TUTTOSCIENZE 10 giugno 92


Nella fornace del Sole SCIOLTO UN ANNOSO ENIGMA "Così ho trovato i neutrini latitanti"
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, ASTRONOMIA
NOMI: FIORINI ETTORE, BETHE HANS
ORGANIZZAZIONI: GALLEX
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 085

A Granada, in Spagna, dove da lunedì è in corso il Congresso Mondiale di fisica dei neutrini, è il tema dominante. Il principale segreto che il Sole ancora in parte custodiva è svelato: l'origine della sua energia è in una serie di reazioni termonucleari già scoperte da Hans Bethe nel 1938. Che quella teoria fosse giusta era quasi certo, tanto che nel '67 Bethe fu premiato con il Nobel. Ma... c'era uno scomodo "ma", ed è questo "ma" che infine è caduto. Le reazioni termonucleari immaginate da Bethe prevedono l'emmissione di un gran numero di neutrini a vari livelli di energia (dovrebbero arrivare a 60 miliardi al secondo su ogni centimetro quadrato di Terra). Finora però gli esperimenti per verificare la teoria trovavano soltanto un terzo dei neutrini previsti. Mercoledì scorso, invece annuncio clamoroso: un esperimento realizzato nel laboratorio sotterraneo del Gran Sasso per iniziativa di Ettore Fiorini Università di Milano) è riuscito a mettere in evidenza tutti i neutrini che effettivamente devono essere prodotti nel primo stadio della reazione termonucleare, quella in cui due protoni si uniscono dando deuterio, un positrone e un neutrino elettronico con l'energia di 0,42 MeV (milioni di elettronvolt). "Gli esperimenti precedenti - dice Fiorini - non potevano catturare neutrini a energia così bassa. Quelli ad alta energia cui si dava la caccia sono pochi e, in base al modello teorico, è anche incerto il loro numero: si spiega con il fatto che se ne trovasse solo uno su tre. Noi abbiamo fatto il primo esperimento capace di intrappolare i neutrini più abbondanti: circa il 95 per cento di quelli emessi dal Sole. E ne abbiamo trovato esattamente la quantità prevista dalla teoria". Cioè 80 SNU, Solar Neutrino Unit, il "metro" dei neutrini. Dunque Bethe aveva ragione, il Sole - e quindi la maggior parte delle stelle - funziona proprio come pacifica bomba H: fondendo nuclei di idrogeno in nuclei di elio. Dunque la temperatura che c'è nel centro del Sole è proprio di 15 milioni di gradi. La trappola per neutrini posta nel Laboratorio del Gran Sasso si chiama "Gallex". Consiste in 30 tonnellate (60 mila litri) di clururo di gallio 71 (una quantità di gallio pari alla produzione di un anno: il prezzo è di un miliardo alla tonnellata). Quando un nucleo di gallio 71 è colpito da un neutrino di energia superiore a 0,233 MeV, espelle un neutrone e si trasforma in germanio 71. Questo è un isotopo instabile, che vive in media 11 giorni, poi cattura un elettrone e si ritrasforma in gallio emettendo un po' di raggi X. E' dalla misura di questa radiazione che si risale al flusso di neutrini. Operazione non facile: in media meno di un atomo al giorno (300 all'anno) interagisce con un neutrino] "Un esperimento russo-americano analogo - dice ancora Fiorini non è riuscito a trovare nulla a causa di errori progettuali. Noi finora abbiamo un anno di dati e continueremo le misure per altri quattro anni. Credo però che ormai non ci siano più dubbi. Perfezioneremo la statistica, ma la sostanza non cambierà. In questo lavoro saremo soli fino al 1995. Soltanto allora inizierà un altro esperimento sensibile quanto il nostro ai neutrini solari di bassa energia". A " Gallex" collabora una cinquantina di fisici: italiani, francesi, tedeschi e americani. Occorreranno altre conferme, anche per chiarire perché altri gruppi russi, giapponesi e statunitensi trovino dati contradditori. Ma i risultati di "Gallex" segnano comunque una svolta. Piero Bianucci


