TUTTOSCIENZE 13 gennaio 93


TELEMEDICINA Curarsi per telefono Servizi in aiuto di malati e disabili
Autore: GIORCELLI ROSALBA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, TECNOLOGIA, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 005

SEMPRE più le telecomunicazioni entrano da protagoniste in campo sociale. Quasi ogni giorno c' è una novità: ora sono in arrivo «Socialtel», un nuovo servizio Videotel consistente in una banca dati ad accesso gratuito, sistemi avanzati di telefonia sociale e progetti di telemedicina su scala europea. A «Socialtel» hanno collaborato, tra gli altri, l' Associazione nazionale dei Comuni italiani, l' Ente nazionale sordomuti, la Fondazione Labos e il Movimento per la difesa del cittadino; sono state così preparate le pagine video che compongono un «manuale d' uso» delle istituzioni con molte informazioni di carattere sanitario, sociale e ambientale A «Socialtel» si potranno chiedere chiarimenti e ricevere risposte tramite servizi di posta elettronica sullo stesso terminale Videotel. Per i non vedenti sarà possibile ottenere la lettura delle pagine video con voce artificiale. Continua la progettazione di dispositivi più agevolmente utilizzabili da disabili e ammalati alcuni reparti di ospedali di Roma e Salerno sono stati attrezzati con apparecchi telefonici pubblici ad altezza regolabile, altri con telefoni pubblici mobili fissati su carrelli. L' obiettivo è realizzare per i degenti il telefono pubblico da comodino. Da anni i sordi possono utilizzare un modello di telefono, il DTS, che trasforma la conversazione nello scambio di messaggi scritti tramite la tastiera incorporata (ma solo due DTS possono dialogare tra loro ). Per i non udenti inoltre è vicina la realizzazione di un sogno quello di comunicare attraverso il videotelefono: per ora la tecnologia dell' immagine nel videotelefono non riesce a rendere del tutto la continuità del movimento, essenziale per chi legge le labbra o usa la lingua dei segni. Utile sia ai sordi sia agli udenti è il terminale telematico «Timatic» su cui funzionerà il sistema «chiosco»: dotato di risponditore e segreteria telefonica, di rubrica telefonica, di telecomando, questo terminale potrà essere utilizzato per la connessione al Videotel oppure per inviare messaggi scritti ad un altro «Timatic». Questi terminali, in fase di sperimentazione, sono stati distribuiti ad utenti privati, a centri di ascolto e centralini telefonici di emergenza come il 113. In un futuro prossimo potrebbero colloquiare anche con i DTS per sordi, risolvendo molti problemi. I non udenti ora sperano nel «telefonino» su misura: un DTS tascabile con agenda elettronica incorporata è già in commercio in Germania; come il telefono cellulare, si è dimostrato di grande utilità in casi di emergenza e pericolo. L' Italia vanta la maggior diffusione in Europa di esperienze di telesoccorso e telemedicina, iniziate nel 1976. Recentemente è stato avviato Telecos2, il secondo progetto Sip dedicato al «teleconsulto», per la trasmissione di immagini diagnostiche (come radiografie, ecografie) a centri ospedalieri specializzati. Il progetto Telemism, telemedicina per le isole minori già in funzione per le isole siciliane e basato su apparecchiature per la tele elettrocardiografia e il teleconsulto, verrà esteso all' arcipelago Pontino; un analogo sistema progettato dalla Sip sta per essere adottato nelle isole greche. Intanto a Belfast è stato sperimentato un sistema di «defibrillazione telecomandata», molto efficace per ridurre la mortalità da infarto. Ce lo illustra Corrado Manni, presidente del Consorzio di ricerca per la telemedicina (Telemed): «L' unità in dotazione al paziente cardiopatico è composta da alcuni elettrodi adesivi per la rilevazione del ritmo cardiaco e l' erogazione dello shock elettrico; da un sistema di codifica dei segnali; da un telefono cellulare. In caso di malore il paziente può attivare con la pressione di un dito una procedura automatica di chiamata di soccorso cardiologico, e se necessario il defibrillatore verrà attivato a distanza dall' unità di soccorso». Un nuovo passo avanti per la telemedicina. Infine potremmo ricevere presto una tessera sanitaria elettronica europea: si prevedono soluzioni tecniche entro la fine del ' 93. Sarà divisa in tre parti: emergenza, urgenza, scheda clinica generale. Per cominciare il prototipo conterrà le prime due sezioni con le informazioni necessarie ad un intervento urgente o a un ricovero, associati al codice sanitario del paziente. Rosalba Giorcelli


A distanza, ma più vicini Una analisi del sociologo Ardigò
Autore: R_G

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI
NOMI: ARDIGO' ACHILLE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 005. Telefono

TUTTO con il telefono: informarsi, lavorare (con sistemi di tele lavoro), studiare (tele didattica), ricevere aiuto (telesoccorso, tele assistenza), essere curati (tele medicina). Si stupisce il sociologo: «Aumenta l' uso di un mezzo freddo come il telefono nei rapporti personali: maggiore è la distanza fisica, maggiore è la richiesta di intimità, oltre che di soccorso; si dà fiducia e si cerca la confidenza di persone che neppure si conoscono: penso anche ai vari telefoni azzurri, rosa e così via. E' doveroso approfondire gli aspetti di domanda di telecomunicazione da parte dei cittadini per offrire servizi reali», commenta Achille Ardigò dell' Università di Bologna. Da un sondaggio della Fondazione Labos emerge che solo il 13 per cento degli italiani teme che lo sviluppo delle telecomunicazioni causi l' impoverimento dei rapporti umani e che l' onnipresenza del telefono serva a scaricarsi la coscienza. Attorno ai punti di ascolto si raccolgono migliaia di volontari, e sempre secondo l' indagine Labos, il 38 per cento degli italiani auspica che siano appunto le associazioni di volontariato a farsi maggiormente carico del benessere sociale; il 41 per cento ritiene sia compito delle Ussl e il rimanente 21 per cento del Comune. L' esigenza che traspare è comunque quella di una sanità più umana. Con l' appoggio dei volontari e l' impiego di tecniche di telemedicina il malato potrebbe essere assistito a casa sua come se si trovasse in un reparto specializzato: ecco per ché sono molti i progetti per malati cronici e terminali. La Cee sta svolgendo un ruolo di coordinamento delle ricerche sulla telemedicina con il fine di sviluppare tecniche e strumenti uniformi nell' abbattimento di barriere economiche e sociali. Diversamente c' è il rischio che le telecomunicazioni diventino un nuovo motivo di discriminazione a favore delle aree ricche. La sanità è una delle maggiori «industrie» europee, la prima nell' area dei servizi, assorbendo dal 6 all' 8 per cento del prodotto interno lordo dei Paesi industrializzati: nei Paesi della Cee ci sono 850 mila medici, 15 mila ospedali, oltre 3 milioni di posti letto per 320 milioni di abitanti. (r. g. )


