TUTTOSCIENZE 15 gennaio 92


VERSO UNA ENERGIA PULITA E ILLIMITATA Fusione, traguardo finale La reazione più sicura dal punto di vista dell' inquinamento radioattivo è quella tra deuterio ed elio 3 proposta dal fisico Bruno Coppi. Ma è anche la più difficile. Vediamo perché
Autore: OREFICE ADRIANO

ARGOMENTI: ENERGIA, FISICA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: BERTOLINI ENZO
ORGANIZZAZIONI: JET
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 005. Fusione nucleare controllata

IL 9 novembre 1991 l' immissione di una piccola percentuale di trizio come combustibile nucleare nel Jet, il tokamak comunitario di Culham, ha portato alla maggior produzione di potenza termonucleare controllata nella storia delle macchine a confinamento magnetico. Immediatamente, peraltro, è stato puntualizzato, com' è di rito nel campo della fusione controllata, che la meta vera e propria, cioè un reattore ove la reazione di fusione si autosostenga, è ancora lontana trent' anni. L' apparente contraddizione tra i grandi progressi compiuti e la distanza dalla meta è dovuta a vari motivi: la progressiva riduzione dei finanziamenti per questo tipo di ricerca; l' uscita di scena senza adeguato ricambio di molti «padri fondatori» della fisica del plasma; il prevalere dell' empirismo sull' aspetto più nobile quello speculativo della ricerca; la diminuita competizione internazionale; infine, e soprattutto, l' errore politico di non aver ancora relizzato l' Ignitor, il tokamak compatto proposto dal fisico italiano Bruno Coppi circa vent' anni fa, grazie a cui la fusione sarebbe stata raggiungibile prima del 2000. Qui, però, vogliamo descrivere, sulla base dei dati oggi disponibili, ciò che potrà accadere a partire dal momento (disti esso, o no, trent' anni ancora) in cui la fusione autosostenuta verrà realizzata. Ricordiamo, per cominciare, che l' insieme dei nuclei atomici destinati alla fusione e degli elettroni strappati agli atomi di cui tali nuclei fan parte costituisce un «plasma», che va in primo luogo confinato in uno spazio relativamente piccolo, e poi portato alla temperatura di qualche centinaio di milioni di gradi, alla quale la reazione può innescarsi. Le particelle implicate nei processi più interessanti di fusione (come combustibile o come «ceneri» di combustione) non sono molte, e si riducono, in sostanza, agli isotopi dell' idrogeno (idrogeno, deuterio e trizio) e a quelli dell' elio (elio 3 ed elio 4). Anche le reazioni di fusione prese in seria considerazione non sono molte. Esse sono, sostanzialmente, tre: quella (Dpiù T) tra deuterio e trizio (che produce neutroni e nuclei di elio 4); quella (Dpiù D) tra nuclei di deuterio (che produce trizio, elio 3, protoni e neutroni), e infine quella tra elio 3 e deuterio (che produce elio 4 e protoni). Benché a qualche centinaio di milioni di gradi possano avvenire reazioni di fusione in tutte e tre le modalità sopra elencate, le temperature ottimali necessarie sono ben diverse per le tre reazioni, e quella richiesta dalla reazione Dpiù T è la più bassa. Perciò, senza dubbio, il primo reattore sperimentale sarà del tipo Dpiù T, quale che possa essere il sistema di confinamento usato per il plasma. L' uso «di routine», però, della miscela deuterio trizio comporterebbe parecchi svantaggi. Intanto il trizio, elemento radioattivo non esistente in natura, va generato e immagazzinato mediante ingombranti attrezzature. Inoltre, anche in assenza di ceneri radioattive di combustione (come nel caso della fissione), i neutroni generati dalla reazione Dpiù T provocherebbero danni e radioattività indotta nei materiali circostanti, quasi quanto avviene nei reattori a fissione oggi esistenti. Analoghe controindicazioni, poi, avrebbe la reazione Dpiù D (d' altra parte ben più difficile da realizzare della Dpiù T), fonte anch' essa di perniciosi flussi neutronici. Ben diverso, invece, è il caso della terza reazione sopra elencata quella tra deuterio ed elio 3. Di per sè priva di sottoprodotti dannosi, questa reazione comporterebbe solo la produzione dei neutroni della inevitabile (anche se largamente minoritaria) Dpiù D. Bruno Coppi ha da tempo proposto vari modelli di reattore, da costruire una volta raggiunto (come nel presente articolo diamo per scontato) il completo dominio della reazione Dpiù T. Nei reattori proposti da Coppi la fusione sarebbe sì innescata da una miscela Dpiù T, ma il trizio verrebbe gradualmente sostituito da elio 3. Le inevitabili reazioni Dpiù D potrebbero poi essere minimizzate con un processo detto di «polarizzazione» del plasma, ottenuto allineando lungo il campo magnetico (usato per confinare il plasma) gli assi magnetici (detti «di spin» ) delle particelle. Una volta realizzato con successo il «Convertor», ipotetico reattore mirante a mettere a punto le tecnologie necessarie all' uso della reazione deuterio più elio 3, occorrerà, ovviamente, risolvere il problema del rifornimento dell' elio 3: una sostanza che, sulla Terra, è estremamente rara. Per giungere a trattare questo aspetto fondamentale della questione, bisogna ricordare qui che l' uomo ha studiato e realizzato la reazione Dpiù T sin dal 1952, nella bomba H. Nell' arsenale di queste bombe il trizio, radioattivo, «decade» rapidamente, tanto da dover essere sostituito ogni pochi mesi. Ebbene: l' elio 3 è proprio un prodotto di decadimento del trizio, e potrebbe quindi essere ottenuto come sottoprodotto della manutenzione delle testate delle bombe H. Non essendo quest' ultima prospettiva particolarmente allettante, è ben comprensibile perché l' interesse nei confronti dell' elio 3 sia rimasto scarso così a lungo. La situazione è improvvisamente cambiata, però, nel 1988 quando i ricercatori dell' Università del Wisconsin, analizzando i campioni di roccia lunare riportati dagli astronauti americani, scoprirono che l' elio 3, emesso dal Sole e trasportato dal vento solare, è una componente non irrilevante del suolo del nostro satellite naturale. Da allora sia la Nasa, sia l' aviazione militare americana, hanno sfornato parecchi progetti miranti a sviluppare le tecnologie di estrazione, immagazzinamento e trasporto dell' elio 3 lunare, in vista delle sue applicazioni termonucleari. E' quindi possibile, e forse probabile, che, in un futuro non troppo remoto, astronautica ed energetica trovino un collegamento sino a poco tempo fa del tutto imprevedibile, con mutuo vantaggio, e con vantaggio, soprattutto, del nostro bagaglio di conoscenze in due campi tra loro apparentemente lontani della scienza e della tecnica Adriano Orefice Cnr, Milano, Istituto di fisica del plasma Enzo Bertolini, responsabile per l' Italia del laboratorio europeo Jet (Inghilterra), dove per la prima volta si è realizzata una fusione termonucleare controllata con rilevante liberazione di energia, su invito della Regione Valle d' Aosta riferirà venerdì a St Vincent (Hotel Billia, ore 17, 30) gli ultimi risultati delle ricerche.