CLIMA Duri colpi ai prodotti agricoli
Autore: M_C

ARGOMENTI: ECOLOGIA, METEOROLOGIA, AGRICOLTURA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 085

TRACCIARE scenari climatici non è importante solo dal punto di vista scientifico ma ha un interesse pratico per l'impatto sull'ambiente fisico e sulle attività umane che un eventuale cambiamento del clima può esercitare. Per esempio un aumento della temperatura alle alte latitudini dovrebbe dar luogo a uno spostamento verso i poli delle varie zone climatiche: in conseguenza flora e fauna verrebbero a trovarsi in regimi diversi rispetto a quelli ai quali sono adattati ed ecosistemi più deboli, come quelli alpino e polare, potrebbero avere gravi problemi di sopravvivenza. Alcune stime indicano che potrebbe verificarsi una riduzione del 37 per cento delle foreste boreali e di un 32 per cento della tundra. Ma anche nelle zone temperate e tropicali si potrebbe avere una diminuzione delle aree coperte da foreste con cambiamenti anche del tipo di alberatura: un rapporto dell'Environmental Protection Agency indica che il bordo meridionale di molte foreste negli Stati Uniti orientali potrebbe retrocedere nel prossimo secolo, a causa dell'andamento della temperatura e della maggiore aridità del suolo, da alcune centinaia a mille chilometri, mentre al Nord potrebbe verificarsi l'effetto opposto con un avanzamento delle foreste di 600-700 chilometri. Oltre che sulle foreste, conseguenze serie potrebbero aversi nell'agricoltura: la produzione agricola mondiale deve sostenere una popolazione che, stimata attualmente in 5,4 miliardi di persone, tende a crescere rapidamente e toccherà secondo le proiezioni delle Nazioni Unite nel 2025 gli 8,2 miliardi di individui. Il consumo di cibo è andato crescendo in modo continuo sin dal 1960, anche se a livello regionale sono stati registrati alcuni periodi di crisi. In realtà tecniche di irrigazione e altri ritrovati hanno ridotto la dipendenza della produzione dalle condizioni ambientali locali: tuttavia il clima rimane sempre una variabile importante per l'agricoltura: la siccità del 1988 ha ridotto la produzione di granaglie negli Stati Uniti del 40 per cento e il danno è stato di circa 4 miliardi di dollari. Stime per valutare lo spostamento del limite delle terre coltivate nell'emisfero boreale indicano un movimento verso i poli di 200-300 chilometri per ogni grado di temperatura in più. Riduzioni di prodotto abbastanza sensibili potranno verificarsi nelle regioni centro-meridionali degli Stati Uniti, nell'Europa sud occidentale e in Australia, aree in cui si prevedono precipitazioni in diminuzione, mentre in Arabia, Maghreb, Centro Africa e Brasile orientale potrebbero intensificarsi i processi di desertificazione. Un impatto molto serio è legato all'innalzamento del livello dei mari cha può derivare da diverse concause: L'espansione termica legata all'aumento di temperatura, lo scioglimento dei ghiacciai dell'Antartide e della Groelandia, un piccolo contributo dei ghiacciai. Le proiezioni indicano per la metà del prossimo secolo un innalzamento di 60 centimetri, mentre per la fine del secolo il livello del mare supererebbe quello attuale di circa un metro. Una simile evenienza comporta sitazioni di rischio per 345.335 chilometri di coste base, 6400 chilometri di lungomare urbani, 10. 725 di coste sabbiose e 1756 kmq di zone portuali. A ciò si deve aggiungere il pericolo che il fenomeno rappresenta per isole come le Maldive o il Kiribati, che hanno una altezza di pochi metri sul livello del mare. Le valutazioni globali indicano che l'area totale esposta ad un potenziale rischio e di circa 733.000 kmq e che il costo di intervento per prevenire le inondazioni si aggira globalmente sui 500 miliardi di dollari Usa: per i Paesi interessati oscilla tra lo 0,6 e il 35 per cento del prodotto interno lordo e rappresenta per molti di essi un onere non sostenibile. m. c.


A SIVIGLIA Annunciata una rete per la ricerca
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA, CONGRESSO
NOMI: PANDOLFI FILIPPO MARIA
ORGANIZZAZIONI: ARCADE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

SE nei prossimi anni le automobili europeee avranno motori di plastica, il merito andrà a una manciata di piccole industrie della Cee che nel 1991 hanno messo a punto una sofisticata tecnologia per produrre speciali plastiche termoresistenti. Per la stessa ragione presto i rotori degli elicotteri saranno più affidabili, i pannelli solari renderanno il 30 per cento in più, i vagoni della metropolitana saranno più sicuri grazie a una struttura che evita l'accartocciarsi delle lamiere in caso di scontro. Tutto grazie agli sforzi congiunti di decine di piccole ma qualificate imprese europeee che hanno sfidato la grande industria con pochi mezzi e tanta inventiva. E' la filosofia del programma di ricerca tecnologica Brite-Euram, varato 4 anni fa dalla Cee. Se un'azienda di piccole dimensioni ha un'idea brillante ma non ha la forza necessaria per realizzarla, Brite-Euram trova nella Comunità altre piccole industrie in grado di contribuire al progetto e finanzia buona parte delle ricerche. Due settimane fa, al Centro congressi dell'Expo' di Siviglia, si è tenuta la quarta conferenza Brite-Euram, che ha fatto il punto della situazione: 207 progetti di ricerca conclusi (75 nel 1990, 132 nel'91), altri 150 in dirittura d'arrivo e centinaia di proposte in elaborazione. Sui progetti conclusi si è calcolato un ritorno economico medio pari a 14 volte il finanziamento iniziale. Dal prossimo autunno partecipare al programma Brite-Euram sarà ancora più semplice grazie al sistema informativo Arcade, presentato in anteprima a Siviglia. Arcade (sigla per Ampere remote control access data entry) è il primo servizio telematico multistandard interamente europeo, organizzato e gestito dalla dodicesima Commissione Cee che si occupa di scienza, ricerca e sviluppo. Il sistema è consultabile in tutti i 12 Paesi membri della Comunità (l'accesso è consentito nelle 9 lingue ufficiali) ed è adeguato allo standar Vt 100 e ai tre principali standard europei di videotext (Btx, prestel e Teletel). Tramite Arcade qualsiasi impresa potrà accedere ai programmi di ricerca Brite-Euram direttamente dal proprio personal computer: potrà consultare l'elenco delle offerte di collaborazione secondo alcune aree tecnologiche, oppure sottoporre la propria idea ad altre industrie. In questo caso l'utente avrà una propria parola chiave per la sicurezza e la protezione dei dati immessi nel sistema. Non è necessaria alcuna competenza informatica (Arcade è fatto in modo da seguire l'utente passo passo evitandogli errori) ed è prevista la creazione di una rete di contatti per la ricerca di partner. A Siviglia Filippo Maria Pandolfi, vicepresidente della Commissione delle Comunità europee, ha inoltre annunciato lo stanziamento di 120 milioni di Ecu (185 miliardi di lire) nell'ambito del programma Brite-Euram per facilitare la ricerca scientifica e il progresso tecnologico delle piccole industrie. Andrea Vico


L'ERMELLINO Sotto il mantello, tutto Una sforza smisurata rispetto al corpo
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 087

