inizio di questo secolo. Eppure questa è la straordinaria storia dell' okapia (Okapia johnstoni), la strana cugina della giraffa, il cui habitat è oggi limitato a una piccola zona dello Zaire, in Africa. Il suo avvenire, purtroppo, è a rischio, così come quello di tutte le specie selvatiche forestali, per la crescente pressione dell' espansione umana, che riduce ogni giorno di più la superficie delle foreste. Gli abitanti del luogo invece, i pigmei della tribù Mbutu, la conoscevano da tempo e furono loro che ne parlarono ai primi esploratori bianchi come di un «asino che mangiava foglie». Nel 1901 il governatore dell' Uganda, Sir Harry Johnston, in una spedizione nelle foreste del Congo orientale, riuscì a procurarsi due crani e una pelle completa del misterioso animale che gli indigeni chiamavano «ò api». Studi ulteriori scoprirono la sua stretta affinità con i Giraffidi del genere Helladotherium, che vissero in Asia e in Europa oltre dieci milioni di anni fa. Si trattava perciò di un «fossile vivente» e la notizia della sua scoperta si diffuse rapidamente in tutto il mondo. Nessuno riuscì però a catturare un' okapia viva fino al 1919, quando un esemplare giunse finalmente allo zoo di Anversa. Il trasferimento dei misteriosi giraffidi in Europa o in America si rivelò un' impresa tremendamente difficile nell' epoca in cui non esisteva ancora il trasporto aereo. La maggior parte degli individui catturati moriva durante il lunghissimo viaggio sul fiume Congo fino alla capitale Leopoldville (l' attuale Kinshasa) o nelle prolungate soste sulla banchina del porto in attesa del piroscafo che, per trasportarle a destinazione, impiegava settimane o addirittura mesi. Nel 1949 su dieci okapie spedite nella capitale del Congo, ne arrivarono vive soltanto la metà. Quel poco che si sa sul loro conto è frutto delle osservazioni sugli animali in cattività. Della vita in natura fino a poco tempo fa non si sapeva assolutamente nulla, anche perché avvistare le okapie è tutt' altro che facile. Il loro mantello, nerastro sul tronco, bianco sulle guance, rossastro sulla fronte, zebrato sulle zampe sino al sommo della coscia, le mimetizza perfettamente nel gioco di ombre e penombre della foresta tropicale L' animale, timido e pauroso, dall' olfatto finissimo, non appena sente l' odore dell' uomo scompare come un razzo nel folto della vegetazione. Nel 1985, una coppia di biologi americani, Terese B. e John A. Hart si sono avventurati nella foresta di Ituri, Zaire, per la prima ricerca dell' okapia sul campo. Lo studio è durato vari anni e soltanto ora ne conosciamo i risultati. Ancora oggi le okapie vengono catturate con il sistema tradizionale usato dai pigmei Mbutu: le trappole scavate nel terreno, accuratamente nascoste da fronde e rami. Sono buche profonde circa due metri e mezzo, lunghe meno di tre metri e larghe una novantina di centimetri. Ingannata dal perfetto mascheramento, l' okapia cade nella trappola, le cui pareti levigate le impediscono di risalire. Così gli studiosi hanno potuto applicare a venti esemplari il piccolo collare radiotrasmittente che consente di seguirne gli spostamenti, una volta liberate. Primo obiettivo degli studiosi è stato il tipo di cibo che gli animali mangiano in natura. Mangiatori di foglie ce ne sono molti tra i selvatici. I bongo, le splendide antilopi dalle corna a forma di lira, i bufali, i grandi sitatunga, gli elefanti si nutrono tutti di foglie, ma si orientano verso gli alberi che vivono nelle radure soleggiate, nelle zone paludose o al confine tra foresta e savana. Perfino l' antilope pigmea, il più piccolo ungulato della foresta, mangia le foglie che trova negli spazi aperti. L' okapia invece no. Sceglie le foglie delle piante che non vedono mai la luce del sole e crescono nella penombra della foresta Sono dure, fibrose e di gusto sgradevole. Non fanno gola nemmeno agli insetti. I bruchi, che abbondano sulle foglie esposte al sole, sono assenti su quelle in ombra. L' okapia dunque ha saputo scegliersi nel corso dell' evoluzione una sua precisa nicchia alimentare, per evitare la concorrenza. Per attirare a sè i rami e strapparne le foglie, l' okapia si serve della particolarissima lingua, lunga poco meno di mezzo metro, con la quale può comodamente leccarsi tutto il corpo. Le femmine partoriscono in piedi, come le giraffe, ma a differenza delle allampanate cugine non hanno corna. Queste, piccole e rivestite di pelle, sono appannaggio esclusivo dei maschi. Gli studiosi americani hanno constatato che la gestazione dura quattordici mesi. Anche nell' okapia, come avviene in altre specie, c' è un rapporto a distanza tra madre e figlio. Ossia la madre nasconde il neonato in un rifugio che reputa sicuro e va ad allattarlo poche volte al giorno per qualche minuto. Evidentemente vuol tener celato il nascondiglio del piccolo ai predatori. Ma il legame madre figlio è molto stretto, tant' è vero che il cucciolo rimane sotto la tutela materna per almeno nove mesi Come hanno potuto constatare i coniugi Hart, le femmine occupano sempre le aree della foresta più ricche di cibo, proprio perché hanno maggiori oneri fisiologici. I maschi invece non rimangono legati a un determinato territorio. Se ne vanno gironzolando da un territorio all' altro, in cerca delle foglie commestibili. Ma li spinge anche un altro scopo: quello di accoppiarsi con il maggior numero di femmine possibile, per aumentare il loro successo riproduttivo. Gratta, gratta, il maschio è sempre un Casanova. Isabella Lattes Coifmann