LABORATORIO Cnr: cercasi presidente senza partito
Autore: P_B

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 005

DA una decina di giorni una bufera squassa il Consiglio nazionale delle ricerche (settemila dipendenti e 1300 miliardi in bilancio per il ' 93). E' successo che, nella distrazione delle feste di fine anno, il governo ha indicato Enrico Garaci come nuovo presidente del Cnr. Su questa scelta si è scatenata una rissa e il fisico Carlo Bernardini, direttore di «Sapere», ha parlato di invereconda lottizzazione. Nel curriculum di Garaci ci sono pubblicazioni scientifiche non memorabili, 4 nomine a rettore della seconda università di Roma, la fede democristiana (prima Andreotti, poi Sbardella) e un siluramento a sindaco di Roma nelle elezioni amministrative dell' 89. Le pubblicazioni scientifiche, dai più giudicate modeste, non varrebbero la nomina di Garaci. Questa sarebbe invece un premio di consolazione per il siluramento al municipio capitolino e, da parte della dc, una difesa del Cnr come proprio feudo storico. Può darsi che in modo sbagliato sia stato scelto l' uomo giusto: il vero titolo a favore di Garaci, infatti, dicono che sia la capacità organizzativa mostrata come rettore. La scienza, in certi casi, non ha bisogno di genio ma di imprenditorialità. Se Garaci sapesse abolire i finanziamenti a pioggia che finora sono stati una triste regola del Cnr acquisterebbe già solo per questo meriti scientifici. Rimane però il fatto che ancora una volta la vecchia logica ha vinto. Nonostante i patetici appelli di Amato, Goria continua a rendere sempre più assurdo il sistema fiscale, chi deve privatizzare sabota le privatizzazioni, chi deve promuovere la ricerca pensa a strumentalizzarla per fini clientelari. E' questo il «cambiamento» che i cittadini si aspettano? (p. b. )


PRIMATO AMERICANO Un quarto di miglio in 5 secondi Bolidi a ruote che corrono come razzi
Autore: CANINA ALDO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, TRASPORTI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 005

IL ' 92 si è chiuso con un primato americano: il quarto di miglio (402 metri) percorso da un' auto in 4, 88 secondi con velocità finale di 482 chilometri all' ora. Negli otto cilindri del bolide venivano pompati 95 litri di propellente al minuto. L' Europa è staccata: mezzo secondo di più. Ma quali sono i segreti dei carburanti usati in prove così estreme? Creati i motori, l' uomo ha dovuto procacciar loro il pane quotidiano. Ed esplorare i meandri della chimica. Una ricerca esasperata dai motoristi americani, soprattutto in caso di drag race, gare in cui ci si batte a coppie sul quarto di miglio in rettilineo correndo all' impazzata e frenando con un paracadute. Se i secondi a disposizione per bruciare l' avversario oggi si contano sulle dita di una mano, molto è dovuto alla tecnica aeronautica. Pressati dal secondo conflitto mondiale, ricercatori tedeschi, inglesi e americani avevano aguzzato l' ingegno per escogitare una rosa di nuovi comburenti. Primo fra tutti il monossido di azoto, gas incolore, inodore e piuttosto dolciastro, dal rocambolesco destino: ottenuto nel 1772 dallo scopritore dell' ossigeno Joseph Priestly, studiato nell' 800 da Humphrey Davy per le proprietà anestetiche (è l' innocuo gas esilarante che tutti conosciamo), finì in dotazione ai Messerschmitt Bf 109 del Terzo Reich e al bombardiere inglese Mosquito. Gli americani, limitatisi a vagliare le possibilità d' impiego del suo incredibile potere ossidante, lo sfruttarono con velleità sportive: il monossido di azoto scaldato a 572F si scompone in ossigeno e azoto aumentando la combustione delle sostanze con le quali è a contatto senza relativo aumento di detonazione. Adottarlo partendo da un normalissimo propulsore di serie equivale ad ottenere da 50 a 150 cavalli immediati, semplicemente premendo un pulsante. Negli Usa oggi lo si porta a casa in bombole pronte per essere montate su camper, fuoristrada, trattori, vetture di serie e da corsa. In fatto di combustibili, invece, l' aeronautica americana ha sferrato l' attacco per prima suggerendo ai fautori della drag race un additivo liquido, chiaro, trasparente e dall' odore decisamente insopportabile a temperatura ambiente, il metanolo. Comparato alla normale benzina, questo si è rivelato «ecologico» (privo di piombo), dotato di un punto di combustione più alto (più 7F), di un calore latente di vaporizzazione pari a 477 British Termal Units contro i 180 Btu del normale carburante e di un calore di combustione (1470 Btu) maggiore del 15 per cento (la benzina arriva a 1270 Btu). Il metanolo, quindi, raffredda meglio l' aria in afflusso, crea miscele più dense e incrementa decisamente la potenza di qualsiasi motore. Unico neo, l' igroscopicità: è in grado di assorbire l' umidità atmosferica al punto da risultare inutilizzabile. Un discorso a parte merita il nitrometano, monopropellente dai limiti d' infiammabilità estremamente elastici (dal 7, 3 per cento al 100 per cento) il cui calore di combustione (3000 Btu per libbra) teoricamente consentirebbe al propulsore che ne faccia uso di raddoppiare la resa rispetto a quelli funzionanti a metanolo. In pratica il nitrometano, pur confermando tale tesi, tende a detonare quasi quanto la nitroglicerina, per cui bisogna arricchire d' aria la miscela combustibile a discapito dell' effettiva potenza. In via sperimentale gli Usa hanno introdotto sulle piste automobilistiche un monopropellente alternativo, l' ossido di etilene, già usato in farmacia quale solvente, nella produzione di glicol etilenico e per la propulsione dei razzi. Con un limite minimo d' infiammabilità del 3, la gamma di miscele ottenibili risulta ampliata e, cosa da non sottovalutarsi, l' etilene costa la metà. In quanto al calore latente di vaporizzazione, le due sostanze sono pressoché alla pari (lo scarto è di 5 Btu in meno per il nitroderivato) sebbene all' atto pratico l' ossido di etilene evapori più velocemente a causa della sua infiammabilità. Ovvero, il nitrometano che non riesce a vaporizzarsi nel collettore lo farà per forza nel cilindro, disperdendo calore nonché energia utile a produrre potenza. E il tutto significa difettare di circa 50 cavalli all' albero motore. I risultati più interessanti si hanno confrontando le temperature d' autoaccensione: quella del nitrometano (418, 3 C in piena aria) all ' interno di un motore non supera i 315 C dando luogo, sotto eccessiva pressione, a subitanee esplosioni, mentre l' ossido d' etilene, il cui limite tocca i 428, 8 C, non detonando, non vi distruggerà mai i pistoni. Il composto più pericoloso, tanto da venir vietato sul finire degli Anni 60, è stato l' idrazina, un liquido incolore in grado di reagire con l' ossigeno a temperatura elevata producendo azoto e acqua. Prima di essere piegata a scopi motoristici, la si usava per eliminare l' ossigeno dall' acqua delle caldaie ad alta pressione e come combustibile liquido per missili. Il fatto che sviluppasse una enorme energia non escludeva che bisognasse utilizzarla fino all' ultimo grammo: aveva infatti il difetto di far saltare per aria chiunque si trovasse nel suo raggio d' azione se gli addetti non ne scindevano i componenti entro un' ora. I responsabili dell' accelerazione reagirono con un freno paracadute. Aldo Canina


FULLERENE Molecola superstar Numerose applicazioni nell' industria Prospettive stimolanti per la scienza
Autore: RASETTI MARIO