UNA poiana scende dal cielo in picchiata. Ha avvistato un ermellino che fugge alla disperata cercando di mettersi in salvo. Lo centra in pieno, l'afferra con gli artigli adunchi e se ne vola via con la preda che le pende dal becco. Il destino dell'ermellino sembra segnato. Ma improvvisamente, ecco il colpo di scena: il piccolo mustelide si dibatte come un forsennato, la poiana lotta con quella preda ribelle e intanto perde lentamente quota, finché i due contendenti toccano terra. L'ermellino si sente rinfrancato, i suoi colpi diventano più vigorosi e hanno ragione dell'uccello che oppone una resistenza sempre più debole. Alla fine la poiana giace al suolo in una pozza di sangue e l'ermellino affonda i dentini acuminanti nella sua tenera carne. Spettacoli di questo genere non sono tanto inconsueti e testimoniano come l'essere piccolo non significhi necessariamente essere debole. L'ermellino (Mustela erminea) misura soltanto una trentina di centimetri di lunghezza, ma possiede una forza e un'audacia smisurate rispetto alla sua mole. Ne fanno spesso le spese volpi, gatti selvatici, falchi, gufi, che ritengono di avere a che fare con una preda facile e invece trovano un avversario che dà molto filo da torcere. Alle volte, come nell'episodio citato, le parti addirittura si invertono. Il falco o il gufo da predatore si trasforma in preda. Nella lotta è l'ermellino che ha la meglio. Il piccolo mustelide d'inverno si mimettizza perfettamente con l'ambiente innevato in cui vive, diventando perfettamente candido. Rimane nera soltanto l'estremità del lungo codino. Secondo Roger Powell dell'Università di Chicago, quell'apice nero serve a deviare il bersaglio dei predatori dai punti vitali del corpo. Quando l'ermellino va a caccia, la sua silhouette straordinariamente snella e allungata gli consente quello che i mammiferi piùgrossi di lui non possono fare: inseguire i piccoli roditori fin nell'interno delle loro gallerie sotterranee. Una volta che ha raggiunto la preda, l'ermellino le si attorciglia intorno col suo muscoloso corpo longineo e la stringe in una morsa, pressappoco come fa il boa contrictor quando soffoca le vittime tra le sue spire. Il piccolo cuore dell'ermellino pulsa a un ritmo impressionante: da 400 a 500 battiti al minuto. Occorre quindi un'enorme quantità di cibo per fornirgli l'energia necessaria a svolgere la sua intensa attività e a mantenere al tempo stesso il calore corporeo. Altri carnivori si possono permettere il lusso di farsi grandi mangiate inframmezzate da lunghi digiuni. Lui no. Il suo stomaco minuscolo si svuota in poche ore e l'animaletto morirebbe d'inedia se dovesse sopportare uno o due giorni interi di attività e di digiuno. Da qui la necessità di trovare qualche strattagemma. E l'ermellino l'ha trovato. Nei lunghi mesi invernali, quando il risparmio energetico è più necessario, anche perché le prede scarseggiano, le sue energie le risparmia fino all'osso. In che modo? Riposa venti ore su ventiquattro. E riposare significa ridurre il metabolismo almeno del trentacinque per cento. Quanto al luogo del riposo, l'ermellino non si prende la briga di fabbricarsi una tana. S'installa senza tanti complimenti in quella di un topo campagnolo, di un topo d'acqua, di una talpa o di un toporagno e se la tana è occupata dal legittimo proprietario, peggio per lui. Farà da pranzo all'occupante, il quale si accollerà soltanto l'onere di tappezzare le pareti con i peli strappati dal corpo della preda per aumentare l'isolamento termico della tana, specie d'inverno. Quando poi una volpe o un gatto selvatico lo insegue, il mustelide ha un'altra strategia vincente: irrora l'inseguitore di un potente getto di sostanza maleodorante, una secrezione che gli fuoriesce, in caso di necessità, da una ghiandola posta sotto la coda. Proprio come fanno i suoi cugini skunks. Se normalmente l'ermellino, nelle ore in cui è in attività, si dà un gran da fare a scovare prede a e mangiarsele, l'attività di cacciatore diventa addirittura frenetica quando si tratta di una femmina fecondata che diventa madre. Allora, per sfamare se stessa e le sue creature, l'ermellina anziché cacciare per quattro ore soltanto, dedica nove ore alla caccia e quindici al riposo. E in quelle nove ore ce la mette tutta. Riesce a uccidere 8-10 topi d'acqua, ciascuno dei quali pesa all'incirca quanto lei, attorno ai 140 grammi. E' uno stress non indifferente a cui la femmina è sottoposta per tutto il periodo in cui i piccoli non sono ancora in grado di provvedere ai propri bisogni alimentari. Altro periodo di stress per la Mustela erminea è quello degli amori. Maschio e femmina contrassegnano la strada che percorrono strofinando ripetutamente contro le pietre o i cespugli pancia, fianchi o zona anale, le regioni provviste di speciali ghiandole che fabbricano feromoni odorosi. Un sistema eccellente per marcare il proprio territorio, ma anche un segnale efficace che facilita l'incontro tra i due sessi. Non si può dire tuttavia che l'incontro tra maschio e femmina si svolga in maniera pacifica: quando un pretendente la insegue, l'ermellina fugge all'impazzata, emettendo acuti gridolini. Lui però, che è più grosso e robusto della compagna, riesce a raggiungerla, l'afferra saldamente per la nuca e non la molla più. Può così fecondarla, accoppiandosi con lei parecchie volte di seguito. Durante la stagione degli amori, gli ermellini maschi cercano di accoppiarsi con il maggior numero possibile di femmine per portare al massimo il proprio successo riproduttivo. Nè si può dire che le ermelline siano da meno. La femmina è di una precocità impressionante. All'età di tre o quattro settimane è già sessualmente matura. Si accoppia e partorisce in primavera. Ma non perde tempo. Non appena ha messo al mondo la sua nidiata di sei-otto piccoli e mentre li sta ancora allattando, si accoppia nuovamente. Con il primo partner che incontra. Isabella Lattes Coifmann