EMERGENZE AMBIENTALI Ma quest' effetto serra c' è davvero? Il professor Caputo: lo sapremo fra quindici anni
Autore: VERNA MARINA

ARGOMENTI: ECOLOGIA
NOMI: CANUTO VITTORIO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 031

E' un esperimento crudele ma illuminante. Si prende una rana, la si mette in una pentola piena d' acqua e si accende il fuoco. L' acqua si riscalda e la rana se ne sta sempre lì, impassibile. L' acqua arriva a 100 e la rana muore. Perché non ha reagito, saltando fuori in tempo? Perché, spiegano i biologi, in tutta la sua storia evolutiva non ha mai conosciuto un cambiamento di temperatura così brusco in un tempo così breve e quindi non ha sviluppato meccanismi di difesa. La storia ha una morale: quella rana potremmo essere noi che sappiamo rispondere immediatamente all' evento catastrofico (un tifone, un' eruzione vulcanica), ma siamo psicologicamente indifferenti alle tendenze (aumento della temperatura, buco dell' ozono). L' atteggiamento oggi vincente è quello, comodo per tutti dell' attesa: si agirà quando gli eventi saranno più chiari. Se ci sarà ancora tempo o no per invertirne il corso, interessa soltanto una minoranza. Bollata, ovviamente, come «catastrofista». Chi ha ragione? E' interessante, a questo proposito, ascoltare che cosa dice il professor Vittorio Canuto, fisico della Nasa, a Courmayeur per il convegno «L' Ambiente dopo Rio», che ragiona di cifre e non di politiche. Dall' inizio della rivoluzione industriale, la quantità di anidride carbonica presente nell' atmosfera è aumentata mediamente di 5 miliardi di tonnellate l' anno, che impiegano cent' anni a degradarsi. In quest' ultimo secolo la temperatura è indubbiamente cresciuta: si parla di 6/10 di grado. Non è molto in assoluto, ma un secolo è anche un tempo molto breve. Da ventimila anni, dicono le analisi dei ghiacci polari, la temperatura oscilla, ma con più calma. Si deve prendere sul serio questo mezzo grado o dimenticarlo perché insignificante? Tra le dichiarazioni di Rio, ce n' è una molto significativa: «La mancanza di certezza scientifica non dev' essere una scusa per non agire». E allora, si riduca questa anidride carbonica, si sente dire da molte parti. Per arrivare alla stabilizzazione ossia non superare gli attuali livelli annui non basta bloccare i consumi al punto in cui sono oggi. Nel conto, c' è anche tutto il biossido di carbonio accumulato negli ultimi cento anni. Ciò significa che bisogna come minimo dimezzarlo (altri dicono di tagliarlo dell' 80 per cento). Una decisione improponibile. E se si rilanciasse il nucleare, energia pulita che non aumenta l' effetto serra? I calcoli del professor Caputo sconsigliano questa strada. Oggi le centrali nucleari sono circa cinquecento (in tutto il mondo) e assicurano il 4 per cento dell' energia totale. Ipotizzando di costruirne altre 2500, arrivando così a 3000, con l' attuale tasso si sviluppo si coprirebbe appena il 16 per cento del fabbisogno. Con questi numeri non si risolvono i problemi del riscaldamento della Terra. Il gioco vale davvero la candela? L' anidride carbonica non è l' unico gas a effetto serra. Ben più invadente, ad esempio, è il metano: una sua molecola ne vale trenta di anidride carbonica. E il metano è legato soprattutto alle risaie e alla digestione dei ruminanti, risorse base per tre miliardi di persone. Un altro tasto che non si può toccare senza distruggere l' economia. E' indubbio che oggi mancano le prove dirette dell' aumento di temperatura, l' evento più catastrofico che possa toccare l' umanità, perché si scioglierebbero i ghiacci polari, salirebbe il livello dei mari, verrebbero inghiottite le coste e ci sarebbero miliardi di «rifugiati ecologici» senza casa nè cibo. Ci sono soltanto prove indirette: i tre anni più caldi dell' ultimo secolo, ad esempio, sono tutti concentrati nell' ultimo decennio. E' una fluttuazione naturale o una tendenza che dovremmo prendere sul serio? Ci vorranno almeno quindici anni per avere una risposta. I progettati satelliti che dovrebbero coprire tutta la Terra e misurare per dieci anni le temperature degli oceani e delle terre, voleranno solo nel ' 97. E intanto? Caputo crede nelle misure intermedie: riforestare dopo i tagli ( «ogni albero è una cassaforte di carbonio» ); risparmiare energia, magari proprio con quella tassa sui carburanti che nessuno vuole pagare; sviluppare ceppi di riso e mangimi per animali che emettano poco metano. Per le misure più drastiche, forse c' è ancora tempo. Marina Verna


