TUTTOSCIENZE 19 febbraio 92


CLIMATOLOGIA URBANA Città senza respiro Una nuova disciplina studia i meccanismi meteorologici delle metropoli e spiega perché tante sostanze inquinanti si accumulino nella loro atmosfera
Autore: COLACINO MICHELE

ARGOMENTI: ECOLOGIA, TECNOLOGIA, INQUINAMENTO, TRASPORTI
ORGANIZZAZIONI: CNR
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 025

L' ordinanza emanata dai ministri Ruffolo e Conte e i provvedimenti assunti in conseguenza dalle autorità comunali per contenere i livelli di inquinamento atmosferico in alcune città hanno riproposto con urgenza il problema della qualità dell' aria negli agglomerati urbani. Anche il Cnr ha appena varato un progetto su «aree metropolitane ed ambiente: qualità della vita nei grandi sistemi urbani». L' argomento per la verità non è nuovo, anzi è molto antico se è vero che anche Seneca e Orazio nei loro scritti si lamentavano per il fetore percepibile nell' Urbe, contrapponendolo alla salubrità dell' aria nell' agro romano. Nel Medioevo diversi documenti indicano in Londra la città più inquinata, tanto che già nel 1273 il re doveva con un editto proibire l' uso del carbone per le lavorazioni eseguite entro la cinta muraria. Le città creano di per se stesse condizioni critiche per l' atmosfera: in esse si concentra la grande maggioranza delle attività umane che alterano l' aria attraverso una serie di processi sia nella composizione che nelle proprietà fisiche. La «climatologia urbana» studia questi fenomeni analizzando gli aspetti legati alla chimica dell' atmosfera e quelli connessi agli andamenti meteorologici. Per quanto riguarda la parte chimica è ben noto che l' inquinamento atmosferico urbano può ricondursi a emissioni derivanti sostanzialmente da tre tipi di sorgenti: impianti di riscaldamento e/o condizionamento degli edifici, traffico, industrie. Nell' atmosfera di una città saranno quindi presenti non solo composti di zolfo, carbone ed azoto (SO2, CO, CO2 NOx), ma anche polveri ed inquinanti in tracce come piombo, mercurio, cadmio, manganese, zinco. Questi inquinanti primari possono poi subire processi di ossidazione, dando luogo così alle deposizioni acide e, specie in estate per effetto della radiazione solare ultravioletta, innescare una serie di reazioni fotochimiche che portano alla formazione di ozono. Quest' ultimo, benefico in stratosfera, è invece nocivo nei bassi strati poiché causa irritazione delle mucose e delle vie respiratorie. Ma il grado di inquinamento dipende oltre che dalle emissioni anche dalle condizioni meteorologiche, che all' interno di una città sono profondamente alterate dalle caratteristiche del tessuto urbano. L ' effetto più vistoso è quello della cosiddetta «isola di calore» che consiste in un forte riscaldamento dell' aria per cui la temperatura misurata in città è, a parità delle altre condizioni, più alta di quella rilevata nelle campagne circostanti l' abitato. Analisi eseguite su città di diverse dimensioni indicano che il salto di temperatura rispetto alle aree rurali è tanto più elevato quanto più grande è l' agglomerato urbano. In ogni caso l' effetto è misurabile anche su villaggi di piccole dimensioni: centri abitati da qualche migliaio di persone presentano un' isola di calore. In Italia le varie ricerche eseguite ne indicano l' esistenza in tutte le grandi città: per Roma la differenza si aggira sui 3C, variando ovviamente in funzione della stagione e delle ore del giorno. La città si comporta in complesso come una sorgente termica e induce, quindi, un movimento atmosferico analogo a quello che si riscontra nelle brezze di mare: in altri termini l' aria calda tende a sollevarsi nel centro città e viene rimpiazzata da correnti che provengono dalle zone rurali. Queste circolazioni indotte termicamente spesso contrastano i venti dovuti alla situazione sinottica e in realtà il numero delle calme di vento in città cresce favorendo così il ristagno degli inquinanti Infine le città rappresentano sorgenti di nuclei di condensazione: questo fatto unito all' esistenza dei moti convettivi prima visti dà luogo alla formazione di nubi e sistemi nuvolosi con un incremento delle precipitazioni, che in genere si manifestano nelle zone sottovento alla città. Anche le statistiche dei temporali sembrano indicare che il numero e l' intensità crescono in funzione delle dimensioni della città stessa. In conclusione, da questa rapida rassegna dei problemi della climatologia urbana emerge come l' inquinamento dell' aria sia un problema non solo di emissioni ma anche di meteorologia. In altri termini, una corretta gestione della qualità dell' ambiente atmosferico richiede una seria valutazione e una approfondita conoscenza non solo delle possibili sorgenti inquinanti, ma anche delle condizioni meteoclimatiche prevalenti nel comprensorio in cui la città è ubicata e delle modifiche che esse subiscono per effetto della presenza delle strutture urbane. In pratica l' obiettivo da perseguire non è tanto quello di sospendere il traffico a seguito delle indicazioni provenienti dai sistemi di rilevamento, quanto quello di mettere a punto un corretto modello comportamentale che, sulla base delle informazioni riguardanti le concentrazioni di inquinanti e la situazione meteorologica, consenta la previsione della qualità dell' aria, indicando in conseguenza i provvedimenti di volta in volta più idonei da adottare. Solo affrontando le varie facce del problema se ne potrà trovare una soluzione più corretta e razionale con iniziative non improvvisate, ma destinate ad avere un impatto reale sull' ambiente urbano. Iniziative che, in ogni caso, non è più possibile rinviare. Michele Colacino Direttore dell' Istituto di Fisica dell' Atmosfera, Cnr, Roma


IN USA NASCE IL MULTATOXIC Auto con motore in disordine Un raggio infrarosso può stanare gli inquinatori
Autore: FOCHI GIANNI

ARGOMENTI: ECOLOGIA, TECNOLOGIA, INQUINAMENTO, TRASPORTI
NOMI: PETERSON JAMES, STEDMAN DONALD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 025