IL PENDOLINO Il bel nido è un inferno. Furiose liti comunali nella palla appesa all'albero
Autore: DROSCHER LUTZ

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 087

IL territorio del pendolino si sta espandendo, sia dall'Est che dal Sud, nell'Europa occidentale. E così anche in Italia è arrivato questo straordinario uccellino. Il suo nido è visibile da lontano: una palla appesa all'albero, che ricorda il nido degli esotici uccelli tessitori. Legato a un ramo con un filo sottile, ondeggia nel vento. Di qui il nome di "pendolino". Il nido viene costruito soprattutto con i semi argentei dei pioppi e dei salici, e risplende in primavera come l'ornamento di un albero di Natale. Per entrare, i pendolini, che pesano appena dieci grammi, devono attraversare un piccolo tunnel nella parte superiore del nido. Studiandolo più da vicino, si scopre un record negativo: il peggior matrimonio fra gli uccelli. L'ornitologo Hans Lohrl lo ha osservato nella sua forma più estrema, l'uxoricidio. Maschio e femmina, ieri ancora una coppia armonica che costruiva insieme il complicato nido, diventano nemici mortali subito dopo aver deposto le prime uova e cercano reciprocamente di cacciarsi via, anche uccidendosi. La voliera, che Hans Lohrl aveva costruito per i due pendolini del suo esperimento, comprendeva un territorio abbastanza esteso, ma risultava troppo piccola per la coppia divorziata. Una mattina, avvertito da brutti presentimenti, Lohrl voleva spostare uno dei due, ma era troppo tardi: il maschio era stato talmente maltrattato dai colpi di becco della femmina da morirne. La rottura avviene proprio durante il periodo di incubazione e di allevamento dei piccoli, quando è necessaria la massima cooperazione dei genitori. L'ornitologo Dieter Franz ha visto un maschio vicino alla riva del Meno, scacciato dalla femmina nonostante portasse cibo al nido. Tanta aggressività dipende forse dal fatto che il padre potrebbe essere una minaccia per i piccoli? Nient'affatto. In alcuni casi, anzi, è il maschio che riesce a scacciare la femmina e si conquista così il duro compito di affaticarsi per la prole. Il mondo sembra andare alla rovescia. Gli uccelli sono infatti l'esempio di una vita di coppia armoniosa, anche perché di solito solo insieme riescono a riempire gli affamati becchi dei loro piccoli. Come fanno, allora, senza il partner? Il segreto sta nel loro nido-borsellino. E' morbidissimo ma molto resistente e mantiene a lungo la temperatura interna. I giovani uccelli vi cercano protezione anche quando sono già da tempo indipendenti. Sono questi nidi termici a permettere al pendolino adulto lunghe assenze perché, mentre il genitore cerca il cibo, i pulcini rimangono al caldo e all'asciutto. In questo modo il pendolino riesce spesso ad avere contemporaneamente più di un nido. Una covata ogni tre, però, viene abbandonata, senza che ci sia un'apparente ragione. Lutz H. Droscher


L'INCENDIO DI GINOSTRA Ulivi e viti di Stromboli, addio] In fumo sessanta ettari di macchia mediterranea
Autore: RAINERO FASSATI LUIGI