TRAPIANTI Un cuore «riciclato» due volte A un anno dall' intervento, il paziente sta bene
Autore: PORTA MASSIMO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 031

OGGI si insiste molto sul riciclaggio dei materiali, a fini sia economici sia di salvaguardia ambientale. Un gruppo di cardiochirurghi svizzeri ha portato alle estreme conseguenze questa tendenza riutilizzando in un secondo paziente un cuore già trapiantato. Come ha riferito recentemente il prestigioso New England Journal of Medicine, un paziente che da pochi giorni aveva ricevuto un trapianto di cuore subì una gravissima emorragia endocranica: constatata la morte cerebrale, i medici dell' Ospedale universitario di Zurigo decisero di riutilizzare il cuore «nuovo», che continuava a funzionare regolarmente, per un altro paziente che da 14 mesi era in lista d' attesa per un trapianto. L' intervento ha avuto pieno successo e, a un anno di distanza, questo secondo paziente sta bene e vive una vita pressoché normale. In molti Paesi ci si trova ormai in una situazione in cui gli organi disponibili per il trapianto sono in numero di gran lunga inferiore a quello dei pazienti che ne avrebbero necessità. Negli Stati Uniti, ad esempio, occorrerebbero 2000 trapianti di cuore al mese ma da tempo non se ne possono eseguire che un centinaio, appunto per la mancanza di donatori. Naturalmente ciò che è successo a Zurigo è un caso limite perché fortunatamente circostanze simili non si verificano con frequenza; ma dimostra come sia tecnicamente possibile far sì che lo stesso cuore continui a battere con piena efficienza in tre persone diverse. Massimo Porta Università di Torino


POLEMICA Dove passa il confine della psicoanalisi
Autore: CALISSANO PIETRO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA
NOMI: CAROTENUTO ALDO, GALLINO LUCIANO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 031