DOPO il Multavelox, nato per individuare automaticamente i trasgressori dei limiti di velocità, avremo anche il Multatoxic? Questo è un nome che si potrebbe inventare lì per lì, dopo aver letto quanto scrivono sul numero di gennaio della rivista americana ChemTech due chimici dell' università di Denver (Colorado); essi infatti hanno messo a punto un sistema per «incastrare» gli automobilisti più responsabili d' inquinare l' aria. Gl' inventori sono James Peterson e Donald Stedman, che fanno parte d' un gruppo particolarmente attivo nell' analisi chimica ambientale. Il secondo prima di dedicarsi alla carriera universitaria, è stato ricercatore alla Ford. Ecco le idee che li hanno ispirati. I controlli che alcune legislazioni già stabiliscono e altre potrebbero presto richiedere avvengono per invito una tantum o al massimo sono cadenzati (annuali o biennali). Si tratta quindi d' ispezioni con preavviso; come dire: l' automobilista può tranquillamente inquinare per molti mesi, e poi portare l' auto in officina pochi giorni prima che i gas di scarico vengano controllati. L' ideale sarebbe invece fare accertamenti imprevisti in varie situazioni di traffico reale. Ma come attribuire le rispettive responsabilità alle singole auto che passano accanto a una stazione di rilevamento? Peterson e Stedman sono ricorsi alle apparecchiature schematizzate nella figura. Un fascio di raggi infrarossi (invisibili, come si sa) attraversa la carreggiata, e viene in parte assorbito dai gas di scarico. Il sistema si presta in particolare a misurare la concentrazione di due ossidi del carbonio (monossido e biossido) e degl' idrocarburi incombusti, che assorbono i raggi di frequenze facilmente individuabili. Un motore pulito brucia quasi del tutto il carburante, producendo biossido di carbonio: dallo scappamento escono soltanto piccole quantità di monossido (tossico) e idrocarburi residui (cancerogeni), frutti di combustione imperfetta. Se il motore non è a punto, questi inquinanti aumentano. Il rivelatore d' infrarossi, collegato a un computer, è in grado di determinare i rapporti monossido/biossido e idrocarburi/biossido con estrema rapidità; le risposte vengono associate all' immagine video della targa. Nel corso d' un programma finanziato da un ente statale interessato al problema, il metodo è stato provato in posti molto diversi e in condizioni di traffico assai varie: nelle città di Denver e di Chicago, su strade e autostrade, in pianura e in montagna. E' risultato che il cinquanta per cento dell' inquinamento da gas di scarico stradali è attribuibile a non più del dieci per cento delle auto in circolazione. Ne consegue che il nuovo sistema d' indagine ha un altro aspetto che lo rende attraente: visto che le auto con motore pulito sono la maggioranza, sarebbe meglio che ai loro guidatori non venisse imposto di recarsi a controlli. Fra l' altro, questi hanno un costo non indifferente, e qualcuno (l' automobilista o la collettività ) li deve pagare. Inoltre le analisi su strada, se fatte di frequente e in posti diversi, segnalerebbero più spesso i motori sporchi che circolano di più: questo sarebbe utile, perché a parità di cattivo funzionamento un automezzo che fa meno strada inquina di meno. Ecco dunque che potrebbero essere imposte manutenzioni opportune (e in certi casi anche sanzioni) proprio ai guidatori trovati ripetutamente in difetto. Gianni Fochi Scuola Normale di Pisa


I TAGLI IMPOSTI DA BUSH La Nasa in bolletta Le missioni scientifiche, quasi tutte annullate, pagano il prezzo più alto della riduzione di budget decisa per il ' 92
Autore: BATALLI COSMOVICI CRISTIANO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, GOVERNO, FINANZIAMENTO
NOMI: BUSH GEORGE
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ESTERO, USA
NOTE: 025

ORIGINARIAMENTE la Nasa venne fondata per realizzare l' esplorazione automatica e umana del sistema solare e finché essa ha rispettato questa linea i suoi progetti sono stati coronati da enormi successi culminati nelle spedizioni lunari e nell' invio di sonde per l' esplorazione dei pianeti. I Viking su Marte e i Voyager verso Giove Saturno, Urano e Nettuno fornirono dati di fondamentale importanza scientifica e l' efficienza delle sonde superò le aspettative degli stessi progettisti. Da quando la Nasa, guidata dall' ammiraglio Truly, or ora costretto alle dimissioni, perseguendo una politica basata unicamente sullo Shuttle, sulla stazione spaziale e sullo scudo stellare, ha sempre di più perso il suo ruolo di leader scientifico e tecnologico nel campo spaziale, molte imprese come il famoso Space Telescope, sono state caratterizzate da insuccessi tecnici e finanziari, per non parlare della tragica vicenda del Challenger. I costi astronomici dello Shuttle (solo per il lancio servono 450 milioni di dollari) hanno dimostrato che con i razzi tradizionali si sarebbero potuti ottenere risultati migliori e costi di gran lunga inferiori senza la necessità di sacrificare decine di progetti scientifici a favore di missioni di carattere militare, commerciale o propagandistico. Ne è una prova la sofferta approvazione del budget della Nasa per il 1992. L' amministrazione Bush ha infatti preferito sacrificare le missioni scientifiche della Nasa a favore della stazione spaziale Freedom e malgrado le forti proteste delle organizzazioni scientifiche americane che hanno chiaramente dimostrato la quasi inutilità della stazione spaziale per scopi scientifici, missioni planetarie, astronomiche e di scienze della vita sono state o cancellate o decurtate o rinviate sine die. Questa è l' attuale triste situazione che si è venuta a creare in seguito ai tagli. 1) La missione Craf (Comet Rendezvous Asteroid Flyby), la missione cometaria che avrebbe dovuto riscattare gli Stati Uniti dalla mancata missione verso la cometa di Halley, è stata cancellata. 2) Axaf, il telescopio orbitante per raggi X ha visto una decurtazione del budget del 28 per cento e il rinvio di un anno sempre che nel 1993 vi siano fondi addizionali per coprire l' ammanco. 3) I fondi per il telescopio infrarosso Sirtf, il progetto con maggiore priorità scientifica tra i programmi astronomici, sono stati totalmente tagliati. 4) Anche per il Laboratorio Solare Orbitante sono stati eliminati tutti i finaziamenti. Inoltre non è stata approvata alcuna iniziativa per l' esplorazione umana della Luna e di Marte, malgrado le promesse fatte da Bush nel luglio 1989 in occasione delle celebrazioni del ventennale della Luna. E' stata altresì ignorata la raccomandazione dei comitati competenti della Nasa per l' esplorazione dello spazio di sviluppare cioè un nuovo veicolo spaziale per l' esplorazione umana dei pianeti. Intanto Galileo, la sonda interplanetaria diretta verso il sistema gioviano, una delle tre sonde lanciate negli ultimi 10 anni tramite lo Shuttle (oltre a «Magellano» e «Ulisse» ), continua ad avere l' antenna principale bloccata rendendo così difficili le comunicazioni con la Terra. Nonostante ciò, il 29 ottobre ' 91 Galileo è passata nelle vicinanze dell' asteroide Gaspra e ha ottenuto immagini che sono state registrate a bordo per una successiva trasmissione a Terra. Un' immagine molto nitida ci è giunta grazie alla piccola antenna secondaria, ma quest' ultima può trasmettere solo molto lentamente. Se l' antenna principale non venisse sbloccata entro il 1995, la maggior parte delle 100. 000 immagini previste da Giove e dalle sue lune principali, Io, Europa, Ganimede e Callisto, andrerebbe perduta. In seguito a queste poco lunsinghiere prospettive della Nasa e alla svendita dei programmi spaziali e dei cervelli ex sovietici, la comunità scientifica internazionale si dovrà sempre di più concentrare su programmi di collaborazione con l' Esa, che dopo il successo dei lanciatori Ariane e della missione Giotto ha dimostrato la sua capacità di portare a termine con pochi mezzi imprese interplanetarie ad altissimo rendimento scientifico. Un' ulteriore dimostrazione sarà data il 10 luglio di quest' anno dall' incontro di Giotto con una seconda cometa. L' Esa ha inoltre in serbo varie missioni per l' esplorazione del sistema solare che però, dati gli alti costi, potrà sostenere soltanto in collaborazione con altre agenzie spaziali. Cristiano Batalli Cosmovici Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario del Cnr, Frascati


LE RICERCHE IN CALIFORNIA Misteriosa essenza di un vortice Dall' evoluzione delle galassie al volo degli aerei ecco il campo d ' azione di una scienza ancora giovane
Autore: RICCA RENZO