ARGOMENTI: CHIMICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

SE gli oggetti della scienza e non gli scienziati venissero premiati, credo che un voto vedrebbe una molecola trionfalmente eletta protagonista dei primi Anni 90: il fullerene. Tutto in questa molecola, che tecnicamente si chiama C60 ed è uno stato legato di 60 atomi di carbonio disposti in modo regolare su una superficie sferica, capostipite di una famiglia di molecole assai simili, sempre più grandi e meno simmetriche dal C70 al C960 è curioso ed affascinante. Immaginata teoricamente oltre vent' anni fa dal chimico giapponese Osawa, fu di fatto prodotta nel 1983, senza che gli stessi ricercatori che la generarono ne fossero consapevoli, da due astrofisici che tentavano di simulare in laboratorio gli effetti di assorbimento e diffusione della luce stellare da polvere interstellare, ricca di particelle di carbonio. Nel 1985 Curl, Smalley e Kroto, due americani e un britannico, realizzarono poche molecole, con una sofisticata, complicata tecnica di evaporazione mediante laser di grafite in atmosfera di elio, ma non poterono proprio per l' esiguità del numero di esemplari a disposizione eseguire tutte le prove diffrattometriche e spettroscopiche necessarie a stabilire la struttura spaziale della molecola. Solo nel 1990, ricercatori del Max Planck di Heidelberg e della Università di Arizona raggiunsero l' obiettivo: una soluzione concentrata di fullereni. Facendo evaporare il solvente e quindi risublimare i microcristalli così formati, Kratschmer e Huffman addirittura riuscirono a giungere al primo campione (in forma di pellicola sottile) di un vero e proprio nuovo materiale, la fullerite, aggregato ordinato cristallino di queste super molecole. E' curioso il fullerene per il nome, ispirato una volta tanto non dal nome di uno scienziato ma da quello di un architetto, Buckminster Fuller, inventore delle cupole geodetiche, che così prepotentemente questa molecola richiama alla memoria. Ed è curioso perché dopo i molti tentativi iniziali, tutti assai sofisticati e complessi, oggi le tecniche messe a punto dagli scienziai per produrlo sono di una semplicità non meno disarmante di quanto non sia modesta la materia prima da cui partire: il nero fumo, così comune nei camini. E' affascinante per le nuove prospettive culturali che induce. Grazie a questa molecola i libri di chimica e di cristallografia non saranno più gli stessi: le forme allotropiche del carbonio non sono più due (grafite e diamante) ma tre; e non è più vero come ancora tutti i libri di teoria dei gruppi proclamano che la simmetria dell' icosaedro è proibita in natura. Ed è su questo fatto, che culturalmente mi è molto vicino che vorrei dilungarmi un poco. Il momento forse più alto in tutti e dieci i volumi degli «Elementi» di Euclide è la dimostrazione che esistono soltanto cinque solidi regolari: il tetraedo, il cubo, l' ottaedro, il dodecaedro e l' icosaedro. Dunque l' icosaedro, come struttura geometrica, appartiene alla nostra conoscenza, come costrutto formale matematico, sin dal 370 avanti Cristo. Ma soltanto col fullerene la simmetria che gli corrisponde è stata finalmente trovata in natura. Tetraedi, cubi e ottaedri si erano tutti da tempo ritrovati nei cristalli, ma non l' elusivo icosaedro. Certo noi conosciamo bene un oggetto con quella simmetria: il pallone da calcio, che altro non è che un icosaedro troncato (uno cui sono state tagliate via le punte, per farne la migliore approssimazione possibile ad una sfera), fatto di esagoni (bianchi) e di pentagoni (neri). Il punto è che non si può tassellare una sfera con soli esagoni: una delle più belle, profonde e semplici formule della topologia combinatoria, scoperta dal matematico svizzero Eulero intorno al 1770, comporta che nella tassellazione di una superficie il numero delle facce più il numero dei vertici meno quello degli spigoli deve dare 2. Ma, se tutte le facce fossero esagonali dovrebbe aversi che il numero degli spigoli sia uguale a tre volte quello delle facce (perché ogni esagono ha sei spigoli, ma ogni spigolo appartiene a due facce adiacenti) e il numero dei vertici uguale al doppio di quello delle facce (ogni faccia ha sei vertici, ma ogni vertice è condiviso da ciascuna delle tre facce che vi convergono) e questo come si vede facilmente non è compatibile con il teorema. D' altra parte, se si concede che alcune delle facce siano pentagonali ed altre esagonali, poiché il pentagono ha cinque spigoli e cinque vertici e l' esagono sei, ma ancora ogni spigolo è condiviso da due facce adiacenti e ogni vertice da tre, il doppio del numero degli spigoli e il triplo del numero dei vertici devono essere uguali a cinque volte il numero dei pentagoni più sei volte quello degli esagoni. La formula di Eulero non viene dunque violata da una tassellazione della sfera fatta di 12 pentagoni e 20 esagoni, in cui ogni pentagono sia circondato da cinque esagoni: il pallone da calcio, ma anche il C60] Una prospettiva eccitante: il teorema di Eulero ha una versione più complessa, che si riferisce a superfici di genere topologico diverso da zero (cioè superfici simili a ciambelle con più buchi, mentre la sfera di genere zero appunto non ha buchi ): si possono così congetturare fullereni fatti, ad esempio, di esagoni ed ettagoni; strutture spaziali dalla topologia incredibilmente bella e ricca e dalle proprietà ancora sconosciute E' interessante, oltre che curioso, infine, il fullerene per le sue straordinarie proprietà fisiche e chimiche. Molto, moltissimo rimane probabilmente da scoprire, ma già oggi ne conosciamo le più importanti e ancora una volta nello sceglierne alcune da descrivere seguirò quelle che più mi sono vicine professionalmente. Quando si produce in forma di cristallo, la fullerite è un reticolo cubico a facce centrate: come il NaCl, il sale comune, ma con gli atomi sostituiti da palline di fullerene. Questo cristallo ha proprietà elettroniche straordinarie: «drogato » con atomi metallici potassio, rubidio o tallio, che si vanno a porre negli interstizi fra le palline o talora dentro ad esse può diventare superconduttore a una temperatura critica dell' ordine di 40 gradi assoluti (circa 230 gradi sotto lo zero), intermedia fra quella dei superconduttori convenzionali e quella dei nuovi superconduttori ceramici. Ma anche, ad esempio nel caso in cui il drogaggio sia a base di potassio, variando la concentrazione del drogante la fullerite passa, quasi con continuità, dall' essere un eccellente isolante ad un incredibile stato di ferromagnete non metallico, per passare poi a metallo molecolare (per inciso, il primo realizzato che sia effettivamente tridimensionale) e infine a semiconduttore, con proprietà probabilmente confrontabili con quelle degli arseniuri di gallio o del silicio amorfo. Tutto questo apre non solo stimolantissime nuove prospettive nella comprensione delle leggi fisiche e chimiche fondamentali che presiedono al comportamento della materia nel suo stato condensato, ma altresì inattese quanto promettenti aspettative per l' acquisizione di nuovi materiali, ad esempio per la microelettronica. Mario Rasetti Politecnico di Torino