R IGUARDO agli interventi di Aldo Carotenuto (10 febbraio) e Luciano Gallino (17 febbraio) sul mio articolo «Il cervello dimezzato» in Tuttoscienze del 3 febbraio, desidero ribadire alcuni concetti che non sono stati interpretati in modo corretto. Purtroppo Gallino sembra preferire una specie di rissa ideologica basata su anatemi da casta sacerdotale a un dialogo, anche serrato, ma basato su dati scientifici. Preferisco quindi rispondergli, anche per non annoiare il lettore, riassumendo il succo della mia «provocazione» nei confronti dei discepoli di Freud (che, sia detto per inciso, ritengo uno dei più grandi pensatori del nostro tempo). Questi discepoli, a mio parere, spesso non hanno saputo o voluto cogliere i grandi progressi compiuti in altri campi delle neuroscienze nella seconda metà di questo secolo. Forse Gallino ha confuso il mio invito a questi studiosi con un attacco al loro padre fondatore e si è inalberato di fronte a tanto osare. Ma veniamo al nocciolo del problema, confidando in una lettura pacata e attenta di queste mie poche considerazioni, che valgono anche come risposta alla polemica più distesa di Aldo Carotenuto. Come ho già accennato nel precedente articolo, una dicotomia fra il cervello responsabile di attività come il movimento di un arto, la percezione di un suono o di un odore e la mente (intesa come sinonimo di processi come il pensiero, la coscienza, la volontà ) è ormai fuori luogo. Tutte queste attività cerebrali, e molte altre che per brevità non cito sono differenti per sede, natura e proprietà ma originano dalle stesse cellule che formano il nostro encefalo e che sono note con il termine di neuroni. Pensiero, coscienza, volontà e altre attività simili non sono presenti dentro il cervello come il folletto nella lampada di Aladino ma ne rappresentano l' espressione più raffinata ma non per questo da esso distinguibile. Ne consegue che anche le malattie mentali debbono poggiare su qualche tipo di alterazione «organica», cioè sono dovute al malfunzionamento di qualche componente del nostro organismo. Egualmente, traumi «psichici» di varia natura possono colpire il nostro organismo e provocare malattie psicosomatiche così denominate per denotare lo stretto collegamento tra la sfera mentale e quella del nostro corpo. Se si è d' accordo su questo punto, e lo stesso Carotenuto e il più focoso Gallino sembrano convenirne, allora si può porre una domanda la cui risposta delimita il significato della psicoanalisi e delle sue reali possibilità terapeutiche. La domanda è: può e in caso affermativo in che misura un colloquio tra il paziente e lo psicoterapeuta influire sulle attività di altri circuiti nervosi che presiedono ad altre attività mentali, consce o inconsce, che non funzionando in modo appropriato causano un determinato disturbo ? In altre termini, può la parola, con la sua potenziale carica di emotività o di contenuto di informativo, influire su altre funzioni cerebrali alterate? La risposta, che ritengo condivisa da molti neurobiologi anche in assenza di prove sperimentali certe, è affermativa. Ma limitata a talune disfunzioni e non estrapolabile a tutte le patologie mentali di cui soffrono gli esseri umani. La delimitazione di questo confine costituisce il punto nodale del dibattito fra neuro scienziati e psico scienziati. Il dialogo, e anche lo scontro intellettuale purché basato su fatti sperimentali e non su teorie affascinanti ma indimostrabili , dovrebbe vertere su questo punto. Non per ridurre il tasso di incoscio di ogni individuo come Carotenuto mi attribuisce malinterpretando il mio invito ma per poterne comprendere meglio natura e proprietà. Raggiungere questo obiettivo significherebbe alleviare le sofferenze di molte persone e ridurre le spese per farmaci o per lunghi dialoghi con l' analista. Pietro Calissano Cnr Istituto di Neurobiologia di Roma


AVIAZIONE Volare senza le ali Com' è un seggiolino eiettabile
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 032