ARGOMENTI: FISICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 026

ALL' ISTITUTO per la fisica teorica dell' università della California (Santa Barbara) si sta portando a termine un programma di ricerca avanzata dal titolo un poco esotico e misterioso: «Fluidodinamica topologica». L' idea non è completamente nuova e la ricetta è più o meno nota: si mettano assieme un certo numero di fisici e un certo numero di matematici, si mescolino bene le idee e se la cosa non esplode la si lasci maturare. Se si è fortunati e se si sono scelti dosi e ingredienti giusti i risultati interessanti non mancheranno. Così è stato. Da tempo i fisici che studiano le proprietà dei mezzi fluidi, sia gassosi che liquidi, sia neutri che portatori di campi magnetici, si domandano quale comportamento e quale ruolo abbiano certe strutture fluide come le scie o i vortici in numerosi problemi che riguardano tanto la fisica classica (si pensi all' irrisolto problema della turbolenza) quanto le più moderne teorie che vanno dall' astrofisica stellare (struttura dei campi magnetici) alla cosmologia (evoluzione delle galassie). Ultimamente, poi, la relativa potenza e disponibilità di supercalcolatori ha permesso la simulazione nello spazio fisico e in tempo reale di comportamenti fluidi complessi, del tutto imprevedibili solo una decina di anni fa. Si pensi all' elaborazione di dati meteorologici su grande scala. Su scale molto più piccole è altrettanto possibile simulare un comportamento fluido come in un vero laboratorio di fluidodinamica. Si può così simulare il moto di un vortice o l' interazione tra vortici. Un ricorrente modello matematico di vortice è costituito da un lungo sottile fluido vorticoso che ruotando su se stesso si sposta nel fluido circostante (a riposo) in cui è immerso. A questo tipo di vortice viene comunemente dato il nome di filetto vorticoso (a tal proposito mi preme ricordare che questo tipo di filetto, di cui peraltro non è nota la commestibilità, non viene usualmente servito a tavola] ) I filetti vorticosi sono oggetti abbastanza persistenti, compatti ed energetici. La violenza delle trombe d' aria è ben nota e l' intensità dei vortici di scia rilasciati da un grande aereo passeggeri è tale da far ribaltare un piccolo aereo turistico che si trovi a volare in coda. Idealmente i filetti vorticosi possono essere visti come corde rotanti, di vario spessore e libere di muoversi nel fluido esterno, ma con la notevole proprietà di essere in grado di interagire in modo vistoso, fino a saldarsi o a frantumarsi in parti via via più piccole e meno intense. A decidere le sorti di tali meccanismi è la viscosità, sempre presente nei fluidi reali e più o meno presente nei modelli matematici che si fanno. Fin tanto che il vortice è relativamente robusto ed isolato la viscosità ha un ruolo secondario e la si può ragionevolmente trascurare, nel qual caso il fluido è privo di effetti dissipativi ed il vortice persisterà a girovagare per un tempo indefinito. Mentre la sua forma geometrica può subire notevoli cambiamenti: l' intensità di rotazione, ad esempio, rimane immutata. Se si introduce la viscosità, l' energia di rotazione del vortice verrà compromessa a favore del fluido circostante o verrà mutuata con elementi vorticosi vicini, con possibili ricongiungimenti e cambiamenti interni di struttura. Lo scenario, come si capisce, può essere sufficientemente complicato da essere seguito (o da essere previsto) con i metodi analitici classici e tale da indurre chiunque a benedire l' avvento dei supercalcolatori. Mentre la setta dei fanatici della simulazione al calcolatore si sta infittendo, la comunità dei matematici ha preso ad interessarsi alla cosa. Lo studio delle deformazioni continue e senza strappi di curve, superfici e volumi ha antiche origini e l' analisi delle proprietà matematiche che vengono o non vengono conservate durante queste deformazioni è parte di una disciplina che va sotto il nome di topologia. La topologia, a differenza della geometria, non si occupa delle proprietà locali di un oggetto ma delle sue proprietà globali. Un esempio classico è dato dal numero di manici che una scodella può avere: immaginate di prendere una tazza da té (un manico, quindi un foro) che sia malleabile come la plastilina e deformatela senza strappi fino ad ottenere una ciambella; ciò che viene modificato è la forma geometrica ma ciò che viene conservato è il foro, in questo caso un invariante topologico. Un altro esempio è dato dal considerare una corda annodata e chiusa su se stessa. Se la corda non viene tagliata il nodo rimane perennemente confinato al suo interno. Il tipo di nodo è quindi una variante per deformazioni. Dunque lo studio di nodi e legami oltre a essere cosa di marinai e alpinisti è anche cosa di topologi (chi l' avrebbe mai detto? ). Dalla matematica delle corde alla fisica dei vortici il passo è ora breve. Come ho accennato, i filetti vorticosi possono essere pensati come corde rotanti immerse in un fluido a riposo; fintanto che la viscosità del fluido è trascurabile i filetti annodati pur cambiando continuamente la loro forma non cambiano la loro topologia (il nodo è come congelato nel fluido). Se invece la viscosità ha pieni poteri ricombinazioni di ogni sorta sono possibili. Il fatto comunque che tali oggetti siano tanto deformabili da essere addirittura fluidi, studiati e studiabili su base sperimentale (reale o numerica), ha acceso la fantasia dei più creativi topologi e la curiosità dei più increduli fluidodinamici. Ecco dunque la necessità di ritrovarsi a lavorare per un certo periodo a stretto contatto. All' Istituto per la fisica teorica di Santa Barbara si sono radunati da ogni parte del mondo una cinquantina tra i più volenterosi pseudo esperti. Per i topologi si è aperto un universo fatto di vortici annodati, di superfici spiraleggianti, di campi magnetici intrecciati e di strutture complicatissime come le bolle di sapone o la schiuma. D' altro canto la cosa non è dispiaciuta nemmeno ai fisici (almeno ai più tolleranti), che si sono visti riversare alla lavagna, accanto a strampalate teorie, una infinità di bizzarri disegni. Dopo alcuni mesi di lavoro in comune non sono mancate le novità. Si è cominciato a capire qualche cosa dei meccanismi di riconnessione spesso presenti sia tra i vortici che tra i campi magnetici e si è visto per la prima volta attraverso una simulazione al supercalcolatore Cray dell' Università di California a San Diego come realizzare un legame di vortici facendo collidere due anelli vorticosi separati. Tra gli esperti matematici, M. Freedman, medaglia Fields per i suoi contributi in topologia, se ne è venuto fuori con un teorema sulla energia associata ad ogni nodo e si sono sentite profezie sull' esistenza di certe singolarità nelle equazioni di Eulero per i fluidi. Si sono visti nuovi invarianti per i campi magnetici intrecciati nella corona solare e per certe reazioni chimiche rotanti (note come Belousov Zhabotinski). Non credo che a mia madre possa importare molto, ma mi pare che questo sia l' inizio della fluidodinamica topologica. Renzo L. Ricca Università di Cambridge


RICERCA ENEA Nelle grotte del Tirreno è scritta la storia del clima del passato
Autore: RUSSO SALVATORE

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, GEOGRAFIA E GEOFISICA
ORGANIZZAZIONI: ENEA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 026

LE informazioni sulle tendenze del clima e sulle sue variazioni del passato risalenti fino a 125. 000 anni fa sono raccolte in una sorta di banca dati naturale: le grotte costiere del Tirreno centrale. Per rilevare i dati sulle variazioni di temperatura basta decifrare le impronte lasciate dal livello del mare su stalattiti e stalagmiti. E' questa la conclusione cui giunge una prima serie di studi condotta dal settore Energia e ambiente dell' Enea sulla paleoclimatologia e le previsioni climatiche del futuro. Lo studio si basa su una teoria ormai consolidata: che le variazioni di livello del mare corrispondano ad altrettante variazioni della temperatura globale. In altre parole: in condizioni di clima rigido l' acqua evaporata va a depositarsi, sotto forma di neve e di ghiaccio, nelle aree glaciali. Al contrario le temperature elevate sciolgono la neve e i ghiacciai e contribuiscono a una crescita del livello medio del mare. A testimoniare gli sbalzi del mare, dunque sono le stalattiti. In che modo? Con il loro «decesso». Durante l' innalzamento del mare, infatti, le grotte risultano sommerse e il naturale ciclo di immissione di aria e acqua che mantiene in crescita le stalattiti viene alterato. La fine della crescita dei depositi conici, e quindi l' ascesa del mare, è rimasta impressa attraverso la datazione del carbonato di calcio che ne costituisce la struttura. Le aree studiate dai ricercatori dell' Enea riguardano il promontorio della Montagna Spaccata a Gaeta, un' isola vicino all' Argentario, Capo Palinuro, l' isola di Capri. Il ritrovamento più interessante è stato fatto vicino all' Argentario: una stalagmite recuperata a 22 metri di profondità, con tracce esatte su come il mare è salito a quel livello e poi è sceso, favorendo la crescita della stalagmite, per risalire infine nuovamente a sommergerla. Salvatore Russo