CHE FARE DEI RIFIUTI Col Sole in laboratorio scorie radioattive ridotte ma non azzerate
Autore: GADIOLI ETTORE

ARGOMENTI: ENERGIA, ECOLOGIA, INQUINAMENTO, NUCLEARI
ORGANIZZAZIONI: ISPRA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 005

UNA delle grandi speranze dell' umanità è quella di poter disporre di una fonte pulita di energia nucleare. La speranza si basa sullo sviluppo di reattori a fusione in cui nuclei di deuterio e trizio fondono in nuclei di elio sviluppando un' energia che, a parità di masse interangenti, è più di 4 volte maggiore di quella sviluppata nella fissione dell' uranio. La fattibilità tecnica di questi reattori non è ancora dimostrata, ma sono stati costruiti prototipi che inducono a sperare che entro la prima metà del prossimo secolo tali reattori possano diventare operativi. Si potrà allora disporre di una fonte di energia con materie prime presenti in quantità praticamente illimitata e senza il rischio di eventi catastrofici che possano portare a un rilascio nell' atmosfera di ingenti quantità di radiazioni. Sono le ragioni che fanno chiamare pulita questa fonte di energia. E' bene però sottolineare che, nonostante gli innegabili vantaggi rispetto ai reattori a fissione, anche quelli a fusione produrranno scorie radioattive che dovranno poi essere confinate fino a che la loro radioattività non sia scesa a livelli non pericolosi. Queste scorie, con eccezione del trizio, non sono prodotte nel processo che porta alla produzione di energia, ma vengono prodotte quando i neutroni, creati in enorme numero durante la fusione, interagiscono con le pareti del reattore e con i materiali che lo costituiscono. La necessità di utilizzare materiali che minimizzino le quantità di sostanze radioattive prodotte ha dato origine a ricerche per la previsione dell' ammontare delle scorie radioattive prodotte nelle condizioni di funzionamento previste di un reattore a fusione. Accanto a queste ricerche si stanno definendo le norme di sicurezza, da adottarsi anche per i reattori a fissione, per decidere se il confinamento delle scorie radioattive prodotte possa avvenire in trincee o tumuli scavati a bassa profondità in terreni impermeabili all' acqua (depositi di bassa profondità ) o in depositi sotterranei permanenti situati a grande profondità che garantiscano il confinamento delle scorie per periodi di migliaia di anni senza che vengano in contatto con la falda acquifera. Non esiste una normativa internazionalmente accettata e quelle proposte dalle diverse nazioni sono diverse tra loro. Per fare un esempio, l' Inghilterra ha proposto limiti per l' attività (numero di decadimenti radioattivi per secondo per grammo di sostanza) delle scorie che possono essere poste in depositi di bassa profondità nettamente inferiori a quelli proposti dalla Francia che, a loro volta, sono più restrittivi di quelli proposti dagli Stati Uniti (pur con alcune eccezioni). Poiché il confinamento in depositi di bassa profonità (in contenitori di acciaio in cui le scorie vengono mescolate con cemento) è enormemente meno costoso di quello in depositi sotterranei di grande profondità, la cui localizzazione e costruzione richiede decine di anni, una normativa meno stringente riduce il costo globale di smantellamento e confinamento di un reattore a fusione al termine del suo ciclo di funzionamento e delle parti del reattore e dei materiali attivati che debbono venir sostituiti ogni due tre settimane di funzionamento. Uno studio dell' ammontare e della tossicità delle scorie radioattive prodotte nelle leghe di acciaio con cui sono costruite molte componenti di un reattore è stato fatto da ricercatori del centro di Ispra. Il risultato può essere espresso indicando la percentuale massima permessa di un dato elemento in una lega di acciaio affinché la tossicità delle scorie prodotte quando l' acciaio viene irraggiato per un periodo di due anni e mezzo non sia tale da richiedere il confinamento in depositi di grande profondità. Anche utilizzando le normative americane, le meno restrittive, gran parte delle scorie prodotte richiederà il confinamento in depositi sotterranei profondi. La quantità di scorie potrà essere ridotta sviluppando acciai in cui alcuni elementi oggi utilizzati siano sostituiti da altri di minor tossicità ma con le caratteristiche meccaniche richieste (carbonio al posto di azoto, manganese al posto del nickel, tungsteno al posto del molibdeno e vanadio al posto di niobio). Malgrado ciò non è pessimistico stimare che circa il 20 per cento dei componenti in acciaio di un reattore a fusione che vanno periodicamente smantellati e confinati hanno globalmente una massa di circa 7000 tonnellate e un volume di 900 metri cubi (fino a 2000 metri cubi quando le scorie vengano mescolate con cemento per il confinamento). E ciò richiede depositi sotterranei di grande profondità. Ettore Gadioli Università di Milano


PROTESI AL BANDO Amara bellezza al silicone Ma il cancro è un rischio remoto
Autore: VERNA MARINA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 005

E' allarme o allarmismo? I seni al silicone, messi al bando negli Stati Uniti, in Italia non sollevano particolari timori. Almeno quelli a parete liscia, ripieni di gel. Più negativo invece il giudizio su quelli al poliuretano identico contenuto, ma pareti zigrinate che infatti sono usati molto raramente. Non tanto per quella migrazione di microgocce di silicone che sembrano finire nei tessuti circostanti (e, secondo le denunce americane, avrebbero raggiunto anche il fegato) quanto per la difficoltà a estrarli, caso mai lo si dovesse fare. Intorno a ogni corpo estraneo inserito nell' organismo si forma infatti, per reazione, una cicatrice: la cap sula. Se per qualche ragione la protesi va tolta, basta una piccola incisione per far scivolare fuori la protesi a parete liscia, mentre il poliuretano forma aderenze fibrose con la capsula La chirurgia plastica utilizza i seni al silicone dal 1963: per problemi estetici, ma soprattutto per la ricostruzione dopo la mastectomia per tumore. In questi casi, se problemi ci sono stati, non sono dipesi dalla qualità della protesi ma da un' intolleranza dell' organismo malato. Che piccole gocce possano trasudare dalla protesi e vagare per il corpo è noto da tempo. In genere, però, la capsula impedisce al gel di uscire e solo un trauma grave, lacerandola, lo farà infiltrare nei tessuti. Ora la ditta americana che fabbrica le protesi al poliuretano, piegata dai tanti processi, ha spontaneamente chiuso i battenti. I produttori di protesi a parete liscia invece non si arrendono, tanto più che gli avvocati americani hanno fama di attaccabrighe a proposito e sproposito spesso istigando donne litigiose e insoddisfatte del loro aspetto a citare in giudizio per «malpractice» (cura sbagliata ) il chirurgo estetico o la casa produttrice delle protesi. Se il silicone si rivelerà davvero cancerogeno per l' organismo, tutta la chirurgia plastica dovrà essere ripensata. Infatti viene usato per gli innesti nel naso a sella, i menti mancanti, i padiglioni dell' orecchio, la ricostruzione della mano si fanno addirittura le articolazioni. I chirurghi però non sembrano in ansia: le loro casistiche sono rassicuranti. Per scrupolo, comunque, il reparto di chirurgia plastica dell' Ospedale Cto di Torino sta cercando di rintracciare tutte le pazienti con seni al silicone per una serie di controlli immunologici che tolgano ogni paura. Marina Verna


VULCANOLOGIA Un computer sorveglia l' Etna Simulati all' università di Pisa i percorsi delle colate laviche E' stata ipotizzata l' apertura di bocche a bassa quota Tre abitati potrebbero essere raggiunti in due giorni
Autore: RUSSO SALVATORE

ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA, VULCANO, INFORMATICA, TECNOLOGIA
NOMI: BARBERI FRANCO
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C
NOTE: 006