ARGOMENTI: ECOLOGIA, INCENDI, BOTANICA
LUOGHI: ITALIA, STROMBOLI
NOTE: 087

Il 1[ giugno tra le 10 e le 11 di mattina, un violento incendio ha letteralmente incenerito 60 ettari di macchia mediterranea nell'isola di Stromboli in una zona fra Lazzaro e Timpone, piccolissime frazioni del paese di Ginostra. Questo pezzo di terra era uno dei più belli e meglio conservati delle Eolie e qui, per secoli, gli abitanti si erano dedicati alla coltivazione della vite, del cappero e degli ulivi, che erano cresciuti a migliaia circondati da fichi d'india, ginestre e piante grasse. Ginostra è ancora oggi un paese dove non esiste la luce elettrica e l'acqua si raccoglie dai pozzi o viene scaricata dalla nave cisterna. Non c'è turismo di massa. L'architettura è rimasta quasi intatta. Il mare non è inquinato perché non c'è rete fognaria di scarico ma soltanto fosse biologiche. Nei mesi invernali vi abitano sì e no venti persone. Le fiamme hanno cancellato in poche ore quest'ultimo patrimonio naturale e a chi ama questi luoghi non resta che chiedersi con angoscia e con rabbia perché sia accaduta una catastrofe ambientale di tale portata. La versione ufficiale è che l'incendio è scoppiato per autocombustione o per disattenzione di qualcuno che lavora in campagna, ma ci sono alcuni fatti che rendono molto verosimile un'altra ipotesi ben peggiore, quella dolosa. Da quasi due anni c'è una spaccatura insanabile tra due opposte fazioni di Ginostra a proposito della costruzione di un porto turistico. Sono tutti d'accordo nel riconoscere che ce n'è bisogno perché la gente non rimanga isolata quando c'è cattivo tempo, mare mosso o un'eruzione del vulcano. C'è però assoluto disaccordo sulla località dove il porto dovrebbe sorgere. La Regione Sicilia aveva già approvato il progetto e dato il via ai lavori del porto in località Lazzaro, ma il ministro Ruffolo li aveva bloccati, perché il molo e la strada necessaria per collegare Lazzaro con Ginostra comportavano uno scempio ambientale. Inoltre i vulcanologi avevano dato parere negativo: il parto sarebbe troppo lontano dal paese per poter servire nei casi di emergenza. Bloccando le opere, Ruffolo ha chiesto che gli venga sottoposto un progetto alternativo (già studiato dalla compagnia di navigazione Sire-mar) in cui il porto potrebbe essere fatto davanti al paese di Ginostra evitando così la costruzione di una strada che deturpa il paesaggio e garantendo maggiore sicurezza in caso di eruzione. Questo provvedimento ha scatenato l'odio di chi aveva acquistato i terreni vicini al programmato porto di Lazzaro e di chi aveva ottenuto l'appalto per la costruzione della strada. E sono cominciate le vendette contro coloro (per lo più residenti o con abitazioni a Lazzaro) che erano ritenuti responsabili del blocco dei lavori. Il primo segnale, estremamente preoccupante e molto chiaro in un certo linguaggio, è stato l'incendio della porta della casa di una persona che era ritenuta contraria al porto a Lazzaro. Poi è venuto l'incendio del 1[ giugno. Un incendio che è cominciato proprio a Lazzaro e che forse sarebbe dovuto restare limitato a questa zona se il vento non fosse repentinamente e inaspettatamente cambiato. Esistono tesimonianze scritte di chi ha visto qualcuno ridere soddisfatto guardando le fiamme e qualcun altro telefonare ai pompieri per dire che la situazione era sotto controllo. Alle 4 del pomeriggio sono arrivati in elicottero due vigili del fuoco, sono rimasti mezz'ora e poi se ne sono andati senza valutare la gravità della situazione. A mezzanotte è sbarcato il sindaco di Lipari con 10 pompieri che, di fronte alle proporzioni ormai raggiunte dall'incendio, hanno soltanto potuto assistere impotenti alla devastazione. La gente è stata allontanata dalle proprie case e fatta salire sull'aliscafo. Il piccolo porto di Ginostra si è dimostrato (come avevano previsto i vulcanologi) l'unico posto utilizzabile per l'emergenza. Lazzaro era irraggiungibile. La mattina dopo, alle 9, è arrivato l'aereo cisterna a butttare acqua sui pochi ulivi secolari che ancora bruciavano. Luigi Rainero Fassati


PIOGGE ACIDE L'ingiallimento dei boschi sta costando agli europei trenta miliardi di dollari
Autore: DOLFINI GIULIANO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, BOTANICA, INQUINAMENTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 087

LE piogge acide che imperversano sulle foreste europee non solo causano gravi danni ecologici (si calcola che ammontino a 30 miliardi di dollari all'anno), ma creano anche problemi all'economia che ruota intorno alla lavorazione del legname. La Cee ha perciò deciso di unificare sistemi di controllo, coinvolgendo anche la Russia. Gli esperti dell'Istituto internazionale dei sistemi applicati (Iasa) arrivano alla cifra di 30 miliardi di dollari sommamdo il valore del legname tagliato e non utilizzato, il valore sociale che gli alberi rappresentano per l'uomo e il costo della protezione del suolo e delle acque. I danni maggiori sono stati riscontrati nell'Europa occidentale (2,9 miliardi di dollari); seguono (1,9) l'Est europeo e (1,5) la parte più europea della Russia. Ci sono poi le perdite dei valori commerciali e industriali del legname diventato rachitico per le piogge solforose: 3,9 miliardi per l'Ovest; 1,6 per l'Europa dell'Est e 1,7 per la Russia europea. Attualmente in Europa vi sono 160 milioni di ettari di foresta. Calcolando anche quelle della Russia si arriva a 1060. Tre delle nazioni con boschi densi e fitti non sono territori tropicali, ma nazioni a clima temperato e freddo: Canada, Russia e Usa. Ma l'ingiallimento dei boschi, che va dalla Francia agli Urali, non risparmia nessun Paese. In una recente indagine Cee su 45.500 alberi dei paesi comunitari, è emerso che il 10 per cento ha subito una forte defoliazione (25 per cento della pianta) e i più colpiti sono gli abeti. Tra le piante che hanno subito un ingiallimento delle foglie la più malconcia è la quercia. Con il disastro della centrale nucleare di Cernobil l'Unione Sovietica ha avuto 3,5 milioni di ettari di boschi fortemente inquinanti in Ucrania, Bielorussia e Russia. Giuliano Dolfini


COME DIFENDERSI Troppi virus nei computer Saranno duemila all'inizio del '93
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: INFORMATICA
NOMI: BERGHELLA FULVIO
ORGANIZZAZIONI: ISTINFORM SECURITYNET
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: G. Da dove provengono i virus
NOTE: 086