FISICA Divertimenti di vento e di neve
Autore: BO GIAN CARLO

ARGOMENTI: FISICA, METEOROLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 026

IN un' uscita di ski alpinismo, durante una rapida sosta vicino a una baita, osserviamo come la neve si è fermata. Se la zona è ventosa si può notare che il lato della baita esposto al vento è meno innevato del lato sottovento. Invece la troviamo accumulata assai più sul lato esposto alberi. Come mai visto che anche l' albero vicino alla baita è esposto allo stesso vento? Di fronte alla baita, o di fronte a una casa, il vento incomincia a deviare da una decina di metri, e addirittura a cento se si tratta di una casa grande, prima di investire l' ostacolo. Trasportata dal vento la neve viene così sviata troppo presto perché abbia il tempo di depositarsi. Naturalmente ci sono anche problemi di velocità dell ' aria. La preferenza della neve per ostacoli di piccole dimensioni dipende proprio dalla distanza da cui il vento incomincia la deviazione. Un ostacolo piccolo, come un ramo o un palo, induce una deviazione minore. Per questo la neve viene portata con più facilità sull' albero o sul palo, su cui si deposita. Questa specie di comportamento «intelligente differenziato» del vento contribuisce alla funzione di copertura che la neve ha nei confronti di piante e campi, proteggendoli nella stagione fredda, «spedendo», in un certo senso, la neve là dove ce n' è più bisogno. Il fenomeno è proficuamente applicato nella costruzione di protezioni contro la neve, per strade e ferrovie. Talvolta ha i suoi lati divertenti; ad esempio possiamo apprezzarlo quando vediamo il muro dei vicini sempre più carico di neve della nostra rustica palizzata. Investita del vento, una struttura non continua, come una palizzata, rispetto a un muro crea vortici di entità molto minore, così che se la velocità dell' aria dei vortici è inferiore a quella sufficiente a mantenere sospesa la neve essa può depositarsi sul lato sottovento Con la complicità del quale si può addirittura mandare la propria neve nel cortile dell' odiato vicino] Gian Carlo Bo


IN ASIA CENTRALE Spedizione Samarcanda nelle viscere della Terra a 4 mila metri di quota
Autore: BADINO GIOVANNI

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 026

SAMARCANDA 91: così è stata denominata la spedizione speleologica italiana in Asia Centrale, al confine fra le repubbliche ex sovietiche di Uzbekistan e Tagikistan, una cinquantina di chilometri a Nord dal confine dell' Afghanistan. Essa ha fatto seguito a quella che, due anni fa, aveva collaborato con gli speleologi di Sverdlovsk (ora Ekaterinburg) nell' esplorazione di Boy Bulok, la più profonda grotta dell' Asia, nella stessa zona. Allora erano anche cominciate le attività esplorative su una delle più fantastiche regioni calcaree del mondo, la grande parete di Hadja Gur Gur Atà, alla sommità della catena del Bai Sun Tau. E' una regione di sterminati pianori, inclinati a circa venti gradi, che dalle quote più basse (1500 metri sul livello del mare) salgono fino alle creste, quasi a quattromila metri. Lì i pianori finiscono bruscamente e precipitano in pareti di 250 350 metri d' altezza, lunghe decine di chilometri. Numerose entrate occhieggiano nella sterminata parete, ma molti problemi ne avevano finora impedito l' esplorazione: il maggiore è quello logistico perché per arrivare alla parete occorrono due giorni di cammino. L' impostazione dei lavori di due anni fa e la credibilità guadagnata con i risultati ottenuti ha consentito di trovare i mezzi per affrontare tutti questi problemi. La spedizione ha raccolto speleologi di ogni parte d' Italia attorno ad un nucleo principale di romani, compresi due operatori televisivi che hanno filmato oltre tre chilometri di pellicola. La carta vincente che ha permesso di avere finalmente un quadro globale della parete è stato l' uso sistematico dei giganteschi elicotteri Ml8 dell' Aeroflot, utilizzati sia per la posa del campo (due tonnellate di materiale) sia soprattutto per le prospezioni dall' aria. Per la prima volta nella speleologia esplorativa si sono utilizzate sistematicamente le telecamere per riprendere i dettagli del carsismo volandoci sopra: la sera, poi, le immagini erano analizzate per poter pianificare gli obiettivi. In tal modo è stato possibile descrivere l' intera parete e poi raggiungere alcuni dei buchi. La maggiore delle grotte così scoperte, che è stata dedicata all' astronomo Ulugh Begh, si apre in piena parete a 3750 metri di quota, la più alta del mondo. In quel tratto la parete è alta 320 metri, aggettante per una quindicina, ed è dunque stato estremamente difficile raggiungerla. Ma la si è poi scoperta bellissima; una vera e propria grande forra all' interno del monte, solcata da colate di ghiaccio interne, fantastiche ma molto difficili da superare: è stata esplorata per un chilometro e mezzo, sino a trecento metri di profondità. Lì l ' esplorazione è finita, non tanto perché ci fosse un vero «fondo » quanto perché era finito il tempo disponibile e il tentato golpe di agosto a Mosca creava ben altre preoccupazioni. L' esplorazione di Gor Ulugh Begh non è stato l' unico risultato sotterraneo; è stata esplorata, sino al fondo, anch' esso a circa trecento metri nel sottosuolo, una grotta denominata «Prima» e varie altre minori. Ma più interessante è stato reperire e descrivere le più alte grotte nel gesso esistenti, a 2900 metri sul livello del mare, circa un chilometro di vaste vie ipogee, la maggiore delle quali è situata a oltre cento metri di profondità. E molto curioso ed inaspettato è stato trovarci a rilevare orme di dinosauri, che ci erano state segnalate dalle popolazioni locali. Proprio sul bordo della parete, in zone lasciate scoperte dai depositi di detriti che in genere coprono il vasto pendio, ci sono tre zone in cui il calcare ha conservato impresse, in modo assurdamente preciso, le orme di camminate di giganteschi animali. Appunti e ricordi saranno raccontati in un libro geografico speleologico dedicato all' intera zona. Giovanni Badino


SCAFFALE Farnocchia Petri Franca e Manzi Elio: «L' America anglosassone», Utet
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DEMOGRAFIA E STATISTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 026

LA complessità della geografia, incrocio di discipline diverse e spesso lontane, si misura anche dalla difficoltà che si incontra nel dare titoli adeguati ai suoi testi davvero moderni e di ampie prospettive: «L' America anglosassone», volume della collana della Utet «Il mondo attuale» fresco di stampa, ne è un esempio. Quell' aggettivo, anglosassone, mette l' accento su un aspetto certo importante, ma restrittivo rispetto alla molteplicità dei temi che il volume documenta. Certo, Canada e Stati Uniti, i due Paesi trattati (ma c' è anche la Groenlandia, contea danese) sono profondamente segnati dalla colonizzazione anglosassone. Ma il bel libro di Franca Farnocchia Petri (Università di Pisa) e di Elio Manzi (Università di Pavia) prende in considerazione non soltanto le etnie autoctone e l' area francofona, ma anche tutti gli aspetti geofisici, naturalistici, climatici, economici di gran parte del continente nordamericano. Una lettura, dunque, di respiro, corredata da una buona iconografia, che esce dalle solite convenzioni: non «cartoline», ma immagini da satellite, foto di costume, inquadrature di interesse storico o antropologico.