ATTERRAGGI «AL BUIO» Gli occhi del gatto Si moltiplicano gli studi per consentire al pilota di vedere di notte e nella nebbia Radar speciali e sensori all' infrarosso portano in cabina l' immagine della pista Primo obiettivo: rendere possibili atterraggi ciechi in aeroporti privi di attrezzature molto avanzate
Autore: BERNARDI MARIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, AEREI
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Hud Schema a blocchi (visore a testa alta)
NOTE: 006

IL Jumbo è in «cortissimo finale». Mentre il comandante cerca le luci di pista oltre la caligine che investe il parabrezza il secondo pilota scandisce a voce alta le indicazioni del radioaltimetro:.. 75... 50... 25 metri... altezza di decisione] A questo segnale se la soglia pista non si vede la «riattaccata» è d' obbligo. Mezzo migliaio di passeggeri è dirottato a centinaia di chilometri dalla destinazione, aerei in coincidenza partono semivuoti ed il traffico va riprogrammato in emergenza sia a terra sia sulle aerovie. Ciò accade perché anche gli atterraggi strumentali basati sulla disponibilità sulla pista di un sentiero radioelettrico di discesa e sull' aereo di riceventi ed automatismi in grado di utilizzarne la precisione sono condizionati da valori minimi di visibilità verticale ed orizzontale. Tanto più precisa (e costosa) l' attrezzatura radioelettrica dell' aeroporto, tanto più precisi (e costosi) gli impianti di bordo e tanto più alta la categoria delle operazioni (classificate da I a III c) e più basse le «minime» per cui le norme di sicurezza consentono l' atterraggio evitando il dirottamento. Per ridurre la possibilità di quest' ultima deprecabile evenienza da tempo sono allo studio mezzi intesi ad aumentare la portata visiva dei piloti attraverso nebbie, pioggia o neve che possono nascondere la soglia negli ultimi secondi dell' avvicinamento finale. Questi sistemi (ricadute commerciali di vaste e costose ricerche militari) sono identificati dall' acronimo Evs (Enhanced Vision Systems ossia Sistemi di Visione Potenziata). Essi sono basati sull' impiego di radar ad onde millimetriche ad alta risoluzione per l' esplorazione del terreno e/o sensori all' infrarosso in grado di cogliere l' immagine dei segnali luminosi della testata pista superando le barriere meteorologiche. Le immagini colte dai sensori, previa elaborazione elettronica, vengono presentate all' equipaggio su un «visore a testa alta». Questo apparato, correntemente noto come Hud (dalle iniziali di Head Up Display), è impiegato da tempo sui caccia: consente ai piloti di avere davanti agli occhi i dati essenziali alla condotta del volo senza perdere di vista il bersaglio. Nel caso specifico dell' atterraggio a visione potenziata (Evs), alla simbologia di velocità, velocità di discesa, assetto, altezza di decisione ecc , al centro del visore si sovrappone l' immagine della testata pista captata dai sensori; al diminuire della distanza dalla soglia alla immagine sintetica si sostituirà gradualmente l' immagine colta dall' occhio del pilota. La ricerca di base per lo sviluppo dei sistemi di visibilità potenziata è finanziata dalla Faa (l' Agenzia Federale dell' Aviazione Usa) con notevoli investimenti. Gli studi si sviluppano su due direttrici principali: indagine sulle proprietà elettroottiche dei diversi tipi di precipitazioni ed ottimizzazione dell' accoppiamento più efficace dei sensori. Per quanto riguarda il primo aspetto basti pensare che se prendiamo in considerazione anche una sola delle meteore, ad esempio, la nebbia, occorre distinguerne almeno 15 tipi, ciascuno con proprietà di riflessione e rifrazione assai diverse. Per quanto riguarda l' ottimizzazione dei sensori, in linea generale, è stato riscontrato che nei confronti delle nebbie quelli all' infrarosso presentano una risoluzione migliore dei radar mentre questi ultimi manifestano una miglior potenza di penetrazione della pioggia e della neve. Superata la fase della ricerca di base lo sviluppo dei sistemi è già arrivato a quella delle prove di volo attirando l' interesse delle compagnie. Ad esempio la North West Airlines ha designato un gruppo di aziende specializzate per la realizzazione di un sistema di visione potenziale da introdurre sulla propria flotta di Boeing 747 e di Douglas Dc10. Il vantaggio che la compagnia si propone, oltre alla maggior regolarità dei voli, è quello di riuscire ad operare in categoria IIIA (visibilità verticale 0 ed orizzontale 200 metri) su moltissime piste di categoria I (che richiedono visibilità minima verticale 60 metri e orizzontale 800 metri); ed almeno 200 piste di categoria I risultano oggi sparse e sottoutilizzate sul territorio degli Stati Uniti. E se ciò per il trasporto passeggeri significa una miglior penetrazione dei bacini di traffico, per il trasporto merci significa un avvicinamento essenziale alle esigenze della domanda ed alla destinazione dei carichi. Soprattutto per quanto riguarda l' aviazione «executive», i sistemi di visione potenziata esaltano l' elasticità essenziale ad un settore nato per portare «chiunque, dovunque, a qualsiasi ora e con qualsiasi tempo». Pesco nei miei ricordi. Agli inizi degli Anni 60 il pilota inglese di un noto armatore greco era solito far rotta su Saint Moritz in condizioni di visibilità proibitive. Quando sullo schermo del suo radar la vetta di una certa montagna assumeva le dimensioni di una noce, virava stretto buttandosi in picchiata: giusto in tempo per fare emergere dalla bruma del fondovalle le luci di pista. Questa bravata che lusingava il trasgressismo del principale (e mandava in bestia gli altri piloti del jet set) esprimeva l' ansia di spingere lo sguardo oltre la barriera della nebbia ed anticipava di 30 anni la domanda dei sistemi Evs. Mario Bernardi


SCAFFALE Mondiet Colle Catherine e Colle Michel: «Il letto di Procuste», Editori Riuniti
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

Intervenire sulla statura umana oggi è possibile grazie all' ormone della crescita prodotto con le tecniche dell' ingegneria genetica. Modifiche ancora più radicali saranno possibili in futuro agendo sui geni che controllano lo sviluppo. Il concetto di «statura normale» ne verrebbe stravolto. Quale sarebbe allora la normalità ? E un mutamento generalizzato della statura umana non avrebbe conseguenze anche sotto il profilo psicologico e filosofico? Gli autori, che lavorano all' Università e al Centro pediatrico di Bordeaux, propongono una risposta a queste domande.


SCAFFALE Mandeleev Dmitrij: «Sullo spiritismo», Bollati Boringhieri
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

Tutti conoscono Mendeleev, il chimico russo scopritore del sistema periodico degli elementi, un fondamento indispensabile per la comprensione della natura. Assai meno note sono invece queste tre conferenze sullo spiritismo che tenne nel 1874: una lezione sulla libertà e sul rigore che devono contraddistinguere il lavoro scientifico.