A causa dell' alta velocità degli aerei a reazione i piloti, in caso di incidente, non possono salvarsi uscendo dal velivolo e gettandosi con il paracadute, come avevano fatto fino alla fine della seconda guerra mondiale quando gli aerei erano ad elica; l' impatto con l' aria renderebbe i loro movimenti molto faticosi e lenti e, se anche riuscissero a uscire dalla carlinga, li scaraventerebbe contro il timone di coda. Per questo è stato inventato il seggiolino eiettabile, che ha finora salvato almeno 6200 vite umane; esiste addirittura un club dei piloti che devono la vita a questa attrezzatura. Il seggiolino funziona sia a velocità subsonica sia a velocità supersonica, sia in quota sia al suolo nel caso di incidente in decollo o in atterraggio. Quando il pilota deve gettarsi tira una manetta posta tra le sue gambe (un' altra è situata al di sopra della testa) per accendere una serie di razzi. Da quel momento il resto della sequenza è completamente automatico Si accende una prima cartuccia il cui compito è di azionare il meccanismo delle cinghie di sicurezza: queste immobilizzano le spalle e le gambe e mantengono il pilota saldamente bloccato al seggiolino per evitare ferite durante l' espulsione. Poi si accende una seconda carica che fa saltare il tettuccio e subito dopo proietta il seggiolino fuori dall' aereo; a questo punto si accende una seie di razzi posti sotto il sedile i quali, bruciando per qualche decimo di secondo, hanno il compito di spingere il complesso pilota seggiolino un centinaio di metri al di sopra del velivolo, un' altezza sufficiente affinché il paracadute si apra anche quando l' aereo è a terra. Entra inoltre in funzione una riserva di ossigeno per la respirazione ad alta quota. A questo punto un' ultima piccola carica esplosiva fa aprire un picolo paracadute (estrattore) che estrae quello principale. Una volta che questo si è dispiegato il seggiolino si stacca e lascia libero il pilota. Se la fuga dall' aereo avviene ad alta quota il seggiolino e l' erogatore di ossigeno si separano solo a 3000 metri.


UN CORSO IN ITALIA Feuerstein ci insegna a imparare E' possibile, dice, potenziare le abilità cognitive
Autore: TORTELLO MARIO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, DIDATTICA
NOMI: FEUERSTAEIN REUVEN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 032

SENZA giri di parole il professor Reuven Feuerstein va subito al sodo: «Attualmente ci dice lei è un uomo con tutte le sue facoltà, un giornalista che lavora bene. Non ha bisogno di aiuti speciali. Ma se, improvvisamente, dovesse intervenire una nuova tecnica di scrittura e tutto quello che ha imparato non servisse più a niente, d' un tratto lei diventerebbe un "diverso" culturale. Non che lei non sia intelligente; ma le esigenze di adattamento vanno al di là delle sue capacità, perché una cultura diversa è venuta ad abbattersi sulla sua persona ed esige da lei sforzi che non riesce a dare. Che fare, allora? Lei deve imparare ad imparare; malgrado le sue buone capacità, abitudini, modalità di pensiero, si trova di colpo disarmato. Le esigenze di una cultura che cambia sorpassano le sue capacità ». Feuerstein, il celebre psicologo israeliano che ha speso la vita per mettere a punto nuovi strumenti di valutazione dell' intelligenza, è in Italia fino al 26 febbraio per un seminario al Bit di Torino su «Modelli ed esperienze nella scuola e nell' industria per il potenziamento delle abilità cognitive». Confida: «Certe volte, ho un po' paura dei tanti campi di applicazione del mio metodo. Certe volte, sono felice. Ho cominciato, nel 1944, con ragazzi culturalmente deprivati; poi, sono passato ai bambini con turbe di sviluppo, con gravi disfunzioni intellettive e fisiche. Ora, siamo andati oltre: verso studenti universitari che inspiegabilmente fallivano gli esami; verso operai, tecnici e impiegati che devono imparare nuove tecnologie... ». Insiste su un dato di fatto: «Le rivoluzioni sempre più rapide della tecnologia fanno di tutti noi dei "diversi" in senso culturale. Attualmente, la nostra società ha a che fare con migliaia di persone che, a quarant' anni vengono mandate a fare un test e si sentono dire: "Siete troppo vecchi, avete cominciato il vostro declino, la vostra intelligenza non funziona più così bene... "». «Questo osserva Feuerstein può causare tragedie. E poi, ci sono persone che, a forza di non sentirsi più accettate e gratificate, rischiano veramente il declino. Senza contare che il Terzo Mondo ha gravi problemi di formazione della forza lavoro: se utilizziamo le modalità correnti di misura dell' intelligenza (il tradizionale Q. I., ndr), rischiamo di dire che metà dell' umanità non sa svolgere i suoi compiti». I metodi e i programmi di Feuerstein per il «potenziamento delle abilità cognitive» (applicati in diverse parti del mondo, dalla scuola all' industria) dimostrano che «scommettere sull' intelligenza si può »; anche gli adulti con bassa scolarità possono diventare una risorsa. Come è stato riconosciuto nell' ultimo convegno nazionale promosso dal «Forum per l' innovazione», Feuerstein punta a un obiettivo radicale e ambizioso che non si ferma al recupero culturale. Guarda, soprattutto, al potenziamento delle abilità cognitive. Non si propone di far riacquistare contenuti culturali mancanti, ma punta a dare capacità di apprendimento autonomo. Non trasmette contenuti, ma metodi. La sua originalità (e, perché no?, la sua provocazione) sta nell' affermare che è sempre possibile cambiare e adeguare i propri modelli cognitivi: una buona notizia per tutti noi che viviamo in una società sempre più complessa. Mario Tortello