L' ERUZIONE dell' Etna è stata seguita da Franco Barberi, uno dei più attenti studiosi del vulcano, non in diretta dal cratere, ma da un osservatorio ancor più privilegiato e tuttavia distante quasi 1000 chilometri: il Dipartimento di scienze della terra dell' università di Pisa. Qui si trova infatti la memoria artificiale del cratere: un archivio di dati su morfologia e caratteristiche della montagna di fuoco, che durante l' eruzione è stato quotidianamente consultato e aggiornato con le ultime informazioni raccolte sul posto. Per quale motivo? Lo scopo era simulare la fuoruscita del magma e individuare in anticipo il cammino dei bracci di lava verso i centri abitati. Il magazzino di dati computerizzati è servito anche per scegliere le contromisure più idonee. Il terrapieno di sbarramento, creato per rallentare la discesa del magma verso Zafferana, nel momento in cui è stato proposto era già inserito, come variabile, negli elaboratori di Pisa. E solo dopo la risposta positiva dei computer è iniziata la sua costruzione. «La conferma sulla scelta fatta spiega Franco Barberi ci è stata data via fax. Così abbiamo potuto studiare l' impatto della lava sull' argine e le sue eventuali conseguenze». La simulazione a computer ha consentito inoltre la stima dei tempi necessari all' evacuazione dei paesi alle pendici del vulcano e l' organizzazione dei piani di emergenza. Per individuare il tragitto più probabile della lava sono state fatte più di 500 mila simulazioni, corrispondenti a tutti i diversi percorsi e pendii del vulcano. Con l' elaborazione automatica è stata tra l' altro anticipata la formazione del braccio lavico settentrionale che avrebbe poi aggirato l' ostacolo di Monte Calanna. Le prime informazioni inserite nel modello matematico dell' Etna si riferiscono all' apertura delle bocche nella parte settentrionale della Valle del Bove. Poi, la misurazione del flusso di lava, con la velocità d' uscita e quella di ricaduta sino a valle. «In questo caso spiega ancora il professor Barberi ci sono stati errori di valutazione, visto che la velocità stimata inizialmente, pari a 25 metri cubi il secondo, è salita in realtà a 30». La ricostruzione mediante modello ha consentito soprattutto di riprodurre lo scenario più sfavorevole: la nascita di una fonte effusiva a bassa quota. I dati inseriti nel computer hanno consentito di ipotizzare una frattura sul versante meridionale, lì dove già nel 1989 si era creata una bocca, a quota 1500 metri. La risposta degli elaboratori pisani è arrivata nel giro di pochissime ore: con la fuoruscita di magma sul lato Sud e a livelli altimetrici ridotti la lava raggiungerebbe i paesi di Tarderia, Pedara e Trecastagni in due giorni. Salvatore Russo


ECOLOGIA L' automobile è riciclabile Tutte le industrie costruttrici si attrezzano per il recupero delle vecchie vetture «Miniere» di acciaio, riserve di vetro e gomma che fino a ieri andavano sprecati
Autore: PAVAN STEFANO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, TRASPORTI, AUTO, INQUINAMENTO
ORGANIZZAZIONI: FIAT, EUREKA, RECAP
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D Le parti riciclabili
NOTE: 006

SONO circa cento anni che l' automobile si è affermata. Ormai di automobili ce ne sono tante che a fatica risolvono il problema della mobilità e sono diventate esse stesse un problema da esaminare attentamente a tutela dell' ambiente. E' quanto si sta facendo un po' in tutta Europa coinvolgendo costruttori, operatori del settore ed istituzioni pubbliche. In Italia la Fiat ha addirittura creato una direzione specifica solo per i problemi di riciclaggio e il 20 novembre 1991 ha presentato un sistema che dovrebbe portare al recupero del 100 per 100 di tutti i materiali usati nella costruzione dell' auto. Un impianto sperimentale è già stato costruito nel comprensorio di Mirafiori. In Francia, a St Pierre de Chandieu, è entrata in funzione una «linea di smontaggio» della Citroen che consente il recupero quasi totale dei componenti dell' autoveicolo. Quattro persone, lavorando otto ore al giorno, smontano una vettura ogni 30 minuti, cioè circa 3500 vetture l' anno. Appena la carcassa arriva, prima ancora di entrare nello stabilimento, passa per le «stazioni ecologiche» dove viene «disinquinata» vuotando tutti i vari serbatoi di liquidi: carburante, liquido dei freni, olio motore. Viene inoltre smontata e messa da parte la batteria. Tutti i fluidi, raccolti in cisterne separate, vengono quindi rigenerati. Si passa quindi all' attacco delle schiume di poliuretano che rivestono i sedili. Si procede a tagliarle secondo un piano standard e quindi ad immagazzinare i ritagli, che vengono triturati e trattati in modo da essere riutilizzabili come componenti di base. Sono componenti importanti che rappresentano circa il 20% del volume di materiale recuperabile I pneumatici non vengono certo trascurati; quelli che lo consentono vengono recuperati, ricoperti e immessi sul mercato dei ricambi con garanzia del costruttore. La stessa sorte subiscono altre parti «nobili» come il cambio, l' alternatore ed il motorino di avviamento. Restano i componenti di plastica ed i cristalli. Paraurti, protezioni laterali, copriruota, e vetri laterali sono in genere triturati e riutilizzati dall' industria del vetro o edilizia. Non prima di aver messo da parte i cristalli utilizzabili così come sono. La materia prima non manca. In Europa ogni anno vengono tolte dalla circolazione 12 milioni di autovetture e il procedimento di recupero consente di ricavare 600 chilogrammi di acciaio e ghisa ed 80 chilogrammi di altri materiali. Quantitativi tutt' altro che trascurabili, come ha già dimostrato il progetto «Fenice» della Fiat e certamente verrà confermato dallo stabilimento di recupero di Mirafiori. Secondo il programma Eureka «Recap», al quale partecipa anche la Fiat, entro il 1994 si dovrebbe arrivare a produrre vetture interamente riciclabili. I vari componenti verrebbero tutti marcati in modo da facilitare identificazione e selezione e si ridurrebbe notevolmente il numero dei tipi di plastiche utilizzate nel processo di fabbricazione in modo da facilitare le operazioni di cernita e diminuire i tipi di processo necessari al riciclaggio. Il bello di tutta l' operazione è che, forse per la prima volta, collaborano tutti i più importanti costruttori europei, con un atteggiamento completamente nuovo per un ambiente altamente competitivo come è quello della produzione di automobili. Forse l' Europa sta veramente nascendo. Stefano Pavan


NUOVA COMETA Ecco la Zanotta Brewington scoperta da un italiano alla vigilia di Natale
Autore: BARONI SANDRO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
PERSONE: ZANOTTA VITTORIO
NOMI: ZANOTTA VITTORIO
LUOGHI: ITALIA, LAINO
NOTE: 006

DOPO la scoperta della cometa Honda Bernasconi nel 1948, nessun italiano è riuscito a individuare visualmente una nuova cometa, dandole così il proprio nome, fino al 23 dicembre 1991, quando alle 19 e 15 minuti il milanese Vittorio Zanotta ha scoperto una cometa da Laino, un paesino in Val d' Intelvi a 800 metri di quota tra i laghi di Lugano e di Como. Vittorio Zanotta era già riuscito a scoprire ben due comete, ma sempre un po' in ritardo per poter attribuire ad esse il proprio nome; una nel 1989, la Aaarseth Brewington, e l' altra nel 1990, la Tsuchiya Kiuchi. Nella circolare dell' International Astronomical Union numero 5412 la nostra cometa è chiamata 1991 g 1 (la 33 cometa scoperta nel 1991) Zanotta Brewington. Nella circolare sono riportate le prime due osservazioni in assoluto di Zanotta, poi la conferma di D. H. Levy (proprio quello della cometa Levy, vedere Tuttoscienze, 11 luglio 1990) sicuramente incaricato da Marsden della verifica, poi quella di H. J. Brewington, statunitense, secondo scopritore; seguono ben quattro posizioni astrometriche del giapponese T. Kojima, che sono servite per calcolare l' orbita della cometa Zanotta Brewington. Per scoprire questa cometa e quelle del 1989 e 1990, Vittorio Zanotta ha impiegato 228 ore di osservazione con un telescopio riflettore appositamente costruito, dall' obiettivo di 15 centimetri, usato a 25 ingrandimenti. Sandro Baroni Planetario di Milano