SCAFFALE Mainardi Danilo: «Il cane e la volpe», Einaudi
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ETOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

Ritorna, edito da Einaudi, un bel libro di Danilo Mainardi uscito per la prima volta nel 1976. «Il cane e la volpe» è un saggio di etologia, ma è anche un «caso». Per più di un motivo. Il tema è lo studio del comportamento di un animale selvatico che cresce accanto a un animale domestico e all' interno di una famiglia umana Già l' esperimento è singolare, accostando due specie che hanno una storia biologica e comportamentale assai diversa. A questo si aggiungono l' interazione con un imprinting umano e il rapporto affettivo che lega lo studioso ai suoi animali da esperimento. Ne viene fuori una ricerca etologica per certi versi non ortodossa (Mainardi è il primo, nella nuova prefazione, a sottolineare la necessità di studiare gli animali nel loro ambiente, senza interferenze) ma anche, per altri versi, rivelatrice di fenomeni assolutamente originali. Oltre alle foto documento, vanno segnalati i disegni dell' autore: frutto di una semplice sinuosa linea continua, sono straordinari nel cogliere l' espressione e la dinamica dell' animale.


SCAFFALE Pandolfi Massimo: «I Rinogradi di Harald Stumpke e la zoologia fantastica», Muzzio
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

COME se non bastassero i due milioni di specie viventi classificate e i forse trenta milioni di specie ancora da scoprire, dalla mitologia greca al Medioevo fino ai nostri giorni è sempre stato fiorente il filone della zoologia fantastica: animali inventati come frutto dell' immaginazione poetica (l' ippogrifo), o di improbabili testimonianze (i vari serpenti marini) o di ingannevoli ricostruzioni paleontologiche. Quello dei «rinogradi» di Harald Stumpke è uno dei più curiosi casi di zoologia fantastica. Costituirebbero, questi animali, un ordine dei mammiferi sopravvissuto in un arcipelago del Pacifico meridionale (anch' esso immaginario), scoperto nel 1941 da un immaginario esploratore svedese. Caratteristica di quest' ordine è il singolare sviluppo del naso (rinos, in greco), che assume gli aspetti e le funzioni più diverse per assicurare l' adattamento dell' animale alla sua nicchia ecologica. L' intento di Stumpke nel delineare un' accurata sistematica dei rinogradi, è essenzialmente satirico, in due direzioni: all' interno, verso i biologi malati di accademia, e all ' esterno, verso la società in generale. Testo e illustrazioni di Stumpke vengono riproposti da Massimo Pandolfi in un volume che riporta anche, in una corposa appendice, testi ora letterari ora saggistici di Stefano Benni, Giorgio Celli, Marco Ferrari, Alessandro Minelli e Aldo Zullini. Il quale in una paginetta dedicata ai nematodi (vermi) dimostra come sia labile il confine tra la zoologia fantastica e quella scientifica.


CARAPAX, LA CITTA' DELLE TARTARUGHE Nell' oasi per salvarsi dagli uomini Le testuggini sono sulla Terra da duecento milioni di anni ma oggi conoscono il declino, come molte altre specie
Autore: LEONCINI ANTONELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

N EL mondo esistono 253 specie di tartarughe, sedici delle quali sono diffuse negli ambienti mediterranei. A Carapax, nel Grossetano è nata la città delle tartarughe, un' oasi per la salvaguardia, il ripopolamento e la ricerca scientifica sulle testuggini. Il centro risale al 1989 per iniziativa del gruppo Rettili Anfibi Natura (R. A. NA. ), della Cee e della Regione Toscana, e ha l' ambizioso obiettivo di combattere il declino di questo animale, il più antico vertebrato del pianeta. Vecchie di duecento milioni di anni, le tartarughe sono state anche testimoni della nascita e della scomparsa dei dinosauri; la loro corazza, la più solida struttura mai posseduta da un vertebrato, è passata indenne attraverso differenti ere geologiche. Oggi, però, le specie terrestri sono insidiate dalla meccanizzazione dell' agricoltura, dall' uso dei pesticidi, gli incendi, la raccolta e il commercio illegale. Le specie palustri devono combattere invece contro la bonifica, l' inquinamento delle zone paludose e la concorrenza delle specie esotiche. La situazione non è migliore per le tartarughe marine, minacciate dallo sviluppo turistico nelle aree di nidificazione, dalle catture in reti pelagiche e palamiti, dal deterioramento dell ' ambiente marino. Carapax (in latino carapace, la corazza delle tartarughe) è una struttura unica in Italia, realizzata in base al «Piano d' azione mediterranea per la salvaguardia dell' ambiente» del 1987. In 45 ettari trovano il loro habitat naturale gli animali sottratti alla cattività e al commercio illegale; in questi anni, le specie si sono riprodotte e gli inquilini si sono moltiplicati. Anche le tartarughe marine rientrano nel progetto Carapax e il parco della Maremma è destinato a diventare un luogo di censimento e popolamento della specie Caretta caretta. Carapax si articola in due aree demaniali. Una zona è riservata allo studio delle popolazioni autoctone Testudo hermanni hermanni, un' altra alla raccolta e alla quarantena per eventuali malattie. Le testuggini terrestri e palustri di origine italiana si sono riprodotte all' interno della stessa specie, grazie ai recinti che le difendono dai predatori ma impediscono anche incroci con le testuggini esotiche, che vengono confiscate o donate da privati e, dopo un certo periodo rimpatriate. Ai margini dei sentieri di Carapax una serie di cartelli illustra le caratteristiche delle diverse specie (Testudo hermanni, Testudo graeca, Testudo ibera) e la provenienza di alcune popolazioni: dalla Liguria dove erano presenti esemplari di una razza geografica estinta, dal Lazio, dalla Toscana, dalla Sicilia. Una visita a Carapax merita una sosta alla nursery, che ospita i piccoli delle ultime annate fino a quando il guscio garantisce loro l' autodifesa. Di qui si passa nel bosco che accoglie la Testudo marginata, quindi si scende alla palude, dove la Emys orbicularis e la Pseudemys scripta elegans dividono lo spazio con bisce, gallinelle e aironi. Ogni testuggine è catalogata secondo i dati anagrafici, il peso, le misure, è identificata con un numero progressivo e periodicamente controllata con tecniche di radio tracking. E' possibile seguire ogni movimento delle tartarughe: corrono, combattono, si accoppiano emettendo fischi e ruggiti. Dalle uova escono neonati palustri che vantano il primato di essere i più piccoli al mondo. Il lavoro è modellato sui programmi della stazione Charles Darwin delle isole Galapagos, che da trent' anni lavora al ripopolamento delle sottospecie minacciate dalle testuggini giganti. Un importante settore di indagine sviluppato a Carapax riguarda la territorialità delle tartarughe, cioè lo spazio vitale di cui hanno bisogno per vivere. Gli animali vengono liberati nelle vicinanze del centro e seguiti nei loro spostamenti per analizzare l' impatto con il nuovo ambiente e le reazioni al contatto con altri esemplari. Altri studi riguardano la natalità: i sondaggi eseguiti sulle temperature di incubazione hanno accertato un' escursione fra i 20 e i 40 gradi, con un predominio di maschi ai livelli più bassi (20 25 gradi) e di femmine ai valori medi di 30 gradi. Carapax in questi anni ha svolto anche una serie di ricerche ecologiche. Ha realizzato il rimpatrio di trecento Testudo di origine macedone, liberate in aree protette del distretto di Salonicco. Inoltre, con l' accordo Tormed, recentemente stipulato per salvaguardare la tartaruga nei 18 Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, farà parte di una rete di collegamento fra i centri presenti nelle diverse nazioni. Antonella Leoncini


TUMORI MALIGNI Cellule con l' etichetta «metastasi» Le basi genetiche per una terapia più selettiva
Autore: FUNARO ADA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, GENETICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