SCAFFALE Cottino Amedeo: «L' ingannevole sponda», La Nuova Italia Scientifica
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 026

Che cosa vedono gli alcolizzati, o anche semplicemente i bevitori, nell' alcol? Come affrontano il problema di questa droga più o meno «accettata» la società, la classe medica e la legislazione? Amedeo Cottino, ordinario di sociologia del diritto all' Università di Torino, risponde a queste e molte altre domande in un saggio che ha dietro di sè una decina di anni di studi e di osservazione su un «crocevia delle vicende umane» l' alcolismo, appunto sul quale si trovano a transitare «i vincitori, ma anche perdenti». Nella stessa collana, per lettori ben attrezzati in matematica, è da segnalare «Relatività speciale», di Carlo Bernardini, professore all' Università di Roma e direttore di «Sapere».


SCAFFALE D' Arcy W. Thompson: «Crescita e forma», Bollati Boringhieri
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: BIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 026

L' editore Bollati Boringhieri presenta tre ristampe che faranno felici i molti nostalgici della storica collana «Universale scientifica». Torna, innanzi tutto, «Crescita e forma», di D' Arcy Thomp son. L' originale uscì a Londra nel 1917. Lo scienziato inglese intendeva dimostrare come le leggi fisiche e i teoremi matematici presiedano in modo esclusivo al progetto delle forme viventi. Era il primo tentativo di applicare alla biologia i criteri di quelle che sono considerate le scienze esatte per eccellenza. D ' Arcy Thompson muove dal principio di similitudine, già ben noto ai primi matematici greci: in figure simili, la superficie cresce in proporzione al quadrato delle dimensioni lineari e il volume (quindi anche il peso) in proporzione al cubo. La natura, per un suo criterio di economicità, tende a replicare quelle forme che le riescono bene e a riutilizzarle in creature diverse: il gatto è un riassunto del ghepardo, il ghepardo della tigre, la lucertola del coccodrillo. In realtà, fa osservare D' Arcy Thompson, ciò avviene solo entro i limiti consentiti dalle regole fisico matematiche e dai materiali con cui le forme viventi sono costituite. E analizza tutta una serie di casi, tra l' altro con una scrittura sobriamente elegante. Pur invecchiato in alcune delle sue tesi, questo libro mantiene il valore e il sapore di un piccolo classico. Boringhieri lo presentò per la prima volta nel 1969. Da molti anni era esaurito. Altrettanto significativi sono gli altri due titoli: «La meccanica nel suo sviluppo storico critico» di Ernst Mach, che pone le basi della rivoluzione scientifica post newtoniana, e «La prova di Godel», di Ernest Nagel e James Newman, forse il migliore strumento per accedere alla logica formale. D' Arcy W. Thompson: «Crescita e forma» , Bollati Boringhieri, 357 pagine, 30 mila lire Piero Bianucci


DAINI IN ESTRO Tutte in coda per un dongiovanni Le femmine orientano la scelta sempre sugli stessi maschi E i giovani perdenti ricorrono alle molestie sessuali
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 027

CI sono nel mondo animale comportamenti sessuali così singolari, almeno a nostro modo di vedere, che ci riesce difficile capire quale vantaggio ne possano trarre gli interessati e per qual motivo si siano affermati nel corso dell' evoluzione. Uno di questi è il cosiddetto «lek». E' una parola svedese che, nel linguaggio corrente, indica un lago gelato che funziona da arena per le competizioni atletiche e sportive in generale. Riferito agli animali, ha assunto un significato specifico: il «lek» è un' area nella quale i maschi di una specie difendono piccoli territori non contigui l' uno all' altro e ricevono la visita delle femmine sessualmente mature vogliose di accoppiarsi. La cosa strana è che una volta entrate nel lek, le femmine orientano la loro scelta sempre sugli stessi maschi, cosicché soltanto uno o due di questi riescono a monopolizzare tutti gli accoppiamenti. Gli altri occupanti del lek riescono ad accoppiarsi soltanto di straforo. L' uso del lek si trova soprattutto tra gli uccelli, come i galli della salvia, i fagiani di monte, i combattenti, certi manachini tropicali. Ma lo troviamo anche tra le drosofile, i famosi moscerini della frutta così cari ai genetisti. Più raro tra i mammiferi, è presente tuttavia tra alcuni pipistrelli, in certe antilopi, come i cobi dell' Uganda e in altre antilopi africane. Lo zoologo inglese Tom Clutton Brock, un esperto in materia di strategie riproduttive dei mammiferi, ha studiato per cinque anni di fila il comportamento sessuale del daino (Dama dama), uno dei pochi mammiferi che adottano il sistema dei lek. La ricerca si è svolta nel Petwork Park del Sussex, che ospita novecento daini. Clutton Brock, insieme con altri tre zoologi, David Green, Mariko Hirawa Hasegawa e Tony Robertson, si è preoccupato innanzitutto del riconoscimento individuale dei soggetti. Cosa che si è rivelata abbastanza facile data la struttura delle corna di questo cervide. Com' è noto, infatti, il maschio adulto possiede corna robuste cilindriche alla base, foggiate a pala molto larga nella parte centrale, e la pala presenta marginalmente un gran numero di piccole punte irregolari, variabili da individuo a individuo. Una sorta di impronte digitali. Una volta disegnati i profili dei maschi, i ricercatori hanno modo di distinguerli e possono dare inizio alle osservazioni. Ecco quindi che al principio di ottobre vedono molti daini maturi che graffiano i tronchi e marcano con getti di urina piccoli territori situati sotto le querce, dove le femmine accorrono a mangiarsi le numerose ghiande che cadono a terra. Sembra dunque che i maschi si limitino a difendere le risorse alimentari che attirano le femmine. Ma, con l' avanzare dell' autunno, le cose cambiano. Le cerimonie nuziali si spostano sul lek. Qui ciascun maschio difende un piccolo ma ben definito territorio e lancia forti grugniti per attirare le femmine Le quali non tardano a venire. Basta che una si lasci montare perché altre la seguano a ruota, facendo quasi la fila per farsi montare dallo stesso maschio. Solo il 6 per cento delle femmine si accoppia una seconda volta con un maschio diverso. La maggior parte invece, dopo essere state fecondate, esce dal lek e si unisce al branco delle femmine che pascolano tranquillamente nei campi, senza ubbie sentimentali. Nemmeno gli scapoli le molestano. Eppure, negli spazi tra un lek e l' altro, c' è sempre una folla irrequieta di giovani maschi privi di territorio che spiano l' occasione propizia il momento in cui il padrone del lek si distrae, per acchiappare una femmina in calore e montarla. Il fatto è che, una volta passato l' estro, le daine perdono ogni attrattiva agli occhi del sesso forte. I maschi territoriali, i più fortunati in amore, si accoppiano anche con una dozzina di femmine al giorno, ma non ce la fanno a mantenere questo ritmo riproduttivo per più di quattro o cinque giorni in ciascuna stagione riproduttiva. I ricercatori sono curiosi di capire se le femmine abbiano una particolare preferenza per determinati territori, indipendentemente dal maschio che vi abita, come è stato accertato per i cobi dell' Uganda, o se invece siano interessate soprattutto al maschio residente. E con un opportuno esperimento hanno modo di constatare che le femmine sono assai più interessate ai daini che non alla posizione dei loro territori. Scoprono, poi, che i dongiovanni più corteggiati sono più grossi della media, risultano vincitori nei duelli con i rivali e grugniscono più forte per chiamare a nozze le femmine. Sembrerebbe quindi che la scelta femminile si orienti verso i partner geneticamente superiori, più sani, più forti, più vigorosi, in grado di fornire buoni geni per la prole. Tom Clutton Brock non è di questo avviso. Lui la mette in questi termini: forse proprio il fatto di essere più forti degli altri consente ad alcuni maschi l' accesso ai territori preferiti. Ne consegue, a suo parere una correlazione tra dimensione del maschio e successo riproduttivo che non dipende dalla scelta femminile. Ma il ricercatore inglese mette l' accento su un altro aspetto della situazione: le frequenti molestie sessuali, di cui le femmine in estro sono oggetto da parte dei giovani scapoli senza territorio. Ogniqualvolta se ne presenta l' occasione, questi focosi ma inesperti corteggiatori si avventano su di loro, in goffi e vani tentativi di monta, ferendole con gli artigli appuntiti. Sarebbe questa la ragione per cui, secondo Clutton Brock, le femmine si sentono sicure soltanto quando raggiungono il lek e concedono volentieri le loro grazie ai maschi più maturi, che hanno indubbiamente un maggiore «savoir faire» amoroso. Isabella Lattes Coifmann