VISSE SUL LAGO MAGGIORE Verbania ricorda Riemann il matematico che aprì la strada alla relatività
AUTORE: SPIGLER RENATO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, MATEMATICA
PERSONE: RIEMANN GEORG FRIEDRICH BERNHARD
NOMI: RIEMANN GEORG FRIEDRICH BERNHARD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

IL grande matematico Georg Friedrich Bernhard Riemann morì nel 1866 a soli 39 anni a Selasca, sul lago Maggiore: un anniversario che l' estate scorsa è stato ricordato a Verbania con un convegno. L' iniziativa ha ora un seguito con il bando dei «Premi Riemann 1992» dotati di una sezione internazionale per laureati e per chi ha conseguito il dottorato e di una sezione nazionale riservata a studenti dei distretti di Domodossola, Omegna e Verbania (per informazioni ci si può rivolgere all' assessorato alla cultura di Verbania). Nato nel 1826, Riemann è ritenuto un «matematico puro » per i suoi contributi alla geometria, all' analisi, alla teoria dei numeri (cioè all' aritmetica considerata da un punto di vista superiore). In realtà egli dedicò tanto tempo alla matematica quanto alla fisica. A Gottingen, dove seguì la parte più significativa dei suoi studi universitari, fu molto vicino al celebre fisico Wilhelm Weber, prima come allievo e poi come assistente, oltre che come amico. Anzi, Riemann lavorò nel laboratorio di Weber, conducendovi esperimenti, e ritardò persino la discussione della laurea perché impegnato con questioni di fisica e interpretazione di esperimenti. Più tardi cercò di spiegare teoricamente il fenomeno della carica residua nelle «bottiglie di Leyda» (i condensatori cilindrici che si vedono nei laboratori di fisica dei licei), la propagazione dell' elettricità nei mezzi non conduttori, la teoria degli anelli colorati di Nobili. Forse guidato da concezioni estetiche, Riemann mirava a unificare le varie teorie fisiche in una teoria onnicomprensiva. E' chiaro che in quest' operazione propendeva per la Teoria del campo (ma va ricordato che c' era stato Newton a sostenerla, oltre un secolo prima), in contrapposizione con il principio dell' azione a distanza, anche se egli riteneva necessaria l' esistenza dell' «etere», concetto oggi abbandonato, per trasmettere l' effetto del campo. Il suo programma di geometrizzazione della fisica, consistente nel ridurre ogni fenomeno fisico a modificazioni geometriche dello spazio, precorre quello di Einstein, cui fornì strumenti matematici senza i quali la teoria della relatività generale difficilmente avrebbe potuto essere formulata. Riemann comprese perfettamente che per lo spazio reale non si poteva proporre un modello euclideo, se si volevano spiegare certi fenomeni. Egli concepì e usò l' idea di «spazio curvo», curvo nel senso che la distanza più breve tra due punti non può essere valutata sulla linea retta che li congiunge: il percorso più breve tra essi è infatti quello percorso da un raggio di luce trasmesso dall' uno all' altro punto, e la traiettoria della luce (la geodetica) è incurvata dai campi gravitazionali, dunque dalla materia, come oggi accettiamo sulla base della teoria della relatività e delle osservazioni sperimentali. Quando Riemann cominciò i suoi studi universitari a Gottingen, questa non era una Università particolarmente apprezzata. Gottingen era sì l' università di Gauss, che ormai era ritenuto il più grande matematico vivente, ma un solo individuo, per quanto eccezionale, non è mai stato sufficiente a creare una scuola, come ben si vede anche oggi in alcune istituzioni esistenti. Per questo motivo Riemann si recò per due anni a Berlino, dove poté trovare un gruppo di matematici di fama, come Jacobi, Steiner, Eisenstein, e soprattutto Dirichlet. Poi tornò a Gottingen per completare i suoi studi seguendo i corsi di fisica sperimentale di Weber e quelli di filosofia di Herbart, e discutendo con Gauss. Dopo Riemann la matematica non fu più la stessa, Gottingen divenne l' università di Gauss e di Riemann, e iniziò lì una fioritura che, ad opera di Felix Klein (matematico puro che però fondò la prima associazione di matematica applicata), di David Hilbert e di Richard Courant, doveva portare al più fantastico concentramento di matematici e di fisici teorici dell' anteguerra. L' effetto non terminò con l' estromissione e la fuga di molti a causa del nazismo, ma si propagò generando una seconda fioritura quando Richard Courant, esule a New York, riuscì a costruire, con Kurt Otto Friedrichs e Fritz John (entrambi da Gottingen), e con James Stoker, una scuola di matematica applicata moderna negli Stati Uniti. Anche questa è l' eredità di Riemann. Renato Spigler Università di Padova


SCAFFALE Cosgrove Brian: «La meteorologia», De Agostini; Walpole Brenda: «Aria», «Luce», De Agostini
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: METEOROLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

CHE tempo farà domani? La tv, con tanti epigoni del colonnello Bernacca, ormai ci ha reso familiare la meteorologia. Eppure sappiamo ancora poco dei meccanismi del clima, e sono rari i libri davvero semplici su questa scienza che ormai si avvale di enormi computer e di raffinatissimi modelli matematici. Questo, che De Agostini ha tradotto dall' inglese, è l' ideale per una prima informazione. I testi sono brevi, molte le illustrazioni; ma i concetti essenziali ci sono tutti. E c' è anche un capitoletto sulla stazione meteorologica domestica: per passare dalla teoria alla pratica. Adatto ai ragazzi in età da scuola media. Per ragazzini delle elementari sono invece da segnalare i volumetti «Luce» e «Aria», che presentano molti semplici esperimenti. Così con le nozioni scientifiche, si trasmette anche il metodo della ricerca. Il che è ancora più importante.


SCAFFALE Pais Abraham: «Niels Bohr' s Times», Clarendon Press
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, LIBRI
NOMI: BOHR NIELS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

Speriamo che una sollecita traduzione ce la porti presto in Italia, ma intanto incominciamo a segnalare questa fondamentale biografia del fisico Niels Bohr scritta da Abraham Pais, già ben noto anche da noi per la biografia scientifica di Einstein edita da Bollati Boringhieri. Come Einstein, Bohr è un pilastro della rivoluzione scientifica del nostro secolo: la sua «interpretazione di Copenaghen» della meccanica quantistica ha tenuto e tiene il campo da decenni, con le sue sottili e irrisolte implicazioni filosofiche oltre che scientifiche. In più, Pais, sempre più attento alle idee che alle vicende esteriori, in questa monumentale biografia tiene anche presente il fondale politico sul quale maturano e si dibattono le questioni, tanto da tracciare un complesso e articolato quadro storico che abbraccia quasi un secolo di progresso scientifico filosofico.