I malati di tumore molto spesso non muoiono del loro tumore originario, ma per uno sviluppo di metastasi: un numero di cellule inizialmente limitato si allontana dal tumore, penetra nel sistema circolatorio sanguigno o linfatico e va in circolo fino ad annidarsi sotto forma di tumore secondario in organi distanti dal punto di origine, sfuggendo inesorabilmente al controllo del sistema immunitario. Come queste cellule siano capaci di compiere indisturbate questa migrazione, e quali siano i fattori che controllano il processo stesso, rappresenta uno dei punti cruciali per la comprensione della evoluzione delle neoplasie. Fino a poco tempo fa questo argomento sembrava estremamente difficile da affrontare, ma negli ultimi anni sono stati conseguiti risultati importantissimi che costituiscono una svolta decisiva nello studio della patologia neoplastica. Alcuni anni fa è stato individuato un piccolo numero di geni potenzialmente coinvolti nella formazione delle metastasi. Uno dei più rappresentativi è stato isolato da un tumore del pancreas di ratto. Si tratta di un gene che nell' uomo si trova localizzato sul cromosoma 11 e codifica per una proteina deputata a mediare il contatto tra cellule del sistema immunitario (linfociti) e specifiche proteine della matrice extracellulare. Possedere una determinata molecola sulla membrana sembra consentire alla cellula neoplastica di imitare il comportamento di un normale linfocita che trova nel linfonodo la sua sede consona per lo sviluppo. Dal distretto linfonodale queste cellule provviste della molecola «guida» possono accedere alla circolazione e di conseguenza essere trasportate attraverso tutto il corpo, come si verifica normalmente per le cellule del sistema immunitario. Risultava comunque difficile pensare che fosse sufficiente una sola molecola per conferire alla cellula il carattere di invasività e di conseguenza si è lavorato molto per trovare altri fattori (o geni) regolatori che partecipassero al controllo della diffusione dei tumori. Dopo una prima fase di lavoro priva di successo, un giovane ricercatore tedesco ha dimostrato che esiste una correlazione diretta tra l' espressione di una specifica molecola e la capacità metastatica della cellula neoplastica. E' infatti riuscito a individuare una molecola esclusiva della cellula metastatica del tumore al pancreas dei ratti, che è totalmente assente sulle cellule del tumore d' origine. La sorpresa è stata grande quando, a un' analisi più dettagliata, la molecola è risultata essere una variante della proteina Cd44, nota da tempo come molecola di adesione linfocitaria. Gli studi successivi hanno dimostrato che la molecola Cd44 esiste in natura in forme diverse, tutte identiche nella porzione periferica ma diverse in quella centrale. La disponibilità della molecola in più forme si rispecchia in una molteplicità di funzioni, che vanno dalla migrazione all' attivazione cellulare, all' adesione alla diffusione delle metastasi. Chiarite le caratteristiche della molecola Cd44, rimaneva ancora un quesito fondamentale: il gene che codifica per la forma variante della molecola Cd44 è responsabile delle metastasi in determinati tumori? Sì, secondo gli esperimenti condotti finora. Il gene specifico trasferito con tecniche di biologia molecolare in una cellula tumorale non metastatica, conferisce a questa la potenzialità di crescere diffusamente secondo le modalità proprie delle cellule metastatiche. Per capire come la molecola Cd44 variante provochi la crescita delle metastasi, si è cercato di studiarne la funzione in cellule normali. La molecola Cd44 (variante) è espressa in modo transitorio in alcune cellule del sistema immunitario durante fasi cruciali del differenziamento, come i processi di maturazione o di attivazione. Questa osservazione conferma l' ipotesi formulata inizialmente, secondo la quale le cellule metastatiche che esprimono questa molecola si comportano come cellule del sistema immunitario durante lo sviluppo acquisendo la capacità di migrare lungo il circolo fino a stabilirsi nei linfonodi. Ciò che accade nel ratto accade anche nell' uomo. L' espressione della molecola Cd44 variante nel carcinoma del colon è esclusiva delle cellule neoplastiche o pre neoplastiche ed è correlata con l' invasività del tumore; inoltre compare in una fase molto precoce della malattia, tanto da essere considerato un segnale che la malattia avrà un' evoluzione maligna Molti gruppi impegnati nella ricerca oncologica guardano ora alla molecola Cd44 come a un bersaglio molto promettente per lo sviluppo di nuove terapie mirate alla distruzione selettiva di quelle cellule maligne che portano l' etichetta «metastasi». Ada Funaro Universtà di Torino


TRAPIANTO DI RETINA Vedere con altri occhi Interessanti esperimenti sui ratti
Autore: GALLI RESTA LUCIA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

NEGLI ultimi anni molti ricercatori si sono interessati ai trapianti di tessuto nervoso e alle loro possibili applicazioni cliniche. La sperimentazione di innesti di cellule nervose fetali nella terapia del morbo di Parkinson è forse il caso più dibattuto, ma si stanno aprendo anche altre prospettive. Circa vent' anni fa Raymond Lund, ora all' Università di Cambridge, iniziava le sue ricerche sui trapianti di tessuto nervoso embrionale nel sistema visivo del ratto. L' obiettivo principale di questo progetto era lo studio dei meccanismi che regolano il normale sviluppo del sistema nervoso. Subito però si sono rivelate di grande interesse anche le indicazioni che questi studi forniscono sulle potenzialità di recupero che i trapianti potrebbero consentire quando il sistema visivo sia leso o colpito da malattie neurodegenerative. Qualsiasi possibilità di applicazione all' uomo è ancora remota, ma vale la pena di considerare brevemente i risultati ottenuti dall' equipe di Lund. Molti studi sono concentrati sul trapianto della retina, il tessuto nervoso sensibile alla luce che tappezza il fondo dell' occhio. Si è appreso che l' abbozzo embrionale della retina può essere trapiantato nel cervello di un ratto «ospite» e qui crescere sviluppandosi in una retina molto simile al normale. Nel trapianto compaiono tutti i tipi di cellule retiniche, che si dispongono nell ' ordine regolare che si osserva normalmente. Inoltre, dalla retina trapiantata si sviluppa un fascio di fibre nervose, il «nervo ottico» del trapianto, che, guidate da segnali ignoti, si dirigono solo verso i nuclei cerebrali innervati dal nervo ottico. Se l' animale che ha ricevuto il trapianto ha subito una lesione parziale o totale della retina o del nervo ottico, il trapianto innerva in profondità i centri visivi, formando un rudimentale sistema visivo alternativo. Per consentire un recupero almeno parziale della funzione visiva occorre che il circuito nervoso ricostruito grazie al trapianto sia funzionale. I problemi insoluti sono ancora molti Solo la metà delle retine trapiantate sopravvive; in queste si sviluppano molte meno cellule sensibili alla luce del normale (i fotorecettori) e il nervo ottico è costituito da assai meno fibre del normale. Inoltre, benché il trapianto riesca a innervare il cervello ospite, queste connessioni sono prive del normale ordine, cosicché spesso cellule vicine nel trapianto innervano regioni del cervello piuttosto lontane l' una dall' altra. Questo disordine potrebbe rendere praticamente impossibile per i nuclei cerebrali che ricevono i segnali prodotti dal trapianto servirsi di questa informazione in maniera efficace. Nonostante queste limitazioni, le retine trapiantate rispondono alla luce e il cervello ospite è in grado di utilizzare l' informazione visiva che gli giunge dal trapianto per guidare alcune semplici reazioni. Il primo caso studiato è stato quello del riflesso pupillare. Normalmente una luce intensa fa restringere le pupille di entrambi gli occhi, anche quando uno dei due occhi sia cieco, ad esempio per una lesione del nervo ottico. Ciò avviene perché la retina segnala variazioni dell' intensità della luce che la colpisce a nuclei nervosi che sono connessi con entrambi gli occhi e che fanno restringere simultaneamente le due pupille. Anche una retina trapiantata può trasmettere il segnale necessario a regolare il diametro delle pupille. Se un fascio di luce colpisce solo la retina trapiantata, entrambe le pupille si restringono nonostante gli occhi dell' ospite non percepiscano la luce e, come nel caso normale, più è intensa la luce, più si restringono le pupille. In un secondo studio, più complesso, alcuni ratti sono stati addestrati a premere una leva che apriva una scatola contenente del cibo e a smettere di premere la leva alla comparsa di un lampo di luce. Quando, dopo vari giorni di addestramento, a questi animali sono stati chiusi gli occhi, in modo che la luce colpisse solo la retina trapiantata, essi rispondevano ancora alla comparsa del lampo di luce smettendo di premere la leva. Quindi il loro cervello riceveva dalla retina trapiantata un segnale che indicava la comparsa di luce e utilizzava questa informazione per guidare un comportamento opportuno. Benché raggiunti dopo anni di studio, questi risultati mostrano solo come un trapianto possa consentire il recupero di funzioni visive molto elementari in rapporto a quelle estremamente elaborate che il sistema visivo dei mammiferi normalmente svolge. Vedere con altri occhi è ancora solo una speranza per un futuro che la ricerca sta cercando di rendere più vicino. Lucia Galli Resta Cnr, Pisa