IN GIAPPONE Ritorna la fusione fredda
Autore: RUBERTI ETTORE

ARGOMENTI: FISICA, RICERCA SCIENTIFICA, NUCLEARI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 027

A quasi tre anni dall' incredibile annuncio dato dagli elettrochimici Martin Fleischman dell' Università di Southampton e Stanley Pons dell' Università dell' Utah di aver ottenuto la fusione nucleare a freddo, giunge dal Giappone una conferma sperimentale. In un congresso di fisica nucleare svoltosi a fine gennaio presso il National Institute for Fusion Science di Nagoya, Akito Takahashi, dell' Università di Osaka, ha presentato i risultati del suo lavoro. Seguendo il metodo definito ad elettrolisi pulsata, messo a punto due anni fa da Francesco Celani dell' Istituto Nazionale di Fisica nucleare di Frascati, lo scienziato giapponese avrebbe chiarito gli enigmi lasciati insoluti a suo tempo da Fleischman e Pons. Utilizzando una cella elettrolitica contenente mezzo litro di deuterio (l' isotopo due dell' idrogeno) con anodo di platino e catodo formato da una piastrina di palladio in cui si realizzerebbe la fusione deuterio deuterio, ha ottenuto in 30 giorni di funzionamento energia pari a una produzione continua della potenza di oltre 120 Watt. Per illustrare questi risultati Francesco Celani ha invitato Hideo Ikegami, responsabile della ricerca nucleare in Giappone, a tenere un seminario a Frascati. Ikegami ha chiarito i dubbi circa la riproducibilità del fenomeno e ha dimostrato che vi è correlazione fra emissione di neutroni e di energia, demolendo le obiezioni avanzate in questi tre anni. Le difficoltà concettuali erano dovute anche alla mancanza di un edificio teorico che permettesse di giustificare coerentemente la fusione del deuterio nella materia condensata. Nella fusione tra isotopi di idrogeno nel vuoto si è sempre considerata la reazione a due corpi perché concettualmente più semplice, data l' estrema complessità teorica degli eventi atomici collettivi e dei calcoli ad essi connessi. Ora pare che nelle reazioni che si è convenuto chiamare fusione fredda siamo proprio di fronte a fusioni multicorpo, ossia tra più atomi di deuterio o idrogeno. Ovviamente siamo ancora lontani dalla definitiva spiegazione di questi fenomeni, a livello di fisica atomica, anche se alcune teorie in attesa di verifica, come quella della Superradianza, elaborata da Giuliano Preparata, dell' Università di Milano, che prevede effetti magnetici collettivi che si verificherebbero fra i nuclei atomici in particolari condizioni, rappresentano una stimolante sfida dell' intelletto ai misteri della natura. In Giappone gli investimenti per ricerche sulla fusione fredda sono stati notevoli ed è stato possibile formare ben venti gruppi di lavoro, organizzati in maniera interdisciplinare in modo da permettere ad ogni gruppo di andare avanti per proprio conto, pur con la supervisione di Ikegami. Ettore Ruberti Enea, Ente energie alternative


ANORESSIA & BULIMIA Guardami: digiuno] I disordini dell' alimentazione, fino all' estremo deperimento o all' obesità sono uno dei segnali utilizzati dalle ragazzine per gridare il proprio disagio
Autore: VERNA MARINA

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: GORDON RICHARD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 027

L' HANNO definita «il problema psichiatrico degli Anni 80», sebbene i primi casi di anoressia nervosa fossero stati identificati formalmente più di un secolo fa a Londra e Parigi. Ma ancora di recente gli psichiatri spiegavano agli studenti che difficilmente, nel corso della loro vita professionale, avrebbero incontrato un numero rilevante di queste pazienti. Oggi invece, secondo i dati diffusi dalla neonata «Associazione per lo studio e la ricerca sull ' anoressia e la bulimia» (Aba), in Italia le persone con disturbi dell' alimentazione sarebbero circa tre milioni. E in Usa il 35 per cento della popolazione studentesca femminile presenterebbe, in gradi diversi, sintomi di anoressia o di bulimia. Anoressiche e bulimiche sono giovani donne ossessionate dal loro peso: idealizzano la magrezza e sono terrorizzate dall' idea di ingrassare. I due disturbi hanno però esiti diversi: le anoressiche perdono peso fino al limite della sopravvivenza, le bulimiche invece, che fanno seguire ai digiuni un' orgia alimentare, ingrassano. Entrambi i disturbi sono tipici dell' adolescenza: compaiono in genere tra i 14 e i 18 anni e colpiscono soprattutto le ragazze i maschi non superano il 10 per cento dei casi. Solitamente vengono letti in chiave psicologica, come disordine dello sviluppo adolescenziale, incapacità a sviluppare la propria identità. C' è anche una chiave psico sessuale, poco accreditata, e una fisiologica, che parte dal sintomo più vistoso, l' assenza di mestruazioni. L' Associazione psichiatrica americana indica quattro elementi per una diagnosi di anoressia: il rifiuto di mantenere il peso del proprio corpo al di sopra della soglia minima in relazione all' età e all' altezza; il terrore di prendere peso; un' immagine del corpo distorta ( «sentirsi grassi» ) e l' assenza di mestruazioni. L' anoressia nervosa inizia spesso in maniera banale: con una dieta. Le ragazzine vulnerabili, vedendo che con la forza di volontà riescono a perdere peso, provano un senso di euforia e di trionfo, perché stanno raggiungendo quell' alto valore sociale che è oggi la magrezza. Inoltre si accorgono di avere, proprio loro così deboli e depresse, un fortissimo potere all' interno della famiglia. Il rifiuto del cibo ha come risposta una grande attenzione da parte dei genitori, la cui vita finisce per ruotare intorno a quei piatti mai svuotati e al messaggio spesso misterioso che essi inviano. Lo psicologo americano Richard A. Gordon, nel suo bellissimo libro «Anoressia e bulimia: anatomia di un' epidemia sociale» (Raffaello Cortina Editore), fa un parallelo tra i disordini alimentari e le grandi isterie del secolo scorso, di cui oggi non c' è più traccia. Entrambi questi disturbi sarebbero l' espressione, in una forma compatibile con il contesto culturale, di una crisi d' identità femminile che le donne manifestano con un «vocabolario del disagio» condizionato dal contesto culturale. L' isteria esprimeva il disorientamento della donna altoborghese, che lo stereotipo voleva fragile e sensuale, ma anche morale e tanto forte da gestire da sola la vita famigliare. I sintomi isterici erano perciò la caricatura di questo stereotipo: drammatici ed emotivi. Anoressia e bulimia sono figlie del nostro tempo in quanto usano il linguaggio delle diete, della magrezza, del controllo sull' alimentazione, tutti fattori tipici delle società industriali avanzate. L' ossessione per il cibo viene letta dagli psicologi come la difesa da un intollerabile disagio interiore (o perlomeno un certo controllo su di esso), che nella maggior parte dei casi è connesso con problemi di identità. Il cattivo rapporto con il cibo sarebbe una maniera «alla moda» per gridare un dolore che nessuno sembra vedere Malgrado siano stati sperimentati molti trattamenti, non c' è ancora accordo su quale sia il migliore. Di qui l' importanza di un punto di riferimento per la ricerca e la cura come l' Aba, che ha appena aperto una seconda sede a Milano (via Solferino 14, tel. 02/29. 00. 69. 88. Sede di Roma: via Costantino Beltrami 2, tel. 06/57. 45. 310). Tra i progetti, qualche centro di accoglienza indipendente dagli ospedali, che tendono a disinteressarsi del problema finché la situazione non si è fatta drammatica. Marina Verna