SCAFFALE Taylor David: «Il libro completo del cane», De Agostini
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 006

Tutto ciò che dovreste sapere sul cane in un libro molto illustrato di David Taylor, un veterinario inglese che dà la sua consulenza a giardini zoologici di mezzo mondo. Un centinaio le razze illustrate incluse quelle selezionate più recentemente o da poco introdotte in Italia. Ma ci sono anche gli aspetti comportamentali e quelli che riguardano la convivenza con l' uomo. Sempre di Taylor, De Agostini aveva già pubblicato un libro gemello di questo dedicato al gatto (196 pagine, 45 mila lire).


I BABBUINI DELL' ETIOPIA Gelada, maestre d' inganni Le femmine, proprietà esclusiva del maschio adulto, fingono e mentono per accoppiarsi con i giovani celibi
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

IN certi casi la gente ha strane convinzioni. E' convinta, per esempio, che le foche vivano soltanto nei mari freddi e si stupisce quando sente dire che alcune prosperano nelle acque delle Galapagos in pieno equatore. Allo stesso modo si abbina di solito l' idea delle scimmie con quella delle foreste tropicali, mentre ci sono i macachi che vivono nelle isole nipponiche più settentrionali, dove la neve è di casa. E altre scimmie, come i babbuini gelada, che vivono sulle più alte montagne d' Etiopia, fra i tremila e i quattromila metri, dove non fa certo caldo. Ed è proprio dei gelada che vogliamo parlare oggi. Queste scimmie amanti del freddo hanno sul petto una zona nuda di pelle rosa confetto, che diventa di un rosso scarlatto acceso quando l' animale è eccitato. Nella femmina le natiche si fanno di un rosso intenso durante l' estro. Ma nell' erba alta della savana quel chiaro segnale che dice ai maschi «Sono entrata nel periodo fecondo» non potrebbe venir recepito se non vi facesse riscontro l' intensificarsi della macchia rossa sul petto, che emerge dalla vegetazione ed è chiaramente visibile a distanza. Che il gelada sia diverso da tutti gli altri babbuini lo dimostra il fatto che gli studiosi non sono d' accordo sulla sua origine filogenetica. C' è chi lo ritiene disceso da un ramo secondario dei macachi e chi invece lo considera parente stretto dei cercopitechi. Comunque stiano le cose, si tratta di scimmie particolarissime, che oggi si trovano in natura soltanto sull' altopiano etiopico, dal confine con l' Eritrea fino alla regione di Addis Abeba. Purtroppo non si può dire che sia garantita la loro sopravvivenza. Li minaccia soprattutto il graduale estendersi delle aree coltivate in un Paese come l' Etiopia che ha un bisogno disperato di cibo. Come gli altri babbuini, anche i gelada, quando possono, fanno irruzione nelle piantagioni e non c' è quindi da meravigliarsi che i coloni li uccidano senza pietà, considerandoli un vero e proprio flagello. Eppure, i pochi zoologi che si sono avventurati nelle alte montagne dove vivono, hanno potuto rendersi conto della straordinaria vita sociale di queste scimmie così poco conosciute. E' stato appunto il desiderio di poterne studiare più a fondo il comportamento che ha spinto lo zoo del Bronx di New York ad attuare un ambizioso progetto: creare per i gelada una riserva in una vasta area che riproducesse il più fedelmente possibile l' habitat originario della specie. E oggi il nucleo del Bronx Zoo, che comprende diciotto esemplari, è la più ampia raccolta di gelada in cattività. Amalgamare animali estranei non è stato un compito facile, perché i gelada sono come gli uomini: occorre del tempo prima che gli individui familiarizzino tra loro e divengano amici. Alla fine però anche i gelada che sembravano i più riluttanti a socializzare, e dapprincipio guardavano con diffidenza i compagni sconosciuti, a poco a poco si abituavano alla loro presenza e incominciavano a comunicare con loro. Si è scoperto che queste singolari scimmie posseggono un vocabolario composto di almeno 25 differenti richiami vocali, che trasmettono ai compagni altrettanti messaggi, di cui noi non riusciamo ancora a decifrare il significato. A questi si deve aggiungere tutta una gamma di espressioni facciali e gestuali, che possiamo interpretare solo in parte. Quando un individuo è in collera, dimostra efficacemente il suo stato d' animo guardando fisso l' avversario con le sopracciglia sollevate: quella fissità dello sguardo equivale a una sfida e fa risplendere le palpebre chiare, che contrastano in modo netto con il viso nero. Oppure solleva il labbro superiore, scoprendone la parte interna rosa pallido e mettendo in bella evidenza i giganteschi canini. E' un avvertimento eloquente rivolto ai nemici. Particolarmente imponenti sono i maschi, molto più grossi e più forti delle femmine. Vige il regime della poligamia, come tra i babbuini. Il maschio adulto si accaparra cinque o sei femmine e le considera proprietà privata, mettendo in difficoltà, come sempre succede nelle specie sociali in cui si stabilisce una scala gerarchica, i maschi giovani. Questi, non potendo competere con i padroni degli harem, cercano di cavarsela ricorrendo all' astuzia. Così, approfittando di un momento di distrazione del sultano, acchiappano una femmina dell' harem e si accoppiano con lei, sempre che sia consenziente. Gli studiosi hanno osservato episodi particolarmente significativi al riguardo. Robin Dunbar ha visto una femmina di gelada nascondersi dietro un cespuglio per non farsi vedere dal suo padrone e signore e soffocare le urla postcopulatorie che normalmente emette quando si accoppia con il sultano. Lo zoologo svizzero Hans Kummer ha visto invece una gelada femmina gestire una relazione illecita con un maschio giovane. Anche in questo caso, i due si celavano dietro un cespuglio per non farsi vedere dal sultano. Senonché, tra un accoppiamento e l' altro, l' adultera usciva dal suo nascondiglio, si avvicinava con mille moine al legittimo sposo e gli faceva un po' di grooming per tenerselo buono e dissipare in lui ogni sospetto. Dopo di che, quatta quatta, ritornava dietro il cespuglio e continuava il rapporto interrotto con l' amante. Isabella Lattes Coifmann


RINOCERONTI Rinunciano al corno pur di vivere
Autore: BASSI PIA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
NOMI: TATHAN GLEN
ORGANIZZAZIONI: OPERAZIONE STRONGHOLD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

SOS per i rinoceronti africani, che nel 1970 erano 65 mila e ora soltanto tremila. Glenn Tathan, ufficiale comandante del Dipartimento dei parchi nazionali dello Zimbabwe, è venuto per la seconda volta in Italia a promuovere l' Operazione Stronghold, che intende sensibilizzare l' opinione pubblica sullo sterminio perpetrato dai bracconieri che uccidono i rinoceronti per depredarli del corno, venduto sui mercati arabi per ricavarne il pugnale rituale jamblia e sui mercati orientali per estrarne una polvere febbrifuga e afrodisiaca. Una equipe di biologi sta studiando la composizione chimica del corno, per la maggior parte cheratina. Nel caso venisse trovata la sostanza febbrifuga, della cui esistenza sono convinti i cinesi, essa potrà essere prodotta sinteticamente. Denuncia Glenn Tathan: «Non esistono più comunità di rinoceronti integre, neppure quelle che con molta fatica e dispendio di denaro abbiamo trasferito a mille chilometri di distanza dalla bassa valle dello Zambesi. Qui tra l' 84 e il ' 91 i bracconieri, armati di Kalashnikov, hanno abbattuto 616 capi accertati. E' guerra fra i ranger e i bracconieri, ci sono già stati 117 scontri a fuoco». Anche nel parco Hwange, ritenuto fino a poco tempo fa il più sicuro, sono state trovate carcasse mutilate di giovani rinoceronti neri. Per fare desistere i bracconieri dai loro propositi, 59 rinoceronti bianchi (Ceratotherium simum) sono stati privati del loro corno, tagliato sotto anestesia in prossimità della parte germinale. Il corno ricresce normalmente nel giro di tre anni e dunque solo allora si saprà se la menomazione ha influenzato negativamente la riproduzione e la difesa del territorio. Se i rinoceronti non avranno risentito dell' amputazione e la crescita del nuovo corno sarà stata regolare, tutti gli esemplari del parco verranno sistematicamente privati del corno. Il Dipartimento nazionale dei parchi dello Zimbabwe potrà allora immettere legalmente sul mercato i corni, traendone profitti da investire nei parchi e da suddividere fra le popolazioni dei villaggi, coinvolgendoli così nella difesa del proprio territorio e della fauna selvatica. Pia Bassi