MIMETISMO In stormo con gli uccelli velenosi
Autore: CARRADA GIOVANNI

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, BIOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

COME Tuttoscienze ha annunciato alcune settimane fa, una spedizione di biologi americani in Nuova Guinea ha «scoperto» che tre uccelli del genere Pitohui sono velenosi: gli aborigeni della grande isola dell' Oceano Indiano lo sapevano benissimo, probabilmente da migliaia di anni, tanto che li chiamano «uccelli spazzatura» per l' odore nauseabondo che emanano e le carni immangiabili. I Pitohui sono i primi uccelli a entrare nella lunga lista degli animali che si difendono con il veleno. Ma le sorprese non si fermano qui. I Pitohui si sono anche rivelati un esempio, che ha quasi dell' incredibile, di convergenza evolutiva, vale a dire di sviluppo indipendente dello stesso carattere. I tre uccelli, che sono esclusivi della Nuova Guinea, possiedono nei muscoli e nelle penne lo stesso veleno delle famose rane Phyllobates dell' Amazzonia colombiana, estratto dagli indios locali per intingervi le frecce delle cerbottane. E' la omobatracotossina, un alcaloide che colpisce le cellule nervose, presente però negli uccelli in concentrazioni inferiori, e non mortali per l' uomo. Un' arma chimica del genere condiziona tutta l' ecologia di un animale. Come la maggior parte degli altri animali velenosi, anche questi uccelli hanno tutto l' interesse ad avvertire i potenziali predatori nel loro caso serpenti, rapaci e forse anche qualche marsupiale arboricolo della propria pericolosità. Simili a grossi merli, possiedono vistose penne nere e arancioni e un odore quello che gli ha meritato il nome aborigeno assolutamente inconfondibile. Proprio questo fatto è alla base di un singolare fenomeno, ben noto agli ornitologi che hanno lavorato in Nuova Guinea: gli stormi eterogenei formati da circa 35 uccelli, appartenenti fino a sette famiglie diverse ma tutti abbastanza simili d' aspetto, che si muovono tutti insieme da un albero all' altro in cerca di cibo. Il fatto che i Pitohui siano sempre presenti all' interno di questi stormi getta una nuova luce sul loro significato. Molto probabilmente la selezione naturale ha reso i vari uccelli che vi fanno parte simili ai Pitohui, nel tentativo di ingannare i predatori facendo loro credere che siano anch' essi velenosi. E' una forma di mimetismo molto diffusa negli altri gruppi animali, che incontriamo per la prima volta tra gli uccelli. Chissà se gli aborigeni della Nuova Guinea avevano già scoperto anche questo] Quello che è certo è che il taglio delle foreste pluviali dell' isola e la rapida acculturazione degli ultimi cacciatori dell' età della pietra, isolati sugli altipiani e ignari del mondo esterno fino agli Anni Trenta, rischiano di distruggere per sempre un patrimonio di conoscenze che noi neppure sospettiamo. Giovanni Carreda


SOMALIA Così muore un Paese Piegato da guerre e carestie
LUOGHI: ESTERO, SOMALIA
TABELLE: T. I perché del disastro, alcune operazioni di aiuto, il prezzo (costi) degli aiuti, aAcqua disponibile, mortalità infantile, durata media della vita, numero di pazienti per medico, istruzione
NOTE: 008

P RIMA dell' arrivo degli europei in Africa, e della loro spartizione del territorio, la Somalia copriva un territorio assai più vasto dell' attuale Repubblica somala. Comprendeva infatti un' ampia fetta del Ke nya, una parte dell' attuale Etiopia e Gibuti. Per generazioni, i somali erano vissuti su questa terra avara facendo i nomadi: si spostavano da una zona all' altra, seguendo l' erba per sfamare capre e cammelli. Il loro mondo era chiuso, gli scambi con l' esterno pochissimi. Gli anziani dettavano le regole dei clan, che controllavano territori molto ampi. All' arrivo degli europei, i somali resistettero, ma invano. Inglesi e italiani si spartirono il territorio, imponendo ciascuno la sua lingua e il suo sistema amministrativo e fiscale. Così, quando negli Anni 60 la Somalia divenne indipendente, cominciò quella instabilità politica che oggi esplode in maniera tanto drammatica. Il nuovo Paese era unito da una lingua comune, sebbene non scritta, dai potenti clan e dal sogno nazionale di riunirsi ai somali che vivevano nei Paesi vicini. Era però anche diviso da interessi contrapposti e l' odio fra i clan è stato abilmente fomentato dagli interessi internazionali. Fra corruzione e problemi economici la Somalia è degenerata fino all' attuale, disperata condizione. Il disegno qui accanto ne riassume alcuni aspetti.