I virus informatici censiti fino ad oggi sono già 1263 e altri 300 stanno per essere classificati. Alcune azioni di "computer crime" vengono persino annunciate con anticipo, sia per rendere nota la sfida sia per deviare l'attenzione da altri attacchi poi effettivamente attuati. Dati statistici sui virus dei computer sono difficili da reperire in quanto molto raramente una grande azienda o una banca denuncia l'accaduto per non danneggiare la propria immagine di efficienza (e anche perché non esiste una legislazione propriamente applicabile ai danni subiti dai software). In mancanza di una normativa precisa, in Italia l'hacker (il sabotatore) può essere perseguito in base all'articolo 420 del codice penale, che punisce chi commette danno contro un impianto di elaborazione dati, che in senso lato fa tutt'uno con il software necessario al suo funzionamento. Istinform-Securitynet, un'agenzia italiana che opera nel campo della sicurezza informatica, nel solo 1991 ha registrato 49 diverse epidemie di virus. Operando attraverso una rete di controllo composta da 18 mila personal cumputer sui quali sono installati prodotti antivirus della MacAfee Associates, assicura una informazione quotidiana sull'integrità del software circolante e consente di lanciare avvisi di utilità comune per evitare epidemie. L'antivirus è un programma che va a leggere tutti i files del disco, scoprendo se c'è il virus. Quanto costa alle aziende liberarsi del virus? Quali oneri diretti e indiretti provoca il software infetto? I risultati della prima ricerca italiana condotta in questo campo su un campione di 140 aziende sono stati recentemente presentati a Securicom '92 da Fulvio Berghella, direttore generale di Istinform. Il danno maggiore è rappresentato dal tempo dedicato dall'analista programmatore per individuare e ripristinare il sistema. Esso è stato calcolato in 21 ore se è stato intaccato un personal computer isolato, e in 40 ore se coinvolge più terminali. A questi costi vanno aggiunti quelli per la sensibilizzazione e la formazione del personale, corsi che si fanno subito dopo che il fattaccio è avvenuto. E' noto che spesso i virus vengono introdotti inconsapevolmente nel sistema informatico aziendale, tramite programmi copiati o dischetti videogiochi, proprio dal personale dipendente. E soprattutto bisogna tener presente che con i virus si possono compiere non soltanto atti di vandalismo (come la distruzione di dati) ma anche tutta una nuova gamma di redditizie frodi perpetrate mediante la tecnologia informatica. I virus aumentano ogni anno al ritmo del 30 per cento, vale a dire che nel febbraio 1993 potranno essere duemila nonostante la controffensiva della sicurezza informatica. Un'analisi sulla provenienza geografica dei virus conosciuti, fatta l'aprile scorso, mette in primo piano la Bulgaria, seguita dagli Usa e dalla Csi (ex Urss); l'Italia è al primo posto nella Cee seguita da Germania, Olanda e Spagna. Dall'Asia arrivano da Taiwan, dal Medio Oriente e da Israele. Una curiosità: ci si aspetterebbe che i virus siano anonimi; invece hanno tutti una denominazione: sigle, nominativi singoli o di organizzazioni. E' stato accertato che la criminalità informatica è redditizia quanto una qualsiasi industria: negli ultimi cinque anni il fatturato delle frodi informatiche in Italia è stato di 100 miliardi di lire l'anno. Il primato mondiale è degli Stati Uniti con 2500 miliardi di lire l'anno. Pia Bassi


A SIVIGLIA Annunciata una rete per la ricerca
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA, CONGRESSO
NOMI: PANDOLFI FILIPPO MARIA
ORGANIZZAZIONI: ARCADE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

Se nei prossimi anni le automobili europee avranno motori di plastica, il merito andrà a una manciata di piccole industrie della Cee che nel 1991 hanno messo a punto una sofisticata tecnologia per produrre speciali plastiche termoresistenti. Per la stessa ragione presto i rotori degli elicotteri saranno più affidabili, i pannelli solari renderanno il 30 per cento in più, i vagoni della metropolitana saranno più sicuri grazie a una struttura che evita l'accartocciarsi delle lamiere in caso di scontro. Tutto grazie agli sforzi congiunti di decine di piccole ma qualificate imprese europee che hanno sfidato la grande industria con pochi mezzi e tanta inventiva. E' la filosofia del programma di ricerca tecnologica Brite-Euram, varato 4 anni fa dalla Cee. Se un'azienda di piccole dimensioni ha un'idea brillante ma non ha la forza necessaria per realizzarla, Brite-Euram trova nella Comunità altre piccole industrie in grado di contribuire al progetto e finanzia buona parte delle ricerche. Due settimane fa, al Centro congressi dell'Expo' di Siviglia, si è tenuta la quarta conferenza Brite-Euram, che ha fatto il punto della situazione: 207 progetti di ricerca conclusi (75 nel 1990, 132 nel '91), altri 150 in dirittura d'arrivo e centinaia di proposte in elaborazione. Sui progetti conclusi si è calcolato un ritorno economico medio pari a 14 volte il finanziamento iniziale. Dal prossimo autunno partecipare al programma Brite-Euram sarà ancora più semplice grazie al sistema informativo Arcade, presentato in anteprima a Siviglia. Arcade (siglia per Ampere remote control access data entry) è il primo servizio telematico multistandard interamente europeo, organizzato e gestito dalla dodicesima Commissione Cee che si occupa di scienza, ricerca e sviluppo. Il sistema è consultabile in tutti i 12 Paesi membri della Comunità (l'accesso è consentito nelle 9 lingue ufficiali) ed è adeguato allo standard Vt 100 e ai tre principali standard europei di videotext (Btx, Prestel e Teletel). Tramite Arcade qualsiasi impresa potrà accedere ai programmi di ricerca Brite-Euram direttamente dal proprio personal computer: potrà consultare l'elenco delle offerte di collaborazione secondo alcune aree tecnologiche, oppure sottoporre la propria idea ad altre industrie. In questo caso l'utente avrà una propria parola chiave per la sicurezza e la protezione dei dati immessi nel sistema. Non è necessaria alcuna competenza informatica (Arcade è fatto in modo da seguire l'utente passo passo evitandogli errori) ed è prevista la creazione di una rete di contatti per la ricerca di partner. A Siviglia Filippo Maria Pandolfi, vicepresidente della Commissione delle Comunità europee, ha inoltre annunciato lo stanziamento di 120 milioni di Ecu (185 miliardi di lire) nell'ambito del programma Brite-Euram per facilitare la ricerca scientifica e il progresso tecnologico delle piccole industrie. Andrea Vico


VICENDA ASI Più fondi alla scienza spaziale
Autore: P_B

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, RICERCA SCIENTIFICA, FINANZIAMENTO
NOMI: RUBERTI ANTONIO, GUERRIERO LUCIANO
ORGANIZZAZIONI: ASI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