LABORATORIO Figli di ricambio Ancora sull' ipotesi di eutanasia di neonati con gravi malformazioni Le contraddizioni del filosofo Peter Singer sul «diritto all' infanticidio»
Autore: BATTAGLIA LUISELLA

ARGOMENTI: BIOETICA, HANDICAP
NOMI: BECCHI PAOLO, SINGER PETER
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

L' INTERVENTO di Paolo Becchi, Eutanasia per neonati deformi ( «Tuttoscienze» dell' 11 dicembre) solleva, al di là degli eccessi polemici, talune questioni su cui la bioetica laica è chiamata a riflettere con la massima sollecitudine. Io non condivido nè le critiche rivolte al filosofo Peter Singer di resuscitare i fantasmi della sperimentazione nazista sugli esseri umani nè, tanto meno, le azioni di censura intese a limitare la libertà di pensiero e di ricerca. La solidarietà nei confronti di Singer non può, tuttavia, esimerci da un attento esame critico delle sue posizioni. Credo, infatti, che sia non solo legittimo ma doveroso interrogarsi sulla sostenibilità di talune tesi da lui esposte in Etica pratica (ed. Liguori). Per brevità, mi limiterò a rapidi accenni relativi alla tesi per cui «tra un feto sviluppato e un neonato non v' è una distinzione morale cruciale» in quanto il momento della nascita non segna «una differenza moralmente significativa» e all' «onesta proposta», che ne deriva, di considerare i neonati malformati come sostituibili. «Attualmente scrive Singer i genitori possono scegliere se conservare o distruggere la loro discendenza con malformazioni solamente se si riesce a individuare la malformazione durante la gravidanza. Non v' è nessuna ragione logica per restringere la scelta dei genitori a queste anomalie particolari (... ). Se neonati con malformazioni non fossero considerati come aventi diritto alla vita fino a, diciamo, una settimana o un mese dopo la nascita, ciò ci permetterebbe di fare la nostra scelta sulla base di una conoscenza dello stato del neonato molto maggiore di quella possibile prima della nascita». Singer, com' è noto, collega strettamente la condanna dell' infanticidio alla dottrina della sacralità della vita professata dal cristianesimo. Questo collegamento non mi pare tuttavia così stretto, nè ritengo necessario aderire alla dottrina della sacralità della vita per respingere l' infanticidio. E' sufficiente un' etica del rispetto dell' individuo inteso come persona sociale persona che è più del mero individuo fisico e non coincide mai con quest' ultimo. Essa è il centro di una rete di rapporti, bilaterali ma anche unilaterali, che sorgono e si mantengono, in larga misura, indipendentemente dalle sue capacità. Sotto questo profilo è irrilevante che il neonato, come ricorda Singer, non sia un essere autonomo, capace di scelte. Il limite grave di questo approccio è la sua astrattezza analitica, il considerare gli individui come atomi isolati, privi di ogni rapporto sociale, ciascuno proteso a massimizzare la sua quota di felicità, a minimizzare la sua quota di sofferenza e ad applicare agli altri i risultati di questa aritmetica sommaria. «L' infanticidio rileva ancora Singer è stato praticato in società che vanno geograficamente da Tahiti alla Groenlandia (... ). Potremmo forse pensare di essere più civili di questi popoli " primitivi". Ma non è facile credere di essere più civili dei migliori moralisti greci o romani. (... ) Non erano solo gli spartani a esporre i loro bambini sulla cima di una collina: anche Platone e Aristotele raccomandavano che lo Stato disponesse l' uccisione di bambini deformi». Si potrebbe ricordare, però, che Aristotele e Platone credevano anche nell' ineguaglianza degli uomini e, in particolare, ritenevano che fossero diversi, per natura, il libero e lo schiavo, l' uomo e la donna. Dovremmo, perciò, rivedere le nostre idee in materia data l' autorità di tali filosofi? E' quanto meno sconcertante l' uso di un argomento di autorità da parte di uno studioso che si batte contro tutte le forme di pregiudizio razzismo, sessismo, specismo in nome di una nuova e rivoluzionaria visione del mondo. Luisella Battaglia Università di Genova


ACCIUGHE AL VERME Pesce crudo, una raffinatezza che qualcuno paga con un brutto mal di pancia
Autore: BUONCRISTIANI ANNA

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007. Anisakis

POCHI giorni fa alcuni vermi trovati all' interno di acciughe vendute in Liguria hanno improvvisamente portato alla ribalta un problema che in realtà, per gli esperti, non è affatto nuovo. Si tratta di vermi cilindrici color avorio e lunghi sui due centimetri appartengono al genere Anisakis e vivono da adulti nell' intestino di foche, delfini e balene, che con le feci emettono le loro uova. Nell' acqua del mare queste si schiudono e ne escono larve che infestano minuscoli crostacei del plancton. Quando molluschi o pesci si cibano di tali organismi, assumono anche le larve. I mammiferi marini, mangiando gli animali che le contengono, si infestano. Accidentalmente, però, si può ammalare anche l' uomo, se ingerisce crudo un pesce con larve. Si possono così produrre danni gastrici e intestinali, nausea, vomito, dolori, diarrea e sangue nelle feci; tutto ciò spesso fa diagnosticare erroneamente ulcere, appendiciti o cancri. Per fortuna, però, i vermi spesso muoiono nello stomaco, oppure vengono espulsi con un colpo di tosse o un conato di vomito, causando solo stupore e ribrezzo. I medici sono ancora in gran parte ignari dell' insidia rappresentata dall' Anisakis sebbene già nel lontano 1955, in Olanda, una patologia gastrointestinale fosse stata messa in relazione con l' ingestione di pesce crudo. Da allora sono stati riscontrati molti casi in Giappone e nel Nord Europa. La malattia non è presente, infatti, nei Paesi in cui prevale la tradizione di cuocere bene il pesce, come da noi. L' abitudine di mangiare il pesce crudo, che anche in Italia sta prendendo sempre più piede, pur essendo una raffinatezza gastronomica, ci espone ai pericoli suddetti. A parte alcune ricette orientali, pesci di piccola o media taglia, come aringhe, sardine, acciughe, sono talvolta consumati in preparazioni senza cottura che non garantiscono nulla: piatti come le classiche «acciughe alla povera», tenute in genere soltanto poche ore nell' agro di limone, rappresentano un rischio notevole. Una caratteristica delle larve di Anisakis è quella di migrare dai visceri ai muscoli del pesce dopo la morte di quest' ultimo, per cui non basta vuotare le pance in cucina per evitare di infestarsi. Pesci parassitizzati si trovano non solo nell' Atlantico e nel Pacifico, ma anche nel Mediterraneo, come è ben noto a chi segue la letteratura scientifica specializzata. Tanto per fare un esempio, oltre il 90 per cento dei pesci sciabola pescati sui fondali sabbiosi del Mar Ligure risulta infestato. Non è raro che anche la semplice massaia, come è successo a Rapallo, trovi i vermi pulendo il pesce fresco. Appunto per questo i pescatori, nell' intento di evitare il disgusto degli acquirenti, sono soliti eliminare già a bordo dei pescherecci i visceri dei pesci più soggetti e scaricarli in mare. Questo uso va condannato, perché non fa altro che incrementare la quantità di larve presenti nelle acque. Segnalati questi pericoli, non è tuttavia il caso di lanciare allarmi eccessivi: il pesce è un ottimo alimento e chi lo consuma ben cotto non corre alcun pericolo. Anche il congelamento a 20 sotto zero per almeno 24 48 ore uccide i parassiti. Anna Buoncristiani