LE DATE DELLA SCIENZA Tesla, l' eterno rivale di Edison profeta della corrente alternata
AUTORE: GABICI FRANCO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
PERSONE: TESLA NIKOLA
NOMI: TESLA NIKOLA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 008

IL 7 gennaio 1943, cinquant' anni fa, moriva a New York l' ingegner Nikola Tesla. Emigrato negli Stati Uniti dalla Croazia, dove era nato nel 1856, Tesla lavorò soprattutto nel campo delle correnti elettriche alternate. Contemporaneamente a Galileo Ferraris inventò il motore a campo magnetico ruotante e realizzò numerosi dispositivi che ancor oggi sono ricordati con il suo nome, come la «bobina di Tesla», un apparecchio per produrre corrente alternata ad alte frequenze e ad alta tensione. Tesla ha depositato ben 700 brevetti. A quei tempi era in atto un vivace dibattito fra i sostenitori della corrente continua (c. c. ) e quelli della corrente alternata (c. a. ). Edison ad esempio, era per la corrente continua e osteggiò sempre la corrente alternata perché la riteneva pericolosa. Per dar forza alle sue argomentazioni, ricordava che la «sedia elettrica» veniva fatta funzionare con la corrente alternata Tesla, invece, era per la corrente alternata e si prese la rivincita su Edison, suo rivale, progettando e realizzando sulle cascate del Niagara la prima centrale idroelettrica a corrente alternata. Nel Sistema Internazionale l' unità di misura dell' induzione magnetica è oggi chiamata Tesla, corrispondente all' induzione magnetica uniforme che produce, attraversando perpendicolarmente una superficie piana di 1 m2, un flusso magnetico di 1 Weber. Vale la relazione: 1 Tesla = 1 Weber/m2; 1 Tesla, inoltre, vale diecimila Gauss. Franco Gabici


STRIZZACERVELLO Una curiosa addizione
AUTORE: PETROZZI ALAN
ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 008

Una curiosa addizione La serie di problemini che appare in questa rubrica vive spesso sulle stranezze della matematica; prendete ad esempio questa: com' è possibile che il numero sette sommato all' otto dia come risultato dodici? Una prima risposta potrebbe essere data dal fatto che stiamo operando con un sistema di numerazione in base 13; in realtà il paradosso nasce dal seguente schema «britannico»: Com' è usuale in questo tipo di problemi, si tratta di sostituire a ogni lettera uguale, e ve ne sono esattamente dieci diverse, una cifra uguale in modo da ottenere una somma corretta (naturalmente in base decimale). Il bello è che di soluzioni valide ne esistono ben tre: sapreste trovarle? In ogni caso le forniremo noi domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI E' il prezzemolo l' antidoto all' odore di aglio e cipolla
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 008

MA gli aerei che volano dall' Europa verso gli Stati Uniti impiegano davvero più tempo di quelli che viaggiano in senso contrario? Il quesito ha appassionato i lettori, che ci hanno mandato le risposte più diverse. Cediamo la parola conclusiva a un pilota di linea: «Le correnti a getto non influiscono sul problema di base, dato che sono un fenomeno variabile e non sempre disponibile o favorevole. Il fatto che, volando verso Ovest (beninteso, alle nostre latitudini e nell' emisfero boreale), si abbiano sempre venti contrari, è dovuto alla cosiddetta circolazione generale dell' atmosfera, in base alla quale i venti spirano nel senso Ovest Est. Questa è una conseguenza del moto di rotazione della Terra in senso antiorario. Grandi masse d' aria in movimento e relativi sbalzi di pressione e temperatura possono influenzare parzialmente questa circolazione di base, creando venti più forti o più deboli, con direzioni più o meno angolate, e formando in casi particolari le famose correnti a getto. Ogni giorno i Centri Oceanici preposti al traffico aereo sull' Atlantico elaborano le rotte ottimali per le traversate, tali cioè da avere, in linea di massima, il minor vento contrario andando verso gli Usa e il Canada e il maggior vento in coda venendo verso l' Europa. Le compagnie aeree, a loro volta, scelgono, fra le rotte ottimali proposte quel giorno, quelle a loro più convenienti Il tutto avviene mediante una sofisticata rete di computer. In conclusione, andando da Roma a New York, da Bombay a Milano, da Los Angeles a Tokyo, avremo sempre venti contrari; solo in casi rarissimi il vento potrebbe essere quasi nullo. In casi assolutamente eccezionali si potranno avere venti in coda, limitatamente ad alcune porzioni di rotta. Vale l' opposto, ovviamente, per i voli verso Oriente. Bernardo Sclerandi Ostia Lido ROMA L' aglio è davvero l' unico alimento che lascia una pesante traccia nell' alito? Qual è il modo migliore per neutralizzarla? L ' aglio non è l' unico alimento che lascia una traccia pesante nell' alito. Sono circa cinquecento le specie che, come l' aglio, appartengono al gruppo delle Liliacee. Alcune la cipolla, il porro e lo scalogno presentano il suo stesso inconveniente. Non ci sono antidoti, tranne qualche sciacquo con soluzione di Cloramina T. Gianna Candiani Casale Monferrato, AL L' alito pesante è dovuto al fatto che le molecole dell' aroma di aglio e cipolla, passate nel sangue attraverso la parete intestinale, vengono eliminate per via polmonare attraverso la respirazione. Per neutralizzare questi effetti indesiderati, molti consigliano di mangiare foglie di prezzemolo. Attilio Novelli Pescara Perché, di un uomo forte e deciso, si dice che ha i peli sullo stomaco? I peli sono una caratteristica del maschio, quindi vengono associati all' idea di virilità, che da sempre sottintende quella di forza, coraggio, valorosità e decisione. A. Borra e M. Gallo Bene Vagienna, CN Perché la gente si bacia? Si tratta di un gesto affettuoso, anche se presso i Romani rappresentava un mezzo, da parte degli uomini, per controllare se le donne avevano bevuto vino. Loro si premunivano masticando foglie di alloro, che neutralizzano l' inconfondibile odore. Massimo Martinelli La Morra, CN Occorre distinguere tra il bacio labiale (accostamento delle labbra) e quello olfattivo, che consiste nel soffregare il volto e il naso con il volto altrui, aspirando. Il primo tipo sembra limitato all' area semitica e indo europea, mentre il secondo si ritrova soprattutto nell' Asia sud orientale, nelle isole del Pacifico e nella Terra del Fuoco. Inoltre, il bacio labiale avrebbe natura erotica, in rapporto al morso e all' attività sessuale orale del neonato, mentre quello olfattivo si ricollegherebbe al desiderio di aspirare il fiato e quindi l' «anima» altrui. Roberta Ercole Alessandria Ho visto in un film la scena del ritrovamento di un' antica anfora greca ancora piena di vino, subito tracannato perché ancora buono. E' davvero possibile, nella realtà ? Non è possibile, in quanto i greci non conoscevano il processo di pastorizzazione (scoperto nell' 800) nè erano in grado di conservare gli alimenti sottovuoto. Senza queste due avvertenze, è impossibile evitare che vino si deteriori o comunque degeneri, trasformandosi in aceto. La microflora batterica presente nel vino, infatti, a contatto con l' aria, fa sì che il vino subisca un processo di fermentazione acetica. Inoltre, dato il lungo periodo trascorso da quando il vino era stato fatto, è possibile che anche l' aceto abbia subito trasformazioni tali da non poter più essere considerato commestibile. Riccardo Capalbo Chieri TO


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 008

& Che cosa rende contagiosi gli sbadigli? Bernardo Sclerandi & A che cosa è dovuto il formarsi delle occhiaie? Carlotta Pavese & Perché se ci esponiamo al sole, mentre la pelle si scurisce i capelli si schiariscono? Andrea Dogliotti & Com' è nata la consuetudine di disegnare le stelle con le punte, se in cielo si osservano soltanto luci puntiformi o circolari? Martina Guerra _______ Risposte a: «La Stampa Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax 011. 65. 68. 688, indicando chiaramente «TTS» sul primo foglio.




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