ENERGIA EOLICA Il vento illumina settanta case Una grande monopala a Nord di Alghero
Autore: VASCHETTO GIULIANO

ARGOMENTI: ENERGIA
LUOGHI: ITALIA, ALGHERO
NOTE: 027

L A Sardegna muove i primi passi significativi sulla via dell' energia eolica. L' isola è l' unica regione italiana non servita dalle reti di distribuzione del metano e importa circa il 90 per cento del suo fabbisogno energetico, sebbene possegga l' importante bacino carbonifero del Sulcis valutato in 1300 milioni di tonnellate che consentirebbe la produzione di energia elettrica e di gas. Ma da oltre un anno il vento produce elettricità grazie a un generatore installato a Nord di Alghero, tra Stintino e Porto Torres. Il generatore è il modello M30, una monopala con rotore di 33 metri montato su una torre di uguale altezza, capace di funzionare anche con venti deboli. La potenza dell' aerogeneratore è di 200 kW: può soddisfare le esigenze di circa 70 abitazioni. Recentemente l' Enel ha ordinato un prototipo di un nuovo modello di turboalternatore eolico da 1, 5 MW denominato Gamma 60, da sperimentare nel campo eolico dell' Alta Nurra. Si tratta di una grande macchina connessa a una rete, messa a punto da un consorzio industriale nazionale la cui azienda leader è l' Alenia. Il prototipo è stato sviluppato all' interno di un progetto congiunto dell' Enea e dell' Enel, finanziato in parte dalla Cee. Il Gamma 60WTG si configura come un rotore da 60 metri a due eliche sopravvento, con una potenza stimata sui 1500 kW. Il rotore, del diametro di 60 metri, è il componente che permette la captazione dell' energia dal vento e la sua trasformazione in energia meccanica di rotazione; esso è costituito da un mozzo di acciaio e due pale in vetroresina, realizzate con la tecnologia della bobinatura, della dimensione di 29 metri. La forza è trasmessa al generatore elettrico tramite l' albero lento, il moltiplicatore di giri e l' albero veloce. Le operazioni dell' intero sistema sono controllate da un microprocessore che include anche un sistema diagnostico e un sistema di arresto di emergenza. Rimangono alcuni problemi ambientali: l' impatto visivo, il rumore, le possibili interferenze con gli uccelli. Per acquisire conoscenze sufficienti occorrono ancora studi approfonditi sulla base di un modello sperimentale. Il rumore si colloca nella fascia tra i 40 ei 50 decibel come quello di una casa con bambini. Il rumore di una macchina da scrivere è sui 70 dBA e quello di un ufficio 60 dBA. Per l' impatto visivo, l ' altezza delle turbine risulta pari a quella della Torre di Pisa: tra i 50 e i 90 metri. Qualcuno ha suggerito di utilizzare le torri spagnole di avvistamento e i forti piemontesi, raggiungendo così anche l' obiettivo del restauro e riuso del patrimonio storico architettonico della regione. Le torri (95 utilizzabili) furono edificate lungo il perimetro costiero dell' isola a partire dal XV secolo dal re aragonese Alfonso il Magnanimo per arginare l' espansione marinara dei musulmani. Restaurate dai Piemontesi a partire dal 1723, furono mantenute efficienti sino al 1815. Ad esse si sono aggiunte le opere di fortificazione volute da Vittorio Amedeo di Savoia dopo la ricognizione del 1722 e costruite tra il 1736 e il 1755 (13 forti utilizzabili). Le torri, che si trovano in una zona con venti costanti alla velocità media di 5, 2 5, 7 chilometri al minuto, costituiscono siti ottimali per generatori eolici di grande presenza, consentendo di realizzare un sistema costiero continuo che si configuri come una «wind farm» lineare lungo le coste sarde. Le loro dimensioni, larghezza tra i 4 e i 6 metri e altezza variabile tra i 10 e i 14 metri, consentono la realizzazione dei locali adatti al controllo e al funzionamento di uno o più impianti di produzione eolica; uno o più generatori posti a distanze variabili tra i 500 e i 200 metri, sarebbero collegati alle torri tramite un cavo elettrico sotterraneo. L' intera zona verrebbe destinata alla creazione di un microparco a garanzia di un minimo impatto ambientale. Giuliano Vaschetto


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 028

& Quale distanza copre mediamente un pallone in una partita di calcio? & Due sciatori ugualmente bravi si sfidano nella discesa libera. Uno pesa 95 kg, l' altro 70. Supponendo che la pista sia identica, chi farà il miglior tempo? (Stefania Scutera) & Perché idrogeno e ossigeno a temperatura ordinaria stanno vicini senza diventare acqua? (Andrea Negri) & Che cosa causa la scintilla elettrica negli abiti di lana? (Carlo Viana) _______ Risposte a: Tuttoscienze, La Stampa, via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure via fax al numero 011 65 68 504.


LA PAROLA AI LETTORI Se affermo di essere bugiardo, forse è una bugia]
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 028