SPACCATO DI UNA POMPA AUTOMATICA Il robot benzinaio Un concentrato di meccanica di precisione, elettrotecnica ed elettronica Grazie a un raggio di luce e a un computer pronto il conto in tempo reale
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D
NOTE: 008

LE pompe di benzina sono ormai un aspetto insostituibile del paesaggio, elementi cui siamo così abituati che diamo per scontato il loro perfetto funzionamento senza domandarci mai, per esempio, che cosa ci sia dentro il loro involucro metallico e quali meccanismi ne regolino le funzioni. In realtà ci troviamo di fronte ad un piccolo capolavoro di tecnologia al quale concorrono meccanica, elettrotecnica ed elettronica. I componenti meccanici portano il carburante dalle vasche sotterranee all' erogatore infilato nel serbatorio della vettura, mentre i componenti elettrici ed elettronici controllano e misurano la quantità erogata. Per selezionare il tipi di carburante (benzina normale, super, benzina senza piombo, miscela, gasolio) basta premere il bottone corrispondente. Estraendo la «pistola» dal supporto si invia un segnale alla centralina di controllo che dà il via libera all' erogazione mentre un motore elettrico mette in movimento la pompa che aspira il carburante. Nella pompa vi è una camera di separazione che elimina eventuali cellule di aria o di vapore che potrebbero essersi formate nel corso del pompaggio del liquido ad alta pressione. Il carburante esce dalla camera di separazione attraverso una valvola posta sul fondo e passa attraverso il misuratore. Questo è composto di quattro pistoni ciascuno nel suo cilindro. Entrando in uno dei cilindri grazie alla sua pressione il carburante fa muovere il pistone; il movimento del pistone costringe il carburante a entrare attraverso una valvola nel cilindro attiguo e fa quindi muovere il pistone relativo. Il movimento alternato dei pistoni fa ruotare un alberino e un generatore di impulsi ottici collegato all' alberino stesso trasforma il movimento rotatorio di questo in impulsi elettronici che dicono al computer della pompa quanto carburante viene erogato. Il generatore di impulsi consiste in un disco fissato all' alberino; ruotando per effetto del passaggio del carburante il disco interrompe un raggio di luce a intervalli predeterminati, che corrispondono al passaggio di 2 centimetri cubi di carburante. Il raggio di luce intermittente costituisce quindi un segnale diretto al computer il quale calcola la quantità di carburante erogata, la moltiplica istante per istante per il prezzo unitario e ricava il totale da pagare. Tutti questi dati vengono inviati per così dire «in tempo reale», cioè a mano a mano che il carburante entra nel serbatorio dell' auto, a un visualizzatore posto al disopra della pompa.


CHI SA RISPONDERE?
NOTE: 008

& Un uovo sta cuocendo in una pentola con acqua bollente. Per accelerare la cottura, mi conviene alzare la fiamma del fornello? & Di che colore è lo spazio esterno per un astronauta in orbita? (Alberto Bertini Agordo, BL) & E' possibile che da un giradischi in funzione escano parole, suoni o messaggi diversi da quelli incisi sul disco? (Carla Poletto Torino) _______ Inviare le risposte a: Tuttoscienze, La Stampa, via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011 65 68 504, scrivendo Tuttoscienze sull' intestazione.


LE DATE DELLA SCIENZA Halley, l' uomo delle comete
AUTORE: GABICI FRANCO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, ASTRONOMIA
PERSONE: HALLEY EDMOND
NOMI: HALLEY EDMOND
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 008

IL 14 gennaio 1742 (250 anni fa), moriva Edmond Halley, l' astronomo che ha legato il suo nome alla cometa più famosa. Halley non la scoprì ma, dopo averla osservata nel 1682 insieme con altri astronomi europei, ne previde il ritorno: confrontando i dati orbitali con quelli di comete precedenti, intuì che la cometa in questione non era una novità per il cielo. «Sono sempre più convinto scrive a Newton che al momento attuale abbiamo visto quella cometa tre volte, fin dall' anno 1531» e alcuni anni dopo annuncia che sarebbe ricomparsa alla fine del 1758. Era così certo della sua previsione che volle ipotecarne il nome: «Se dovesse ritornare, la posterità imparziale non rifiuterà di riconoscere che questo fu scoperto per la prima volta da un inglese». La cometa non si fece attendere: nella notte di Natale del 1758 Johann Palitzsch, un astrofilo contadino di Dresda, la avvistò col suo cannocchiale. Halley era morto 16 anni prima. La «posterità » lo accontentò: oggi la cometa porta il suo nome. Fra i contributi di Halley all' astronomia vanno ricordati il primo catalogo di stelle del cielo australe e la scoperta dei «moti propri» delle stelle. Studiò, inoltre, il magnetismo terrestre compiendo due viaggi nel Sud Atlantico con il vascello Paramore, di cui era capitano. Inventò anche una campana per immersioni subacquee che egli stesso collaudò. Fu amico e collaboratore di Newton: i Principia uscirono grazie al suo interessamento e, soprattutto, al suo finanziamento. Curiosità: credeva che l' interno della Terra fosse abitato. La frase celebre: «Ed ora conosciamo le curve traiettorie delle comete, un tempo fonte di terrori, nè più ci turbiamo all' apparire dell' astro dalla lunga chioma». Franco Gabici


LA PAROLA AI LETTORI Le melodie non hanno limiti, il nostro orecchio sì
NOTE: 008