SCHIARITA nel cielo tempestoso dell'Agenzia spaziale italiana (Asi) grazie a un intervento diretto del ministro della Ricerca, Antonio Ruberti, su sollecitazione di Remo Ruffini, fisico all'Università di Roma "La Sapienza", specialista in Relatività di fama internazionale e direttore scientifico dell'Asi. Ruberti ha fissato un criterio di interpretazione della legge istitutiva dell'Asi (la n. 186 del 30 maggio '88) che comporterà il raddoppio dei finanziamenti alla ricerca di base spaziale e che ribadisce l'obbligo della consultazione del Comitato scientifico prima di qualsiasi decisione in merito alla destinazione dei fondi. E' infatti accaduto che 40 miliardi su 74 sono stati tagliati autonomamente dal consiglio di amministrazione per finanziare il programma Sax, un satellite per studiare il cielo nei raggi X. Come rimedio, Ruffini ha ottenuto uno stralcio di 46 miliardi per fare fronte ai progetti scientifici dell'Asi, che altrimenti rischierebbero la paralisi. Il caso dell'Agenzia spaziale italiana era scoppiato il 23 aprile con un articolo di "Nature" ripreso da " La Stampa". Ora il settimanale scientifico inglese si appresta a pubblicare un secondo articolo di Alison Abbott nel quale sono riferiti gli sviluppi della vicenda. L'attenzione data a questi sviluppi su una rivista a diffusione internazionale non deve stupire: l'Italia è ormai il terzo Paese in Europa per impegno in campo spaziale. La risposta del ministro Ruberti porta la data del 23 maggio ed è indirizzata al presidente dell'Asi, Luciano Guerriero (di cui sono noti i contrasti con il direttore, Carlo Buongiorno), e al direttore scientifico Remo Ruffini, che ha visto accolta in pieno la propria interpretazione della legge. Il punto centrale riguarda il conteggio dei finanziamenti del programma spaziale da destinare alla ricerca scientifica. La legge parla del 15 per cento del totale. Secondo l'interpretazione di Guerriero si trattava però del 15 per cento di ciò che rimane dopo che l'Asi ha versato all'Agenzia spaziale europea (Esa) la metà dei propri fondi. In realtà - ha chiarito Ruberti - il 15 per cento deve invece essere calcolato sull'intero finanziamento annuale dell'Asi. Ciò significa un balzo da 74 miliardi a circa 150 miliardi. (p.b.)


ESOBIOLOGIA Titano, incubatrici di molecole della vita Sonda esplorerà il satellite La struttura dell'atmosfera di Titano, un satellite di Saturno
Autore: BATALLI COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, BIOLOGIA
NOMI: FULCHIGNONI MARCELLO
ORGANIZZAZIONI: HASI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

UNO degli obiettivi principali della bioastronomia, la nuova scienza che studia l'origine e l'evoluzione della vita su scala cosmica, è la ricerca di molecole prebiotiche, cioè molecole organiche complesse che sono alla base di tale evoluzione, nei pianeti del sistema solare. Dopo l'esito negativo degli studi biologici eseguiti dalle sonde Viking sulla superficie di Marte nel 1978, l'interesse esobiologico si rivolge ora (in attesa di nuove missioni che esplorino le calotte polari di Marte) in maniera particolare a Titano, satellite di Saturno. Esso dista dal Sole 1,3 miliardi di chilometri e ha un diametro di 5550 chilometri, circa il 40 per cento di quello del nostro pianeta, ma una massa che è soltanto il 2,3 per cento di quella terrestre. I risultati conseguiti dalla sonda spaziale Voyager hanno mostrato che Titano è un corpo del tutto peculiare nel sistema solare in quanto possiede un'atmosfera di tipo "terrestre", cioè dominata dall'azoto con una pressione sulla superficie del pianeta (1,6 Atm) paragonabile alla nostra anche se la temperatura, data la distanza dal Sole, è molto bassa (-175[C). Esso sarebbe in pratica il pianeta più "ospitale", a parte il freddo, per eventuali visitatori. Si sospetta che la superficie sia in parte liquida e che esista un vero e proprio oceano composto da una miscela di metano ed etano. Gli strumenti del Voyager hanno identificato molecole organiche che sono basilari per lo studio della vita, alcune delle quali scoperte nelle nubi interstellari e nella chioma della cometa di Halley: oltre al metano, al monossido di carbonio e all'anidride carbonica, sono stati identificati 6 idrocarburi e 3 nitrili, fra cui l'acido cianidrico. Contrariamente a ciò che avviene nelle atmosfere ossidanti dei pianeti terrestri, su Titano l'atmosfera con predominanza di azoto è chimicamente ridotta e quindi essa può servire come modello per il famoso "brodo primordiale" di Miller-Urey. Ripetendo in laboratorio esperimenti simili a quelli dei due scienziati americani, sottoponendo cioè a varie forme di irradiamento energetico (scariche elettriche, radiazione Uv) un'atmosfera simile a quella di Titano, si sono ottenute molecole complesse come l'adenina (HCN), un componente del Dna che viene assiduamente ricercato dai radioastronomi nelle nubi interstellari, dove si presuppone vi sia un'alta concentrazione di amminoacidi non ancora identificati. La missione spaziale "Cassini", l'unica missione nel sistema solare programmata per i prossimi 10 anni che è sopravvissuta, almeno per ora, ai drastici tagli effettuati dalla Nasa per le missioni scientifiche (vedi Tuttoscienze n. 502), dovrebbe essere in grado di far luce sui vari enigmi che avvolgono Titano. La sonda spaziale è infatti dotata di una capsula costruita dall'Esa, che si calerà nell'atmosfera di Titano tramite paracadute eseguendo misure a varie distanze dalla superficie. Uno degli strumenti di indagine atmosferica, denominato Hasi, è sotto la responsabilità del prof. Marcello Fulchignoni dell'Università di Roma. L'attesa che ci separa dalla missione, che non avrà luogo prima del 2005 in quanto non è stata ancora stabilita la data di partenza, inizialmente programmata per l'aprile 1996, è molto lunga per gli scienziati della nostra generazione. Nel frattempo i nostri sforzi per studiare le molecole di interesse prebiotico si dovranno concentrare sulle misure spettroscopiche ad alta rivoluzione nella regione spettrale dell'infrarosso che saranno possibili tramite il satellite Iso (Infrared Space Observatory) dell'Esa che diventerà obiettivo nel 1993. Anche la radioastronomia terrestre potrà contribuire con successo alle misure su Titano onde cercare di identificare nella regione millimetrica molecole quali l'acetonitrile, il propionitrile, l'acrilonitrile e l'ambita succitata adenina. Cristiano Batalli Cosmovici Istituto di Fisica dello Spazio Cnr, Frascati