LE DATE DELLA SCIENZA La matematica secondo Hilbert
AUTORE: GABICI FRANCO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
PERSONE: HILBERT DAVID
NOMI: HILBERT DAVID
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 032

MEZZO secolo fa, il 14 febbraio del 1943, a Gottinga moriva più che ottantenne David Hilbert, padre del «formalismo» e unanimemente considerato uno dei più grandi matematici moderni. Era nato a Koenigsberg nel 1862. Hilbert si ricollega alla tradizione greca classica impostando però il discorso in modo molto più rigorso. Diversamente da Euclide, che aveva fondato la sua geometria su cinque postulati, Hilbert ricorre a ventuno «assunzioni», note oggi come «assiomi di Hilbert». Lo studioso tedesco, inoltre, si interessò di teoria dei numeri, di logica e di problemi di fisica matematica, contribuì alla formulazione matematica della meccanica quantistica e propose una teoria degli spazi vettoriali a infinite dimensioni (gli spazi di Hilbert). Al secondo Congresso internazionale di matematica che si tenne a Parigi nel 1900, Hilbert disse che l' unico modo per conoscere gli orientamenti della matematica del ventesimo secolo consisteva nel passare in rassegna le questioni irrisolte e a questo proposito elencò 23 problemi, alcuni dei quali ancora oggi sono in attesa di chi trovi una soluzione. Famosa è la curva di Hilbert, che riempie tutto il piano e ricorda la curva del matematico Giuseppe Peano. Curiosità: David Hilbert era nato nella città che dette i natali a Kant e la sua opera principale, I fondamenti della geometria, si apre proprio con una frase del grande filosofo: «Ogni conoscenza umana parte da intuizioni, procede attraverso concetti e culmina in idee». Franco Gabici


STRIZZACERVELLO Gita in campagna
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 032

Gita in campagna Domenica scorsa, approfittando della bella giornata, il signor Purezza ha portato la famiglia a fare una gita fuori città. Durante il ritorno la moglie gli ha fatto notare un invitante cartello ( «Olio e vino Vendita» ) al richiamo del quale il nostro amante della genuinità non ha saputo resistere. Entrati nel podere e giunti alla fattoria, i Purezza si sono visti offrire dal contadino sei recipienti di capacità diversa alcuni pieni di vino, altri d' olio. Le capacità erano di 8, 13, 15, 17, 19 e 31 litri. Sapendo che l' olio costa il doppio del vino e che la nostra famigliola ha speso 140. 000 lire di vino e altrettante d' olio lasciando sul posto uno solo dei sei recipienti, sapreste dire quali recipienti comprarono e quale liquido contenevano? La soluzione domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi )


LA PAROLA AI LETTORI Lo sapeva già Galileo, come si misurano i rilievi lunari
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 032