LA domanda sull' eventuale limite del numero di melodie ha dato luogo a qualche risposta scherzosa (Un anonimo: «Non lo so. Ma facciamo sapere a Nino d' Angelo che le melodie a sua disposizione sono terminate» ) e a molte ben circostanziate. Ecco la più complessa: «Le melodie che si possono comporre non sono infinite. L ' orecchio umano infatti, pur disponendo idealmente di un suono variabile con continuità per frequenza e durata (trascurando le variazioni di timbro e intensità ) nei limiti consentiti dall' orecchio stesso, percepisce soltanto i suoni distanti tra loro per valori non infinitesimi di entrambi i parametri. Tale insieme contiene quindi un numero finito di suoni. L' insieme di tutte le melodie formate da n suoni, presi da un insieme finito, è ovviamente finito. L' insieme di tali insiemi finiti, ottenuti variando n, sarebbe infinito soltanto se n potesse crescere illimitatamente. Ciò non è possibile in quanto il nostro orecchio non è in grado di percepire melodie composte da infiniti suoni. (Manuel Cerruti Torino) Perché non si è mai sentito di qualcuno che avesse un tumore al cuore? I tumori al cuore sono estremamente rari: 0, 05 per cento delle autopsie (non tutti coloro che decedono per il cuore vengono però sottoposti ad autopsia). Esistono tumori primitivi e secondari (per trasposizione da altri organi). I tumori primitivi maligni sono rari (si manifestano talvolta nei bambini) e danno sintomi diversi secondo se interessano l' interno o l' esterno del cuore. I tumori benigni, se diventano voluminosi, si comportano come i maligni, per la compressione che esercitano sul cuore. (Guido Crispolti Borgo San Dalmazzo, Cn) L' interesse suscitato dai tumori al cuore, eccessivo per la loro rarità, è dovuto principalmente alle perplessità suscitate dalle loro manifestazioni cliniche, che a volte si confondono con le cardiopatie. Vengono diagnosticati con l' ecografia e si curano con la chirurgia. Non se ne sente parlare perché i pazienti che ne sono affetti lamentano solo disturbi del ritmo (fibrillazione atriale, angina, aritmie, infarto del miocardio), che di per sè costituiscono già una malattia cardiaca. (Domenico Pizzigallo Martina Franca, Ta) Quand' è che un albero smette di crescere? A differenza degli animali, gli alberi non interrompono mai l' attività di accrescimento: questa differenza è strettamente legata alle rispettive modalità di nutrizione. Gli animali hanno un "accrescimento definito" perché sono in grado di spostarsi per cercare il cibo. L' albero invece deve compensare la sua immobilità procurandosi continuamente superfici di contatto e di scambio con l' ambiente circostante, per facilitare la diffusione dei composti nutritivi. Di qui il suo " accrescimento indefinito". (Luisa Tuninetti Pinerolo, To) All' apice dei fusti e delle radici delle piante si trovano delle cellule giovani, dette cellule meristematiche, che ne determinano la crescita e lo sviluppo. Finché esse si dividono, l' organismo cresce. Quando perdono la capacità di dividersi, la pianta smette di crescere e muore. (Iside Salvalaio Novara) Perché gli atleti corrono sulla pista in senso antiorario? Perché le gare sono state codificate dagli inglesi, che si muovono sempre in senso opposto rispetto a noi (vedi la guida a sinistra sulle strade). (Piero Fabre Aosta) Perché nello sport non si cambia nulla ma si seguono le tradizioni. E già le corse con le bighe degli antichi romani seguivano questa direzione di marcia. (Giovanni Perotti Asti) Perché le piantine di fagiolo si avvolgono al paletto sempre e solo in senso orario? Se durante il giorno si potesse osservare la volta celeste come di notte, si vedrebbe che il sole, come le altre stelle, si muove percorrendo delle traiettorie circolari, e nel nostro emisfero in senso antiorario, intorno alla stella polare. Noi però normalmente siamo rivolti a ciò che avviene sulla Terra. Secondo questo riferimento, il sole gira in senso orario nel nostro emisfero e in senso antiorario al di là dell' equatore. I germogli delle piante di fagiolo puntano verso la direzione del sole per un arco di cerchio sempre più ampio e un periodo di tempo sempre più prolungato quanto più si va a nord e quindi si avvolgono intorno ai sostegni avanzando verso il cielo secondo un moto elicoidale in senso antiorario o in senso opposto (cioè orario) se visti dall' alto. Nell' altro emisfero si verifica il fenomeno opposto. (Matteo Pirazzi Domodossola) La spiegazione fisica del fenomeno è data dall' accelerazione di Coriolis (dal nome del fisico francese che la determinò ), alla quale corrisponde una forza apparente, detta forza centrifuga composta, che appare agire perpendicolarmente al moto. (Dario Vercelli Caluso, To)


STRIZZACERVELLO Sei numeri nei cerchi
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 008

Durante un' ora di «buco» tre compagni di scuola giocano a scambiarsi dei problemi di logica. Il primo prende un foglio di carta e riporta su di esso lo schema numerico in figura dicendo: «Dovete fare un cerchietto attorno a sei di questi numeri in modo che la somma dei numeri sia esattamente 21». Una rapida analisi da parte dei compagni basta a verificare che ciò non è possibile. A un certo punto uno dei due volta il foglio e fa i cerchi attorno ai tre «sei» (i 9 capovolti) e ai tre «uno» per un totale esatto di 21 L' altro invece, dopo qualche istante, ripete il disegno e risponde esattamente cerchiando sei numeri in modo diverso: qual è questa seconda soluzione? La risposta domani, accanto alle previsioni del tempo (Alan Petrozzi)


IMPOTENZA La virilità si nasconderà dentro un cerotto che fornisce ossido di azoto
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SESSO, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 007

L' IMPOTENZA maschile è un disturbo tutt' altro che raro ma ancora privo, per adesso, di una terapia veramente efficace (esistono solo palliativi). L' ostacolo maggiore è consistito finora nella difficoltà a comprendere il meccanismo dell' erezione e i suoi fattori fisiologici. Un' erezione inizia nel cervello con un segnale prodotto da una serie di reazioni chimiche complesse che si trasmettono rapidamente dai centri nervosi cerebrali a quelli spinali, arrivando alla fine ai nervi che comandano la rete nervosa che controlla il sistema vascolare del pene. Questi nervi si connettono ai vasi stessi e alla muscolatura liscia di quest' organo. Generalmente questa muscolatura è in stato di contrazione e produce una condizione di flaccidità; appena essa si rilascia i vasi sanguigni si aprono e il sangue riempie gli spazi interni provocando l' erezione. La nozione che il rilassamento muscolare sia accompagnato da erezione è intuitiva, il problema è quale meccanismo metta in moto il processo. Si è creduto finora che il problema principale dell' impotenza fosse il mancato flusso di sangue all' organo; si crede ora che in molti casi il problema sia invece quello di mantenere il sangue una volta che è entrato. Ecco perché si è cercato di individuare una sostanza che mantenesse un prolungato rilassamento dei vasi e di conseguenza l' erezione stessa. In un recente articolo comparso sul «New England Journal of Medicine», un professore di urologia dell' Università di California, Jacob Rajfer, e i suoi colleghi comunicano che, basandosi su nuovi dati ottenuti dall' esame di tessuti prelevati dal pene di ventun pazienti e su studi compiuti sul coniglio, si può arrivare alla conclusione che un neuro trasmettitore chimico, l' ossido di azoto (NO), è uno dei fattori principali che regolano il meccanismo dell' erezione. L' ossido di azoto ce ne siamo occupati per primi su Tuttoscienze l' 11 settembre scorso accennando anche al suo ruolo nell' erezione è prodotto e liberato dai nervi che giungono al sottile rivestimento dei vasi sanguigni e si diffonde rapidamente nei muscoli vicini facendoli rilassare. Per mantenere l' effetto fisiologico, cioè l' erezione, è indispensabile che l' NO, che rappresenta il segnale nervoso proveniente dai centri nervosi (cervello e midollo spinale) sia continuamente prodotto e diffuso. Un ostacolo qualsiasi alla produzione dell' NO ha come risultato di far cessare l' erezione. Anche se l' NO rappresenta solo uno dei multipli fattori necessari per scatenare e mantenere la funzione, pare essere di importanza fondamentale dal punto di vista fisiologico. Quale tipo di rimedio farmacologico verrà a svilupparsi in futuro basandosi su questi nuovi dati? E' pensabile che diverse ditte farmaceutiche stiano già sviluppando dei farmaci «donatori di ossido di azoto». Questo farmaco verrebbe a sostituirsi ai quattro usati attualmente nella terapia dell' impotenza (papaverina, fentolamina, prostaglandina El e sodio nitroferricianuro). Invece della dolorosa applicazione mediante iniezione locale, come si fa attualmente, sarebbe più pratico l' uso di un cerotto capace di diffondere rapidamente il medicamento nell' organo, aiutando in modo fisiologico il mantenimento dell' erezione. Ezio Giacobini Università del Sud Illinois




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