UN PIONIERE DELLA CHIMICA Scoprì il segreto dell'ammoniaca Ricordo di Fauser a un secolo dalla nascita
AUTORE: QUAGLIA GIANFRANCO
ARGOMENTI: CHIMICA, STORIA DELLA SCIENZA
PERSONE: FAUSER GIACOMO
NOMI: FAUSER GIACOMO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 086

OGGI verrebbe definito un self-made-man, un uomo che si è fatto da sè. Ma Giacomo Fauser, di cui Novara sta celebrando il centenario della nascita per iniziativa dell'Associazione industriali, è stato qualcosa di più: un pioniere della chimica. Le quattro lauree " honoris causa" testimoniano il peso delle sue ricerche. A lui si deve innanzitutto la scoperta della sintesi dell'ammoniaca, alla quale arrivò con pervicacia superando molti ostacoli. Del resto la ricerca era la sua vita, come dice il professor Umberto Colombo, presidente dell'Enea: "Ho un ricordo personale di Fauser e risale al '51, quando l'ingegnere era già un mito fra gli studenti universitari. Uno scienziato eccezionale, con il culto del lavoro quotidiano, che concedeva ben poco spazio ai viaggi e alle vacanze". Figlio di uno svizzero titolare di una fonderia a Novara, Giacomo Fauser cominciò le ricerche quand'era ancora ragazzo, sui banchi di scuola. Di giorno studiava e di notte si dedicava agli esperimenti nell'officina paterna. Era pervaso dalla voglia di realizzare qualcosa che aiutasse e facesse risparmiare l'azienda. Fu attratto subito dalla saldatura ossiacetilenica per la quale era indispensabile avere riserve d'ossigeno, costosissime perché provenienti da lontane fabbriche. Per ovviare a questo inconveniente nel 1913 inventò le "celle elettrolitiche Fauser", in grado di produrre circa 20 metri cubi al giorno. Era il primo passo verso una serie di realizzazioni la più importante delle quali fu la sintesi dell'ammoniaca. Fauser sapeva che durante la prima guerra mondiale una delle più grandi industrie tedesche, la Basf, faceva fronte al fabbisogno di azoto non solo per gli esplosivi ma anche per l'agricoltura. In altre parole produceva ammoniaca attraverso una miscela costituita da un volume d'azoto e da tre volumi di idrogeno. Da questa ammoniaca si otteneva poi l'azoto nitrico per gli esplosivi e i fertilizzanti azotati per l'agricoltura. Subito dopo la Grande Guerra sperimentatori di tutto il mondo cercarono di imitare gli impianti della Basf, ma senza successo. Fauser, alla ricerca di una razionale utilizzazione dell'idrogeno ottenibile dalle celle elettrolitiche, puntava alla sintesi dell'ammoniaca ma avrebbe avuto bisogno di una collaborazione ad alta tecnologia. Si rivolse pertanto alla Basf, ma ottenne un grande rifiuto: l'industria tedesca voleva essere l'unica depositaria per invadere i mercati europei. E' a questo punto che emerge Giacomo Fauser. Il giovane decide di fare tutto da sè, contando semplicemente sull'aiuto finanziario della famiglia e su quello tecnico dell'officina paterna. Lavorando anche di notte, comincia subito a studiare il metodo più semplice per produrre l'azoto necessario, orientandosi verso l'eliminazione dell'ossigeno contenuto nell'aria mediante l'idrogeno. Fauser costruisce perciò un bruciatore, necessario ad ottenere una miscela di tre volumi d'idrogeno e di uno d'azoto ad alta purezza, necessaria alla sintesi dell'ammoniaca. L'inventore arriva al traguardo servendosi di mezzi rudimentali: trova fra i rottami dell'officina un obice di 350 millimetri, residuato di guerra, e vi ricava una torretta sperimentale resistente alla pressione di 200 atmosfere. Alla fine, siamo nel 1921, Fauser riesce a raggiungere un contenuto del 5 per cento di ammoniaca al passaggio della miscela idrogeno-azoto sul catalizzatore con una produzione di circa 100 grammi ogni ora. E' fatta. mancano soltanto i capitali per la realizzazione del progetto su scala industriale. L'ingegner Guido Donegani, presidente della Montecatini, viene a conoscenza dei risultati raggiunti da quel giovane di Novara, non ancora trentenne, e si fa avanti. Fra i due ha inizio una collaborazione preziosa per la produzione industriale dell'ammoniaca sintetica, con stabilimento a Novara. Poco dopo sarà ancora Fauser, primo nel mondo, a realizzare il recupero diretto del calore di formazione dell'ammoniaca nella colonna di sintesi. Gianfranco Quaglia




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