Che cos' è la morte? In medicina la morte è intesa come la cessazione delle attività vitali di un organismo. Questo processo è caratteristico di tutto il mondo biologico, ad esclusione dei Protozoi e di quei Metazoi che si riproducono per scissione. (William Ligorio Torino) E' l' arresto irreversibile di tutte le funzioni dell' organismo che conduce, in un periodo più o meno lungo, al dissolvimento di tutte le strutture della sostanza organizzata. (Riccardo Allori Torino) E' il termine di ogni nostro vano tentativo di opposizione al secondo principio della termodinamica, ovvero all' aumento dell' entropia universale. (Federico Deri Torino) E' uno dei tanti eventi che succedono nella vita. Peccato che sia l' ultimo] (Giuseppe Lani Ivrea) E' il momento di passaggio tra un mondo che si conosce e non si ha il tempo di rimpiangere e uno nuovo di cui non si sa niente ma che inspiegabilmente attira. (Donato Gradenigo Padova) Se dico: «Io dico sempre bugie», sto dicendo la verità oppure mento? Se io fossi bugiardo, non potrei dire di esserlo veramente, perché in tal caso sarei invece sincero. Se invece fossi sincero, non potrei dire di essere bugiardo, perché altrimenti lo sarei davvero. (III e IV A Liceo «Gobetti» Omegna, No) Il quesito è evidentemente ispirato al famoso «sofisma del mentitore», creato da Eubulide di Mileto, che suona così: «Qualcuno dice "Io mento" che significa "Ciò che dico è falso". E se ciò che egli dice è vero, ciò che egli dice è falso. E se ciò che egli dice è falso, ciò che egli dice è vero». Il quesito non ha dunque risposta, perché una stessa asserzione può essere vera e falsa. (Paola Sozio Ivrea) Perché si sbadiglia e perché lo sbadiglio è contagioso? Si sbadiglia quando c' è una diminuzione della quantità d' aria contenuta nella cavità toracica e dell' accumulo di anidride carbonica nel sangue. Normalmente è indice di sonnolenza o di fame Trattandosi di una sorta di riflesso nervoso, può verificarsi anche per imitazione. (Marco Pesarini Ancona) Perché i fenicotteri rosa e diversi altri uccelli stanno ritti su una zampa sola? Perché , nutrendosi di piccoli pesci, rane, rettili e soprattutto piccoli crostacei (sono proprio i pigmenti colorati del crostaceo Artemia salina che conferiscono al fenicottero rosa le caratteristiche sfumature), passano gran parte del loro tempo a zampettare nell' acqua fredda e il calore del loro corpo tende a disperdersi attraverso le lunghe zampe prive dello strato isolante del piumaggio. L' abitudine di sollevarne una è dunque dettata dalla necessità di conservare, per quanto possibile, il calore corporeo. (Attilio Novelli Pescara) Perché il mare è salato? L' acqua del mare è una soluzione diluita di sali tra i quali predomina il cloruro di sodio. Si suppone che la salinità del mare sia originaria (sarebbe irrilevante la quota di sali trasportata dai fiumi) e che tutti i sali siano stati portati al mare dall' interno del globo con le eruzioni vulcaniche oppure derivino dal lavaggio della primitiva atmosfera in cui si trovavano ancora allo stato aeriforme, quando sulla crostra terrestre caddero le prime piogge. (Carla Arzani Torino) L' acqua, durante il suo percorso sulla Terra scioglie i sali contenuti nelle rocce sulle quali scorre. Un fiume alla foce ne contiene una quantità minima (tanto che noi non la avvertiamo) che regala al mare. (Giulio Lunardi Torino) Un tempo si tendeva ad attribuire l' elevata concentrazione di sali nell' acqua marina unicamente alla lenta azione di deposito dei composti chimici riversati in mare dalle acque continentali. Oggi si ritiene invece che almeno una parte derivi dalla decomposizione degli organismi marini, dalle polveri e dai gas vulcanici emessi durante le eruzioni e precipitati in mare con le piogge e dalle sostanze formatesi in seguito alle alterazioni delle rocce dei fondali. (Paola Young Trausella, To) Mentre l' acqua del mare evapora, i sali rimangono in soluzione, aumentando la loro concentrazione a causa dell' evaporazione del liquido che li aveva trasportati. Questa non può aumentare oltre un certo limite, raggiunto il quale la soluzione è satura e i sali precipitano sul fondo. (Walter Perotto Torino)


STRIZZACERVELLO Linee e quadrati
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 028

La figura che correda questo quiz geometrico matematico mostra un reticolo di 25 punti disposti in una forma quadrata di 5 x 5 punti di lato. La prima domanda che il disegno suggerisce è: quanti quadrati diversi ma perfetti possono essere tracciati sull' illustrazione in modo tale che ciascun vertice di ogni quadrato giaccia su un punto? Esiste una formula di carattere generale che risolve questo tipo di problemi: sapreste trovarla? Siete capaci di congiungere tutti i punti con un' unica linea spezzata che si articoli in otto segmenti?


COME FUNZIONA IL MOUSE Un topino sotto il computer Controlla i movimenti sullo schermo
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 028

IL mouse di un computer è un accessorio manuale che permette di controllare i movimenti della «freccia» (detta anche «puntatore» ) sullo schermo. Per iniziare un disegno, si porta la freccia nel punto dal quale si desidera partire, quindi si preme e si rilascia il pulsante meccanico sulla parte alta del mouse in gergo, «si clicca». Il movimento della freccia corrisponde a quello del mouse Sullo schermo compaiono delle «icone», riproduzioni grafiche di documenti, dischi, cartelle e di tutti gli altri elementi con cui si lavora. Con il mouse si possono fare moltissime operazioni: «Trascinare», cioè spostare un' icona sul video (si punta la freccia sull' icona e si tiene premuto il pulsante del mouse finché lo spostamento non è stato completato). «Selezionare», cioè indicare l' oggetto su cui si interverrà (posizionare la freccia e fare clic). Una volta selezionati, gli oggetti appaiono anche evidenziati: il loro aspetto cambia, passando dal bianco al nero (o viceversa). Per eliminare un' icona, basta mandarla nel cestino, che di solito si trova nell' angolo in basso a destra del video: quando il mouse ha trascinato fin lì la freccia e la sagoma dell' icona, il cestino cambia forma e colore. Vuol far vedere che dentro c' è qualcosa]


LE DATE DELLA SCIENZA Yankee in orbita Il 20 febbraio ' 62 John Glenn fu il primo americano a compiere tre giri intorno alla Terra. Ecco com' era la capsula Mercury
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
NOMI: GLENN JOHN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 028

GOOD speed, John Glenn] ». Era il 20 febbrario 1962 e il primo astronauta americano stava per essere lanciato in orbita intorno alla Terra. Dopo 11 rinvii in tre mesi, i motori del razzo «Atlas D » furono accesi, fornendo una spinta di 170 mila chilogrammi; dopo pochi minuti Glenn era in orbita per un volo della durata di 4 ore e 56 minuti, durante le quali la capsula Mercury «Friendship 7» compì tre giri del pianeta ad una quota variabile da 161 a 262 chilometri. Due situazioni d' emergenza fecero temere per il successo dello storico volo: dapprima il blocco di un propulsore d' assetto della capsula e poi un falso contatto in una spia luminosa indicante un guasto allo scudo termico. Se lo scudo si fosse staccato davvero l' astronauta si sarebbe disintegrato nell' impatto con l' atmosfera a causa delle elevate temperature d' attrito. Fu quindi presa la decisione di non sganciare in anticipo il gruppo dei retrorazzi attaccati sotto lo scudo e Glenn dovette sopportare, durante il rientro, una decelerazione di 12 G (pesò 12 volte il suo peso reale). L' ammaraggio nell' oceano avvenne a Sud Est di Bermuda, e per Glenn fu il trionfo. Il successo della prima missione orbitale rincuorò l' America, che in quel periodo accumulava ritardo nei confronti dei sovietici nella gara spaziale. Glenn è nato a Cambridge (Ohio) il 18 luglio 1921 e prima di essere scelto tra i primi sette astronauti della Nasa nel 1959, era stato ufficiale pilota e istruttore di volo dei Marines. Nel 1957 stabilì il record trans continentale volando su un caccia «F8U» in 3 ore e 23 minuti da Los Angeles a New York. E' stato anche il primo degli astronauti a dimettersi dal programma: lo fece nel 1964 per dedicarsi con successo alla vita politica. Nel 1974 fu eletto senatore dell' Ohio per i democratici e nel 1984 si mise in corsa per le elezioni presidenziali, che però videro trionfare Reagan sul rivale Mondale. Antonio Lo Campo




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