I punti della Terra dai quali si possono vedere quattro Stati non sono soltanto quelli pubblicati la settimana scorsa. Eccone ancora qualcuno: «Dalla città di Bregenz, sul lago di Costanza, si possono vedere territori di: Austria, Svizzera, Germania e Liechtenstein». Armando Biasi, Verona «Un altro posto è Kasane, da dove si vedono: Botswana, Zimbabwe, Namibia, Zaire». Fabio Artuso, Torino «Credo che un posto di questo genere esista anche in Europa: è la montagna al centro del Liechtenstein, dalla quale sono visibili anche Austria, Germania e Svizzera». Claudio Mori Fabrica di Roma (VT) Come si misurano le altitudini sulla Luna? L' altitudine dei rilievi lunari può essere misurata utilizzando il metodo elaborato da Galileo, ma con strumenti che lui non possedeva Si fa una diapositiva della Luna al primo o all' ultimo quarto. Proiettandola su di uno schermo, si misura l' ombra proiettata da un rilievo lunare che si trovi in prossimità del terminatore (la «linea» che separa la zona in ombra da quella illuminata dal Sole) Considerando i raggi del Sole paralleli, potremo fare idealmente ruotare la Luna attorno a un asse passante per il suo centro e il Sole, in modo che il rilievo di cui vogliamo calcolare l' altezza si venga a trovare sul bordo del contorno lunare. A questo punto formeremo due triangoli rettangoli simili, con i quali si potrà calcolare l' altezza del rilievo. Infatti il piccolo triangolo formato dall' altezza del rilievo, dalla lunghezza della sua ombra e dal bordo lunare è simile al grande triangolo formato dalla distanza del rilievo dal terminatore, dal raggio lunare (che è noto: 1738 chilometri) e dalla distanza del rilievo dal terminatore Poiché i lati corrispondenti di triangoli simili sono proporzionali, l' altezza del rilievo sarà ricavata moltiplicando la lunghezza dell' ombra per la distanza del rilievo dal terminatore, e dividendo il risultato per il raggio lunare. Fulvio Romano, Cuneo E' vero che bere vino dopo la birra fa star male, mentre la birra dopo il vino no? A dire il vero, in Germania si dice esattamente il contrario. C' è una filastrocca che, tradotta, suona così: «Vino sulla birra te lo consiglio, birra sul vino la beve solo un maiale». Roberto Fabbri, Milano E' possibile perdere una partita di scacchi senza fare mai errori? A questa domanda è impossibile dare una risposta definitiva. Infatti l' analisi completa della posizione sulla scacchiera è possibile solo nelle combinazioni, che sono una concatenazione di mosse pressoché forzate che si concludono con lo scacco matto o con notevoli guadagni di pezzi o nei finali semplici grazie al piccolo numero di pezzi rimasti in gioco. Per ogni altro tipo di posizione, il progresso tecnico e teorico degli scacchi è assimilabile al progresso scientifico: un continuo miglioramento senza peraltro possedere mai la certezza di aver giocato la mossa giusta. In pratica però si può ipotizzare questa risposta: il Bianco, che per regolamento esegue la prima mossa, parte con un leggero vantaggio. Quindi è impossibile che, giocando sempre la mossa più corretta, perda, mentre questo è possibile per chi gioca con i pezzi neri. Marco Ubezio, Biella Secondo i matematici, l' unico modo per stabilire se il bianco muove e vince (per esempio, in 140 mosse), è quello che vale in generale per tutti i giochi, cioè esaminare e cancellare tutte le «strade» che portano alla sconfitta o alla patta. Questo procedimento, ineccepibile sul piano teorico, è però improponibile su quello pratico, perché le strade da esaminare sono circa 10 elevato a 120 e questo è troppo anche per i calcolatori più potenti. Angelo Figus, Torino Perché alcune persone sono particolarmente sensibili ai suoni acuti, come quello delle unghie sulla lavagna? In genere sono le donne, molto più sensibili degli uomini agli acuti, a non sopportare questo tipo di suono. Il gesso o le unghie sulla lavagna sviluppano armoniche sgradevoli, che gli uomini non percepiscono. Sandra Rea, Genova E' vero che in epoca vittoriana per pudore si tagliavano gli attributi sessuali delle statue antiche? E' accaduto a un grande Ercole in pietra, installato al Museo di Geologia di Londra nel 1851, la cui nudità era considerata sconveniente dalla moglie del direttore del Museo. Gli attributi sessuali vennero perciò scalpellati via, sostituiti con una foglia di fico ma conservati in una scatola di mogano foderata di velluto. I curatori del Museo se la sono tramandata per 90 anni finché, nel 1977, il pezzo rimosso è stato riportato al suo posto. Giorgio Sechi, Londra & Come fa un apparecchio elettrico, ad esempio un televisore, a conservare in memoria i dati immessi, se si stacca la spina? Carlo Tetti, Torino & Poniamo che molti uccelli vengano trasportati in aeroplano. Il peso dell' aereo in volo diminuisce se gli uccelli si mettono a volare nella carlinga e aumenta se si posano sul pavimento? & E' possibile costruire un robot dotato di olfatto? Gianluca Marocco, Asti & Qual è il fenomeno che consente alla panna di «montare» ? Giacomo Zambelli, Forlì _______ Risposte a: «La Stampa Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax 011. 65 68. 688, indicando chiaramente «Tuttoscienze» sulla prima pagina.




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